GENEROSITÀ
PARTE
PRIMA
BREVIARIO
INTRODUTTIVO
GENEROSITÀ.
PARTE PRIMA.
©
2024 Michele Vitti
Data
di pubblicazione : 30.03.2024
Quest’opera
è protetta dalla legge sul diritto d’autore.
È
vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
ISBN
: 9798321339848
Casa
editrice: Independently published
INDICE
P.
Paragrafo
introduttivo
Gli
orizzonti dell’aiutare
Generosità
genetica
Cambiamenti
exrta-sistemici
Excellent
mindsets
Le
due vie identitarie
I
4 stadi di riconoscimento
L’arcano
dell’onniscienza del pensiero
I
nostri segni magici
Altruismo
fruttuoso
Egoicità
altruistica
Un
principio di abbondanza è la generosità
Mosaici
di opportunità
Le
preziose gradualità
La
generosità non discriminativa
Familiarities
e la generosità identitaria
La
lentezza generosa
La
generosità della verità (Una verità dal silenzio)
La
non generosità ambientale
e
la autodeterminazione dell’ambiente di intraprendenza
Una
magica scommessa
La
generosità di esprimersi
Le
proprietà di flussi cangianti
Le
sorgenti della floridezza
La
autoattingenza
Le
interpretazioni buone
Il
talento della leggerezza
Paragrafo
introduttivo
Indroduzione
relativa alle tematiche di generosità, gratuità e dono, aiuto, in questo libro
la idea di generosità non è esclusivamente argomentata nel senso di altruismo
caritatevole bensì è teorizzata come pragmatica utilità sempre efficace e
migliorativa caratterizzata dalla proprietà di reciprocità “dare - ricevere”
che crea una giustizia di equilibrio di vicendevoli contributi relazionali, la
generosità crea lo spirito di collaborazione necessario al progresso creativo
comune, generosità e una intuizione di trascendentalità umana di pragmaticità
in quanto generosità è ontologia di puro valore relazionale aggiunto che è in
concreto un fatto produttivo che migliora sia la qualità della relazione sia la
qualità della produttività, sia la soluzione delle complessità.
Generosità
è qui protagonista in quanto riqualificatrice dei criteri di diritto e di
merito in proprietà delle persone in significato della umana giustizia
trascendentalmente a priori attribuita e giustificata dalla ontologia di
esistenzialismo nel senso di proprietà di vita che sia in diritto e merito di
ricevere vitalità e di dedicare vitalità.
In
contrasto in questo breviario introduttivo sono espresse le implicazioni
negative che egoismo e severità possano comportare.
“Generosità”
viene presentata come gradualità espressiva e potere migliorativo ovvero come
una sfumatura caratteriale trascendentale ovvero come una proprietà di ciascuna
persona nell’ottica di realizzare la flessibilità attitudinale di non scegliere
la severità delle dicotomie comportamentali tra cui : Tutto|Niente, Adesso|mai,
Egoismo|Altruismo, Generosità|Avarizia.
GLI
ORIZZONTI DELL’AIUTARE
In
cosa consiste il valore di essere aiutati?
Essere
aiutati significa il ricevimento dell’esempio dell’aiutare _ ogni esempio è
stimolante in quanto desta la replicazione del medesimo atto.
Essere
aiutati ed aiutare sono importanti poiché qualificano e concretizzano i
significati di gratuità, umanità, magnanimità e bontà mentre discendono i
nostri istinti di rivendicazione proprio allenandoci ad essere meno severi.
Allora
il senso della normalizzazione dell’aiutarsi significa proprio raggiungere il
significato umano eccellente che non sia orgoglioso non chiedere aiuto e non
supportare bensì che sia orgoglioso sia chiedere aiuto sia dare aiuto e
sostenere poiché entrambi questi fatti sono coerenti con la filosofia del
migliorismo, la mia personale prospettiva del migliorismo è teorizzata nei miei
scritti precedenti.
Dove
risiede il valore catartico del chiedere aiuto?
Il
chiedere aiuto (se non sia una costanza che succede nella forma lasciva della
delega delle proprie responsabilità) è un momento culmine di elaborazione
autocritica nonché il risultato buono del percorso del coraggio di affrontare
se stessi/e e già di confrontarsi con il
prossimo in maniera assertiva e pertanto è una conquista sana questa urgenza
mentre diversamente la procrastinazione di irresoluzione dell’aspetto
caratteriale di irresolutezza potrebbe a lungo termine comportare il nostro
rapportarsi con il prossimo in maniera non assertiva, la irresoluzione delle nostre fragilità alimenta
la probabilità che le fragilità divengano elementi non accessori e di caducità
bensì elementi strutturali che qualifichino il nostro essere anche nel rapporto
con le altre persone _ assumiamo che il senso della qualità caratteriale ha
valore sia esemplificativo sia relazionale _ ovvero sono l’esempio e la
relazione i cardini che migliorano il carattere della persona _ allora chiedere
aiuto è il ponte del l’avvicinamento relazionale ed il raggiungimento di un
esempio pacifico. Aiuto è infatti significato sia di gratuità bensì anche di
pace poiché desti uno spirito collaborativo.
Ogni
forma di contributo è una forma di aiuto nonché di generosità, pertanto ogni
significato del fare sia introspettivo, sia individuale, sia relazionale è
sfumato dal senso dell’aiutare.
Aiutare
è inoltre un orientamento iconico relazionale, nonché è una bussola alla
flessibilità neuro_cognitiva poiché è la volontà di aiutare che crea lo spirito
di curiosità nonché la tendenza verso nuovi orizzonti di fattibilità
relazionale.
Inoltre
esiste il cosmo dell’aiutarsi _ essere resilienti a sé medesimi è un punto
cardine che strutturi la efficienza e la efficacia delle probabilità di aiutare
il prossimo nonché di essere un valore aggiunto per il prossimo coerentemente
con il senso del “Dare” e meno del “Richiedere, del ricevere e dell’esigere”
che sono significati per i quali l’aiutarsi autonomamente è catartico poiché
discende la tendenza alla costanza al chiedere o all’esigere di essere aiutati
_ in senso di equilibrio di valori concettuali il fatto di non chiedere aiuto
può già essere stimato un aiutare, poiché non chiedere aiuto è concepibile come
donare tempo al prossimo che dedichi alla crescita di sé stesso/a.
GENEROSITÀ
GENETICA
La
relazione colma il vuoto? La relazione riempie la mancanza che ognuno porta con
sé?
Può
essere, tuttavia può essere anche l’inverso. Ma la relazione è una dinamica
relazionale ed ogni dinamica è un luogo ed una estensione di possibilità, è la
creazione di un luogo libero, ed un luogo libero è un senso metaforico di luogo
bianco, nonché è logicamente un nuovo vuoto con cui relazionarsi _ il punto è
la tensione verso le nuove libertà, tuttavia insieme alla conquista di nuove
libertà succede il confronto coraggioso con la libertà di nuove possibilità con
cui ci relazioniamo. Pertanto il senso relazionale consiste nel trovare un
nuovo equilibrio tra me ed il prossimo in cui sussiste che io sia valore
aggiunto per il prossimo e che il prossimo sia puro valore aggiunto per me _
nonché è la gratuità ad essere la sorgente di bontà relazionale. Succede allora
una nuova dimensione tra pre_tendere e donare. Pre_tendere è una energia
ricevente che coglie il luogo dal prossimo ad ottenere una estensione del
proprio luogo, nel donare succede diversamente una energia donante ovvero una
estensione del proprio luogo in aggiunta della estensione del luogo del
prossimo. Ora siamo a riflettere su una prospettiva interessante _ il tema è il
“Sentirsi esistenzialmente importanti” e per sentirsi esistenzialmente
importanti consiste il senso di essere contributo aggiunto di utilità per il
prossimo affinché sia il riconoscimento dal prossimo. Allora è una relazione
ambivalente:
“Perché
mi manchi, sento un legame emotivo relazionale.”
E
“”Perché
sento un legame emotivo relazionale, Allora mi manchi.”
Allora
esiste un paradosso, se la mancanza è un senso di vuoto, la mancanza
malinconica è un significato di legame relazionale, allora è proprio il vuoto
ad essere un senso strutturante, una energia di legame relazionale. Un momento
di riflessione sul tema della “Richiesta”.
Richiesta
è sia un pre_tendere che un attendere, la attesa è logicamente fiducia e
speranza e fiducia e speranza sono estensive di tempo e di luogo, quindi la
richiesta non è solamente un discendere il luogo del prossimo bensì è anche un
senso di valorizzazione del prossimo e di dono di possibilità di tempo in cui
siamo a credere il momento creativo del prossimo, il paradosso che richiedere
sia un donare, nonché la responsabilità che attribuiamo è un senso di fiducia
dedicata. Tuttavia esiste una realtà che rende che il vuoto sia un senso
relazionale _ se il vuoto è l’ambiente che ci mette alla prova ed il senso di
complessità con cui confrontarci è pur vero che il vuoto consista e plasmi due
qualità: La prima è un senso del fare, ovvero una realtà da creare, un senso ed
un significato di orientamento, il secondo senso è la collaborazione ovvero il
fatto che nella gestione della libertà non siamo individui soli bensì vi sia la
persona che si relaziona con noi ad aiutarci a confrontarci con la complessità della
creazione della libertà e della ottimizzazione delle possibilità che la libertà
sia. Un ultimo importante tema coerente è il senso dell’aiuto. L’aiuto è un
senso ambivalente del chiedere e del dare, per questo è magico, poiché è sempre
migliorativo, aiuto è in sé energia di gratuità di legame nonché la tensione
relazionale e la energia che riequilibria le dinamiche di reciprocità
“Chiedere_dare” nonché “Aiuto” è sorgente di ri_conoscenza ed è sorgente
umanità _ poiché aiuto non è un caso è
una energia relazionale proprio sul piano esistenziale poiché ove vi sia
risorge la relazione sul piano umano oltre tutte le sovrastrutture accessorie,
ulteriormente esiste la chiralità “Individuo relazionale” in cui aiutando il
prossimo aiutiamo noi stessi/e, dare spazio relazionale al prossimo significa
estendere i nostri orizzonti sia relazionali sia introversivi e coerentemente
con la dialettica del vuoto _esistono due dinamiche entrambe fruttuose, poiché
dare aiuto è estensivo anche delle nostre opportunità e chiedere aiuto è in
primo luogo un esempio del valore di umiltà, in secondo luogo è un dono di
luogo creativo per il prossimo nonché di valorizzazione in cui il prossimo può
intraprendere una esperienza creativa collaborativa _ generosità e genetica non
sono solamente grammaticalmente isogrammi condividendo le lettere che
compongono la parola gene _ bensì esse esprimono un significato più profondo di
nascita, di germoglio creativo, di puro migliorismo, di umanità ed
ulteriormente di trascendentalità e necessità ontologiche umane che il nostro
DNA esprime ovvero di un verso che possiamo anche non scegliere scegliendo
l’egoismo, tuttavia comprendiamo che non seguendo la via della generosità
scegliamo di non ottemperare alla nostra natura di vitalità tipicamente umana.
EXTRA
- SYSTEMIC CHANGES
Un
criterio di confutazione della competizione.
Ciascun
contesto di relazione possiede un personale modello strutturale, il modello
strutturale è di tipo operativo e di pensiero che sostengono ogni modus
dialogico.
Un
primo criterio di sistema di accettazione consiste nelle somiglianze
comportamentali ma soprattutto nella somiglianza di pensiero della persona
rispetto alla molteplicità di persone.
Il
senso conformista è promosso dalla accettazione per somiglianze e raramente
dalla accettazione per differenze. Solitamente è l’energia di conformità di una
molteplicità che crede, agisce e dialoga vicendevolmente similmente ad essere
una energia esortativa cangiante l’equilibrio della unità persona che entra in
relazione con la molteplicità.
Tuttavia
esiste una verità importante : ovvero che altresì la unità persona è un cosmo
definito ed espressivo proprio come l’ambiente, ovvero è possibile che
l’equilibrio della persona resti invariato dalla sua relazione con l’ambiente e
che sia la ragionevolezza e la aura cangiante della riconoscibilità ed
integrità personale della persona a variantizzare il sistema ambiente _
cambiare le tre strutture ambiente _ pensiero, comportamento, modo di dialogo _
è possibile ed è un confronto sia concreto nel senso della unità persona di
manifestare assertivamente la sua autenticità di identità in contrasto con la
dinamica ambiente in concreto ed il criterio è la gradualità di collaborazione
gerarchica. A priori ogni senso confutativo sistemico ambientale è puramente
astratto e sul piano introspettivo ideale, maggiormente profondo, logico,
ragionevole, umano, buono, semplicemente complesso, utile, flessibile, generoso
è il senso di cambiamento dell’ambiente sia il metodo di cambiamento che
abbiamo pensato maggiore sarà la sua energia cangiante.
Può
esistere collaborazione in un confronto tra persone con divergenze di pensiero,
di comportamento e di dialogo? Sì, e nella misura in cui la unità persona si
elevi nella gerarchia sistemica.
Abbiamo
allora compreso che per cambiare un sistema ambiente risulti necessario
conoscere perfettamente il sistema ambiente fino a divenirne elemento prescelto
_ Ad esempio in un primo momento di accettazione reciproca tra una molteplicità
e una unità sarà probabilmente ma molteplicità ad essere la energia cardine
cangiante. Il modello competitivo gerarchico è tra i modelli più influenti_ in
un ambiente così caratterizzato un nuovo elemento unità non ha possibilità di
cambiamento ambientale _ è appunto il senso di elevazione nei livelli
gerarchici ordinati ambientali a realizzare la energia cangiante della unicità
della unità persona nell’ambiente relazionale. Per essere in possesso di un
senso e di motivi di cambiamento è fondamentale conoscere perfettamente la
realtà in cui viviamo ed è proprio il percorso di con_divisione con le realtà
ambiente che creano la nostra esperienza critica ed altresì la nostra
elevazione gerarchica. Allora può sussistere collaborazione in un senso di
competizione ideale? Secondo questo flow riflessivo sembrerebbe di no a meno
che la unità persona avendo innumerevoli esperienze competitive non si elevi ai
più alti status gerarchici decisionali. Ovvero il piano del dialogo nel senso
del cambiamento diviene il medium di cambiamento concreto della realtà
sistemica ambiente. Tuttavia ora sussiste un paradosso.
Se
io volessi confutare il criterio di competitività di un sistema ambiente
competitivo. Secondo le riflessioni che ho espresso una unità persona nuova non
viene ascoltata dalle persone agli status decisionali del sistema ambiente a
maggior ragione se questa persona abbia idee non conformi rispetto alle idee
del sistema.
Allora
succede un paradosso, che la unità persona per raggiungere gli status
decisionali del sistema debba partecipare alla competizione, debba essere lei
medesima competitiva e creare lei stessa ad essere esempio dei principi di
“Eliminazioni carrieristiche” che si fondano sui criteri “Vittoria _perdita” e
non sul criterio di “ Gratuità, collaborazione e aiuto. Iconicamente promossi
dalla Generosità umana.”
Ora
se questa unità persona riuscisse a raggiungere gli status decisionali
ottenendo la proprietà di potere decisionale e si ascolto dal sistema, lì
perderebbe subito questo momento partecipativo di cambiamento perché sarebbe
subito confutata nel senso di “Essere lei stessa esempio di ciò che vuole
confutare.”
Il
cambiamento può succedere allora secondo questo ordine: Accoglimento,
collaborazione assertiva, congedo pacifico e assertivo dal sistema, outsider e
cambiamento extra_sistemico, influenza del sistema fuori dal sistema di cui
abbiamo avuto esperienza.
Introduciamo
allora i criteri di potere decisionale e di autorevolezza decisionale tuttavia
sul piano esistenziale.
Ad
uno stadio superno di autorità decisionale può non corrispondere illibatezza
autoreferenziale di giustizia decisionale, per questo motivo risultino
importanti autocritica ed ascolto orientativo e collaborativo del prossimo.
Il
piano puramente umano ed esistenziale è rivoluzionario poiché è un ponte di
dialogo immediato tra chiunque che è garante della possibilità collaborativa
altresì tra persone di status sociali e di status di potere decisionale
diversi. Se competizione e proprietà (Altresì di denaro, in innumerevoli
contesti e occasioni il denaro ha provato di essere più dannoso che utile.)
strutturano
i criteri di “Eliminazione” (Vittoria _ perdita; merito e diritto di avere
luogo e tempo e diritto di negare luogo e tempo al prossimo - teoria confutata
dalla filosofia del migliorismo _ ogni negazione e eliminazione non è un fatto migliorativo).
Umanità
è un universo pacifico di comunione di diversità in cui si elevi il
migliorismo, il dono e l’aiuto proprio come criteri collaborativi funzionali
alla nascita e alla crescita umane di chiunque _ è propriamente l’universo
umano a definire, in quanto chiunque sia esistenza vitale e manifestazione di
vita, il merito e il diritto di pensare, di parlare e di essere ascoltati in
significati rilevanti di energie cangianti per il miglioramento comune.
Ogni
diritto di potere decisionale sia premesso dalla integrità di
autodeterminazione identitaria, affinché possiamo essere valori cangianti per
l’ambiente è importante che diventiamo e che siamo noi stessi valori di esempio
umano.
EXCELLENT
MINDSETS
The
podium it is way easier to reach where and when there’s no competition, but the
true answer it is that there’s always no competition, you’re not rare, you’re
the raising of the rarity because you’re unique so you’re in destiny of your
inner transcendentality essence to live with no competition: Gain capability of
the awareness of your unique essence and express your essence _ the fact of
your essence expression it is the reality you go beyond every competition,
nobody can be yourself, this knowledge it is one of the most important podium.
The suggestion “Be your way” it is not only a suggestion but a necessity
because everyone it is inevitably himself/herself. This fact it is the
expression that a group of people undertake similar activities but the fact
that they realize similar aptitudes to gain similar podiums it is not the cause
of competition _ because competition it is an abstract illusion. The
competitive abstract illusion raises because of no relational and no efficient
mindsets. By the universal perspective of the group creativity % we all know
that the competitive spirit it is never useful (The only case of the positivity
of competition it is emulation it is an inward-looking and self introspecting
self_examining and not an egoistic behavior. Because to compete it is not to
contribute and it is not to collaborate, and usually it is the source of
competition that causes hinders, but every impede it is a regression and a
worsening. No collaboration it is lonelyness, and usually lonelyness it is less
productive than collaboration.
The
gain of the podium it is not the result of many eliminations of the people you
are against _ because the many eliminations by the perspective of the group
creativity % they are a serious loss. The must and the need it is the change of
the group mindset to optimise the creativity % _ and to obtain the best %
creativity with the best relational increases we must delete worsenings, I’m
not talking about the elimination of the mistakes, of the oversights, of the
misunderstandings, of the misinterpretation _ this question it is the clue of
my line of reasoning: If there are human mistakes, they must not be the causes
of the elimination of the fragilities but precisely fragilities are
opportunities to better the whole group % creativity through collaboration
spirit. Another theme it is about the behavioural differences and about unique
behavior - the unique behavior needs to be seen by the group system as an
opportunity to elevate itself and not as an extraneousness to delete.
The
focus it is about recognition and identification and about relational emotion.
The
recognition of the unique present creativity and the synchronic recognition
that this unique present creativity of everyone it is the value and the way to
better the group % creativity. The concentration of competition raises because
of the unnatural reach of excellence.
But
this is a paradox. Because every excellence it is pure improvement _ but we
know that competition causes loss _ so competition can not be the cause of a
relational % creativity excellence.
How
can we gain excellence? Excellence it is not the far podium resulting by many
competitions and eliminations _ but excellence can be an important mindset that
can improve and better realities notwithstanding the status of the present
reality _ an example of mindset excellence it is collaboration that elevate the
stadium and better the creativity of the group creativity %.
The
evaluation of ourselves and the consciousness of the elevation of the other
people through our help _ the evaluation of gratuity it is another source of
excellent mindsets.
LE
DUE VIE IDENTITARIE
La
generosità di ri_conoscenza e la generosità di autostima
È
consuetudine ricondurre la nostra identità sul riconoscimento dal prossimo in
ogni contesto che esista una sorgente esterna di identificazione, il senso di
appartenenza relazionale fondato sulla qualità di stima che provenga dal
prossimo in senso di amistà, nuovamente sorgente di relazioni di conoscenza più
profonda siamo abituati a strutturarle sul senso della percezione che riceviamo
dalle persone e dagli ambienti esteriori _ tuttavia il nostro esistere discende
di spontaneità poiché siamo in funzione dell’ottenimento di maggiori
probabilità possibili di successo _ Succedere è diverso rispetto al successo.
Il succedere ha valenza di spontaneità poiché è neutrale rispetto ad ogni senso
di paragone ovvero è libero dalla competizione di valenza percettiva, mentre il
successo è un iconico significato comparativo e comparabile rispetto alle
variabili del non successo. Persino il contesto carrieristico è strutturato dal
conformismo dalla determinazione, ciò che nominiamo personalità possiede due
valenze, la valenza di determinazione e la valenza di autodeterminazione.
Crediamo,
o un sistema tipicamente competitivo ha insegnato, che personalità sia di
valore se nominata o laureata da personalità persone altre rispetto a noi. Due restino le questioni, la
prima questione è il senso del “È stato insegnato.” che è una naturale
espressione conforme importante quanto sia rilevante e presente ma
insufficiente in quanto di parte poiché fondata da un conformismo di volontà
parziali di altre persone rispetto a noi _ basti volgere lo sguardo ad
ulteriorità diverse e si scoprirà quante e quali rilevanze di confutazione di
valore esistano rispetto al limite riconoscitivo di coloro che ci nominano
(Eternomie) .
Una
seconda questione è espressa da un paradosso. In senso di Identità, per quanto
siano illustri i riconoscimenti e le qualifiche che giungano a noi da altre
persone siano esse altresì illustri personalità _ il risultato è che la
identità non è “Nome” ma è “Nominata”, ovvero Identità fondata da percezioni
esterne è identità labile poiché è semplicemente destrutturabile proprio dalle
cangianze di percezioni ed interpretazioni altrui. Il paradosso è che le
Identità risultanti da eteronomie sono evanescenti, fragili e deboli poiché
fondate dalla evanescenza percettiva del prossimo. Poiché essere nominati è
diverso da essere ed esistere. Identità eteronoma è diversa da identità
autonoma. Perché la sorgente di nomina attribuita dalle altre persone è
evanescente e inconsistente? Perché è un senso che non appartiene alla identità
stessa ovvero che non è la ontologia della identità stessa ma un risultato
artefatto del quale risultato iper_variabile la medesima identità non è né in
possibilità di controllo, né in possibilità di potere. Riflettiamo allora sul
senso della autodeterminazione che è un significato di AUTENTICITÀ
autoreferenziale ed emancipativo. Il senso della autenticità identitaria e
della Autodeterminazione è realizzare che siamo identità resilienti non
dipendenti dalla determinazione del prossimo, per ottenere questo importante
livello emancipativo è riflettere sulla non finalità dell’essere ovvero che è
la semplicità dell’esistere, la semplicità dell’esistere è non finalizzata,
ovvero non “Essere per” è una non finalità che non è insensatezza quanto è la
sublimazione del nostro focus introspettivo che ascende il nostro “Nosci te
ipsum” ovvero che ci renda consapevoli di noi stessi ottenendo che siamo. Ma è
un essere di livello intenso che ottiene la riconoscibilità ma che non ha come
meta la riconoscibilità bensì la esistenza identitaria. Una identità nominata
per quanto siano illustri i nominanti è una identità non libera e non
emancipata.
Il
paradosso consiste proprio nel fatto che Identità emancipata e priva di nomine
sia di livello ulteriore rispetto alla identità nominata poiché identità
emancipata è libera e indipendente dalle evanescenze percettive instabili,
variabili e mutabili. La promozione in ogni status identitario è allora
logicamente un risultato introspettivo indipendente dal prossimo e da
valutazioni esteriori bensì la promozione è un lavoro introspettivo autonomo e
libero.
Alla
complicata domanda “Chi sei?” le identità nominate risponderanno le qualifiche
che nel tempo furono attribuite dal prossimo che all’interlocutore risulteranno
come schermature, muri non identitari non spontanei ed artefatti (Poiché le
percezioni sono artefatte) che allontanano l’interlocutore dalla verità
identitaria ontologica di colui /colei che risponda. La non riconoscibilità è
allora un risultato della dedizione nel forgiare la nostra identità sulle
apparenze dei prossimi di noi, il significato puro del fuggire da sé stessi/e,
mentre la riconoscibilità essenziale è il culmine del lavoro di “Nosci te
ipsum” che è un percorso di conoscenza e di accettazione di noi stessi/e.
Ulteriormente
la non riconoscibilità è interpretabile non come un limite di
autodeterminazione identitaria bensì come una immaturità percettiva del
prossimo che pochi elementi ha per determinare l’universo che ciascuno/a di noi
è.
Diversamente
le identità emancipate essendo libere non fuggiranno nemmeno dal tempo
riconducendo la identità a memorie percettive passate astratte, bensì
risponderanno con la spontanea concretezza essenziale presente del presente
“Qui ed ora” che è un connubio di consistenza iconica di unicità
imparagonabili, pertanto unicità è un livello oltre la rarità, che è un senso
di presente novità, di valore aggiunto, con una sfumatura di incomprensibilità
percettiva tipica proprio del mistero della luce arcana identitaria unica che è
la natura identitaria essenziale di ogni individuo.
I
4 STADI DI RICONOSCIMENTO
La
generosità della ri_conoscenza
Le
libertà dal vuoto e le libertà del vuoto.
