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domenica 18 settembre 2022

IL SECONDO LIBRO DELL'AUTORE MICHELE VITTI 'LO SPIRO DI UN RIVO'

 

 



 

 

 

LO SPIRO D’UN RIVO

L'universo del secondo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA PRIMA PARTE DELLA TRAMA

 

 

Alle sponde di un rivo una donna raccolse un libro.

 

 

Quotidianamente trascorrevo i tiepidi pomeriggi primaverili passeggiando lungo un viale alberato prospiciente un rivo, essere abitudinari può essere una valida bussola per sapere dove ritrovarsi. Tuttavia nel corso di questa mia giovanile quotidianità incorsi in una curiosa singolarità: In una serena giornata scorsi a terra sul pavimento mosaicato del viale presso le panchine, da cui si può osservare oltre il fiume il panorama della città, un libro le cui pagine erano consumate ondulate e sdrucite, lo scroscio delle piogge ebbero intriso d'acqua la carta fino a diluirne l'inchiostro.

La mia curiosità mi condusse a leggere il titolo:

"LO SPIRO D’UN RIVO"

Il titolo mi annoiava, non mi interessava - inoltre il fatto che questo libro fosse stato abbandonato in questo luogo solitario alla miseria dell'imperversare delle piogge e alle arsure del sole mi convinceva che questo oggetto non valesse nulla, era stato evidentemente cartastraccia per il suo ultimo lettore.

Tuttavia sfogliandone disinteressatamente le pagine mi intrigava il fatto che alcuni paragrafi di quelle scritture fossero inintelligibili, le piogge e i raggi solari avevano danneggiato così profondamente la sua struttura letteraria: riconoscevo pertanto avvicendarsi

degli aloni neri a pagine il cui l’ inchiostro delle parole trascritte a mano era diventato chiaro come le pagine che lo custodivano a causa dei lumi solari, a  paragrafi di scritture bene meditate.

La sua trama era semplice, le sue caratteristiche si potevano bene interpretare dalle sue prime pagine: L’indice infatti consisteva nell’elenco di alcuni brevi racconti e poesie a senso individuale, circoscritto e compiuto – Un filo logico si disvelava da quelle scritture ed era custodito nel ridondare delle parole “Creatività velate” il cui concetto, alluse alla creatività

Letteraria come amistà relazionale nel formato di “lettere” nel lungo periodo della sua sospensione di amistà e solitudine mediante le sue scritture mai recise i legami con i suoi conoscenti ed insieme sognando di poter realizzare nuove possibilità relazionali con le persone a lui sconosciute.

 

Avrei letto questo libro allora, dovevo scoprirne i suoi messaggi celati, certo non erano più accessibili in quel libro. Mi incuriosiva il motivo per cui questo libro fosse caduto in miseria, caduto dalle mani del lettore per incontrare le calamità della natura. Avrei parlato con il suo scrittore? Forse. Le poche frasi intellegibili che focalizzai sfogliando con nonchalance mi convinsero che le parole superstiti di quelle scritture meritassero di essere lette, non mi fidai della persona che abbandonò il libro, diedi nuova vita ai messaggi che custodiva e una seconda possibilità di dialogo con me al suo scrittore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LO SPIRO D’UN RIVO

 

I BREVI RACCONTI

 

 

 

Tutte le superfici velano il profondo:

chi vide il profondo

vide ogni superficie, i veli delle creatività velate.

 

 

Hope only one thing in my life moreover.

 

Hope while I meet you to be for you

more than I may become in future to you.

Two it's neare than one to infinite.

 

 

Sun everywhere begins lightly rising every sinrise new.

Il sole ovunque inizia leggero a sorgere ogni alba nuovo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I diari della vita

 

Fu tradizione il dono di un diario a tutti i neo nati della città, questi curiosi diari erano custodi di miriadi di pagine bianche, le pagine apparivano essere infinite, tuttavia ciascuna pagina era sì fine che il diario stesso risultava di contenute dimensioni, la copertina riportava il titolo: Il diario della vita.

Ciascuno dei diari aveva una proprietà misteriosa: Allo scoccare della mezzanotte una delle pagine del diario diveniva cenere: a questi diari fu inoltre dedicato il nome di diari dei fuochi fatui, nome derivante da una tipica fiammella blu, un'aura che cinge il diario nel momento della mezzanotte.

Il mistero assoluto abbraccia le cause relative alla metamorfosi dei diari, tuttavia fu accertato che ciascun diario avesse un inscindibile relazione con colui/colei a cui fu donato, ad esempio furono riconosciute delle magiche anomalie in relazione all'aumento ed alla diminuzione del numero delle pagine in relazione all'attitudine del suo/ della sua custode; in particolare un'attitudine buona e caritatevole implicava sovente un incremento del numero delle pagine, diversamente attitudini nichiliste e dannose dedicate al prossimo, implicavano il ravvivarsi dei fuochi fatui che rendevano cenere più di una pagina al giorno.

Una seconda eccentricità caratterizzava questi diari: le pagine del diario potevano avere vita eterna: l'unico modo affinché questo potesse accadere consisteva in questa possibilità: il custode/la custode del diario poteva volontariamente sacrificare una sua pagina, bianca o accuratamente trascritta o dipinta per donarla ad un suo prossimo; talvolta questo dono altruistico poteva risolversi in quanto guadagno sia per colui/colei che donava, il quale/la quale allo scoccare della mezzanotte scopriva duplicarsi il numero delle nuove pagine, sia per colui che riceveva in dono la pagina.

Nonostante le rare variazioni del numero delle pagine, e nonostante il numero delle pagine de diario apparissero talmente numerose da apparire infinite, i giorni dei diari della vita erano in questo luogo destinati ad essere generalmente infinitesimi, i diari della vita erano esemplificativi del cucito delle relazioni che scandivano il tempo del vivere degli abitanti. Ciascun diario era custode di una unica brama simbolica che caratterizzava la prima pagina del diario: d'un fil dorato una scritta:

Una bimba impazientemente colse penna e calamaio e tracciò con libera incoscienza dei simboli insensati su ciascuno dei fogli, in pochi anni colmando le pagine del diario sovente del fatuo fuoco coronate, oramai giovane lei comprese di non avere più alcuna pagina ove trascrivere ciò che riconobbe essere assai essenziale rispetto a ciò che ebbe tracciato.

Un bimbo, semplicemente un giorno, perse il suo diario, presto egli avrebbe compreso che questa noncuranza avrebbe implicato la sua eterna solitudine, non avrebbe potuto donare più alcuna pagina.

Una bimba, bramosa d'avere nuove pagine, un giorno decise di rubare alcune pagine del diario della vita di colei che conosceva sin dalla nascita, questo atto si risolse nel divampare del fuoco fatuo che decimò le pagine del suo diario, non meritano di avere coloro che non sanno donare, sembrano voler esemplificare questi misteriosi diari.

Ed in grazia di queste ed altre attitudini infruttuose e non creative che miriadi di diari della vita divennero cenere che come neve fioccava nelle memorie di coloro che ottennero secondo l'universale giustizia di ciò che scelsero di non dedicare. Un solo diario fu oracolo di rinascita degli inesorabili, coloro che persero le pagine del loro diario della vita, coloro che non desiderarono dedicarsi, non poterono che nominarsi essi stessi inesorabili, ed esempio della loro inesorabilità fu che accolsero con letizia e gloria questo loro nuovo nome, non lontanamente credendo che questo loro nome non era che il lemma immagine della fine della loro vita (insieme) se non il reiterarsi delle memorie di ciò che (insieme) furono nel connubio di sogno di ciò che si avrebbe desiderato. La notte della vita, la nominarono: in quella lontana notte caddero dal campanile della chiesa della città una miriade di pagine bianche. Gli inesorabili accorsero per giovarsi di almeno una pagina bianca, alcuni, ora consapevoli della vitalità del dedicarsi, impressero sulla carta nuove parole di dedica, di fraternità, di senso, diedero in dono la loro ultima pagina a coloro che furono loro cari, essi riconobbero presto il risorgere di nuove pagine della vita di cui essi erano i nuovi custodi. Diversamente altre persone, assuefatte dalla droga dell'inesorabilità custodirono per loro stessi la pagina donata, essi, nonostante perseverarono nel cammino della via dell’odio, riconobbero nel momento della mezzanotte questa nuova pagina non divenire cenere, sì si compì il miracolo dell’anima donatrice del suo diario. L’assoluto e immediato sacrificio del diario, in questa occasione non poté risolversi nella risurrezione di nuove pagine del diario dedicato, nel giorno della notte della vita un'anima, l’anima donatrice del proprio diario morì, ma nessuno se ne accorse poiché andavano tutti dedicandosi alla raccolta delle pagine bianche in onore della salvezza dell’anima di loro.

 

 

IL VELO DEL NO

 

Effetto Hawthorne

Ambito psicologico.

Variazioni di un comportamento, che si verificano per effetto della presenza di osservatori:

Si conclude che la valorizzazione aprioristica del prossimo implica un incremento della sua creatività.

 

"Credi nel tuo sogno" queste furono le sue parole per me. Il pensiero di avere un sogno prima di allora non mi aveva mai sfiorato, tuttavia dal momento in cui mi furono dedicate queste parole iniziai a meditare, a forgiare, a plasmare ed a temprare l'idea del mio sogno, naturalmente crebbe in me la volontà di comprendere e di vedere realizzata l'idea di un dover essere idealizzata nell'immagine del sogno e l'essere, la realtà; dunque si avverò in me un disatteso sentimento di leggerezza, come se un'aura mi abbracciasse, mi sostenesse e divenisse per me come un'onda materna che mi donasse vitalità ed una direzione, un senso verso il quale procedere. L'onda assecondando la mia natura ideale si rivelava nella volontà di creatività, più precisamente il mio destino era l'oracolo che inaugurava il mio scalfire il foglio con la grafite, il mio dipingerlo con l'acquerello o il mio imprimere i miei pensieri sulla carta nei segni delle scritture: iniziative burrascose e funeste, identificai il mio creativo gesto nelle onde, ineguagliabili scultrici della natura, ed il foglio bianco: i ciottoli e le conchiglie smussati dalle onde, e gli scogli, muri dirimenti destinati a decadere secondo la fiera volontà di perseveranti onde.

Tuttavia riconosco che tutto questo non sarebbe stato se non per l'originario consiglio: " credi nel tuo sogno " pronunciate per me da una persona sconosciuta che sospese la parola del silenzio loro gemella: "Rinuncia."

 

 

dadi bianchi 

 

In ciascun tempo della nostra vita ci è dato il dono della possibilità di proiettare sul tavolo della realtà un dado immaginario il cui numero di facce è determinato dal nostro spirito d'iniziativa e dalle trascorse esperienze; a noi stessi è concesso di riscrivere con nuovi simboli ridefinendo le sue facce nella misura in cui abbiamo la volontà di essere artefici della nostra realtà.

Scelte eteronome:

Possiamo tuttavia delegare agli altri l'atto di questa scrittura.  Se questo accadesse l'aleatorietà sarebbe iniziatrice delle variabili delle scelte a cui dovremmo assolvere nel caso in cui decidessimo di eludere il lancio del dado, potremmo incorrere in risultati disattesi e per noi sfavorevoli.

(Se accolta con accortezza e moderazione la scelta di eludere il lancio del dado, l'accoglimento del nichilismo nel suo significato di stasi, può rivelarsi cautelante, significativa e creativa.)

Il dado bianco della vita è lo zefiro che vira la vela della nostra barca: Sovente la realtà si impone prescrivendo a noi queste premesse: Il dovere del lancio di dadi qualitativamente predefiniti, simili tra loro e per noi talvolta creativamente limitanti.

La scelta della bianca sfera come dado immaginario:

Miriadi d'infinitesime facce, l'ambizione di poter gestire miliardi di realtà che sono da noi lontane o al di là delle nostre umili capacità e consapevolezze non può che condurci alla confusione, in questa incertezza procrastiniamo la scelta e nel tempo del procrastinare sarà il prossimo a gettare i dadi della nostra vita.

Scelte autonome:

La nostra curiosità, la nostra disposizione all'accoglienza, la nostra responsabilità nella gestione delle opportunità determinano il numero di facce del dado della vita. Secondo queste premesse saremmo noi a definire sulle facce del nostro dado della vita i simboli delle variabili che definiscono il nostro percorso; alla scelta del lancio del dado seguirà probabilmente un risultato da noi stessi premeditato e pertanto più rassicurante e gestibile.

 

LA SFERA VELATA

 

Quando entrai riconobbi un ampio spazio vuoto e buio, l'unica reale fonte di luce bianca era una sfera in fine e candida porcellana che luminava il volto del maestro.

" Entrate e sedere vicino a me", consigliò egli;

Io ed i miei compagni ci avvicinammo e ci sedemmo vicino al maestro che disse:

"Lo sapete, la teoria della percezione cromatica prescrive che ciascuno di noi abbia una percezione soggettiva e individuale del colore di ogni realtà, ad esempio in verità voi tre di questa sfera cogliete rispettivamente tre qualità di bianco differenti: forse uno di voi percepisce questa sfera di colore bianco neve, un secondo il bianco floreale, un terzo il bianco avorio; sono variazioni infinitesime; noi crederemo che il bianco sia il colore originale ed essenziale della sfera secondo l’approssimazione e la generalizzazione (Falsificazioni) delle nostre prospettive; proviamo a estremare questa idea.”

Un fascio di luce azzurro celeste illuminò uniformemente per alcuni istanti la superficie della sfera, in seguito la sfera fu illuminata del colore ametista e del colore verde giada.

 

“Premettiamo che il colore essenziale della sfera sia il bianco, ed immaginiamo che i vostri occhi e la loro prospettiva siano la fonte luminosa origine dei tre colori celeste, ametista e verde giada, ne concludiamo che la vostra osservazione destruttura e falsifica la verità essenziale della fera, ovvero la sua essenza cromatica: il bianco.

Avete mai udito gli aforismi: Essere in buona o cattiva luce, e la responsabilità di mettere in cattiva luce; non limitate ciò a cui avete assistito all’oggetto della sfera; le variazioni di osservazione, si strutturano in variazioni di giudizio e di atto, dunque hanno implicazioni reali ingenti nella quotidianità della vita.”

Ora il maestro colse la sfera, ne spense il lume e la collocò lontano dall’attenzione dei discenti.

Il maestro:

“Chiedo gentilmente ad uno di voi tre di adagiarsi esattamente nella posizione della sfera.”

Uno dei tre discenti sedette nel luogo in cui giaceva la sfera.

“Ora chiedo a voi discenti di immaginare l’identità concettuale tra il vostro compagno e la sfera, ricordate l’esperienza a cui avete assistito relativamente alle percezioni cromatiche della sfera ed immaginatene l’analogia il cui nuovo soggetto è ora il vostro compagno; ascoltate:

 

Vi è tra voi due colui che crede di conoscere il colore primitivo ed essenziale del vostro compagno?”

La compagna rispose con certezza: “Io posso mettere la mia mano sul fuoco! Conosco questo ragazzo da una vita, io credo di conoscere il suo colore essenziale.”

Il compagno che sedeva vicino a lei disse diversamente: “Io e lui ci conosciamo da non molto tempo, non credo di conoscere il suo colore essenziale.”

Il maestro:

“In verità vi dico che voi due conoscete quest’uomo in uguale misura poiché non avete consapevolezza di nemmeno un miliardesimo dell’universo custodito nell’anima di quest’uomo, non solo questo, vi ricorderei inoltre che nella misura in cui voi vi vanterete di averne e di possederne conoscenza voi ne modificherete la sua essenza sovrastrutturandola con i vostri pregiudizi in questo modo allontanandovi dalla possibilità di attingere ed arricchirvi della consapevolezza della sua originale identità: Ritornando all’esempio della sfera, l’estremare la vostra osservazione, il vostro pregiudizio sul vostro compagno implicherà il reale cangiare del suo puro colore, dal bianco puro al colore che voi a lui stesso attribuirete.

