LINK

           

READERS

sabato 30 marzo 2024

IL TREDICESIMO LIBRO DELL'AUTORE MICHELE VITTI: GENEROSITÀ PARTE PRIMA

 

 





GENEROSITÀ

PARTE PRIMA

BREVIARIO INTRODUTTIVO

 

 

GENEROSITÀ. PARTE PRIMA.

 

© 2024 Michele Vitti

Data di pubblicazione : 30.03.2024

 

Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

 

ISBN :  9798321339848

Casa editrice: Independently published

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

P.

Paragrafo introduttivo  

Gli orizzonti dell’aiutare  

Generosità genetica  

Cambiamenti exrta-sistemici         

Excellent mindsets   

Le due vie identitarie    

I 4 stadi di riconoscimento    

L’arcano dell’onniscienza del pensiero  

I nostri segni magici      

Altruismo fruttuoso 

Egoicità altruistica

Un principio di abbondanza è la generosità   

Mosaici di opportunità      

Le preziose gradualità       

La generosità non discriminativa   

Familiarities e la generosità identitaria    

La lentezza generosa     

La generosità della verità (Una verità dal silenzio) 

La non generosità ambientale 

e la autodeterminazione dell’ambiente di intraprendenza

Una magica scommessa

La generosità di esprimersi

Le proprietà di flussi cangianti   

Le sorgenti della floridezza      

La autoattingenza     

Le interpretazioni buone  

Il talento della leggerezza      

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paragrafo introduttivo

 

Indroduzione relativa alle tematiche di generosità, gratuità e dono, aiuto, in questo libro la idea di generosità non è esclusivamente argomentata nel senso di altruismo caritatevole bensì è teorizzata come pragmatica utilità sempre efficace e migliorativa caratterizzata dalla proprietà di reciprocità “dare - ricevere” che crea una giustizia di equilibrio di vicendevoli contributi relazionali, la generosità crea lo spirito di collaborazione necessario al progresso creativo comune, generosità e una intuizione di trascendentalità umana di pragmaticità in quanto generosità è ontologia di puro valore relazionale aggiunto che è in concreto un fatto produttivo che migliora sia la qualità della relazione sia la qualità della produttività, sia la soluzione delle complessità.

Generosità è qui protagonista in quanto riqualificatrice dei criteri di diritto e di merito in proprietà delle persone in significato della umana giustizia trascendentalmente a priori attribuita e giustificata dalla ontologia di esistenzialismo nel senso di proprietà di vita che sia in diritto e merito di ricevere vitalità e di dedicare vitalità.

In contrasto in questo breviario introduttivo sono espresse le implicazioni negative che egoismo e severità possano comportare.

“Generosità” viene presentata come gradualità espressiva e potere migliorativo ovvero come una sfumatura caratteriale trascendentale ovvero come una proprietà di ciascuna persona nell’ottica di realizzare la flessibilità attitudinale di non scegliere la severità delle dicotomie comportamentali tra cui : Tutto|Niente, Adesso|mai, Egoismo|Altruismo, Generosità|Avarizia.

 

 

 

 

 

 

GLI ORIZZONTI DELL’AIUTARE

 

In cosa consiste il valore di essere aiutati?

Essere aiutati significa il ricevimento dell’esempio dell’aiutare _ ogni esempio è stimolante in quanto desta la replicazione del medesimo atto.

Essere aiutati ed aiutare sono importanti poiché qualificano e concretizzano i significati di gratuità, umanità, magnanimità e bontà mentre discendono i nostri istinti di rivendicazione proprio allenandoci ad essere meno severi.

Allora il senso della normalizzazione dell’aiutarsi significa proprio raggiungere il significato umano eccellente che non sia orgoglioso non chiedere aiuto e non supportare bensì che sia orgoglioso sia chiedere aiuto sia dare aiuto e sostenere poiché entrambi questi fatti sono coerenti con la filosofia del migliorismo, la mia personale prospettiva del migliorismo è teorizzata nei miei scritti precedenti.

Dove risiede il valore catartico del chiedere aiuto?

Il chiedere aiuto (se non sia una costanza che succede nella forma lasciva della delega delle proprie responsabilità) è un momento culmine di elaborazione autocritica nonché il risultato buono del percorso del coraggio di affrontare se stessi/e  e già di confrontarsi con il prossimo in maniera assertiva e pertanto è una conquista sana questa urgenza mentre diversamente la procrastinazione di irresoluzione dell’aspetto caratteriale di irresolutezza potrebbe a lungo termine comportare il nostro rapportarsi con il prossimo in maniera non assertiva, la  irresoluzione delle nostre fragilità alimenta la probabilità che le fragilità divengano elementi non accessori e di caducità bensì elementi strutturali che qualifichino il nostro essere anche nel rapporto con le altre persone _ assumiamo che il senso della qualità caratteriale ha valore sia esemplificativo sia relazionale _ ovvero sono l’esempio e la relazione i cardini che migliorano il carattere della persona _ allora chiedere aiuto è il ponte del l’avvicinamento relazionale ed il raggiungimento di un esempio pacifico. Aiuto è infatti significato sia di gratuità bensì anche di pace poiché desti uno spirito collaborativo.

Ogni forma di contributo è una forma di aiuto nonché di generosità, pertanto ogni significato del fare sia introspettivo, sia individuale, sia relazionale è sfumato dal senso dell’aiutare.

Aiutare è inoltre un orientamento iconico relazionale, nonché è una bussola alla flessibilità neuro_cognitiva poiché è la volontà di aiutare che crea lo spirito di curiosità nonché la tendenza verso nuovi orizzonti di fattibilità relazionale.

Inoltre esiste il cosmo dell’aiutarsi _ essere resilienti a sé medesimi è un punto cardine che strutturi la efficienza e la efficacia delle probabilità di aiutare il prossimo nonché di essere un valore aggiunto per il prossimo coerentemente con il senso del “Dare” e meno del “Richiedere, del ricevere e dell’esigere” che sono significati per i quali l’aiutarsi autonomamente è catartico poiché discende la tendenza alla costanza al chiedere o all’esigere di essere aiutati _ in senso di equilibrio di valori concettuali il fatto di non chiedere aiuto può già essere stimato un aiutare, poiché non chiedere aiuto è concepibile come donare tempo al prossimo che dedichi alla crescita di sé stesso/a.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GENEROSITÀ GENETICA

La relazione colma il vuoto? La relazione riempie la mancanza che ognuno porta con sé?

Può essere, tuttavia può essere anche l’inverso. Ma la relazione è una dinamica relazionale ed ogni dinamica è un luogo ed una estensione di possibilità, è la creazione di un luogo libero, ed un luogo libero è un senso metaforico di luogo bianco, nonché è logicamente un nuovo vuoto con cui relazionarsi _ il punto è la tensione verso le nuove libertà, tuttavia insieme alla conquista di nuove libertà succede il confronto coraggioso con la libertà di nuove possibilità con cui ci relazioniamo. Pertanto il senso relazionale consiste nel trovare un nuovo equilibrio tra me ed il prossimo in cui sussiste che io sia valore aggiunto per il prossimo e che il prossimo sia puro valore aggiunto per me _ nonché è la gratuità ad essere la sorgente di bontà relazionale. Succede allora una nuova dimensione tra pre_tendere e donare. Pre_tendere è una energia ricevente che coglie il luogo dal prossimo ad ottenere una estensione del proprio luogo, nel donare succede diversamente una energia donante ovvero una estensione del proprio luogo in aggiunta della estensione del luogo del prossimo. Ora siamo a riflettere su una prospettiva interessante _ il tema è il “Sentirsi esistenzialmente importanti” e per sentirsi esistenzialmente importanti consiste il senso di essere contributo aggiunto di utilità per il prossimo affinché sia il riconoscimento dal prossimo. Allora è una relazione ambivalente:

“Perché mi manchi, sento un legame emotivo relazionale.”

E 

“”Perché sento un legame emotivo relazionale, Allora mi manchi.”

Allora esiste un paradosso, se la mancanza è un senso di vuoto, la mancanza malinconica è un significato di legame relazionale, allora è proprio il vuoto ad essere un senso strutturante, una energia di legame relazionale. Un momento di riflessione sul tema della “Richiesta”.

 

Richiesta è sia un pre_tendere che un attendere, la attesa è logicamente fiducia e speranza e fiducia e speranza sono estensive di tempo e di luogo, quindi la richiesta non è solamente un discendere il luogo del prossimo bensì è anche un senso di valorizzazione del prossimo e di dono di possibilità di tempo in cui siamo a credere il momento creativo del prossimo, il paradosso che richiedere sia un donare, nonché la responsabilità che attribuiamo è un senso di fiducia dedicata. Tuttavia esiste una realtà che rende che il vuoto sia un senso relazionale _ se il vuoto è l’ambiente che ci mette alla prova ed il senso di complessità con cui confrontarci è pur vero che il vuoto consista e plasmi due qualità: La prima è un senso del fare, ovvero una realtà da creare, un senso ed un significato di orientamento, il secondo senso è la collaborazione ovvero il fatto che nella gestione della libertà non siamo individui soli bensì vi sia la persona che si relaziona con noi ad aiutarci a confrontarci con la complessità della creazione della libertà e della ottimizzazione delle possibilità che la libertà sia. Un ultimo importante tema coerente è il senso dell’aiuto. L’aiuto è un senso ambivalente del chiedere e del dare, per questo è magico, poiché è sempre migliorativo, aiuto è in sé energia di gratuità di legame nonché la tensione relazionale e la energia che riequilibria le dinamiche di reciprocità “Chiedere_dare” nonché “Aiuto” è sorgente di ri_conoscenza ed è sorgente umanità _ poiché aiuto non è un caso è  una energia relazionale proprio sul piano esistenziale poiché ove vi sia risorge la relazione sul piano umano oltre tutte le sovrastrutture accessorie, ulteriormente esiste la chiralità “Individuo relazionale” in cui aiutando il prossimo aiutiamo noi stessi/e, dare spazio relazionale al prossimo significa estendere i nostri orizzonti sia relazionali sia introversivi e coerentemente con la dialettica del vuoto _esistono due dinamiche entrambe fruttuose, poiché dare aiuto è estensivo anche delle nostre opportunità e chiedere aiuto è in primo luogo un esempio del valore di umiltà, in secondo luogo è un dono di luogo creativo per il prossimo nonché di valorizzazione in cui il prossimo può intraprendere una esperienza creativa collaborativa _ generosità e genetica non sono solamente grammaticalmente isogrammi condividendo le lettere che compongono la parola gene _ bensì esse esprimono un significato più profondo di nascita, di germoglio creativo, di puro migliorismo, di umanità ed ulteriormente di trascendentalità e necessità ontologiche umane che il nostro DNA esprime ovvero di un verso che possiamo anche non scegliere scegliendo l’egoismo, tuttavia comprendiamo che non seguendo la via della generosità scegliamo di non ottemperare alla nostra natura di vitalità tipicamente umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EXTRA - SYSTEMIC CHANGES

Un criterio di confutazione della competizione.

Ciascun contesto di relazione possiede un personale modello strutturale, il modello strutturale è di tipo operativo e di pensiero che sostengono ogni modus dialogico.

Un primo criterio di sistema di accettazione consiste nelle somiglianze comportamentali ma soprattutto nella somiglianza di pensiero della persona rispetto alla molteplicità di persone.

Il senso conformista è promosso dalla accettazione per somiglianze e raramente dalla accettazione per differenze. Solitamente è l’energia di conformità di una molteplicità che crede, agisce e dialoga vicendevolmente similmente ad essere una energia esortativa cangiante l’equilibrio della unità persona che entra in relazione con la molteplicità.

Tuttavia esiste una verità importante : ovvero che altresì la unità persona è un cosmo definito ed espressivo proprio come l’ambiente, ovvero è possibile che l’equilibrio della persona resti invariato dalla sua relazione con l’ambiente e che sia la ragionevolezza e la aura cangiante della riconoscibilità ed integrità personale della persona a variantizzare il sistema ambiente _ cambiare le tre strutture ambiente _ pensiero, comportamento, modo di dialogo _ è possibile ed è un confronto sia concreto nel senso della unità persona di manifestare assertivamente la sua autenticità di identità in contrasto con la dinamica ambiente in concreto ed il criterio è la gradualità di collaborazione gerarchica. A priori ogni senso confutativo sistemico ambientale è puramente astratto e sul piano introspettivo ideale, maggiormente profondo, logico, ragionevole, umano, buono, semplicemente complesso, utile, flessibile, generoso è il senso di cambiamento dell’ambiente sia il metodo di cambiamento che abbiamo pensato maggiore sarà la sua energia cangiante.

Può esistere collaborazione in un confronto tra persone con divergenze di pensiero, di comportamento e di dialogo? Sì, e nella misura in cui la unità persona si elevi nella gerarchia sistemica.

Abbiamo allora compreso che per cambiare un sistema ambiente risulti necessario conoscere perfettamente il sistema ambiente fino a divenirne elemento prescelto _ Ad esempio in un primo momento di accettazione reciproca tra una molteplicità e una unità sarà probabilmente ma molteplicità ad essere la energia cardine cangiante. Il modello competitivo gerarchico è tra i modelli più influenti_ in un ambiente così caratterizzato un nuovo elemento unità non ha possibilità di cambiamento ambientale _ è appunto il senso di elevazione nei livelli gerarchici ordinati ambientali a realizzare la energia cangiante della unicità della unità persona nell’ambiente relazionale. Per essere in possesso di un senso e di motivi di cambiamento è fondamentale conoscere perfettamente la realtà in cui viviamo ed è proprio il percorso di con_divisione con le realtà ambiente che creano la nostra esperienza critica ed altresì la nostra elevazione gerarchica. Allora può sussistere collaborazione in un senso di competizione ideale? Secondo questo flow riflessivo sembrerebbe di no a meno che la unità persona avendo innumerevoli esperienze competitive non si elevi ai più alti status gerarchici decisionali. Ovvero il piano del dialogo nel senso del cambiamento diviene il medium di cambiamento concreto della realtà sistemica ambiente. Tuttavia ora sussiste un paradosso.

Se io volessi confutare il criterio di competitività di un sistema ambiente competitivo. Secondo le riflessioni che ho espresso una unità persona nuova non viene ascoltata dalle persone agli status decisionali del sistema ambiente a maggior ragione se questa persona abbia idee non conformi rispetto alle idee del sistema.

Allora succede un paradosso, che la unità persona per raggiungere gli status decisionali del sistema debba partecipare alla competizione, debba essere lei medesima competitiva e creare lei stessa ad essere esempio dei principi di “Eliminazioni carrieristiche” che si fondano sui criteri “Vittoria _perdita” e non sul criterio di “ Gratuità, collaborazione e aiuto. Iconicamente promossi dalla Generosità umana.”

Ora se questa unità persona riuscisse a raggiungere gli status decisionali ottenendo la proprietà di potere decisionale e si ascolto dal sistema, lì perderebbe subito questo momento partecipativo di cambiamento perché sarebbe subito confutata nel senso di “Essere lei stessa esempio di ciò che vuole confutare.”

Il cambiamento può succedere allora secondo questo ordine: Accoglimento, collaborazione assertiva, congedo pacifico e assertivo dal sistema, outsider e cambiamento extra_sistemico, influenza del sistema fuori dal sistema di cui abbiamo avuto esperienza.

Introduciamo allora i criteri di potere decisionale e di autorevolezza decisionale tuttavia sul piano esistenziale.

Ad uno stadio superno di autorità decisionale può non corrispondere illibatezza autoreferenziale di giustizia decisionale, per questo motivo risultino importanti autocritica ed ascolto orientativo e collaborativo del prossimo.

Il piano puramente umano ed esistenziale è rivoluzionario poiché è un ponte di dialogo immediato tra chiunque che è garante della possibilità collaborativa altresì tra persone di status sociali e di status di potere decisionale diversi. Se competizione e proprietà (Altresì di denaro, in innumerevoli contesti e occasioni il denaro ha provato di essere più dannoso che utile.)

strutturano i criteri di “Eliminazione” (Vittoria _ perdita; merito e diritto di avere luogo e tempo e diritto di negare luogo e tempo al prossimo - teoria confutata dalla filosofia del migliorismo _ ogni negazione e eliminazione non è un fatto  migliorativo).

Umanità è un universo pacifico di comunione di diversità in cui si elevi il migliorismo, il dono e l’aiuto proprio come criteri collaborativi funzionali alla nascita e alla crescita umane di chiunque _ è propriamente l’universo umano a definire, in quanto chiunque sia esistenza vitale e manifestazione di vita, il merito e il diritto di pensare, di parlare e di essere ascoltati in significati rilevanti di energie cangianti per il miglioramento comune.

 

Ogni diritto di potere decisionale sia premesso dalla integrità di autodeterminazione identitaria, affinché possiamo essere valori cangianti per l’ambiente è importante che diventiamo e che siamo noi stessi valori di esempio umano.

 

EXCELLENT MINDSETS

 

The podium it is way easier to reach where and when there’s no competition, but the true answer it is that there’s always no competition, you’re not rare, you’re the raising of the rarity because you’re unique so you’re in destiny of your inner transcendentality essence to live with no competition: Gain capability of the awareness of your unique essence and express your essence _ the fact of your essence expression it is the reality you go beyond every competition, nobody can be yourself, this knowledge it is one of the most important podium. The suggestion “Be your way” it is not only a suggestion but a necessity because everyone it is inevitably himself/herself. This fact it is the expression that a group of people undertake similar activities but the fact that they realize similar aptitudes to gain similar podiums it is not the cause of competition _ because competition it is an abstract illusion. The competitive abstract illusion raises because of no relational and no efficient mindsets. By the universal perspective of the group creativity % we all know that the competitive spirit it is never useful (The only case of the positivity of competition it is emulation it is an inward-looking and self introspecting self_examining and not an egoistic behavior. Because to compete it is not to contribute and it is not to collaborate, and usually it is the source of competition that causes hinders, but every impede it is a regression and a worsening. No collaboration it is lonelyness, and usually lonelyness it is less productive than collaboration.

 

 

The gain of the podium it is not the result of many eliminations of the people you are against _ because the many eliminations by the perspective of the group creativity % they are a serious loss. The must and the need it is the change of the group mindset to optimise the creativity % _ and to obtain the best % creativity with the best relational increases we must delete worsenings, I’m not talking about the elimination of the mistakes, of the oversights, of the misunderstandings, of the misinterpretation _ this question it is the clue of my line of reasoning: If there are human mistakes, they must not be the causes of the elimination of the fragilities but precisely fragilities are opportunities to better the whole group % creativity through collaboration spirit. Another theme it is about the behavioural differences and about unique behavior - the unique behavior needs to be seen by the group system as an opportunity to elevate itself and not as an extraneousness to delete.

The focus it is about recognition and identification and about relational emotion.

The recognition of the unique present creativity and the synchronic recognition that this unique present creativity of everyone it is the value and the way to better the group % creativity. The concentration of competition raises because of the unnatural reach of excellence.

But this is a paradox. Because every excellence it is pure improvement _ but we know that competition causes loss _ so competition can not be the cause of a relational % creativity excellence.

How can we gain excellence? Excellence it is not the far podium resulting by many competitions and eliminations _ but excellence can be an important mindset that can improve and better realities notwithstanding the status of the present reality _ an example of mindset excellence it is collaboration that elevate the stadium and better the creativity of the group creativity %.

 

The evaluation of ourselves and the consciousness of the elevation of the other people through our help _ the evaluation of gratuity it is another source of excellent mindsets.

 

LE DUE VIE IDENTITARIE

La generosità di ri_conoscenza e la generosità di autostima

È consuetudine ricondurre la nostra identità sul riconoscimento dal prossimo in ogni contesto che esista una sorgente esterna di identificazione, il senso di appartenenza relazionale fondato sulla qualità di stima che provenga dal prossimo in senso di amistà, nuovamente sorgente di relazioni di conoscenza più profonda siamo abituati a strutturarle sul senso della percezione che riceviamo dalle persone e dagli ambienti esteriori _ tuttavia il nostro esistere discende di spontaneità poiché siamo in funzione dell’ottenimento di maggiori probabilità possibili di successo _ Succedere è diverso rispetto al successo. Il succedere ha valenza di spontaneità poiché è neutrale rispetto ad ogni senso di paragone ovvero è libero dalla competizione di valenza percettiva, mentre il successo è un iconico significato comparativo e comparabile rispetto alle variabili del non successo. Persino il contesto carrieristico è strutturato dal conformismo dalla determinazione, ciò che nominiamo personalità possiede due valenze, la valenza di determinazione e la valenza di autodeterminazione.

Crediamo, o un sistema tipicamente competitivo ha insegnato, che personalità sia di valore se nominata o laureata da personalità persone altre  rispetto a noi. Due restino le questioni, la prima questione è il senso del “È stato insegnato.” che è una naturale espressione conforme importante quanto sia rilevante e presente ma insufficiente in quanto di parte poiché fondata da un conformismo di volontà parziali di altre persone rispetto a noi _ basti volgere lo sguardo ad ulteriorità diverse e si scoprirà quante e quali rilevanze di confutazione di valore esistano rispetto al limite riconoscitivo di coloro che ci nominano (Eternomie) .

Una seconda questione è espressa da un paradosso. In senso di Identità, per quanto siano illustri i riconoscimenti e le qualifiche che giungano a noi da altre persone siano esse altresì illustri personalità _ il risultato è che la identità non è “Nome” ma è “Nominata”, ovvero Identità fondata da percezioni esterne è identità labile poiché è semplicemente destrutturabile proprio dalle cangianze di percezioni ed interpretazioni altrui. Il paradosso è che le Identità risultanti da eteronomie sono evanescenti, fragili e deboli poiché fondate dalla evanescenza percettiva del prossimo. Poiché essere nominati è diverso da essere ed esistere. Identità eteronoma è diversa da identità autonoma. Perché la sorgente di nomina attribuita dalle altre persone è evanescente e inconsistente? Perché è un senso che non appartiene alla identità stessa ovvero che non è la ontologia della identità stessa ma un risultato artefatto del quale risultato iper_variabile la medesima identità non è né in possibilità di controllo, né in possibilità di potere. Riflettiamo allora sul senso della autodeterminazione che è un significato di AUTENTICITÀ autoreferenziale ed emancipativo. Il senso della autenticità identitaria e della Autodeterminazione è realizzare che siamo identità resilienti non dipendenti dalla determinazione del prossimo, per ottenere questo importante livello emancipativo è riflettere sulla non finalità dell’essere ovvero che è la semplicità dell’esistere, la semplicità dell’esistere è non finalizzata, ovvero non “Essere per” è una non finalità che non è insensatezza quanto è la sublimazione del nostro focus introspettivo che ascende il nostro “Nosci te ipsum” ovvero che ci renda consapevoli di noi stessi ottenendo che siamo. Ma è un essere di livello intenso che ottiene la riconoscibilità ma che non ha come meta la riconoscibilità bensì la esistenza identitaria. Una identità nominata per quanto siano illustri i nominanti è una identità non libera e non emancipata.

 

 

 

Il paradosso consiste proprio nel fatto che Identità emancipata e priva di nomine sia di livello ulteriore rispetto alla identità nominata poiché identità emancipata è libera e indipendente dalle evanescenze percettive instabili, variabili e mutabili. La promozione in ogni status identitario è allora logicamente un risultato introspettivo indipendente dal prossimo e da valutazioni esteriori bensì la promozione è un lavoro introspettivo autonomo e libero.

Alla complicata domanda “Chi sei?” le identità nominate risponderanno le qualifiche che nel tempo furono attribuite dal prossimo che all’interlocutore risulteranno come schermature, muri non identitari non spontanei ed artefatti (Poiché le percezioni sono artefatte) che allontanano l’interlocutore dalla verità identitaria ontologica di colui /colei che risponda. La non riconoscibilità è allora un risultato della dedizione nel forgiare la nostra identità sulle apparenze dei prossimi di noi, il significato puro del fuggire da sé stessi/e, mentre la riconoscibilità essenziale è il culmine del lavoro di “Nosci te ipsum” che è un percorso di conoscenza e di accettazione di noi stessi/e.

 

Ulteriormente la non riconoscibilità è interpretabile non come un limite di autodeterminazione identitaria bensì come una immaturità percettiva del prossimo che pochi elementi ha per determinare l’universo che ciascuno/a di noi è.

Diversamente le identità emancipate essendo libere non fuggiranno nemmeno dal tempo riconducendo la identità a memorie percettive passate astratte, bensì risponderanno con la spontanea concretezza essenziale presente del presente “Qui ed ora” che è un connubio di consistenza iconica di unicità imparagonabili, pertanto unicità è un livello oltre la rarità, che è un senso di presente novità, di valore aggiunto, con una sfumatura di incomprensibilità percettiva tipica proprio del mistero della luce arcana identitaria unica che è la natura identitaria essenziale di ogni individuo.

 

I 4 STADI DI RICONOSCIMENTO

La generosità della ri_conoscenza

Le libertà dal vuoto e le libertà del vuoto.