Un
senso del riconoscimento è una valorizzazione, un primo livello di
riconoscimento è l’accorgimento, ma l’accorgimento ha valenza neutra, un
secondo livello di riconoscimento è l’accoglimento, l’accoglimento è la
qualificazione dell’accorgimento neutro che convertiamo in senso positivo
ovvero creiamo noi stessi un ambiente che non sia restio ad accogliere la
realtà di cui abbiamo accorgimento. Un terzo livello di riconoscimento è la
valorizzazione, ovvero è un principio di nostro impegno ad avere cura della
realtà che abbiamo accolto aggiungendovi le nostre premure sia emozionali sia
creative. Un quarto livello di riconoscimento è la riconoscenza ovvero il fatto
pratico di ricambiare con un comportamento positivo la positività che abbiamo
accolto.
Il
riconoscimento solo al primo livello è un senso istintivo, emotivo e
percettivo, solo nei tre ulteriori livelli di riconoscimento esiste la realtà
ragionevolmente mnemonica. Il ricordare, mantenere a cuore, trascendere la
realtà in contenuto sentimentale ovvero impegnarsi affinché una realtà resti
viva grazie a noi, che è un senso di nuove vitalità, che è un senso di
resurrezioni emozionali, ricordare e risuscitare, suscitare nuovamente ovvero
non lasciare che l’oblio dimentichi una realtà, obliare è appunto un
significato di dimenticare, ovvero cadere nel vuoto, nell’oblio _ poiché questo
senso non è solamente un principio metaforico ma una realtà puramente
pragmatica _ poiché ogni vera realtà realizzata e consegnata ma non accolta e
riconosciuta cade nel vuoto ed è perduta? In verità no, poiché è mantenuta
nella realtà introspettiva mnemonica del donante ma anche nel contenuto
mnemonico percettivo del ricevente insieme alla personale attitudine di
evitamento. Ora sono interessanti due vie di riflessione.
La
prima via è nominata _ urgenza. L’accoglimento non ha solamente la proprietà
del luogo attitudinale del Raccogliere, bensì ha il tempo del presente, ovvero
il tempo del raccogliere è il tempo che permetta il donare ed il donarsi (
Quanto tempo ci dedichiamo in senso di nostro merito?), poiché il tergiversare
significhi già evitamento della realtà ricevuta, ovvero il cadere nel vuoto
della realtà ricevuta insieme ad una ingente perdita di valore percettivo della
realtà ed il valore percettivo de_qualificativo discende altresì il valore
ontologico della realtà proprio in quanto dequalificata dall’ambiente vuoto.
Una
seconda via di interesse di riflessione è caratterizzata da due vie sulla base
di una caratterizzazione di gerarchia valoriale della realtà.
La
prima via.
Se
una realtà è obiettivamente ed oggettivamente di valore positivo, una
creatività docile, utile, buona, un regalo che migliori la nostra salute
altresì relazionale _ non è sufficiente che questa realtà sia strutturata da sé
stessa, poiché non essendo una realtà autoportante che si sostenga
autonomamente è necessario che queste creatività positive siano accompagnate da
almeno i primi tre livelli di riconoscimento, perché se non vi è riconoscimento
succede che il vuoto discenda ed annienti il puro eccellente e prezioso valore
delle realtà buone _ poiché il riconoscimento è una variabile ed una scelta
relazionale parliamo allora di un paradosso, il paradosso delle bontà punite.
Una
seconda via risulti interessante argomentare. Questa riflessione risulta utile
in quanto alla nostra salute, alla nostra resilienza, alla nostra integrità
identitaria. E se il vuoto fosse nostro amico? Questa retorica è interessante
poiché parliamo proprio di interdizione _ ritorniamo al primo livello
percettivo istintivo di riconoscimento.
Se
allora in questo primo stadio di riconoscimento dovessimo accorgerci di
attitudini offensive o di demoralizzazioni, mancanze di rispetto da parte del
prossimo ed invero altresì da parte di noi medesimi (le realtà ansiose, la
paura) risulti allora importante che a queste realtà non dedichiamo nessuno dei
tre ultimi livelli di riconoscimento (No accoglimento, no valorizzazione, no
riconoscenza). La conseguenza logica è che noi siamo impermeabili e resilienti
a queste realtà negative che appunto entreranno in relazione con il vuoto che
ne discenderà anche il valore ontologico.
Il
senso di interdizione è la percezione di stupore conseguente proprio a queste
dinamiche relazionali tra introversione e realtà esteriore. Un primo stadio di
accorgimento delle realtà negative vi è ed esiste come contenuto mnemonico
percettivo, tuttavia non be permettiamo la valorizzazione e la gratitudine
ovvero non lasciamo che cresca il germoglio del negativo_ nonché un senso di
non accoglienza significa che non diamo importanza neanche dialogica al
negativo, non intendendosi un contenuto dialogico di rilievo creativo non
merita tempo dialogico di intraprendenza _ tuttavia questa realtà non significa
impreparazione, né passività, né stoltezza, né assenza di reattività _ poiché
l’impegno attivo rielaborativo significa proprio nell’ottimizzare le possibilità
relazionali, ovvero purifichiamo introspettivamente le realtà negative e
operiamo un reset dialogico concettuale ed emozionale, ovvero successivamente
al negativo subito reagiamo non in causa reattiva del negativo subito, il
negativo è nel vuoto e noi siamo liberi/e di ricominciare la relazione a
partire da status creativi relazionali sani. Il senso del perdono non è un
senso di umiliazione di chi chiede perdono neppure è un senso di superiorità di
chi perdona bensì è un senso strutturante del miglioramento relazionale che non
crea disequilibri o variazioni di valore bensì dimostra l’impegno comune di
purificare le negatività al fine della collaborazione a migliorare sia le
realtà risultanti creative delle relazioni sia le relazioni.
Ulteriormente
come il vuoto può esserci amico? Il vuoto è un luogo introspettivo estremamente
vasto, possiamo pensarlo come una virtualità astratta in cui possiamo
virtualizzare le nostre realtà caotiche impetuose espressive nonché è un
ambiente utile di rielaborazione e di libertà di sfogo, ad esempio la
espressione del perdono è il risultato della giusta rielaborazione degli
istinti umani di rivendicazione, ma se rivendicazione è una realtà umana deve
esistere un luogo di rielaborazione e di riflessione e questo luogo è senza
tempo ed è l’universo della nostra mente che è una naturale meta_fisicità della
complessità soggettiva del vuoto, similmente accade per le espressioni di
serenità, tranquillità e quiete nonché risultanti da una adeguata assimilazione
e purificazione degli istinti umani impulsivi reattivi.
L’arcano
dell’onniscienza del pensiero
D’un
cielo tempestoso si vedono le nubi, i fulmini, le piogge e si sentono il
tuonare dei tuoni e il fruscio dei venti, eppure io vedo le stelle ancor più
luminose dei fulmini nonostante siano velate so che siano, io sono ché esse
siano per me, penso all’alba d’un sole altrove che mi riscalda dal freddo qui,
e nel grigiore di questa tempesta mi contento dei colori di un arcobaleno che
arco non sia poiché sia una aureola variopinta, sento ora che piove già il
petricore d’altrove sorgente dai sampietrini d’altre città, l’istante è una
goccia cristallizzata in galaverna che sia già la goccia per un germoglio
nuovo. Seppur il pensiero sia un orizzonte che giunge all’onnipresente ovunque
come Komorebi, le sorgenti di luce che giungono ovunque oltre le foglie, il
mistero della luce è arcano; ed ora sento del nostro pensiero un significato
divino dedito alla generosità di vitalità umile dell’io ad esistere qui adesso
poiché sia Dio l’ovunque eterno mentre di me resti il senso di esistervi al suo
creato in un momento come luogo buono e creati
I
NOSTRI SEGNI MAGICI
Scrivere
significhi rivoluzionare i significati della nostra realtà, ma ogni senso è e
resti sempre un risultato esperienziale emotivo o interpretativo che sia
insieme il passo di un percorso reale, onirico, o meta_psichico introspettivo o
comunicativo relazionale o il carattere riassuntivo ultimo di queste o altre
vie che sia la meta di molti passi esperienziali. Disporvi un’interrogazione
indiretta, la domanda sia allora la sorgente rivoluzionaria ché la fonte di
ogni serendipità ed altresì della speranza è la ricerca della ulteriorità, un
sinonimo di curiosità che crei la domanda ispirativa della meta della risposta.
Scrivere significhi un momento riflessivo meditativo, un momento di sospensione
attenta ove sia un luogo immaginativo in cui la risposta sia una vitalità che
noi siamo a cercare e che lei medesima sia a cercare noi stessi/e. Lo
scrittore/la scrittrice crea parole sul foglio bianco ma non limita lo spazio
del foglio con l’inchiostro ma paradossalmente lo espande, poiché sospendere il
giudizio sia un atto di generosità che le risposte e le domande siano date da
chiunque e dallo scrittore medesimo che risulti lettore di sé stesso/a, che vi
rechino la propria libertà nella forma di nuovi luoghi di pensiero vasti eppur
sani, utili, giusti e buoni.
Novità:
Darsi
tempo è dare spazio e dare tempo è darsi spazio.
L’ALTRUISMO
FRUTTUOSO
Vorrei
provare ad approfondire il concetto di Homo faber fortunae suae, tuttavia da
una prospettiva non consueta. Questo principio è consuetamente ideato secondo
una accezione egoistica tipicamente caratterizzata dai principi di proprietà,
possesso, guadagno, ottenimento _ esiste
una chiave di lettura che possa traslare questo significato dalla accezione
egoica alla accezione altruistica, e questa chiave di lettura ponte è il lavoro
nella pura realtà della dedizione, il fare dedicato. Allora siamo a riflettere
sulla possibilità che limitiamo le nostre opportunità proprio in limite di
misura e qualità della nostra generosità e della nostra gratuità nel senso che
sia egoismo e non altruismo, generosità e gratuità a limitare noi stessi e le
nostre opportunità relazionali che premettono le facoltà di possibilità di
guadagno altresì materialistico. Poiché se intendiamo egoismo come una forma di
limitazione della generosità, come gerarchizzazione delle possibilità di
gratuità che istituisca concetti confutativi proprio al dedicarsi _ la gratuità
è la estremità del donare _ eppure se riflettiamo giungiamo alla comprensione
che ogni iniziativa creativa e costruttiva è un nostro movimento generoso, sia
simultaneamente a noi stessi ed al prossimo. Egoismo è una severità che confuta
i sistemi di accettazione, mentre generosità è una flessibilità garante proprio
della creazione di un ambiente collaborativo proprio funzionale al guadagno
reciproco. Al fine di ottenere una prospettiva maggiormente flessibile questa
tematica ritengo importante riflettere su una proprietà positiva di Egoismo ove
e se pensiamo che altresì egoismo possa significare una forma di generosità
verso noi stessi ed insieme una forma di generosità che significa una
salvaguardia della nostra identità se dovessimo avere accorgimento che la
integrità della nostra identità egoica sia compromessa non libera in presenza
di caratteri di egoicità impositivi e non equilibrati ed ingiusti del prossimo
verso noi stessi/e. Una riflessione sulla idea che l’altruismo sia fruttuoso
oltre il limite della egoicità. È una prospettiva puramente materialistica a
tesi di questa riflessione asserendo che le trattative di compravendita hanno
sempre conclusione procrastinata da reciprocità di egoismi mentre hanno
conclusione di accordo materialistico_relazionale in grazia dell’accordarsi che
è una forma collaborativa tipicamente strutturata agevolata e promossa dalla
energia di generosità umane. Da queste riflessioni ci accorgiamo che la noia
può essere una conseguenza dell’egoismo.
Egoicità
Altruistica
Allora
una importante generosità verso noi stessi che possiamo intendere come
generosità verso il prossimo, onirica, generosità ideale o generosità
premurosa, avere premura del nostro destino, avere cura di noi stessi/e che
siamo in fiducia di realizzare a noi un destino generoso strutturato proprio da
un sentimento di essere in facoltà di abbondanza garanti dell’avverarsi di un
destino di ulteriorità _ non è una generosità autoreferenziale bensì una
generosità di gratuità poiché tutte le persone gioveranno del nostro destino
talentuoso, sentirci grati di noi stessi e meritevoli di noi stessi sono
principi di merito e orgoglio che fanno bene anche alla comunità.
Tipicamente
riconoscenza è una accezione di umiltà verso altre persone che ci siano di
conforto ed insegnanti, più inconsueta è una mentalità di gratitudine
orgogliosa proprio verso noi stessi/e che siamo i protagonisti del nostro
miglioramento nonché ri_conoscerci, conoscere nuovamente noi stessi
cambiati e migliorati proprio grazie al
nostro impegno autocosciente ma non autoreferenziale ovvero una egoicità
altruistica che la nostra crescita sia un valore aggiunto altresì per il
prossimo, di qui conviene una prospettiva di aiuto reciproco e mai di
ostacolamento.
UN
PRINCIPIO DI ABBONDANZA È LA GENEROSITÀ
Dal
principio di Risolutività “Trova la prospettiva per cui sia meglio così” che
realizzi una conversione migliorativa da una percezione negativa deduciamo un
nuovo principio che è gemello e che tuttavia è un principio proiettivo
orientativo. Non significhi questo principio nell’unico senso di umiltà della
valorizzazione del minimum, bensì è una traslitterazione magica del principio
del minimum, ovvero che nella realtà presente che siamo a vivere che
eventualmente percepiamo nel senso di minimum già risieda abbondanza e
pressoché l’insieme delle realtà di cui abbiamo bisogno sia di soluzione sia di
miglioramento.
Cerca
e trova la prospettiva per cui sia già reale e presente la positività che
desideri, le congetture possono essere un potere creativamente magico. Poiché
la realtà non ha solamente contenuto reale bensì è un contenuto introspettivo,
ed è proprio il contenuto introspettivo congetturale ad essere la evanescenza a
priori che struttura il nostro modo di confrontarci con il reale ed una
adeguata prospettiva introversiva realizza possibilità ed ulteriormente aumenta
la probabilità che il reale ideato sia molto più prossimo ed accessibile a noi
di quanto la sola severità dei fatti sia in verità.
Risulti
una ulteriore resilienza, in quanto la percezione che abbiamo del reale sia
sempre un significato percettivo attributivo tipicamente in senso paragonativo
tra le realtà sia introspettive sia realmente oggettive ed obiettive. Tuttavia
essendo la realtà obiettiva una realtà di suscettibilità e non una realtà non
influenzabile, allora se disponiamo di una energia introspettiva intensamente
orientata al mindset della abbondanza di vita, non sarà il reale severamente
obiettivo e concreto a plasmare la nostra introspezione, bensì sarà la nostra
energia introversiva ad essere il cangiante del reale. Nonché questa
riflessione è particolarmente buona e utile nel senso della nostra resilienza
dinanzi alle rivoluzioni del reale tipicamente caratterizzate altresì da verità
inaspettate e che eventualmente possano essere non elementi aggiunti a noi
bensì elementi reali che rallentino la nostra creatività o elementi il cui
risultato è un discendente per noi. Tuttavia, se i discendenti del reale siano
elementi reali accessori della nostra identità, ovvero se la nostra identità e
salute e resilienza creativa siano strutturate non sugli accessori della realtà
esterna che siano iper_varianti bensì su un sentimento di stabilità tipicamente
caratterizzato dal significato di abbondanza, allora un discendente accessorio
esteriore non è solo lui stesso, ma è il discendente esteriore in paragone
riqualificativo insieme con una energia interiore estremamente più intensa e
resiliente del solo reale, questa nostra energia interiore non solo non sarà
sconfortata dalla discendenza esteriore bensì il discendente esteriore reale
sarà migliorato dalla nostra resilienza creativa che non sia solamente un senso
di credo o fiducia, credo e fiducia sono le conseguenze di una struttura di stabilità
di identità strutturata sul sistema della coscienza del valore della
abbondanza, la proprietà della vita è un senso strutturante della realizzazione
di vitalità. Realizzare con vitalità è una espressione di vitalità che è una
naturale e trascendentale traduzione immediata di essere vita relazionale.
Proverò
a realizzare la tesi di questa riflessione per assurdo.
Ovvero.
Ad un disincanto del reale se giungessi ad associare che sia inesistente
inammissibile una realtà migliore, è un senso di aumento di probabilità e di
necessità che una migliore realtà non sarà.
Esiste
una filosofia del ritorno, nonché nella quotidianità risultano le coincidenze
ovvero l’avverarsi del ritorno nuovo delle medesime condizioni e contesti
ambientali in cui ci accorgiamo che la variabile attitudinale siamo proprio noi
stessi.
Il
senso è nella nostra ideazione previsionale.
Quando
desideriamo o sogniamo subconsciamente una realtà incrementi la plausibilità e
la fattibilità reale di ciò che ideiamo. Risulta che le realtà introversive
orientino il nostro senso attitudinale e cospirano affinché incrementi la
probabilità che noi siamo dove e quando abbiamo sognato, tuttavia questo non è
un senso utopico, assurdo e metafisico, bensì è un senso concreto, fisico, di
reali relazioni causa_effetto. Poiché EFFETTO IDEATO DIVIENE CAUSA SORGENTE DI
ATTITUDINI ORIENTATE VERSO L’EFFETTO IDEATO CHE INDUCONO E SONO CAUSA REALE DEL
COMPIMENTO DELL’EFFETTO REALE IDENTICO E GEMELLO RISPETTO ALL’EFFETTO SOGNATO E
IDEATO.
Ideare
e sognare paradossalmente non sono astrazioni ed allontanamenti dal reale bensì
sono proprio i passi ancestrali fondanti il reale.
Mosaici
d’ opportunità
Crediamo
il numero delle opportunità della nostra vita o in senso limitato di un
contesto di vita, di una occasione di vita nella metafora di una nostra
creazione artistica di un mosaico: Abbiamo allora un muro bianco ed abbiamo un
numero limitato di tessere di diversi colori e qualità, abbiamo a nostra
disposizione la vita ci dona e noi stessi abbiamo e plasmiamo a noi stessi/e e
per noi stessi/e tessere bianche, nere o colorate, di materiali preziosi o di
materiali poveri_ le tessere d’oro sono rare come lo sono le tessere costituite
di pietre preziose come rosso rubino, verde giada, arancio ambra, viola
ametista, blu zaffiro, trasparente diamante, oppure di materiali più poveri
ceramica o tessuto.
Premettiamo
che il muro sia un luogo finito ovvero metaforicamente che non siano infinite
le opportunità di cui disponiamo in quel contesto realizzativo_ la parola
“disporre” non è casuale poiché è proprio esemplificativa del nostro disporre
le nostre tessere sul muro per realizzare il nostro mosaico.
Una
seconda premessa è che le tessere sono sovrabbondanti rispetto alla vastità del
muro, pertanto alcune tessere non saranno disponibili e saranno sacrificate
alle tessere che sceglieremo di disporre.
Una
terza premessa è che esistono tessere che seppur siano in cuor loro preziose
d’oro, di diamante o d’altre ricchezze esse sono velate di materie più povere
come la ceramica. Una realtà metaforica è che il tergiversare significa
comunque disporre tessere sul mosaico _ sono metaforicamente le tessere
dell’attesa e non è perentorio che siano tessere povere, scialbe, anonime
poiché attesa può essere fruttuosa tuttavia ne può esistere il rischio.
Una
quarta premessa è che la realizzazione del mosaico sul muro del reale seppur
sia una opera di cui noi siamo i principali creativi protagonisti altresì
l’ambiente le altre persone con cui siamo in relazione in questo contesto
creativo influenzano il risultato del mosaico, altre persone aggiungeranno
tessere al mosaico e secondo il loro orientamento altresì orientato dal nostro
esistere a loro aggiungeranno al mosaico tessere di valore o tessere povere.
Allora
il senso di questa riflessione risiede nella nostra realtà di definire la
nostra identità e il nostro significato creativo, un importante impegno e
lavoro è un impegno di riconoscimento e valorizzazione delle opportunità poiché
potremmo rischiare di realizzare un mosaico che non solamente non ci renderebbe
felicità bensì un mosaico che non sia sano, per assurdo pensiamo se
disponessimo solamente tessere bianche di ceramica, una metafora del
tergiversare, vivere senza colori non ci renderebbe felici e non ci farebbe
bene. Insorge una importante questione, quanto siamo magnanimi e buoni nei
nostri confronti? Poiché la relazione è chiralità la magnanimità verso noi
stessi/e è la magnanimità relazionale ovvero verso il prossimo, d’altro canto
quanto siamo severi verso noi stessi/e? Poiché siamo proprio noi a creare le
nostre opportunità relazionali? Non si comprenda perché la tensione naturale
non sia di tendere a migliorare e aumentare fino all’utopia dell’infinito le
nostre opportunità creative e relazionali poiché sentiamo in cuor nostro che
dare e ricevere nuove opportunità ci rende salute e contentezza.
Metaforicamente queste parole significhino la possibilità di riqualificazione
del nostro mosaico, ovvero che le tessere che non avemmo scelto non siano
andate perdute bensì che ancora concorrono ad essere elemento artistico utile.
Un nuovo senso: esiste solamente un unico mosaico? Non necessariamente, allora
le tessere che non scegliemmo per un mosaico possono essere funzionali
all’avere nuovo luogo in un altro spazio. E se fossero le tessere medesime ad
essere esse stesse mosaici? È possibile ed è un senso metaforico di imparare a
scorgere il mistero del valorizzare la realtà e la vita da nuove prospettive.
LE
PREZIOSE GRADUALITÀ
Accumulo
graduale di parzialità quotidiane, la scelta della qualità del poco che
realizziamo nella quotidianità è fondamentale per due motivi: Il primo è un
motivo orientativo direttivo. Ovvero siamo abituati a replicare il senso
coerente delle nostre scelte abitudinarie, il secondo motivo è un motivo di
risultato.
Nonché
giungeremo un giorno in cui le quantità parziali che avemmo scelto di
assimilare e creare risultino accumulate e in quantità densamente rilevante.
Ora risulta importante un nostro accorgimento presente proprio in vista di ciò
che un giorno all’orizzonte di un futuro prossimo o lontano avremo con cui
relazionarci _ se gradualmente avemmo scelto di immaganizzare negatività o
indebolimento, o distrazione o inattività risulterà un giorno a noi che avremmo
un carico non indifferente ad esempio di negatività da purificare, o una mole
di lavoro in arretrato e proprio in quel giorno diversamente dagli altre
giornate in cui proprio in grazia della gradualità non ci accorgemmo della
gravosità e del reale senso e valore delle nostre scelte infinitesime, proprio
in quel giorno saremo a dovere affrontare realtà intensamente oltre la nostra
umana facoltà gestionale, una realtà che sia bene prevenire ed evitare. Ma c’è
allora una possibilità di orientamento? Sì e le nostre bussole sono i fattori
di sanità, di giustizia ed il fattore di condivisibilità nonché se
quotidianamente scegliamo di dedicate tempo affinché creiamo opere benefiche,
giuste e condivisibili, quando in un futuro prossimo giungeremo a dovere
affrontare il giorno dell’accumulo del carico risultante dalla somma delle
nostre unità graduali ci accorgeremo di avere ottenuto non un carico gravoso da
risolvere (Molte malattie fisiche sono il risultato dell’accumulo graduale di
scelte infinitesime non sane per il nostro corpo e per la nostra mente.) bensì
una leggerezza di possibilità di condivisione e di dono utile alle altre
persone, di qui una prospettiva del bene agire che è proprio funzionale
all’ottenimento altresì della salute relazionale.
LA
GENEROSITÀ NON DISCRIMINATIVA
LA
PERSONALITÀ RELAZIONALE E IL PRIVILEGIO ONNICOMPRENSIVO
Tesina
breve di confutazione degli stereotipi e delle discriminazioni.
È
una considerazione e una creatività relazionalmente e introspettivamente
salutare la ridefinizione degli schemi precostituiti dei pregiudizi altresì di
cultura e di genere ed una riqualificazione tipicamente relazionale che
realizzi la confutazione logica sia dei privilegi sia delle discriminazioni in
quanto a elementi che sbilanciano l’equilibrio relazionale, una confutazione
che si fonda sul sistema delle reciprocità personali _ nonché il senso di
eleggere i caratteri personali come cause varianti e motivanti le scelte e le
responsabilità attitudinali in quanto sono i caratteri tipicamente
personali_caratteriali ad essere appartenenti sia ad un elemento sia al secondo
elemento che si relazioni in quanto si riconosce a priori che destituire questa
identità di substrato relazionale essenziale ovvero che stabilire a priori
valenze dissonanti privilegiative o discriminative ad un elemento piuttosto che
al secondo elemento realizzi già un disequilibrio che crei incompatibilità
relazionali ed ingiustizie. Riconoscersi persone caratteriali è allora un
motivo pacificatore delle dissonanze sorte da incomprensioni causate dai
tradizionali pregiudizi di cultura e di genere.
Questo
elaborato possiede un nucleo concettuale logico estensibile ad altre premesse
di pregiudizi di sbilanciamento relazionale _ pensiamo alle scissioni di
dicotomie _ ricchezza/povertà, cultura/agnosticismo...
Nonché
comprendiamo che questo nucleo riequilibrativo si spiega nel senso che sia
proprio il dualismo e la dicotomia a destabilizzare il clima relazionale e che
pertanto sia fondamentale destrtturare le dicotomie ed i contrasti di
pregiudizio per rifondare l’equilibrio relazionale su verità di identità più
profonde tra cui il nostro essere umani è il principio fondamentale, un secondo
principio fondamentale è appunto la nostra personalità il nostro essere persone
ed abbiamo notato la nostra mondializzazione culturale, la nostra
trascendentalità in grazia degli studi propriamente neurocognitivi, abbiano
scoperto che neuro_cognitivamente è confutata la tesi delle differenze di
genere in quanto alla realtà della neuroplasticità umana che ulteriormente
consista nel substrato trascendendentale fontante il ponte tra culture diverse
che proprio in grazia della neuroplasticità sia reale e possibile la pace ed il
reciproco arricchimento culturale mediante le differenze tra le culture
diverse.