Queste sono le idee che stanno alla base del limite di creatività relazionale che può instaurarsi nelle relazioni tra numerose persone: la generalizzazione, l’omologazione, l’asservimento della intima e autentica essenza individuale alla collettività, (ovvero l’annichilimento di sé stessi) la semplificazione: I colori originali delle sfere si velano reciprocamente delle tinte sovrastrutturanti delle osservazioni e delle idee aprioristiche.

(Le sovrastrutture che allontanano dalla profonda essenza di ciascun singolo hanno come primo effetto la superficialità, la reciproca inconoscibilità e l’opacità. Le superficiali finzioni di resilienza, l’imperversare dell’immagine, le scelte dirimenti della non trasparenza, la degenerazione della volontà di non violenza e della volontà di non contaminazione con le realtà diverse, la non affezione, il non affetto, le attitudini di Blocking e di Ghosting. Le scelte di blindare e schermare la nostra originale essenza. )

Nell’iniziativa d’instaurare un reciproco dialogo costruttivo e non destrutturante risiede la possibilità di poter veramente rispondere alla domanda: Noi, chi siamo? Poiché ne siamo consapevoli, possiamo essere più e migliori di quanto siamo stati, solo incontrando il prossimo, incontreremo noi stessi.

Dunque concludiamo con questa ovvietà: Quale può essere la principale differenza tra la sfera ed il vostro compagno?”

Lei disse: “Egli può parlare.”

 

Il maestro: “Io direi piuttosto: Egli può rispondere, la chiave della conoscenza della verità risiede nella curiosità e nella domanda, nell’ascolto, non nella parola: Ricordate? Il bianco della sfera era percepibile solo in assenza dei variopinti lumi dell’osservazione, la chiave della verità risiede nel dimostrare di voler conoscere nell’umiltà dell’annientamento della nostra aura egoistica.

Riflettiamo; è naturale che l’esempio del prossimo, in analogia con i principi dell’osservazione, dell’identificazione, dell’immedesimazione, abbia coerenti implicazioni nell’attitudine del singolo, pensiamo ad alcuni esempi; Il violinista e l’oratore inascoltati presto abbracceranno il silenzio e lo accoglieranno come unica realtà pensabile e possibile, colui a cui sarà ricambiato odio ed indifferenza all’amore dedicato, difficilmente persevererà nell’amore poiché concluderà di non averne mai avuto esempio e consapevolezza ed agirà secondo i principi dell’ odio esemplificato dalle altrui attitudini, gli scrittori i cui libri non incontreranno lettura abbandoneranno presto penna e calamaio, analogamente gli artisti i quali non incontreranno gli osservatori loro custodi, costa davvero tanto cara l’analogia della reciprocità tra dono dedicato e dono ricevuto? Analogamente la destrutturazione (Ad opera di uomini dirimenti, indifferenti ed egoisti) dei valori della bontà e della carità renderà presto gli uomini buoni e caritatevoli dirimenti, indifferenti ed egoisti; perché? Forse chiederete;

Forse poiché le persone generalmente brillano di luce riflessa e non di luce propria, forse poiché le persone desiderano identificarsi nel riflettere della luna e non scelgono di immedesimarsi nel luminare creativo del sole. 

L’attitudine di coloro che brillano di luce propria è la medesima di coloro che parlano a coloro che non rispondono, brillare di luce propria è un atto di dono, di puro valore aggiunto, poiché disinteressato, significa: Ci sono, se tu non ci sei, non: poiché ci sei, allora ci sono. Questa relazione significa che la creatività relazionale è originata da uno dei due poli che brilla di luce propria e che illumina e conforta il polo vicino che può trovare conforto in queste parole pronunciate come i raggi solari che incontrano la luna.

La proprietà di brillare di luce propria è in analogia con l’attitudine materna: La Maternità è una proprietà che può essere esemplificata dagli uomini e dalle donne e consiste nella scelta aprioristica della vitalità e della creatività; La madre non tace al figlio che le tace, bensì lo accoglie e lo abbraccia con il suo consiglio.

La parola, che segue al silenzio, l'atto creativo che segue all'atto che nega e che annichilisce, sono iniziative che denotano in coloro i quali ne sono esempi, resilienze, vitalità e forze spirituali rare, emergenti poiché mai destinate ad estinguersi. Il compimento dei miracoli è latente in coloro che brillano di luce propria poiché amano coloro i quali mostrano loro odio, poiché essi sono nel deserto i fiori.”

Il maestro congedò i discenti con una lettura “Il canto della notte” tratta da  “Così parlò Zarathustra” di Friedrich Nietzsche.

 

“È notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti. E anche l'anima mia è una zampillante fontana.

È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche l'anima mia è il canto di un amante.

Qualcosa di insaziato, insaziabile è in me; e vuol farsi sentire. Una brama d'amore è in me; anch'essa parla il linguaggio dell'amore. Luce io sono: ah, fossi notte!  Ma questa è la mia solitudine, che io sia recinto di luce.

Ah, fossi oscuro e notturno! E allora vorrei benedire anche voi, piccole stelle scintillanti e lucciole lassù!

- Ed essere beato dei vostri doni di luce. Ma io vivo nella luce mia propria, io ribevo in me stesso le fiamme che da me erompono. Io non conosco la felicità di colui che prende. Questa è la mia povertà,  che la mia mano mai si riposi dal donare; questa la mia invidia,  che io veda occhi in attesa e le notti rischiarate del desiderio. Oh, infelicità di tutti coloro che donano! Molti soli si aggirano nello spazio deserto: a tutto quanto è oscuro essi parlano con la loro luce, - per me tacciono. Oh, questa è l'inimicizia della luce contro ciò che riluce: freddo verso i soli, - così corre ciascun sole. Essi seguono la loro volontà inesorabile,

questa è la loro freddezza. Oh, voi, voi oscuri, voi notturni,  vi create calore da ciò che luce!  Ahimè, ghiaccio è intorno a me,  la mia mano si brucia al gelo! Ahimè, sete è in me, assetata della vostra sete! È notte: ecco, il mio desiderio erompe da me come una sorgente  - il mio desiderio è di parlare . È notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti. E anche l'anima mia è una zampillante fontana. È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche l'anima mia è il canto di un amante.”

 

Velando il nostro prossimo

veliamo noi stessi.

 

 

Cangianti sfere d'anime

I corrispondenti

 

Il libro di cui con curiosità intrapresi la lettura era custode d'una antica parabola intitolata "Cangianti sfere d'anime", questo breve scritto era caratterizzato da un'atmosfera di velato mistero, un semplice racconto di contingenze che si rivelavano in un luogo celeste, etereo, irenico, equilibrato, compiuto, perfetto. L'anima. Una sfera, la sfera del reale era custode della sfera dell'anima, immagine dell'equilibrio tra avvicendate decadenze e rivitalizzazioni: Persistenti connubi variopinti tra le aure dell'anima:

Le variopinte aure

Una sfera, immagine interiormente riflessa della verità, lei era esempio della creatività delle aure, creatività riflesse del reale che reciprocamente influiscono sull'equilibrio della realtà medesima. Ad una attitudine reale attiva o subita corrisponde il lumen e la qualità di un'aura: gli indifferenti e rinunciatari custodivano come riflesso l'aura glaciale, i volitivi e creativi, l'aura della luce; i dirimenti, l'aura violacea dell'odio, i catartici, l'aura vitrea e pura della purificazione, i corroboranti, l'aura diamantina che scolpisce e tempra l'anima, gli inesorabili, l'aura indelebile della fine, gli illusionisti o mendaci, l'aura velata che può caratterizzarsi secondo l’opportunità di purificare la realtà custodendo e celando al reale le sue proprietà oscure, ipotetiche immagini riflesse di un reale negativo, ed irraggiando il reale delle loro simmetriche proprietà positive, questo è un miracolo creativo e purificativo dell’immaginazione.

La sfera dell'anima è per miriadi di istanti sensibilmente plasmata dalle attitudini dei destinati rispondenti, sussiste una relazione reciproca tra la sfera dell'anima e le attitudini dei destinati: credete: l'essenza variabile della sfera è l'oracolo del compimento di un'aura nella realtà e del divenire latente d'altre aure.

Agli uomini fu dedicato il diritto e la responsabilità di gestire l'equilibrio delle proprie anime nel costante divenire delle aure custodite in esse: Presto si vide la verità del reale cangiare in misura ed in qualità analoghe al divenire delle aure dell'anima: Ad esempio l’anima poteva riconoscersi opaca e velata, o chiara e traslucente, questa verità era immagine dell'aura che ora imperversava nell'anima, immagine coincidente della situazione reale vissuta nonché l’attitudine che percepiamo del prossimo associata alla nostra reazione. Nella relazione tra le anime non può aver luogo alcuna delega, ciascuna creatura è reciprocamente interdipendente e responsabile dell’equilibrio delle anime, ove e quando si impone un disquilibrio tra le anime provocato dal dominio delle aure dell’odio e dell’inesorabilità, la coscienza graverà sull’anima che egoisticamente scelse il sacrificio dell’anima fraterna: Nel luogo etereo e tuttavia reale ed esistente delle anime ogni disquilibrio, ogni differenza si risolve nell’ordine universale della natura.

Siamo i corrispondenti del nostro prossimo ed egli è nostro corrispondente:

L'attitudine dei corrispondenti, coloro che sono amati, odiati, emarginati nei confronti di coloro che amano, che odiano, che emarginano è compimento dell'ordine del reale, essi sono lo yin (nero) mancante allo yang (bianco): ebbene se i corrispondenti , coloro che sono chiamati alla vocazione del rispondere ad un atto dedicato, saranno indifferenti la realtà intera sarà incompleta, ed entrambe le controparti dovranno custodire il vuoto di questa assenza in cuor loro, ed il vuoto si imporrà non come elemento debilitante l’equilibrio del reale, bensì come elemento di compimento e completamento del suo equilibrio, nonché la tetra e reale verità del nichillismo, un nulla ed un vuoto che non può che essere risolto ridisponendo nel medesimo luogo le realtà, le relazioni, gli affetti, le passioni che in quel luogo, astratto dell’animo e concreto del reale furono annientate: nulla si crea nulla si distrugge, tutto si trasforma. I corrispondenti sono responsabili della condanna delle attitudini di rancore e vendetta, in cuor loro si plasma il destino della realtà nella scelta velata di accogliere o procrastinare, purificare, decadere e rincarare, l'atto dedicato e di riesumare le realtà perdute o disperse, ed i frammenti della realtà ritorneranno a combaciare, e la realtà risorgerà a nuovo senso e bontà.

Ad uno scrittore di un'opera letteraria corrisponde l'atto creativo della lettura, è la qualità della creatività immaginativa del lettore che compie il destino ed il valore dell'opera letteraria, non solo lo scrittore, bensì i corrispettivi lettori sono responsabili d'incoraggiare l'avvento della nuova realtà della letteratura: Se lo scrittore permette all'opera letteraria di nascere, al lettore è destinato il divenire nel risorgere o nel decadere del libro, un cosmo di parole che può sopravvivere solo per volontà dei corrispondenti lettori.

In un rinomato museo fu esposta un'opera artistica che destò sorpresa e meraviglia nel pubblico: Uno specchio: Una semplice lastra rifletteva i corpi del pubblico come se l'artista volesse alludere a questo consiglio: voi, il pubblico siete protagonisti, altresì nelle vostre mani è il destino della creatività, ora lo avete compreso, io sono dalla vostra parte, aiutatemi in questo percorso di dono d'incontro, di riconoscimento, di rispetto, di incoraggiamento di noi stessi, dei nostri limiti e delle nostre possibilità d'iniziative creatrice.

 

 

Vicino alla lastra riflettente vi era una dedica dell'artista:

VOI CHE OSSERVATE, SIATE ARTE, SIATE I NUOVI ARTISTI DELL'ARTE VELATA DEL DONO DI VITALITÀ, SIATE I NUOVI CORRISPONDENTI CREATIVI DELLE REALTÀ CHE SONO DEDICATE! OVE E QUANDO ALCUNA REALTÀ VI SIA DEDICATA, SIATE VOI STESSI GLI ARTISTI ORIGINARI DESTINATI ALLA NASCITA DI NUOVE REALTÀ DONATE!

 

 

 

Se il lettore è il nuovo scrittore, ciascuno di noi è altresì corrispondente di un dipinto, di una scultura, ciascuno di noi è artista analogamente agli artisti originari poiché compartecipa alla sopravvivenza del dipinto o della scultura: vi è in gioco l'esistenza dell'arte, tuttavia alcuni corrispondenti ancora scelgono di decaderla nel nulla indifferente dell'assenza del riconoscimento, di ostacolare immiserendo la forza vitale insita nell'atto creativo degli attuali artisti originari, in immenso onore degli artisti che furono illustri, di danneggiarla con le azioni o di denigrarla con le parole, possiamo riconoscerlo, è un fatto che il portale dell'universo della creatività sia aperto per tutti coloro che vivono, poiché la vita è la chiave di questo portale, nulla d'altro può eludere il suo essere varcato se non l'intima scelta individuale di non varcarlo persistendo nella stasi, ed essi i quali lo varcheranno avranno scelto la vita ed apporteranno alla realtà il lume di creatività di cui essi possono secondo loro qualità e misura.

Tuttavia parallelamente vi è un equilibrio ancora più sensibile e fondamentale dei quali tutti siamo destinati, poiché viviamo, ad esser corrispondenti: la relazione; l'equilibrio d'amore e d'amistà che si riconosce talvolta decadere nel non riconoscimento del reciproco dono di vitalità, in essenza: cecità dinanzi al dono di noi stessi ed in origine la scelta di non donarsi; così non concediamo a noi stessi la possibilità del sentimento di vitalità che solo le proprietà della relazione, l’identificazione tra diversità, l’unipatia, l’immedesimazione possono originare in noi. Riconosceremmo che l'oratore è colui che accoglie ascoltando e soprattutto è verbo corrispondente e creativo di ciò che ha assimilato e compreso, un oratore semplicemente non tace, non soffoca nell' ombra del silenzio i lumi delle parole a lui dedicate, è in essenza il prisma riflettente che di un lume ne rende miriadi di essi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Velate opportunità

La parabola dei due fogli.

 

Un maestro spirituale accolse nella stanza i suoi tre giovani allievi.

Disponendo ordinatamente sul tavolo un foglio bianco, attirò l'attenzione di un allievo sul foglio bianco, dunque gli chiese:

"Che cosa vedi?"

Uno dei tre giovani sorrise, il maestro udì la giovane allieva sussurrare al compagno:

'perché sacrificare il nostro tempo per questo stolto cieco? Non vede che è un foglio bianco?'

Il discente rispose al maestro: "è un foglio bianco, nulla di più di un semplice foglio bianco."

Il maestro attese alcuni minuti in silenzio, con tono misterioso confidò al giovane: "La tua è una risposta inesorabile. Davvero non vorresti considerarla nuovamente, alla luce del tempo che ti dedicai per riflettere? "

Egli rispose: "è l'evidenza, questo è un foglio bianco, la mia non può che essere una risposta corretta."

Il maestro illuminato: "Non sempre ciò che è evidente e corretto è sufficiente."

Il maestro colse il foglio bianco e lo rispose con riverenza su un tavolino decorato d'oro, vicino ad una vetrina custode di sacre reliquie, per i primi giorni tutti si domandarono il senso del lasciare quel foglio in quel luogo, tuttavia presto i giovani andarono oltre questo nonsense e lo trascurarono, mai nessuno dei discenti decise di custodirlo o di sospendere l'iter inerziale degli insegnamenti per nominare la questione del foglio bianco.