 

Un senso del riconoscimento è una valorizzazione, un primo livello di riconoscimento è l’accorgimento, ma l’accorgimento ha valenza neutra, un secondo livello di riconoscimento è l’accoglimento, l’accoglimento è la qualificazione dell’accorgimento neutro che convertiamo in senso positivo ovvero creiamo noi stessi un ambiente che non sia restio ad accogliere la realtà di cui abbiamo accorgimento. Un terzo livello di riconoscimento è la valorizzazione, ovvero è un principio di nostro impegno ad avere cura della realtà che abbiamo accolto aggiungendovi le nostre premure sia emozionali sia creative. Un quarto livello di riconoscimento è la riconoscenza ovvero il fatto pratico di ricambiare con un comportamento positivo la positività che abbiamo accolto.

Il riconoscimento solo al primo livello è un senso istintivo, emotivo e percettivo, solo nei tre ulteriori livelli di riconoscimento esiste la realtà ragionevolmente mnemonica. Il ricordare, mantenere a cuore, trascendere la realtà in contenuto sentimentale ovvero impegnarsi affinché una realtà resti viva grazie a noi, che è un senso di nuove vitalità, che è un senso di resurrezioni emozionali, ricordare e risuscitare, suscitare nuovamente ovvero non lasciare che l’oblio dimentichi una realtà, obliare è appunto un significato di dimenticare, ovvero cadere nel vuoto, nell’oblio _ poiché questo senso non è solamente un principio metaforico ma una realtà puramente pragmatica _ poiché ogni vera realtà realizzata e consegnata ma non accolta e riconosciuta cade nel vuoto ed è perduta? In verità no, poiché è mantenuta nella realtà introspettiva mnemonica del donante ma anche nel contenuto mnemonico percettivo del ricevente insieme alla personale attitudine di evitamento. Ora sono interessanti due vie di riflessione.

La prima via è nominata _ urgenza. L’accoglimento non ha solamente la proprietà del luogo attitudinale del Raccogliere, bensì ha il tempo del presente, ovvero il tempo del raccogliere è il tempo che permetta il donare ed il donarsi ( Quanto tempo ci dedichiamo in senso di nostro merito?), poiché il tergiversare significhi già evitamento della realtà ricevuta, ovvero il cadere nel vuoto della realtà ricevuta insieme ad una ingente perdita di valore percettivo della realtà ed il valore percettivo de_qualificativo discende altresì il valore ontologico della realtà proprio in quanto dequalificata dall’ambiente vuoto.

Una seconda via di interesse di riflessione è caratterizzata da due vie sulla base di una caratterizzazione di gerarchia valoriale della realtà.

La prima via.

Se una realtà è obiettivamente ed oggettivamente di valore positivo, una creatività docile, utile, buona, un regalo che migliori la nostra salute altresì relazionale _ non è sufficiente che questa realtà sia strutturata da sé stessa, poiché non essendo una realtà autoportante che si sostenga autonomamente è necessario che queste creatività positive siano accompagnate da almeno i primi tre livelli di riconoscimento, perché se non vi è riconoscimento succede che il vuoto discenda ed annienti il puro eccellente e prezioso valore delle realtà buone _ poiché il riconoscimento è una variabile ed una scelta relazionale parliamo allora di un paradosso, il paradosso delle bontà punite.

Una seconda via risulti interessante argomentare. Questa riflessione risulta utile in quanto alla nostra salute, alla nostra resilienza, alla nostra integrità identitaria. E se il vuoto fosse nostro amico? Questa retorica è interessante poiché parliamo proprio di interdizione _ ritorniamo al primo livello percettivo istintivo di riconoscimento.

 

 

 

Se allora in questo primo stadio di riconoscimento dovessimo accorgerci di attitudini offensive o di demoralizzazioni, mancanze di rispetto da parte del prossimo ed invero altresì da parte di noi medesimi (le realtà ansiose, la paura) risulti allora importante che a queste realtà non dedichiamo nessuno dei tre ultimi livelli di riconoscimento (No accoglimento, no valorizzazione, no riconoscenza). La conseguenza logica è che noi siamo impermeabili e resilienti a queste realtà negative che appunto entreranno in relazione con il vuoto che ne discenderà anche il valore ontologico.

Il senso di interdizione è la percezione di stupore conseguente proprio a queste dinamiche relazionali tra introversione e realtà esteriore. Un primo stadio di accorgimento delle realtà negative vi è ed esiste come contenuto mnemonico percettivo, tuttavia non be permettiamo la valorizzazione e la gratitudine ovvero non lasciamo che cresca il germoglio del negativo_ nonché un senso di non accoglienza significa che non diamo importanza neanche dialogica al negativo, non intendendosi un contenuto dialogico di rilievo creativo non merita tempo dialogico di intraprendenza _ tuttavia questa realtà non significa impreparazione, né passività, né stoltezza, né assenza di reattività _ poiché l’impegno attivo rielaborativo significa proprio nell’ottimizzare le possibilità relazionali, ovvero purifichiamo introspettivamente le realtà negative e operiamo un reset dialogico concettuale ed emozionale, ovvero successivamente al negativo subito reagiamo non in causa reattiva del negativo subito, il negativo è nel vuoto e noi siamo liberi/e di ricominciare la relazione a partire da status creativi relazionali sani. Il senso del perdono non è un senso di umiliazione di chi chiede perdono neppure è un senso di superiorità di chi perdona bensì è un senso strutturante del miglioramento relazionale che non crea disequilibri o variazioni di valore bensì dimostra l’impegno comune di purificare le negatività al fine della collaborazione a migliorare sia le realtà risultanti creative delle relazioni sia le relazioni.

 

Ulteriormente come il vuoto può esserci amico? Il vuoto è un luogo introspettivo estremamente vasto, possiamo pensarlo come una virtualità astratta in cui possiamo virtualizzare le nostre realtà caotiche impetuose espressive nonché è un ambiente utile di rielaborazione e di libertà di sfogo, ad esempio la espressione del perdono è il risultato della giusta rielaborazione degli istinti umani di rivendicazione, ma se rivendicazione è una realtà umana deve esistere un luogo di rielaborazione e di riflessione e questo luogo è senza tempo ed è l’universo della nostra mente che è una naturale meta_fisicità della complessità soggettiva del vuoto, similmente accade per le espressioni di serenità, tranquillità e quiete nonché risultanti da una adeguata assimilazione e purificazione degli istinti umani impulsivi reattivi.

 

 

L’arcano dell’onniscienza del pensiero

 

D’un cielo tempestoso si vedono le nubi, i fulmini, le piogge e si sentono il tuonare dei tuoni e il fruscio dei venti, eppure io vedo le stelle ancor più luminose dei fulmini nonostante siano velate so che siano, io sono ché esse siano per me, penso all’alba d’un sole altrove che mi riscalda dal freddo qui, e nel grigiore di questa tempesta mi contento dei colori di un arcobaleno che arco non sia poiché sia una aureola variopinta, sento ora che piove già il petricore d’altrove sorgente dai sampietrini d’altre città, l’istante è una goccia cristallizzata in galaverna che sia già la goccia per un germoglio nuovo. Seppur il pensiero sia un orizzonte che giunge all’onnipresente ovunque come Komorebi, le sorgenti di luce che giungono ovunque oltre le foglie, il mistero della luce è arcano; ed ora sento del nostro pensiero un significato divino dedito alla generosità di vitalità umile dell’io ad esistere qui adesso poiché sia Dio l’ovunque eterno mentre di me resti il senso di esistervi al suo creato in un momento come luogo buono e creati

I NOSTRI SEGNI MAGICI

 

Scrivere significhi rivoluzionare i significati della nostra realtà, ma ogni senso è e resti sempre un risultato esperienziale emotivo o interpretativo che sia insieme il passo di un percorso reale, onirico, o meta_psichico introspettivo o comunicativo relazionale o il carattere riassuntivo ultimo di queste o altre vie che sia la meta di molti passi esperienziali. Disporvi un’interrogazione indiretta, la domanda sia allora la sorgente rivoluzionaria ché la fonte di ogni serendipità ed altresì della speranza è la ricerca della ulteriorità, un sinonimo di curiosità che crei la domanda ispirativa della meta della risposta. Scrivere significhi un momento riflessivo meditativo, un momento di sospensione attenta ove sia un luogo immaginativo in cui la risposta sia una vitalità che noi siamo a cercare e che lei medesima sia a cercare noi stessi/e. Lo scrittore/la scrittrice crea parole sul foglio bianco ma non limita lo spazio del foglio con l’inchiostro ma paradossalmente lo espande, poiché sospendere il giudizio sia un atto di generosità che le risposte e le domande siano date da chiunque e dallo scrittore medesimo che risulti lettore di sé stesso/a, che vi rechino la propria libertà nella forma di nuovi luoghi di pensiero vasti eppur sani, utili, giusti e buoni.

Novità:

Darsi tempo è dare spazio e dare tempo è darsi spazio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ALTRUISMO FRUTTUOSO

 

Vorrei provare ad approfondire il concetto di Homo faber fortunae suae, tuttavia da una prospettiva non consueta. Questo principio è consuetamente ideato secondo una accezione egoistica tipicamente caratterizzata dai principi di proprietà, possesso, guadagno, ottenimento _  esiste una chiave di lettura che possa traslare questo significato dalla accezione egoica alla accezione altruistica, e questa chiave di lettura ponte è il lavoro nella pura realtà della dedizione, il fare dedicato. Allora siamo a riflettere sulla possibilità che limitiamo le nostre opportunità proprio in limite di misura e qualità della nostra generosità e della nostra gratuità nel senso che sia egoismo e non altruismo, generosità e gratuità a limitare noi stessi e le nostre opportunità relazionali che premettono le facoltà di possibilità di guadagno altresì materialistico. Poiché se intendiamo egoismo come una forma di limitazione della generosità, come gerarchizzazione delle possibilità di gratuità che istituisca concetti confutativi proprio al dedicarsi _ la gratuità è la estremità del donare _ eppure se riflettiamo giungiamo alla comprensione che ogni iniziativa creativa e costruttiva è un nostro movimento generoso, sia simultaneamente a noi stessi ed al prossimo. Egoismo è una severità che confuta i sistemi di accettazione, mentre generosità è una flessibilità garante proprio della creazione di un ambiente collaborativo proprio funzionale al guadagno reciproco. Al fine di ottenere una prospettiva maggiormente flessibile questa tematica ritengo importante riflettere su una proprietà positiva di Egoismo ove e se pensiamo che altresì egoismo possa significare una forma di generosità verso noi stessi ed insieme una forma di generosità che significa una salvaguardia della nostra identità se dovessimo avere accorgimento che la integrità della nostra identità egoica sia compromessa non libera in presenza di caratteri di egoicità impositivi e non equilibrati ed ingiusti del prossimo verso noi stessi/e. Una riflessione sulla idea che l’altruismo sia fruttuoso oltre il limite della egoicità. È una prospettiva puramente materialistica a tesi di questa riflessione asserendo che le trattative di compravendita hanno sempre conclusione procrastinata da reciprocità di egoismi mentre hanno conclusione di accordo materialistico_relazionale in grazia dell’accordarsi che è una forma collaborativa tipicamente strutturata agevolata e promossa dalla energia di generosità umane. Da queste riflessioni ci accorgiamo che la noia può essere una conseguenza dell’egoismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Egoicità Altruistica

Allora una importante generosità verso noi stessi che possiamo intendere come generosità verso il prossimo, onirica, generosità ideale o generosità premurosa, avere premura del nostro destino, avere cura di noi stessi/e che siamo in fiducia di realizzare a noi un destino generoso strutturato proprio da un sentimento di essere in facoltà di abbondanza garanti dell’avverarsi di un destino di ulteriorità _ non è una generosità autoreferenziale bensì una generosità di gratuità poiché tutte le persone gioveranno del nostro destino talentuoso, sentirci grati di noi stessi e meritevoli di noi stessi sono principi di merito e orgoglio che fanno bene anche alla comunità.

Tipicamente riconoscenza è una accezione di umiltà verso altre persone che ci siano di conforto ed insegnanti, più inconsueta è una mentalità di gratitudine orgogliosa proprio verso noi stessi/e che siamo i protagonisti del nostro miglioramento nonché ri_conoscerci, conoscere nuovamente noi stessi cambiati  e migliorati proprio grazie al nostro impegno autocosciente ma non autoreferenziale ovvero una egoicità altruistica che la nostra crescita sia un valore aggiunto altresì per il prossimo, di qui conviene una prospettiva di aiuto reciproco e mai di ostacolamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN PRINCIPIO DI ABBONDANZA È LA GENEROSITÀ

Dal principio di Risolutività “Trova la prospettiva per cui sia meglio così” che realizzi una conversione migliorativa da una percezione negativa deduciamo un nuovo principio che è gemello e che tuttavia è un principio proiettivo orientativo. Non significhi questo principio nell’unico senso di umiltà della valorizzazione del minimum, bensì è una traslitterazione magica del principio del minimum, ovvero che nella realtà presente che siamo a vivere che eventualmente percepiamo nel senso di minimum già risieda abbondanza e pressoché l’insieme delle realtà di cui abbiamo bisogno sia di soluzione sia di miglioramento.

Cerca e trova la prospettiva per cui sia già reale e presente la positività che desideri, le congetture possono essere un potere creativamente magico. Poiché la realtà non ha solamente contenuto reale bensì è un contenuto introspettivo, ed è proprio il contenuto introspettivo congetturale ad essere la evanescenza a priori che struttura il nostro modo di confrontarci con il reale ed una adeguata prospettiva introversiva realizza possibilità ed ulteriormente aumenta la probabilità che il reale ideato sia molto più prossimo ed accessibile a noi di quanto la sola severità dei fatti sia in verità.

Risulti una ulteriore resilienza, in quanto la percezione che abbiamo del reale sia sempre un significato percettivo attributivo tipicamente in senso paragonativo tra le realtà sia introspettive sia realmente oggettive ed obiettive. Tuttavia essendo la realtà obiettiva una realtà di suscettibilità e non una realtà non influenzabile, allora se disponiamo di una energia introspettiva intensamente orientata al mindset della abbondanza di vita, non sarà il reale severamente obiettivo e concreto a plasmare la nostra introspezione, bensì sarà la nostra energia introversiva ad essere il cangiante del reale. Nonché questa riflessione è particolarmente buona e utile nel senso della nostra resilienza dinanzi alle rivoluzioni del reale tipicamente caratterizzate altresì da verità inaspettate e che eventualmente possano essere non elementi aggiunti a noi bensì elementi reali che rallentino la nostra creatività o elementi il cui risultato è un discendente per noi. Tuttavia, se i discendenti del reale siano elementi reali accessori della nostra identità, ovvero se la nostra identità e salute e resilienza creativa siano strutturate non sugli accessori della realtà esterna che siano iper_varianti bensì su un sentimento di stabilità tipicamente caratterizzato dal significato di abbondanza, allora un discendente accessorio esteriore non è solo lui stesso, ma è il discendente esteriore in paragone riqualificativo insieme con una energia interiore estremamente più intensa e resiliente del solo reale, questa nostra energia interiore non solo non sarà sconfortata dalla discendenza esteriore bensì il discendente esteriore reale sarà migliorato dalla nostra resilienza creativa che non sia solamente un senso di credo o fiducia, credo e fiducia sono le conseguenze di una struttura di stabilità di identità strutturata sul sistema della coscienza del valore della abbondanza, la proprietà della vita è un senso strutturante della realizzazione di vitalità. Realizzare con vitalità è una espressione di vitalità che è una naturale e trascendentale traduzione immediata di essere vita relazionale.  

Proverò a realizzare la tesi di questa riflessione per assurdo.

Ovvero. Ad un disincanto del reale se giungessi ad associare che sia inesistente inammissibile una realtà migliore, è un senso di aumento di probabilità e di necessità che una migliore realtà non sarà.

Esiste una filosofia del ritorno, nonché nella quotidianità risultano le coincidenze ovvero l’avverarsi del ritorno nuovo delle medesime condizioni e contesti ambientali in cui ci accorgiamo che la variabile attitudinale siamo proprio noi stessi.

Il senso è nella nostra ideazione previsionale.

 

 

 

 

Quando desideriamo o sogniamo subconsciamente una realtà incrementi la plausibilità e la fattibilità reale di ciò che ideiamo. Risulta che le realtà introversive orientino il nostro senso attitudinale e cospirano affinché incrementi la probabilità che noi siamo dove e quando abbiamo sognato, tuttavia questo non è un senso utopico, assurdo e metafisico, bensì è un senso concreto, fisico, di reali relazioni causa_effetto. Poiché EFFETTO IDEATO DIVIENE CAUSA SORGENTE DI ATTITUDINI ORIENTATE VERSO L’EFFETTO IDEATO CHE INDUCONO E SONO CAUSA REALE DEL COMPIMENTO DELL’EFFETTO REALE IDENTICO E GEMELLO RISPETTO ALL’EFFETTO SOGNATO E IDEATO.

Ideare e sognare paradossalmente non sono astrazioni ed allontanamenti dal reale bensì sono proprio i passi ancestrali fondanti il reale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mosaici d’ opportunità

Crediamo il numero delle opportunità della nostra vita o in senso limitato di un contesto di vita, di una occasione di vita nella metafora di una nostra creazione artistica di un mosaico: Abbiamo allora un muro bianco ed abbiamo un numero limitato di tessere di diversi colori e qualità, abbiamo a nostra disposizione la vita ci dona e noi stessi abbiamo e plasmiamo a noi stessi/e e per noi stessi/e tessere bianche, nere o colorate, di materiali preziosi o di materiali poveri_ le tessere d’oro sono rare come lo sono le tessere costituite di pietre preziose come rosso rubino, verde giada, arancio ambra, viola ametista, blu zaffiro, trasparente diamante, oppure di materiali più poveri ceramica o tessuto.

Premettiamo che il muro sia un luogo finito ovvero metaforicamente che non siano infinite le opportunità di cui disponiamo in quel contesto realizzativo_ la parola “disporre” non è casuale poiché è proprio esemplificativa del nostro disporre le nostre tessere sul muro per realizzare il nostro mosaico.

Una seconda premessa è che le tessere sono sovrabbondanti rispetto alla vastità del muro, pertanto alcune tessere non saranno disponibili e saranno sacrificate alle tessere che sceglieremo di disporre.

Una terza premessa è che esistono tessere che seppur siano in cuor loro preziose d’oro, di diamante o d’altre ricchezze esse sono velate di materie più povere come la ceramica. Una realtà metaforica è che il tergiversare significa comunque disporre tessere sul mosaico _ sono metaforicamente le tessere dell’attesa e non è perentorio che siano tessere povere, scialbe, anonime poiché attesa può essere fruttuosa tuttavia ne può esistere il rischio.

Una quarta premessa è che la realizzazione del mosaico sul muro del reale seppur sia una opera di cui noi siamo i principali creativi protagonisti altresì l’ambiente le altre persone con cui siamo in relazione in questo contesto creativo influenzano il risultato del mosaico, altre persone aggiungeranno tessere al mosaico e secondo il loro orientamento altresì orientato dal nostro esistere a loro aggiungeranno al mosaico tessere di valore o tessere povere.

Allora il senso di questa riflessione risiede nella nostra realtà di definire la nostra identità e il nostro significato creativo, un importante impegno e lavoro è un impegno di riconoscimento e valorizzazione delle opportunità poiché potremmo rischiare di realizzare un mosaico che non solamente non ci renderebbe felicità bensì un mosaico che non sia sano, per assurdo pensiamo se disponessimo solamente tessere bianche di ceramica, una metafora del tergiversare, vivere senza colori non ci renderebbe felici e non ci farebbe bene. Insorge una importante questione, quanto siamo magnanimi e buoni nei nostri confronti? Poiché la relazione è chiralità la magnanimità verso noi stessi/e è la magnanimità relazionale ovvero verso il prossimo, d’altro canto quanto siamo severi verso noi stessi/e? Poiché siamo proprio noi a creare le nostre opportunità relazionali? Non si comprenda perché la tensione naturale non sia di tendere a migliorare e aumentare fino all’utopia dell’infinito le nostre opportunità creative e relazionali poiché sentiamo in cuor nostro che dare e ricevere nuove opportunità ci rende salute e contentezza. Metaforicamente queste parole significhino la possibilità di riqualificazione del nostro mosaico, ovvero che le tessere che non avemmo scelto non siano andate perdute bensì che ancora concorrono ad essere elemento artistico utile. Un nuovo senso: esiste solamente un unico mosaico? Non necessariamente, allora le tessere che non scegliemmo per un mosaico possono essere funzionali all’avere nuovo luogo in un altro spazio. E se fossero le tessere medesime ad essere esse stesse mosaici? È possibile ed è un senso metaforico di imparare a scorgere il mistero del valorizzare la realtà e la vita da nuove prospettive.

 

 

 

 

LE PREZIOSE GRADUALITÀ

Accumulo graduale di parzialità quotidiane, la scelta della qualità del poco che realizziamo nella quotidianità è fondamentale per due motivi: Il primo è un motivo orientativo direttivo. Ovvero siamo abituati a replicare il senso coerente delle nostre scelte abitudinarie, il secondo motivo è un motivo di risultato.

Nonché giungeremo un giorno in cui le quantità parziali che avemmo scelto di assimilare e creare risultino accumulate e in quantità densamente rilevante. Ora risulta importante un nostro accorgimento presente proprio in vista di ciò che un giorno all’orizzonte di un futuro prossimo o lontano avremo con cui relazionarci _ se gradualmente avemmo scelto di immaganizzare negatività o indebolimento, o distrazione o inattività risulterà un giorno a noi che avremmo un carico non indifferente ad esempio di negatività da purificare, o una mole di lavoro in arretrato e proprio in quel giorno diversamente dagli altre giornate in cui proprio in grazia della gradualità non ci accorgemmo della gravosità e del reale senso e valore delle nostre scelte infinitesime, proprio in quel giorno saremo a dovere affrontare realtà intensamente oltre la nostra umana facoltà gestionale, una realtà che sia bene prevenire ed evitare. Ma c’è allora una possibilità di orientamento? Sì e le nostre bussole sono i fattori di sanità, di giustizia ed il fattore di condivisibilità nonché se quotidianamente scegliamo di dedicate tempo affinché creiamo opere benefiche, giuste e condivisibili, quando in un futuro prossimo giungeremo a dovere affrontare il giorno dell’accumulo del carico risultante dalla somma delle nostre unità graduali ci accorgeremo di avere ottenuto non un carico gravoso da risolvere (Molte malattie fisiche sono il risultato dell’accumulo graduale di scelte infinitesime non sane per il nostro corpo e per la nostra mente.) bensì una leggerezza di possibilità di condivisione e di dono utile alle altre persone, di qui una prospettiva del bene agire che è proprio funzionale all’ottenimento altresì della salute relazionale.

LA GENEROSITÀ NON DISCRIMINATIVA

LA PERSONALITÀ RELAZIONALE E IL PRIVILEGIO ONNICOMPRENSIVO

Tesina breve di confutazione degli stereotipi e delle discriminazioni.

È una considerazione e una creatività relazionalmente e introspettivamente salutare la ridefinizione degli schemi precostituiti dei pregiudizi altresì di cultura e di genere ed una riqualificazione tipicamente relazionale che realizzi la confutazione logica sia dei privilegi sia delle discriminazioni in quanto a elementi che sbilanciano l’equilibrio relazionale, una confutazione che si fonda sul sistema delle reciprocità personali _ nonché il senso di eleggere i caratteri personali come cause varianti e motivanti le scelte e le responsabilità attitudinali in quanto sono i caratteri tipicamente personali_caratteriali ad essere appartenenti sia ad un elemento sia al secondo elemento che si relazioni in quanto si riconosce a priori che destituire questa identità di substrato relazionale essenziale ovvero che stabilire a priori valenze dissonanti privilegiative o discriminative ad un elemento piuttosto che al secondo elemento realizzi già un disequilibrio che crei incompatibilità relazionali ed ingiustizie. Riconoscersi persone caratteriali è allora un motivo pacificatore delle dissonanze sorte da incomprensioni causate dai tradizionali pregiudizi di cultura e di genere.

Questo elaborato possiede un nucleo concettuale logico estensibile ad altre premesse di pregiudizi di sbilanciamento relazionale _ pensiamo alle scissioni di dicotomie _ ricchezza/povertà, cultura/agnosticismo...

Nonché comprendiamo che questo nucleo riequilibrativo si spiega nel senso che sia proprio il dualismo e la dicotomia a destabilizzare il clima relazionale e che pertanto sia fondamentale destrtturare le dicotomie ed i contrasti di pregiudizio per rifondare l’equilibrio relazionale su verità di identità più profonde tra cui il nostro essere umani è il principio fondamentale, un secondo principio fondamentale è appunto la nostra personalità il nostro essere persone ed abbiamo notato la nostra mondializzazione culturale, la nostra trascendentalità in grazia degli studi propriamente neurocognitivi, abbiano scoperto che neuro_cognitivamente è confutata la tesi delle differenze di genere in quanto alla realtà della neuroplasticità umana che ulteriormente consista nel substrato trascendendentale fontante il ponte tra culture diverse che proprio in grazia della neuroplasticità sia reale e possibile la pace ed il reciproco arricchimento culturale mediante le differenze tra le culture diverse.