Una
prospettiva e significato fondativo della pace relazionale che non annulli le
nostre diversità ma che le qualifichi come costitutive di un equilibrio
unitario in quanto siamo diversi ma alla medesima essenza e sostanza. Ora. È
condivisibile che il concetto di privilegio sia una positività in quanto esso
sia una variazione migliorativa di uno status, tuttavia è importante
l’accorgimento che privilegio è solitamente il risultato di una
gerarchizzazione decisionale eteronomizzante, ovvero esiste una parzialità di
potere che determina ed autodetermina caratteri di privilegio ad alcune
categorie ma non a tutte.
Se
il privilegio fosse una realtà umanamemte onnipresente ovvero in diritto di
tutte le persone umane il carattere di bontà del concetto di privilegio non
desterebbe né critiche né preoccupazioni, ma abbiamo asserito che privilegio
sia una realtà categorica, ma ogni realtà categorica è in relazione di
dicotomia con le categorie che non siano la categoria privilegiata _ nonché
abbiamo accorgimento della nascita della discriminazione insieme alla nascita
del privilegio _ ed è il carattere della discriminazione che merita di essere
confutato. Tuttavia più precisamente sono i principi di autodeterminazione
individuale, di meritocrazia a istituire le forme di potere che gerarchizzano _
giungendo a comprendere che un ambiente sano e privo di discriminazione è un
ambiente di equilibrio dei poteri in cui le persone autodetermino il merito del
privilegio comune egualitario democratico.
Tuttavia
esiste una direzione orientativa a questo successo di vivere in un ambiente non
discriminativo e privo di discriminazioni, ricordando che le fragilità che
l’ambiente crei ritornano all’ambiente medesimo come fatto relazionale.
La
democrazia si misura nella qualità di bontà di relazione verso le fragilità e
le minoranze. Questo principio è propriamente un fatto che riorienti un nuovo
equilibrio sociale. Ma “Minoranze e fragilità “ non sono solo qualificazioni
sociali ma sono anche un modello attributivo qualificativo introversivo quindi
questa legge può essere intesa sia nella accezione di macroscala sociale sia
nella accezione di relazionalità tra due individui. Eleggiamo allora i principi
ri_costitutivi di aiuto e di gratuità come fondativi di proattività
migliorative che creino ambienti di ridefinizione.
Dalla
prospettiva relazionale ad esempio :
Caratterizzeremmo
discriminazione : se alla percezione di una fragilità introspettiva ad esempio
emotiva o culturale seguisse separazione relazionale e incontro relazionale con
una altra persona che privilegiamo in quanto vi percepiamo la presenza di bontà
introspettive che non riconoscemmo nella prima persona.
Caratterizzeremmo
la mentalità di privilegio onnicomprensivo : se alla percezione di una
fragilità introspettiva ad esempio emotiva o culturale seguisse il nostro
aiuto, il nostro conforto e il nostro impegno di insegnamento migliorativo
gratuito.
FAMILIARITIES
Are
evaluation choices
Creating
yourself it is not an egoistic reality but one important relational way
On
the way to finding the real you you’re changin’
thou accepting the idea that it might mean the revolution of what them
through you to be. And you might discover the truth of yourself through the
acknowledge of your present invariability and stability but the concrete
unchangeable identity of yourself may meet the change of the environment
perspective, there might be the change of the people that see the new true
yourself. But the key of relationships are the possibilities of meeting true
focused identities, noone has control about other people behaviours, they may
let yourself to be freely alone, they may be not your relational truth ecen
now. That moment you must be prepared obviously to have the opportunity to
begin a new relational life. But this opportunity it is about to permit other
people to meet your identity. But the message it is that this now you should
have realized a focused and well recognizeable identity, if you’ll not work for
realizing your new identiti stability no new people will easily dedicate you
the reciprocal recognition that every relational begin needs, this identity
uncertainty will realize your loneliness through the inopportunity of beginning
new relationships because of the presence of your not focused and not
recognizeable identity and the results of your inner values you dedicated for.
LA
GENEROSITÀ IDENTITARIA
Nuovo
spunto di riflessione.
Creare
realtà solo parzialmente significa creare la identità, poiché le realtà create
sono materializzazioni della identità non sono la ontologia identitaria, il
rischio è che i fatti creativi ed il materialismo creativo schermino la
autenticità essenziale identitaria, il libro non è lo scrittore, il libro è una
proiezione culturale della persona scrittore _ nonché la attenzione valoriale
dedicata al fatto creativo può essere relazionata alla valorizzazione della
persona creativa. Esiste allora un significato comparativo tra umanesimo e
materialismo in cui se viene valorizzata esclusivamente la opera può succedere
una inversione paradossale valoriale tra umanesimo e materialismo in cui la
“Cosa creata” viene valorizzata mentre la persona trascurata.
Sia
saggia allora una rivalutazione riequilibrante del rapporto umanesimo e
materialismo in cui si privilegi la persona creativa primariamente alla opera
materiale creata, poiché si privilegi la possibilità di resilienza creativa,
ovvero la possibilità che il creatore proprio in grazia della valorizzazione
medesima persista e continui a lungo termine il fatto creativo e pertanto la
espressione di nuove opere creative. La generosità resta un significato di
espressione identitaria.
LA
LENTEZZA GENEROSA
Le
cose richiedono tempo
La
parola “Rallentare” e il concetto di cui è espressione, se coniugata al futuro
semplice ottenendo “Rallenterò” è una dissonanza surrealmente rivoluzionaria se
pensiamo alla nostra filosofia futurista tipicamente italiana ed esprime un
nonsense che abbia un valore aggiunto creativo seppur di confutazione dei
principi cardini della filosofia futurista, un valore di interesse sia
concettuale calligrafico, sia di design artistico che esprimono i sensi
dissonanti tra estetica della rapidità e lo sguardo al futuro insieme al
termine “rallentare”. Una premessa risulti importante che è una importante
eredità concettuale che ereditiamo dal futurismo, ovvero che non solamente il
presente influenzi il futuro bensì che anche il futuro sia un elemento
plasmante del presente. Precisamente è la nostra introspezione che può
qualificare il presente. Ma se questa affermazione è reale possiamo pensare su
quali realtà si fondi la nostra introspezione, e la nostra introspezione può
essere non solo plasmata bensì anche fondata sul principio di previsionalità,
ed il principio di previsionalità ha come sorgenti le idealità congetturali che
crediamo avvengano nel futuro _ una spiegazione della rilevanza nel presente
delle nostre ipotesi future può essere psicologicamente esemplificata dalla
realtà della ansia su realtà che pensiamo avverranno e sulle modalità con cui
si potrebbero a noi verificare. Non solo ansia, bensì altre qualificazioni
introspettive sono indotte dalle ipotesi o certezze future, tra cui anche la
felicità, un evento probabilmente certo positivo che sappiamo esisterà nel
nostro futuro ci rende felici adesso. Ma è propriamente la entità mnemonica
futura _ che è la immaginazione della memoria dal passato che ri_proietta i
caratteri di probabilità che realizzano la nostra percezione futura. _ ad
essere la fonte del nostro bene essere o del nostro mal_essere e persino
risulti la fonte variante le nostre scelte presenti.
Ritornando
alla filosofia futurista in conciliazione con i pensieri suddetti giungiamo
all’accorgimento che il principio di iper_rapidità tipicamente futurista non
può consistere di un principio di stabilità per noi, è consueto la relazione
tra ansie e iper_rapidità poiché la velocità è un variante difficilmente
gestibile ed instabile per definizione, ecco allora che strutturare la nostra
qualificazione ideale del “come” futuro sulla base della lentezza accorta e
della gradualità possa essere una scelta saggia e propositiva, persino
attendere e fermarsi che sono concetti confutati dalla filosofia futurista
possono fare bene alla nostra salute. “Non posso continuare, allora
continuerò.” Orientato a creatività costruttive, buone, docili, altruistiche. È
un principio gemello di ciò che ho argomentato, ovvero che il presente
strutturi il futuro _ Il termine “Avere il sentimento di non potere continuare,
di non riuscire a mantenere resilienza” è un indice che è risultante da
instabilità presente, ma abbiamo predetto che instabilità presente può essere
influenzata ed altresì puramente causata dalle nostre proiezioni future.
Tuttavia perché questa prescrizione “Non posso continuare, allora continuerò.”
è un esempio importante di resilienza alla creatività _ poiché trasla la nostra
resilienza creativa sul fatto che la continuazione sia una necessità
immotivata, ovvero un destino che ci appartiene quasi fosse trascendentale in
noi, che la creatività direttiva, il puro sogno a cui giungeremo sia di un
ordine di rilevanza ideale e fattuale non superiore in paragone con le realtà
presenti, bensì superno e non relazionabile, una pura etica comportamentale che
allora dia garante dell’avverarsi proprio ora dei nostri sogni creativi poiché
una realizzazione parziale di un sogno è una manifestazione vera e reale del
nostro sogno e se pensiamo alla dialettica tra infiniti ed infinitesimi
giungiamo alla tesi che nell’infinitesimo vi consista l’infinito ed
esemplificando nel caso della relazione tra sogno e fatto coerente con il sogno,
il nostro umile e timido passo concreto espressivo del nostro sogno
introspettivo è già il gradiente reale compiuto della intera complessa realtà
del nostro sogno.
LA
GENEROSITÀ DELLA VERITÀ
UNA
VERITÀ DAL SILENZIO
Che
ha voce dualismo.
Nel
silenzio si ascolta. Necessariamente non possiamo che ascoltare, solamente
tentando di portare le nostre mani alle orecchie per ovattare i suoni, il suono
non tace ma si amplifica proprio dell’eco soffocato risonante e consonante il
suono che proviamo a tacere, è il suono ovattato allora che induce il domino
del nostro pensiero, che sono ulteriori suoni di idee.
Un
uomo racconta d’una sala circolare d’una abbazia nel buio dell’entroterra, al
centro della sala circolare un punto che l’architetto dell’abbazia definì come
il punto del silenzio assoluto “Il punto più silenzioso seppur sia il luogo
della più maestosa baraonda esistente.
Non
è propriamente il silenzio stesso il mistero ma è una espressione del nostro
subconscio che istintivamente percepisca il suo intrinseco dualismo, così il
silenzio è un macroplasma unico sempre identico a sé medesimo seppur sia una
entità ascoltata diversamente e soggettivamente da ciascuno. Il silenzio è
serenità e tranquillità se non si ascolti il silenzio, poiché ascoltare il
silenzio significhi destare ciò che silenzio non sia, sia introspettivamente
sia estrospettivamente. Soprattutto silenzio è serenità tuttavia se non si
taccia il silenzio poiché tacendo il silenzio richiamiamo la radicalità dei
suoi opposti. Vivere il silenzio è una saggia via per comprenderne che possiamo
vivere grazie a noi stessi il riassunto di ogni dualismo in unità serena quiete
e silente_ poiché silenzio è reale mentre le realtà che silenzio riecheggia
sono nostre soggettive congetture.
Un
ultimo paragone metaforico risulti importante.
Silenzio
sta a suono come finzione sta a verità.
Che
tu sia ciò che sei. É una libertà salutare ed anche una speranza.
Come
il silenzio non elimini il suono bensì lo rilevi altresì la finzione d’ogni
gemella verità non elimina la sua veridicità bensì la rilevi, ancor più il
silenzio veli il suono maggiormente il suono risulti fluorescente, ancor più la
finzione veli la sua verità maggiormente la verità risulti incandescente. Non
esiste alcun fuoco che estinto non implichi i suoi fumi, ad ogni repressione la
sua gemella espressione.
Dedicare
al prossimo è dedicare a sé stessi, ogni altruismo è egoico ed ogni egoismo è
relazionale poiché chi riceve è espressione relazionale della qualità ricevuta
nelle forme plasmate della qualità ricevuta, allora egoismo in verità non
esista poiché queste prospettive esprimano che l’egoismo è un trascendente
artefatto della sostanza ancestrale umana che è relazione, che è altruismo e
gratuità puramente relazionali.
LA
NON GENEROSITÀ AMBIENTALE E
LA
AUTODETERMINAZIONE DELL’AMBIENTE DI INTRAPRENDENZA
Se
e dove la realtà locale non permetta e non agevoli praticamente e semplicemente
nuove opportunità di appartenenza e di crescita personale, relazionale,
culturale, professionale allora siamo naturalmente orientati alla premessa del
rendimento autonomo e esortati alla spontaneità non solo di mantenere un
rendimento creativo ma bensì di realizzare autonomamente ciò che la realtà non
è, ovvero creare il substrato ambientale, il contesto di complessità creativa
dove dedicare il nostro rendimento autonomo. Ove si incontri un non luogo
ispirativo e d’intraprendenza siamo a riconoscere una lacuna dell’ambiente
locale in cui noi stessi siamo in dignità di riconoscere che il nostro
intervento di ricostruzione di queste lacune locali non sia in verità un nostro
dovere a nostro carico e guadagno, né una nostra dignità proprio nella evidenza
che l’ambiente locale non ci dedichi i diritti di dignità di crescita che
naturalmente devono concernere il nostro contributo di valore aggiunto fattuale
relazionale, creativo e puramente migliorativo, piuttosto la relazione tra noi
ed un ambiente passivo ed arido che prende maggiormente rispetto a ciò che
ricambia risulti una perdita per noi ed un guadagno per l’ambiente locale,
pertanto una scelta non efficiente e non sana
per noi. Saremmo più saggi a strutturare noi stessi fin dalla prima
educazione a creare ciò che è più complesso del rendimento, dell’obbidire ai
compiti, ovvero non solo la saggezza della autodeterminazione d’intraprendenza
di reddito, bensì anche la abilità di creare autonomamente L’AMBIENTE DI
INTRAPRENDENZA che la realtà non è. E se la realtà locale non sia un ambiente
di intraprendenza florido e non agevoli la crescita bensì realizzi Repressioni
insane di creatività sane è per logica introspettiva del minimizzare il dare e
dell’ottimizzazione l’esigere e il ricevere _ delle quali realtà è fonte pura
l’egoismo. Egoismo risulti pertanto una realtà da confutare ideologicamente e
concretamente per realizzare la conversione di una realtà sociale degna della
nostra salute ovvero che dia a noi salute e vitalità e che non le ostacoli.
Risulti una accortezza interessante, un individuo per quanto abbia la
resilienza e la volontà ove e se lo scegliesse di relazionarsi e confrontarsi
con un ambiente lacunoso non solo non ne risulterebbe arricchito bensì risulti
un pensiero condivisibile che i livelli di conoscenza, intelligenza, maturità,
lavoro, resilienza, forza di volontà di un singolo individuo per quanto siano
elevati non risulterebbero sufficienti a ristabilire e migliorare lo status dei
fatti lacunosi dell’ambiente primariamente relazionale e secondariamente
creativo, l’individuo ne risulterebbe svilito da cui gli esempi iconici di
burnout. Il docet standardizzato struttura la nostra efficienza di dipendenza a
risolvere compiti da ambienti esteriori e ci lascia impreparati nella facoltà
di autodeterminazione di contesti creativi autonomi della cui esistenza e della
esistenza della possibilità di compimento autonomo ci lasciano precariamente
immaturi/e. Scegliamo con accortezza gli ambienti relazionali, ed ove e se non
vi siano ambienti relazionali costruttivi l’individuo non è né in possibilità
né in dovere di cambiare le persone né a maggior ragione gli ambienti sociali.
E poiché risulti sano non confrontarsi con una negatività oltre le nostre
facoltà rigenerative e efficienti per noi siamo in dovere per la nostra salute
e vita di creare da noi medesimi L’AMBIENTE DI INTRAPRENDENZA. Fare un momento
di pace è diverso rispetto al fare le strutture ambientali contestuali relazionali
pacifiche, ogni realizzazione a lungo termine e stabile si forgia in grazia di
giusti interventi a livello di creazione di strutture ambiente non di elementi
univoci e momentanei di superficie pertanto la direzione di questa facoltà
dell’imparare a creare nuovi ambienti relazionali costruttivi risulti la
direzione più complessa ma altresì la migliore, tuttavia affinché chiunque
abbia diritto e opportunità di imparare debba esistere una realtà che insegni
che allora risulti un impegno creativo dei più illustri sistemi di
insegnamento. Confutare il valore di Egoismo e limitare le espressioni egoiche
è un esempio di intervento a livello ambientale substrutturale sistemico in
grado di realizzare cambiamenti migliorativi importanti per chiunque. Riflettiamo. È in misura ed in qualità in cui
sappiamo creare ambienti risolutivi migliorativi che miglioriamo e aumentiamo
le nostre possibilità di risolvere lacune.
Poiché
se lacuna è non luogo, che è mancanza di luogo, se noi siamo in grado di
compiere realtà creative ambientali risolviamo il non luogo.
Ora.
Se il docet standardizzato implichi un nostro confronto di risposta a compiti
di sistemi esteriori _ l’individuo medesimo ripropone e reitera identicamente
il sistema, ma non ne riqualifica le strutture funzionali sistemiche. Siamo
abituati a Replicare elementi di luoghi ambientali relazionali ma siamo meno
abituati a creare luoghi relazionali. Il mirroring esprime replicazione di
comportamenti, ma il mirroring non è migliorativo se dovessimo essere a
Replicare comportamenti non assertivi. Creare assertività in relazioni di non
assertività è un esempio di intervento a livello ambientale substrutturale
sistemico della relazione ed è una capacità importante da avere.
Ulteriormente
oltre al mirroring può intervenire un sistema non efficiente di dicotomia di
tipo ‘Tutto_niente’, più precisamente ove e se appena percepiamo di non vivere
semplicemente, facilmente, immediatamente il ‘tutto’ graviamo verso la scelta
del ‘niente’ che ‘niente’ realizziamo, tuttavia con importanti perdite ovvero
del ‘modicum’ del ‘poco’ che in quella relazione umana e creativa compimmo, non
eliminare il ‘poco’ è fondamentale poiché è il germoglio la prima struttura
funzionale alla crescita ed alla esistenza della possibilità di ulteriorità
stabili. La stabilità del germoglio è un paradosso che risiede proprio nella
sua vulnerabilità, ovvero il valore che il germoglio abbia in quanto alla sua
rarità in quanto sia egli medesimo il simbolo di caducità se non ce ne
prendiamo cura e se non lo proteggiamo.
Nelle
medesime dinamiche relazionali la collaborazione si strutturerebbe proprio sul
reciproco plasmare gli ambienti ideali che è una flessibilità tipicamente
strutturale dei contenuti ideali e dialogici.
Confrontarsi
e pacificarsi sulle strutture concettuali, sulle idee, sul senso emozionale è
un modello relazionale efficiente e a lungo termine poiché risolve le
dissonanze di superficie.
Le
divisioni relazionali sono effetti logici della non compatibilità tra
radicalità e severità tipicamente di superficie in cui riconosciamo non volontà
e non facoltà di flessibilizzare i modelli strutturali ideali _ dialogare di
spiritualità, delle nostre mentalità dei grandi sistemi non è un unicum
dell’approfondire o den non approfondire bensì è un percorso direttivo. La
flessibilità è una facoltà strutturale di resilienza e di creatività.
La
facoltà di sapere creare e migliorare indifferentemente dalla esistenza e dalla
qualità del ricevere è una modello di facoltà di creare ambiente che allora
introduce un nuovo equilibrio tra dare e ricevere poiché si è in grado di dare
indifferentemente dal ricevere, nonché risulti una definizione di gratuità e un
modello di confutazione dell’egoismo che si fondi proprio sulla nostra facoltà
creativa.
Dedicare
al prossimo è dedicare a sé stessi, ogni altruismo è egoico ed ogni egoismo è
relazionale poiché chi riceve è espressione relazionale della qualità ricevuta
nelle forme plasmate della qualità ricevuta, allora egoismo in verità non
esista poiché queste prospettive esprimano che l’egoismo è un trascendente
artefatto della sostanza ancestrale umana che è relazione, che è altruismo e
gratuità puramente relazionali.
UNA
MAGICA SCOMMESSA
Ogni
tanto mi rileggo per esisterti un pó più intensamente quando non sei con me, è
un senso reale di ubiquità ed una risonanza concreta di telepatia.
Ogni
generosità verso noi stessi è una generosità orientata al prossimo.
Il
silenzio risulti allora il senso della generosità di esistersi quando siamo
lontani, la dimensione surreale della reminiscenza e del sogno sono tra le più
importanti realtà che compongono la speranza del logico non esistere delle
finitudini e delle solitudini.
Ed
è proprio un senso paradossale di lontananza a compiere il fatto telepatico del
nostro conforto, sia nel silenzio il nostro credo che il prossimo stia credendo
in noi.
Ed
anche se non fosse così, se in verità queste bontà surreali e telepatie non
fossero, pensarle reali sia a noi un buon pensiero che migliori il nostro stato
d’animo.
LA
GENEROSITÀ DI ESPRIMERSI
IMPRINTING
ESPRESSIVO
Il
valore della spontanea espressività rivela la nostra unicità identitaria.
Siamo
persone Uniche trascendentalmente? Si in ontologia ma non in fatto di
rivelazione.
La
rivelazione è una gradualità abitudinaria. La spontaneità di non reprimere la
nostra unicità ovvero di esprimere noi stessi/e. La espressione non è solamente
di coping conformista ma è una espressione del nostro talento autoreferenziale.
Nel coping conformista c’è biunivocità passiva di identità tra ambiente e
nucleo introversivo:Un input di informazione si percepisce dal nucleo
ambientale nel nostro nucleo introversivo e la informazione viene riflessa
(Mirroring) identica dal nostro nucleo introversivo al nucleo ambientale.
Tuttavia se noi siamo elementi di risonanza di identità la informazione
mirroring viene implementata -(ed il nostro valore succede come elementi
replicativi e amplificativi di un flusso preesistente.) Quando argomento del
fatto che la nostra espressione di unicità argomento proprio dell’effetto di
evanescenza che crea il conformismo di noi e della nostra vitalità identitaria,
poiché giungiamo allora alla conclusione che essere unici non è esclusivamente
una innata trascendentalità ma una scelta di trascendenza abitudinaria. Essere
unici è il talento graduale di esprimere la nostra unicità, ovvero di essere
noi stessi un flusso ambiente e non solamente elementi di risonanza replicativi
di flussi ambientali esteriori. Ovvero innatamente siamo espressivi della
nostra unicità. La tempra del conformismo tuttavia devia questa nostra
spontaneità ad essere noi stessi/e artefatti replicativi di ambienti esteriori,
(ricevere, esigere) poiché siano ad insegnarci che la sorgente creativa sia l’ambiente
circostante, mentre siamo orientati alla distrazione di non comprendere che le
sorgenti creative siamo noi stessi/e. (dare) In filosofia, esistere al di fuori
o al disopra della realtà sensibile; sorpassare un certo limite della
conoscenza o della realtà.”Dio trascende il mondo” Oltrepassare, superare.
Trascendere
è una spontaneità trascendentale innata, è una spontaneità di condivisione.
Il
sentimento di iper_appartenenza è un sentimento tipicamente conformista _
nonché ci desterebbe paura la realtà di non appartenenza ad ambienti conformi
esteriori. Ma il concetto di trascendenza stessi confuta questa paura _
asserendo il principio di creatore di una non località creativa _ semplificando
ciascun artista crea da un foglio bianco. La esistenza oltre il flusso ambiente
esteriore significa proprio che noi medesimi/e siamo flussi ambiente creativi
ovvero che abbiamo facoltà di qualificare e di nominare la realtà proprio
esprimendo il nostro talento creativo innato.
Nelle
tipicità espressive esiste sempre suriettività f: A->B
Esiste
una espressività ordinata ovvero gli elementi sorgenti del nostro nucleo
introspettivo trascendono e si esprimono creando un nuovo flusso ambiente nel
flusso ambiente Realtà in senso qualificativo ordinato e razionale.
Nelle
tipicità espressive esiste sempre iniettività caotica f: A->B
Esiste
una espressività disordinata ovvero gli elementi sorgenti del nostro nucleo
introspettivo trascendono e si esprimono creando un nuovo flusso ambiente nel
flusso ambiente Realtà in senso qualificativo disordinato e artistico. Vi
esistano incongruità di senso ontologico e concettuale tra ontologia di
elementi introversivi e sedi ambiente del flusso ambiente realtà.
Un
dipinto surrealista è un esempio di espressività di tipo iniettivo caotico.
Sono
ora a riflettere sulla possibilità che espressività, essendo un dialogo di
condivisione introversività_estroversività, ammetta il senso di di biunivocità
inversa replicativa e non replicativa.