Il maestro si dedicò dunque ai suoi quotidiani insegnamenti spirituali per il tempo di 100 giornate. Nel fluire del tempo di queste giornate, il maestro talvolta alludeva genericamente ad una realtà dimenticata, ma i giovani non compresero e non misero mai a fuoco il senso del consiglio del maestro

che talvolta i giovani riconobbero rattristarsi gradualmente. Tuttavia solo

durante l'alba della centesima giornata essi avrebbero compreso il motivo dello stato d'animo declinante del loro custode spirituale ed il significato delle sue rare parole dedicate alle realtà del passato.

Al nuovo sorgere del sole il maestro illuminato rinsavì i giovani con queste parole: "Non dedichiamo al prossimo le nostre prove velate se non siamo certi di essergli stati onesti, chiari e riguardosi maestri, il prossimo fallirà poiché sarà lo specchio del nostro esempio decadente.

Perdonatemi, poiché non sono riuscito ad essere un buon maestro.

Pensai che il mio silenzio dedicasse a voi lo spazio di riflessione adeguato per potere comprendere, ma non è stato così; un foglio bianco, chi mai avrebbe pensato che una realtà così semplice sarebbe divenuto nel tempo così spiritualmente rilevante. I giovani allibirono voltandosi verso il tavolino dorato e riconoscendo che il foglio bianco non giaceva più in quel luogo.

Dunque in vostro nome falliste poiché delegaste all'eterno accadere della contingenza il destino di questo foglio, ve ne dimenticaste, sia stata la vostra una scelta consapevole, avreste voi pensato, sacrifico questa realtà semplice poiché non mi è utile, sia stata una scelta subconscia voi perdeste questo foglio bianco non appena lo nominaste "nulla di più di un foglio bianco"”.

Il professore si congedò per un istante, raggiunse i discenti custodendo in mano una chiave, raggiunse la vetrina delle reliquie ed inserì la chiave nella serratura di un opaco cassetto, qui colse il foglio bianco.

"Il nostro foglio bianco.

Forse qualcun altro lo avrebbe raccolto, ne avrebbe fatto un dipinto, un origami, una poesia o ne avrebbe fatto il nulla per riscaldarsi alimentando un fuoco o per il desiderio di vedere una realtà finire decadendo per sua mano in rovina di frammenti di cenere, possibili destini di cui altresì voi siete responsabili.

Credete. Una realtà non è mai nulla di più di una realtà. Credendo questo ne annichilite il suo essere latente, il suo possibile divenire."

Il maestro illuminato colse il foglio e ne plasmò un meraviglioso origami, si rivolse al discepolo a cui aveva in origine dedicato la domanda; "Non riconoscesti di questo foglio il suo essere origami, o una meravigliosa poesia, una lettera, un manoscritto, la tela di un dipinto. . .?

L'accontentarsi della superficie è l'abbandono delle vitalità latenti, il sacrificio della latente e reale ricchezza nello spazio e nel tempo in onore della povertà evidente di ora e di qui. Sappiamo riconoscere l' universo dell'oltre?

Così andiamo trascurando la lettura dei libri poiché contenti della copertina, così si va trascurando l'aura del nostro prossimo custode della sua non effimera identità ed essenza.

Così scegliendo la superficie della trascuratezza, otteniamo non solo la povertà di noi stessi, bensì anche l'impoverimento delle realtà che abbiamo trascurato dichiarandone con insolenza e ipocrita innocenza l'inesorabile fine, il confine che le nostre cieche menti vedono.

Consiglio a voi poiché da queste parole voi possiate comprendere e confutare il vostro pensiero: vegliate vicendevolmente su voi stessi, abbiate fiducia nel vostro divenire realtà maestose e mai inesorabili, dedicate valore al margine di tempo futuro nell'investimento della reciproca curiosità, valorizzazione e scoperta, non permettete che voi tre diventiate l'uno per l'altro come questo abbandonato foglio bianco!

Innamorati dell'esteriorità, crediamo che non vi sia nulla di cui essa sia custode: vediamo uno scrigno, ci domandiamo cosa esso possa contenere? Raramente ci dedichiamo per conoscere se esso sia aperto, nel caso in cui sia chiuso mai ci curiamo di cercarne la chiave. Le verità di cui questo scrigno è custode: valori ridotti in cenere dal fuoco della nostra noia.

Sappiate dedicare il vostro tempo alle possibilità velate e non ancora presenti poiché esse sono di adesso il germoglio ed il vostro tempo diverrà florido, diversamente nulla può valere il nostro tempo ove e quando , abbagliati dal miraggio dell'esteriorità e dalla sete di essere "dei" del destino e della fine,

scegliamo di un foglio bianco il nulla del suo essere realtà da noi perduta."

Il maestro si congedò nuovamente, presto ritornò, tre nuovi discenti lo attendevano, ora egli custodiva un pacchetto di fiammiferi, un nuovo foglio bianco, questo secondo foglio bianco era sdrucito, evidentemente danneggiato e friabile.

Il maestro illuminato disse ora ai tre discenti:

"Realizzate con questi oggetti ciò che ritenete più giusto realizzare." Istintivamente una giovane discente colse il pacchetto di fiammiferi, ne colse uno tra di essi, lo accese e diede fuoco al foglio bianco sdrucito, lentamente come neve la cenere discendeva vellutando il parquet, mentre un tetro filo di fumo ascendeva, inesorabile simbolo della fine.

Il maestro domandò ai restanti due discenti se approvassero l'attitudine della compagna. I discenti, senza alcuna esitazione annuirono giustificandosi: "Questa è inutile cartastraccia."

Il maestro si congedò ed entrando lo seguivano i suoi tre discenti, coloro a cui dedicò l'esempio delle cento giornate. Egli si chinò di fronte ai giovani trattenendo un nuovo foglio bianco sdrucito, con cura ne ottenne decine di frammenti e li compì nei petali di una rosa origami.

Egli concluse triste e amareggiato: "Perché?.

Voi percepite il lume della fine e la portate a compimento.

Forse potete comprendere che questi due fogli bianchi. I due fogli protagonisti dei due esempi che vi ho dedicato sono identità analoghe a qualsiasi realtà della mappa e del territorio, un sentimento, un fiore, un libro, una creatura, il silenzio, il nonsense, il vuoto;

Il puro bianco, il puro nero, nonché i luoghi infiniti del nulla in cui noi e la nostra creatività, in essi esistendo, divengono rilevanti e lumi di cambiamento del nulla: Non dovremmo avere timore, non dovremmo allontanare o lasciare immutati i luoghi infiniti del nulla, della fine o fallimento, del silenzio, dell'essere sconosciuti, del nonsense, della superficie, della lontananza, dell'attesa; poiché ove il nulla ci circonda la nostra vitalità assume più rilevanza, il nulla onora il nostro essere artefici del suo divenire non - nulla; che cos'è la fine se non la nostra opportunità di procrastinarla, quanto invece appare che ci dedichiamo nell'agevolare il suo incombere; il fallimento non è forse il luogo della creatività dell'ordine dell'insegnamento? Il silenzio non è forse il dono dell'opportunità del nostro dedicare ascolto e parola nel sogno dell'approfondirsi di un dialogo vivo tra noi? L'essere sconosciuti non è forse il presupposto, la misura, il limite, lo spazio infinito in cui la nostra vicendevole curiosità e sorpresa possono in libertà vagabondare? il luogo indefinito del nonsense non è forse l'opportunità di definire e plasmare noi stessi un senso e un ordine di comprensione?

La superficie non è forse la nostra opportunità di oltrepassarla per poter scorgere la profondità di cui essa è custode? Le lontananze non sono forse il luogo della nostra possibilità di riavvicinarci? L'attesa il tempo del desiderio che possiamo risolvere nell'iniziativa: C'è da vivere, per cambiare in libertà questi ed altri luoghi infiniti!

Poiché vi prego di ricordare che vi è solo una scelta che fa della vitalità il tramonto ultimo. Questa scelta è l'inesorabilità, il non cambiare idea, la cecità del non riconoscere che una via non è il sacrificio di tutte le vie, il non riconoscere che siamo immensamente di più, e che è nostra responsabilità il dono di noi, non il nostro ostacolarci, qualcuno sta forse ricordando l’ enunciato: ”Non – ferma più nessuno”, perché mai secondo principio o summa a priori dovremmo fermarci e non sostenere vicendevolmente il nostro procedere?; il definire un foglio bianco nulla di più di esso, il dimenticarlo, il ridurre in cenere il foglio sdrucito, ovvero il decadere le realtà povere e fragili: l'attitudine di inesorabilità è il peccato che non rende onore e rispetto al tempo del vivere. Possiamo riconoscerlo?"

 

 

RITORNIAMO SUI NOSTRI PASSI

Il per-dono

RITORNARE NON È ARRETRARE O PERDERE, È CONTINUARE, RICONQUISTARE.

Vedere nella fine il vasto margine dell’inizio.

Coloro che si allontanano possiedono il luogo del loro aver percorso.

Non compiere il passo avanti superfluo dimentico dei migliaia che hai già percorso, ritorna sui tuoi passi.

 

 

Proiezioni inesistenti

Le conseguenze del pensiero futuristico

Troppo avanti con il pensiero

 

Sto percorrendo un corridoio, dinanzi a me c'è un bivio.

A destra c'è il corridoio che avevo già intrapreso che conduce all'uscita/entrata del'edificio, dove pazientano due persone.

 

A sinistra c’è un corridoio che conduce a stanze sconosciute il cui accesso è condivisibilmente ritenuto non consentito.

 

A dirimpetto del bivio c'è una parete la cui orizzontale inclinazione è leggermente tendente verso destra, un vasto dipinto artigianale decora questa parete.

 

Riflettei: "Prima di intraprendere il corridoio di sinistra per uscire voglio vedere questo quadro frontalmente."

 

Pertanto, coerentemente con il mio pensiero, nell'area del poligono di intersezione dei tre corridoi realizzai un passo verso destra per allineare la mia vista alla prospettiva frontale del dipinto.

 

Sentii le parole di una persona comunicare ad una persona vicina:"

 

Andrà dove non deve e aprirà porte il cui accesso è non consentito." Allora ho udito la persona vicino a lei sostenere: "È vero, lo vedo".

 

Immediatamente udii i passi solerti di una persona che presto mi raggiunse e mi bloccò  rimproverandomi:"Dove sta andando? Non sa che è vietato l'accesso a quelle porte? L'uscita è a sinistra!

 

Riflettei: “Allora mi attribuite passi che non ho svolto, per lei sto già ponendo la mano su una delle maniglie delle porte delle stanze il cui accesso non è consentito.

Lei proiettandomi dove non sono mi attribuisce intenzionalità che lei è certa che io abbia pensato ma che in realtà non sono mie idee e non sono vere. Allora lei crede che la sua mentalità sia la mia. Ovvero che il pensiero che lei ha pensato in proiezione della realtà, sia altresì stato il mio pensiero, ritiene che la sua credenza sia certezza e che il pensiero che lei mi ha innestato implichi una mia coerente intenzione e attitudine con il suo pensiero: Ovvero il mio perseverare il mio cammino verso destra con la finalità di accedere a stanze non consentite. Tuttavia il mio pensiero non è questo. Questo è il suo pensiero. Io ho appunto pensato: Guardo questo quadro frontalmente prima di intraprendere il percorso di sinistra per accedere all'uscita. Io in verità le stanze proibite non le ho nemmeno pensate.

 

Il vostro pensiero ha creato una idea futura proiettata che non è reale, ché non è verità della mia intenzionalità di cammino, vedete? Io sono fermo, ed appartengo al corridoio di sinistra dell'uscita. La sua interpretazione di possibilità della mia ‘mal- intenzionalità’ mi realizza dove non sono e crea di me una realtà a cui non appartengo, e più profondamente a cui divento realmente appartenente nel momento in cui lei induce la sua idea alla persona a lei vicina sostenendo con sicura certezza: "Andrà dove non deve e aprirà porte il cui accesso è non consentito." Allora ho udito la persona vicino a lei sostenere: "È vero". Così vicendevolmente avete supportato le vostre illusioni, il vostro dialogo ha implicato il suo rincorrermi ed ha

innestato le vostre idealità nella mia realtà ed allora io sono divenuto realmente mal - intenzionato? “

In verità  risposi loro semplicemente: Sto guardando il quadro prima di uscire."

 

Breve riflessione personale

Allora Il bene - intenzionato, nonostante sia bene - intenzionato nella sua più profonda verità e essenza, diviene  negativamente semplicemente perché è interpretato tale da occhi che non sanno guardare. Allora vediamo le possibilità, la nostra proiezione ideale concorre nel realizzare la realtà, la nostra osservazione in relazione con la qualità del nostro pensiero (esperienza, carattere, istintività. . . ) realizza la nostra interpretazione che non è inesorabilmente vana bensì è caratterizzata da una immediata implicazione creativa in noi stessi e nel prossimo.

Come vediamo? Che cosa vogliamo realizzare? Questa riflessione è una tra le basi che compartecipano alla nostra reciproca influenza.

Ad esempio il giudizio di povertà di un passante nei confronti di un questuante, può implicare l’indisponibilità alla gratuità e della carità del passante e la peristenza dello stato di povertà del questuante.

 

Ad esempio un teppista quotidianamente caratterizzato dai compagni di classe come teppista implica la indisponibilità di relazione dei compagni di classe del teppista  e la sua graduale emarginazione e la probabile implicazione di attitudini di reazione negativa del teppita nei confronti dei compagni di classe e la conferma del carattere di coazione del teppista.

Ora si riconosce evidente la responsabilità comune nelle attitudini individuali:

La cautela nell'interpretazione allora è fondamentale.

 

 

 

 

 

 

LA SCINTILLA DELL'INTRAPRENDENZA

 

La scintilla dell'intraprendenza, il dono di resilienza, la fede, magnanima preghiera, resurrezione di realtà pregiudicate finite. II lume dell'iniziativa elude le inesorabili lontananze, ed il nonsense, il nulla del vuoto della lontananza divenendo SI risolve nel senso di nuove relazioni e di riconciliate unità temprate. Così il pellegrino che dedica i suoi passi al debole ritmo del termine della fila aiuterà gli ultimi a camminare, egli abbandona il gruppo per soccorrere coloro che si sono fermati, ed Infine essi ritorneranno ai primi. Coloro che aiutano i deboli salvano tutti, poiché tutti giungeranno alla meta, così coloro che si dedicano alle labili ed ultime amistà, coloro che ritornano e si fermano per resuscitare e restaurare le amistà lontane, forse dimenticate, diverranno redentori di sé stessi e del prossimo dall'oblio della dimenticanza che al limite dell'orizzonte della pace le albe della conciliazione allieteranno

 

 

MAY-BE

Racconto del pensiero a priori ci si vuol bene con le lacrime agli occhi

 

Siamo come opere d’arte, di cui ognuno dà la propria interpretazione spesso solamente attraverso un fugace e disinteressato sguardo. Ma il nostro vero profondo significato talvolta può celarsi sul retro della tela, talvolta nel messaggio raccontato dall’autore del dipinto, siamo tutti artisti perché siamo tutti persone creative, la vita è creatività, talvolta il senso è custodito nel gesto del dipingere, del colorare o del lasciare il foglio bianco, sono queste alcune immagini di sentimenti e immaginazioni invisibili; talvolta la realtà è segreto ed è giusto che sia così in onore e diritto dell’autore di non disvelare il senso profondo di un atto di cui solamente l’artefice è a conoscenza. Vi sono verità uniche e variopinte di cui ciascun singolo è custode, mille interpretazioni fanno di noi ed è iridescente il risultato di queste percezioni – l’iridescenza ha nome Verità, ovvero le gocce che proviamo a raccogliere dal mare che in ogni istante divengono fluendo e ritornando a lui al gesto del nostro provare a custodirle a noi. Così la verità è un plasma non misurabile e non comparabile, giochiamo allora con cautela al gioco dell’equilibrio, ad esempio potremmo conquistare il futuro perdendo il presente. Che senso ha il coraggio se non l’aggiungersi alla realtà?