Una prospettiva e significato fondativo della pace relazionale che non annulli le nostre diversità ma che le qualifichi come costitutive di un equilibrio unitario in quanto siamo diversi ma alla medesima essenza e sostanza. Ora. È condivisibile che il concetto di privilegio sia una positività in quanto esso sia una variazione migliorativa di uno status, tuttavia è importante l’accorgimento che privilegio è solitamente il risultato di una gerarchizzazione decisionale eteronomizzante, ovvero esiste una parzialità di potere che determina ed autodetermina caratteri di privilegio ad alcune categorie ma non a tutte.

Se il privilegio fosse una realtà umanamemte onnipresente ovvero in diritto di tutte le persone umane il carattere di bontà del concetto di privilegio non desterebbe né critiche né preoccupazioni, ma abbiamo asserito che privilegio sia una realtà categorica, ma ogni realtà categorica è in relazione di dicotomia con le categorie che non siano la categoria privilegiata _ nonché abbiamo accorgimento della nascita della discriminazione insieme alla nascita del privilegio _ ed è il carattere della discriminazione che merita di essere confutato. Tuttavia più precisamente sono i principi di autodeterminazione individuale, di meritocrazia a istituire le forme di potere che gerarchizzano _ giungendo a comprendere che un ambiente sano e privo di discriminazione è un ambiente di equilibrio dei poteri in cui le persone autodetermino il merito del privilegio comune egualitario democratico.                

Tuttavia esiste una direzione orientativa a questo successo di vivere in un ambiente non discriminativo e privo di discriminazioni, ricordando che le fragilità che l’ambiente crei ritornano all’ambiente medesimo come fatto relazionale.

La democrazia si misura nella qualità di bontà di relazione verso le fragilità e le minoranze. Questo principio è propriamente un fatto che riorienti un nuovo equilibrio sociale. Ma “Minoranze e fragilità “ non sono solo qualificazioni sociali ma sono anche un modello attributivo qualificativo introversivo quindi questa legge può essere intesa sia nella accezione di macroscala sociale sia nella accezione di relazionalità tra due individui. Eleggiamo allora i principi ri_costitutivi di aiuto e di gratuità come fondativi di proattività migliorative che creino ambienti di ridefinizione.

Dalla prospettiva relazionale ad esempio :

Caratterizzeremmo discriminazione : se alla percezione di una fragilità introspettiva ad esempio emotiva o culturale seguisse separazione relazionale e incontro relazionale con una altra persona che privilegiamo in quanto vi percepiamo la presenza di bontà introspettive che non riconoscemmo nella prima persona.

Caratterizzeremmo la mentalità di privilegio onnicomprensivo : se alla percezione di una fragilità introspettiva ad esempio emotiva o culturale seguisse il nostro aiuto, il nostro conforto e il nostro impegno di insegnamento migliorativo gratuito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FAMILIARITIES

Are evaluation choices

 

Creating yourself it is not an egoistic reality but one important relational way

 

On the way to finding the real you you’re changin’  thou accepting the idea that it might mean the revolution of what them through you to be. And you might discover the truth of yourself through the acknowledge of your present invariability and stability but the concrete unchangeable identity of yourself may meet the change of the environment perspective, there might be the change of the people that see the new true yourself. But the key of relationships are the possibilities of meeting true focused identities, noone has control about other people behaviours, they may let yourself to be freely alone, they may be not your relational truth ecen now. That moment you must be prepared obviously to have the opportunity to begin a new relational life. But this opportunity it is about to permit other people to meet your identity. But the message it is that this now you should have realized a focused and well recognizeable identity, if you’ll not work for realizing your new identiti stability no new people will easily dedicate you the reciprocal recognition that every relational begin needs, this identity uncertainty will realize your loneliness through the inopportunity of beginning new relationships because of the presence of your not focused and not recognizeable identity and the results of your inner values you dedicated for.

 

 

 

 

 

 

LA GENEROSITÀ IDENTITARIA

 

 

Nuovo spunto di riflessione.

Creare realtà solo parzialmente significa creare la identità, poiché le realtà create sono materializzazioni della identità non sono la ontologia identitaria, il rischio è che i fatti creativi ed il materialismo creativo schermino la autenticità essenziale identitaria, il libro non è lo scrittore, il libro è una proiezione culturale della persona scrittore _ nonché la attenzione valoriale dedicata al fatto creativo può essere relazionata alla valorizzazione della persona creativa. Esiste allora un significato comparativo tra umanesimo e materialismo in cui se viene valorizzata esclusivamente la opera può succedere una inversione paradossale valoriale tra umanesimo e materialismo in cui la “Cosa creata” viene valorizzata mentre la persona trascurata.

Sia saggia allora una rivalutazione riequilibrante del rapporto umanesimo e materialismo in cui si privilegi la persona creativa primariamente alla opera materiale creata, poiché si privilegi la possibilità di resilienza creativa, ovvero la possibilità che il creatore proprio in grazia della valorizzazione medesima persista e continui a lungo termine il fatto creativo e pertanto la espressione di nuove opere creative. La generosità resta un significato di espressione identitaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA LENTEZZA GENEROSA

Le cose richiedono tempo

La parola “Rallentare” e il concetto di cui è espressione, se coniugata al futuro semplice ottenendo “Rallenterò” è una dissonanza surrealmente rivoluzionaria se pensiamo alla nostra filosofia futurista tipicamente italiana ed esprime un nonsense che abbia un valore aggiunto creativo seppur di confutazione dei principi cardini della filosofia futurista, un valore di interesse sia concettuale calligrafico, sia di design artistico che esprimono i sensi dissonanti tra estetica della rapidità e lo sguardo al futuro insieme al termine “rallentare”. Una premessa risulti importante che è una importante eredità concettuale che ereditiamo dal futurismo, ovvero che non solamente il presente influenzi il futuro bensì che anche il futuro sia un elemento plasmante del presente. Precisamente è la nostra introspezione che può qualificare il presente. Ma se questa affermazione è reale possiamo pensare su quali realtà si fondi la nostra introspezione, e la nostra introspezione può essere non solo plasmata bensì anche fondata sul principio di previsionalità, ed il principio di previsionalità ha come sorgenti le idealità congetturali che crediamo avvengano nel futuro _ una spiegazione della rilevanza nel presente delle nostre ipotesi future può essere psicologicamente esemplificata dalla realtà della ansia su realtà che pensiamo avverranno e sulle modalità con cui si potrebbero a noi verificare. Non solo ansia, bensì altre qualificazioni introspettive sono indotte dalle ipotesi o certezze future, tra cui anche la felicità, un evento probabilmente certo positivo che sappiamo esisterà nel nostro futuro ci rende felici adesso. Ma è propriamente la entità mnemonica futura _ che è la immaginazione della memoria dal passato che ri_proietta i caratteri di probabilità che realizzano la nostra percezione futura. _ ad essere la fonte del nostro bene essere o del nostro mal_essere e persino risulti la fonte variante le nostre scelte presenti.

Ritornando alla filosofia futurista in conciliazione con i pensieri suddetti giungiamo all’accorgimento che il principio di iper_rapidità tipicamente futurista non può consistere di un principio di stabilità per noi, è consueto la relazione tra ansie e iper_rapidità poiché la velocità è un variante difficilmente gestibile ed instabile per definizione, ecco allora che strutturare la nostra qualificazione ideale del “come” futuro sulla base della lentezza accorta e della gradualità possa essere una scelta saggia e propositiva, persino attendere e fermarsi che sono concetti confutati dalla filosofia futurista possono fare bene alla nostra salute. “Non posso continuare, allora continuerò.” Orientato a creatività costruttive, buone, docili, altruistiche. È un principio gemello di ciò che ho argomentato, ovvero che il presente strutturi il futuro _ Il termine “Avere il sentimento di non potere continuare, di non riuscire a mantenere resilienza” è un indice che è risultante da instabilità presente, ma abbiamo predetto che instabilità presente può essere influenzata ed altresì puramente causata dalle nostre proiezioni future. Tuttavia perché questa prescrizione “Non posso continuare, allora continuerò.” è un esempio importante di resilienza alla creatività _ poiché trasla la nostra resilienza creativa sul fatto che la continuazione sia una necessità immotivata, ovvero un destino che ci appartiene quasi fosse trascendentale in noi, che la creatività direttiva, il puro sogno a cui giungeremo sia di un ordine di rilevanza ideale e fattuale non superiore in paragone con le realtà presenti, bensì superno e non relazionabile, una pura etica comportamentale che allora dia garante dell’avverarsi proprio ora dei nostri sogni creativi poiché una realizzazione parziale di un sogno è una manifestazione vera e reale del nostro sogno e se pensiamo alla dialettica tra infiniti ed infinitesimi giungiamo alla tesi che nell’infinitesimo vi consista l’infinito ed esemplificando nel caso della relazione tra sogno e fatto coerente con il sogno, il nostro umile e timido passo concreto espressivo del nostro sogno introspettivo è già il gradiente reale compiuto della intera complessa realtà del nostro sogno.

LA GENEROSITÀ DELLA VERITÀ

 

UNA VERITÀ DAL SILENZIO

Che ha voce dualismo.

Nel silenzio si ascolta. Necessariamente non possiamo che ascoltare, solamente tentando di portare le nostre mani alle orecchie per ovattare i suoni, il suono non tace ma si amplifica proprio dell’eco soffocato risonante e consonante il suono che proviamo a tacere, è il suono ovattato allora che induce il domino del nostro pensiero, che sono ulteriori suoni di idee.

Un uomo racconta d’una sala circolare d’una abbazia nel buio dell’entroterra, al centro della sala circolare un punto che l’architetto dell’abbazia definì come il punto del silenzio assoluto “Il punto più silenzioso seppur sia il luogo della più maestosa baraonda esistente.

Non è propriamente il silenzio stesso il mistero ma è una espressione del nostro subconscio che istintivamente percepisca il suo intrinseco dualismo, così il silenzio è un macroplasma unico sempre identico a sé medesimo seppur sia una entità ascoltata diversamente e soggettivamente da ciascuno. Il silenzio è serenità e tranquillità se non si ascolti il silenzio, poiché ascoltare il silenzio significhi destare ciò che silenzio non sia, sia introspettivamente sia estrospettivamente. Soprattutto silenzio è serenità tuttavia se non si taccia il silenzio poiché tacendo il silenzio richiamiamo la radicalità dei suoi opposti. Vivere il silenzio è una saggia via per comprenderne che possiamo vivere grazie a noi stessi il riassunto di ogni dualismo in unità serena quiete e silente_ poiché silenzio è reale mentre le realtà che silenzio riecheggia sono nostre soggettive congetture.

Un ultimo paragone metaforico risulti importante.

Silenzio sta a suono come finzione sta a verità.

 

 

 

Che tu sia ciò che sei. É una libertà salutare ed anche una speranza.

Come il silenzio non elimini il suono bensì lo rilevi altresì la finzione d’ogni gemella verità non elimina la sua veridicità bensì la rilevi, ancor più il silenzio veli il suono maggiormente il suono risulti fluorescente, ancor più la finzione veli la sua verità maggiormente la verità risulti incandescente. Non esiste alcun fuoco che estinto non implichi i suoi fumi, ad ogni repressione la sua gemella espressione.

 

Dedicare al prossimo è dedicare a sé stessi, ogni altruismo è egoico ed ogni egoismo è relazionale poiché chi riceve è espressione relazionale della qualità ricevuta nelle forme plasmate della qualità ricevuta, allora egoismo in verità non esista poiché queste prospettive esprimano che l’egoismo è un trascendente artefatto della sostanza ancestrale umana che è relazione, che è altruismo e gratuità puramente relazionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA NON GENEROSITÀ AMBIENTALE E

LA AUTODETERMINAZIONE DELL’AMBIENTE DI INTRAPRENDENZA

 

Se e dove la realtà locale non permetta e non agevoli praticamente e semplicemente nuove opportunità di appartenenza e di crescita personale, relazionale, culturale, professionale allora siamo naturalmente orientati alla premessa del rendimento autonomo e esortati alla spontaneità non solo di mantenere un rendimento creativo ma bensì di realizzare autonomamente ciò che la realtà non è, ovvero creare il substrato ambientale, il contesto di complessità creativa dove dedicare il nostro rendimento autonomo. Ove si incontri un non luogo ispirativo e d’intraprendenza siamo a riconoscere una lacuna dell’ambiente locale in cui noi stessi siamo in dignità di riconoscere che il nostro intervento di ricostruzione di queste lacune locali non sia in verità un nostro dovere a nostro carico e guadagno, né una nostra dignità proprio nella evidenza che l’ambiente locale non ci dedichi i diritti di dignità di crescita che naturalmente devono concernere il nostro contributo di valore aggiunto fattuale relazionale, creativo e puramente migliorativo, piuttosto la relazione tra noi ed un ambiente passivo ed arido che prende maggiormente rispetto a ciò che ricambia risulti una perdita per noi ed un guadagno per l’ambiente locale, pertanto una scelta non efficiente e non sana  per noi. Saremmo più saggi a strutturare noi stessi fin dalla prima educazione a creare ciò che è più complesso del rendimento, dell’obbidire ai compiti, ovvero non solo la saggezza della autodeterminazione d’intraprendenza di reddito, bensì anche la abilità di creare autonomamente L’AMBIENTE DI INTRAPRENDENZA che la realtà non è. E se la realtà locale non sia un ambiente di intraprendenza florido e non agevoli la crescita bensì realizzi Repressioni insane di creatività sane è per logica introspettiva del minimizzare il dare e dell’ottimizzazione l’esigere e il ricevere _ delle quali realtà è fonte pura l’egoismo. Egoismo risulti pertanto una realtà da confutare ideologicamente e concretamente per realizzare la conversione di una realtà sociale degna della nostra salute ovvero che dia a noi salute e vitalità e che non le ostacoli. Risulti una accortezza interessante, un individuo per quanto abbia la resilienza e la volontà ove e se lo scegliesse di relazionarsi e confrontarsi con un ambiente lacunoso non solo non ne risulterebbe arricchito bensì risulti un pensiero condivisibile che i livelli di conoscenza, intelligenza, maturità, lavoro, resilienza, forza di volontà di un singolo individuo per quanto siano elevati non risulterebbero sufficienti a ristabilire e migliorare lo status dei fatti lacunosi dell’ambiente primariamente relazionale e secondariamente creativo, l’individuo ne risulterebbe svilito da cui gli esempi iconici di burnout. Il docet standardizzato struttura la nostra efficienza di dipendenza a risolvere compiti da ambienti esteriori e ci lascia impreparati nella facoltà di autodeterminazione di contesti creativi autonomi della cui esistenza e della esistenza della possibilità di compimento autonomo ci lasciano precariamente immaturi/e. Scegliamo con accortezza gli ambienti relazionali, ed ove e se non vi siano ambienti relazionali costruttivi l’individuo non è né in possibilità né in dovere di cambiare le persone né a maggior ragione gli ambienti sociali. E poiché risulti sano non confrontarsi con una negatività oltre le nostre facoltà rigenerative e efficienti per noi siamo in dovere per la nostra salute e vita di creare da noi medesimi L’AMBIENTE DI INTRAPRENDENZA. Fare un momento di pace è diverso rispetto al fare le strutture ambientali contestuali relazionali pacifiche, ogni realizzazione a lungo termine e stabile si forgia in grazia di giusti interventi a livello di creazione di strutture ambiente non di elementi univoci e momentanei di superficie pertanto la direzione di questa facoltà dell’imparare a creare nuovi ambienti relazionali costruttivi risulti la direzione più complessa ma altresì la migliore, tuttavia affinché chiunque abbia diritto e opportunità di imparare debba esistere una realtà che insegni che allora risulti un impegno creativo dei più illustri sistemi di insegnamento. Confutare il valore di Egoismo e limitare le espressioni egoiche è un esempio di intervento a livello ambientale substrutturale sistemico in grado di realizzare cambiamenti migliorativi importanti per chiunque.  Riflettiamo. È in misura ed in qualità in cui sappiamo creare ambienti risolutivi migliorativi che miglioriamo e aumentiamo le nostre possibilità di risolvere lacune.

Poiché se lacuna è non luogo, che è mancanza di luogo, se noi siamo in grado di compiere realtà creative ambientali risolviamo il non luogo.

Ora. Se il docet standardizzato implichi un nostro confronto di risposta a compiti di sistemi esteriori _ l’individuo medesimo ripropone e reitera identicamente il sistema, ma non ne riqualifica le strutture funzionali sistemiche. Siamo abituati a Replicare elementi di luoghi ambientali relazionali ma siamo meno abituati a creare luoghi relazionali. Il mirroring esprime replicazione di comportamenti, ma il mirroring non è migliorativo se dovessimo essere a Replicare comportamenti non assertivi. Creare assertività in relazioni di non assertività è un esempio di intervento a livello ambientale substrutturale sistemico della relazione ed è una capacità importante da avere.

Ulteriormente oltre al mirroring può intervenire un sistema non efficiente di dicotomia di tipo ‘Tutto_niente’, più precisamente ove e se appena percepiamo di non vivere semplicemente, facilmente, immediatamente il ‘tutto’ graviamo verso la scelta del ‘niente’ che ‘niente’ realizziamo, tuttavia con importanti perdite ovvero del ‘modicum’ del ‘poco’ che in quella relazione umana e creativa compimmo, non eliminare il ‘poco’ è fondamentale poiché è il germoglio la prima struttura funzionale alla crescita ed alla esistenza della possibilità di ulteriorità stabili. La stabilità del germoglio è un paradosso che risiede proprio nella sua vulnerabilità, ovvero il valore che il germoglio abbia in quanto alla sua rarità in quanto sia egli medesimo il simbolo di caducità se non ce ne prendiamo cura e se non lo proteggiamo.

Nelle medesime dinamiche relazionali la collaborazione si strutturerebbe proprio sul reciproco plasmare gli ambienti ideali che è una flessibilità tipicamente strutturale dei contenuti ideali e dialogici.

Confrontarsi e pacificarsi sulle strutture concettuali, sulle idee, sul senso emozionale è un modello relazionale efficiente e a lungo termine poiché risolve le dissonanze di superficie.

Le divisioni relazionali sono effetti logici della non compatibilità tra radicalità e severità tipicamente di superficie in cui riconosciamo non volontà e non facoltà di flessibilizzare i modelli strutturali ideali _ dialogare di spiritualità, delle nostre mentalità dei grandi sistemi non è un unicum dell’approfondire o den non approfondire bensì è un percorso direttivo. La flessibilità è una facoltà strutturale di resilienza e di creatività.

La facoltà di sapere creare e migliorare indifferentemente dalla esistenza e dalla qualità del ricevere è una modello di facoltà di creare ambiente che allora introduce un nuovo equilibrio tra dare e ricevere poiché si è in grado di dare indifferentemente dal ricevere, nonché risulti una definizione di gratuità e un modello di confutazione dell’egoismo che si fondi proprio sulla nostra facoltà creativa.

Dedicare al prossimo è dedicare a sé stessi, ogni altruismo è egoico ed ogni egoismo è relazionale poiché chi riceve è espressione relazionale della qualità ricevuta nelle forme plasmate della qualità ricevuta, allora egoismo in verità non esista poiché queste prospettive esprimano che l’egoismo è un trascendente artefatto della sostanza ancestrale umana che è relazione, che è altruismo e gratuità puramente relazionali.

 

 

 

 

UNA MAGICA SCOMMESSA

 

Ogni tanto mi rileggo per esisterti un pó più intensamente quando non sei con me, è un senso reale di ubiquità ed una risonanza concreta di telepatia.

Ogni generosità verso noi stessi è una generosità orientata al prossimo.

Il silenzio risulti allora il senso della generosità di esistersi quando siamo lontani, la dimensione surreale della reminiscenza e del sogno sono tra le più importanti realtà che compongono la speranza del logico non esistere delle finitudini e delle solitudini.

Ed è proprio un senso paradossale di lontananza a compiere il fatto telepatico del nostro conforto, sia nel silenzio il nostro credo che il prossimo stia credendo in noi.

Ed anche se non fosse così, se in verità queste bontà surreali e telepatie non fossero, pensarle reali sia a noi un buon pensiero che migliori il nostro stato d’animo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA GENEROSITÀ DI ESPRIMERSI

IMPRINTING ESPRESSIVO

Il valore della spontanea espressività rivela la nostra unicità identitaria.

Siamo persone Uniche trascendentalmente? Si in ontologia ma non in fatto di rivelazione.

La rivelazione è una gradualità abitudinaria. La spontaneità di non reprimere la nostra unicità ovvero di esprimere noi stessi/e. La espressione non è solamente di coping conformista ma è una espressione del nostro talento autoreferenziale. Nel coping conformista c’è biunivocità passiva di identità tra ambiente e nucleo introversivo:Un input di informazione si percepisce dal nucleo ambientale nel nostro nucleo introversivo e la informazione viene riflessa (Mirroring) identica dal nostro nucleo introversivo al nucleo ambientale. Tuttavia se noi siamo elementi di risonanza di identità la informazione mirroring viene implementata -(ed il nostro valore succede come elementi replicativi e amplificativi di un flusso preesistente.) Quando argomento del fatto che la nostra espressione di unicità argomento proprio dell’effetto di evanescenza che crea il conformismo di noi e della nostra vitalità identitaria, poiché giungiamo allora alla conclusione che essere unici non è esclusivamente una innata trascendentalità ma una scelta di trascendenza abitudinaria. Essere unici è il talento graduale di esprimere la nostra unicità, ovvero di essere noi stessi un flusso ambiente e non solamente elementi di risonanza replicativi di flussi ambientali esteriori. Ovvero innatamente siamo espressivi della nostra unicità. La tempra del conformismo tuttavia devia questa nostra spontaneità ad essere noi stessi/e artefatti replicativi di ambienti esteriori, (ricevere, esigere) poiché siano ad insegnarci che la sorgente creativa sia l’ambiente circostante, mentre siamo orientati alla distrazione di non comprendere che le sorgenti creative siamo noi stessi/e. (dare) In filosofia, esistere al di fuori o al disopra della realtà sensibile; sorpassare un certo limite della conoscenza o della realtà.”Dio trascende il mondo” Oltrepassare, superare.

Trascendere è una spontaneità trascendentale innata, è una spontaneità di condivisione.

Il sentimento di iper_appartenenza è un sentimento tipicamente conformista _ nonché ci desterebbe paura la realtà di non appartenenza ad ambienti conformi esteriori. Ma il concetto di trascendenza stessi confuta questa paura _ asserendo il principio di creatore di una non località creativa _ semplificando ciascun artista crea da un foglio bianco. La esistenza oltre il flusso ambiente esteriore significa proprio che noi medesimi/e siamo flussi ambiente creativi ovvero che abbiamo facoltà di qualificare e di nominare la realtà proprio esprimendo il nostro talento creativo innato.

Nelle tipicità espressive esiste sempre suriettività f: A->B

Esiste una espressività ordinata ovvero gli elementi sorgenti del nostro nucleo introspettivo trascendono e si esprimono creando un nuovo flusso ambiente nel flusso ambiente Realtà in senso qualificativo ordinato e razionale.

Nelle tipicità espressive esiste sempre iniettività caotica f: A->B

Esiste una espressività disordinata ovvero gli elementi sorgenti del nostro nucleo introspettivo trascendono e si esprimono creando un nuovo flusso ambiente nel flusso ambiente Realtà in senso qualificativo disordinato e artistico. Vi esistano incongruità di senso ontologico e concettuale tra ontologia di elementi introversivi e sedi ambiente del flusso ambiente realtà.

Un dipinto surrealista è un esempio di espressività di tipo iniettivo caotico.

 

Sono ora a riflettere sulla possibilità che espressività, essendo un dialogo di condivisione introversività_estroversività, ammetta il senso di di biunivocità inversa replicativa e non replicativa.