Scrissi:
“Nel
coping conformista c’è biunivocità di identità tra ambiente e nucleo
introversivo:
Un
imput di informazione si percepisce dal nucleo ambientale nel nostro nucleo
introversivo e la informazione viene riflessa (Mirroring) identica dal nostro
nucleo introversivo al nucleo ambientale. Tuttavia se noi siamo elementi di
risonanza di identità la informazione mirroring viene implementata -(ed il
nostro valore succede come elementi replicativi e amplificativi di un flusso
preesistente.) “
Argomentando
di un sentimento di evanescenza e di scomparsa della nostra identità nel flusso
conformista. Allora se siamo flusso di cangianza rispetto all’imput che
percepiamo dal flusso ambiente, possiamo esprimere che la nostra identità si
riveli come senso di contrasto ricreativo del flusso ambiente realtà. Ma è vero
che la replicazione di identità conformista esprima la nostra inconsistenza
rispetto al flusso conforme?Intanto assumiamo che possiamo riconoscere bontà
dal flusso conforme che pertanto siamo orientati a dedicarvi il nostro credo,
la nostra approvazione e la nostra replicazione _
Giungiamo
al concetto di senso motivazionale.È la replicazione passiva che realizza che
siamo evanescenti rispetto al flusso. Ovvero la nostra unicità può esprimersi
nel mirroring e nel coping del flusso Ambiente Realtà se la nostra espressione
replicativa è sentita ovvero se ne sentiamo senso motivazionale, ovvero se
sentiamo che il nostro flusso ambiente introspettivo sia consonante con il
flusso ambiente Realtà (Nella replicazione passiva c’è accettazione acritica,
ovvero il criterio di scelta è tipicamente una forma di risposta reattiva
istintiva al flusso ambiente realtà e non è una efficace rielaborazione del
nostro flusso interiore che allora risulta in stato di quiescenza). Un elemento
replicativo passivo non è cangiante il flusso ambiente realtà (tacere ad
acconsentire) , un elemento replicativo attivo è motivante e implementativo
(parlare a migliorare). Concludiamo che un significato di “rendere evanescente
la nostra identità” sia di non rendere dignità alla nostra spontaneità
espressiva, di reprimerla realizzando comportamenti di copia passiva
dell’ambiente reale e di inerzia al flusso reale, mentre guadagnare la nostra
unicità è un valore sia introversivo, sia di condivisione relazionale e si può
compiere grazie al nostro impegno quotidiano di riconoscere le nostre bontà
sorgenti esprimibili e di esprimerle con spontaneità e coraggio, essere puri
valori aggiunti è il destino del battito dei nostri cuori, siamo allora
sorgenti espressive di energia. Il valore dell’imprinting espressivo, ovvero la
trascendentalità della nostra struttura di spontaneità espressiva delle nostre
sorgenti introspettive è un valore da mantenere e da non disimparare a causa
delle destrutturazioni di abitudine al coping passivo a cui il conformismo ci
abitua spesso senza nostro accorgimento. Il conformismo plasma inoltre ke
nostre strutture psicologiche relative a riconoscimento e valorizzazione in
direzione univoca di Valorizzazione per somiglianze ed identità _ rendendoci
disabituati nei confronti della accettazione di diversità.
La
spontaneità espressiva umana risulta allora una via efficace da seguire per
realizzare l’orgoglio della nostra identità ed allora abituandoci al
riconoscimento e valorizzazione delle diverse forme di unicità creative del
prossimo.
Definizione
culturale di imprinting Treccani.
https://www.google.it/www.treccani.it/enciclopedia/imprinting_(Universo-del-Corpo)
Selfishness
it is not wanting in return the same it’s given. This equilibrium between
giving and receiving it’s wisely self_esteem and merit - the donors deserve
these consideration esteem.
LE
PROPRIETÀ DI FLUSSI CANGIANTI
Sorgenti
logiche di perdono(di non risentimento) , di dono.
Perdonare
è in logica un significato di assenza di risentimento e rivendicazione.
Impermanenza
può significare non permanere poiché significhi permanere in altre forme. Può
allora la caducità essere intravista come un valore? Intanto la caducità è un criterio di aumento
di valore poiché incrementa la realtà che esista in tempi effimeri. Una
prospettiva alternativa della perdita. La goccia che incontra la terra non
svanisce ma fiorisce il germoglio. Credere in misura delle nostre facoltà
innate di generosità che la perdita non sia un fine inesorabile bensì
l’incontro con una manifestazione espressiva nuova della realtà che abbiamo
conosciuto. Conoscemmo la goccia cadente, ma non siamo a rattristarci perché
non gioviamo più della goccia bensì siamo a gioire delle estetiche del fiore e
del suo profumo.
Flusso
di presenza e flusso di cangianze.
Perché
soffriamo le impermanenze? Poiché amiamo il flusso di presenza ed in misura del
nostro coraggio, generosità e bontà d’animo potremmo imparare a amare il flusso
di cangianze. Altresì il flusso di cangianze è un flusso vitale. Potremmo
riconoscere che vi sia una parvenza di non vitalità nel flusso di presenza,
ovvero che è la eterna costanza, la statuarietà del non cambiamento, allora
riconosciamo una parvenza di non vitalità nei flussi di cangianze che
consistono appunto nei cambiamenti, ma ogni cambiamento assume un “Non è come
fu” che è un senso di addio e di malinconia ; tuttavia la nostra generosità e
la nostra importante capacità di perdonare risiede bel senso umano che
attribuiamo alla malinconia. In misura in cui non Amiamo malinconia proviamo un
senso di attaccamento che la psicologia interpreti e categorizzi nelle
categorie delle dipendenze : interpretiamo allora il valore Liberatorio del
per_dono _ poiché il risentimento _ tipicamente _ risentire ammette una
procrastinazione di irresolutezza _
poiché
non risolviamo che una realtà è libera rispetto a noi stessi/e e reciprocamente
che la nostra stabilità identitaria è libera da una realtà. Per_donare allora è
un senso generoso liberatorio. Non restare è logicamente cangiare che è il
significato di divenire. Abituarsi a un flusso di presenza nuova. Nulla si crea
nulla è finitudine ma tutto si trasforma. L’obiettivo sia di riqualificare il
significato di proprietà. Introducendo il senso di proprietà di flussi di
cangianze. Realizziamo un paradosso che una perdita sia interpretabile in
ottenimento, poiché una perdita di proprietà sia un ottenimento di un livello
meta_coscienzioso di proprietà ovvero la proprietà di flusso di cangianza.
Relativamente
all’esempio precedente della goccia e del germoglio.
Succede
una rivalutazione valoriale insieme alla perdita della goccia di pioggia,
ovvero la malinconia della perdita della goccia di pioggia succede in relazione
con la conquista della proprietà di cangianze evolutive _ goccia - germoglio -
fiore. Assunto che una realtà è sempre una realtà ambiente, ovvero che ogni
realtà corrobori ed evolva un ambiente.
Ritorniamo
ad un senso di importanza della generosità _ non provare oltremodo rilevanza e
risentimento verso la perdita entra in significato di relazione con la nostra
tempra di resilienza dinanzi alle caducità cui siamo protagonisti_e tuttavia è
proprio questa la tempra che fondamentalizza la nostra facoltà identitaria di
accettazione e di gratuità e generosità_
giungiamo per logica a strutturare il senso del dono che rincuora il donante _
poiché colui / colei che dona subordini la caduca perdita di realtà
materialista all’ottenimento di proprietà reciproca e relazionale di proprietà
di flusso di cangianze (Realtà - > felicità del prossimo _ miglioramento
relazionale che rincuora colui/colei che dona).
Secondo
la dialettica paradossale e la realtà logica delle proprietà di flussi di
cangianze siamo a reinterpretare le caducità e le finitudini di fallimenti e
perdite riqualificandoli come nuove sorgenti di opportunità evolventi.
LE
SORGENTI DELLA FLORIDEZZA
Ora
siamo a riflettere su una prospettiva di non bontà dell’egoismo. Riflettiamo
sul perché la fonte del demerito, della discendenza di valore e persino della
denaturazione di identità sia proprio l’egoismo. Un esempio logico è
significativo : chiunque sia a domandarsi quale risposta caratteriale succeda
ad un principio comportamentale egoistico si risponde logicamente che la
persona che attua egoismo desti delusione e lei medesima realizzi ed induca
demoralizzazione, rassegnazione in quanto abituare a vivere il comportamento
egoistico crea apprendimento per apprensione ovvero che susciti ansia di
procrastinazione e sbilanciamento dell’equilibrio dare_ricevere proprio
cortocircuitato dal senso egoico del prendere senza dare e dall’esigere con
severità. Allora giungiamo alla logica che chi sceglie di essere egoista non
merita nel senso che non susciti la gratuità di meritevolezza e valorizzazione
dal prossimo. Pertanto cogliamo l’occasione per conoscere il senso puramente
inutile e dannoso di egoismo soprattutto per la persona agente egoismo.
Premesso
che egoismo sia un non_valore che tipicamente impoverisce, inaridisce, stanca,
esaurisce siamo ad incontrare un senso di egoismo che subordini la relazione
all’ego, ma l’ego subirà proprio la perdita della relazione che subordina
pertanto l’egoismo non è un sistema né privo di perdita né utile né efficiente.
In secondo luogo la logica è ripetibile in quanto ego subordini l’altro,
ciascun fatto subordinativo implica reazioni alla subordinazione ed alla
repressione che ovviamente non hanno una traducibilità dialettica di
gratitudine e riconoscenza. Egoismo stanca il prossimo poiché egoismo assorbe
energie dal prossimo allora coloro che applicano attitudini egoiche come
risposta immediatamente reale del loro egoismo sono a subire i risultati delle
loro Energy overcome requests che gravano sul prossimo e che per sua giusta
natura reattiva e per causa della persona egoista si comporta con la persona
egoista nei modelli di identità e mirroring rispetto alla causa esauriente_ se
l’egoista fa persone tristi e stanche l’egoista vivrà le tristezze e le
stanchezze che proprio l’egoista ha creato.
Altruismo
e valorizzazione è un modello attitudinale che subordini i corollari
situazionali alle relazioni e alle persone _ per questo Altruismo è un
comportamento efficace ed efficiente, utile, che desti un ritorno di
meritevolezza e di riconoscenza. Altruismo è importante poiché subordinando il
materialismo realizza le sorgenti strutturali di riconoscenza e di
collaborazione. Allora materialismo è una funzione di caducità puramente
strumentale ma collaborazione e riconoscenza che sono i motori relazionali sono
le strutture sorgenti cause della rivitalizzazione, ovvero del creare vitalità,
energia, del creare e ricreare materialismo. Allora la floridezza non può
sorgere né dall’egoismo, né dal materialismo ma può sorgere solo
dall’altruismo, dalla valorizzazione e dalla collaborazione poiché sono i
motori cause della ri_conoscenza.
Ogni
ri_conoscenza deve essere premessa da conoscenze di reciproca curiosità.
Ma
ad “egoismo” interessa solo prendere ad egoismo non interessa relazionarsi.
Allora “egoismo” non conosce, egoismo nomina, attribuisce ed impone nome,
egoismo è eteronomizzante, per questi motivi da egoismo non può mai sorgere
riconoscenza poiché ogni ri_conoscenza deve essere premessa da conoscenze di
reciproca curiosità, l’interesse di conoscenza è tipicamente una forma di dare
poiché risiede nella categoria di interesse e valorizzazione. Un senso
strutturante la spontaneità di altruismo e gratuità. Generosità desta lo
spirito di attribuzione di meritevolezza.
LA
AUTO_ATTINGENZA
Credetti
che la mia identità fosse il risultato di una identificazione con la percezione
di altre persone di me, poi conobbi la solitudine e percepii due vie _ una via
di perdita di senso di identità, la realtà presente della assenza delle persone
in cui io mi identificavo e che mi identificavano implicava una mancanza di
sorgente identificativa.
Tuttavia
la seconda via che io sia ad esprimere riconduce un nuovo principio di
autodeterminazione ed insieme un senso di maturità auto_riconoscitiva. Il
principio è puramente la autodeterminazione nel senso che la stabilità
diveniente di percezione non sia il connubio percettivo interpretativo delle
altre persone bensì che la stabilità di flusso creativo diveniente ero io
medesimo e che era appunto impermanente la fonte di interpretazioni delle altre
persone. Tuttavia ancor più importante riscoprii me stesso e riconobbi me
stesso ad essere una essenza ulteriormente maggiore rispetto alla fonte dei
connubi percettivi delle persone che conobbi che riscoprii essere limitativi
della mia energia creativa ed ispiratrice nonché della pura complessità
maestosa del mio sé.
“Se
riusciamo ad essere noi stessi e non ciò che gli altri hanno deciso per noi, la
nostra vita si trasforma in una opera d’arte.” Giovanni Allevi
La
verità è che per determinare noi stessi siamo tutti/e tutte attingenti.
Attingiamo
da un giudizio di approvazione proveniente dall’esterno, attingiamo per
qualificarci nel giusto o nel bene sulla base di risultati di rendimento,
attingiamo dalla nostra interpretazione del senso comune che le persone locali
abbiano di noi stessi/e ed investiamo tempo ed energie sulla focalizzazione
relazionale di un numero esiguo di persone _ e se potessimo orientarci
all’investimento creativo di noi stessi/e nei confronti di un focus
ulteriormente creativo altresì sulla base del numero e della varietà di persone
verso le quali possiamo esprimere il nostro senso creativo?
Potremmo
scegliere di mostrare il nostro senso creativo ad una singola persona nella
nostra vita ed essa non ci comprenderebbe per sua essenza interpretativa, e
potremmo impegnarci per il corso della vita per realizzare che questa persona
cambi interpretazione, ed ancora otterremmo una interpretazione di non
riconoscimento e di disinteresse, finché forse giungeremmo erroneamente a
rattristarci ed ad esprimere la nostra tristezza proprio verso la unica persona
che interpreteremmo la causa della nostra tristezza. Oppure potremmo ampliare
noi stessi/e i nostri orizzonti dedicando il nostro tempo creativo e la nostra
energia di condivisione nei confronti di molteplici opportunità di relazione,
se in principio la causa creativa sia buona, utile ed innocua questa causa
creativa sia una realtà condivisibile pertanto giungeremmo a comprendere che
sia erroneo e ingiusto temprare una altra persona da noi a realizzare che lei
abbia la nostra medesima condizione interpretativa. Esistono consiglio ed
esortazione che strutturano l’umano cambiar di idee ma l’obbligo non è
relazionalmente umano e sano.
Allora
il senso sia di esprimere noi stessi/e verso molti osservatori ed ascoltatori
ottenendo necessariamente che spontaneamente siamo apprezzati ed amati.
Ma
il senso principe di questo scritto è di essere Auto_Attingenti ovvero
riscoprire che le nostre potenzialità introspettive sono di un ordine di non
finitudine estremamente ulteriore e superiore rispetto alle realtà di
finitudini interpretative tipiche proprio della complessità percettive di
esteriorità sociale e relazionale.
Un
elemento nuovamente rilevante.
Una
metafora potrebbe essere consona.
Seppur
chi ci ama e non è medico vorrebbe curarci da una eventuale malattia questa
persona ci darà tutti gli elementi di cui è in possesso per dedicarci le sue
cure ma non ci donerà la cura dalla malattia e dalla salute cui può solamente
adesso un medico specializzato.
Questo
principio è adattabile altresì alla complessità educativa psicologica.
La
lettura della letteratura mondiale è fondamentale. Poiché le persone a noi
vicine sono le persone che ci vogliono più bene ed essi ci dedicheranno i loro
insegnamenti e valori certamente preziosi tuttavia in nostro disincanto del
fatto stesso che la fonte dei loro consigli sia dall’unicum del loro connubio
culturale, spirituale ed esperienziale_ nonché un importante termine di
paragone con la letteratura scientifica ed umanistica mondiale sia a conforto
per noi proprio in fatto di permettere a noi stessi di ottenere una
flessibilità di ragionamento ed un rincuorarci ancor più temprato.
Un
appunto sui modelli interpretativi e percettivi.
I
criteri di identificazione esteriore sono di superficie di posizionamento che
nominiamo “Tipi categoriali prestabiliti” nonché le persone ad intenderci
dicotomicamente un tipo di personaggio che somigli per similitudine a criteri
categoriali pre_esistenti e socialmente già disposti insieme alla realtà che
siano già confezionati anche i modelli di valore o di disvalore sociale insiti
nel dato personaggio o nel dato compirtamento, ulteriormente insieme ad un
destino socialmente predestinato e socialmente preconfigurato. Gli errori
dell’etichettare non rendono dignità esistenziale alla complessità dell’unicum
gradiente di ciascuno di noi.
Agli
occhi del prossimo risulterebbe una confusione il disincanto dell’unicum
esistenziale del sé poiché sarebbe complessa la identificazione proiettiva,
sarebbe complessa la determinazione. Allora il riconoscimento è una
approssimazione di etichetta che soggettivamente e arbitrariamente qualunque
persona che si relaziona con noi realizza per il semplice motivo di difficoltà
di profonda e reale conoscenza e coscienza della complessità che siamo
realmente. Non sapendo in quale categoria individuarci ne scegliamo una, la più
comoda per noi, nel riconoscimento immediato di etichetta esiste sempre
utilitarismo.
Consiste
di genialità proprio l’eclettismo personale. Essere eclettici non
categorizzabili, esprime il nostro essere umanamente esistenti.
La
indifferenza nasce altresì dalla non capacità dell’osservatore di categorizzati
in un senso esistenziale normalizzato e conformistico. Ma la credibilità di
riconoscimento non ha come fonte la categorizzazione di osservatori esterni
bensì ha come fonte la nostra autenticità identitaria eclettica.
Prescritte
queste lacune di giudizio di tipi d’etichettatura giungiamo alla conclusione
che la nostra stabilità identitaria sia da fondamentalizzare sulla
Autocoscienza di esistenza, sulla auto_attingenza del senso di noi
medesimi/medesime e non su labili e discendenti di caducità interpretazioni e
giudizi altrui che per sostanza di evanescenza e inconsistenza di senso di
inconciliabilità di identità con la realtà identificata non hanno senso in
essere né senso di esistere. Non esiste ragionevole identità tra la essenza
identitaria e la mistificazione limitante che le altre persone fanno di noi.
LE
INTERPRETAZIONI BUONE
I
Doni dalla sofferenza.
Premettendo
in un primo momento che la realtà del dare sia la implicazione della premessa
del ricevere. Per realizzare che dedichiamo opere buone dovremmo essere sempre
orientati da premesse di ricevere bontà. Ma questa non è una astrazione e non è
un assurdo e non è una utopia.
Poiché
perché può esistere una resilienza innata del perdono e della conversione
purificativa in tutti/e noi.
Poiché
il valore del ricevere è interpretativo.
E
questa premessa non è non rilevante.
Poiché
la nostra anima è sì intensamente creativa da realizzare che siamo bontà
interpretative.
Allora
una vasta consistenza del senso del nostro donare non è solamente un effetto di
comportamento esteriore bensì è di già una buona, giusta e purificativa
rielaborazione interpretativa introversiva. Esiste la chiralità dare -
ricevere. Che qualunque ricezione/percezione è necessariamente interpretativa
ovvero una qualità del dare e attribuire bontà interpretativa.
Ma
succede altresì la realtà gemella, che qualunque dare sia in ontologia un
ricevere poiché dedicando, doniamo a noi che da noi riceviamo:
Fu
interessante il monologo del filosofo e pianista Giovanni Allevi di Sanremo
2024 da cui vi espongo alcune originali citazioni dalle parole di Giovanni
Allevi. Non fu un caso il primo gesto di Giovanni Allevi appena salito sul
palco di Sanremo accolto con un applauso di tutta la platea. Egli si abbracciò
ed espose le mani in segno di dono verso il pubblico poiché egli abbracciava e
ringraziava il pubblico che simbolicamente accoglieva lui stesso sul palco.
Un
ulteriore segno di gratitudine : Egli si dispiacque quando al suo ultimo
concerto alla Concert House di Vienna non poté ricambiare con gratitudine
l’applauso del pubblico poiché la paralisi del corpo già iniziava ad impedirgli
i movimenti più semplici, alzarsi dallo sgabello, allontanarsi dal piano per
raggiungere il fronte palco per ringraziare il pubblico.
Speranza
e voglia di immaginare, inaspettati doni del dolore. Un senso intenso di
paragone: “Prima della malattia il pianista si sorprese con tristezza di vedere
in un teatro in cui furono ad ascoltare il suo concerto migliaia di persone
egli si sorprese di vedere una sedia vuota, eppure all’inizio della carriera
egli stesso suonava dinanzi a poche decine di persone e disse di essere
felicissimo. Oggi, dopo la malattia non so cosa darei per suonare davanti a 15
persone. I numeri non contano perché ciascuno di noi a suo modo è unico e
infinito. “ Allora in un primo momento il dono che Giovanni Allevi fu un
pensiero interpretativo buono che realizzò proprio quando stava soffrendo
maggiormente, il pensiero che espresse con i termini I doni della sofferenza. La
sua scelta di ritornare a suonare dinanzi a milioni di persone. Fu questa
precisa scelta di ritornare alla pace creativa ed artistica che subconsciamente
realizzò la standing ovation del pubblico già quando di presentò, quando egli
espresse parole giuste e buone e quando tornò dopo due anni a suonare per il
pubblico e per milioni di persone. Perché è importante questa riflessione?
Poiché egli avrebbe potuto interpretare diversamente la sofferenza egli se non
avesse donato a lui stesso nuova speranza, non avrebbe donato a tutti noi la
sua presenza buona e creativa a Sanremo.
La
gratitudine di Giovanni Allevi nei confronti del creato nei confronti delle sue
particolari cangianze. La gratitudine nei confronti di persone sconosciute che
lo curarono e che si presero cura di lui, la ri_conoscenza per la ricerca
scientifica e per la sua famiglia. Quando pronunciò: “Anime splendenti esempi
di vita autentica.” il pianista riunì le mani, un sentimento del restare e del
mantenere a noi. “Ancora un dono. Ma quanti sono?” Sia una incredibile
ragguaglio comunicarci che vi possano essere molti doni dalla sorgente della
sofferenza.
“Raggiunto
l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più, io sono
quel che sono, noi siamo quel che siamo.” Un valore di accettazione di noi
stessi implichi il valore di accettazione verso il prossimo. Il gesto
purificativo delle braccia che si aprono e delle mani estroverse esprime la
liberazione dal negativo.
“
Non potendo più contare sul mio corpo suonerò con tutta l’anima.”
Premettendo
in un primo momento che la realtà del dare sia la implicazione della premessa
del ricevere. Ora tuttavia in un secondo momento provando a confutare che la
bontà del dare debba essere necessariamente premessa da un ricevere bontà a
priori proviamo a riflettere su una importante riqualificazione.
Che
dare non debba essere premesso da una realtà o attitudine esteriore bensì che
dare sia una spontaneità e naturalezza umana. È naturale e spontaneo che
ricevere dal prossimo realizzi in noi felicità. Approfondiamo. Se esiste la
chiralità dare-ricevere siamo in primo luogo noi stessi/e a dare a noi
stessi/e, mentre doniamo al prossimo doniamo simultaneamente a noi stessi/e_
nonché realizziamo che sia spontanea la felicità la cui fonte di vita è il dare
e il donare.
Inoltre
siamo ad intuire una nuova ispirazione di interpretazione delle realtà che
siamo a vivere in quanto possibilmente interpretabili come sorgenti di bontà.
Donare, dedicarsi è allora un valore autoportante sano che realizza a noi
felicità. Dedicarsi,essere, esprimersi, regalare non è una premessa di volontà
ma è la essenza della vita stessa. È il flusso della nostra anima che
necessariamente si esprime.
Una
ultima riflessione.
È
noto che la esibizione del pianista fu una ottima esibizione a Sanremo,
tuttavia conveniamo che la sua esibizione sarebbe stata eccellente in mancanza
delle due vertebre fratturate e della neuropatia tuttavia, riflettiamo, questa
sua esibizione seppur essendo eccellente, sarebbe stata percepita migliore?
Probabilmente no.
Una
riflessione ulteriore potrebbe essere: perche? Una risposta superficiale
potrebbe consistere sulla premessa della lode del pianista che fu e della sua
resilienza a suonare ancora dopo il concerto. Ma non è solamente questo ed è
stato proprio il pianista a darci una importante risposta : la risposta è il
fare con l’anima nonostante la non perfezione o la incertezza della esibizione.
Il
caso del pianista è un unicum o una rarità. Ma il concetto del fare con l’anima
è una realtà che appartiene a tutti noi e pertanto estenda un nuovo criterio
valoriale umano in fatto di qualificazione valoriale non solamente sulla base
della qualità di rendimento bensì sulla base della esistenza umana giusta e
buona della persona che si accinga a dedicarsi a opere buone, innocue e giuste.
Provare
è il successo del fare con l’anima.
IL
TALENTO DELLA LEGGEREZZA
Quale
può essere un talento?
La
leggerezza.
Tuttavia
resta il senso della forza, del coraggio, della energia in coloro che esprimano
leggerezza.
Quale
può essere questo senso?
É
il senso della pesantezza introspettiva che sostengono con equilibrio insieme
ad una energia rara, una energia non esplosiva bensì una energia implosiva, è
la calma la energia che predomina sul tumulto, allora dove può essere il luogo
della incandescenza, il luogo della iridescente euforia? E il luogo dell’anima.
Tuttavia
l’anima iridescente come può esprimere tranquillità e quiete?
L’
anima non è l’animo. L’anima iridescente esprime colori, è una fonte di energia
estremamente intensa, densamente energetica quanto l’infinito in un
infinitesimo, allora l’animo è la saggezza di esprimere gradualmente e
saggiamente, costruttivamente e creativamente l’anima.
II
silenzio sia allora intensamente rivoluzionario poiché sia la espressione
indiretta della realtà a cui si avvicendi, ed il silenzio non sia mai
finitudine bensi intuiamo essere i silenzi preludi silenziosi a creatività
predestinate con melodica ponderazione.
Esiste
un senso ulteriore di queste quiete espressioni, che la tempra che comprima le
irrequietezze sia essa stessa flessibilmente irrequieta, una folie superna che
sia oltre la ragione logica poiché folie sia spirituale, subconscia, onirica,
metafisica.