 

Sulla Fiducia.

Ci si incontra per conoscersi non ci si conosce per incontrarsi,

Tra noi uguali nulla si ottiene se non si rassomiglia.

                E se in verità fossimo diversi?

 

 

An everlasting maybe and future will are the ghosts of never.

 

 

 

I TRE QUADERNI

 

 

 

Il Sole tramonta, 

e tuttavia mai abbandona, ci vuole bene, ché mai nega a noi le sue albe. 

Il Sole va e ritorna,

E andando ci insegna la malinconia,

mai è a noi tanto splendente la sua luce quando il Sole manca.

Il “lontano” è il “vicino”,

Il freddo è il caldo,

L’”assente” è il “presente”.

Queste sono le parole della malinconia.

Ed il disincanto dichiara:”È evidente che la notte è buia e fredda.”

 

Vi sono tre quaderni, il quaderno della realtà, il quaderno della memoria e della immaginazione.

 

Un giorno - tre primavere

Il quaderno della realtà – Il quaderno della memoria e della immaginazione

 

Siamo quotidianamente scrittori di questi quaderni:

La realtà è incantevole:

È come se le pagine del quaderno del reale quotidiano fossero imbevute dei liquidi della scolorina:

Il Sole, ritornando ci insegna che siamo sempre all’inizio.

Noi sconsolati romanzieri del reale

che scriviamo il racconto della giornata

alla nostra ultima parola,

all’ultimo nostro segno sul quaderno del reale

vediamo le pagine che vergammo ritornar nuove, bianche, vuote.

Ora si comprende che il dono comporta che la realtà che trascriviamo sia donata:

Le parole che scriviamo sul quaderno della realtà nonostante svaniscano sul nostro quaderno sono cangianti il reale, sono rilevanti! Le nostre parole svaniscono sulle pagine della nostra vita proprio perché sono donate.

Il nostro vivere è il nostro donarci!

Non smettiamo di scrivere, poiché smetteremmo di donare, e di vivere!

Così il luogo della vita si manifesta a noi vasto:

Così le pagine del nostro quaderno del reale si rivelano infinite,

il luogo del possibile è infinito.

Chi assevera la finitudine del possibile non rispetta la vita.   

Non crediamo a chi sostiene che non ci sia più tempo, né spazio.

Il nostro aver luogo ed aver tempo

poiché è vita e cambiamento

è innovativo e rivoluzionario.

Noi che siamo scrittori del reale non restiamo vuoti in riconoscimento del nostro scrivere. La verità è riconoscente!

 

Noi siamo scrittori per il prossimo, ed in verità il prossimo è scrittore per noi!

L’arricchimento è vicendevole.

Noi stessi non siamo solamente le pagine della realtà, non saremo cancellati: siamo di più del nulla che diverremo poiché esiste il quaderno della memoria.

Dove è il luogo delle parole svanite dal quaderno della realtà?

È il quaderno della memoria.

Il Sole ci insegna ad amare il ritorno.

Ed è altresì in grazia della memoria che ritorniamo.

E non solamente:

 

Il sole andando ci insegna la malinconia,

mai è a noi tanto splendente la sua luce quando il Sole manca.

 

Allora la malinconia rievoca il passato, è il ripensamento di ciò che abbiamo trascurato, se originariamente abbiamo visto e non riconosciuto,

ora è grazie alla malinconia che dedichiamo valore e riconoscimento alle realtà che abbiamo vissuto e perduto?

Vorremmo allora ritornare per sapere di non aver perduto.

È grazie alla malinconia che i lumi riflessi

sono più luminescenti dei lumi originari.

I riflessi sono custoditi nei quaderni della memoria e della immaginazione.

L’immaginazione è una proiezione, il nostro desiderio di conciliare il sogno al reale. Allora quotidianamente scriviamo e leggiamo a noi stessi il quaderno della memoria, talvolta leggiamo il nostro quaderno della memoria a chi vuol ascoltarci; allora ritorniamo con il pensiero e desideriamo di ritornare realmente.

Il sole e le sue albe ci insegna infine a sorgere a innovare:

Qui si disvela a noi il valore del nostro quaderno dell’immaginazione.

L’immaginazione è rivoluzionaria e creativa.

Non esiste solo il passato, non esiste solo il ritorno a ciò che abbiamo visto.

Essendo scrittori dei quaderni del reale e della memoria non possiamo che essere  altresì oracoli del nuovo.

 

 

“GIRA, FAI IL GIRO, O TEMPO CHE REMOTO SEI

FACENDO IL GIRO VAI A RIEVOCARE GLI ANIMI

ALBERI, FIORI, EDUCATE LA PIETÀ NELLE PERSONE

SE SENTISSI CHE MI SI ATTENDE

ORA A RITORNAR VERREI.”

La storia della principessa splendente

 

 

 

 

IL GERMOGLIO DEL DONO

 

A way to go beyond inexorability/inflexibility

Un modo per andare oltre l’inesorabilità/finitudine/inflessibilità

A una bambina fu chiesto:

"Disegnami una A." La persona e la bambina erano disposti una di fronte all’altra.

Lei scrisse un simbolo. Il simbolo dalla sua prospettiva fu una 'A invertita'.

Contemporaneamente al fluire del tratto della bambina la persona che domandò alla bambina vide e comprese la lettera:

“A”.

 

Il paradosso è: “Tutti i bambini e gli adulti avrebbero segnato la lettera, come consuetamente sarebbe scritta dalla loro prospettiva, per essere decifrata dal lettore e insieme scrittore della lettera. In molti non avrebbero ruotato il foglio, interpretando e identifcando loro stessi come primi lettori. Tuttavia avrebbero tutti risposto in modo sbagliato alla domanda di colei che domandò "Disegnami una A."

Poiché questi scrittori avrebbero fatto leggere a colei che espose la domanda il simbolo insensato di una  'A invertita' che non è  "A".

Allora chi è il lettore? Noi stessi o il prossimo?

Questa bambina è stata alternativa ed è stata l'unica che, andando oltre la immediata risposta a una semplice domanda, ha dedicato una verità molto importante.

Allora questa bambina sembrò comunicare alla persona disposta frontalmente a lei:

"È importante che la lettera A la legga te, non io. Ché te sei prima di me."

 

L’ARTEFICIO DELL’ ELEVAZIONE DELL’ AMICIZIA

Imparare a conciliare le nostre identità

 

La funzione principale del foglio e insieme la sua profonda identità è di permettere alla penna di avere un luogo dove potere scrivere.

Il foglio è fermo ma può muoversi o spostarsi.

La penna non scrive ma cade a intermittenza sul foglio bianco, cade sul foglio senza segnarlo del suo inchiostro poichè cambia traettoria.

La penna non scrive sul foglio: Il risultato è negativo poiché la trama viene sdrucita e perforata dall’insistente pungere della penna.

In questo esempio il foglio sta assolvendo alla sua funzione e identità, poiché permetterebbe alla penna, dedicando la sua superficie di spazio bianco, di realizzare se stessa e il suo scrivere segnando il bianco con il suo inchiostro con un simbolo definito, decodificabile.

Tuttavia la penna destruttura la sua identità agendo come uno spillino per il foglio bianco.

Ora possiamo capire che la penna fa un danno, il cadere della penna è come numerosi rifiuti come piogge di no.

Secondo questa forza di gravità molte altre penne caddero come la prima penna. Tutte le penne restano incolumi.

 Il comportamento delle penne compromette l’ identità del foglio:

 Come possono essere capite (se e quando fossero scritte) le parole trascritte su un foglio trafitto, piegato, puntellato, sdrucito?

Le cause prime sono la forza di gravità, le penne, ed il foglio.

Le penne cadendo secondo la forza di gravità danneggiano il foglio e ne compromettono la sua funzione e identità.

Pensiamo allora che  il movimento delle penna sia provocato da cause superiori – la forza di gravita: Le penne ed il foglio davvero non sono niente rispetto alla forza di gravità?

Per la forza di gravità la penna perde la suaidentità poiché non può scrivere, i suoi movimenti portano a danneggiar il foglio non a scriverlo. (Le piogge dei No)

Ora allora pensiamo al foglio il cui perimetro fu in origine un rettangolo perfetto, di carta da lettere prestigiosa accuratamente filata. Ogni cadere delle penne sul foglio era percepito come annichilimento della sua identità , analogamente avrebbe pensato questo sentimento se per anni nessuna penna avesse scritto sulla sua bianca superficie.

Il foglio risulta privato della sua perfetta eleganza, poi della sua resistenza alla scrittura ed infine tanto gracile da non sopportare il tratto dello stilo.

La penna che vorrebbe scrivervi le sue parole sarebbe ostacolata dai limiti del foglio:

Il foglio non è più lineare, è increspato e lo stilo vira dove il foglio lo guida,

il foglio è strappato, e le parole sono scisse da loro stesse,

dove doveva esserci preziosa garza bianca la penna che crive deve smettere e cade non sorretta dai lembi del foglio che che ora mancano.

Il foglio restando inerte allora si lamenta, ma il suo lamento verso le penne e la forza di gravità non cambia la situazione, continua a piovere.

Allora il foglio prova a dialogare con le penne dicendo loro:

“Io non sono stato creato per questi vostri comportamenti.”

Le penne allora risponderebbero al foglio: ” Perdonaci, noi non possiamo nulla contro la forza di gravità. “

In seguito ad essere stato percosso dalle penne il foglio ebbe la forza e il coraggio di spostarsi da loro.

Tuttavia questo spostarsi non è una rinuncia, un arrendere la propria volontà, questo alontanamento significa l’opposto ovvero la resilienza del foglio di recuperare la utenticità profonda della sua idenità.

L’andare del foglio non è annientamento della sua volontà creativa – egli sta allontanando se stesso ora che è sgualcito e uno inutile spazio per ridestarsi in vasto e ordiaìnato luogo vergabile.

Lo spostarsi del foglio non è inesorabile, vi sarà presto un ritorno.

Il suo rinnovarsi tuttavia non implica il loro abbandonarle,

Intanto le penne si sarbbero a poco a poco ferite, senza il foglio che attutiva le loro cadute, si sarebbero scheggiate, avrebbero forse perduto il loro inchiostro.

Allora il foglio intuì una soluzione .  “Il pedono, la notra responsabilità e iniziativa possono essere le chiavi per migliorare la nostra realzione:

L’ARTEFICIO

 “Ho potere solo su me stesso/a, non sulle realtà prossime a me; le colpe e le responsabilità sono solamente mie – ( fuori da questo arteficio in verità le responsabilità relazionali sono rciproche e equilibrate tra le persone) autoresponsabilizzandoci, voltando lo sguardo verso noi stessi e non verso il prossimo lo perdoniamo dopo aver perdonato nio stessi e diveniamo garanti del dialogo.

Allora il foglio assimila il negativo sofferto, lo abbraccia, lo purifica e lo rinnova in energia positiva creativa:

 

Il foglio allora gestirà i flussi di gravità affinché possano riequilibrare la sua forma originaria piana e rettangolare, sfumerà le sue fibre spostando le sue sezioni di fibra dallo spesore superiore verso le sue sezioni di fibra dallo spessore asente o inferiore così da riequilibrare la densitàdella sua superficie ammendando i fori.

Altresì le penne che cadevano in grazia della forza di gravità in maniera casuale e scomposta, ora provano a gestire i flussi di gravità per giungere al foglio leggere con il  pennino rivlto verso il fogio ora rinnovato per lasciar lui un segno costruttivo. Alcune un punto, altre una lettera...

Allora anche ciascuna penna riuscì a giungere alla loro più profonda aspirazione e identificazione con la loro funzione, la scrittura composta su un foglio nella cura della superficie, del volume e del colore del foglio che ospita le loro iniziative di critture simboliche.

 

Allora concludiamo che possono essere virate le attitudini delle penne e del foglio così da ottenere risultati relazionali di iniziative creative e di intenzionalità non vane o distruttive.

Molto dipende dal flusso di gravità a cui dedichiamo il nostro condurci.

I protagonosti siamo noi

I soggetti metaforici foglio – penne – forza di gravità sono gioconde caratterizzazioni  di noi e delle nostre inesorabilità, inerzie, possibilità, deleghe, iniziative relazionali al fine del compimento reciprocamente chiarito delle noastre potenzialità e della ralizzazione vera del dialogo e della conciliazione delle nostre nostre profonde indentità.

 

 

99,9%

 

THE PURIFIED YIN YANG

99,9% positivo manifesto

0,1% negativo non manifesto

 

Il paradiso non è altrove, è ora, è la realtà irenica che realizziamo insieme quotidianamente, è il luogo contingente della nostra iniziativa purificatrice.

Il paradiso è un delicato equilibrio tra ciò che veliamo e ciò che riveliamo.

I sentimenti, seppur negativi sono velati ma non è vero che non esistono – Realizziamo la nostra umanità purificando questi sentimenti negativi esprimendoli benevolmente. Non siamo insensibili, sappiamo commuoverci, siamo anime bambine ad ogni età.

Sappiamo implodere il male in un puntino della nostra anima così da dare spazio infinito al dono di benevolenza, sappiamo custodire in noi un punto di animosità senza farne trasparire i rancori: nominiamo questo punto lo 0,1% non manifesto negativo della nostra coscienza;

Se lo 0.1% non è esistito è giusto e bene che sia così.

Ma in verità lo 0,1% è esistito, esiste poiché è qui, queste lacrime sono presenti, sono vere.

Ed il nostro valore si riconosce proprio nel fatto di aver assimilato, gestito il male (percepito esteriormente o realizzato in noi) ed averlo convertito in bene estrinsecando attitudini creative e buone.

Stiamo insieme provando a rispondere alla domanda: ”Chi siamo?”

Siamo individui, persone singolari e variopinte, ciascuno ha la sua integrità ed in questa unità bilanciamo le percentuali del bene e del male concedendo ai paradisi passati, presenti e futuri di compiersi.

Nessuno indossa maschere ed in verità ciascuno di noi indossa la sua, tuttavia siamo davvero certi che sia un male indossare una maschera? Ovvero velare in un determinato adesso contestuale un nostro lato caratteriale?

Siamo allora necessariamente destinati ad essere vivi ovvero veri e autentici, non mendaci artifici.

Non per il fatto che esiste un non manifesto in noi il nostro manifesto è mendace.

Riconosciamo che se veliamo alcuni sentimenti stiamo perdendo una parte fondamentale di noi e prima o poi questi sentimenti si rivelano poiché “Nulla si crea, nulla si annichilisce ma tutto si trasforma.”

Ciò che veliamo davvero rivela più di noi stessi? Credo di no.

La falsificazione percettiva

Ciò che veliamo diviene parte della percezione e interpretazione di una persona che ci osserva dalla sua prospettiva. Allora possiamo intendere che una interpretazione seconda sia con ogni probabilità incompleta, falsificata dallo sguardo che osserva, pertanto erronea.

È bene dunque non inventarsi, non inventare, non proiettare, non promuovere, non divulgare il non manifesto interpretato.

Il bilanciamento di prospettive

Il sistema del dialogo di gruppo può temprare la falsificazione e allontanare dalla verità.

Il chiarimento è un procedimento di adeguamento contestuale i cui passi del percorso sono concessi da una successione alternata di domande e di risposte, il dialogo fuori luogo è ammesso tuttavia deve essere funzionale al contesto fondamentale, non deve prendere il posto di esso, può essere una foglia dell’albero, non l’albero stesso.