 

 

Scrissi:

“Nel coping conformista c’è biunivocità di identità tra ambiente e nucleo introversivo:

Un imput di informazione si percepisce dal nucleo ambientale nel nostro nucleo introversivo e la informazione viene riflessa (Mirroring) identica dal nostro nucleo introversivo al nucleo ambientale. Tuttavia se noi siamo elementi di risonanza di identità la informazione mirroring viene implementata -(ed il nostro valore succede come elementi replicativi e amplificativi di un flusso preesistente.) “

Argomentando di un sentimento di evanescenza e di scomparsa della nostra identità nel flusso conformista. Allora se siamo flusso di cangianza rispetto all’imput che percepiamo dal flusso ambiente, possiamo esprimere che la nostra identità si riveli come senso di contrasto ricreativo del flusso ambiente realtà. Ma è vero che la replicazione di identità conformista esprima la nostra inconsistenza rispetto al flusso conforme?Intanto assumiamo che possiamo riconoscere bontà dal flusso conforme che pertanto siamo orientati a dedicarvi il nostro credo, la nostra approvazione e la nostra replicazione _

Giungiamo al concetto di senso motivazionale.È la replicazione passiva che realizza che siamo evanescenti rispetto al flusso. Ovvero la nostra unicità può esprimersi nel mirroring e nel coping del flusso Ambiente Realtà se la nostra espressione replicativa è sentita ovvero se ne sentiamo senso motivazionale, ovvero se sentiamo che il nostro flusso ambiente introspettivo sia consonante con il flusso ambiente Realtà (Nella replicazione passiva c’è accettazione acritica, ovvero il criterio di scelta è tipicamente una forma di risposta reattiva istintiva al flusso ambiente realtà e non è una efficace rielaborazione del nostro flusso interiore che allora risulta in stato di quiescenza). Un elemento replicativo passivo non è cangiante il flusso ambiente realtà (tacere ad acconsentire) , un elemento replicativo attivo è motivante e implementativo (parlare a migliorare). Concludiamo che un significato di “rendere evanescente la nostra identità” sia di non rendere dignità alla nostra spontaneità espressiva, di reprimerla realizzando comportamenti di copia passiva dell’ambiente reale e di inerzia al flusso reale, mentre guadagnare la nostra unicità è un valore sia introversivo, sia di condivisione relazionale e si può compiere grazie al nostro impegno quotidiano di riconoscere le nostre bontà sorgenti esprimibili e di esprimerle con spontaneità e coraggio, essere puri valori aggiunti è il destino del battito dei nostri cuori, siamo allora sorgenti espressive di energia. Il valore dell’imprinting espressivo, ovvero la trascendentalità della nostra struttura di spontaneità espressiva delle nostre sorgenti introspettive è un valore da mantenere e da non disimparare a causa delle destrutturazioni di abitudine al coping passivo a cui il conformismo ci abitua spesso senza nostro accorgimento. Il conformismo plasma inoltre ke nostre strutture psicologiche relative a riconoscimento e valorizzazione in direzione univoca di Valorizzazione per somiglianze ed identità _ rendendoci disabituati nei confronti della accettazione di diversità.

La spontaneità espressiva umana risulta allora una via efficace da seguire per realizzare l’orgoglio della nostra identità ed allora abituandoci al riconoscimento e valorizzazione delle diverse forme di unicità creative del prossimo.

Definizione culturale di imprinting Treccani.

https://www.google.it/www.treccani.it/enciclopedia/imprinting_(Universo-del-Corpo)

 

Selfishness it is not wanting in return the same it’s given. This equilibrium between giving and receiving it’s wisely self_esteem and merit - the donors deserve these consideration esteem.

 

 

 

 

LE PROPRIETÀ DI FLUSSI CANGIANTI

Sorgenti logiche di perdono(di non risentimento) , di dono.

Perdonare è in logica un significato di assenza di risentimento e rivendicazione.

Impermanenza può significare non permanere poiché significhi permanere in altre forme. Può allora la caducità essere intravista come un valore?  Intanto la caducità è un criterio di aumento di valore poiché incrementa la realtà che esista in tempi effimeri. Una prospettiva alternativa della perdita. La goccia che incontra la terra non svanisce ma fiorisce il germoglio. Credere in misura delle nostre facoltà innate di generosità che la perdita non sia un fine inesorabile bensì l’incontro con una manifestazione espressiva nuova della realtà che abbiamo conosciuto. Conoscemmo la goccia cadente, ma non siamo a rattristarci perché non gioviamo più della goccia bensì siamo a gioire delle estetiche del fiore e del suo profumo.

Flusso di presenza e flusso di cangianze.

Perché soffriamo le impermanenze? Poiché amiamo il flusso di presenza ed in misura del nostro coraggio, generosità e bontà d’animo potremmo imparare a amare il flusso di cangianze. Altresì il flusso di cangianze è un flusso vitale. Potremmo riconoscere che vi sia una parvenza di non vitalità nel flusso di presenza, ovvero che è la eterna costanza, la statuarietà del non cambiamento, allora riconosciamo una parvenza di non vitalità nei flussi di cangianze che consistono appunto nei cambiamenti, ma ogni cambiamento assume un “Non è come fu” che è un senso di addio e di malinconia ; tuttavia la nostra generosità e la nostra importante capacità di perdonare risiede bel senso umano che attribuiamo alla malinconia. In misura in cui non Amiamo malinconia proviamo un senso di attaccamento che la psicologia interpreti e categorizzi nelle categorie delle dipendenze : interpretiamo allora il valore Liberatorio del per_dono _ poiché il risentimento _ tipicamente _ risentire ammette una procrastinazione di irresolutezza _

poiché non risolviamo che una realtà è libera rispetto a noi stessi/e e reciprocamente che la nostra stabilità identitaria è libera da una realtà. Per_donare allora è un senso generoso liberatorio. Non restare è logicamente cangiare che è il significato di divenire. Abituarsi a un flusso di presenza nuova. Nulla si crea nulla è finitudine ma tutto si trasforma. L’obiettivo sia di riqualificare il significato di proprietà. Introducendo il senso di proprietà di flussi di cangianze. Realizziamo un paradosso che una perdita sia interpretabile in ottenimento, poiché una perdita di proprietà sia un ottenimento di un livello meta_coscienzioso di proprietà ovvero la proprietà di flusso di cangianza.

Relativamente all’esempio precedente della goccia e del germoglio. 

Succede una rivalutazione valoriale insieme alla perdita della goccia di pioggia, ovvero la malinconia della perdita della goccia di pioggia succede in relazione con la conquista della proprietà di cangianze evolutive _ goccia - germoglio - fiore. Assunto che una realtà è sempre una realtà ambiente, ovvero che ogni realtà corrobori ed evolva un ambiente.

Ritorniamo ad un senso di importanza della generosità _ non provare oltremodo rilevanza e risentimento verso la perdita entra in significato di relazione con la nostra tempra di resilienza dinanzi alle caducità cui siamo protagonisti_e tuttavia è proprio questa la tempra che fondamentalizza la nostra facoltà identitaria di accettazione e di gratuità e  generosità_ giungiamo per logica a strutturare il senso del dono che rincuora il donante _ poiché colui / colei che dona subordini la caduca perdita di realtà materialista all’ottenimento di proprietà reciproca e relazionale di proprietà di flusso di cangianze (Realtà - > felicità del prossimo _ miglioramento relazionale che rincuora colui/colei che dona).

Secondo la dialettica paradossale e la realtà logica delle proprietà di flussi di cangianze siamo a reinterpretare le caducità e le finitudini di fallimenti e perdite riqualificandoli come nuove sorgenti di opportunità evolventi.

LE SORGENTI DELLA FLORIDEZZA

 

Ora siamo a riflettere su una prospettiva di non bontà dell’egoismo. Riflettiamo sul perché la fonte del demerito, della discendenza di valore e persino della denaturazione di identità sia proprio l’egoismo. Un esempio logico è significativo : chiunque sia a domandarsi quale risposta caratteriale succeda ad un principio comportamentale egoistico si risponde logicamente che la persona che attua egoismo desti delusione e lei medesima realizzi ed induca demoralizzazione, rassegnazione in quanto abituare a vivere il comportamento egoistico crea apprendimento per apprensione ovvero che susciti ansia di procrastinazione e sbilanciamento dell’equilibrio dare_ricevere proprio cortocircuitato dal senso egoico del prendere senza dare e dall’esigere con severità. Allora giungiamo alla logica che chi sceglie di essere egoista non merita nel senso che non susciti la gratuità di meritevolezza e valorizzazione dal prossimo. Pertanto cogliamo l’occasione per conoscere il senso puramente inutile e dannoso di egoismo soprattutto per la persona agente egoismo.

Premesso che egoismo sia un non_valore che tipicamente impoverisce, inaridisce, stanca, esaurisce siamo ad incontrare un senso di egoismo che subordini la relazione all’ego, ma l’ego subirà proprio la perdita della relazione che subordina pertanto l’egoismo non è un sistema né privo di perdita né utile né efficiente. In secondo luogo la logica è ripetibile in quanto ego subordini l’altro, ciascun fatto subordinativo implica reazioni alla subordinazione ed alla repressione che ovviamente non hanno una traducibilità dialettica di gratitudine e riconoscenza. Egoismo stanca il prossimo poiché egoismo assorbe energie dal prossimo allora coloro che applicano attitudini egoiche come risposta immediatamente reale del loro egoismo sono a subire i risultati delle loro Energy overcome requests che gravano sul prossimo e che per sua giusta natura reattiva e per causa della persona egoista si comporta con la persona egoista nei modelli di identità e mirroring rispetto alla causa esauriente_ se l’egoista fa persone tristi e stanche l’egoista vivrà le tristezze e le stanchezze che proprio l’egoista ha creato.

Altruismo e valorizzazione è un modello attitudinale che subordini i corollari situazionali alle relazioni e alle persone _ per questo Altruismo è un comportamento efficace ed efficiente, utile, che desti un ritorno di meritevolezza e di riconoscenza. Altruismo è importante poiché subordinando il materialismo realizza le sorgenti strutturali di riconoscenza e di collaborazione. Allora materialismo è una funzione di caducità puramente strumentale ma collaborazione e riconoscenza che sono i motori relazionali sono le strutture sorgenti cause della rivitalizzazione, ovvero del creare vitalità, energia, del creare e ricreare materialismo. Allora la floridezza non può sorgere né dall’egoismo, né dal materialismo ma può sorgere solo dall’altruismo, dalla valorizzazione e dalla collaborazione poiché sono i motori cause della ri_conoscenza.

Ogni ri_conoscenza deve essere premessa da conoscenze di reciproca curiosità.

Ma ad “egoismo” interessa solo prendere ad egoismo non interessa relazionarsi. Allora “egoismo” non conosce, egoismo nomina, attribuisce ed impone nome, egoismo è eteronomizzante, per questi motivi da egoismo non può mai sorgere riconoscenza poiché ogni ri_conoscenza deve essere premessa da conoscenze di reciproca curiosità, l’interesse di conoscenza è tipicamente una forma di dare poiché risiede nella categoria di interesse e valorizzazione. Un senso strutturante la spontaneità di altruismo e gratuità. Generosità desta lo spirito di attribuzione di meritevolezza.

 

 

 

 

 

 

LA AUTO_ATTINGENZA

 

Credetti che la mia identità fosse il risultato di una identificazione con la percezione di altre persone di me, poi conobbi la solitudine e percepii due vie _ una via di perdita di senso di identità, la realtà presente della assenza delle persone in cui io mi identificavo e che mi identificavano implicava una mancanza di sorgente identificativa.

Tuttavia la seconda via che io sia ad esprimere riconduce un nuovo principio di autodeterminazione ed insieme un senso di maturità auto_riconoscitiva. Il principio è puramente la autodeterminazione nel senso che la stabilità diveniente di percezione non sia il connubio percettivo interpretativo delle altre persone bensì che la stabilità di flusso creativo diveniente ero io medesimo e che era appunto impermanente la fonte di interpretazioni delle altre persone. Tuttavia ancor più importante riscoprii me stesso e riconobbi me stesso ad essere una essenza ulteriormente maggiore rispetto alla fonte dei connubi percettivi delle persone che conobbi che riscoprii essere limitativi della mia energia creativa ed ispiratrice nonché della pura complessità maestosa del mio sé.

“Se riusciamo ad essere noi stessi e non ciò che gli altri hanno deciso per noi, la nostra vita si trasforma in una opera d’arte.” Giovanni Allevi

La verità è che per determinare noi stessi siamo tutti/e tutte attingenti.

Attingiamo da un giudizio di approvazione proveniente dall’esterno, attingiamo per qualificarci nel giusto o nel bene sulla base di risultati di rendimento, attingiamo dalla nostra interpretazione del senso comune che le persone locali abbiano di noi stessi/e ed investiamo tempo ed energie sulla focalizzazione relazionale di un numero esiguo di persone _ e se potessimo orientarci all’investimento creativo di noi stessi/e nei confronti di un focus ulteriormente creativo altresì sulla base del numero e della varietà di persone verso le quali possiamo esprimere il nostro senso creativo?

Potremmo scegliere di mostrare il nostro senso creativo ad una singola persona nella nostra vita ed essa non ci comprenderebbe per sua essenza interpretativa, e potremmo impegnarci per il corso della vita per realizzare che questa persona cambi interpretazione, ed ancora otterremmo una interpretazione di non riconoscimento e di disinteresse, finché forse giungeremmo erroneamente a rattristarci ed ad esprimere la nostra tristezza proprio verso la unica persona che interpreteremmo la causa della nostra tristezza. Oppure potremmo ampliare noi stessi/e i nostri orizzonti dedicando il nostro tempo creativo e la nostra energia di condivisione nei confronti di molteplici opportunità di relazione, se in principio la causa creativa sia buona, utile ed innocua questa causa creativa sia una realtà condivisibile pertanto giungeremmo a comprendere che sia erroneo e ingiusto temprare una altra persona da noi a realizzare che lei abbia la nostra medesima condizione interpretativa. Esistono consiglio ed esortazione che strutturano l’umano cambiar di idee ma l’obbligo non è relazionalmente umano e sano.

Allora il senso sia di esprimere noi stessi/e verso molti osservatori ed ascoltatori ottenendo necessariamente che spontaneamente siamo apprezzati ed amati.

Ma il senso principe di questo scritto è di essere Auto_Attingenti ovvero riscoprire che le nostre potenzialità introspettive sono di un ordine di non finitudine estremamente ulteriore e superiore rispetto alle realtà di finitudini interpretative tipiche proprio della complessità percettive di esteriorità sociale e relazionale.

Un elemento nuovamente rilevante.

Una metafora potrebbe essere consona.

Seppur chi ci ama e non è medico vorrebbe curarci da una eventuale malattia questa persona ci darà tutti gli elementi di cui è in possesso per dedicarci le sue cure ma non ci donerà la cura dalla malattia e dalla salute cui può solamente adesso un medico specializzato.

Questo principio è adattabile altresì alla complessità educativa psicologica.

La lettura della letteratura mondiale è fondamentale. Poiché le persone a noi vicine sono le persone che ci vogliono più bene ed essi ci dedicheranno i loro insegnamenti e valori certamente preziosi tuttavia in nostro disincanto del fatto stesso che la fonte dei loro consigli sia dall’unicum del loro connubio culturale, spirituale ed esperienziale_ nonché un importante termine di paragone con la letteratura scientifica ed umanistica mondiale sia a conforto per noi proprio in fatto di permettere a noi stessi di ottenere una flessibilità di ragionamento ed un rincuorarci ancor più temprato.

Un appunto sui modelli interpretativi e percettivi.

I criteri di identificazione esteriore sono di superficie di posizionamento che nominiamo “Tipi categoriali prestabiliti” nonché le persone ad intenderci dicotomicamente un tipo di personaggio che somigli per similitudine a criteri categoriali pre_esistenti e socialmente già disposti insieme alla realtà che siano già confezionati anche i modelli di valore o di disvalore sociale insiti nel dato personaggio o nel dato compirtamento, ulteriormente insieme ad un destino socialmente predestinato e socialmente preconfigurato. Gli errori dell’etichettare non rendono dignità esistenziale alla complessità dell’unicum gradiente di ciascuno di noi.

Agli occhi del prossimo risulterebbe una confusione il disincanto dell’unicum esistenziale del sé poiché sarebbe complessa la identificazione proiettiva, sarebbe complessa la determinazione. Allora il riconoscimento è una approssimazione di etichetta che soggettivamente e arbitrariamente qualunque persona che si relaziona con noi realizza per il semplice motivo di difficoltà di profonda e reale conoscenza e coscienza della complessità che siamo realmente. Non sapendo in quale categoria individuarci ne scegliamo una, la più comoda per noi, nel riconoscimento immediato di etichetta esiste sempre utilitarismo.

 

 

Consiste di genialità proprio l’eclettismo personale. Essere eclettici non categorizzabili, esprime il nostro essere umanamente esistenti.

La indifferenza nasce altresì dalla non capacità dell’osservatore di categorizzati in un senso esistenziale normalizzato e conformistico. Ma la credibilità di riconoscimento non ha come fonte la categorizzazione di osservatori esterni bensì ha come fonte la nostra autenticità identitaria eclettica.

Prescritte queste lacune di giudizio di tipi d’etichettatura giungiamo alla conclusione che la nostra stabilità identitaria sia da fondamentalizzare sulla Autocoscienza di esistenza, sulla auto_attingenza del senso di noi medesimi/medesime e non su labili e discendenti di caducità interpretazioni e giudizi altrui che per sostanza di evanescenza e inconsistenza di senso di inconciliabilità di identità con la realtà identificata non hanno senso in essere né senso di esistere. Non esiste ragionevole identità tra la essenza identitaria e la mistificazione limitante che le altre persone fanno di noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE INTERPRETAZIONI BUONE

 

I Doni dalla sofferenza.

Premettendo in un primo momento che la realtà del dare sia la implicazione della premessa del ricevere. Per realizzare che dedichiamo opere buone dovremmo essere sempre orientati da premesse di ricevere bontà. Ma questa non è una astrazione e non è un assurdo e non è una utopia.

Poiché perché può esistere una resilienza innata del perdono e della conversione purificativa in tutti/e noi.

Poiché il valore del ricevere è interpretativo.

E questa premessa non è non rilevante.

Poiché la nostra anima è sì intensamente creativa da realizzare che siamo bontà interpretative.

Allora una vasta consistenza del senso del nostro donare non è solamente un effetto di comportamento esteriore bensì è di già una buona, giusta e purificativa rielaborazione interpretativa introversiva. Esiste la chiralità dare - ricevere. Che qualunque ricezione/percezione è necessariamente interpretativa ovvero una qualità del dare e attribuire bontà interpretativa.

Ma succede altresì la realtà gemella, che qualunque dare sia in ontologia un ricevere poiché dedicando, doniamo a noi che da noi riceviamo:

Fu interessante il monologo del filosofo e pianista Giovanni Allevi di Sanremo 2024 da cui vi espongo alcune originali citazioni dalle parole di Giovanni Allevi. Non fu un caso il primo gesto di Giovanni Allevi appena salito sul palco di Sanremo accolto con un applauso di tutta la platea. Egli si abbracciò ed espose le mani in segno di dono verso il pubblico poiché egli abbracciava e ringraziava il pubblico che simbolicamente accoglieva lui stesso sul palco.

 

 

Un ulteriore segno di gratitudine : Egli si dispiacque quando al suo ultimo concerto alla Concert House di Vienna non poté ricambiare con gratitudine l’applauso del pubblico poiché la paralisi del corpo già iniziava ad impedirgli i movimenti più semplici, alzarsi dallo sgabello, allontanarsi dal piano per raggiungere il fronte palco per ringraziare il pubblico.

Speranza e voglia di immaginare, inaspettati doni del dolore. Un senso intenso di paragone: “Prima della malattia il pianista si sorprese con tristezza di vedere in un teatro in cui furono ad ascoltare il suo concerto migliaia di persone egli si sorprese di vedere una sedia vuota, eppure all’inizio della carriera egli stesso suonava dinanzi a poche decine di persone e disse di essere felicissimo. Oggi, dopo la malattia non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. I numeri non contano perché ciascuno di noi a suo modo è unico e infinito. “ Allora in un primo momento il dono che Giovanni Allevi fu un pensiero interpretativo buono che realizzò proprio quando stava soffrendo maggiormente, il pensiero che espresse con i termini I doni della sofferenza. La sua scelta di ritornare a suonare dinanzi a milioni di persone. Fu questa precisa scelta di ritornare alla pace creativa ed artistica che subconsciamente realizzò la standing ovation del pubblico già quando di presentò, quando egli espresse parole giuste e buone e quando tornò dopo due anni a suonare per il pubblico e per milioni di persone. Perché è importante questa riflessione? Poiché egli avrebbe potuto interpretare diversamente la sofferenza egli se non avesse donato a lui stesso nuova speranza, non avrebbe donato a tutti noi la sua presenza buona e creativa a Sanremo.

 

 

 

 

 

 

La gratitudine di Giovanni Allevi nei confronti del creato nei confronti delle sue particolari cangianze. La gratitudine nei confronti di persone sconosciute che lo curarono e che si presero cura di lui, la ri_conoscenza per la ricerca scientifica e per la sua famiglia. Quando pronunciò: “Anime splendenti esempi di vita autentica.” il pianista riunì le mani, un sentimento del restare e del mantenere a noi. “Ancora un dono. Ma quanti sono?” Sia una incredibile ragguaglio comunicarci che vi possano essere molti doni dalla sorgente della sofferenza.

“Raggiunto l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più, io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo.” Un valore di accettazione di noi stessi implichi il valore di accettazione verso il prossimo. Il gesto purificativo delle braccia che si aprono e delle mani estroverse esprime la liberazione dal negativo.

“ Non potendo più contare sul mio corpo suonerò con tutta l’anima.”

Premettendo in un primo momento che la realtà del dare sia la implicazione della premessa del ricevere. Ora tuttavia in un secondo momento provando a confutare che la bontà del dare debba essere necessariamente premessa da un ricevere bontà a priori proviamo a riflettere su una importante riqualificazione.

Che dare non debba essere premesso da una realtà o attitudine esteriore bensì che dare sia una spontaneità e naturalezza umana. È naturale e spontaneo che ricevere dal prossimo realizzi in noi felicità. Approfondiamo. Se esiste la chiralità dare-ricevere siamo in primo luogo noi stessi/e a dare a noi stessi/e, mentre doniamo al prossimo doniamo simultaneamente a noi stessi/e_ nonché realizziamo che sia spontanea la felicità la cui fonte di vita è il dare e il donare.

 

 

 

 

Inoltre siamo ad intuire una nuova ispirazione di interpretazione delle realtà che siamo a vivere in quanto possibilmente interpretabili come sorgenti di bontà. Donare, dedicarsi è allora un valore autoportante sano che realizza a noi felicità. Dedicarsi,essere, esprimersi, regalare non è una premessa di volontà ma è la essenza della vita stessa. È il flusso della nostra anima che necessariamente si esprime.

Una ultima riflessione.

È noto che la esibizione del pianista fu una ottima esibizione a Sanremo, tuttavia conveniamo che la sua esibizione sarebbe stata eccellente in mancanza delle due vertebre fratturate e della neuropatia tuttavia, riflettiamo, questa sua esibizione seppur essendo eccellente, sarebbe stata percepita migliore? Probabilmente no.

Una riflessione ulteriore potrebbe essere: perche? Una risposta superficiale potrebbe consistere sulla premessa della lode del pianista che fu e della sua resilienza a suonare ancora dopo il concerto. Ma non è solamente questo ed è stato proprio il pianista a darci una importante risposta : la risposta è il fare con l’anima nonostante la non perfezione o la incertezza della esibizione.

Il caso del pianista è un unicum o una rarità. Ma il concetto del fare con l’anima è una realtà che appartiene a tutti noi e pertanto estenda un nuovo criterio valoriale umano in fatto di qualificazione valoriale non solamente sulla base della qualità di rendimento bensì sulla base della esistenza umana giusta e buona della persona che si accinga a dedicarsi a opere buone, innocue e giuste.

Provare è il successo del fare con l’anima.

 

 

 

 

 

 

IL TALENTO DELLA LEGGEREZZA

 

Quale può essere un talento?

La leggerezza.

Tuttavia resta il senso della forza, del coraggio, della energia in coloro che esprimano leggerezza.

Quale può essere questo senso?

É il senso della pesantezza introspettiva che sostengono con equilibrio insieme ad una energia rara, una energia non esplosiva bensì una energia implosiva, è la calma la energia che predomina sul tumulto, allora dove può essere il luogo della incandescenza, il luogo della iridescente euforia? E il luogo dell’anima.

Tuttavia l’anima iridescente come può esprimere tranquillità e quiete?

L’ anima non è l’animo. L’anima iridescente esprime colori, è una fonte di energia estremamente intensa, densamente energetica quanto l’infinito in un infinitesimo, allora l’animo è la saggezza di esprimere gradualmente e saggiamente, costruttivamente e creativamente l’anima.

II silenzio sia allora intensamente rivoluzionario poiché sia la espressione indiretta della realtà a cui si avvicendi, ed il silenzio non sia mai finitudine bensi intuiamo essere i silenzi preludi silenziosi a creatività predestinate con melodica ponderazione.

Esiste un senso ulteriore di queste quiete espressioni, che la tempra che comprima le irrequietezze sia essa stessa flessibilmente irrequieta, una folie superna che sia oltre la ragione logica poiché folie sia spirituale, subconscia, onirica, metafisica.