Cosi
la espressività di leggerezza è un significato espressivo d’universi
introspettivi fluorescenti tra loro giocondi meritevoli e degni di essere con
curiosità conosciuti.
Un
augurio che la situazione sia un contorno alla relazione, non che la relazione
sia un contorno alla situazione, poiché solo grazie a questa possibilità al
termine della situazione resterà la relazione.
LE
GENEROSITÀ SUBCONSCIE
Neuroplasticità
è folié
CHIRALITÀ
SUBCONSCIA
Se
proviamo a rivolgere noi medesimi al subconscio il subconscio diviene
evanescente poiché il nostro sguardo razionale plasma la qualità del subconscio
in coscienza.
È
paradossale ma una risposta potrebbe essere che per realizzare che possiamo
conoscere il subconscio non dobbiamo essere in coscienza orientati a conoscere
razionalmente il subconscio, bensì riflettiamo sulla possibilità di riflettere
il subconscio in una realtà non autocosciente ed autonoma, bensì una realtà
focalizzabile e reale che può altresì significare sentimento, emozione,
energia, intuito, sogno, istinto _ allora giungiamo a comprendere che siamo a
lasciare che subconscio incontri noi, che subconscio conosca noi.
Poiché
esiste la chiralità relazionale il fatto che subconscio sia in interconnessione
con noi sia a significare che noi medesimi siamo in interconnessione con
subconscio _ questo stadio di interconnessione non è fondamentalmente razionale
bensì è uno stadio di Autocoscienza intuitiva.
Subconscio
non è puramente opposto e contrario significativo della coscienza razionale, ma
subconscio è un substrato variantizzante ed influenzante la coscienza di
razionalità.
Alcune
vie verso il subconscio sono il non pensiero, la sospensione del giudizio, la
meta_sensibilità, la ammissione dell’assurdo e la ricerca delle prospettive a
sostegno della tesi di ammissibilità, l’ascolto delle nostre tendenze di
libertà, l’oltre metafisico rispetto ai limiti di repressività.
Conoscere
il proprio subconscio è un ritorno alle origini, tipicamente i bambini sono più
vicini all’universo subconscio in quanto non ancora denaturati dai substrati
razionalizzanti _ la tipicità attitudinale infantile della curiosità, della
Genuinità del sorprendersi, del coraggio della ammissibilità di alternative
nonché il possesso di una pragmaticità sognatrice e nubivaga.
Conoscere
il proprio subconscio incrementa sostanzialmente in noi nuove forme di saggezza
e di energia _ insieme ad una ulteriore abilità di unipatia e di comprensione
della realtà.
Conoscere
il proprio subconscio ci rende in possesso gestionale del subconscio e non
vittime delle sue aleatorietà, alcuni esempi di questa elevazione
intellettiva_intuitiva consistono in possibilità di gestione di livello
ulteriore rispetto a ciò che qualifichiamo i gravi introspettivi _ ad esempio
una com_prensione intima del proprio subconscio può consistere in
invulnerabilità nei confronti delle negatività esterne che eventualmente
saremmo a subire in quanto ad una imparata facoltà di purificazione del negativo
che induca una sorprendente realizzazione del perdono, nonché una comprensione
del subconscio nella forma della purificazione può indurre che odio non
discenda le nostre energie demoralizzandoci, bensì che noi trasformiamo e
convertiamo odio in una fonte di energia pura nuova sorgente di positività e
bontà attitudinali. In secondo luogo una comprensione subconscia può
interessare una maggiore flessibilità psicologica_concettuale in profonda
relazione con la teoria delle neuroscienze della neuroplasticità, il possesso
dell’intuito subconscio è un valore ottenuto, ma è un valore ottenuto mediante
un processo meditativo che ci ha allenato/e a variantizzare sulla base dei
valori della gradazione, della divenienza, della accettazione, in base
all’aumento di interconnessioni logiche e concettuali ed altresì di influenze
che sfumino la nostra ideazione come la spiritualità, la meta _sensibilità, la
cangianza di idiosincrasia, il sogno, l’istinto.
La
cangianza di idiosincrasia è un determinante identitario _ poiché la nostra
autoreferenzialità è la nostra autodeterminazione e la nostra maturità di
identità e di autostima, di riconoscibilità succedono non per identità di
comportamenti razionali, bensì per le infinitesime sfumature di folie
intersoggettive che ciascuno di noi possiede poiché siano queste a realizzare
il capolavoro del significato di unicità di ciascuno/a di noi.
Il
criterio di accettazione è un valore conversivo importante tipicamente
ri_caratterizzante la nostra capacità gestionale di non evitamento di realtà
che inizialmente percepiamo impossibili, inaccettabili, inammissibili_ il
criterio di ammissibilità è in essere il criterio di riconoscibilità di verità
alternative ed ulteriori e realmente possibilmente funzionali alla nostra
salute se sappiamo riconoscerne la esistenza e la consistenza umana.
Secondo
logica la fonte della assunzione di responsabilità è proprio la facoltà di
incontro che è implicato dalla precedente accettazione _ sarebbe allora una
iper_razionalizzazione concettuale significativa del fatto che limitiamo a noi
stessi/e e che riduciamo la nostra facoltà di accettazione e comprensione _ la
folie consiste allora nella sorgente di nuova accettazione seppur critica di
realtà che la sola ragione eliminerebbe. La folie è la energia che implementa
la nostra neuro_flessibilità.
RAISONNABLE
FOLIÉ
Coscienza
non è solamente un mistero dell’anima, coscienza è una espressività pura
dell’io che scopriremo essere una fonte fondamentale della vita nonché della
vita umana di relazione.
Essere
coscienti, avere coscienza, rinsavire sono le tipiche espressioni dell’essere
in sé e dell’essere in noi stessi e per assurdo contrasto la libertà
d’esprimersi liberamente insieme; presentiamo che sia razionalità, sia follia
siano ragionevolezze dell’io_ se pensassimo l’assurdo della ragionevolezza
della follia inizieremo a comprendere che la follia sia una realtà focus
riconoscibile, determinabile meritevole di essere scoperta e caratterizzata
come materia possibilmente vantaggiosa se riconosciuta e gestita. La folié è un
cosmo attitudinale ed introspettivo maggiormente vasto rispetto al cosmo
attitudinale della razionalità, ed un pensiero sistemico ammetterebbe la
razionalità come soggettiva interpretazione espressiva uniformata e
normalizzata secondo il modello dei limiti e delle regole comportamentali,
tuttavia in relazione con il termine di idiosincrasia giungeremmo a comprendere
che la soggettivazione di razionalità è una scelta ragionevole, ma la
ragionevolezza di una scelta esprime che attingiamo il nostro principio
attitudinale da un cosmo più vasto della pura razionalità _ poiché razionalità
essendo di ordine e qualità tipicamente limitativa_repressiva non è
onnicomprensiva bensì è un contenuto delimitato rispetto ad altre realtà
macro_categoriche di cui la razionalità è appunto una sottocategoria; potremmo
nominare tipicamente la macro_categoria della razionalità, irrazionalità e per
sinonimia follia.
Una
questione resti rilevante: Ci rende sempre necessariamente salute la
eliminazione della irrazionalità?, ovvero è sempre necessariamente salutare non
varcare mai i limiti delimitativi della razionalità?
Un
eccesso di razionalizzazione esprime il varco di un limite che realizza la
natura di iper_razionalità una realtà non salutare che secondo studi
neurocognitivi tipicamente improntati sullo studio della sensibilizzazione
emozionale umana esprimono che una subordinazione della cognizione razionale
sul sentimento emotivo è un sacrificio che crea insensibilità che può
determinare non empatia, non emotività, non sentimento e non sensibilità. Un
appunto _ il cosmo emotivo_emozionale è tipicamente fondante la affettività e
non è un principio razionale logico, bensì è tipicamente un cosmo di folié
espresse ovvero a priori assunte e gestite non razionalmente bensì
ragionevolmente. Siamo allora a riflettere sul senso di cosa possa significare
per noi oggi il termine rinsavire _ poiché rinsavire sia a significare
ritornare alla ragionevolezza _ possiamo introdurre qui un modello più salutare
per noi che non consista nel temprare ulteriormente e nel delimitare
ulteriormente la nostra libertà comportamentale nel senso della direzione di
una iper_razionalizzazione normalizzata, non sussiste nemmeno un senso nella
direzione di razionalizzare le realtà che siano secondo natura appartenenti
agli universi della ragionevolezza di folié _ siamo allora a riflettere su una
nuova iniziativa di evoluzione, una evoluzione che non elimini la follia bensì
che la incontri con coraggio come cosmo fonte di realtà che possano concorrere
a giovare alla nostra salute psico_fisica. L’amore per la curiosità, l’incontro
con il mistero, la ammissione degli unicum della intersoggettive idiosincrasie
nel senso di una universale attribuzione di dignità umana di ciascuna persona
in quanto unicità di valore espressivo di autodeterminazione e di
emancipazione.
Il
tema della noia ed il tema della euforia della libera folié (Non è un caso che
la letteratura francese abbia realizzato un connubio lessicale di amore e
follia: aimer/désirer à la folié.).
Una
estrema limitazione dei comportamenti, persino dei gesti, persino la
rarefazione del tatto _ razionalizzazioni astrattive che appunto ci astraggono
e ci separano relazionalmente in una tendenza disevolutiva che appunto sentiamo
annoiarci. Orientarci a conoscere ciò che è subconscio _ il subconscio resta
tale se ed in misura non lo osserviamo, se ci voltiamo verso il nostro
subconscio lo realizziamo in noi ovvero lo assimiliamo come energia cosciente _
così possiamo orientare la folié, non essere nelle mani di folié, bensì avere
ed essere in possesso della nostra complessità subconscia per manifestare opere
buone altresì in grazia di un senso tipicamente ancestrale ed razionalmente
oltrelimite. La lettura è funzionale ad accrescere la nostra cultura e razionalità.
Ma non solo, la lettura può migliorare altresì la nostra Autocoscienza di folié
_ insieme alla riflessione, al sogno, al non pensiero, al sentimento emozionale
di unipatia, un senso logico di Autocoscienza di folié è la libertà che
cerchiamo, conoscendo la libertà verso cui tendiamo impariamo a vedere
orizzonti oltrelimite.
Nonché
la più pura libertà del senso relazionale è una esistenza_ il termine rinsavire
esprime un ritorno _ nonché una necessaria tendenza umana a relazionarsi _ il
ritorno è tipicamente la presentazione del passato e il compimento della
relazione nonché la spontanea espressione della ricerca verso il prossimo.
Rinsavire:
Ridiventare savio, ritornare sano, riacquistare il senno-la ragione, tornare in
sé, rimettere giudizio. Il termine rinsavire è un termine di resilienza in
particolare interconnessione con il coraggio di avere nuovamente a noi.
Il
senso di “Tornare in sé” è normalmente valorizzato nel seno di tornare alla
nostra razionalità _ tuttavia con questo scritto sono a proporre una
prospettiva più ampia della nostra natura indicando che “Tornare in sé” possa
essere una ragionevolezza di cui altresì la folié umana possa essere un valore
aggiunto ed un vasto ambiente di opportunità di bontà e creatività.
“Avere
coscienza” sia allora altresì ( Oltre al fatto di divenire in possesso della
nostra razionalità) da comprendere come essere noi stessi/e in grado di
giungere in possesso e controllo della complessità della nostra subconscia
folié.
Walt
Whitman (1819-1892)
Poeta
scrittore e giornalista statunitense scrisse:
“Se
tardi a trovarmi, insisti. Se non ci sono in nessun posto, cerca in un altro,
perché io sono seduto da qualche parte ad aspettare te. E se non mi trovi più
in fondo ai tuoi occhi, allora vuol dire che sono nella tua memoria, nelle tue
idee, nella tua anima e nella tua emotività.”
Rinsavire
può allora consistere nel ritorno in noi stessi, nel ritornare alla pura
ragionevolezza umana, una ragionevolezza onnicomprensiva che non esclude la
Genuinità della folié per annoverare solamente realtà iper_razionali, un
ritornare che può allora essere paradossalmente un passo in avanti nel senso
magico di esistere ed esistersi all’unisono di secondo in secondo in valore
d’aversi in nuovi infinitesimi luoghi del cuore.
Creare
una etica di assimilazione e conversione del negativo e una scienza della
gnoseologia della follia, i criteri strutturali che strutturano la follia in
relazione a un pensiero metafisico, trascendentale istintivo in teorie ambiente
del caos e del caso, nonché approfondire un senso di possibilità di effetti
valoriali umani proprio sorgenti dalla fonte folié.
NEUROPLASTICITÀ
UMANA
Una
confutazione delle discriminazioni di genere
Importanti
studi neuroscientifici contemporanei determinano due modelli di connessioni
neurali. Connessioni Intro_emisfero destro o sinistro e connessioni relazionali
di emisferi destro con emisfero sinistro.
Approfondendo
abbiamo accorgimento che le connessioni relazionali tra emisferi opposti destro
e sinistro realizzano la contemporaneità delle multi_azioni ovvero la facoltà
di realizzare diverse attitudini contemporaneamente ed il focus di
predisposizione verso compiti di attenzione, memoria, linguaggio, logica.
Inoltre le connessioni Intro_emisfero consentono la efficienza di efficienza di
istintività, velocità motoria e cognizione spaziale. Gli studi suddetti
esprimono inoltre il principio di neuro_plasticità, nonché si determina che non
sussistano differenze neurali di genere, ovvero che sia la realtà neurale
maschile sia la realtà neurale femminile possiedano sia connessioni di tipo
Intro_emisfero sia connessioni di tipo relazionale tra emisferi destro e
sinistro _ nonché si realizza che non sussistano tra i due generi ingenti
percentuali di differenza strutturale di qualità di connessioni di un tipo
rispetto alle connessioni del tipo gemello. Gli studi scientifici recenti
provano questa realtà per assurdo ovvero provano la confutazione della
esistenza statistica di varianti di connessioni neurali tra generi maschile e
femminile. Le neuroscienze argomentano di neuroplasticità ovvero di tendenze di
adattamento agli stimoli esterni scoprendo inoltre che altresì il meccanismo di
adattamento agli stimoli esterni ed agli stimoli introspettivi sia analoga e
non presenti differenze di genere.
La
neuro plasticità indica due logiche _ la non logica di aleatorietà ovvero la
consistenza di qualità di subconscio e di sogno che realizzano varianti di
irrazionalità e la logica di divenienza ovvero che vi siano cause di
discendenza probabili ma non certe che implichino tendenze di comportamento e
che propriamente per neuroplasticità queste cause introspettive possano
implicare espressioni comportamentali alternative e non costanti. Possediamo
naturalmente una tendenza a razionalizzare a motivare con ragionevolezza ed a
focalizzare le cause di effetti attitudinali, non sussistono certezze bensì
probabilità e possibilità di prospettive motivazionali, importanti tesi
scientifiche determinano la realtà della immotivazione emozionale e
sentimentale ovvero che le emozioni ed i sentimenti non siano effetti da cause
sorgenti di razionalità, bensì le emotività possiedono una ragionevolezza
ulteriormente complessa che comprenda le sorgenti di subconscio, spiritualità,
sentimenti di bisogno tipicamente istintivo animale, oniricità, proiezione
futura. Gli studi neuroscientifici prederminati ed ora confutati determinarono
importanti stereotipi altresì strutturanti alcune sorgenti discriminative
reciproche tra uomo e donna in fatto di presente studio ora confutate di senso
e pertanto di mancanza di principio di valore sociale e relazionale.
Sitografia
https://www.cnr.it/sites/default/files/public/media/comunicazione/otto-marzo/100%20donne_Mattioli.pdf
LO
SPIRITO DI ASSURDA RAGIONEVOLEZZA
Ove
la razionalità sia un flusso di pensiero coerente e consonante sia a
significare che secondo ragione succede che il comportamento segue il flusso
dell’andamento della realtà nonché in favore di uno spirito sano di
adattamento. Nel contesto puramente creativo_imprenditoriale_economico che una
intraprendenza che si dispone di essere un valore aggiunto rispetto
all’ambiente, disponendo e premettendo che l’ambiente non agevoli, bensì
realizzi uno spirito di contrasto che discende il valore della realtà espressa
dalla persona secondo il flusso coerente di razionalità siamo esortati a
desistere questa creatività ed a dedicarci a creatività che l’ambiente
implementi ed agevoli. Tuttavia ora argomentiamo una via gemella, un nuovo
flusso di libertà di cui naturalmente è trascendentalmente disponiamo fin dalla
nascita, è il flusso della ammissibilità incoerente _ se il flusso di coerenza
con l’andamento ambientale ha come sorgente il nostro buon senso di razionalità
esiste un ulteriore elemento di ragionevolezza che è propriamente tipico del
coraggio, della immaginazione del sogno, della scommessa, della curiosità,
elementi puramente aleatori che infondono uno spirito di libertà e non
limitatezza dagli schemi logico_razionali, lo spirito di follia. Ove allora uno
spirito di senso logico di razionalità ci orienterebbe a desistere una docile
creatività non valorizzata e promossa dall’ambiente di persone _ il flusso di
follia applica una conversione assurda e paradossale degli schemi logici reali
pressoché ammettendo che vi siano complessità che siano oltre la nostra
comprensione logica, il flusso di libera follia ci orienti a resistere ed a
perseverare la medesima buona e docile creatività proprio poiché sentiamo noi
medesimi essere esistenze creative più energiche persino della impetuosità
avversiva e nichilista dell’ambiente.
È
la energia dell’assurdo che ci esorta a credere nella nostra creatività ove noi
siamo consapevoli che possa consistere in un bene ed in un valore aggiunto per
le persone nonostante ancora siano esse non ancora preparate o disposte a
credere in noi e nella mostra creatività ed a supportare la nostra sussistenza,
la nostra ragione di vivacità creativa. In verità il tema dell’energia che può
sprigionare la scelta dell’assurdo può consistere in una valenza di
con_divisione. Nonché ad una tempra e resilienza del credo creativo
incrementano sia il tempo ed il luogo delle nostre creatività nonché incrementa
il numero delle persone che siano ad incontrare il nostro spirito creativo. Un
nuovo appunto merita la ragionevolezza del contrasto marginale creativo.
La
ragionevolezza del contrasto marginale creativo è fortemente in relazione
all’imprinting sia di senso sia di rilevanza fattuale della scelta del nostro
orientamento creativo. Allora comprendiamo che un passo coerente a migliaia di
passi coerenti implica un contrasto di lieve entità e rilievo cangiante, è un
incremento insieme ai molti incrementi. Comprendendo che differentemente un
passo creativo ove consistano sorgenti di realtà ambientali demoralizzanti e
non agevolanti realizzano un imprinting di rilevanza fattuale di importante
importanza e rilievo. Pertanto ammettiamo proprio questa saggezza sia nei
nostri contesti creativi sia nelle nostre relazioni _ che se siamo a vivere
relazioni personali e intraprendenze creative che hanno uno spirito di stasi,
di discendenza noi stessi non saremmo orientati a seguire il flusso ambientale
di stasi o di discendenza bensì realizzeremo rivoluzione, ovvero proprio per lo
status di fermo o di discendenza ambientale e relazionale noi agiremo
creatività ascendenti in primo luogo di incontro con le complessità statiche e
che demoralizzano il sistema ambientale.
Caratterizziamo
uno spirito di non identismo con l’andamento delle cose, nonché un pragmatismo
bensì utopico, rivoluzionario, che ha sorgenti oniriche, irrazionali, assurde,
proprio perché risultano sorgere da aleatorietà non coerenti bensì in
conciliabilità con l’ambiente, insieme ad uno spirito di migliorismo nonostante
la realtà che incontriamo. E proprio all’evemtuale incrementare del
peggioramento situazionale noi vi incrementiamo la nostra energia di cangiante
miglioramento. Un esempio propriamente logico è il tempo di Lontananza
relazionale _ al tempo che incrementi forse di anni, di decenni successivi ad
una relazione vissuta non si realizzi che siamo orientati a perpetuare questo
andamento delle cose ma è proprio l’aumento del tempo di separazione che
orienti ad incontrarsi. L’esempio è puramente traslabile sia alle
incomprensioni sia alle indifferenze, bensì altresì al termine discensivo di
sconosciutezza che allora ci orienti a fare conoscenza con spirito di
curiosità, pace e sorpresa e non a tergiversare esortati/e dal flusso di
inedia.
Realizzando
l’assurdo saremo allora ad incontrare le conseguenze nonché lo sbigottimento
delle persone che subito non comprenderanno, la sorpresa delle persone che
soggettivamente potrebbero qualificare come una vittoria della fantasia
l’intento creativo ove si crederebbe che fosse normale ed ovvio desistere. Un
ultimo appunto sulla verità di comprensione di senso del nostro agire che
giustifichi la scelta del comportamento paradossale assurdo _ allora il senso
attitudinale è sempre funzionale al cambiamento implementativo e migliorativo
della realtà poiché questo è un principio orientativo trascendentale umano _ se
comprendiamo che otterremo di vivere incrementi di miglioramento maggiormente
proficui e rilevanti agendo in contrasto positivizzante proprio nelle
situazioni più fragili, di debole stasi, di finitudini relazionali e creative
saremo allora giunti/e all’accorgimento del vivere il senso profondo del vivere
consistendo noi stessi/e in sorgenti di miglioramento per contrasto.
Un
senso di forte crescita altresì spirituale di cui avremo intuizione a
posteriori. Vivere l’assurdo significhi puramente vivere e manifestarsi come
nonsense, la entità propriamente conversiva della realtà che non ha lei
medesima come energia qualificativa il senso di razionalità, bensì una
ragionevolezza spirituale di credo, di fiducia e di fede in primo luogo in noi
stessi/e. La scelta attitudinale assurda e dissonante è interessante poiché
coraggiosa è intraprendente. Essere esempi di autostima migliorativa. Poiché
credere nella nostra realtà identitaria relazionale e creativa risulta essere
un cangiante educativo ed ispirativo proprio in senso logico è un insegnamento
di valorizzazione.
Il
metodo dello switch positivo assurdo
Il
metodo dello switch positivo assurdo comincia con una soggettiva percezione e
interpretazione di una situazione che riconosciamo avversa a noi o negativa che
consiste in un input comportamentale, in una causa motivazionale a reagire
negativamente. Il meccanismo succede solitamente in una catena di
concatenazioni cause e effetti che pensiamo e crediamo realizzarsi
abitudinariamente e che pertanto crediamo noi stessi rinnovarsi altresì grazie
a noi sempre uguali. Per cortocircuitare la musica delle ovvie e necessarie
cause e conseguenze sono necessari tre momenti.
Il
primo momento è la estraneazione.
La
estraneazione consiste nel muoverci psicologicamente al di fuori ed oltre il
sistema della situazione in cui siamo protagonisti/e così da ottenere sia che
abbiamo una prospettiva ulteriore della situazione sia che principiamo a
sospendere l’andamento negativo delle cose.
La
destrutturazione.
Ovvero
riconosciamo che il sistema della situazione non sia un flusso necessario a cui
dobbiamo adeguarci, bensì l’ambiente della situazione è un luogo che noi
stessi/e plasmiamo. Una volta che la catena causale è sospesa possiamo ricreare
un’altra con sorgenti nuove che possiedono nature diverse, altresì dissonanti.
Una azione accade sempre dalla sorgente fantasiosa immaginativa, se la sorgente
introspettiva realizzeremo un fatto positivizzante.
I
flussi introspettivi sono aleatori, tuttavia altresì la realtà ha natura
aleatoria impermanente, allora possiamo applicare il nostro pensiero magico per
realizzare un momento conversivo.
Ho
nominato pensiero magico poiché è in natura del caratterizzante del connubio di
tutte le nostre introspezione sia ragionevoli, sia emozionali, sia umane. Il
pensiero sia magico altresì per le conseguenze che possa realizzare, ovvero
importanti miglioramenti.
Il
meccanismo è dapprima percettivo interpretativo, interpretiamo una realtà che
desterebbe una nostra reazione non creativa e negativa, o apatica _ passiva _
tuttavia destrutturiamo il motivo è ci fermiamo un istante, viviamo un momento
di estraneità _ e ci comportiamo secondo un comportamento puramente positivo e
gratuito indifferentemente dalle eventuali cause negative esterne tipicamente
immediate e presenti _ allora il nostro comportamento è insensato, immotivato,
sorprendente, poiché applichiamo il comportamento gemello positivo del
comportamento negativo che avremmo applicato in forza di inerzia delle cause
negative che abbiamo percepito e interpretato. Il metodo è realizzare uno
switch assurdo positivo delle intenzioni negative destate in noi dall’ambiente
e compiere puramente il nuovo fatto positivo indifferentemente dai motivi
esteriori che ci orientino. Essere come impermeabili alle cause negative
esteriori. Allora realizzeremo positività concrete e rivoluzionarie, che
necessariamente indifferentemente dalla profondità del negativo realizzeranno
incrementi positivi.
Il
profondo negativo non è mai inesorabile definitivo, poiché è un flusso in
movimento che è suscettibile all’intervento di ciascuna persona. Riconoscendo
che intraprendere un verso e una direzione positiva già cortocircuita ogni
andamento costante negativo. Nonché comprendiamo che la magia della conversione
può risiedere in noi medesimi e introspettivamente, spiritualmente poiché le
introspezioni sono materie eteree di un universo intenso ed energico ulteriore
pertanto in possibilità di rivoluzionare me leggi causali dell’ambiente
esteriore.
SIAMO
I TRASCENDENTI DELLA REALTÀ.