 

 

Infinitecountbacktonihil

I

La univocità relazionale

La stanchezza relazionale il rischio dell’inerzia relazionale in direzione dello - zero relational resilience

Lo 0.01% può essere una forza indebolente – Interpersonalmente la debolezza di resilienza relazionale può manifestarsi se una o entrambe le persone instaurano uno sbilanciamento di responsabilità relazionali. Una persona o entrambe allora sosterrebbero: “Mi sento solo/a perché non hai alcuna iniziativa per noi, e mi sento stanco/a perché mi chiedi di sostenere me stesso/a e di sostenere te, di essere creativo/a anche per te – allora la relazione sono io non è noi. ?

 

II

L’Impasse della creatività inerte

Il pensiero della caducità della vita è dono di urgenza creativa e di desiderio di iniziativa attuativa:

Non c’è più tempo, ne spazio, ove e quando sembrerebbe che ve ne fossero fai e dedicati come se non vi fosse tempo ne spazio.

Il tempo della mia creatività è stato il 100% del mio tempo di vita.

Tuttavia è stato parallelamente nullo poiché la mia creatività pur esistendo non esiste:

Non vi è stato nessun riconoscimento reale, nessuna realizzazione personale e relazionale.

 

Rivelare il nostro  0,01% negativo puro, i nostri sentimenti di paura, fragilità, tristezza, odio significherebbe compromettere la bontà delle relazioni che abbiamo già realizzato e che potremmo instaurare, nonché l’andare oltre i limiti dei valori della vita del diritto, del rispetto, della fede.

 

Ma il nostro Bambino interiore risiede anche nello 0,01%

Si tratta allora di purificare i sentimenti negativi che si trovano nello  0.01% della nostra anima, convertirli in energie sentimentali buone ed innestarle nel nostro 99% che ne risulta arricchito, giovato di un livello superiore in quanto anima che ha ristabilito un nuovo equilibrio in seguito ad una ferita, uno sbilanciamento da cui ha esperito nuove consapevolezze e abilità, altresì relazionali.

Proviamo a fare un esempio

L’abilità dell’immedesimazione

L’esperienza del sentimento di tristezza può essere garante del cosentimento – L’avere esperito una esperienza analoga ad una persona è garante della possibilità di comprendere i sentimenti della persona con cui si dialoga nel contesto della esperienza che entrambi hanno esperito.

 

Autostima e integrità di identità non omologata

Meritare affetto essere valorizzato riconosciuto identificato.

Il limite della fiducia

“Vado dove mi conduci te., dovunque è da nessuna parte.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL BALDACCHINO DI DIO

 

Nella monotonia della quotidianità cercando ogni giorno l’eccezione, trovai altresì oggi quel lume che risolve il buio dissolvendolo:

Aloni di meraviglia colmano il sospeso, l’irrisolto come Lava che riarde dal vulcano e solidifica empiendo di luce ogni sua vuota oscura fenditura.

Oggi l'eccentricità ha avuto nome gratuità, ed oggi Dio mi ha insegnato che la gratuità è nascosta, non è

immediatamente riconoscibile. Provo a raccontare il perché.

Mentre intraprendevo la consueta passeggiata domenicale lungo la frequentata via di collegamento

dei paesi collinari della Mia infanzia e della mia vita presente decisi di virare la direzione del mio

cammino, il gorgoglio di una mite cascata forse irradiando in me ricordi d'infanzia,

le voci di tutti, dei bambini e di noi bambini, furono ai miei sensi come gioconde gocce che

s'avvicendano liberamente tumultuose a realizzare un irenico caos di suoni, sì indimenticabile  ed in

verità tipicamente perfetto nel suo sincero alludere: Non tutto scorre, poiché non sappiamo dimenticare

ciò che ha rivoluzionato Il nostro cuore e la nostra anima, ciò che ferisce tempra, ciò che ritorna

tempera, ciò che congeda estenua, ciò che è rincuora...

La via che intrapresi era ascendente e impervia, non vidi alcuna persona percorrerla, tuttavia mi rincuorò l’essermi rigenerato al ponte della cascata, intravidi un baldacchino su cui riconobbi essere riposti alcuni libri, dischi musicali, e peluches. Questa novità ridestò la mia curiosità, giunto dinanzi al tavolino notai un foglio bianco sul quale era trascritto il messaggio "PRENDERE GRATIS". Questo è il baldacchino di Dio, pensai tra me e me, una gratuità, un valore aggiunto caduto dal cielo, per me, tuttavia in concretezza la buona iniziativa di persone che ebbero bene compreso il valore del dono e della sorpresa. Colsi due libri e ritornai a casa. Un libro lo diedi in dono alla mia nipotina, 'Il paese della felicità' di Ernest Nister illustrato, le cui illustrazioni di avvicendano in grazia di un singolare meccanismo di rotazione, il secondo era una raccolta di poesie “Viaggio terrestre e celeste” di Simone Martini.

Alla fine l'eccentricità di questa giornata mi ha insegnato che ciascuno di noi ha la possibilità di essere l'eccentricità, il ‘baldacchino di Dio' per il suo prossimo nella misura e nella qualità in cui ridesta in lui/lei in grazia di opere di novità e gratuità, lo spirito della sorpresa. Ho inoltre imparato che, analogamente al baldacchino nascosto, è necessario uno sguardo che sa vedere oltre, passi che sanno camminare oltre

il limite della superficie, poiché la monotonia, l'apparente assenza di gratuità, l'egoismo, la passività, il nichilismo possono essere riconosciuti come illusionari veli di reali intenzioni e iniziative di gratuità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COME UN BAMBINO

È la storia di un cantante di lirica e un rinomato pianista, nel corso di questa breve storia lo sveleremo essere un importante rivoluzionario.

Tutto accadde la notte del suo ultimo concerto. Perché l'ultimo? Perché l'artista decise così, poté concedersi la libertà di questa richiesta? Si poiché quest'uomo aveva alle spalle centinaia di concerti fu impeccabile nelle sue esibizioni, nell'intonazione, nella intensità della voce, nella maestria del pianista - tutti concordarono che da solo era riuscito ad elevare i livelli di qualità degli standard canori e a distinguersi come pianista così da divenire inarrivabile per i pianisti principianti.

Il pianista non pubblicizzò il fatto che dopo quella notte del concerto nazionale di cui fu primo partecipe avrebbe smesso di suonare e di cantare, mai l'artista diede motivo del suo congedo e della qualità della esibizione di quel concerto in data della vigilia di natale, egli lasciò al pubblico la libertà di pensiero e di giudizio.

Vi fu un tempo in cui il pianista pensava di proseguire le sue esibizioni con lo stesso tenore di eccellenza oltre la data del suo ultimo concerto di natale. Che cosa accadde quella notte? Che cosa e chi comportò il suo comportamento?.

Si può dire che quella notte rovinò il concerto di natale a tutti gli ascoltatori e al pubblico presente?

Forse, poiché egli suonò il pianoforte in modo insensato caotico e disconnesso, avvicendò gravi pause di incertezza al canto stonato, tanto da mettere in dubbio agli occhi del pubblico la sua identità e le sue precedenti esibizioni - il pubblico irato sussurrava, "Non è lui, non è in sé, è una perdita di tempo stare qui, è fallito, ha compromesso il suo nome, adesso lo prenderanno tutti in giro, si è rivelato un incapace, mi ha rovinato la sera di natale." Molte persone del pubblico indispettito uscirono dal prestigioso auditorium.

Coloro che stavano dietro alle quinte che ebbero lavorato per rendere il concerto perfetto, terminata la sua esibizione non compresero le sue intenzioni e iracondi e delusi lo maltrattarono: "Abbiamo lavorato per te e guarda cosa hai combinato, i posti a sedere sono vuoti. Sei stato il peggiore di oggi, un bambino sarebbe stato più bravo di te." Fu certificato che in seguito a queste parole il pianista reagì con un sorriso di serenità.

Il comportamento del pianista aveva a che fare con due bambini - in particolare con i bambini, gli adulti e gli anziani consuetudinari -

Il giorno stesso del concerto il pianista sentì un adulto maltrattare una bambina perché in seguito a minuti di suono impeccabile ebbe sbagliato una nota: “Non sarai mai come lui, non meriti di stare qui. " E la bambina fuggì scoppiando in un pianto.

Egli osservò la stessa esperienza quando si presentò in un anfiteatro come spettatore di un concorso di cantanti in cui tutti persero poiché nessuno secondo il pensiero della giuria aveva raggiunto gli standard che il pianista stesso ebbe elevato nel corso dei suoi anni.

Infine egli lo stesso giorno vide un bambino canterino che passeggiava cantando e stonando con il sorriso.

Tuttavia accadde che negli anni successivi fu concessa una intervista al cantante la cui carriera fu sospesa in un vasto punto di domanda, al quesito sul motivo del suo comportamento quella notte egli raccontò la storia dei bambini concludendo - io sono come tutti voi, fino a quella notte non ero mai stato rifiutato, ho avuto il potere di elevare gli standard e ho avuto altresì il potere d'impoverire le esigenze che ci attendiamo dal prossimo, se quella persona fosse stata più magnanima, quella bambina non avrebbe pianto - se la giuria non fosse stata così severa avrebbe dedicato molti sorrisi a quei bambini. Infine scorsi la soluzione nella serenità di quel bambino che passeggiava stonando liberamente.

Io ho sempre suonato e cantato al fine di liberare le persone e la ultima esibizione fu per me la migliore della mia vita, il momento in cui mi sentii più libero ed il momento in cui liberai tutti voi. Sono grato alla vita per il fatto che almeno una persona abbia ascoltato queste mie parole.

Il pianista non fu mai informato ma le sue parole furono presto pubblicate, egli lo riconobbe dal cambiamento delle maniere di riconoscimento che le persone gli ritornavano al suo saluto. Se nel tempo di sospensione della sua carriera le persone lo congedavano con freddezza ora lo accolgono calorosamente domandando curiosità sulla vicenda della sua vita, ovviamente non ebbe mai perduto la maestria del canto e del suono, così dedicò il suo talento alle persone a lui più vicine e care che talvolta poterono riconoscersi essere persone che conosceva da pochi istanti, può bastare un sincero sorriso per avere cura di noi.

 

 

IL BAMBINO DEL QUADRIFOGLIO

 

Una bambina cercava un quadrifoglio in un prato ammantato di miriadi di trifogli

Non era solo, con lui un bambino la aiutava nella ricerca del raro quadrifoglio.

Trascorsero le ore, tuttavia nessuno di essi trovò il quadrifoglio.

Prima di congedarsi il bambino raccolse in trifoglio e lo donò alla bambina.

La bambina non accettò il trifoglio dicendo al bambino di desiderare il quadrifoglio.

Il bambino si rattristì, e dopo essersi congedato dalla bambina pianse.

Il giorno successivo il bimbo trovò un quadrifoglio.

Incontrò la bambina e si approcciò al suo cospetto con felicità dicendole:

“Ho finalmente trovato il tuo quadrifoglio, vorrei regalartelo .”

Lei rispose con distacco: “Il quadrifoglio puoi tenerlo, non mi interessa più.”

Il bambino si congedò da lei e pianse.

Accadde un giorno in cui la bambina avendo tra le mani due caramelle disse al bambino:

“Ti piacciono le caramelle?”

Il bambino rispose di sì rincuorato e confidente nel fatto che la bambina gli avrebbe regalato una delle due caramelle . Tuttavia lei gli disse: “Anche a me.” In seguito a queste parole scartò l due caramelle e le mangiò.

Il bambino si sorprese e pianse.

Il bambino aveva con sé ancora le sue lacrime, un trifoglio e un quadrifoglio, alla bambina non era rimasto nulla.

Tuttavia ciò che più era importante è ciò che si rivelò essere il divenire.

Una bambina vide le sue lacrime e se ne innamorò.

Il bambino incontrò un bambino triste, poiché ebbe perduto la relazione più importante della sua vita.

 

 

Il bambino incontrando la sua tristezza decise di regalargli il suo trifoglio, dicendogli:

“Trascorsi con una persona che mi fu cara molte ore ricercando un quadrifoglio in un prato in cui vi erano miriadi di trifogli, infine non trovando il quadrifoglio raccolsi un trifoglio, la rarità appartiene a chi sa ridefinirla, la fortuna appartiene a chi sa contentarsi. Il giorno successivo ho trovato il quadrifoglio che cercai il giorno precedente.”

Senza accorgersi il bambino ebbe incontrato un nuovo amico, il bambino triste si ridestò e lo ringraziò per il suo conforto.

Il bambino incontrò una seconda bambina che amava i quadrifogli. La bambina che si era innamorata delle sue lacrime.  Poiché il bambino si accorse del suo amore per i quadrifogli, le regalò il suo quadrifoglio. Senza accorgersi il bambino ebbe conquistato l’affetto di quella bambina.

Trascorsero molte giornate e la bambina delle caramelle sentendosi vuota e sola, cercò il bambino del quadrifoglio, lo trovò felice in compagnia del suo amico e della sua compagna. La bambina delle caramelle incontrò i bambini i quali tenevano tra le loro mani un sacchetto di caramelle.

Il bambino del quadrifoglio senza esitare accolse la bambina evidentemente sola e triste, dicendole porgendogli il sacchetto di caramelle:

“Mi dicesti che ti piacciono le caramelle, ne abbiamo in abbondanza quali ti piacciono di più? Io amo le caramelle al caramello.”

La bambina delle caramelle piangendo lacrime di felicità gli rispose “Io amo le caramelle alla nocciola” Aggiunse poi con voce sommessa: ”Perdonami.” Rivolgendosi al bambino del quadrifoglio.

Il bambino le disse comprendendo il suo stato d’animo.

“Non è stato un quadrifoglio, non è stato un trifoglio, lo so che non è stato quello che hai sempre voluto, ma il dono di ciò che ho adesso. Quante volte mi chiedesti la libertà?”

La  bambina delle caramelle senza accorgersi ebbe incontrato tre nuovi amici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COME BIANCHE TELE

Venir al mondo, al suo custodire miriadi di velati segreti. Avremmo fede di vedere nonostante la nostra cecità.

Ché la curiosità è un diamante della vita. Questa è una storia ambientata chissà dove, in verità non è influente il luogo di queste circostanze per il senso della breve favola. Questa non è una vicenda accaduta realmente, forse un giorno sarò io che scrivo ad impersonare l'opera del protagonista, dunque lascio ai lettori la libera immaginazione del luogo. E il tempo? Abbiate cura di scegliere il tempo che vi è più consono. Queste parole potrebbero bene abbracciare un ancestrale passato cosi stareste per leggere una leggenda, un oracolo, una ammenda. O tutto ciò che ora vi racconto potrebbe rivelarsi in futuro così essendo queste le immagini d'un sogno lucido, premonitore di ciò che potrà essere. Vi è inoltre l'adesso, un articolo di cronaca attuale. Ed infine vi è il tempo di ciascuno di noi, in cui il passato può essere presente; il presente, futuro ed il futuro, passato. Tuttavia riservo a me stesso che sto scrivendo il racconto dell'eccentricità del protagonista e delle relazioni con le persone che egli incontrò.

Il protagonista aveva un'indole creativa, ed era agli occhi del prossimo eccessivamente orgoglioso, aveva una stima smisurata per le opere che quotidianamente realizzava. Un uragano impassibile allo sconforto degli scettici osservatori del suo operato. E lo sue opere? Apparenti nullità.