Cosi la espressività di leggerezza è un significato espressivo d’universi introspettivi fluorescenti tra loro giocondi meritevoli e degni di essere con curiosità conosciuti.

 

 

 

Un augurio che la situazione sia un contorno alla relazione, non che la relazione sia un contorno alla situazione, poiché solo grazie a questa possibilità al termine della situazione resterà la relazione.

 

 

LE GENEROSITÀ SUBCONSCIE

Neuroplasticità è folié

 

CHIRALITÀ SUBCONSCIA

 

Se proviamo a rivolgere noi medesimi al subconscio il subconscio diviene evanescente poiché il nostro sguardo razionale plasma la qualità del subconscio in coscienza.

È paradossale ma una risposta potrebbe essere che per realizzare che possiamo conoscere il subconscio non dobbiamo essere in coscienza orientati a conoscere razionalmente il subconscio, bensì riflettiamo sulla possibilità di riflettere il subconscio in una realtà non autocosciente ed autonoma, bensì una realtà focalizzabile e reale che può altresì significare sentimento, emozione, energia, intuito, sogno, istinto _ allora giungiamo a comprendere che siamo a lasciare che subconscio incontri noi, che subconscio conosca noi.

Poiché esiste la chiralità relazionale il fatto che subconscio sia in interconnessione con noi sia a significare che noi medesimi siamo in interconnessione con subconscio _ questo stadio di interconnessione non è fondamentalmente razionale bensì è uno stadio di Autocoscienza intuitiva.

Subconscio non è puramente opposto e contrario significativo della coscienza razionale, ma subconscio è un substrato variantizzante ed influenzante la coscienza di razionalità.

 

 

 

 

Alcune vie verso il subconscio sono il non pensiero, la sospensione del giudizio, la meta_sensibilità, la ammissione dell’assurdo e la ricerca delle prospettive a sostegno della tesi di ammissibilità, l’ascolto delle nostre tendenze di libertà, l’oltre metafisico rispetto ai limiti di repressività.

Conoscere il proprio subconscio è un ritorno alle origini, tipicamente i bambini sono più vicini all’universo subconscio in quanto non ancora denaturati dai substrati razionalizzanti _ la tipicità attitudinale infantile della curiosità, della Genuinità del sorprendersi, del coraggio della ammissibilità di alternative nonché il possesso di una pragmaticità sognatrice e nubivaga.

Conoscere il proprio subconscio incrementa sostanzialmente in noi nuove forme di saggezza e di energia _ insieme ad una ulteriore abilità di unipatia e di comprensione della realtà.

Conoscere il proprio subconscio ci rende in possesso gestionale del subconscio e non vittime delle sue aleatorietà, alcuni esempi di questa elevazione intellettiva_intuitiva consistono in possibilità di gestione di livello ulteriore rispetto a ciò che qualifichiamo i gravi introspettivi _ ad esempio una com_prensione intima del proprio subconscio può consistere in invulnerabilità nei confronti delle negatività esterne che eventualmente saremmo a subire in quanto ad una imparata facoltà di purificazione del negativo che induca una sorprendente realizzazione del perdono, nonché una comprensione del subconscio nella forma della purificazione può indurre che odio non discenda le nostre energie demoralizzandoci, bensì che noi trasformiamo e convertiamo odio in una fonte di energia pura nuova sorgente di positività e bontà attitudinali. In secondo luogo una comprensione subconscia può interessare una maggiore flessibilità psicologica_concettuale in profonda relazione con la teoria delle neuroscienze della neuroplasticità, il possesso dell’intuito subconscio è un valore ottenuto, ma è un valore ottenuto mediante un processo meditativo che ci ha allenato/e a variantizzare sulla base dei valori della gradazione, della divenienza, della accettazione, in base all’aumento di interconnessioni logiche e concettuali ed altresì di influenze che sfumino la nostra ideazione come la spiritualità, la meta _sensibilità, la cangianza di idiosincrasia, il sogno, l’istinto.

La cangianza di idiosincrasia è un determinante identitario _ poiché la nostra autoreferenzialità è la nostra autodeterminazione e la nostra maturità di identità e di autostima, di riconoscibilità succedono non per identità di comportamenti razionali, bensì per le infinitesime sfumature di folie intersoggettive che ciascuno di noi possiede poiché siano queste a realizzare il capolavoro del significato di unicità di ciascuno/a di noi.

Il criterio di accettazione è un valore conversivo importante tipicamente ri_caratterizzante la nostra capacità gestionale di non evitamento di realtà che inizialmente percepiamo impossibili, inaccettabili, inammissibili_ il criterio di ammissibilità è in essere il criterio di riconoscibilità di verità alternative ed ulteriori e realmente possibilmente funzionali alla nostra salute se sappiamo riconoscerne la esistenza e la consistenza umana.

Secondo logica la fonte della assunzione di responsabilità è proprio la facoltà di incontro che è implicato dalla precedente accettazione _ sarebbe allora una iper_razionalizzazione concettuale significativa del fatto che limitiamo a noi stessi/e e che riduciamo la nostra facoltà di accettazione e comprensione _ la folie consiste allora nella sorgente di nuova accettazione seppur critica di realtà che la sola ragione eliminerebbe. La folie è la energia che implementa la nostra neuro_flessibilità.

 

 

 

 

 

 

 

RAISONNABLE FOLIÉ

Coscienza non è solamente un mistero dell’anima, coscienza è una espressività pura dell’io che scopriremo essere una fonte fondamentale della vita nonché della vita umana di relazione.

Essere coscienti, avere coscienza, rinsavire sono le tipiche espressioni dell’essere in sé e dell’essere in noi stessi e per assurdo contrasto la libertà d’esprimersi liberamente insieme; presentiamo che sia razionalità, sia follia siano ragionevolezze dell’io_ se pensassimo l’assurdo della ragionevolezza della follia inizieremo a comprendere che la follia sia una realtà focus riconoscibile, determinabile meritevole di essere scoperta e caratterizzata come materia possibilmente vantaggiosa se riconosciuta e gestita. La folié è un cosmo attitudinale ed introspettivo maggiormente vasto rispetto al cosmo attitudinale della razionalità, ed un pensiero sistemico ammetterebbe la razionalità come soggettiva interpretazione espressiva uniformata e normalizzata secondo il modello dei limiti e delle regole comportamentali, tuttavia in relazione con il termine di idiosincrasia giungeremmo a comprendere che la soggettivazione di razionalità è una scelta ragionevole, ma la ragionevolezza di una scelta esprime che attingiamo il nostro principio attitudinale da un cosmo più vasto della pura razionalità _ poiché razionalità essendo di ordine e qualità tipicamente limitativa_repressiva non è onnicomprensiva bensì è un contenuto delimitato rispetto ad altre realtà macro_categoriche di cui la razionalità è appunto una sottocategoria; potremmo nominare tipicamente la macro_categoria della razionalità, irrazionalità e per sinonimia follia.

Una questione resti rilevante: Ci rende sempre necessariamente salute la eliminazione della irrazionalità?, ovvero è sempre necessariamente salutare non varcare mai i limiti delimitativi della razionalità?

 

 

 

Un eccesso di razionalizzazione esprime il varco di un limite che realizza la natura di iper_razionalità una realtà non salutare che secondo studi neurocognitivi tipicamente improntati sullo studio della sensibilizzazione emozionale umana esprimono che una subordinazione della cognizione razionale sul sentimento emotivo è un sacrificio che crea insensibilità che può determinare non empatia, non emotività, non sentimento e non sensibilità. Un appunto _ il cosmo emotivo_emozionale è tipicamente fondante la affettività e non è un principio razionale logico, bensì è tipicamente un cosmo di folié espresse ovvero a priori assunte e gestite non razionalmente bensì ragionevolmente. Siamo allora a riflettere sul senso di cosa possa significare per noi oggi il termine rinsavire _ poiché rinsavire sia a significare ritornare alla ragionevolezza _ possiamo introdurre qui un modello più salutare per noi che non consista nel temprare ulteriormente e nel delimitare ulteriormente la nostra libertà comportamentale nel senso della direzione di una iper_razionalizzazione normalizzata, non sussiste nemmeno un senso nella direzione di razionalizzare le realtà che siano secondo natura appartenenti agli universi della ragionevolezza di folié _ siamo allora a riflettere su una nuova iniziativa di evoluzione, una evoluzione che non elimini la follia bensì che la incontri con coraggio come cosmo fonte di realtà che possano concorrere a giovare alla nostra salute psico_fisica. L’amore per la curiosità, l’incontro con il mistero, la ammissione degli unicum della intersoggettive idiosincrasie nel senso di una universale attribuzione di dignità umana di ciascuna persona in quanto unicità di valore espressivo di autodeterminazione e di emancipazione.

Il tema della noia ed il tema della euforia della libera folié (Non è un caso che la letteratura francese abbia realizzato un connubio lessicale di amore e follia: aimer/désirer à la folié.).

 

 

 

Una estrema limitazione dei comportamenti, persino dei gesti, persino la rarefazione del tatto _ razionalizzazioni astrattive che appunto ci astraggono e ci separano relazionalmente in una tendenza disevolutiva che appunto sentiamo annoiarci. Orientarci a conoscere ciò che è subconscio _ il subconscio resta tale se ed in misura non lo osserviamo, se ci voltiamo verso il nostro subconscio lo realizziamo in noi ovvero lo assimiliamo come energia cosciente _ così possiamo orientare la folié, non essere nelle mani di folié, bensì avere ed essere in possesso della nostra complessità subconscia per manifestare opere buone altresì in grazia di un senso tipicamente ancestrale ed razionalmente oltrelimite. La lettura è funzionale ad accrescere la nostra cultura e razionalità. Ma non solo, la lettura può migliorare altresì la nostra Autocoscienza di folié _ insieme alla riflessione, al sogno, al non pensiero, al sentimento emozionale di unipatia, un senso logico di Autocoscienza di folié è la libertà che cerchiamo, conoscendo la libertà verso cui tendiamo impariamo a vedere orizzonti oltrelimite.

Nonché la più pura libertà del senso relazionale è una esistenza_ il termine rinsavire esprime un ritorno _ nonché una necessaria tendenza umana a relazionarsi _ il ritorno è tipicamente la presentazione del passato e il compimento della relazione nonché la spontanea espressione della ricerca verso il prossimo.

Rinsavire: Ridiventare savio, ritornare sano, riacquistare il senno-la ragione, tornare in sé, rimettere giudizio. Il termine rinsavire è un termine di resilienza in particolare interconnessione con il coraggio di avere nuovamente a noi.

Il senso di “Tornare in sé” è normalmente valorizzato nel seno di tornare alla nostra razionalità _ tuttavia con questo scritto sono a proporre una prospettiva più ampia della nostra natura indicando che “Tornare in sé” possa essere una ragionevolezza di cui altresì la folié umana possa essere un valore aggiunto ed un vasto ambiente di opportunità di bontà e creatività.

 

“Avere coscienza” sia allora altresì ( Oltre al fatto di divenire in possesso della nostra razionalità) da comprendere come essere noi stessi/e in grado di giungere in possesso e controllo della complessità della nostra subconscia folié.

 

Walt Whitman (1819-1892)

Poeta scrittore e giornalista statunitense scrisse:

“Se tardi a trovarmi, insisti. Se non ci sono in nessun posto, cerca in un altro, perché io sono seduto da qualche parte ad aspettare te. E se non mi trovi più in fondo ai tuoi occhi, allora vuol dire che sono nella tua memoria, nelle tue idee, nella tua anima e nella tua emotività.”

Rinsavire può allora consistere nel ritorno in noi stessi, nel ritornare alla pura ragionevolezza umana, una ragionevolezza onnicomprensiva che non esclude la Genuinità della folié per annoverare solamente realtà iper_razionali, un ritornare che può allora essere paradossalmente un passo in avanti nel senso magico di esistere ed esistersi all’unisono di secondo in secondo in valore d’aversi in nuovi infinitesimi luoghi del cuore.

 

 

 

Creare una etica di assimilazione e conversione del negativo e una scienza della gnoseologia della follia, i criteri strutturali che strutturano la follia in relazione a un pensiero metafisico, trascendentale istintivo in teorie ambiente del caos e del caso, nonché approfondire un senso di possibilità di effetti valoriali umani proprio sorgenti dalla fonte folié.

 

 

 

 

 

NEUROPLASTICITÀ UMANA

Una confutazione delle discriminazioni di genere

Importanti studi neuroscientifici contemporanei determinano due modelli di connessioni neurali. Connessioni Intro_emisfero destro o sinistro e connessioni relazionali di emisferi destro con emisfero sinistro.

Approfondendo abbiamo accorgimento che le connessioni relazionali tra emisferi opposti destro e sinistro realizzano la contemporaneità delle multi_azioni ovvero la facoltà di realizzare diverse attitudini contemporaneamente ed il focus di predisposizione verso compiti di attenzione, memoria, linguaggio, logica. Inoltre le connessioni Intro_emisfero consentono la efficienza di efficienza di istintività, velocità motoria e cognizione spaziale. Gli studi suddetti esprimono inoltre il principio di neuro_plasticità, nonché si determina che non sussistano differenze neurali di genere, ovvero che sia la realtà neurale maschile sia la realtà neurale femminile possiedano sia connessioni di tipo Intro_emisfero sia connessioni di tipo relazionale tra emisferi destro e sinistro _ nonché si realizza che non sussistano tra i due generi ingenti percentuali di differenza strutturale di qualità di connessioni di un tipo rispetto alle connessioni del tipo gemello. Gli studi scientifici recenti provano questa realtà per assurdo ovvero provano la confutazione della esistenza statistica di varianti di connessioni neurali tra generi maschile e femminile. Le neuroscienze argomentano di neuroplasticità ovvero di tendenze di adattamento agli stimoli esterni scoprendo inoltre che altresì il meccanismo di adattamento agli stimoli esterni ed agli stimoli introspettivi sia analoga e non presenti differenze di genere.

 

 

 

 

 

La neuro plasticità indica due logiche _ la non logica di aleatorietà ovvero la consistenza di qualità di subconscio e di sogno che realizzano varianti di irrazionalità e la logica di divenienza ovvero che vi siano cause di discendenza probabili ma non certe che implichino tendenze di comportamento e che propriamente per neuroplasticità queste cause introspettive possano implicare espressioni comportamentali alternative e non costanti. Possediamo naturalmente una tendenza a razionalizzare a motivare con ragionevolezza ed a focalizzare le cause di effetti attitudinali, non sussistono certezze bensì probabilità e possibilità di prospettive motivazionali, importanti tesi scientifiche determinano la realtà della immotivazione emozionale e sentimentale ovvero che le emozioni ed i sentimenti non siano effetti da cause sorgenti di razionalità, bensì le emotività possiedono una ragionevolezza ulteriormente complessa che comprenda le sorgenti di subconscio, spiritualità, sentimenti di bisogno tipicamente istintivo animale, oniricità, proiezione futura. Gli studi neuroscientifici prederminati ed ora confutati determinarono importanti stereotipi altresì strutturanti alcune sorgenti discriminative reciproche tra uomo e donna in fatto di presente studio ora confutate di senso e pertanto di mancanza di principio di valore sociale e relazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sitografia

https://www.cnr.it/sites/default/files/public/media/comunicazione/otto-marzo/100%20donne_Mattioli.pdf

 

LO SPIRITO DI ASSURDA RAGIONEVOLEZZA

 

Ove la razionalità sia un flusso di pensiero coerente e consonante sia a significare che secondo ragione succede che il comportamento segue il flusso dell’andamento della realtà nonché in favore di uno spirito sano di adattamento. Nel contesto puramente creativo_imprenditoriale_economico che una intraprendenza che si dispone di essere un valore aggiunto rispetto all’ambiente, disponendo e premettendo che l’ambiente non agevoli, bensì realizzi uno spirito di contrasto che discende il valore della realtà espressa dalla persona secondo il flusso coerente di razionalità siamo esortati a desistere questa creatività ed a dedicarci a creatività che l’ambiente implementi ed agevoli. Tuttavia ora argomentiamo una via gemella, un nuovo flusso di libertà di cui naturalmente è trascendentalmente disponiamo fin dalla nascita, è il flusso della ammissibilità incoerente _ se il flusso di coerenza con l’andamento ambientale ha come sorgente il nostro buon senso di razionalità esiste un ulteriore elemento di ragionevolezza che è propriamente tipico del coraggio, della immaginazione del sogno, della scommessa, della curiosità, elementi puramente aleatori che infondono uno spirito di libertà e non limitatezza dagli schemi logico_razionali, lo spirito di follia. Ove allora uno spirito di senso logico di razionalità ci orienterebbe a desistere una docile creatività non valorizzata e promossa dall’ambiente di persone _ il flusso di follia applica una conversione assurda e paradossale degli schemi logici reali pressoché ammettendo che vi siano complessità che siano oltre la nostra comprensione logica, il flusso di libera follia ci orienti a resistere ed a perseverare la medesima buona e docile creatività proprio poiché sentiamo noi medesimi essere esistenze creative più energiche persino della impetuosità avversiva e nichilista dell’ambiente.

 

 

È la energia dell’assurdo che ci esorta a credere nella nostra creatività ove noi siamo consapevoli che possa consistere in un bene ed in un valore aggiunto per le persone nonostante ancora siano esse non ancora preparate o disposte a credere in noi e nella mostra creatività ed a supportare la nostra sussistenza, la nostra ragione di vivacità creativa. In verità il tema dell’energia che può sprigionare la scelta dell’assurdo può consistere in una valenza di con_divisione. Nonché ad una tempra e resilienza del credo creativo incrementano sia il tempo ed il luogo delle nostre creatività nonché incrementa il numero delle persone che siano ad incontrare il nostro spirito creativo. Un nuovo appunto merita la ragionevolezza del contrasto marginale creativo.

La ragionevolezza del contrasto marginale creativo è fortemente in relazione all’imprinting sia di senso sia di rilevanza fattuale della scelta del nostro orientamento creativo. Allora comprendiamo che un passo coerente a migliaia di passi coerenti implica un contrasto di lieve entità e rilievo cangiante, è un incremento insieme ai molti incrementi. Comprendendo che differentemente un passo creativo ove consistano sorgenti di realtà ambientali demoralizzanti e non agevolanti realizzano un imprinting di rilevanza fattuale di importante importanza e rilievo. Pertanto ammettiamo proprio questa saggezza sia nei nostri contesti creativi sia nelle nostre relazioni _ che se siamo a vivere relazioni personali e intraprendenze creative che hanno uno spirito di stasi, di discendenza noi stessi non saremmo orientati a seguire il flusso ambientale di stasi o di discendenza bensì realizzeremo rivoluzione, ovvero proprio per lo status di fermo o di discendenza ambientale e relazionale noi agiremo creatività ascendenti in primo luogo di incontro con le complessità statiche e che demoralizzano il sistema ambientale.

 

 

 

 

Caratterizziamo uno spirito di non identismo con l’andamento delle cose, nonché un pragmatismo bensì utopico, rivoluzionario, che ha sorgenti oniriche, irrazionali, assurde, proprio perché risultano sorgere da aleatorietà non coerenti bensì in conciliabilità con l’ambiente, insieme ad uno spirito di migliorismo nonostante la realtà che incontriamo. E proprio all’evemtuale incrementare del peggioramento situazionale noi vi incrementiamo la nostra energia di cangiante miglioramento. Un esempio propriamente logico è il tempo di Lontananza relazionale _ al tempo che incrementi forse di anni, di decenni successivi ad una relazione vissuta non si realizzi che siamo orientati a perpetuare questo andamento delle cose ma è proprio l’aumento del tempo di separazione che orienti ad incontrarsi. L’esempio è puramente traslabile sia alle incomprensioni sia alle indifferenze, bensì altresì al termine discensivo di sconosciutezza che allora ci orienti a fare conoscenza con spirito di curiosità, pace e sorpresa e non a tergiversare esortati/e dal flusso di inedia.

Realizzando l’assurdo saremo allora ad incontrare le conseguenze nonché lo sbigottimento delle persone che subito non comprenderanno, la sorpresa delle persone che soggettivamente potrebbero qualificare come una vittoria della fantasia l’intento creativo ove si crederebbe che fosse normale ed ovvio desistere. Un ultimo appunto sulla verità di comprensione di senso del nostro agire che giustifichi la scelta del comportamento paradossale assurdo _ allora il senso attitudinale è sempre funzionale al cambiamento implementativo e migliorativo della realtà poiché questo è un principio orientativo trascendentale umano _ se comprendiamo che otterremo di vivere incrementi di miglioramento maggiormente proficui e rilevanti agendo in contrasto positivizzante proprio nelle situazioni più fragili, di debole stasi, di finitudini relazionali e creative saremo allora giunti/e all’accorgimento del vivere il senso profondo del vivere consistendo noi stessi/e in sorgenti di miglioramento per contrasto.

Un senso di forte crescita altresì spirituale di cui avremo intuizione a posteriori. Vivere l’assurdo significhi puramente vivere e manifestarsi come nonsense, la entità propriamente conversiva della realtà che non ha lei medesima come energia qualificativa il senso di razionalità, bensì una ragionevolezza spirituale di credo, di fiducia e di fede in primo luogo in noi stessi/e. La scelta attitudinale assurda e dissonante è interessante poiché coraggiosa è intraprendente. Essere esempi di autostima migliorativa. Poiché credere nella nostra realtà identitaria relazionale e creativa risulta essere un cangiante educativo ed ispirativo proprio in senso logico è un insegnamento di valorizzazione.

 

Il metodo dello switch positivo assurdo

 

Il metodo dello switch positivo assurdo comincia con una soggettiva percezione e interpretazione di una situazione che riconosciamo avversa a noi o negativa che consiste in un input comportamentale, in una causa motivazionale a reagire negativamente. Il meccanismo succede solitamente in una catena di concatenazioni cause e effetti che pensiamo e crediamo realizzarsi abitudinariamente e che pertanto crediamo noi stessi rinnovarsi altresì grazie a noi sempre uguali. Per cortocircuitare la musica delle ovvie e necessarie cause e conseguenze sono necessari tre momenti.

Il primo momento è la estraneazione.

La estraneazione consiste nel muoverci psicologicamente al di fuori ed oltre il sistema della situazione in cui siamo protagonisti/e così da ottenere sia che abbiamo una prospettiva ulteriore della situazione sia che principiamo a sospendere l’andamento negativo delle cose.

 

 

 

 

La destrutturazione.

Ovvero riconosciamo che il sistema della situazione non sia un flusso necessario a cui dobbiamo adeguarci, bensì l’ambiente della situazione è un luogo che noi stessi/e plasmiamo. Una volta che la catena causale è sospesa possiamo ricreare un’altra con sorgenti nuove che possiedono nature diverse, altresì dissonanti. Una azione accade sempre dalla sorgente fantasiosa immaginativa, se la sorgente introspettiva realizzeremo un fatto positivizzante.

I flussi introspettivi sono aleatori, tuttavia altresì la realtà ha natura aleatoria impermanente, allora possiamo applicare il nostro pensiero magico per realizzare un momento conversivo.

Ho nominato pensiero magico poiché è in natura del caratterizzante del connubio di tutte le nostre introspezione sia ragionevoli, sia emozionali, sia umane. Il pensiero sia magico altresì per le conseguenze che possa realizzare, ovvero importanti miglioramenti.

Il meccanismo è dapprima percettivo interpretativo, interpretiamo una realtà che desterebbe una nostra reazione non creativa e negativa, o apatica _ passiva _ tuttavia destrutturiamo il motivo è ci fermiamo un istante, viviamo un momento di estraneità _ e ci comportiamo secondo un comportamento puramente positivo e gratuito indifferentemente dalle eventuali cause negative esterne tipicamente immediate e presenti _ allora il nostro comportamento è insensato, immotivato, sorprendente, poiché applichiamo il comportamento gemello positivo del comportamento negativo che avremmo applicato in forza di inerzia delle cause negative che abbiamo percepito e interpretato. Il metodo è realizzare uno switch assurdo positivo delle intenzioni negative destate in noi dall’ambiente e compiere puramente il nuovo fatto positivo indifferentemente dai motivi esteriori che ci orientino. Essere come impermeabili alle cause negative esteriori. Allora realizzeremo positività concrete e rivoluzionarie, che necessariamente indifferentemente dalla profondità del negativo realizzeranno incrementi positivi.

Il profondo negativo non è mai inesorabile definitivo, poiché è un flusso in movimento che è suscettibile all’intervento di ciascuna persona. Riconoscendo che intraprendere un verso e una direzione positiva già cortocircuita ogni andamento costante negativo. Nonché comprendiamo che la magia della conversione può risiedere in noi medesimi e introspettivamente, spiritualmente poiché le introspezioni sono materie eteree di un universo intenso ed energico ulteriore pertanto in possibilità di rivoluzionare me leggi causali dell’ambiente esteriore.

 

SIAMO I TRASCENDENTI DELLA REALTÀ.