Tu
non sei il tuo ambiente, e l’ambiente abbia un tempo e un luogo ma il tuo
universo abbia un tempo e un luogo autoreferenziali ovvero che trascendono i
tempi e i luoghi ambientali. Trascendere significa sia conciliare e
simultaneamente contrastare ovvero realizzarsi come elemento di rilievo
aggiunto. Allora i tempi e gli spazi introversivi hanno senso e dignità
autonomi ed hanno un ascendente cangiante proprio i tempi e gli spazi esteriori
nonché è alla fine vero che siamo noi stessi /e a dare senso, tempo e luogo
alla realtà, allora realizziamo che i tempi ambientali siano pazienti a noi e
per noi, diamo a noi tempo è un senso di prenderci cura vicendevolmente,
paradossalmente la velocità tergiversa poiché trascura, e dedichiamoci spazio e
dedichiamo spazio che è il senso del con_fidarsi delle gratuità della
accoglienza, del perdono, del ritorno e delle nuove inclusività.
SIAMO
GRADIENTI LIBERI
Una
confutazione delle dicotomie della severità ideale, la gradualità ideale.
La
dicotomia della parola. È accoglienza di una unità per il sacrificio della
unità che non sia la unità scelta. Tuttavia in valore della sola dicotomia
siamo a negare a noi stessi/e oltremodo. L’accoglimento dei gradienti è una
altra verità di valore. Ciascuna parola è un gradiente insieme ad altri
gradienti. Non come limitatezza, come esclusività e come scelta che escluda ciò
che parola non sia, pensiamo invece la parola come richiamo delle altre
possibilità che la parola che ora pronunciamo non sia, allora pronunciamo la
verità della parola scelta adesso insieme alla ulteriore possibilità
circoscritte alla parola scelta.
“L’abbondanza
è avere tanto universo.” Igor Sibaldi
Il
materialismo, il denaro, la ragione della unica parola sono fenomeni effimeri,
ma universo e gradienti di possibilità non sono fenomeni effimeri di caducità,
sono permanenze di impermanenze, sono stabili evanescenze. I fenomeni effimeri
di caducità sono strettoie, possibilità di unicità esclusive_ tutta la
dialettica competitiva del successo materialistico si fonda sulle uniche
possibilità _ gli esami, le prove sono condizionamenti rigidi che non
consigliano direzione bensì impongono passo dopo passo l’orientamento creando
che sia proibito il passo alternativo, il passo oltre il percorso direttivo lo
nominano, lo nominiamo fallimento, mentre paradossalmente il fallimento è
logicamente un passo oltre-dictatum ovvero passo libero ed autodeterminato,
ogni autodeterminazione conferisce dignità di valore in quanto a scelta
autonoma emancipativa. Il momento di
dimostrazione in concorrenza con altre persone _ il nucleo competitivo,
riflettendo intuitivamente ci risulti essere una astrazione ed una illusione
poiché astratto è il vincolo situazionale _ ciò che realizzi una astrazione è
un credo nei confronti di una realtà _ il punto di partenza è una spiritualità
_
riflettiamo
allora sulla nostra spiritualità per ottenere una autonomia di riconoscimento,
ci accorgeremo allora che ogni senso competitivo sia confutato mentre è poiché
ogni competizione è relazione per crescere e migliorare insieme.
Le
strettoie sono allora presenza di povertà e mancanza di abbondanza _ poiché
concentrando noi stessi/e su un unico focus perdiamo l’universo che è una aura
che cinge la sola luce che crediamo sia ad esistere a noi stessi/e. Le
strettoie realizzano che un orizzonte sia ridotto ad un grado percettivo, la
visione iper_concentrata può allora essere considerata una estremizzazione che
provochi una cecità psichica. La psicologia del trauma è una scienza che indica
come sorgente della ansia questa sensazione di non libertà provocata proprio
dalla riduzione di prospettiva o di incapacità di adattamento alla unica
soluzione che l’ambiente permetta _ la soluzione è presto determinabile _ un
ambiente che dia unica possibilità è un ambiente di severità che non sia garante
di libertà per l’individuo_ pertanto si riconosca che non sia l’individuo
limitato, bensì limitativo l’ambiente verso l’individuo _ pertanto sia
l’individuo in diritto di ampliare i propri orizzonti e di autodeterminarsi
nonché di proporre un cambiamento di lungimiranza che plasmi l’orizzonte
ambientale. L’universo è costituito dai due gradi che noi focalizziamo insieme
ai 358 gradi.
Gradi
e gradienti, gradualmente nonché sfumatura ovvero possibilità di avvicinamento.
Tra due parole opposte in senso di dicotomia c’è necessario contrasto. Ma tra
gradienti di parole c’è divenire, c’è movimento ovvero prima o poi c’è
significato di possibilità di incontro, seppur questo incontro non dovesse
essere spaziale riflettiamo che i due poli lontani si com_prenderebbero proprio
per unipatia, empatia, potremmo nominare questa relazione telepatia poiché i
due poli significano all’unisono ovvero sentendosi entrambi i poli della
medesima natura ovvero trascendentalmente dello stesso carattere di divenienti
possibilità.
LA
GENEROSITÀ EMANCIPATIVA
Inwardness
e outward appearance
Eseguire
compiti a noi attribuiti con votazione è creatività dipendente per
approvazione, eseguire realtà autoindotte da noi stessi/e attribuite senza
votazione o consenso/dissenso del prossimo è creatività emancipativa
autoreferenziale.
Due
etiche di espressività
outward
appearance, apparenza esteriore, siamo ad immagine della volontà del prossimo_
nonché noi risultiamo evanescenti mentre assume senso decisionale il prossimo e
la sua rilevanza fattuale mentre decresce il nostro sé essenziale
nell’equilibrio relazionale il prossimo consiste ed è rilevante mentre noi
tendiamo a scomparire. Outward appearance è locus of control esterno.
Inwardness, essenza interiore, la autoreferenzialità decisionale è una
espressività pura la cui sorgente siamo unicamente noi medesimi _
autoreferenzialità non significa assenza del prossimo, bensì presenza del
prossimo come ascoltatore coinvolto non come sorgente di dettatura attitudinale
dell’io.
Inward
è il locus of control interno il mio succedere dipende dal senso e dalla
qualità del mio impegno autoindotto non dalla approvazione del prossimo.
Nell’inward l’esperienza del flusso di miglioramento non dipende
dall’incremento delle approvazioni o dal miglioramento dei voti o
dall’incremento dei consensi provenienti dalle altre persone, bensì da un
intuito introspettivo di miglioramento creativo essenziale autoreferenziale.
Ora
siamo a riflettere su una importante questione di stabilità che non è solamente
neurocognitiva, bensì anche reale e situazionale, Inwardness è più stabile di
outward appearance. Realizziamo allora ciò che la psicologia nomina
decentramento cognitivo abbiamo accorgimento del fatto reale che le priorità, i
bisogni, le volontà, le percezioni, gli intuiti, le idee, i sentimenti e le
emozioni non siano le nostre e che il consenso non è una variabile per definire
il significato ed il successo di una persona. Le priorità, i bisogni, le
volontà, le percezioni, gli intuiti, le idee, i sentimenti e le emozioni delle
altre persone sono flussi ad intensa variabilità, essi cangino costantemente
pertanto stabilire e fondare il nostro significato essenziale, nominale, il
nostro senso del fare sulla base di una aleatorietà di fondo implicherebbe non
combinabilità o combinabilità di caducità. Mentre fondare la nostra stabilità
ed il nostro senso attitudinale introspettivamente, sulla base dei nostri
flussi spirituali, intellettivo, artistici, sui nostri sogni poiché i sogni
realizzano proiezioni di possibilità e flussi di novità, i sogni sono
significanti la direzione verso cui tendere, significa propriamente
autoriflessione, stabilizzarsi, prendere luogo, assumere luogo di senso qui e
ora. Pertanto il locus of control interno è un senso strutturale più stabile e
più efficiente proprio per non cadere sia bene restare nel nostro flusso
creativo.
Restano
tre questioni. La prima è la marginalità introspettiva, ovvero che non è vero
che ciascuno di noi sia solo Inwardness o solo outward appearance. Ciascuno di
noi è in proprietà marginale di entrambi questi aspetti ed il livello di
reciproca realtà di possesso di un aspetto piuttosto che dell’altro dipende
dalla nostra scelta presente e dalle nostre tendenze di scelta passato che ora
ci influenzino secondo intensità per costanza.
Una
seconda questione è che possiamo provare a simulare un senso di caducità
dell’outward appearance _ riflettiamo sulla verità di quanto ci
destabilizzerebbe la ricerca costante di approvazioni esterne che cambiano
costantemente e che per natura competitiva sono tendenzialmente verso la
negatività e la disapprovazione. Mentre per contrasto sentiamo quanta serenità
ci apporta la percezione dei nostri passi avanti coerenti con il nostro
essenziale sentimento. Una ultima questione. Non siamo soli, siamo in relazione.
Come spieghiamo la autoreferenzialità dell’inwardness e la apparente
esclusività del locus of control interiore. Sia allora la molteplicità di
persone a combinarsi con la nostra inner essence _ non sono a sostenere che
qualunque persona debba cambiare sulla forma di un io_ sarebbe infatti un
paradosso logico perché asserendo la bontà dell’inwardness non sarebbe
logicamente consonante l’esempio in cui tutte le persone meno una persona siano
outward appearance verso quella persona _ né risulterebbe inoltre compromessa
la libertà individuale di autonomia e di autodeterminazione di una pluralità di
persone, di una comunità.
Allora
la soluzione può consistere nella libertà di scelta tra consenso/dissenso della
molteplicità di persone verso l’individuo che realizzi un flusso creativo di
Inwardness, così coloro che dedicheranno approvazione lo faranno per loro
sentimento (La approvazione di altre persone che avviene nei confronti di
colui/colei che realizzi un flusso creativo di Inwardness autoreferenziale è
allora un valore aggiunto non superfluo, ma il fatto creativo del creatore
Inwardness è tipicamente ciò che nominiamo amore disinteressato.)Mentre coloro
che non dedicheranno approvazione saranno persone libere di non approvare,
tuttavia ove è se queste dovessero realizzare ostacolamento alle buone e
innocue creatività di un creatore Inwardness, questi ostacolamenti non avranno
né senso in essere né senso in origine, né senso fattuale poiché inconsistenti
rispetto al fare ontologico del creatore Inwardness proprio per suo medesimo
significato di intraprendenza di non fondare il senso altresì energetico e
formale e qualitativo del suo operato non sulle qualità e instabilità
ambientali bensì sulla base del suo flusso stabile creativo interiore.
Inwardness è la causa orientativa dell’energia della autonomia di pensiero,
consiglio e esortazione nascono da una stabilità di pensiero, da una
autorevolezza di ideali, da una integrità tipiche dell’inwardness che è causa
cangiante non dell’outward appearance che è causa dipendente.
LA
GIUSTIZIA DELL’EQUILIBRIO DELLE RESPONSABILIT PERSONA|AMBIENTE
è
giusto che esista un equilibrio tra persona e ambiente. Ed una ambivalenza è
importante, la misura e la qualità della meritevolezza e delle responsabilità
della persona nei confronti dell’ambiente bensì altresì la misura e la qualità
della meritevolezza e delle responsabilità dell’ambiente nei confronti della
persona.
Il
dovere non è mai unidirezionale da persona a ambiente. È una mentalità
anacronistica ed ormai decadente la mentalità della completa delega di
responsabilità dell’ambiente che grava le complessità sulle unità “persona” che
compongano l’ambiente, proprio perché non sussiste giustizia in questo
disequilibrio. Come il rendimento personale altresì il rendimento ambientale
esiste e ha un livello di qualità e si misura proprio sulla base della bontà
che l’ambiente è in grado di dedicare a ciascuna persona che compone l’ambiente
di persone.
Se
ed ove un ambiente non fosse degno di meritevolezza riflettiamo affinché (Se
questo non merito non fosse semplicemente ed immediatamente risolto) sia la
unità persona in diritto ed in dignità di libertà di pronunciarne il non merito
e liberamente di congedarsi pacificamente.
Dove
e se dovessimo avere accorgimenti di ingiustizie ed un rincaro oltremodo di
responsabilizzazione dall’ambiente alla fine saremo presto o tardi a ponderare
quanti investimenti di energie l’ambiente merita da noi stessi/e ed invero
quanto per contrasto l’ambiente non meriti le nostre intraprendenze.
Noi
persone rendiamo all’ambiente, e l’ambiente deve essere una realtà speculare di
risposta di ri-compensa in ritorno a ciascuna nostra unità di intraprendenza.
Se sentiamo di essere a rendere al nulla significa logicamente che l’ambiente
non è quando è dove dovrebbe consistere ed è propriamente di questa
inconsistenza che prima o poi l’ambiente dovrà rispondere ed accadrà proprio
quando l’ambiente stesso sentirà le conseguenze delle sue desuetudini che
implicano in concreto demoralizzazioni di rendimento che l’ambiente medesimo
abbia creato nelle persone di cui l’ambiente è responsabile, e quando sentirà
le perdite delle sue unità nei fatti dei liberi congedi di unità “persona” che
l’ambiente stesso ebbe realizzato.
Un
documento a tesi del valore pragmatico del dedicare generosità, analogamente al
valore catartico del ricevere generosità
Una
ricerca della OhioState University ha confermato infatti che compiere atti di
gentilezza non fa molto bene solo a chi li riceve, ma può essere
particolarmente benefico per chi li pratica, migliorandone il benessere e
riducendo stress e ansia.
Il
gruppo di ricerca ha analizzato 120 persone, divise in tre gruppi, con lo
stesso livello di ansia, depressione e stress. Al terzo gruppo, a differenza
degli altri due a cui sono state assegnate tecniche cognitivo-comportamentali,
è stato chiesto di svolgere tre atti di gentilezza al giorno due volte a
settimana come preparare biscotti per gli amici o offrirsi per fare compagnia a
qualcuno
Dopo
10 settimane il risultato è stato chiaro: “Gli atti di gentilezza hanno
mostrato un vantaggio rispetto ai primi due gruppi, facendo sentire le persone
più connesse con gli altri, che è una parte importante del benessere».
Sicuramente
non basterà solo questo per superare tutti gli ostacoli e i momenti no che
fanno parte del nostro percorso di vita, ma può essere un ottimo spunto e
stimolo per iniziare a sentirsi meglio.
LE
PLURIVOCITÀ DI RISOLUTIVITÀ E DI POSSIBILITÀ
LE
PLURIVOCITÀ DI RISOLUTIVITÀ
Introduzione
del tema di “Possibilità unica di Risolutività .”
Un
esempio specifico sia introduttivo ed esemplificativo di una teoria generale
che possa compendiare altri contesti e
situazioni relazionali.
Un
esame può bloccare un intero sistema complesso di studi.
Realizzare
la improbabilità di incorrere in possibilità uniche di accessibilità che
blindino alternative di creatività e che ostacolino inesorabilmente un percorso
creativo.
Unico
modo risolutivo.
Questo
ambiente di riflessione ha una duplice valenza, sia sul piano creativo
carrieristico sia sul piano relazionale.
La
etica delle unicità di risolvibilità radicalizzano la possibilità di dicotomie
si/no, ma l’elemento di dicotomia proprio instaurando criteri di non
accessibilità ad alternative risolutive realizzative induce il decremento della variabilità di
libertà risolutiva provocando l’incremento della probabilità del fallimento.
Allora comprendiamo che il mindset di “Possibilità di unica accessibilità
risolutiva” non sia né efficace, né efficiente - poiché costituisce l’instaurarsi
di una probabilità di punto statico di non creatività reciproca. Ad esempio
possiamo riflettere sulla realtà della esistenza presente di una relazionalità
sana e durevole per il tempo di anni che dopo questo andamento di bontà
pressoché garantito da mentalità di variabilità incontra un momento in cui
entrambe le persone instaurano la necessità di “Possibilità di unica
risolutività. “ tuttavia accade che una persona o che entrambe persone non
possano o non riescano a risolvere il problema auto-determinato secondo la
logica di unica risolutività - allora la relazione termina inesorabilmente.
Stiamo
proprio affrontando la questione gnoseologica_comportamentale che ha come
esempio metaforico il messaggio : “Non mettere alle strette”. “ Allora” mettere
alle strette” Sia logicamente a significare imporre a sé medesimi ed al
prossimo il dovere di esclusione di soluzioni alternativa, nonché imporre una
unicità di risoluzione al problema, alla cui dinamica dirimente deduciamo che
al non riuscire nella risoluzione consiste la necessaria finitudine relazionale
e di intraprendenza creativa. Pensiamo all’amore per la relazione, pensiamo
all’amore nei confronti delle persone, pensiamo all’amore nei confronti delle
scienze.
Dal
punto di vista creativo intellettuale, scientifico, sfioriamo il contesto
carrieristico_competitivo citando a onor del vero che i nostri percorsi
universitari sono di esame in esame un elenco di “Possibilità di unica
risolutività.” Pertanto può accadere che alunni intelligenti, che amano la loro
materia di studio, e diligenti che ebbero investito anni di tempo produttivo
nel loro corso di studi siano pressoché alla fine a dovere abbandonare il
percorso di studi ad esempio per un esame di unica risolutività che non siamo a
superare. Saremmo ad introdurre un fatto di abbandono creativo e di
demoralizzazione, nonché il non credere più nell’amore nei confronti della
materia di intraprendenza che maggiormente sentimmo nostra, insieme ad una
probabile perdita di arricchimento sociale in quanto l’abbandono creativo
determina non essere più buoni elementi educativi di condivisione della
materia.
Sono
a conforto due mentalità _ una sostanziale resilienza al fallimento atta alla
pazienza del non abbandono ed alla pazienza risolutiva affinché giungiamo a
divenire in consapevolezza di risolvere la unica soluzione.
Una
mentalità creativa tipicamente rivoluzionaria del sistema ambiente _ affinché
il sistema ambiente introduca leggi di flessibilità risolutive funzionali a
costituire un ambiente di flusso di creatività fluido con minor ostacoli
possibile
Ritornando
alla questione relazionale una tra le fonti più radicate che implichino le
controversie relazionali sono le “Unicità di risolutività.” E se solo per un
momento pensassimo che l’arte possa introdurre nuovi flussi di ammissibilità
utili sia alle scienze sua alle relazioni? La multi_prospettività e la
variabilità risolutiva tipiche del mindset artistico creativo possono sbloccare
le statiche di univocità arduamente risolutive.
Assumere
che ci siano altre vie deve essere un buon criterio non extra-sistemico, ovvero
che sia a compiere che si debba abbandonare la via maestra creativa per
intraprendere altre vie, bensì che sia una ragionevolezza propriamente del
sistema stesso ora suscettibile a “Univocità di realizzabilità” che noi
dobbiamo in questo stesso sistema plasmare in “Plurivocità di realizzabilità.”
Per realizzare che non si perdano ingenti realtà di tempo creativo e
relazionale occorre non instaurare un ambiente di severità, bensì un ambiente
di opportunità per contrasto e focalizzate proprio ove sappiamo esistano
severità di realizzabilità.
LE
PLURIVOCITÀ DI POSSIBILITÀ
Se
fondiamo i nostri comportamenti sulla base dei motivi decisionali di dicotomia
(Si/no, Ora/mai, tutto/niente...) definiamo come metodo decisionale una
severità che non rende rispetto e dignità alla verità ed alla realtà dei fatti
_ poiché la parola è dicotomia ma non la realtà, la realtà è multi_contestuale,
multiprospettica, graduale, denotata di marginalità divenienti, multicausale.
Il tema della marginalità è fondamentale, se le marginalità sono divenienti
vuol dire che vi sarà un futuro, e questa ammissione di presenza di futuro
implica già la non ammissione delle finitudini.
Insieme
alla marginalità sussistono i criteri dei criteri interminabili di paragone_
(la interminabilità dei criteri di paragone non deve tuttavia condurre alla
costante e interminabile incertezza e indecisione, è allora bene valutare molte
prospettive, maggiori di due, affinché possiamo ponderare la nostra scelta e
lasciare un margine di libertà di evoluzione e cambiamento della scelta.) Nelle
dicotomie esistono solo due termini di paragone in atto di assumere di una
decisione, una realtà si conquista o si mantiene oppure una realtà si perde, ma
nel mindset della marginalità esiste un flusso diveniente di molteplici realtà
che possiamo ammettere che ritornino, nonché la espressione della marginalità
ammette come senso decisionale il contenuto del passato, mentre la dicotomia
(si/no, tutto, niente) ad esempio delle Univocità di Risolutività non tengono
mai in considerazione il passato.
Ma
cosa significa ammettere la consistenza del passato come energia che consista e
compartecipi ad essere contenuto causale di una scelta? Ragionando in termini
marginali, esemplificando l’alunno che abbia compiuto il 99% dei propri esami
possiede un contenuto di intraprendenza estremamente elevato, un passato che
qualifichi la raggiunta tendenza alla
laurea.
Ma
un mindset di dicotomia ( Tutto/niente) ad esempio strutturerebbe il senso del
percorso universitario con la conquista dell’attestato di laurea, il medesimo
mindset di dicotomie è tale che annienti il passato di eccellente alunno ove
questa persona non superasse l’ultimo esame per l’accesso all’attestato di
laurea. La marginalità è inoltre un senso di premura relazionale poiché in
fatto di assunzione di responsabilità e di scelta relazionale si pone al vaglio
non solamente un fatto presente discriminante _ (Dicotomia tutto/niente, si
/no, adesso/mai) bensì le qualità relazionali graduali del passato.
Il
mindset di marginalità è utile anche in fatto di ammissione di futuro poiché
altresì nelle nuove conoscenze crea le condizioni di gradualità e non
pre_tensione che realizzano la normale mansuetudine del conoscersi.
In
ambito della conoscenza vi sono conquiste pragmatiche e conquiste tipicamente
strutturali introspettive. Le conquiste pragmatiche spesso non sono parallele
alle conquiste strutturali introspettive. Ad esempio ritornando all’esempio del
percorso universitario, potremmo non conquistare una laurea mentre abbiamo
conquistato nel percorso della laurea nuove esperienze e strutture intellettive
che ci rendono in grado di compiere realtà creative di livello ulteriore
rispetto alle nostre capacità in mancanza del percorso universitario.
Qualunque
realtà sia relazionale, sia solitaria è multicontestuale, è da ogni contesto e
dalla relazione presente dei contesti che siamo a vivere impariamo nuove
abilità e nuove logiche di relazionalità e di possibilità.
Iconica
fu l’intervista di Ryan Holiday a Robert Greene che racconta una sua esperienza
al college di Berkeley. Allo scrittore diedero da tradurre un paragrafo di
Tucidide. Vi furono due rilevanti risposte : La prima risposta che diede lo
scrittore fu che impiegò tempo oltremodo e che tradusse con difficoltà il passo
greco e con errori di traduzione, egli stesso consegnò questa risposta al
professore ma non come espressione di un compito erroneo ma quasi fosse una
tesi filosofica e neuroscientifica, poiché comunque quel compito era una
traduzione di intelletto e di rilevanza in quanto a senso espressivo di una
persona. Una seconda importante risposta la diede il professore : “Nonostante
non hai tradotto giustamente questo paragrafo hai ottenuto qualcosa dal provare
a fare questa traduzione.”
Robert
Greene a posteriori approfondì questa riflessione asserendo che quella risposta
ebbe un senso e un impatto sul suo modo di ragionare oggi, il fare traduzione
allenò il carattere, la pazienza, la disciplina, lo spirito di accettazione del
fallimento e di imparare dal fallimento e lo spirito di ricerca degli aspetti
utili ove ci attendiamo che non ve ne siano.
NOTWITHSTANDING
Sono
a riflettere sulla questione puramente conformista del “Dovere essere”.
“Il
tema del “Dovere essere” è un tema fondamentale della filosofia ed è stato già
affrontato da Kant, Hegel, Kelsen, Fichte tipicamente nel rapporto che vi sia
tra essere e dovere essere. Fichte identificò il dover essere in qualità
onirica_utopica di tendenza a ciò che non si realizzerà, mentre Hegel
stabilisce l’essere come flusso di processualità diveniente, per Kant l’essere
non si adegua mai al “dover essere”, che è una meta che sempre si prefigge ma
mai si raggiunge.
Di
tutt’altro avviso è Hegel per il quale questa “adeguazione” è invece necessità
dell’essere.
La
filosofia deve dunque occuparsi di ciò che è. Hegel si dichiara in accordo con
l’empirismo nel principio che ciò che è vero dev’essere nella realtà e che non
può ridursi ad un puro “dover essere” che consenta di assumere degli
atteggiamenti sprezzanti verso ciò che è reale e presente.
In
tutte le opere di Hegel si possono trovare osservazioni molto ironiche a
proposito del dover essere che non è, dell’ideale che non è reale, della
ragione che si suppone impotente a realizzarsi nel mondo. Nel dire come
dev’essere il mondo, la filosofia arriva con ritardo, egli sostiene, poichè
essa formula i suoi concetti quando la realtà ha compiuto il suo processo di
formazione.” Paragrafo bibliografico
Siamo
ad approfondire il termine di “Identismo” in particolare relazione con i
termini di essere, di flussi divenienti “Necessari?”, di dovere essere :
Per
argomentare il termine di Identismo dobbiamo approfondire la questione di
ontologia di identità. Per semplificare questo argomento siamo a esemplificare
con un concetto illustrativo letterale: “essere” è puramente “essere” in
latenza di divenire, è una proprietà di luogo e di tempo insostituibili ed
eterni in quanto a contenuto mnemonico.