Iniziò all'età di quattro anni, coglieva la tela, poneva la sua firma, appendeva al muro l'opera e la ammirava orgoglioso. Le bianche tele furono ciò che fu visto: Presto egli iniziò a mostrare le sue opere ad alcune persone, le quali, deluse, lo sottovalutarono, lo schernirono, lo stimarono senza riserve una persona problematica, limitata, noiosa, caratterizzata da una singolare e apparentemente incomprensibile follia. Alcuni dimostrarono i buoni consigli di fallire presto dilazionati da ingrati congedi: "Non rivolgere parola a questo stolto, è come parlare ai mulini a vento". "Che senso avrebbe consigliare il fallimento ad un perditempo, ad un fallito?". "Ah guardate quel deficiente che cosa si perde a fare le sue tele bianche, lasciamolo nel suo!"... Il tutto caratterizzato da ebeti eco di derisione. Arte è libertà, tuttavia il dubbio delle tele bianche fu condiviso. E forse condivisibile poiché il compimento di un passo diverso in una comunità in cui tutti sono fermi, è in verità raro. L'uomo che vedrà il sole bianco in un luogo in cui tutti lo allontanano e lo confondono sostenendo di vedere il sole nero, con coraggio resterà in solitudine fiducioso ai suoi occhi, ne diverrà folle abbandonandosi al nonsense o in onore d'uno spirito comunitario ricuserà il suo sguardo ed egli stesso sosterrà di vedere il sole nero. È possibile che il limite della realtà oggettiva sia in verità il limite dell'osservatore? E che l'osservazione implichi la limitazione della realtà? La realtà può non essere limitata, bensì, florida di verità velate di cui chi osserva si priva poiché non vede. Non disvela.

I primi a sorprendersi dell'operato del giovane furono i genitori, i quali, assistendo ai bianchi muri della sua camera mosaicati di tele bianche presto proibirono al giovane di appendere nuove tele in casa, e lo esortarono a non perseverare in quello che essi credevano essere una attività perditempo, non utile. Consigliarono inoltre al giovane di non condividere la sua arte poiché le persone certamente non lo avrebbero compreso e lo avrebbero presto o tardi allontanato.

Il giovane tuttavia non li ascoltò ed incontrando nuove persone, si schiantò dinanzi alla severità del pregiudizio, pressoché chiunque lo ignorava, rari conoscenti attendevano alcuni istanti dinanzi alle sue tele bianche, nessuno vide nelle tele bianche una verità velata, un velato giovamento. Il giovane fu mortificato quando ritornando nel suo 'museo', ovvero una modesta stanza poco frequentata di una biblioteca, riconobbe che molte delle tele presentavano dei severi tagli. L'ostinatezza del giovane era in verità sensata e ben fondata e strutturata in grazia di un pensiero profondo ed intelligente, una mentalità ben temperata che egli ebbe forgiato in grazia della quotidiana esperienza. Il giovane giocondamente pensò a sé stesso, che peccato, ora che avete tagliato le mie tele bianche, perché non avete guardato oltre il taglio? Avreste potuto investire il vostro sconforto cogliendo le tele appese dalle pareti, e schiantandole a terra avreste visto il frutto del mio zelante operare. Seppur in modo scomposto tali osservatori avevano compiuto un passo in più rispetto a coloro che ne furono indifferenti. Lo spirito di coloro che fensero le tele era creativo, nella misura in cui essi criticarono il nulla che osservarono, in questo una insufficiente volontà di voler vedere, di vedere oltre e di andare oltre, di credere che vi sia il più, velato dall'apparenza; ad essi apparteneva la colpa di colpevolizzare l'artista per una precarietà creativa che non gli apparteneva, la loro limitatezza invero, la loro carenza di curiosità non aggiunse nulla al bianco delle tele, ed il genio creativo dell'artista delle bianche tele rimase velato. Ciò che accadde nel museo non affranse l'artista che dimostrò presto di non essersi rassegnato. Poiché nessuno mai volle vedere oltre le sue tele bianche egli si convinse che nulla mai sarebbe cambiato, nessuno in futuro avrebbe visto oltre, di quanta povertà ci si può accontentare! E la sua dedizione sarebbero state vane. Talvolta invero siamo Tele bianche non semplicemente appese, bensì ben saldate e inchiodate al muro nel nostro perseverante rassegnarsi che non vi sia altro di noi da conoscere se non la bianca tela. Il giovane artista realizzò dunque una seconda mostra caratterizzata dalla medesima monotonia. Le tele bianche scandivano il candido delle pareti della medesima stanza in cui furono ospitate le tele bianche tagliate. Tuttavia premettendo una variazione. All'accesso della stanza l'artista ebbe applicato il messaggio: "La bianca e vuota superficie è il velo di variopinte realtà. Siamo Tele bianche che attendono di essere disvelate." Coloro che bene conoscevano la presunta banalità del giovane non si recarono più ad osservare l'impegno del giovane artista, il loro pregiudizio prematuro non cambiò, fu inesorabile, il vedere fallimentare, non all'altezza d'elevate aspettative e attese è sovente caratterizzato da impazienza e Inesorabilità, secondo questi ogni lasciata è persa, non è mai riconquistabile : Quanto sacrificano a loro stesse e alle realtà che dimenticano le persone che non sanno ritornare! Talvolta nuovi viandanti sospendevano il loro fugace passo dinanzi alla locandina della stanza delle bianche tele, le parole li incise ridestavano in questi nuovi osservatori uno spirito di curiosità, il desiderio di vedere il mistero velato dalla Banalità, tuttavia nessuno di essi entrò nella stanza delle tele bianche. Il giovane giunse in questo momento al culmine dello sconforto : la sua linfa vitale era stata profondamente inaridita dalla investimento vano delle sue energie in dono a coloro che mai lo videro. "È come se non avessi realizzato nulla. Se io sono consapevole di ciò che io ho compiuto, ma questo non mi rincuora, se agli occhi del prossimo io non ho realizzato nulla, gli anni di questa mia vita sono pressoché vani. Deve esistere un modo questo disequilibrio tra ciò che è e ciò che non è. Poiché ciò che è ed è stato deve essere, non dev'essere velato." Nel divenire d'autunnali giornate i pensieri volitavano nella mente del giovane come petali dei fiori al vento.

Egli giunse presto alle soluzioni del suo problema: per risolvere La chiralità e la trasparenza. Qui è disvelato il mistero ed il genio creativo dell'artista. Un bambino direbbe di lui che egli dipingeva di nascosto, nella zelante impresa di ridestare la curiosità del suo pubblico, tuttavia scelse di giocare con il fuoco e s'imbatté in una realtà ferrea, radicalmente avversa al suo giocondo spirito rivoluzionario.

Egli pertanto realizzò centinaia di dipinti, il suo talento pittorico e grafico avrebbe fatto rabbrividire i più grandi artisti a lui precedenti e successori, ma si riconosce che il genio abbraccia l'Introversione. Fu un peccato il suo non esistere, abbiamo tuttavia già chiarito che la responsabilità della decadenza della sua identità fu biunivoca. Poiché fu necessario rivelare al pubblico che i dipinti erano riposti nella parte posteriore dei quadri la trasparenza della vitrea tela era adeguata affinché si vedesse oltre, la chiralità è una proprietà essenziale e estetica: Un oggetto non è sovrapponibile alla sua immagine speculare, ovvero l'immagine originale di un oggetto e la sua immagine ribaltata e traslata su di essa non coincidono. Solo in grazia di queste caratteristiche avrebbe potuto disvelare il suo segreto. Con severo impegno egli si mise nuovamente all'opera dipingendo su un lato della tela di vetro soggetti chirali, mentre sul lato anteriore applicava un bianco velo adesivo.

Alcuni mesi trascorsero, giunse il tempo della nuova mostra del giovane artista, la medesima stanza della biblioteca era custode di due diverse singolarità di dipinti: le originarie tele bianche rispettivamente dipinte sul retro, e le nuove tele vitree velate dalle bianche pellicole.

Per questa mostra egli espose una nuova locandina in cui disvelò il suo segreto:

"TRANSPARENCY. CHANGE PERSPECTIVE: A LOT IT IS HIDED BY THE SURFACE.

Considerazioni pratiche.

Voltare le tele bianche e distogliere il velo bianco adesivo per vederne oltre, così le realtà profonde, velate, dimenticate assumono valori immensamente grandi in confronto al bianco nulla del vuoto della superficie di queste opere.

Un senso. Il mistero delle prospettive non immediate, le verità velate, ciò che siamo, non ciò che in apparenza sembriamo, meritano d'esser desiderate. Ché le ricchezze del nostro profondo non siano esclusivamente esaudite dall'esteriorità dei nostri sguardi.”

La terza mostra fu lautamente frequentata: centinaia di persone accolsero con connivenza la nuova esibizione, un prestigioso giudice artistico apprezzò il lavoro del giovane e lo ricompensò con notevoli compensi renumerativi e con permessi di esposizione delle sue opere nei più rinomati musei del paese.

Tutto è bene quel che finisce bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PONTI  DI LUCE

 

Ponti luminescenti uniscono la riva al sole.

Le onde dorate inaugurano i nostri primi passi lungo la via che conduce all’orizzonte:

Dove il fuoco iridescente sfuma in acqua, il Sole sorgente incontra il mare,

fondendosi come cera dorata in giocondi prismi luminescenti, punti di luce, come il Sole stesso.

Qui, alle rive del nostro divenire, incontra noi, ché siamo il suo stesso dono di luce. Siamo il Sole poiché brillando dei suoi cangianti e creativi lumi, ricaldandoci dei nostri affetti, siamo ponti a noi stessi.

Siamo il Sole per Noi?

Il sole è il ponte.

Il ponte è la meta.

 Noi siamo altresì coloro a cui le nebbie velarono il Sole e la via d’oro che conduce a lui.

Essere il sole:

Una donna visse in un luogo in cui il cielo era quotidianamente sereno incontrò un uomo che visse in un luogo dal cielo nuvoloso e piovoso.

Lui: “È un peccato, qui le albe sono fredde e le nubi imperversano velando ogni spiraglio luminoso.”

Lei: “Posso ricordare, possiamo ricordare insieme, puoi  vedere la luce del Sole con i miei occhi.

Vedi queste nubi bianche? ll loro bianco intensamente puro è il colore del Sole.

L’orizzonte è la linea limite che distingue il bianco del nostro cielo nuvoloso dal color mercurio del nostro mare.

Il Sole, se non fosse velato da queste nubi, dipingerebbe d’oro una linea increspata,  cangiante per il flusso delle onde. Un ponte di luce che ci conduce a lui. Puoi vedere anche te il ponte di luce?”  

L’ uomo non ascoltò semplicemente le sue parole,  lui vide per la prima volta una luce diversa del sole e la sua alba.

Lei accinse la sua mano al suo braccio, nell’atto di percepire il freddo che li avvolgeva.

Lei: “Senti anche te questo freddo.”

Allora gli prese la mano e lo abbracciò;

Lei riflettendo: ”È allora qui con noi quell’alba serena, è in questo abbraccio il tepore del sole che mi rincuorava.”

Lei disse: ”Possiamo donare il Sole. Possiamo essere il nostro Sole, se il sole non c’è.”

Lui: “Mi dicesti di non avere mai visto un arcobaleno. Al cielo sereno è velato l’arcobaleno come al cielo nuvoloso sono velati i bagliori solari, l’arcobaleno è un ponte di luce . . .”

 

 

 

 

SINCRONICITÀ

 

Al caldeggiare del primo sole, alla riva le onde del mare, brillando d'iridescenti trasparenze, si avvicendavano ritmate dal leggiadro vento orchestrante. Lo scoscio delle onde, il sibilo del flebile vento quietavano i caos di parole, di pensieri e di memorie: si la mente plasmava la mia realtà: d'un irenico mattino tra le onde d'una riva che quiete cullavano le candide sabbie rendeva un ammaraggio, l'oscillare tra tsunami o l'inabissarsi in viscose sabbie mobili. Giungendo al faro, al cospetto delle celesti sfumature del cielo e del mare, la realtà si compiva nella semplice linea dell'orizzonte ed il silenzio e l'immensità della realtà dinanzi a me, quietando l'immensa caotica illusione dell'universo della mia mente, annichili il mio ego donandomi una impensabile sensazione di serena leggerezza: Si decaddero i valori delle distrazioni, delle vuote parole, delle indifferenze, di dirimenti sentimenti. Il pensiero si purifico, rischiarandosi di perlacee luminescenze similmente ai lumi solari che si rifrangevano sul mare, dedicando alle magnanime e rispettose iniziative un valore inimmaginabile. Si mi inebriavo del profumo dell'aiuola floreale di magnolie e lavanda che di sfumature d'ametista inghirlandava la base del faro; lì scorsi il senso dell'essenza del mio vivere nel vicendevole connubio tra me e la Natura.

I malinconici frammenti di memorie or più non ledono l'animo, bensì lo temprano e lo consolano in ogni adesso in grazia di meravigliose sincronicità, altresì ora al quieto cadere della prima neve.

 

 

INFINITESIMI UNIVERSI

 

Un giorno: tre primavere: Vedemmo in un secondo l'infinito della vita, ed in questo luogo ci guardammo ma non ci vedemmo, poiché guardammo di noi l'inesorabilità del giorno che reitera se stesso non essendo nulla di più che se stesso.

Tuttavia ora la vita ci dona occhi che vedono dove non guardano, così ora dissimilmente sappiamo trovarci e riconoscerci, per ciò che non abbiamo visto di noi, per le variopinte sfumature di ciò che non fummo stati ai nostri occhi. Destinati a noi, a noi stessi dedicati, purtroppo come neve che evapora prima di poter candeggiare il paesaggio: Noi, dediche di libri dalle candide pagine, che non potemmo leggere, ora sappiamo che il nostro destino è il nostro trascriversi, il senso della nostalgia: il nuovo inchiostro, compimento del nostro dedicarsi. Poiché la dedica è vana in assenza del dono dedicato. Allora potremo leggere tra le nostre righe, in onore della nostra denuncia al vuoto, ché della nostra crisi ora vediamo la nostra occasione, e del nostro ricordare un nuovo rincuorante inizio.

Auguriamo l'alba di un sole nuovo, il sole dell'oltre irradierà i tenui lumi della luna della Superficialità. Il miracolo d'essere infinitesimi universi non esiste se non sappiamo vederlo! Noi che in un secondo assistemmo all'infinito della vita, non circoscriviamo le nostre anime! Non esistono a noi le responsabilità ed il senso del nostro scegliere, del bene e del male se non vediamo la facoltà di disobbedire, di oltrepassare il limite che emargina l'ignoto. Coloro che non scelgono, tergiversano il disvelamento di sé stessi.

Ciò che abbandonammo, in verità mai abbandonammo, poiché mai ci abbandono, la relazione è a noi imprescindibile, sì le realtà allontanate all'orizzonte della nostra cecità, sono latenti ed attendono di ri-velarsi a noi. Ciascuna realtà ogni secondo diviene, ma mi dispiace deluder voi che amate il movimento! Poiché niente è mai stato diverso. Lo diverrà in misura del nostro coraggio nel vedere l'invisibile, nel nostro riconoscere l'oltre,

il ricordare, il rincuorarsi, il ritornare, la generosità di dedicare nuovi posti nel nostro cuore alle anime dipartite, che ancora in verità sono a noi. Dunque se vogliamo incontrarci, cerchiamo noi stessi dove non siamo. Poiché il nostro non-essere sia rivelato a noi più autenticamente ed originalmente Noi del nostro essere.

Possiamo essere infinitamente di più. Tuttavia non perdiamo noi stessi.

 

 

IL NONSENSE DEL RITORNO

Non ha senso che ritorni ciò che in ogni tempo è ancora.