 

Tu non sei il tuo ambiente, e l’ambiente abbia un tempo e un luogo ma il tuo universo abbia un tempo e un luogo autoreferenziali ovvero che trascendono i tempi e i luoghi ambientali. Trascendere significa sia conciliare e simultaneamente contrastare ovvero realizzarsi come elemento di rilievo aggiunto. Allora i tempi e gli spazi introversivi hanno senso e dignità autonomi ed hanno un ascendente cangiante proprio i tempi e gli spazi esteriori nonché è alla fine vero che siamo noi stessi /e a dare senso, tempo e luogo alla realtà, allora realizziamo che i tempi ambientali siano pazienti a noi e per noi, diamo a noi tempo è un senso di prenderci cura vicendevolmente, paradossalmente la velocità tergiversa poiché trascura, e dedichiamoci spazio e dedichiamo spazio che è il senso del con_fidarsi delle gratuità della accoglienza, del perdono, del ritorno e delle nuove inclusività.

 

 

 

 

 

 

 

SIAMO GRADIENTI LIBERI

Una confutazione delle dicotomie della severità ideale, la gradualità ideale.

La dicotomia della parola. È accoglienza di una unità per il sacrificio della unità che non sia la unità scelta. Tuttavia in valore della sola dicotomia siamo a negare a noi stessi/e oltremodo. L’accoglimento dei gradienti è una altra verità di valore. Ciascuna parola è un gradiente insieme ad altri gradienti. Non come limitatezza, come esclusività e come scelta che escluda ciò che parola non sia, pensiamo invece la parola come richiamo delle altre possibilità che la parola che ora pronunciamo non sia, allora pronunciamo la verità della parola scelta adesso insieme alla ulteriore possibilità circoscritte alla parola scelta.

“L’abbondanza è avere tanto universo.” Igor Sibaldi

Il materialismo, il denaro, la ragione della unica parola sono fenomeni effimeri, ma universo e gradienti di possibilità non sono fenomeni effimeri di caducità, sono permanenze di impermanenze, sono stabili evanescenze. I fenomeni effimeri di caducità sono strettoie, possibilità di unicità esclusive_ tutta la dialettica competitiva del successo materialistico si fonda sulle uniche possibilità _ gli esami, le prove sono condizionamenti rigidi che non consigliano direzione bensì impongono passo dopo passo l’orientamento creando che sia proibito il passo alternativo, il passo oltre il percorso direttivo lo nominano, lo nominiamo fallimento, mentre paradossalmente il fallimento è logicamente un passo oltre-dictatum ovvero passo libero ed autodeterminato, ogni autodeterminazione conferisce dignità di valore in quanto a scelta autonoma emancipativa. Il momento di  dimostrazione in concorrenza con altre persone _ il nucleo competitivo, riflettendo intuitivamente ci risulti essere una astrazione ed una illusione poiché astratto è il vincolo situazionale _ ciò che realizzi una astrazione è un credo nei confronti di una realtà _ il punto di partenza è una spiritualità _

 

riflettiamo allora sulla nostra spiritualità per ottenere una autonomia di riconoscimento, ci accorgeremo allora che ogni senso competitivo sia confutato mentre è poiché ogni competizione è relazione per crescere e migliorare insieme.

Le strettoie sono allora presenza di povertà e mancanza di abbondanza _ poiché concentrando noi stessi/e su un unico focus perdiamo l’universo che è una aura che cinge la sola luce che crediamo sia ad esistere a noi stessi/e. Le strettoie realizzano che un orizzonte sia ridotto ad un grado percettivo, la visione iper_concentrata può allora essere considerata una estremizzazione che provochi una cecità psichica. La psicologia del trauma è una scienza che indica come sorgente della ansia questa sensazione di non libertà provocata proprio dalla riduzione di prospettiva o di incapacità di adattamento alla unica soluzione che l’ambiente permetta _ la soluzione è presto determinabile _ un ambiente che dia unica possibilità è un ambiente di severità che non sia garante di libertà per l’individuo_ pertanto si riconosca che non sia l’individuo limitato, bensì limitativo l’ambiente verso l’individuo _ pertanto sia l’individuo in diritto di ampliare i propri orizzonti e di autodeterminarsi nonché di proporre un cambiamento di lungimiranza che plasmi l’orizzonte ambientale. L’universo è costituito dai due gradi che noi focalizziamo insieme ai 358 gradi.

Gradi e gradienti, gradualmente nonché sfumatura ovvero possibilità di avvicinamento. Tra due parole opposte in senso di dicotomia c’è necessario contrasto. Ma tra gradienti di parole c’è divenire, c’è movimento ovvero prima o poi c’è significato di possibilità di incontro, seppur questo incontro non dovesse essere spaziale riflettiamo che i due poli lontani si com_prenderebbero proprio per unipatia, empatia, potremmo nominare questa relazione telepatia poiché i due poli significano all’unisono ovvero sentendosi entrambi i poli della medesima natura ovvero trascendentalmente dello stesso carattere di divenienti possibilità.

 

 

LA GENEROSITÀ EMANCIPATIVA

Inwardness e outward appearance

 

Eseguire compiti a noi attribuiti con votazione è creatività dipendente per approvazione, eseguire realtà autoindotte da noi stessi/e attribuite senza votazione o consenso/dissenso del prossimo è creatività emancipativa autoreferenziale.

Due etiche di espressività

outward appearance, apparenza esteriore, siamo ad immagine della volontà del prossimo_ nonché noi risultiamo evanescenti mentre assume senso decisionale il prossimo e la sua rilevanza fattuale mentre decresce il nostro sé essenziale nell’equilibrio relazionale il prossimo consiste ed è rilevante mentre noi tendiamo a scomparire. Outward appearance è locus of control esterno. Inwardness, essenza interiore, la autoreferenzialità decisionale è una espressività pura la cui sorgente siamo unicamente noi medesimi _ autoreferenzialità non significa assenza del prossimo, bensì presenza del prossimo come ascoltatore coinvolto non come sorgente di dettatura attitudinale dell’io.

Inward è il locus of control interno il mio succedere dipende dal senso e dalla qualità del mio impegno autoindotto non dalla approvazione del prossimo. Nell’inward l’esperienza del flusso di miglioramento non dipende dall’incremento delle approvazioni o dal miglioramento dei voti o dall’incremento dei consensi provenienti dalle altre persone, bensì da un intuito introspettivo di miglioramento creativo essenziale autoreferenziale.

 

 

 

 

 

 

Ora siamo a riflettere su una importante questione di stabilità che non è solamente neurocognitiva, bensì anche reale e situazionale, Inwardness è più stabile di outward appearance. Realizziamo allora ciò che la psicologia nomina decentramento cognitivo abbiamo accorgimento del fatto reale che le priorità, i bisogni, le volontà, le percezioni, gli intuiti, le idee, i sentimenti e le emozioni non siano le nostre e che il consenso non è una variabile per definire il significato ed il successo di una persona. Le priorità, i bisogni, le volontà, le percezioni, gli intuiti, le idee, i sentimenti e le emozioni delle altre persone sono flussi ad intensa variabilità, essi cangino costantemente pertanto stabilire e fondare il nostro significato essenziale, nominale, il nostro senso del fare sulla base di una aleatorietà di fondo implicherebbe non combinabilità o combinabilità di caducità. Mentre fondare la nostra stabilità ed il nostro senso attitudinale introspettivamente, sulla base dei nostri flussi spirituali, intellettivo, artistici, sui nostri sogni poiché i sogni realizzano proiezioni di possibilità e flussi di novità, i sogni sono significanti la direzione verso cui tendere, significa propriamente autoriflessione, stabilizzarsi, prendere luogo, assumere luogo di senso qui e ora. Pertanto il locus of control interno è un senso strutturale più stabile e più efficiente proprio per non cadere sia bene restare nel nostro flusso creativo.

Restano tre questioni. La prima è la marginalità introspettiva, ovvero che non è vero che ciascuno di noi sia solo Inwardness o solo outward appearance. Ciascuno di noi è in proprietà marginale di entrambi questi aspetti ed il livello di reciproca realtà di possesso di un aspetto piuttosto che dell’altro dipende dalla nostra scelta presente e dalle nostre tendenze di scelta passato che ora ci influenzino secondo intensità per costanza.

 

 

 

 

Una seconda questione è che possiamo provare a simulare un senso di caducità dell’outward appearance _ riflettiamo sulla verità di quanto ci destabilizzerebbe la ricerca costante di approvazioni esterne che cambiano costantemente e che per natura competitiva sono tendenzialmente verso la negatività e la disapprovazione. Mentre per contrasto sentiamo quanta serenità ci apporta la percezione dei nostri passi avanti coerenti con il nostro essenziale sentimento. Una ultima questione. Non siamo soli, siamo in relazione. Come spieghiamo la autoreferenzialità dell’inwardness e la apparente esclusività del locus of control interiore. Sia allora la molteplicità di persone a combinarsi con la nostra inner essence _ non sono a sostenere che qualunque persona debba cambiare sulla forma di un io_ sarebbe infatti un paradosso logico perché asserendo la bontà dell’inwardness non sarebbe logicamente consonante l’esempio in cui tutte le persone meno una persona siano outward appearance verso quella persona _ né risulterebbe inoltre compromessa la libertà individuale di autonomia e di autodeterminazione di una pluralità di persone, di una comunità.

Allora la soluzione può consistere nella libertà di scelta tra consenso/dissenso della molteplicità di persone verso l’individuo che realizzi un flusso creativo di Inwardness, così coloro che dedicheranno approvazione lo faranno per loro sentimento (La approvazione di altre persone che avviene nei confronti di colui/colei che realizzi un flusso creativo di Inwardness autoreferenziale è allora un valore aggiunto non superfluo, ma il fatto creativo del creatore Inwardness è tipicamente ciò che nominiamo amore disinteressato.)Mentre coloro che non dedicheranno approvazione saranno persone libere di non approvare, tuttavia ove è se queste dovessero realizzare ostacolamento alle buone e innocue creatività di un creatore Inwardness, questi ostacolamenti non avranno né senso in essere né senso in origine, né senso fattuale poiché inconsistenti rispetto al fare ontologico del creatore Inwardness proprio per suo medesimo significato di intraprendenza di non fondare il senso altresì energetico e formale e qualitativo del suo operato non sulle qualità e instabilità ambientali bensì sulla base del suo flusso stabile creativo interiore. Inwardness è la causa orientativa dell’energia della autonomia di pensiero, consiglio e esortazione nascono da una stabilità di pensiero, da una autorevolezza di ideali, da una integrità tipiche dell’inwardness che è causa cangiante non dell’outward appearance che è causa dipendente.

 

 

LA GIUSTIZIA DELL’EQUILIBRIO DELLE RESPONSABILIT PERSONA|AMBIENTE

 

è giusto che esista un equilibrio tra persona e ambiente. Ed una ambivalenza è importante, la misura e la qualità della meritevolezza e delle responsabilità della persona nei confronti dell’ambiente bensì altresì la misura e la qualità della meritevolezza e delle responsabilità dell’ambiente nei confronti della persona.

Il dovere non è mai unidirezionale da persona a ambiente. È una mentalità anacronistica ed ormai decadente la mentalità della completa delega di responsabilità dell’ambiente che grava le complessità sulle unità “persona” che compongano l’ambiente, proprio perché non sussiste giustizia in questo disequilibrio. Come il rendimento personale altresì il rendimento ambientale esiste e ha un livello di qualità e si misura proprio sulla base della bontà che l’ambiente è in grado di dedicare a ciascuna persona che compone l’ambiente di persone.

Se ed ove un ambiente non fosse degno di meritevolezza riflettiamo affinché (Se questo non merito non fosse semplicemente ed immediatamente risolto) sia la unità persona in diritto ed in dignità di libertà di pronunciarne il non merito e liberamente di congedarsi pacificamente.

 

 

Dove e se dovessimo avere accorgimenti di ingiustizie ed un rincaro oltremodo di responsabilizzazione dall’ambiente alla fine saremo presto o tardi a ponderare quanti investimenti di energie l’ambiente merita da noi stessi/e ed invero quanto per contrasto l’ambiente non meriti le nostre intraprendenze.

Noi persone rendiamo all’ambiente, e l’ambiente deve essere una realtà speculare di risposta di ri-compensa in ritorno a ciascuna nostra unità di intraprendenza. Se sentiamo di essere a rendere al nulla significa logicamente che l’ambiente non è quando è dove dovrebbe consistere ed è propriamente di questa inconsistenza che prima o poi l’ambiente dovrà rispondere ed accadrà proprio quando l’ambiente stesso sentirà le conseguenze delle sue desuetudini che implicano in concreto demoralizzazioni di rendimento che l’ambiente medesimo abbia creato nelle persone di cui l’ambiente è responsabile, e quando sentirà le perdite delle sue unità nei fatti dei liberi congedi di unità “persona” che l’ambiente stesso ebbe realizzato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un documento a tesi del valore pragmatico del dedicare generosità, analogamente al valore catartico del ricevere generosità

 

Una ricerca della OhioState University ha confermato infatti che compiere atti di gentilezza non fa molto bene solo a chi li riceve, ma può essere particolarmente benefico per chi li pratica, migliorandone il benessere e riducendo stress e ansia.

Il gruppo di ricerca ha analizzato 120 persone, divise in tre gruppi, con lo stesso livello di ansia, depressione e stress. Al terzo gruppo, a differenza degli altri due a cui sono state assegnate tecniche cognitivo-comportamentali, è stato chiesto di svolgere tre atti di gentilezza al giorno due volte a settimana come preparare biscotti per gli amici o offrirsi per fare compagnia a qualcuno

Dopo 10 settimane il risultato è stato chiaro: “Gli atti di gentilezza hanno mostrato un vantaggio rispetto ai primi due gruppi, facendo sentire le persone più connesse con gli altri, che è una parte importante del benessere».

Sicuramente non basterà solo questo per superare tutti gli ostacoli e i momenti no che fanno parte del nostro percorso di vita, ma può essere un ottimo spunto e stimolo per iniziare a sentirsi meglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE PLURIVOCITÀ DI RISOLUTIVITÀ E DI POSSIBILITÀ

 

LE PLURIVOCITÀ DI RISOLUTIVITÀ

 

Introduzione del tema di “Possibilità unica di Risolutività .”

Un esempio specifico sia introduttivo ed esemplificativo di una teoria generale che possa  compendiare altri contesti e situazioni relazionali.

Un esame può bloccare un intero sistema complesso di studi.

Realizzare la improbabilità di incorrere in possibilità uniche di accessibilità che blindino alternative di creatività e che ostacolino inesorabilmente un percorso creativo.

Unico modo risolutivo.

Questo ambiente di riflessione ha una duplice valenza, sia sul piano creativo carrieristico sia sul piano relazionale.

La etica delle unicità di risolvibilità radicalizzano la possibilità di dicotomie si/no, ma l’elemento di dicotomia proprio instaurando criteri di non accessibilità ad alternative risolutive realizzative  induce il decremento della variabilità di libertà risolutiva provocando l’incremento della probabilità del fallimento. Allora comprendiamo che il mindset di “Possibilità di unica accessibilità risolutiva” non sia né efficace, né efficiente - poiché costituisce l’instaurarsi di una probabilità di punto statico di non creatività reciproca. Ad esempio possiamo riflettere sulla realtà della esistenza presente di una relazionalità sana e durevole per il tempo di anni che dopo questo andamento di bontà pressoché garantito da mentalità di variabilità incontra un momento in cui entrambe le persone instaurano la necessità di “Possibilità di unica risolutività. “ tuttavia accade che una persona o che entrambe persone non possano o non riescano a risolvere il problema auto-determinato secondo la logica di unica risolutività - allora la relazione termina inesorabilmente.

 

Stiamo proprio affrontando la questione gnoseologica_comportamentale che ha come esempio metaforico il messaggio : “Non mettere alle strette”. “ Allora” mettere alle strette” Sia logicamente a significare imporre a sé medesimi ed al prossimo il dovere di esclusione di soluzioni alternativa, nonché imporre una unicità di risoluzione al problema, alla cui dinamica dirimente deduciamo che al non riuscire nella risoluzione consiste la necessaria finitudine relazionale e di intraprendenza creativa. Pensiamo all’amore per la relazione, pensiamo all’amore nei confronti delle persone, pensiamo all’amore nei confronti delle scienze.

Dal punto di vista creativo intellettuale, scientifico, sfioriamo il contesto carrieristico_competitivo citando a onor del vero che i nostri percorsi universitari sono di esame in esame un elenco di “Possibilità di unica risolutività.” Pertanto può accadere che alunni intelligenti, che amano la loro materia di studio, e diligenti che ebbero investito anni di tempo produttivo nel loro corso di studi siano pressoché alla fine a dovere abbandonare il percorso di studi ad esempio per un esame di unica risolutività che non siamo a superare. Saremmo ad introdurre un fatto di abbandono creativo e di demoralizzazione, nonché il non credere più nell’amore nei confronti della materia di intraprendenza che maggiormente sentimmo nostra, insieme ad una probabile perdita di arricchimento sociale in quanto l’abbandono creativo determina non essere più buoni elementi educativi di condivisione della materia.

Sono a conforto due mentalità _ una sostanziale resilienza al fallimento atta alla pazienza del non abbandono ed alla pazienza risolutiva affinché giungiamo a divenire in consapevolezza di risolvere la unica soluzione.

Una mentalità creativa tipicamente rivoluzionaria del sistema ambiente _ affinché il sistema ambiente introduca leggi di flessibilità risolutive funzionali a costituire un ambiente di flusso di creatività fluido con minor ostacoli possibile

Ritornando alla questione relazionale una tra le fonti più radicate che implichino le controversie relazionali sono le “Unicità di risolutività.” E se solo per un momento pensassimo che l’arte possa introdurre nuovi flussi di ammissibilità utili sia alle scienze sua alle relazioni? La multi_prospettività e la variabilità risolutiva tipiche del mindset artistico creativo possono sbloccare le statiche di univocità arduamente risolutive.

Assumere che ci siano altre vie deve essere un buon criterio non extra-sistemico, ovvero che sia a compiere che si debba abbandonare la via maestra creativa per intraprendere altre vie, bensì che sia una ragionevolezza propriamente del sistema stesso ora suscettibile a “Univocità di realizzabilità” che noi dobbiamo in questo stesso sistema plasmare in “Plurivocità di realizzabilità.” Per realizzare che non si perdano ingenti realtà di tempo creativo e relazionale occorre non instaurare un ambiente di severità, bensì un ambiente di opportunità per contrasto e focalizzate proprio ove sappiamo esistano severità di realizzabilità.

 

 

LE PLURIVOCITÀ DI POSSIBILITÀ

 

Se fondiamo i nostri comportamenti sulla base dei motivi decisionali di dicotomia (Si/no, Ora/mai, tutto/niente...) definiamo come metodo decisionale una severità che non rende rispetto e dignità alla verità ed alla realtà dei fatti _ poiché la parola è dicotomia ma non la realtà, la realtà è multi_contestuale, multiprospettica, graduale, denotata di marginalità divenienti, multicausale. Il tema della marginalità è fondamentale, se le marginalità sono divenienti vuol dire che vi sarà un futuro, e questa ammissione di presenza di futuro implica già la non ammissione delle finitudini.

 

 

 

Insieme alla marginalità sussistono i criteri dei criteri interminabili di paragone_ (la interminabilità dei criteri di paragone non deve tuttavia condurre alla costante e interminabile incertezza e indecisione, è allora bene valutare molte prospettive, maggiori di due, affinché possiamo ponderare la nostra scelta e lasciare un margine di libertà di evoluzione e cambiamento della scelta.) Nelle dicotomie esistono solo due termini di paragone in atto di assumere di una decisione, una realtà si conquista o si mantiene oppure una realtà si perde, ma nel mindset della marginalità esiste un flusso diveniente di molteplici realtà che possiamo ammettere che ritornino, nonché la espressione della marginalità ammette come senso decisionale il contenuto del passato, mentre la dicotomia (si/no, tutto, niente) ad esempio delle Univocità di Risolutività non tengono mai in considerazione il passato.

Ma cosa significa ammettere la consistenza del passato come energia che consista e compartecipi ad essere contenuto causale di una scelta? Ragionando in termini marginali, esemplificando l’alunno che abbia compiuto il 99% dei propri esami possiede un contenuto di intraprendenza estremamente elevato, un passato che qualifichi  la raggiunta tendenza alla laurea.

Ma un mindset di dicotomia ( Tutto/niente) ad esempio strutturerebbe il senso del percorso universitario con la conquista dell’attestato di laurea, il medesimo mindset di dicotomie è tale che annienti il passato di eccellente alunno ove questa persona non superasse l’ultimo esame per l’accesso all’attestato di laurea. La marginalità è inoltre un senso di premura relazionale poiché in fatto di assunzione di responsabilità e di scelta relazionale si pone al vaglio non solamente un fatto presente discriminante _ (Dicotomia tutto/niente, si /no, adesso/mai) bensì le qualità relazionali graduali del passato.

 

 

 

Il mindset di marginalità è utile anche in fatto di ammissione di futuro poiché altresì nelle nuove conoscenze crea le condizioni di gradualità e non pre_tensione che realizzano la normale mansuetudine del conoscersi.

In ambito della conoscenza vi sono conquiste pragmatiche e conquiste tipicamente strutturali introspettive. Le conquiste pragmatiche spesso non sono parallele alle conquiste strutturali introspettive. Ad esempio ritornando all’esempio del percorso universitario, potremmo non conquistare una laurea mentre abbiamo conquistato nel percorso della laurea nuove esperienze e strutture intellettive che ci rendono in grado di compiere realtà creative di livello ulteriore rispetto alle nostre capacità in mancanza del percorso universitario.

Qualunque realtà sia relazionale, sia solitaria è multicontestuale, è da ogni contesto e dalla relazione presente dei contesti che siamo a vivere impariamo nuove abilità e nuove logiche di relazionalità e di possibilità.

Iconica fu l’intervista di Ryan Holiday a Robert Greene che racconta una sua esperienza al college di Berkeley. Allo scrittore diedero da tradurre un paragrafo di Tucidide. Vi furono due rilevanti risposte : La prima risposta che diede lo scrittore fu che impiegò tempo oltremodo e che tradusse con difficoltà il passo greco e con errori di traduzione, egli stesso consegnò questa risposta al professore ma non come espressione di un compito erroneo ma quasi fosse una tesi filosofica e neuroscientifica, poiché comunque quel compito era una traduzione di intelletto e di rilevanza in quanto a senso espressivo di una persona. Una seconda importante risposta la diede il professore : “Nonostante non hai tradotto giustamente questo paragrafo hai ottenuto qualcosa dal provare a fare questa traduzione.”

 

 

 

Robert Greene a posteriori approfondì questa riflessione asserendo che quella risposta ebbe un senso e un impatto sul suo modo di ragionare oggi, il fare traduzione allenò il carattere, la pazienza, la disciplina, lo spirito di accettazione del fallimento e di imparare dal fallimento e lo spirito di ricerca degli aspetti utili ove ci attendiamo che non ve ne siano.

 

NOTWITHSTANDING

 

Sono a riflettere sulla questione puramente conformista del “Dovere essere”.

“Il tema del “Dovere essere” è un tema fondamentale della filosofia ed è stato già affrontato da Kant, Hegel, Kelsen, Fichte tipicamente nel rapporto che vi sia tra essere e dovere essere. Fichte identificò il dover essere in qualità onirica_utopica di tendenza a ciò che non si realizzerà, mentre Hegel stabilisce l’essere come flusso di processualità diveniente, per Kant l’essere non si adegua mai al “dover essere”, che è una meta che sempre si prefigge ma mai si raggiunge.

Di tutt’altro avviso è Hegel per il quale questa “adeguazione” è invece necessità dell’essere.

La filosofia deve dunque occuparsi di ciò che è. Hegel si dichiara in accordo con l’empirismo nel principio che ciò che è vero dev’essere nella realtà e che non può ridursi ad un puro “dover essere” che consenta di assumere degli atteggiamenti sprezzanti verso ciò che è reale e presente.

In tutte le opere di Hegel si possono trovare osservazioni molto ironiche a proposito del dover essere che non è, dell’ideale che non è reale, della ragione che si suppone impotente a realizzarsi nel mondo. Nel dire come dev’essere il mondo, la filosofia arriva con ritardo, egli sostiene, poichè essa formula i suoi concetti quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione.” Paragrafo bibliografico

 

Siamo ad approfondire il termine di “Identismo” in particolare relazione con i termini di essere, di flussi divenienti “Necessari?”, di dovere essere :

Per argomentare il termine di Identismo dobbiamo approfondire la questione di ontologia di identità. Per semplificare questo argomento siamo a esemplificare con un concetto illustrativo letterale: “essere” è puramente “essere” in latenza di divenire, è una proprietà di luogo e di tempo insostituibili ed eterni in quanto a contenuto mnemonico.