Se
noi scriviamo la parola :”è” non possiamo sostenere che scrivendo nuovamente
una parola “è” questa sia ontologicamente la prima, poiché la seconda “è” ha un
luogo ed un tempo diversi, è una identità diversa nonostante abbia forme
identiche. La ontologia di “è” è eterna poiché evolve da contenuto realmente
presente a contenuto realmente presente mnemonico se fosse cancellata non
avrebbe più lo stesso spazio nel foglio, bensì “è” ha agito come realtà
cangiante di qui in poi la nostra mentalità “Butterfly effect, teoria fisica
del caos” anche se dimenticassimo “è” non possiamo dimenticarne le rimembranze
ovvero il flusso cangiante che “è” destò in noi stessi/e e che riecheggerà in
evoluzioni alternative altresì in futuri lontani.
Ora,
quale è il senso di citare il concetto di identismo in relazione a una
confutazione della necessità del flusso diveniente del reale ?
Un
senso può essere il reale indice presente di impermanenza, di aleatorietà e di
caducità del reale.
Una
metafora risulti fondamentale : risulta necessario adottare movimenti lesti e
accorti se siamo a gestire delle impetuose onde mentre siamo a nuotarvi
rispetto alla immobilità equilibrata che servano a farci restare in equilibrio
in una complessa posizione d’equilibristi su un piano marmoreo immobile,
applicare una costanza di immobile stabilità nel primo caso implicherebbe che
le onde e i venti ci vincano.
Una
saggezza sia allora stimare la tradizione come sorgente importante di consiglio
attitudinale in ordini di probabilità ma non in ordini di necessità _ la
tradizione non sia allora un imput di necessità di adeguarsi identicamente,
pragmaticamente ai suoi principi: poiché se facessimo questo sosterremmo ciò
che è anacronismo, ed anacronismo è una dissonanza cognitiva che non fa bene
alla nostra salute psicologica poiché crea una dissonanza tra realtà presente
diversa dalla realtà passata che saremmo a dovere orientare dalla nostra mente.
È
apparenza che la scelta presente della intraprendenza di un percorso ne
permetta e ne anticipi la necessarietà di un percorso seguente, ma questa è una
astrazione conformista.
Confortati
dal conformismo, perché la intraprendenza di un percorso coerente con uno dei
percorsi maggiormente conformi realizza che vi siano ottime possibilità e
probabilità di relazionalità, approvazione, stima per intraprendenze non per
contrasto ma per similitudine.
Tuttavia
può succedere che per la naturale tendenza umana alla relazionalità
intraprendiamo percorsi che tuttavia non sentiamo appartenerci, umanamente per
giovare delle opportunità tipicamente amicali e relazionali che offrono le
scelte conformiste.
Ma
approfondiamo il termine delle “Intraprendenze che non sentiamo appartenerci.”
La
nostra intraprendenza non risulterà armonica con il contesto creativo
ambientale, noi stessi ci sentiremo in contrasto con il dovere fare e ci
sentiremo immotivati.la immotivazione è la prima causa sia del non rendimento
creativo efficiente sia della nostra demoralizzazione emotiva con la
possibilità di giungere a non riuscire a terminare il percorso, a perdere
tempo, a risultare inoltre maggiormente tristi rispetto tempo precedente alla
scelta di intraprendenza.
Un
punto importante è che se noi stessi/e in primo luogo siamo immotivati/e vi
dovranno essere altre persone che ci motivi o, solitamente possono non
consistervi e talvolta se consistono il meccanismo di convincimento ad agire
ciò che non vuol essere agito risulta comunque un artefatto ed una forzatura
non produttivo sia creativamente sia relazionalmente.
In
verità solitamente succede che ammettiamo e convinciamo e giustifichino a noi
stessi ed il prossimo sul procedere del nostro percorso conformista che non
sentiamo nostro, pertanto ove noi stessi/e ci sentiamo intimamente fuori luogo,
proprio sulla base sia di astrazioni ideali (La motivazione tradizionale,
conforme, il necessario andamento delle cose comune) sia dei benefici
relazionali che le intraprendenze conformi offrono ovvero la salute delle
relazioni e delle intraprendenze relazionali.
Non
siamo a considerare una delega di responsabilità _ la responsabilità delle
nostre scelte altresì nella possibilità che consistano in scelte conformiste
che tuttavia non sentiamo appartenerci è nostra, lo capiremo quando proveremo a
motivare a noi ed al prossimo il senso della perdita di tempo di un progetto
sospeso, si proverà ad esprimere che si è seguito il flusso normale delle cose
_ ma presto ci accorgeremo che siamo in fondo noi stessi/e ad avere scelto il
flusso normale delle cose.
Approfondendo
tale motivazione non è non vera e non sensata. Argomentiamo qui della verità
delle “Astrazioni coinvolgenti” esistono astrazioni, idee comuni profondamente
radicate nel conformismo che coinvolgono e divengono talmente energiche da
orientare le scelte di una persona sovente può accadere senza accorgimento e
sovente le astrazioni coinvolgenti si realizzano a partire da un imput che
qualifica la necessità del divenire, è ora coerente la citazione in paragone
con il “Butterfly effect” la teoria fisica che studia l’andamento caotico di
necessità a partire da input diversi.
Una
intelligente riqualificazione di questo processo che sembri essere necessario è
cambiare il mindset di relazionalità per similitudini di intraprendenza tipiche
del conformismo _ saremmo a ideare il nuovo termine creativo di “Difformismo”.
Se dal termine conformità, l’essere conformi, valorizzati secondo coerenze e
somiglianze di intraprendenza realizziamo dal termine “Difformità” il termine
“difformismo” ovvero la nostra valorizzazione tipicamente per contrasti
creativi_ nonché le fattibilità relazionali sorgerebbero dallo spirito della
differenza creativa di intraprendenza, il difformismo esiste ed ha un senso
umano, ontologico, etico poiché siamo umanamente incuriositi dalle novità,
dalle differenze. Se allora trasliamo le bontà relazionali sul piano della
diversità otterremo una opportunità di valorizzazione comune tipicamente
improntata sulle soggettività e sulla libertà realizzativa a compiere le
intraprendenze che sentiamo appartenerci, che sentiamo nostre, per cui noi
stessi siamo per natura condotti ad esistere, attività e tipi caratteriali per
i quali siamo motivati noi stessi/e risultando pertanto energie coerenti
creative e ispirative.
L’
Andamento conformista delle cose è una illusione di necessità. In verità noi
siamo liberi/e, a supporto di questa tesi esiste la mentalità dei costi
alternativi. Se scegliamo diversamente vi saranno altri orizzonti di
intraprendenza ed altri costi puramente differenti, tuttavia la consistenza di
costi alternativi attigui non implica la necessità di un divenire peggiore
rispetto ad una scelta apparentemente doverosa e necessaria.
Infine
siamo a riflettere sul criterio di “Immotivazione” a confutazione della tesi di
“Necessità conformista tradizionale”
Consolidando
le astrazioni conformiste ideali come energie deboli se puramente prive di
fondamento sensato.
Se
codifichiamo i Flussi di ordinarietà e i flussi di necessità entrambi
consuetamente immotivati giungiamo ad ottenere un principio di miglioramento di
libertà di autonomia decisionale in proprietà della persona, nonché un saggio e
sano orientamento di autodeterminazione
e emancipazione non autoreferenziale e di solitudine bensì di relazione.
{COME
IMPARIAMO AD AUTOLIMITARCI: L’ESPERIMENTO DELLE 5 SCIMMIE
Nel
1967 il dott. Stephenson ha condotto un esperimento per cui ha messo un gruppo
di 5 scimmie in una gabbia con nel mezzo una scala e delle banane in cima.
L’esperimento si è svolto in più fasi.
PRIMA
FASE
Le
scimmie lasciate dentro la gabbia si accorgono immediatamente delle banane e
una di loro si arrampica sulla scala. Appena lo fa, però, lo sperimentatore
spruzza tutte le scimmie con dell’acqua gelida.
La
scimmia scende dalla scala e tutte e 5 le scimmie restano disorientate sul
pavimento.
Dopo
un po’ un’altra scimmie comincia ad arrampicarsi sulla scala e nuovamente lo
sperimentatore bagna tutte le scimmie con dell’acqua gelata. Di nuovo la
scimmia scende e tutte restano a terra infreddolite e bagnate.
Quando
una terza scimmia prova ad arrampicarsi per arrivare alle banane le altre
scimmie, volendo evitare di essere bagnate, la tirano via dalla scala
picchiandola.
Da
questo momento nessuna scimmia prova più a raggiungere le banane.
SECONDA
FASE
Nella
seconda parte dell’esperimento una delle scimmie presenti in gabbia viene
sostituita con una nuova scimmia. Appena questa si accorge delle banane prova
naturalmente a raggiungerle, ma le altre scimmie, conoscendo l’esito, la
obbligano a scendere e la picchiano.
Alla
fine anche lei, come le altre 4 scimmie, rinuncia a mangiare la banana pur non
essendo mai stata bagnata con l’acqua gelida e non sapendone quindi il motivo.
TERZA
FASE Un’altra scimmia di quelle iniziali viene sostituita con una nuova
scimmia. Il gruppo si trova quindi ad essere composto da 3 scimmie iniziali
(che sapevano perché non tentare di prendere la banana), 1 scimmia che aveva
imparato a rinunciare alla banana a causa della reazione violenta delle altre e
1 scimmia nuova.
La
scimmia nuova, come previsto, tenta di raggiungere la banana. Come era avvenuto
con la scimmia precedente, le altre scimmie le impediscono di raggiungere il
frutto senza che il ricercatore dovesse spruzzare dell’acqua ed anche la prima
scimmia sostituita, quella a cui non era mai stata spruzzata l’acqua gelida, si
è attiva per impedire che l’ultima arrivata prenda la banana.
CONCLUSIONE
DELL’ ESPERIMENTO
La
procedura della sostituzione delle scimmie viene ripetuta finché nella gabbia
sono presenti solo scimmie “nuove”, che non sono mai state spruzzate con
l’acqua.
L’ultima
arrivata tenta Naturalmente di avvicinarsi alle banane ma tutte le altre glielo
impediscono: nessuna di esse però conosce il motivo del divieto!
In
questo modo, una nuova regola è tramandata alla generazione successiva di
scimmie, ma le sue motivazioni sono scomparse con la scomparsa del gruppo che
l’aveva appresa.
Se
fosse stato possibile chiedere alle scimmie perché picchiavano le compagne che
provavano a salire sulla scala, la risposta sarebbe potuta essere: “Non lo so,
ma è pericoloso salire la scala ed è meglio evitarlo. E’ sempre stato così!”}
Introduciamo
allora il concetto di impaurimento e di paure autolimitanti. In verità è
proprio la paura ad essere altresì essa una Immotivazione astratta, poiché
ragioniamo credendo che la nostra intelligenza preveda realizzazioni future
senza margini di errore, tuttavia la teoria fisica del caos, le teorie
scientifiche della casualità e le teorie della psicologia della aleatorietà
introspettiva nonché la sociologia relazionale testimoniano che la certezza
previsionale è altresì essa un valore aleatorio: ma se è proprio una
improbabilità di previsione a fondamento della nostra paura, il senso della
nostra paura è puramente logicamente confutato e ciò che non ha senso per noi
non ha importanza né assume rilevanza come criterio decisionale.
La
tendenza a seguire i flussi di necessità normalizzati immotivati nonostante
sentiamo noi stessi non appartenervi non è saggia.
Il
conformismo può essere inoltre stimato come un prodotto di congetture per cui
incrementi esponenzialmente la realtà di aleatorietà e di dissonanza tra
messaggio originale e messaggio reinterpretato.
Capire
le ragioni delle regole ove dovessimo percepirle senza senso, la consolidazione
e la trasmissione comportamentale non deve possedere elementi immotivati bensì
la ricerca paziente e la premura attenta al vaglio delle multi_prospettive in
ottemperanza della realizzazione dei valori umani fondamentali tra cui il
valore della libertà, della autodeterminazione identitaria, della inclusività
che è valorizzazione dal prossimo altresì in presenza di scelte attitudinali
creative docili bensì non conformiste.
Una
riflessione sulla importanza di non accettare acriticamente il reale, e sulla
importanza di esprimere noi stessi e la creatività che siamo per passione
trascendentale realizzati ad essere nonché ad una comprensione di
valorizzazione delle differenze creative attitudinali espressive e identitarie.
Sitografia.
https://lamenteemeravigliosa.it/wolfgang-kohler-lintelligenza-e-gli-scimpanze/
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Wolfgang_K%C3%B6hler
https://www.ilsuperuovo.it/la-scimmia-di-kohler-ci-mostra-la-natura-analogica-del-nostro-ragionamento/
https://www.geagea.com/30indi/30_13.htm
LIMITI
LIBERI
Pensiamo
il nostro valore essenziale in principio di possedere valori tuttavia siamo a
riconoscere che la sorgente del possesso di valori è il valorizzare. In primo
luogo questo è un principio orientativo poiché non può esistere possesso di
valori senza il valorizzare, poiché annientiamo le realtà che non valorizziamo.
È l’annichilimento la vera negazione di proprietà non il dono, il dare è una
elevazione dell’allontanarsi da un bene. Ciò che è donato è guadagnato. Un
criterio di bontà personale è allora il sapere valorizzare prima del possesso
di valori nonché la facoltà di valorizzare è il possesso del valore aureo della
gratuità elevativa.
Quando
tu hai una realtà ti può essere tolta, ma quando tu hai data, donata, dedicata
una realtà la hai realizzata come realtà universale ed è mnemonicamente eterna,
il bene espresso è pragmaticamente ottenuto secondo il paradosso che il dare
sia il possedere, la vittoria è vinta poiché è oltrepassata è ottenuta poiché è
superata, la linea del traguardo abbiamo incontrata e la linea abbiamo superata
e persa ma è misticamente nostra proprio perché la abbiamo liberata
all’universo. Ogni passo creativo è il superamento di un limite introspettivo
che si caratterizza nella pragmaticità creativa nonché il creativo perde ad
ogni gesto creativo infinitesimi della sua introspezione, il pittore esprimendo
il quadro perde il suo quadro in fattibilità e realtà esteriore altra rispetto
alla sua esistenza ed essenza eppure il creativo è il creatore ed è la persona
a materializzare il fatto creativo e la realtà data al mondo.
Traslando
questi semplici paradossi sulla base della valorizzazione dei fatti creativi
altrui.
Consiste
una immedesimazione. Se fossimo noi stessi i creativi ed il nostro fatto
creativo fosse non valorizzato, in ricevendo di indifferenza, ovvero che la
nostra manifestazione non realizza contrasti, non realizza rilievo e non
realizza cambiamento. È intuitivo il nostro sentimento di rassegnazione, non
per la assenza di nostra energia creativa, bensì in presenza di aridità di
valorizzazione del prossimo verso di noi. Allora smetteremmo di creare. Ed è
proprio questa la chiave di comprensione che ci permette di intenderci sulla
realtà che sia una importanza aurea il valorizzare. Poiché coloro che non hanno
valorizzato noi e la nostra creatività perdono noi e le nostre presenti e
future creatività. Allora è primariamente valorizzare il prossimo il vero valore.
Ora intuiamo che siamo sincronisticamente noi medesimi a vivere il non
ottenimento in misura in cui annientiamo e rendiamo niente realtà che sono
“Something creative or latent potential prospective creativities” e in realtà
avvaloriamo noi medesimi/e in misura in cui valorizziamo il prossimo poiché
eleviamo il principio aureo di proprietà eterne universali.
Il
dono di libertà è allora una elevazione del possesso poiché è il possesso
elevato ad essere non limitativo.
Il
motivo del possedere è salutare, possediamo realtà che custodiscono e
migliorano la nostra salute, ed un principio fondamentale strutturale della
salute umana è la relazione nonché la espressione di un bene al mondo ci fa
stare bene e ci rende felici, meno la repressione individuale delle nostre
proprietà sia materiali sia evanescenti introspettive. Una domanda in nostra
curiosità. Quale realtà rende noi felici in relazione con il prossimo? Che il
prossimo sia felice, certamente il fatto che il prossimo sia triste ci
rattrista.
Ammesso
che il materialismo è il denaro sono meri strumenti mediativi delle felicità
relazionali non sono le proprietà materiali le nostre felicità, è un sentimento
comune, poiché il sentimento emozionale di reciprocità relative agli affetti
personali sono di ordine superiore rispetto alla dialettica materialista
uomo_oggetto. Allora in una mentalità universale può allora essere il liberare,
il non possedere a realizzare la felicità altrui ed allora la energia elevativa
relazionale è ad intelligenze di livello superiore che considerano criteri
ulteriori rispetto alle mere proprietà materiali. Allora possiamo traslare alle
dinamiche relazionali il criterio che il perdere sia il guadagnare. Questa è
una riflessione di paradossi non evanescenti bensì trasversali relativi ad una
mentalità elevativa delle lontananze e delle separazioni restando comunque vere
e valide le valorizzazioni relative ai criteri normali dell’avere relazionale,
del restare insieme e della resilienza relazionale, il mantenere i contatti affettivi
e relazionali insieme ad una riflessione che argomenti i motivi secondo cui
possa consistere realtà relazionale non nonostante ci separiamo e ci
allontaniamo bensì forse proprio perché ci separiamo e ci allontaniamo. In una
mentalità paradossale dei margini ispirativi. Nonché all’aumentare dei giorni
dei mesi, degli anni, dei decenni di nostra eventuale Lontananza non decresce e
non si spegne la nostra volontà di resilienza relazionale bensì che incrementi.
La mentalità paradossale dei margini ispirativi è un mindset utile altresì nei
contesti di giudizio valorativi e dispone che: Sia proprio nei momenti in cui
risulti a noi assente la volontà di valorizzare essa simultaneamente risulti
effervescente proprio in nostra reazione creativa ad una discendenza
evanescente, realizzeremmo intensità migliorative in disparati contesti
relazionali. “Non privar mai della nostra valorizzazione i fatti creativi
altrui.”
Se
saremo buon esempio di questa idea potremo vivere in ritorno da coloro che
hanno accolto il nostro esempio il medesimo principio di riconoscimento e
valorizzazione nei confronti delle nostre creatività. Una ontologia dell’essere
è sentimentale percettiva, è pertanto il dare è mai solamente il possedere a
qualificare la nostra identità poiché il dare espressivo infonde e costituisce
la nostra realtà identitaria relazionale ovvero la realtà che siamo e che
saremo, che siamo orientati ad essere dalle altre persone e per le altre
persone.
L`
UNIVERSO DELLE POSSIBILITÀ
Avvalorare
la possibilità invisibile consiste nel credo spirituale che le ispirazioni che
sorgono dalle fonti di riflessioni già realizzate siano altrettanto rilevanti e
di valore quanto le parole già espresse ed impresse d’inchiostro sulla carta.
Significando che è la immaginazione ideale ed utopica a fondamentalizzare la
realtà in egual qualità della realtà che ispira le idee, i sogni e il
subconscio introspettivo. In questo senso il creativo concreto è primariamente
un sognatore fantasioso ed utopico, ma soprattutto è una persona che crede e
che ha fede, fiducia e speranza infondate ed immotivate poiché sono proprio
queste strutture spirituali ad essere i fondamenti di ammissibilità di realtà
che ancora non esistono e che esisteranno proprio in grazia della resilienza
fiduciosa di queste persone sognatrici e credenti. Credo sogno e speranza sono
le tensioni evanescenti spirituali che definiamo apotropaiche, (dal greco
apotrepéin, allontanare) ovvero che orientano al bene ed allontanano dalle
influenze del male. Credo, sogno e speranza sono pragmatiche ma non sono
materialiste. Sono pragmatiche poiché sono una tensione verso l’applicazione
dei principi e la realizzazione del divenire creativo delle realtà _ tuttavia
non sono materialiste poiché non sono materia ma flusso cangiante della materia
proprio perché sono pragmatiche ovvero non statuiscono l’essere non realizzano
l’essere a restare sempre identico a sé medesimo bensì sono un flusso cangiante
migliorativo dell’essere a compiersi ed integrarsi proprio del flusso plasmante
dell’aura evanescente di speranza, credo e sogno. Pertanto infondiamo sogni,
credo e speranze nelle realtà, allora la materia si eleva della nostra
spiritualità è grazie a noi creativi/e che sogniamo e che preghiamo che le
realtà migliorano.
Il
creativo che idealizza orienta sé medesimo al fatto creativo e plasmante ma è
proprio la idealità eterea ispirativa a fondamentalizzare il cambiamento non il
fatto cangiante medesimo.
Il
sogno allora risulta materia onirica poiché induce la idealità fantasiosa nel
reale ed integra la realtà con la idealità creando nuovi stimoli e orientamenti
di ammissibilità.
Le
materie speranza e credo sono flussi ulteriormente elevativi e sono importanti
criteri strutturali di ammissibilità di miglioramento relazionale, inclusività,
perdono, aiuto, gratuità, fiducia, assertività sono appunto flussi di gratuità
poiché infondendo nel reale le nostre impressioni introspettive, esprimiamo
valori aggiunti relazionalmente costruttivi.
L’universo
delle possibilità è incredibilmente illimitato, è talmente vasto ad essere
parziale entità potenzialmente elevativa e migliorativa di qualsivoglia realtà,
l’universo delle possibilità è sì illimitato da confutare il suo medesimo
limite di non credibilità realizzando noi stessi/e a credere in potenza di
potere forgiare la materia proprio perché le realtà non significano mai
solamente esse medesime bensì esse sono ontologicamente in potenza ovvero in
consistenza in esse dei nostri flussi spirituali cangianti.
È
la possibilità a creare fattibilità di cambiamento, ed è la fattibilità di
cambiamento a creare la nostra tensione di movimento, e la tensione di
movimento è per noi salutare per tre motivi, il primo è il senso di dedizione
che rincuora, il secondo è il senso di libertà, il terzo è la ripristinazione
energetica poiché muoversi è energizzante, il quarto è la riqualificazione di
flessibilità identitaria che è proprio caratterizzata dal nostro potere fare.
Sognare,
pregare, avere fiducia, credere sono a priori fatti anticipanti ed introduttivi
già cangianti ed influenzanti le realtà. Il primo passo verso l’impossibilità
implica la ammissibilità della impossibilità, poiché l’impossibile non è
possibile ed è un estremo, ma se realizziamo un margine infinitesimo di
possibilità allora confutiamo la totalità estrema della impossibilità e
l’impossibilità grazie al nostro passo è già possibile. Allora è nella misura e
nella qualità in cui crediamo realizziamo incrementi di ammissibilità e di
realizzabilità delle irrealizzabilità. Un esempio di progresso metafisico
creativo è la persona creativa che persevera la sua creatività nonostante la
resistenza della non riconoscenza – la riconoscenza e la credibilità incrementano
ad ogni passo creativo della persona creativa poiché il margine di
ammissibilità della condivisione risulta d’opera in opera incrementato e
l’incremento di una variabile a variantizzare la totalità del sistema, le altre
variabili del medesimo sistema ne risultano cangiate.
IL
CUOR BEN PENSANTE
Il
cuore è la parte pensante emozionale, il cuore ha 40000 neuriti sensoriali,
sono cellule che funzionano come quelle del cervello solo che si trovano nel
cuore e funzionano in maniera indipendente. È un senso di sensibilità emotiva
che fondamentalizza il pensiero razionale. Se il pensiero razionale consiste
nel contenuto di idee, il sentimento emotivo consiste nel motivo pulsionale
delle emozioni che non hanno una
traducibilità dialettica ideale in quanto sono energia emozionale e spirituale.
Nella dialettica razionale immaginativa esiste la ispirazione di idee allora
nella dialettica emozionale esiste emozionare sentimenti e nella dialettica
onirica esiste illudere fantasia e nella dialettica spirituale esiste ascendere
la materia. Il cuore significa le realtà alle quali non riconduciamo senso.
È
la consonanza tra pensiero neurale e sentimento emozionale _ è la risonanza
coerente tra impulsi elettrici neurali e flusso energetico cardiaco che
realizzano la elevazione aurea delle nostre facoltà innate, memoria,
intuizione, Autocoscienza, spiritualità, intensità di aura emozionale,
sensibilità, resilienza nonché una coerenza della volontà introversiva e
manifestazione. In verità impulsi elettrici neurali e flusso energetico
cardiaco non sono percezioni nostre ma sono coscienze nostre le commozioni che
sono ulteriorità emozionali che in risultato ideale sono le sorgenti che
suscitano la riqualificazione, il ripensamento razionale _ nonché il nostro
essere più buoni e magnanimi di buon cuore. Il battito cardiaco è pura
ancestralità. Esistenza ancestrale. Essenza vitale, vita che è ulteriorità
creativa. Emozionalità è co_sentimento, unipatia. L’unisono dei cuori eleva il
senso relazionale dell’inclusività. Il senso del nostro cuore è infondere
ovunque energia e vita, ovvero il senso di gratuità.
Il
senso della urgenza del vitalizzare, il cuore non ha idee che dubitano, che
negano, che ostacolano, che giudicano, il cuore vive il suo senso
rivitalizzante, il cuore animato esprime animo e spirito che sono evanescenze
eteree energetiche che muovono il subconscio e significano e sensibilizzano di
significati ancestrali e puramente vitali le realtà che a nostra superficie
razionale conosciamo come idee e azioni.
LA
MATERIA SPIRITUALE
La
spiritualità ha valore intuitivo introversivo tuttavia non è solamente
individuale e non è non relazionale. Comprendiamo la spiritualità relazionale
poiché lo spirito è animo orientativo di fiducia e di credo che sono criteri
che identificano, che comprendono e che valorizzano.
La
spiritualità relazionale è un valore aprioristico concreto e non evanescente
bensì umanamente puramente sorgente di criteri di ammissibilità di ulteriorità.