Il cielo sereno, il tramontare delle nubi ed il loro risorgere in piogge torrenziali , lacrime di nubi che rivitalizzano le smeraldine foreste ed empiono di turchesi acque la madre terra . L'abbeverare la natura di rugiada e l’ammantare di brina e di neve, il grave gelo che ogni realtà abbraccia e custodisce in scrigni di cristallo. I fulmini, il bianco sangue che dalle nubi zampilla.  I tuoni, i gridi dei loro insostenibili avvicendarsi.

Il confondersi e smarrirsi in inespressive nebbie. Il cullarsi di nubi nuove al dondolo dello zefiro primaverile, a loro oziare alla bonaccia del mare o il loro schiantarsi in vorticose calamità. Il divenire nottilucenti, inghirlandate dai bagliori solari. L’avvincere le realtà terrene ed il loro magnanimo soggiacere alle infinitudini delle realtà astrali. L'arcobaleno. Il ponte del loro incontro, Poiché l'essenziale, l’eterno e l’arcano originarsi della vita, annovera le materne relazioni naturali sconfessando ogni dirimente virtualità.

Quando, crederemo oltre il nostro vedere, quando sapremo sognare le nubi dall’alto, riconoscendo che mentre è tuonante tempesta è altresì sereno, allora capiremo che il nostro volerci bene può andare ed essere oltre ogni ambiente e realtà. Allora tramanderemo rivelazioni di sogni lucidi: Sogni premonitori d'astri balenanti le nostre benevolenze che guizzano come delfini danzanti oltre l'orizzonte del mare d'alabastrine nubi, oltre i veli di nostre inesorabili finitudini.

Qui allora assisteremo al sorgere della nostra amistà, temprata in catene di onirici arcobaleni d'anime variopinte, il connubio di gioconde nebulose. Già le nostre auree rilucono sfolgoranti d'iridescenze più  vivide.

Al nostro risveglio una parenesi, una nuova irenica morale, la rivoluzione del nostro potere ancora avverarsi, in seguito all' avere vissuto cieli tersi o nuvolosi, annunceranno il ritorno essi che sono lontani e che si sono dimenticati, ed annunceranno il nonsense del ritorno i più resilienti, poiché non ha senso che ritorni ciò che in ogni tempo è.

 

 

 

 

L'ALBERO INNEVATO

Vediamo un albero innevato. Vi getteremmo ancora neve o inizieremmo a spogliarlo dal freddo, riscandandolo con luci variopinte ? Noi lo guarderemo e diremmo "ohh, che peccato avrà freddo, dopodiché non faremmo nulla." Nessun velo che lo ammanti, nessuna goccia d'acqua e caldi lumi alle sue

radici. L'albero innevato pregò il vento affinché sia a noi memore di ammende. Quando siamo lontani, il vento è il flusso che conduce ai nostri sguardi alcune delle sue aride foglie, ma ne siamo indifferenti, non crediamo nemmeno che siano le sue. E andiamo a far visita all'albero che in inverno è ancora rigoglioso e variopinto.

Così amiamo chi è già amato, così rispettiamo i rispettati, e disistimiamo i novelli e i trascurati.

Così versiamo le stille del superfluo, che effluiscono dall'anfora satura, così i curanti si rifiutano di custodire i feriti, per 'l'urgenza' di sanare le lievi ferite degli illibati.

Per caso ripassiamo dal luogo dove vedemmo l'albero innevato e lo guardiamo ancora, in pochi premeditano con scherno:

"Sarà diventato spoglio e morente o semplicemente non ci sarà più?"

Tuttavia partecipammo insieme al suo destino, ed essi ebbero ragione.

 

 

IL DONO INESISTENTE

L'origami d'un commensale

 

Accadde in un ristorante; quando la maggioranza dei commensali aveva terminato il loro pasto, un giovane cameriere vide un anziano signore cogliere dal tavolo il suo tovagliolo e piegarlo, egli ne riconobbe presto un origami che presentava la forma di un cigno. Era un manufatto ben meditato e curato. Il cameriere vide dunque l'anziano signore rivolgersi ad un altro cameriere che presentava la sicurezza e la leggiadria di frutti di anni di esperienza: "Potreste tenerlo, questo origami lo ho realizzato per voi, se vorreste potreste mostrarlo alla reception affinché altre persone possano vederlo." Il cameriere ringraziò calorosamente l'anziano cliente che pazientemente si congedò.

ll cameriere esperto risvoltò la tovaglia avvolgendo in essa il delicato origami, dunque ripose le carte avviluppate nel cassetto destinato ai rifiuti cartacei. Non appena ne ebbe la possibilità il giovane cameriere ammonì il compagno di lavoro: "Perché hai gettato l'origami?"

Egli rispose:

"Un origami non è una mancia”

Il giovane cameriere lo biasimò:

"Allora secondo te ciò che non è denaro non esiste: diffida da questa mentalità, potresti non riconoscere molte realtà negando a te stesso ricchezze di un ordine superiore."

 

 

L'AMULETO DEL PERDONO E DELLA PURIFICAZIONE

"Prendi questo filo di caucciù,

Vedi questo scrigno? Aprilo", il bambino aprirà lo scrigno e vi troverà custodite centinaia di perline d'ambra forate,

"Sai quale è il significato di un amuleto?"

No, rispose il bambino.

"È un oggetto al quale attribuiamo la virtù di allontanare il male."

"Come?" Chiese il bambino.

"Cosa è il male Secondo te chi può compiere il male o compiere il bene?" Replicò il saggio.

"Le persone", rispose il bambino.

"Se ad un atto negativo corrisponde una reazione uguale e contraria negativa, questa circostanza la chiamiamo vendetta, sai piccolo cosi si originano e si reiterano le catene del male. Che cosa può essere dunque il bene?" Domandò il saggio al bambino

Il bambino rispose:" le iniziative buone."

Il saggio preciso allora:" l'inversione dell'istintività di reagire secondo il sistema della vendetta al male con il male. Il bene è la

reazione benevolente al male, il bene e purificazione di quello che osserviamo, e perdono ed è dono di valore aggiunto

dedicato a coloro che hanno agito in nome di valori a noi limitati o sottratti."

Il saggio domandò dunque al bambino quale sia il significato di un oggetto.

Il bambino rispose: "Servire, avere una utilità"

Il saggio preciso: "Funzionare e fungere da, ovvero avere una funzione e una finalità.

Dunque abbiamo questi oggetti, un filo di caucciù e delle perline ambrate forate ed abbiamo assunto che questi fungono da amuleto.

Essi hanno pertanto il fine di allontanare il male. Manca un ultimo punto per chiudere il cerchio:

Come funzionano questi oggetti affinché possano allontanare il male?"

Il fatto stesso del non conoscere la risposta desto la curiosità del bambino

Il saggio esortò il bambino a rispondere.

Il bambino disse timidamente:" Dovrebbero sospendere le catene del male, tuttavia in che modo?"

Il saggio disse:" Abbiamo già risposto alla tua domanda, non ricordi?"

Il saggio disse allora: "Intervenendo li dove saremmo esortati a vendicarsi non ci vendicheremmo, bensì purificheremo il male, donando il bene.

È importante che ricordi che l'allontanamento del male non è una benedizione indifferente a noi, non è un sole che brillando

di luce propria ci riscalda, non subiamo passivamente i suoi albori rincuoranti, il sole siamo noi e siamo noi stessi ad avere il dono e la responsabilità di infrangere le catene del male non agendo secondo inerzia.

Allora siamo giunti insieme al significato di questi oggetti:" Il saggio colse la pergamena sulla quale erano trascritti i due

principi dell'amuleto:

1 ASSIMILAZIONE E PURIFICAZIONE E CONVERSIONE

In occasione di ciascun oltraggio subito cogliere una perla ambrata e combinarla insieme alle altre adornando il filo di caucciù.

Cosi convertendo ogni spirito di vendetta in positiva creatività: questo atto concorre all'assimilazione delle negative realtà

osservate: Stai compiendo i primi passi della purificazione, le qualità delle conversioni sono riconducibili alle qualità delle negatività originarie, pertanto ad esempio l'indifferenza si converte in confronto, il silenzio si converte in parola, l'abbandono

si converte in ritorno, l'inesorabilità in possibilità, il pregiudizio in ascolto, l'iracondia in affettività, l'egoismo in altruismo, la severità e spietatezza in magnanimità e comprensione...

2 IL RITO DEL PERDONO: OLTRE IL PONTE DELLA MEMORIA.

VOLTARE PAGINA.

Le negatività saranno santificate dalle fiamme che abbracceranno le ambre del male.

 

LA LEGGENDA DEI TUONI SILENTI

I soli arcobaleno

 

Esistono due universi, l’universo reale e l’universo spirituale.

L’universo reale è immediatamente evidente, l’universo spirituale è velato; in verità è velato poiché noi stessi sovente lo veliamo di veli variopinti che nominiamo timidezza,...

Ci sono rare spontaneità, alcuni possiedono il dono di fare coincidere il loro mondo spirituale con il mondo reale, la loro sfumatura caratteriale è tinta di onestà e di pacatezza; la tinta della loro anima è definita, chiara agli occhi di coloro che osservano il mondo reale, proprio perché il loro mondo spirituale coincide con il mondo reale. Al contrario di questi rari caratteri traslucidi, esistono in maggior quantità miriadi di caratteri opachi, la cui franca riservatezza e composta modestia li conduce verso sfumature di pensiero, caratteriali e attitudinali omologhe, somiglianti, gravemente avverse ad oltrepassare i limiti di mentalità locali, dei loro prossimi.

Esistono tuttavia alcune anime che sono costituite da entrambe queste essenziali caratteristiche: La traspaenza e l’opacità. Questo significa che tali anime sono caratterizzate da una sincronicità unica, essi sono contemporaneamente opachi e trasparenti; timidi, apatici, riservati, introversi  e  audacemente creativi, temerariamente rivoluzionari.

 

Essi sono i tuoni silenti.

I tuoni silenti sono invisibili agli occhi di coloro che sanno vedere solamente il mondo reale; in verità essi non rivelano mai la loro trasparenza creativa caratteriale, poiché sono essi stessi profondamente creatività; piuttosto sono gli occhi di coloro che li osservano, di coloro che dialogano con loro, le loro qualità di perspicacia, di curiosità, di fiducia,  di pazienza, d’approfondimento, di accoglienza, di dono e di perdono che permettono ad essi di vedere di più, di vedere oltre, di vedere nonostante. Miriadi di persone le quali non vogliono che vedere il contesto esclusivamente onorando la loro limitata interpretazione e prospettiva, ad esempio si crede nella sola esistenza de mondo reale, contingente, perché neghiamo a noi stessi di incontrare i nostri mondi creativi e spirituali individuali?

Coloro che non riconoscono i tuoni silenti sono caratterizzati da una illusoria cecità che plasma la vera essenza dei tuoni silenti, essi li impoveriscono, li indeboliscono, ne cancellano la vitalità, ne riconoscono una personalità opaca, noiosa, spenta, vuota, vedono in verità una candela definitivamente, inesorabilmente, il pennello di questi giudicanti dipinge, crea  la loro povertà e  limitatezza. Essi rendono i tuoni silenti candele definitivamente spente, essi velano con indolente malpensiero un tetro fumo che alle loro candele essenzialmente non sarebbe, essi destinano i tuoni silenti ad aneliti malinconici di anime rassegnate. Questi adiafori, non riconoscono in essi, come possono rari saggi osservatori, una candela il cui lume è latente, una luna che presto come il sole brillerà di luce propria. In verità una luna che è già sole.

Solitamente i tuoni silenti possiedono la loro personale chiave dell’anima, essi possono scegliere se celarla o se rivelarla. La loro scelta implica  il loro donarsi al mondo in qualità di caratteri opachi o di caratteri traslucenti. I tuoni silenti possono scegliere, questo è il loro privilegio naturale.

Le chiavi dell’anima sono i ponti che conducono ai portali dell’anima, i ponti metafisici che collegano il mondo spirituale dei tuoni silenti con il mondo reale comunitariamente evidente.

Uno spazio virtuale può essere uno spazio spirituale? Si.

Questo è il caso di un tuono silente che vestì, non velò, la sua trasparenza caratteriale delle spazialità virtuali e delle eternità temporali.

Questa è la storia di un diario, la cui misticità è definita dalla proprietà di moltiplicarsi simultaneamente secondo un numero definito di volte uguale al numero dei suoi lettori, tuttavia nessun lettore può leggere un libro di cui non conosce o non comprende l’esistenza o di cui non ne conosce il linguaggio, nessun osservatore può vedere ciò che non vuol scegliere di vedere.

La chiave di lettura, la chiave dell’anima, la chiave del portale della spiritualità di questo singolare tuono silente è un biglietto che conduce al diario virtuale di una personalità esteriormente taciturna e timida che tuttavia ha molto da dire e molto da donare.

In cosa consiste il suo dono? La sua dedizione artistico letteraria è rivolta al dono della possibilità per tutti d’incontrare la sua anima, nonché un privilegio a cui solo pochi sono destinati; Tuttavia la causa di questa limitata predestinazione non dipendeva dal fatto che egli i rifiutasse di consegnare al maggior numero di persone possibile il suo biglietto, bensì poiché numerose volte il suo gesto di dono fu ricusato. Furono miriadi i biglietti rifiutati o abbandonati al vento e rari i biglietti accolti, custoditi, consultati.

Così ovviamente, secondo lo sguardo provvisorio di queste persone che rifiutano il suo biglietto, questo tuono silente resta opacizzato e caratterizzato dall’assenza tipica di coloro che sembrano mancare all’appello nell’umiliazione del non aver nulla da dare al mondo.

 

Questa è allor altresì una storia di osservazioni e di interpretazioni precarie, superficiali, sommarie, prevenute, che consigliano il tipico “No”.

 

Una storia di pregiudizi che in fondo implicano il prezzo di perderci e di destinarci soli.

 

Questa infine è in  verità la memoria di un eccentrico tuono silente ma solamente secondo coloro che credono che esistono molti soli variopinti, non solamente un sole bianco, bensì numerosi soli, tanti quante sono le gradazioni cromatiche dell’arcobaleno.

Soli che sfumano le loro opache lune del loro colore.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA QUINTA DIMENSIONE

La dimensione del mindset creativo.

 

 

È il crepuscolo serale.

Sono le spire del vento estivo che increspano lo specchio d’acqua del lago.

È il Sole che mi abbraccia del suo candore. Il sole è immensamente lontano seppur sia a me così vicino.

È il cielo sereno, una nuvola e un punto dipingono del loro segno il suo blu.

È  un punto immensamente candido il sole, e vasto; seppur ora sia a me più piccolo di questa iridescente nube.

È semplicemente, naturalmente è     .

Ed è tuttavia oltre la mia interpretazione,

 è simultaneamente diversamente,

è simmetricamente.

Sono dimensioni mistiche, è la semplice complessità dell’immaginazione che scrive con lo stilo della reminiscenza:

Allora è il crepuscolo serale ed è notte. È lo specchio d’acqua del tramonto come di notte, il cielo.

È un notturno arcobaleno.

È l’orizzonte che diventa tela a piombo. Sono allora le gioconde e intermittenti luminescenze solari sullo specchio ondulato che si disvelano a me come i notturni dorati fuochi pirotecnici.

Sia il sereno se imperversano le calamità. Sia il colore se annoia il grigiore: Come variopinti graffiti ideali, le pitture di luce, che dipingono di simboli artistici, di decalcomanie e di aerografie i muri della realtà: Se il bianconero è colore, il muro è ponte.

Se è silenzio, la reminiscenza è musica.

Sia allora più riccamente, sia oltre la realtà che è: ché  possiamo innovare il visibile altresì credendo nell’invisibile.  Ché creare e realizzare significa aggiungere l’inesistente all’esistente, come possiamo realizzare se non prevediamo l’inesistente?