Se noi scriviamo la parola :”è” non possiamo sostenere che scrivendo nuovamente una parola “è” questa sia ontologicamente la prima, poiché la seconda “è” ha un luogo ed un tempo diversi, è una identità diversa nonostante abbia forme identiche. La ontologia di “è” è eterna poiché evolve da contenuto realmente presente a contenuto realmente presente mnemonico se fosse cancellata non avrebbe più lo stesso spazio nel foglio, bensì “è” ha agito come realtà cangiante di qui in poi la nostra mentalità “Butterfly effect, teoria fisica del caos” anche se dimenticassimo “è” non possiamo dimenticarne le rimembranze ovvero il flusso cangiante che “è” destò in noi stessi/e e che riecheggerà in evoluzioni alternative altresì in futuri lontani.

Ora, quale è il senso di citare il concetto di identismo in relazione a una confutazione della necessità del flusso diveniente del reale ?

Un senso può essere il reale indice presente di impermanenza, di aleatorietà e di caducità del reale.

Una metafora risulti fondamentale : risulta necessario adottare movimenti lesti e accorti se siamo a gestire delle impetuose onde mentre siamo a nuotarvi rispetto alla immobilità equilibrata che servano a farci restare in equilibrio in una complessa posizione d’equilibristi su un piano marmoreo immobile, applicare una costanza di immobile stabilità nel primo caso implicherebbe che le onde e i venti ci vincano.

Una saggezza sia allora stimare la tradizione come sorgente importante di consiglio attitudinale in ordini di probabilità ma non in ordini di necessità _ la tradizione non sia allora un imput di necessità di adeguarsi identicamente, pragmaticamente ai suoi principi: poiché se facessimo questo sosterremmo ciò che è anacronismo, ed anacronismo è una dissonanza cognitiva che non fa bene alla nostra salute psicologica poiché crea una dissonanza tra realtà presente diversa dalla realtà passata che saremmo a dovere orientare dalla nostra mente.

È apparenza che la scelta presente della intraprendenza di un percorso ne permetta e ne anticipi la necessarietà di un percorso seguente, ma questa è una astrazione conformista.

Confortati dal conformismo, perché la intraprendenza di un percorso coerente con uno dei percorsi maggiormente conformi realizza che vi siano ottime possibilità e probabilità di relazionalità, approvazione, stima per intraprendenze non per contrasto ma per similitudine.

Tuttavia può succedere che per la naturale tendenza umana alla relazionalità intraprendiamo percorsi che tuttavia non sentiamo appartenerci, umanamente per giovare delle opportunità tipicamente amicali e relazionali che offrono le scelte conformiste.

Ma approfondiamo il termine delle “Intraprendenze che non sentiamo appartenerci.”

La nostra intraprendenza non risulterà armonica con il contesto creativo ambientale, noi stessi ci sentiremo in contrasto con il dovere fare e ci sentiremo immotivati.la immotivazione è la prima causa sia del non rendimento creativo efficiente sia della nostra demoralizzazione emotiva con la possibilità di giungere a non riuscire a terminare il percorso, a perdere tempo, a risultare inoltre maggiormente tristi rispetto tempo precedente alla scelta di intraprendenza.

 

 

Un punto importante è che se noi stessi/e in primo luogo siamo immotivati/e vi dovranno essere altre persone che ci motivi o, solitamente possono non consistervi e talvolta se consistono il meccanismo di convincimento ad agire ciò che non vuol essere agito risulta comunque un artefatto ed una forzatura non produttivo sia creativamente sia relazionalmente.

In verità solitamente succede che ammettiamo e convinciamo e giustifichino a noi stessi ed il prossimo sul procedere del nostro percorso conformista che non sentiamo nostro, pertanto ove noi stessi/e ci sentiamo intimamente fuori luogo, proprio sulla base sia di astrazioni ideali (La motivazione tradizionale, conforme, il necessario andamento delle cose comune) sia dei benefici relazionali che le intraprendenze conformi offrono ovvero la salute delle relazioni e delle intraprendenze relazionali.

Non siamo a considerare una delega di responsabilità _ la responsabilità delle nostre scelte altresì nella possibilità che consistano in scelte conformiste che tuttavia non sentiamo appartenerci è nostra, lo capiremo quando proveremo a motivare a noi ed al prossimo il senso della perdita di tempo di un progetto sospeso, si proverà ad esprimere che si è seguito il flusso normale delle cose _ ma presto ci accorgeremo che siamo in fondo noi stessi/e ad avere scelto il flusso normale delle cose.

Approfondendo tale motivazione non è non vera e non sensata. Argomentiamo qui della verità delle “Astrazioni coinvolgenti” esistono astrazioni, idee comuni profondamente radicate nel conformismo che coinvolgono e divengono talmente energiche da orientare le scelte di una persona sovente può accadere senza accorgimento e sovente le astrazioni coinvolgenti si realizzano a partire da un imput che qualifica la necessità del divenire, è ora coerente la citazione in paragone con il “Butterfly effect” la teoria fisica che studia l’andamento caotico di necessità a partire da input diversi.

 

Una intelligente riqualificazione di questo processo che sembri essere necessario è cambiare il mindset di relazionalità per similitudini di intraprendenza tipiche del conformismo _ saremmo a ideare il nuovo termine creativo di “Difformismo”. Se dal termine conformità, l’essere conformi, valorizzati secondo coerenze e somiglianze di intraprendenza realizziamo dal termine “Difformità” il termine “difformismo” ovvero la nostra valorizzazione tipicamente per contrasti creativi_ nonché le fattibilità relazionali sorgerebbero dallo spirito della differenza creativa di intraprendenza, il difformismo esiste ed ha un senso umano, ontologico, etico poiché siamo umanamente incuriositi dalle novità, dalle differenze. Se allora trasliamo le bontà relazionali sul piano della diversità otterremo una opportunità di valorizzazione comune tipicamente improntata sulle soggettività e sulla libertà realizzativa a compiere le intraprendenze che sentiamo appartenerci, che sentiamo nostre, per cui noi stessi siamo per natura condotti ad esistere, attività e tipi caratteriali per i quali siamo motivati noi stessi/e risultando pertanto energie coerenti creative e ispirative.

L’ Andamento conformista delle cose è una illusione di necessità. In verità noi siamo liberi/e, a supporto di questa tesi esiste la mentalità dei costi alternativi. Se scegliamo diversamente vi saranno altri orizzonti di intraprendenza ed altri costi puramente differenti, tuttavia la consistenza di costi alternativi attigui non implica la necessità di un divenire peggiore rispetto ad una scelta apparentemente doverosa e necessaria.

Infine siamo a riflettere sul criterio di “Immotivazione” a confutazione della tesi di “Necessità conformista tradizionale”

Consolidando le astrazioni conformiste ideali come energie deboli se puramente prive di fondamento sensato.

 

 

 

 

Se codifichiamo i Flussi di ordinarietà e i flussi di necessità entrambi consuetamente immotivati giungiamo ad ottenere un principio di miglioramento di libertà di autonomia decisionale in proprietà della persona, nonché un saggio e sano orientamento di  autodeterminazione e emancipazione non autoreferenziale e di solitudine bensì di relazione.

{COME IMPARIAMO AD AUTOLIMITARCI: L’ESPERIMENTO DELLE 5 SCIMMIE

Nel 1967 il dott. Stephenson ha condotto un esperimento per cui ha messo un gruppo di 5 scimmie in una gabbia con nel mezzo una scala e delle banane in cima. L’esperimento si è svolto in più fasi.

PRIMA FASE

Le scimmie lasciate dentro la gabbia si accorgono immediatamente delle banane e una di loro si arrampica sulla scala. Appena lo fa, però, lo sperimentatore spruzza tutte le scimmie con dell’acqua gelida.

La scimmia scende dalla scala e tutte e 5 le scimmie restano disorientate sul pavimento.

Dopo un po’ un’altra scimmie comincia ad arrampicarsi sulla scala e nuovamente lo sperimentatore bagna tutte le scimmie con dell’acqua gelata. Di nuovo la scimmia scende e tutte restano a terra infreddolite e bagnate.

Quando una terza scimmia prova ad arrampicarsi per arrivare alle banane le altre scimmie, volendo evitare di essere bagnate, la tirano via dalla scala picchiandola.

Da questo momento nessuna scimmia prova più a raggiungere le banane.

SECONDA FASE

Nella seconda parte dell’esperimento una delle scimmie presenti in gabbia viene sostituita con una nuova scimmia. Appena questa si accorge delle banane prova naturalmente a raggiungerle, ma le altre scimmie, conoscendo l’esito, la obbligano a scendere e la picchiano.

Alla fine anche lei, come le altre 4 scimmie, rinuncia a mangiare la banana pur non essendo mai stata bagnata con l’acqua gelida e non sapendone quindi il motivo.

TERZA FASE Un’altra scimmia di quelle iniziali viene sostituita con una nuova scimmia. Il gruppo si trova quindi ad essere composto da 3 scimmie iniziali (che sapevano perché non tentare di prendere la banana), 1 scimmia che aveva imparato a rinunciare alla banana a causa della reazione violenta delle altre e 1 scimmia nuova.

La scimmia nuova, come previsto, tenta di raggiungere la banana. Come era avvenuto con la scimmia precedente, le altre scimmie le impediscono di raggiungere il frutto senza che il ricercatore dovesse spruzzare dell’acqua ed anche la prima scimmia sostituita, quella a cui non era mai stata spruzzata l’acqua gelida, si è attiva per impedire che l’ultima arrivata prenda la banana.

CONCLUSIONE DELL’ ESPERIMENTO

La procedura della sostituzione delle scimmie viene ripetuta finché nella gabbia sono presenti solo scimmie “nuove”, che non sono mai state spruzzate con l’acqua.

L’ultima arrivata tenta Naturalmente di avvicinarsi alle banane ma tutte le altre glielo impediscono: nessuna di esse però conosce il motivo del divieto!

In questo modo, una nuova regola è tramandata alla generazione successiva di scimmie, ma le sue motivazioni sono scomparse con la scomparsa del gruppo che l’aveva appresa.

Se fosse stato possibile chiedere alle scimmie perché picchiavano le compagne che provavano a salire sulla scala, la risposta sarebbe potuta essere: “Non lo so, ma è pericoloso salire la scala ed è meglio evitarlo. E’ sempre stato così!”}

 

 

 

 

Introduciamo allora il concetto di impaurimento e di paure autolimitanti. In verità è proprio la paura ad essere altresì essa una Immotivazione astratta, poiché ragioniamo credendo che la nostra intelligenza preveda realizzazioni future senza margini di errore, tuttavia la teoria fisica del caos, le teorie scientifiche della casualità e le teorie della psicologia della aleatorietà introspettiva nonché la sociologia relazionale testimoniano che la certezza previsionale è altresì essa un valore aleatorio: ma se è proprio una improbabilità di previsione a fondamento della nostra paura, il senso della nostra paura è puramente logicamente confutato e ciò che non ha senso per noi non ha importanza né assume rilevanza come criterio decisionale.

La tendenza a seguire i flussi di necessità normalizzati immotivati nonostante sentiamo noi stessi non appartenervi non è saggia.

 

Il conformismo può essere inoltre stimato come un prodotto di congetture per cui incrementi esponenzialmente la realtà di aleatorietà e di dissonanza tra messaggio originale e messaggio reinterpretato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capire le ragioni delle regole ove dovessimo percepirle senza senso, la consolidazione e la trasmissione comportamentale non deve possedere elementi immotivati bensì la ricerca paziente e la premura attenta al vaglio delle multi_prospettive in ottemperanza della realizzazione dei valori umani fondamentali tra cui il valore della libertà, della autodeterminazione identitaria, della inclusività che è valorizzazione dal prossimo altresì in presenza di scelte attitudinali creative docili bensì non conformiste.

Una riflessione sulla importanza di non accettare acriticamente il reale, e sulla importanza di esprimere noi stessi e la creatività che siamo per passione trascendentale realizzati ad essere nonché ad una comprensione di valorizzazione delle differenze creative attitudinali espressive e identitarie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sitografia.

https://lamenteemeravigliosa.it/wolfgang-kohler-lintelligenza-e-gli-scimpanze/

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Wolfgang_K%C3%B6hler

https://www.ilsuperuovo.it/la-scimmia-di-kohler-ci-mostra-la-natura-analogica-del-nostro-ragionamento/

https://www.geagea.com/30indi/30_13.htm

 

LIMITI LIBERI

 

Pensiamo il nostro valore essenziale in principio di possedere valori tuttavia siamo a riconoscere che la sorgente del possesso di valori è il valorizzare. In primo luogo questo è un principio orientativo poiché non può esistere possesso di valori senza il valorizzare, poiché annientiamo le realtà che non valorizziamo. È l’annichilimento la vera negazione di proprietà non il dono, il dare è una elevazione dell’allontanarsi da un bene. Ciò che è donato è guadagnato. Un criterio di bontà personale è allora il sapere valorizzare prima del possesso di valori nonché la facoltà di valorizzare è il possesso del valore aureo della gratuità elevativa.

Quando tu hai una realtà ti può essere tolta, ma quando tu hai data, donata, dedicata una realtà la hai realizzata come realtà universale ed è mnemonicamente eterna, il bene espresso è pragmaticamente ottenuto secondo il paradosso che il dare sia il possedere, la vittoria è vinta poiché è oltrepassata è ottenuta poiché è superata, la linea del traguardo abbiamo incontrata e la linea abbiamo superata e persa ma è misticamente nostra proprio perché la abbiamo liberata all’universo. Ogni passo creativo è il superamento di un limite introspettivo che si caratterizza nella pragmaticità creativa nonché il creativo perde ad ogni gesto creativo infinitesimi della sua introspezione, il pittore esprimendo il quadro perde il suo quadro in fattibilità e realtà esteriore altra rispetto alla sua esistenza ed essenza eppure il creativo è il creatore ed è la persona a materializzare il fatto creativo e la realtà data al mondo.

Traslando questi semplici paradossi sulla base della valorizzazione dei fatti creativi altrui.

 

 

 

 

 

Consiste una immedesimazione. Se fossimo noi stessi i creativi ed il nostro fatto creativo fosse non valorizzato, in ricevendo di indifferenza, ovvero che la nostra manifestazione non realizza contrasti, non realizza rilievo e non realizza cambiamento. È intuitivo il nostro sentimento di rassegnazione, non per la assenza di nostra energia creativa, bensì in presenza di aridità di valorizzazione del prossimo verso di noi. Allora smetteremmo di creare. Ed è proprio questa la chiave di comprensione che ci permette di intenderci sulla realtà che sia una importanza aurea il valorizzare. Poiché coloro che non hanno valorizzato noi e la nostra creatività perdono noi e le nostre presenti e future creatività. Allora è primariamente valorizzare il prossimo il vero valore. Ora intuiamo che siamo sincronisticamente noi medesimi a vivere il non ottenimento in misura in cui annientiamo e rendiamo niente realtà che sono “Something creative or latent potential prospective creativities” e in realtà avvaloriamo noi medesimi/e in misura in cui valorizziamo il prossimo poiché eleviamo il principio aureo di proprietà eterne universali.

Il dono di libertà è allora una elevazione del possesso poiché è il possesso elevato ad essere non limitativo.

Il motivo del possedere è salutare, possediamo realtà che custodiscono e migliorano la nostra salute, ed un principio fondamentale strutturale della salute umana è la relazione nonché la espressione di un bene al mondo ci fa stare bene e ci rende felici, meno la repressione individuale delle nostre proprietà sia materiali sia evanescenti introspettive. Una domanda in nostra curiosità. Quale realtà rende noi felici in relazione con il prossimo? Che il prossimo sia felice, certamente il fatto che il prossimo sia triste ci rattrista.

 

 

 

 

Ammesso che il materialismo è il denaro sono meri strumenti mediativi delle felicità relazionali non sono le proprietà materiali le nostre felicità, è un sentimento comune, poiché il sentimento emozionale di reciprocità relative agli affetti personali sono di ordine superiore rispetto alla dialettica materialista uomo_oggetto. Allora in una mentalità universale può allora essere il liberare, il non possedere a realizzare la felicità altrui ed allora la energia elevativa relazionale è ad intelligenze di livello superiore che considerano criteri ulteriori rispetto alle mere proprietà materiali. Allora possiamo traslare alle dinamiche relazionali il criterio che il perdere sia il guadagnare. Questa è una riflessione di paradossi non evanescenti bensì trasversali relativi ad una mentalità elevativa delle lontananze e delle separazioni restando comunque vere e valide le valorizzazioni relative ai criteri normali dell’avere relazionale, del restare insieme e della resilienza relazionale, il mantenere i contatti affettivi e relazionali insieme ad una riflessione che argomenti i motivi secondo cui possa consistere realtà relazionale non nonostante ci separiamo e ci allontaniamo bensì forse proprio perché ci separiamo e ci allontaniamo. In una mentalità paradossale dei margini ispirativi. Nonché all’aumentare dei giorni dei mesi, degli anni, dei decenni di nostra eventuale Lontananza non decresce e non si spegne la nostra volontà di resilienza relazionale bensì che incrementi. La mentalità paradossale dei margini ispirativi è un mindset utile altresì nei contesti di giudizio valorativi e dispone che: Sia proprio nei momenti in cui risulti a noi assente la volontà di valorizzare essa simultaneamente risulti effervescente proprio in nostra reazione creativa ad una discendenza evanescente, realizzeremmo intensità migliorative in disparati contesti relazionali. “Non privar mai della nostra valorizzazione i fatti creativi altrui.”

 

 

 

Se saremo buon esempio di questa idea potremo vivere in ritorno da coloro che hanno accolto il nostro esempio il medesimo principio di riconoscimento e valorizzazione nei confronti delle nostre creatività. Una ontologia dell’essere è sentimentale percettiva, è pertanto il dare è mai solamente il possedere a qualificare la nostra identità poiché il dare espressivo infonde e costituisce la nostra realtà identitaria relazionale ovvero la realtà che siamo e che saremo, che siamo orientati ad essere dalle altre persone e per le altre persone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L` UNIVERSO DELLE POSSIBILITÀ

 

Avvalorare la possibilità invisibile consiste nel credo spirituale che le ispirazioni che sorgono dalle fonti di riflessioni già realizzate siano altrettanto rilevanti e di valore quanto le parole già espresse ed impresse d’inchiostro sulla carta. Significando che è la immaginazione ideale ed utopica a fondamentalizzare la realtà in egual qualità della realtà che ispira le idee, i sogni e il subconscio introspettivo. In questo senso il creativo concreto è primariamente un sognatore fantasioso ed utopico, ma soprattutto è una persona che crede e che ha fede, fiducia e speranza infondate ed immotivate poiché sono proprio queste strutture spirituali ad essere i fondamenti di ammissibilità di realtà che ancora non esistono e che esisteranno proprio in grazia della resilienza fiduciosa di queste persone sognatrici e credenti. Credo sogno e speranza sono le tensioni evanescenti spirituali che definiamo apotropaiche, (dal greco apotrepéin, allontanare) ovvero che orientano al bene ed allontanano dalle influenze del male. Credo, sogno e speranza sono pragmatiche ma non sono materialiste. Sono pragmatiche poiché sono una tensione verso l’applicazione dei principi e la realizzazione del divenire creativo delle realtà _ tuttavia non sono materialiste poiché non sono materia ma flusso cangiante della materia proprio perché sono pragmatiche ovvero non statuiscono l’essere non realizzano l’essere a restare sempre identico a sé medesimo bensì sono un flusso cangiante migliorativo dell’essere a compiersi ed integrarsi proprio del flusso plasmante dell’aura evanescente di speranza, credo e sogno. Pertanto infondiamo sogni, credo e speranze nelle realtà, allora la materia si eleva della nostra spiritualità è grazie a noi creativi/e che sogniamo e che preghiamo che le realtà migliorano.

 

 

 

Il creativo che idealizza orienta sé medesimo al fatto creativo e plasmante ma è proprio la idealità eterea ispirativa a fondamentalizzare il cambiamento non il fatto cangiante medesimo.

Il sogno allora risulta materia onirica poiché induce la idealità fantasiosa nel reale ed integra la realtà con la idealità creando nuovi stimoli e orientamenti di ammissibilità.

Le materie speranza e credo sono flussi ulteriormente elevativi e sono importanti criteri strutturali di ammissibilità di miglioramento relazionale, inclusività, perdono, aiuto, gratuità, fiducia, assertività sono appunto flussi di gratuità poiché infondendo nel reale le nostre impressioni introspettive, esprimiamo valori aggiunti relazionalmente costruttivi.

 

L’universo delle possibilità è incredibilmente illimitato, è talmente vasto ad essere parziale entità potenzialmente elevativa e migliorativa di qualsivoglia realtà, l’universo delle possibilità è sì illimitato da confutare il suo medesimo limite di non credibilità realizzando noi stessi/e a credere in potenza di potere forgiare la materia proprio perché le realtà non significano mai solamente esse medesime bensì esse sono ontologicamente in potenza ovvero in consistenza in esse dei nostri flussi spirituali cangianti.

È la possibilità a creare fattibilità di cambiamento, ed è la fattibilità di cambiamento a creare la nostra tensione di movimento, e la tensione di movimento è per noi salutare per tre motivi, il primo è il senso di dedizione che rincuora, il secondo è il senso di libertà, il terzo è la ripristinazione energetica poiché muoversi è energizzante, il quarto è la riqualificazione di flessibilità identitaria che è proprio caratterizzata dal nostro potere fare.

 

 

 

 

 

Sognare, pregare, avere fiducia, credere sono a priori fatti anticipanti ed introduttivi già cangianti ed influenzanti le realtà. Il primo passo verso l’impossibilità implica la ammissibilità della impossibilità, poiché l’impossibile non è possibile ed è un estremo, ma se realizziamo un margine infinitesimo di possibilità allora confutiamo la totalità estrema della impossibilità e l’impossibilità grazie al nostro passo è già possibile. Allora è nella misura e nella qualità in cui crediamo realizziamo incrementi di ammissibilità e di realizzabilità delle irrealizzabilità. Un esempio di progresso metafisico creativo è la persona creativa che persevera la sua creatività nonostante la resistenza della non riconoscenza – la riconoscenza e la credibilità incrementano ad ogni passo creativo della persona creativa poiché il margine di ammissibilità della condivisione risulta d’opera in opera incrementato e l’incremento di una variabile a variantizzare la totalità del sistema, le altre variabili del medesimo sistema ne risultano cangiate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CUOR BEN PENSANTE

 

Il cuore è la parte pensante emozionale, il cuore ha 40000 neuriti sensoriali, sono cellule che funzionano come quelle del cervello solo che si trovano nel cuore e funzionano in maniera indipendente. È un senso di sensibilità emotiva che fondamentalizza il pensiero razionale. Se il pensiero razionale consiste nel contenuto di idee, il sentimento emotivo consiste nel motivo pulsionale delle emozioni che non hanno  una traducibilità dialettica ideale in quanto sono energia emozionale e spirituale. Nella dialettica razionale immaginativa esiste la ispirazione di idee allora nella dialettica emozionale esiste emozionare sentimenti e nella dialettica onirica esiste illudere fantasia e nella dialettica spirituale esiste ascendere la materia. Il cuore significa le realtà alle quali non riconduciamo senso.

È la consonanza tra pensiero neurale e sentimento emozionale _ è la risonanza coerente tra impulsi elettrici neurali e flusso energetico cardiaco che realizzano la elevazione aurea delle nostre facoltà innate, memoria, intuizione, Autocoscienza, spiritualità, intensità di aura emozionale, sensibilità, resilienza nonché una coerenza della volontà introversiva e manifestazione. In verità impulsi elettrici neurali e flusso energetico cardiaco non sono percezioni nostre ma sono coscienze nostre le commozioni che sono ulteriorità emozionali che in risultato ideale sono le sorgenti che suscitano la riqualificazione, il ripensamento razionale _ nonché il nostro essere più buoni e magnanimi di buon cuore. Il battito cardiaco è pura ancestralità. Esistenza ancestrale. Essenza vitale, vita che è ulteriorità creativa. Emozionalità è co_sentimento, unipatia. L’unisono dei cuori eleva il senso relazionale dell’inclusività. Il senso del nostro cuore è infondere ovunque energia e vita, ovvero il senso di gratuità.

 

 

Il senso della urgenza del vitalizzare, il cuore non ha idee che dubitano, che negano, che ostacolano, che giudicano, il cuore vive il suo senso rivitalizzante, il cuore animato esprime animo e spirito che sono evanescenze eteree energetiche che muovono il subconscio e significano e sensibilizzano di significati ancestrali e puramente vitali le realtà che a nostra superficie razionale conosciamo come idee e azioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA MATERIA SPIRITUALE

 

La spiritualità ha valore intuitivo introversivo tuttavia non è solamente individuale e non è non relazionale. Comprendiamo la spiritualità relazionale poiché lo spirito è animo orientativo di fiducia e di credo che sono criteri che identificano, che comprendono e che valorizzano.