Poiché quale realtà compendia la nostra valorizzazione? Valorizzazione è una
evoluzione della dedica di credibilità.
Allora
la spiritualità introversiva evolve i nostri criteri di realizzabilità delle
nostre proprietà velate latenti permettendo che in origine siamo noi medesimi/e
a realizzare componimenti creativi nuovi, a vincere la novità, poiché la
credibilità non è solamente un frutto della abitudinarietà creativa ma può
essere frutto di una sorpresa propriamente rivoluzionaria ed innovativa, è
proprio la intensità del credo introversivo a realizzare lo stupore di
credibilità.
In
secondo luogo credibilità è un fattore di giudizio _ riconoscendo pertanto il
valore relazionale della spiritualità in quanto è la fede, la fiducia, e il
credo nella realizzazione dei valori non già visibili bensì latenti delle
realtà emergenti delle persone che ci circondano a realizzare a fare
credibilità relazionale. La resilienza relazionale è un luogo di emergenti
possibilità che tendiamo a limitare ed a non evolvere. Nonché comprendiamo che
il giudizio spirituale di possibilità di credibilità non è vano poiché si
mantiene la proprietà originaria di supporto e di conforto che non ostacolano,
bensì agevolano, permettono, premettono e promuovono il naturale evolversi del
flusso espressivo creativo delle persone intorno a noi.
Allora
la speranza di spiritualità non è assolutamente una astrazione evanescente ma è
pura concretezza di collaborazione assertiva e collaborativa, il verbo non
saltuariamente relazionato ai concetti di speranza e spiritualità è infondere e
non è un caso poiché infondere è il tipico espressivo del valore del
miglioramento di gratuità che è il dono di puro valore aggiunto creativo
relazionale.
È
caratteristica la metafora del collezionismo di monete per due motivi, il primo
perché la essenza di una moneta non è compresa solo per il suo valore nominale
bensì è concepita in possibilità di avere un valore ulteriore rispetto al
valore nominale proprio per piccole variazioni chiamate errori di conio, o per
unicità, proprio come le facoltà latenti ad essere espresse e realizzabili.
Il
secondo motivo è la proprietà di errore di conio come metafora del fatto che
sono proprio le imperfezioni a determinare il valore di rarità e di unicità.
Il
fior di conio, il fondo specchio e la placcatura in oro del nord rendono onore
metaforico all’inizio creativo degno del merito di valore e credibilità.
L’iperbole
elevativa della concretezza è il materialismo, focalizziamo la spiritualità in
intensa materia energetica e creativa, così accorgendoci del valore premuroso e
rilevante dell’anima nonché lo spirito è un rilievo che preme, è un flusso
cangiante che eleva noi stessi/e ed il prossimo al migliorismo ed al
creativismo che sono i tipici destrutturanti del nichilismo.
SIAMO
CIELI
Glorie
d’anime celesti
Un
disincanto d’intuito mi apparve, un mistero se le nuvole, il tramonto,
l’arcobaleno, le piogge, lo zefiro, la neve siano manifestazioni del cielo
eppure non siano Cielo nella sua verità realmente naturale.
E
se Cielo fosse ulteriormente rispetto alle manifestazioni celesti se vi sia un
equilibrio di giustizia, che alla pioggia sia arcobaleno, allora i colori siano
alle lacrime.
Noi
creiamo l’anima in immagine della aura della energia emotiva creativa o siamo
anima in immagine della aura di energia emozionale creativa? Allora è nata
prima la persona o la sua aura creativa? È la persona nella sua aura d’anima o
è la persona a creare l’aura d’anima.
Poiché
cerchiamo sia la persona sia la sua energia emotiva creativa, ma la persona è
come il Cielo come le sue manifestazioni creative emozionali sono come le
espressioni celesti.
Allora
se esiste una possibilità di non co_essenzialità tra anima ed animante, allora
altresì le qualità delle due essenze potrebbero non essere uguali.
Il
senso della presenza della persona con noi si qualifica allora secondo due
realtà la presenza reale concreta tattile affettiva della persona ed il
sentimento della emotività e della creatività della persona. Talvolta sentiamo
il sereno del Cielo ma non sentiamo il Cielo.
Perché
se cerchiamo la aura creativa della persona potremmo non incontrare la persona
bensì la sua aura creativa. Potremmo cercarci ove sono le nostre
manifestazioni, è la nostra gloria di aura creativa ma potremmo lì non
incontrare noi. Se allora siamo ove non siamo dobbiamo cercarci dove non siamo
mediante intuizione.
Forse
è la persona prima dell’aura creativa, è il cielo prima delle manifestazioni
celesti.
È
il creativo nonostante in un luogo possa essere serena non creatività, è il
Cielo altrove celeste universo.
È
nata prima la persona o la sua Anima?
Se
Anima è sia sorgente spirituale emozionale sia flusso espressivo creativo
potrebbe allora accadere che cercando la aura creativa di una persona
nonostante potessimo non incontrarla sappiamo di essere illuminati dalla gloria
dell’anima creativa della persona ed i nostri colori d’animo ci orienteranno
reciprocamente ad incontrarci.
Questa
riflessione può essere un caratterizzante della virtualità che allora
riconosciamo come catalizzatrice della distinzione tra il sé ed il sé
creativo,emozionale.
Introduzione
alla complessità del tema : “Il creativo non non è co_essenzialmente la sua
opera creativa.”
SIAMO
UNIVERSI MERITEVOLI
Nietzsche
in “Ecce Homo” scrisse:”Io sono questo. E sono quest’altro.” fu interessante
questa identificazione di sé in relazione al titolo stesso. Poiché questa
interconnessione concettuale è una elevazione spirituale della persona _ nonché
una prototipica caratterizzazione divina è la onnipotenza.
Allora
realizziamo secondo logica che la persona possiede una ontologia divina che è
la onnipotenza che è a rispecchiarsi proprio nella nostra dicotomia
introspezione ed estrospezione _ nonché le nostre realtà latenti sono in
divenire ad essere ciò che ancora non abbiamo espresso e che tuttavia esiste ed
attende di essere da noi stessi/e rivelato.
Nonché
paradossalmente possiamo ulteriormente rispetto a ciò che noi stessi siamo.
Una
interpretazione di Mediocritas secondo questa logica è da intendere come una
lacuna di giudizio dell’osservatore piuttosto che una ontologia di limite della
persona che abbiamo caratterizzato essere in stadio di rivoluzione evolvente.
Un
criterio di assertività percettiva è :
“
Crediamoci ulteriormente. “ La tensione di riconoscimento non sia allora nel
limite di ciò che esprimiamo bensì nella nostra possibilità di espressione
ulteriore.
“Ad
utrumque paratus.” è una seconda caratterizzazione di questa nostra
potenzialità. Ovvero siamo preparati/e sia ad affrontare questa realtà sia la
sua realtà gemella.
La
flessibilità istintiva e reattiva, la sorpresa sono soprattutto proprietà
infantili tipiche delle menti libere che sanno immaginare e sognare. Immagine,
fantasia e sogno intendono di non fermarsi al disincanto della contingenza
bensì di credere nella possibilità di misteriose ulteriorità. Nonché un
orientamento di realizzabilità latenti nostre e del prossimo premesso che le
rivelazioni si realizzano in presenza a priori di condizioni di ammissibilità
delle diversità e delle benevole improbabilità. Sovente ricusiamo solamente per
ciò che vediamo, e se invece interpretassimo noi stessi e sapessimo di essere
noi stessi universi meritevoli, ci promuoveremmo e ci perdoneremmo.
Ed
il prossimo come noi merita il diritto della nostra premurosa pazienza e
curiosità mediative della sua creativa rivoluzione rivelatrice. Riconoscerci è
un senso paradossale, poiché è sia individuale sia relazionale. Riconoscere la
nostra introspettività simultaneamente orientandola alla relazione. È un senso
universale di dedica di dignità poiché sentiamo propriamente il prossimo in
ontologia altresì spirituale a noi medesimi. Se è allora automatica, naturale
ed istintiva la auto_valorizzazione diviene per logica automatica, naturale ed
istintiva ma valorizzazione dei prossimi.
UN
SENSO Dl VOLONTÀ Dl GRATUITÀ
Lo
stato d’animo, le emozioni che proviamo il nostro tono dell’umore influenzano
il nostro sistema immunitario quanto lo influenzano la respirazione, la
alimentazione e la qualità del riposo. Ricevere soddisfazioni
emotive_relazionali, empatiche è allora un fatto necessario alla nostra salute
fisica. Ma per chiralità affettiva o specchio emozionale ciò che è espresso è
una auto_espressione perché la realtà che esprimiamo la viviamo immediatamente
noi stessi /e. Dare bontà fa bene quanto ricevere bontà? No, perché dare bontà
fa più bene di ricevere bontà. Ricevere bontà è un valore aggiunto, dare bontà
significa ottenere un valore aggiunto di realizzazione della nostra
introspezione che è una positività che sentiamo, ulteriormente dare bontà non è
una realtà vana e priva di effetto, poiché il dare bontà significa che esiste
il prossimo che riceve il nostro fatto buono, e questa realtà implica il valore
della ri_conoscenza del prossimo verso di noi _ la riconoscenza è sia il puro
fatto di riqualificazione del prossimo realmente più buono/a grazie al nostro
fatto di bontà, allora viviamo la bontà del prossimo, e la riconoscenza
significa sovente una ulteriorità di valore aggiunto di gratuità del prossimo
che realizza nuove forme di bontà in grazia del flusso sereno che abbiamo
creato. Il principio materialistico: “La realtà data è persa” è confutabile.
Poiché esiste un senso emozionale puramente sentimentale emotivo non scindibile
da noi che è strutturato dai ricordi. La realtà data resta a noi in senso
mnemomco fondamentalmente umano e relazionale. Nonché importanti studi
neuro_cognitivi esprimono che esiste una intensità emozionale iperbolica
tipicamente affettiva relazionale che decade nella relazione materialistica tra
persona e oggetto. Significando che gli stadi profondi di felicità consistono
nelle relazioni umane mentre decade il senso di sensibilità emozionale con le
astrazioni e con gli oggetti. Gli oggetti allora fungono appunto da strumenti
intermediari per le relazioni delle persone. Gli oggetti allora significano
caducità materialistica, mentre gli affetti umani significano sia ubiquità sia
onnipresenza ovvero una resllienza tipicamente sentimentale, emozionale che
struttura le nostre memorie emotive. Le realtà date allora non sono perse ma
sono duplicate. Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Una
proprietà se è dedicata non è annullata. Questo sta a significare che
paradossalmente una proprietà dedicata mantiene un senso di esistenza e di
consistenza che permane nella fonte della persona originaria. Se una realtà
dedicata non è un nulla, allora il fatto di dedicare non è vano poiché si
mantiene la proprietà originaria tuttavia in una fomula diversa, evoluta
rispetto alla proprietà che ho dedicato. E il significato del dono materialistico,
coloro che donano ricevono sempre realtà ulteriori tipicamente emozionali,
affettive ed emotive, collaborative, relazionali in ritorno . Nonché giungiamo
alla conclusione che dare soddisfazioni emotive _relazionali, empatiche è un
fatto necessario alla nostra salute fisica. Il dono è allora la energia
elevativa ed evolvente dal materialismo al sentimentalismo umano.
“Hai
sorriso oggi? “
Proviamo
a realizzare una curiosa interpretazione di questa frase.
Avere
il sorriso, veramente essere a divenire in proprietà emotiva ed empatica di un
sorriso, il miracolo del possesso della contentezza, un sorriso può essere
altresì se non sia motivato e proprio il fatto di sorridere è migliorativo
nelle eventualità della non motivazione di contentezza. Inoltre esistendo il
mirroring parliamo di sorriso contagioso ovvero la opportunità di migliorare il
nostro stato d’animo e l’animo del prossimo.
ASSERTIVITÀ
PERCETTIVA RELAZIONALE
Un
criterio di assertività percettiva.
La
meditazione autoriflessiva è una meta_comprensione, ovvero succede la nostra
estraneazione e soprattutto la nostra rievocazione percettiva: La ideazione
introspettiva di molteplici punti di vista autonomamente simultaneamente, è una
saggezza di simulazione che si fondamentalizza sul criterio “Come può essere la
prospettiva di un tipo essenziale diverso ed altro da me? Ed insieme:”Come
sarei visto/a da un tipo essenziale diverso ed altro da me?. “ una saggezza
imparabile poiché la qualità dei meta_percipienti ideali necessariamente
dipende dalla nostra esperienza. La rievocazione percettiva delle
multi_prospettive meta_ideali è una saggezza tipicamente elevata in coloro che
eccellono negli ambiti della giustizia e della giurisprudenza, bensì anche
negli ambiti della medicina, della psicologia e dell’arte.
Un
punto di vista non può vedersi da sé medesimo. Bensì può comprendersi da un
punto di vista esteriore rispetto al percipiente che è esso medesimo un punto
di vista che non può vedersi da sé medesimo. Bensì può comprendersi da un punto
di vista esteriore rispetto al percipiente che è esso medesimo un punto di
vista che... In ripetizione.
Un
punto di vista personale, una prospettiva personale non può conoscersi e
comprendersi autoreferenzialmente da sé medesima. Una prospettiva personale può
solamente ri_conoscersi una volta che è percepita da un altro luogo rispetto al
punto in cui è percepita. Il paradosso è che la prospettiva in origine
cambiando luogo di percezione evolve in continue estemporaneità.
Pertanto
non sussiste solamente la variabilità ambientale, bensì esistono i varianti e i
divenienti di focalizzazione.
Quello
che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di
vista devi cambiare punto di vista. Comprendersi è allora un connubio tra
percezione, emotività e memoria.
Se
vuoi com_prendere quello che una persona sta dicendo devi assumere la esistenza
della sua ragione_ poiché la questione è :”Quale realtà sto com_prendendo?”
Allora devo tematizzare e contestualizzare la ragionevolezza di ciò che sto
percependo. La ragionevolezza può contenere contenuti criptici e paradossali
che non comprendo immediatamente, o può consistere in contrasto con il mio
mindset che non sono immediatamente in conciliabilità con la mia mentalità. La
soluzione risiede nella gradualità e nella pazienza ma soprattutto nella nostra
capacità di riqualificazione e rivalutazione di flessibilità
critiche_accettative_comprensive. Non può sussistere com_prensione senza la
focalizzazione di un contenuto di ragionevolezza. Il secondo passo è la
collaborazione nonché il confronto con il/la percipiente sorgente affinché la
persona collabori con te per comprendersi e per comunicarti grazie alla tua
ulteriore prospettiva la sua prospettiva.
Secondo
logica dalla prima asserzione intuisce un criterio di ulteriorità comprensiva :
possiamo ricondurre questo significato al senso di olismo e di omnismo della
Verità.
Holism
The
theory that parts of a whole are in intimate interconnection, such that they
cannot exist independently of the whole, or cannot be understood without
reference to the whole.
Omnismo
significa che la unità di percezione prospettica non è onnicomprensivo bensì è
un elemento parziale costitutivo della complessità di Verità nonché ciascuna
prospettiva è un eco figlio della Verità. Pertanto Verità è conoscibile in
misura della relazione tra prospettive, in ciascun incontro di prospettive
succede una comprensione introspettiva che non è vana bensì è costitutiva di un
passo di focalizzazione e avvicinamento verso la Verità.
La
verità è allora una realtà sistemica poiché non consiste solo delle unità di
percezioni bensì consiste delle qualità delle relazioni tra le persone
percipienti.
LA
GENEROSITÀ EMOTIVA
I
SENTIMENTI AUTO_SUPPONSIVI
Presupponsivo
da presupposto è una locuzione che significa “che deriva da un presupposto”,
cioè da ciò che si presuppone o si è presupposto come fondamento di un
ragionamento, di un’argomentazione o di una condizione1. Si tratta di un
termine poco usato nella lingua italiana, che si trova soprattutto in ambito
filosofico, logico o giuridico. Per esempio, si può parlare di una proposizione
presuppositiva, che implica l’esistenza di qualcosa che non è esplicitamente
affermato, o di un atto presuppositivo, che è un atto giuridico che costituisce
il presupposto per la validità di un altro atto. Un esempio di frase con la
locuzione presupponsivo da presupposto è:
Il
principio di non contraddizione è presupponsivo da presupposto per ogni forma
di pensiero razionale.
La
matematica è presupponsiva. Ovvero è reale secondo ordini di complessità che
sono costituiti, strutturati, ammessi da ordini
di semplicità. Se non si conoscono le semplicità non si possono
raggiungere le complessità. Se non conosciamo la soluzione delle
moltiplicazioni non siamo in possibilità di raggiungere la soluzione degli
integrali. La fisica essendo strutturata a partire dalla matematica altresì
essa è presupponsiva.
La
filosofia, la spiritualità, il subconscio, la immaginazione, la fantasia, la
emotività, la emozionalità, il sentimento, il sogno introversivi soggettivi non
sono presupponsivi poiché non seguono ordini di gradualità di complessità
logiche, a livello intellettuale una soggettività può giungere a verità
complesse mediante le meta_ontologie pur essendo agnostico di verità meno
complesse.
Possiamo
caratterizzare queste realtà delle proprietà di auto_nomia e di
auto-supponsività.
Autosupponsivo.
Auto-
è un prefisso che significa “che si riferisce a sé stesso, che agisce da sé,
che dipende da sé”. Supponsivo: che si suppone e si sostiene da sé . Potrebbe
indicare che ciò che si idea, si realizza, si risolve e si giustifica
autonomamente, che non ha bisogno di alcuna conferma, prova o appoggio di
comprovazione di valore di integrità e stabilità antecedente da parte di altre
realtà , ma si fondamentalizza solo sulla propria esistenza. Un sinonimo di
Autosupponsivo è nel contesto della architettura autoportante.
Le
meta_sensibilità sono autonome e autosupponsive. Questa riflessione è in
direzione della caratterizzazione della lealtà sentimentale. Perché quando
esprimiamo un sentimento non comprendiamo perché ci sia domandato perché senti
questo sentimento? Inoltre considerando che non comprendiamo la causa sorgente
razionalizzata del sentimento.
Non
è una nostra ignoranza né razionale né emozionale e non significa che non
abbiamo chiari i nostri sentimenti.
In
pura verità abbiamo compreso che i sentimenti puramente sono in uno stadio
ultra_sensoriale non razionalmente causato. La spiegazione è che non c’è causa
razionale motivante un sentimento, quindi la nostra incertezza è la giusta
risposta, in verità è priva di senso la domanda del perché di un sentimento
proprio perché i sentimenti sono meta_sensibilità ovvero non possiedono e non
necessitano di cause motivanti perché i sentimenti sono surrealmente metafisici
e autosupponsivi.
Intuiamo
un valore di pace spirituale. Se ammettiamo che la spiritualità sia
auto_supponsiva significa che sia auto_leggittimata nonché una sorgente intima
puramente individuale. La autolegittimazione è una proprietà di realtà. Ne
conseguono n diversità di unicità spirituali in identità personali diverse.
Ma
come la sentimentalità non è né competitiva né confutabile ammettiamo la
giustizia di identità spirituale di ciascuna persona proprio come parimenti
ammettiamo la identità sentimentale di ciascuna persona.
Non
si tratta di chi ha ragione o di chi sente giustamente. Ma si tratta di pace
tra unità di diversità in cui ciascuna ha diritto di sentimentalità e di
spiritualità.
La
immedesimazione culturale della propria spiritualità è un secondo livello di
riconoscimento. Ma non è un caso che ciascuna religione mondiale sia fondata su
rari e unici valori umani sorgenti nei confronti dei quali tutte le persone
credono. Pertanto è in grazia di un profondo sentimento di spiritualità
individuali sorgenti che tutte le religioni sono ontologicamente pacifiche.
LA
GENEROSITÀ RELAZIONALE E AFFETTIVA
LA
GENEROSITÀ AFFETTIVA
ALIUS~ALIA
LA
COMPENSAZIONE ALTER_GENERE
La
normalità consuetudinaria della relazione tra sconosciutezza e differenze
nonché il bisogno umano di completamento propriamente in grazia di non identità
e di non somiglianze rispetto a sé stessi.
La
complessità della complicità tra diversità.
La
ricerca è la tensione verso il ‘Non sé’ nella tipica qualificazione del sé
masculino che è il disequilibrio tendente verso l’equilibrio grazie al ‘Sé
femminino’
e la ricerca è la tensione verso il ‘Non sé’
nella tipica qualificazione del ‘sé femminino’ che è il disequilibrio tendente
verso l’equilibrio grazie al ‘Sé masculino’.
La
tensione verso il genere opposto.
La
dinamica di affettività etero_umana.
La
solitudine nel lungo periodo implica che la persona gemella non è _ pertanto
non è l’elemento gemello esteriormente.
La
abitudine alla solitudine realizza la auto_emancipazione autoreferenziale. Che
è una dinamica di completamento autonomo.
La
autocompensamone dell’elemento femmmmo _ della persona maschile e la
autocompensazione dell’elemento mascolino _ della persona femminile.
La
naturalità e la naturalezza comprensiva ammette per chiunque il completamento
affettivo di reciprocità masculino_femminino.
Tuttavia
questa naturalità non sempre esiste come nell’esempio della solitudine nel
lungo periodo e questa non esistenza che è tipicamente correlata alla realtà di
solitudine può implicare sconvolgimenti emotivi e sofferenza in quanto a
risultati di mentalità umane e sane a confrontarsi con dissonanze cognitive
gravi proto_tipicamente di assenza di senso umano di completezza di unità
relazionale, emotiva, sentimentale che possono implicare gli esponenziali
attitudinali del proprio genere femmmile o maschile.
Questi
sconvolgimenti emotivi implicano il dovere confrontarsi autonomamente con una
importante complessità di tipo emotivo, sentimentale propriamente umano e
strutturale. Non siamo naturalmente ad essere soli/e, pertanto secondo logicità
se siamo a dovere esserlo siamo a confrontarci con questa non naturalità.
La
auto_compensazione del genere opposto è una meta compensazione perché è un
vuoto che manca a noi stessi/e, un vuoto che manca esteriormente a noi stessi/e
non è colmato dall’ambiente, né è colmato introspettivamente, poiché è un vuoto
interiore.
Sussiste
una memoria del contrasto nel senso del bisogno_ nonché alla misura della
vastità della malinconia della solitudine incrementa il bisogno relazionale
affettivo dell’elemento di genere umano opposto. Ed insieme incrementa una
maturità gestionale tipicamente improntata sulla autoreferenzialità e sulla
emancipazione individuale.
È
tipica la ambivalenza del bisogno di ricerca_ nonché siamo in natura di bisogno
della ulteriorità del genere opposto sia se siamo in uno stadio di
disequilibrio universale del nostro elemento di genere ed immaturità sia se
siamo giunti alla autocompensazione emancipativa di equilibrio _l’equilibrio di
noi stessi ad essere riequilibrativi/e.
Cosa
significa la meta_ compensazione. Introduciamo il concetto già approfondito di
meta_sensibilità.
Ovvero
maturiamo in grazia di emotività tipicamente spirituali e per autocoscienza
gestionale di repressività a cui troviamo resilienza autonomamente.
La
sana direzione non è tuttavia l’individualismo, bensì la emancipazione
individuale mediante la relazione in quanto a equilibrio puramente relazionale
affettivo.
LA
GENEROSITÀ RELAZIONALE
LA
CATARSI DAL PRECARIATO RELAZIONALE
L’indebolimento
dalle solitudini è un significato di perdita di senso del fare.
Ogni
senso del dovere è un significato di crescita di maturità emancipativa ma non
significa che il senso del dovere sia autoreferenziale, ovvero che sia in
relazione univoca causale con la solitudine. In verità ogni senso del dovere è
in verità trascendentale relazionale poiché noi medesimi siamo naturalmente
relazionali. Pertanto la relazionalità è strutturante e causativa della
relazionabilità, è la relazionabilità ad essere causativa di ogni
collaborazione di intraprendenza altresì lavorativa. E la relazionalità è
strutturante la volontà del senso del dovere. La volontà del senso del dovere
può esistere in solitudine in esempi di maturità di emancipazione strutturata e
soprattutto autoportante che si sostiene da sé medesima, solitamente accade che
la carenza è la assenza relazione induca la caducità del senso del dovere
poiché la autoreferenzialità non può sostituirsi e colmare il senso necessario
delle pluralità contestuali relazionali. Il senso del fare è profondamente
relazionale non uni_contestuale bensì orientato al germogliare di relazionalità
di tipo amicale, lavorativo, affettivo; se la persona è priva o privata di
queste realtà presenti e se queste realtà non siano determinate in destino di
questa persona succede un grave disequilibrio del dare rispetto al ricevere a
livello neurocognitivo in quanto viene a non esistere la realtà neurale della
compensa insieme alla immediata naturale mentalità della perdita di senso di
ciò che si sta facendo nonché una demoralizzazione di rendimento. La compensa
materialistica remunerativa non è una relazionalità, integra la
autoreferenzialità egoica ma non integra il sistema relazionale della persona
pertanto il solo denaro non risulta una compensa neuro_cognitivamente
ereditaria del senso relazionale che possa integrare la energia di volontà di
senso del dovere.
Pertanto
la premessa della efficienza lavorativa è (insieme al significato di
sopravvivenza e sostentamento) la relazionalità multicontestuale ( il contrario
è solamente nel caso esemplificativo della collaborazione relazionale ad
indurre e introdurre il lavoro.)
Pertanto
risulta necessario premettere e permettere a noi stessi/e la opportunità di
giovare della energia relazionale in quanto migliorativa della nostra salute
introspettiva. Il livello più grave di precariato primariamente rispetto al
precariato lavorativo è il precariato relazionale.
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