La spiritualità relazionale è un valore aprioristico concreto e non evanescente bensì umanamente puramente sorgente di criteri di ammissibilità di ulteriorità. Poiché quale realtà compendia la nostra valorizzazione? Valorizzazione è una evoluzione della dedica di credibilità.

Allora la spiritualità introversiva evolve i nostri criteri di realizzabilità delle nostre proprietà velate latenti permettendo che in origine siamo noi medesimi/e a realizzare componimenti creativi nuovi, a vincere la novità, poiché la credibilità non è solamente un frutto della abitudinarietà creativa ma può essere frutto di una sorpresa propriamente rivoluzionaria ed innovativa, è proprio la intensità del credo introversivo a realizzare lo stupore di credibilità.

In secondo luogo credibilità è un fattore di giudizio _ riconoscendo pertanto il valore relazionale della spiritualità in quanto è la fede, la fiducia, e il credo nella realizzazione dei valori non già visibili bensì latenti delle realtà emergenti delle persone che ci circondano a realizzare a fare credibilità relazionale. La resilienza relazionale è un luogo di emergenti possibilità che tendiamo a limitare ed a non evolvere. Nonché comprendiamo che il giudizio spirituale di possibilità di credibilità non è vano poiché si mantiene la proprietà originaria di supporto e di conforto che non ostacolano, bensì agevolano, permettono, premettono e promuovono il naturale evolversi del flusso espressivo creativo delle persone intorno a noi.

Allora la speranza di spiritualità non è assolutamente una astrazione evanescente ma è pura concretezza di collaborazione assertiva e collaborativa, il verbo non saltuariamente relazionato ai concetti di speranza e spiritualità è infondere e non è un caso poiché infondere è il tipico espressivo del valore del miglioramento di gratuità che è il dono di puro valore aggiunto creativo relazionale.

È caratteristica la metafora del collezionismo di monete per due motivi, il primo perché la essenza di una moneta non è compresa solo per il suo valore nominale bensì è concepita in possibilità di avere un valore ulteriore rispetto al valore nominale proprio per piccole variazioni chiamate errori di conio, o per unicità, proprio come le facoltà latenti ad essere espresse e realizzabili.

Il secondo motivo è la proprietà di errore di conio come metafora del fatto che sono proprio le imperfezioni a determinare il valore di rarità e di unicità.

Il fior di conio, il fondo specchio e la placcatura in oro del nord rendono onore metaforico all’inizio creativo degno del merito di valore e credibilità.

L’iperbole elevativa della concretezza è il materialismo, focalizziamo la spiritualità in intensa materia energetica e creativa, così accorgendoci del valore premuroso e rilevante dell’anima nonché lo spirito è un rilievo che preme, è un flusso cangiante che eleva noi stessi/e ed il prossimo al migliorismo ed al creativismo che sono i tipici destrutturanti del nichilismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIAMO CIELI

Glorie d’anime celesti

 

Un disincanto d’intuito mi apparve, un mistero se le nuvole, il tramonto, l’arcobaleno, le piogge, lo zefiro, la neve siano manifestazioni del cielo eppure non siano Cielo nella sua verità realmente naturale.

E se Cielo fosse ulteriormente rispetto alle manifestazioni celesti se vi sia un equilibrio di giustizia, che alla pioggia sia arcobaleno, allora i colori siano alle lacrime.

Noi creiamo l’anima in immagine della aura della energia emotiva creativa o siamo anima in immagine della aura di energia emozionale creativa? Allora è nata prima la persona o la sua aura creativa? È la persona nella sua aura d’anima o è la persona a creare l’aura d’anima.

Poiché cerchiamo sia la persona sia la sua energia emotiva creativa, ma la persona è come il Cielo come le sue manifestazioni creative emozionali sono come le espressioni celesti.

Allora se esiste una possibilità di non co_essenzialità tra anima ed animante, allora altresì le qualità delle due essenze potrebbero non essere uguali.

Il senso della presenza della persona con noi si qualifica allora secondo due realtà la presenza reale concreta tattile affettiva della persona ed il sentimento della emotività e della creatività della persona. Talvolta sentiamo il sereno del Cielo ma non sentiamo il Cielo.

Perché se cerchiamo la aura creativa della persona potremmo non incontrare la persona bensì la sua aura creativa. Potremmo cercarci ove sono le nostre manifestazioni, è la nostra gloria di aura creativa ma potremmo lì non incontrare noi. Se allora siamo ove non siamo dobbiamo cercarci dove non siamo mediante intuizione.

Forse è la persona prima dell’aura creativa, è il cielo prima delle manifestazioni celesti.

È il creativo nonostante in un luogo possa essere serena non creatività, è il Cielo altrove celeste universo.

È nata prima la persona o la sua Anima?

Se Anima è sia sorgente spirituale emozionale sia flusso espressivo creativo potrebbe allora accadere che cercando la aura creativa di una persona nonostante potessimo non incontrarla sappiamo di essere illuminati dalla gloria dell’anima creativa della persona ed i nostri colori d’animo ci orienteranno reciprocamente ad incontrarci.

Questa riflessione può essere un caratterizzante della virtualità che allora riconosciamo come catalizzatrice della distinzione tra il sé ed il sé creativo,emozionale.

Introduzione alla complessità del tema : “Il creativo non non è co_essenzialmente la sua opera creativa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIAMO UNIVERSI MERITEVOLI

 

Nietzsche in “Ecce Homo” scrisse:”Io sono questo. E sono quest’altro.” fu interessante questa identificazione di sé in relazione al titolo stesso. Poiché questa interconnessione concettuale è una elevazione spirituale della persona _ nonché una prototipica caratterizzazione divina è la onnipotenza.

Allora realizziamo secondo logica che la persona possiede una ontologia divina che è la onnipotenza che è a rispecchiarsi proprio nella nostra dicotomia introspezione ed estrospezione _ nonché le nostre realtà latenti sono in divenire ad essere ciò che ancora non abbiamo espresso e che tuttavia esiste ed attende di essere da noi stessi/e rivelato.

Nonché paradossalmente possiamo ulteriormente rispetto a ciò che noi stessi siamo.

Una interpretazione di Mediocritas secondo questa logica è da intendere come una lacuna di giudizio dell’osservatore piuttosto che una ontologia di limite della persona che abbiamo caratterizzato essere in stadio di rivoluzione evolvente.

Un criterio di assertività percettiva è :

“ Crediamoci ulteriormente. “ La tensione di riconoscimento non sia allora nel limite di ciò che esprimiamo bensì nella nostra possibilità di espressione ulteriore.

“Ad utrumque paratus.” è una seconda caratterizzazione di questa nostra potenzialità. Ovvero siamo preparati/e sia ad affrontare questa realtà sia la sua realtà gemella.

La flessibilità istintiva e reattiva, la sorpresa sono soprattutto proprietà infantili tipiche delle menti libere che sanno immaginare e sognare. Immagine, fantasia e sogno intendono di non fermarsi al disincanto della contingenza bensì di credere nella possibilità di misteriose ulteriorità. Nonché un orientamento di realizzabilità latenti nostre e del prossimo premesso che le rivelazioni si realizzano in presenza a priori di condizioni di ammissibilità delle diversità e delle benevole improbabilità. Sovente ricusiamo solamente per ciò che vediamo, e se invece interpretassimo noi stessi e sapessimo di essere noi stessi universi meritevoli, ci promuoveremmo e ci perdoneremmo.

Ed il prossimo come noi merita il diritto della nostra premurosa pazienza e curiosità mediative della sua creativa rivoluzione rivelatrice. Riconoscerci è un senso paradossale, poiché è sia individuale sia relazionale. Riconoscere la nostra introspettività simultaneamente orientandola alla relazione. È un senso universale di dedica di dignità poiché sentiamo propriamente il prossimo in ontologia altresì spirituale a noi medesimi. Se è allora automatica, naturale ed istintiva la auto_valorizzazione diviene per logica automatica, naturale ed istintiva ma valorizzazione dei prossimi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN SENSO Dl VOLONTÀ Dl GRATUITÀ

Lo stato d’animo, le emozioni che proviamo il nostro tono dell’umore influenzano il nostro sistema immunitario quanto lo influenzano la respirazione, la alimentazione e la qualità del riposo. Ricevere soddisfazioni emotive_relazionali, empatiche è allora un fatto necessario alla nostra salute fisica. Ma per chiralità affettiva o specchio emozionale ciò che è espresso è una auto_espressione perché la realtà che esprimiamo la viviamo immediatamente noi stessi /e. Dare bontà fa bene quanto ricevere bontà? No, perché dare bontà fa più bene di ricevere bontà. Ricevere bontà è un valore aggiunto, dare bontà significa ottenere un valore aggiunto di realizzazione della nostra introspezione che è una positività che sentiamo, ulteriormente dare bontà non è una realtà vana e priva di effetto, poiché il dare bontà significa che esiste il prossimo che riceve il nostro fatto buono, e questa realtà implica il valore della ri_conoscenza del prossimo verso di noi _ la riconoscenza è sia il puro fatto di riqualificazione del prossimo realmente più buono/a grazie al nostro fatto di bontà, allora viviamo la bontà del prossimo, e la riconoscenza significa sovente una ulteriorità di valore aggiunto di gratuità del prossimo che realizza nuove forme di bontà in grazia del flusso sereno che abbiamo creato. Il principio materialistico: “La realtà data è persa” è confutabile. Poiché esiste un senso emozionale puramente sentimentale emotivo non scindibile da noi che è strutturato dai ricordi. La realtà data resta a noi in senso mnemomco fondamentalmente umano e relazionale. Nonché importanti studi neuro_cognitivi esprimono che esiste una intensità emozionale iperbolica tipicamente affettiva relazionale che decade nella relazione materialistica tra persona e oggetto. Significando che gli stadi profondi di felicità consistono nelle relazioni umane mentre decade il senso di sensibilità emozionale con le astrazioni e con gli oggetti. Gli oggetti allora fungono appunto da strumenti intermediari per le relazioni delle persone. Gli oggetti allora significano caducità materialistica, mentre gli affetti umani significano sia ubiquità sia onnipresenza ovvero una resllienza tipicamente sentimentale, emozionale che struttura le nostre memorie emotive. Le realtà date allora non sono perse ma sono duplicate. Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Una proprietà se è dedicata non è annullata. Questo sta a significare che paradossalmente una proprietà dedicata mantiene un senso di esistenza e di consistenza che permane nella fonte della persona originaria. Se una realtà dedicata non è un nulla, allora il fatto di dedicare non è vano poiché si mantiene la proprietà originaria tuttavia in una fomula diversa, evoluta rispetto alla proprietà che ho dedicato. E il significato del dono materialistico, coloro che donano ricevono sempre realtà ulteriori tipicamente emozionali, affettive ed emotive, collaborative, relazionali in ritorno . Nonché giungiamo alla conclusione che dare soddisfazioni emotive _relazionali, empatiche è un fatto necessario alla nostra salute fisica. Il dono è allora la energia elevativa ed evolvente dal materialismo al sentimentalismo umano.

“Hai sorriso oggi? “

Proviamo a realizzare una curiosa interpretazione di questa frase.

Avere il sorriso, veramente essere a divenire in proprietà emotiva ed empatica di un sorriso, il miracolo del possesso della contentezza, un sorriso può essere altresì se non sia motivato e proprio il fatto di sorridere è migliorativo nelle eventualità della non motivazione di contentezza. Inoltre esistendo il mirroring parliamo di sorriso contagioso ovvero la opportunità di migliorare il nostro stato d’animo e l’animo del prossimo.

 

 

 

 

 

 

 

ASSERTIVITÀ PERCETTIVA RELAZIONALE

 

Un criterio di assertività percettiva.

La meditazione autoriflessiva è una meta_comprensione, ovvero succede la nostra estraneazione e soprattutto la nostra rievocazione percettiva: La ideazione introspettiva di molteplici punti di vista autonomamente simultaneamente, è una saggezza di simulazione che si fondamentalizza sul criterio “Come può essere la prospettiva di un tipo essenziale diverso ed altro da me? Ed insieme:”Come sarei visto/a da un tipo essenziale diverso ed altro da me?. “ una saggezza imparabile poiché la qualità dei meta_percipienti ideali necessariamente dipende dalla nostra esperienza. La rievocazione percettiva delle multi_prospettive meta_ideali è una saggezza tipicamente elevata in coloro che eccellono negli ambiti della giustizia e della giurisprudenza, bensì anche negli ambiti della medicina, della psicologia e dell’arte.

Un punto di vista non può vedersi da sé medesimo. Bensì può comprendersi da un punto di vista esteriore rispetto al percipiente che è esso medesimo un punto di vista che non può vedersi da sé medesimo. Bensì può comprendersi da un punto di vista esteriore rispetto al percipiente che è esso medesimo un punto di vista che... In ripetizione.

Un punto di vista personale, una prospettiva personale non può conoscersi e comprendersi autoreferenzialmente da sé medesima. Una prospettiva personale può solamente ri_conoscersi una volta che è percepita da un altro luogo rispetto al punto in cui è percepita. Il paradosso è che la prospettiva in origine cambiando luogo di percezione evolve in continue estemporaneità.

Pertanto non sussiste solamente la variabilità ambientale, bensì esistono i varianti e i divenienti di focalizzazione.

Quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista devi cambiare punto di vista. Comprendersi è allora un connubio tra percezione, emotività e memoria.

Se vuoi com_prendere quello che una persona sta dicendo devi assumere la esistenza della sua ragione_ poiché la questione è :”Quale realtà sto com_prendendo?” Allora devo tematizzare e contestualizzare la ragionevolezza di ciò che sto percependo. La ragionevolezza può contenere contenuti criptici e paradossali che non comprendo immediatamente, o può consistere in contrasto con il mio mindset che non sono immediatamente in conciliabilità con la mia mentalità. La soluzione risiede nella gradualità e nella pazienza ma soprattutto nella nostra capacità di riqualificazione e rivalutazione di flessibilità critiche_accettative_comprensive. Non può sussistere com_prensione senza la focalizzazione di un contenuto di ragionevolezza. Il secondo passo è la collaborazione nonché il confronto con il/la percipiente sorgente affinché la persona collabori con te per comprendersi e per comunicarti grazie alla tua ulteriore prospettiva la sua prospettiva.

 

Secondo logica dalla prima asserzione intuisce un criterio di ulteriorità comprensiva : possiamo ricondurre questo significato al senso di olismo e di omnismo della Verità.

Holism

The theory that parts of a whole are in intimate interconnection, such that they cannot exist independently of the whole, or cannot be understood without reference to the whole.

Omnismo significa che la unità di percezione prospettica non è onnicomprensivo bensì è un elemento parziale costitutivo della complessità di Verità nonché ciascuna prospettiva è un eco figlio della Verità. Pertanto Verità è conoscibile in misura della relazione tra prospettive, in ciascun incontro di prospettive succede una comprensione introspettiva che non è vana bensì è costitutiva di un passo di focalizzazione e avvicinamento verso la Verità.

La verità è allora una realtà sistemica poiché non consiste solo delle unità di percezioni bensì consiste delle qualità delle relazioni tra le persone percipienti.

LA GENEROSITÀ EMOTIVA

I SENTIMENTI AUTO_SUPPONSIVI

 

 

Presupponsivo da presupposto è una locuzione che significa “che deriva da un presupposto”, cioè da ciò che si presuppone o si è presupposto come fondamento di un ragionamento, di un’argomentazione o di una condizione1. Si tratta di un termine poco usato nella lingua italiana, che si trova soprattutto in ambito filosofico, logico o giuridico. Per esempio, si può parlare di una proposizione presuppositiva, che implica l’esistenza di qualcosa che non è esplicitamente affermato, o di un atto presuppositivo, che è un atto giuridico che costituisce il presupposto per la validità di un altro atto. Un esempio di frase con la locuzione presupponsivo da presupposto è:

Il principio di non contraddizione è presupponsivo da presupposto per ogni forma di pensiero razionale.

La matematica è presupponsiva. Ovvero è reale secondo ordini di complessità che sono costituiti, strutturati, ammessi da ordini  di semplicità. Se non si conoscono le semplicità non si possono raggiungere le complessità. Se non conosciamo la soluzione delle moltiplicazioni non siamo in possibilità di raggiungere la soluzione degli integrali. La fisica essendo strutturata a partire dalla matematica altresì essa è presupponsiva.

La filosofia, la spiritualità, il subconscio, la immaginazione, la fantasia, la emotività, la emozionalità, il sentimento, il sogno introversivi soggettivi non sono presupponsivi poiché non seguono ordini di gradualità di complessità logiche, a livello intellettuale una soggettività può giungere a verità complesse mediante le meta_ontologie pur essendo agnostico di verità meno complesse.

Possiamo caratterizzare queste realtà delle proprietà di auto_nomia e di auto-supponsività.

Autosupponsivo.

Auto- è un prefisso che significa “che si riferisce a sé stesso, che agisce da sé, che dipende da sé”. Supponsivo: che si suppone e si sostiene da sé . Potrebbe indicare che ciò che si idea, si realizza, si risolve e si giustifica autonomamente, che non ha bisogno di alcuna conferma, prova o appoggio di comprovazione di valore di integrità e stabilità antecedente da parte di altre realtà , ma si fondamentalizza solo sulla propria esistenza. Un sinonimo di Autosupponsivo è nel contesto della architettura autoportante.

Le meta_sensibilità sono autonome e autosupponsive. Questa riflessione è in direzione della caratterizzazione della lealtà sentimentale. Perché quando esprimiamo un sentimento non comprendiamo perché ci sia domandato perché senti questo sentimento? Inoltre considerando che non comprendiamo la causa sorgente razionalizzata del sentimento.

Non è una nostra ignoranza né razionale né emozionale e non significa che non abbiamo chiari i nostri sentimenti.

In pura verità abbiamo compreso che i sentimenti puramente sono in uno stadio ultra_sensoriale non razionalmente causato. La spiegazione è che non c’è causa razionale motivante un sentimento, quindi la nostra incertezza è la giusta risposta, in verità è priva di senso la domanda del perché di un sentimento proprio perché i sentimenti sono meta_sensibilità ovvero non possiedono e non necessitano di cause motivanti perché i sentimenti sono surrealmente metafisici e autosupponsivi.

 

 

 

Intuiamo un valore di pace spirituale. Se ammettiamo che la spiritualità sia auto_supponsiva significa che sia auto_leggittimata nonché una sorgente intima puramente individuale. La autolegittimazione è una proprietà di realtà. Ne conseguono n diversità di unicità spirituali in identità personali diverse.

Ma come la sentimentalità non è né competitiva né confutabile ammettiamo la giustizia di identità spirituale di ciascuna persona proprio come parimenti ammettiamo la identità sentimentale di ciascuna persona.

Non si tratta di chi ha ragione o di chi sente giustamente. Ma si tratta di pace tra unità di diversità in cui ciascuna ha diritto di sentimentalità e di spiritualità.

La immedesimazione culturale della propria spiritualità è un secondo livello di riconoscimento. Ma non è un caso che ciascuna religione mondiale sia fondata su rari e unici valori umani sorgenti nei confronti dei quali tutte le persone credono. Pertanto è in grazia di un profondo sentimento di spiritualità individuali sorgenti che tutte le religioni sono ontologicamente pacifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA GENEROSITÀ RELAZIONALE E AFFETTIVA

 

 

LA GENEROSITÀ AFFETTIVA

 

ALIUS~ALIA

LA COMPENSAZIONE ALTER_GENERE

La normalità consuetudinaria della relazione tra sconosciutezza e differenze nonché il bisogno umano di completamento propriamente in grazia di non identità e di non somiglianze rispetto a sé stessi.

La complessità della complicità tra diversità.

La ricerca è la tensione verso il ‘Non sé’ nella tipica qualificazione del sé masculino che è il disequilibrio tendente verso l’equilibrio grazie al ‘Sé femminino’

 e la ricerca è la tensione verso il ‘Non sé’ nella tipica qualificazione del ‘sé femminino’ che è il disequilibrio tendente verso l’equilibrio grazie al ‘Sé masculino’.

La tensione verso il genere opposto.

La dinamica di affettività etero_umana.

La solitudine nel lungo periodo implica che la persona gemella non è _ pertanto non è l’elemento gemello esteriormente.

La abitudine alla solitudine realizza la auto_emancipazione autoreferenziale. Che è una dinamica di completamento autonomo.

La autocompensamone dell’elemento femmmmo _ della persona maschile e la autocompensazione dell’elemento mascolino _ della persona femminile.

La naturalità e la naturalezza comprensiva ammette per chiunque il completamento affettivo di reciprocità masculino_femminino.

Tuttavia questa naturalità non sempre esiste come nell’esempio della solitudine nel lungo periodo e questa non esistenza che è tipicamente correlata alla realtà di solitudine può implicare sconvolgimenti emotivi e sofferenza in quanto a risultati di mentalità umane e sane a confrontarsi con dissonanze cognitive gravi proto_tipicamente di assenza di senso umano di completezza di unità relazionale, emotiva, sentimentale che possono implicare gli esponenziali attitudinali del proprio genere femmmile o maschile.

Questi sconvolgimenti emotivi implicano il dovere confrontarsi autonomamente con una importante complessità di tipo emotivo, sentimentale propriamente umano e strutturale. Non siamo naturalmente ad essere soli/e, pertanto secondo logicità se siamo a dovere esserlo siamo a confrontarci con questa non naturalità.

La auto_compensazione del genere opposto è una meta compensazione perché è un vuoto che manca a noi stessi/e, un vuoto che manca esteriormente a noi stessi/e non è colmato dall’ambiente, né è colmato introspettivamente, poiché è un vuoto interiore.

Sussiste una memoria del contrasto nel senso del bisogno_ nonché alla misura della vastità della malinconia della solitudine incrementa il bisogno relazionale affettivo dell’elemento di genere umano opposto. Ed insieme incrementa una maturità gestionale tipicamente improntata sulla autoreferenzialità e sulla emancipazione individuale.

È tipica la ambivalenza del bisogno di ricerca_ nonché siamo in natura di bisogno della ulteriorità del genere opposto sia se siamo in uno stadio di disequilibrio universale del nostro elemento di genere ed immaturità sia se siamo giunti alla autocompensazione emancipativa di equilibrio _l’equilibrio di noi stessi ad essere riequilibrativi/e.

Cosa significa la meta_ compensazione. Introduciamo il concetto già approfondito di meta_sensibilità.

Ovvero maturiamo in grazia di emotività tipicamente spirituali e per autocoscienza gestionale di repressività a cui troviamo resilienza autonomamente.

La sana direzione non è tuttavia l’individualismo, bensì la emancipazione individuale mediante la relazione in quanto a equilibrio puramente relazionale affettivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA GENEROSITÀ RELAZIONALE

LA CATARSI DAL PRECARIATO RELAZIONALE

L’indebolimento dalle solitudini è un significato di perdita di senso del fare.

Ogni senso del dovere è un significato di crescita di maturità emancipativa ma non significa che il senso del dovere sia autoreferenziale, ovvero che sia in relazione univoca causale con la solitudine. In verità ogni senso del dovere è in verità trascendentale relazionale poiché noi medesimi siamo naturalmente relazionali. Pertanto la relazionalità è strutturante e causativa della relazionabilità, è la relazionabilità ad essere causativa di ogni collaborazione di intraprendenza altresì lavorativa. E la relazionalità è strutturante la volontà del senso del dovere. La volontà del senso del dovere può esistere in solitudine in esempi di maturità di emancipazione strutturata e soprattutto autoportante che si sostiene da sé medesima, solitamente accade che la carenza è la assenza relazione induca la caducità del senso del dovere poiché la autoreferenzialità non può sostituirsi e colmare il senso necessario delle pluralità contestuali relazionali. Il senso del fare è profondamente relazionale non uni_contestuale bensì orientato al germogliare di relazionalità di tipo amicale, lavorativo, affettivo; se la persona è priva o privata di queste realtà presenti e se queste realtà non siano determinate in destino di questa persona succede un grave disequilibrio del dare rispetto al ricevere a livello neurocognitivo in quanto viene a non esistere la realtà neurale della compensa insieme alla immediata naturale mentalità della perdita di senso di ciò che si sta facendo nonché una demoralizzazione di rendimento. La compensa materialistica remunerativa non è una relazionalità, integra la autoreferenzialità egoica ma non integra il sistema relazionale della persona pertanto il solo denaro non risulta una compensa neuro_cognitivamente ereditaria del senso relazionale che possa integrare la energia di volontà di senso del dovere.

Pertanto la premessa della efficienza lavorativa è (insieme al significato di sopravvivenza e sostentamento) la relazionalità multicontestuale ( il contrario è solamente nel caso esemplificativo della collaborazione relazionale ad indurre e introdurre il lavoro.)

Pertanto risulta necessario premettere e permettere a noi stessi/e la opportunità di giovare della energia relazionale in quanto migliorativa della nostra salute introspettiva. Il livello più grave di precariato primariamente rispetto al precariato lavorativo è il precariato relazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inizio