 

 

 

 

 

UN SENSO

Furono miriadi gli istanti in cui domandai a me stesso il senso, il significato della mia opera. Giunsi un tempo a credere che realizzare arte a me stesso fosse insensato: decine di dipinti realizzati con premura stavano irrisolti appesi ai muri bianchi in attesa di essere ricordati solamente da me che

presto, per noia li avrei dimenticati alla polvere che come neve in silenzio velava la loro originalità.

Avevo compiuto un passo, avevo compreso che il senso del mio operare non poteva dipendere esclusivamente da me. Così decisi di pubblicare le mie opere.

La domanda originale rimase tuttavia irrisolta per molti anni, tuttavia furono rincuoranti per me alcune parole di lode, di consiglio e di critica che ascoltai con contentezza. Tuttavia la rarità delle recensioni e delle relazioni che implicava il mio zelante operare, ed il permanere d' un silenzio

deragliante alimentavano in me la giustezza del mio dubbio originale, il perché del perseverare?

Nonché il senso del credere in sé stessi.

Un giorno tuttavia ebbi un'illuminazione: riflettei sul motivo per cui stimiamo lodevole un nostro prossimo e le sue opere. Una risposta evidente e spontanea fu ai miei occhi: "Poiché lodiamo ciò che ci arricchisce, ovvero dedichiamo valore alle realtà che ci sono donate e di cui eravamo privi. Ed

analogamente poiché incontriamo realtà non identiche a noi, poiché il dono dell'identico a noi che ci riconosciamo nella nostra compiutezza è da noi stessi sentito come pleonastico, ridondante."

Allora giunsi a questa conclusione: Il senso del perseverare e del credere in sé stessi non può che rivelarsi nel dono di realtà nuove o dissimili a noi ed al nostro prossimo, affinché il destino dell'opera, il suo compimento, sia il colmare il vuoto di una originale e singolare assenza. Questa attività

d'equilibrio, di purificazione e di empimento può certo essere autoreferenziale, aiutati che Dio ti aiuta! Possiamo ricondurre il valore puro di questo pensiero in relazione al fatto che in verità ciascuno

di noi è custode di unicità e di novità che gli istanti della vita rivelano stilla dopo stilla.

Pertanto l'essere di una persona è compiuto nella misura in cui disvela se stesso.

In altre parole, e condivisibile che nella misura in cui non siamo influenzati siamo noi stessi.

Secondo queste riflessioni giunsi ad una conclusione: Quando una persona d'indole creativa può riconoscersi realizzata? Una risposta logica può essere la seguente: La solitudine è una premessa rilevante alla realizzazione dell'originalità e della compiutezza di uno spirito creativo.

Tuttavia sono in origine giunto alla conclusione che la solitudine in sé è vana, è dannosa, è fuorviante e destinataria di un vuoto ancora più profondo del vuoto originato dall'incertezza del proprio agire creativo.

Un'anima creativa compiuta che incontra la relazione può rischiare di perdere se stessa nella misura in cui si confonde nelle essenze con cui si relaziona, tuttavia la precedente affermazione:

"Nella misura in cui non siamo influenzati siamo noi stessi."

Può essere non vera, o meglio essa è suscettibile a sfumature di senso variopinte: può essere possibile, ed è un augurio, che la relazionalità sia il compimento del nostro essere, tuttavia questo accade nell'eventualità di reciproco e puro dono, ove vi è sola reciproca aggiunta di valori, l'insegnamento, l'amore, l'amistà,.-. nell'eventualità in cui l'autenticità dell'essere non sia l'ego, bensì il Noi, un Noi le cui le singolarità si lasciano divenire reciprocamente, nessuna dispotica irriverenza, in un ambiente di quieto crescere in cui sono soliti un silenzio fiducioso, un ascolto paziente, una complicità strutturale sostenute dal mantra: "Credo in te e per questo credo nel tuo bene dire e nel tuo bene - essere."

E dunque in questo clima di quieta solitudine in cui a noi la vita dona Ia consapevolezza del sentimento del compimento della nostra profonda essenza. Alla solitudine nostra si accompagnano le solitudini dei nostri prossimi a noi, le loro lontananze a noi possono essere silenti solitudini di ammirazione per la nostra opera, come per il bambino meravigliato del lontano saettare di una stella cadente.

Lo scrittore mediocre a piovosi notturni destini, emarginato alla luna, lumiere che candeggia le sue pergamene intrise di stille che sbiadendo l'inchiostro dei suoi segni, dissolvono il suo fu scrittore:

Ed allora si disvela a noi una preziosa verità:

Non sono le poesie che fanno Io scrittore.

E in verità Io scrittore che fa le poesie:

Sì il mediocre scrittore che perse le sue opere ritroverà se stesso e scriverà nuovamente, con più autenticità, ricolmo delle esperienze che rare persone ebbero attraversato, sarà presto riconosciuto ed avvalorato per il compimento dei suoi più umani ed intimi valori- Così empiendo i cuori di coloro che Io ebbero emarginato di ciò che non hanno mai visto.

Quando ti dicono No. Quando ti dicono è impossibile in questo momento incontri il limite dell'immaginzaione del prossimo, sii grato, poiché incontrando queste inesorabilità avrai incontrato il grezzo marmo da cui potere scolpire la tua statua, il luogo del silenzio è la possibilità del tuo momento creativo, non può esserci creatività per gli accondiscendenti poiché coloro che credono in coloro che non credono in loro si fermano. La fiducia nelle nostre potenzialità è custodita nell''aver cura che il confine visionrio del prossimo non sia il tuo, allora il tuo sogno diverrà il sogno di coloro che non hanno saputo sognare.

 

 

IL TEMPO JOLLY

 

Pertanto nella misura in cui stai giudicando mi stai mettendo alla prova, e stai osservando il mio comportamento per decidere le tue attitudini nei miei confronti, le attitudini che ai tuoi occhi merito come conseguenza del fatto del mio comportamento con te, niente di più, niente di meno. Nessuna gratuità. Allora quale sarebbe il senso del mio dover comportarmi in modo diverso nei tuoi confronti? Prima o POI, se non ricambiato, se unilaterale, lo spirito di gratuità andrà decadendo. Perché dovresti meritare più gratuità di quella che sei in grado di donare? Quindi nella misura del mio giudizio ti metto alla prova, ora guardo al tuo comportamento per decidere le mie attitudini nei tuoi confronti, le attitudini che ai miei occhi meriti come conseguenza dell'atto del tuo comportamento nei miei confronti. Niente di più, niente di meno. Nessuna gratuità. E qui tutto rischia di interrompersi. La frase: "Lo sai che dipende da te." è oggi consueta. Ma è in verità un nonsense e una delega di responsabilità. Poiché la premessa relazionale è il dialogo, non il monologo: potremmo tradurre questa frase in questo modo: "Il presente e il destino del noi è tua responsabilità. Ovvero io non muovo un passo per comprendere noi, per capire te, per compartecipare a ciò che in verità mi riguarderebbe. " ed è a causa di queste parole che già il noi desiste. Poiché può essere legittima la reazione di sconforto della persona che ascolta questa frase, la quale sente la gravità di tergiversare unilateralmente la relazione con una persona priva di unipatia, che nemmeno ci crede più. Ora domandiamoci se la mentalità di delega sia intelligente, è una mentalità oggi consueta, poiché è comoda, ma talvolta non è fruttuosa e spesso è dannosa. Una mentalità è intelligente in misura della sua creatività, dove non c'è gratuità, dove non c'è reciproco e puro valore aggiunto non può esistere creatività, evidentemente navighiamo un fiume orizzontalmente Impervio, e siamo Inesorabilmente prossimi alla sua cascata. Potremmo a priori porre a giudizio i nostri occhi, non l'attitudine del prossimo, agiamo in gratuità indifferentemente dal comportamento che esternamente osserviamo, sorprendendoci saremo dunque noi stessi artefici di miracoli, nella sua concezione dell'avverarsi di cambiamenti buoni improbabili. Riflettiamo su questo: A chi di noi non gioverebbe un tempo Jolly per una nostra partita persa? Il tempo Jolly non è inarrivabile, è a noi già dato, è il tempo della vita che noi possiamo plasmare utilmente affinché sia per noi tempo di resurrezione relazionale: Allora scherziamo insieme con il destino! Parliamone che c'è ancora tempo.

 

 

LE VELATE EREDITÀ DEGLI 'ERO'.

Ciò che è passato, è .

L'incessante diluvio della pioggia ritmava il suo racconto, era la fiaba d' una bambina prescelta dall'oracolo affinché potesse rivoluzionare l'inesorabile fluire degli eventi, tediose l'inedia e la noia imperversarono ed a poco a poco flettevano gli spiriti più intraprendenti verso un abitudinario incedere inerte. Persisteva una velata malinconia irrisolta, ed in onore d'una inerzia passivamente accolta l'irrisolto veniva lasciato tale, a lui stesso come una verità sempre benevola, buona e ferma. I più sensibili custodivano in loro cuore il sentimento che qualcosa dovesse cambiare, divenire e mettersi in movimento, ma si sa: sovente i più sensibili sono altresì i più fragili, i più buoni ed accondiscendenti.

Solo l'occhio dell'oracolo era consapevole, poiché vegliava dall'alto del tempio della cittadina sulle alienate quotidianità dei cittadini, che sembravano a poco a poco dimenticarsi di loro stessi, sino talvolta a non riconoscersi più, a non vedersi più per ciò che furono insieme; le distratte e disinteressate contingenze erano solamente deboli vibrazioni di pure amistà dissonanti al dilagante vuoto affarismo fine a se stesso.

La leggenda narra d'una cittadina in cui viveva una bambina che brillava di una luce rara, una luce distinta di premurose gratuità e vitalità, un'anima purificatrice del buio, lei accoglieva il buio come energia essenziale per effondere nel reale, per contrasto, una luce più profonda, più chiara del bianco. Come poté l'oracolo non accorgersi di lei.

L'oracolo decise dunque di infrangere l'ordine del reale che assumeva il suo isolarsi dalle umane relazioni, di vegliare su di essi come una madre lontana ma tuttavia attiva e utile al bene della sua prole. Così l'oracolo apparve in sogno della bambina, lei stessa ebbe esperienza di ciò che ha nome 'sogno lucido', una mistica rievocazione del reale in cui per il dormiente è possibile intervenire plasmando la realtà che egli stesso nel sogno immagina. Il sogno di lei è ambientato nella sua stessa quotidianità, la superficie dei medesimi incontri, l'avvicendarsi di realtà sempre analoghe a sé stesse, il vuoto di un presente che non sa valorizzare la novità poiché essa è presto incontrata e presto trascurata e dimenticata, miriadi di istanti presenti che si frammentano tra loro allontanandosi il più possibile come per coloro che hanno voluto sacrificare l'oro dell'opportunità che può divenire, per il bronzo di una inesorabilità che a sé stessa uguale ritorna, in nome della rinuncia di sognare un futuro insieme.

La bambina riconobbe l'iconica decadenza di un presente che precipita poiché non è più sostenuto dalle mani materne di memorie cadute nel dimenticatoio che parevano non servire, e delle quali tuttavia presto si riconosce un vitale bisogno.

Nel suo sognare un irenico lume infrange quella monotonia.

Lei stava camminando lungo un sentiero floreale prospiciente un fiume. Un foglio volitò dinanzi ai suoi occhi ed ovviamente attirò la sua attenzione.

Il foglio non era bianco, era trascritto con una calligrafia elegante e anacronistica in china nera.

Queste erano le parole trascritte sulla pergamena :

“uno stormo di farfalle che in origine flettevano all’ unisono le loro ali screziate di forme e colori gemelli.

Ali fraterne che il vento scagliò lontane,

Alcune corrose dai lumi solari,

Talune piagate dalle fenditure del gelo,

Altre intrise dall'imperversare delle piogge, Or tra loro irriconoscibili?"

No poiché nulla in verità cambia così profondamente da elidere la sua ancestrale essenza.

Ove è quando diverremo ciechi della cecità di non saper più chi siamo, ricominciamo dalle memorie del nostro esser stati ed onorando il nostro passato saremo illuminati dalla verità che gli 'ero' ancor sono.

L'innata creatività della bambina prescelta dall'oracolo rielaborò il suo inenarrabile sogno: il mattino seguente negli istanti dedicati al consuetudinario saluto tra conoscenti, oramai accolto con superficialità e disinteresse, lei anticipò una variazione al nominare, proprio come accade per i suffissi onorifici giapponesi { - san - sama - chan) in lode e rispetto di coloro che si incontrano, lei accoglieva coloro che incontrava e di cui ebbe in passato conoscenza pronunciando il suffisso onorifico - ero - in lode e memoria del passato condiviso insieme.

Il suo inconsueto nominare non solo divenne presto abitudinario e rivoluzionario, bensì anche una benefica, salvifica e rincuorante chiave di volta del cambiamento in direzione di relazionalità temprate dal valore della memoria che ora fluisce vitale come un'onda all'orizzonte, poiché il passato in grazia della nostra memoria può non essere solamente un inesorabile non più.' bensì l'opportunità di ciò che può divenire il futuro in grazia del nostro ricordarci vivere i nostri istanti e la loro fuggevolezza: la precaria caducità d'ogni nostro adesso non è forse il volubile velo di un tempo più quieto, stazionario e paziente? Non è forse il nostro passato?

Per il nostro buon divenire non rinunciamo ad esso.

Ed allora l'oracolo ritornò nel suo tempo per vegliare sulla cittadina e vide che l'eredità degli 'ero' divenne un nuovo spirito di volontà di incontro tra coloro che erano sconosciuti in nome del riconoscimento del valore della memoria di nuove esperienze condivise.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ARMONIE VELATE

 

Questa è la memoria di un artista questuante, che abitudinariamente si adagiava al margine adombrato della frenetica piazza della cittadina in cui vivevo, egli divenne parte della mia stessa abitudinarietà, si distingueva dalla frenesia dei molti visitatori e commercianti irrequieti che lesti si affrettavano saettando la piazza in pochi istanti. Egli stava, di notte e di giorno, in povertà stava e viveva agli occhi di molti una vita insensata, come la sua opera, gli stessi credevano. A cosa dedicava il suo tempo? ln cosa consisteva la sua arte? Era in verità ancora un bambino che giocava con le calamite, miriadi di calamite: alcuni elementi erano delle sfere di ridotte dimensioni, la seconda categoria di elementi erano fini cilindri longilinei, le sfere fungevano da poli di collegamento tra i cilindri. Dalla finestra della casa prospiciente la piazza, il luogo da cui ammiravo con curiosità l'opera dell'artista di strada sentii un commento di un giovane che con leggerezza criticò il buon uomo: "Che è questo casino? Non vedi che questa tua accozzaglia di calamite non ha senso! Mi prendi in giro? È un insulto alla nostra idea di armonia, non vedi i palazzi e le statue che ci circondano? Sicuramente non meriti quanto meritarono i loro autori. I magneti sono collegati a caso! E restano in equilibrio per miracolo! Io quando avevo sei anni riuscivo a realizzare una perfetta tour eiffel con gli stessi tuoi strumenti, fallito!" Ne seguì una teatrale risata denigratoria del giovane spalleggiata dall'eco delle risate dei suoi conoscenti. Il povero questuante non reagì, il suo sembianze rimase tiepida ente impassibile, talvolta il buon uomo alzava il capo per ascoltare le parole del giovane tuttavia mai perdeva la concentrazione per il suo operato: la sua serietà ad occhi meno superficiali manifestava una velata razionalità e geometria: ogni elemento doveva trovarsi proprio in un luogo definito e definitivo in relazione con gli altri elementi. Alcuni, talvolta si avvicinavano a lui osservando il suo operato, in molti passavano indifferenti, altri pazientavano per pochi istanti, ma presto accorgendosi della manifesta inutilità della sua opera si congedavano da lui senza dedicargli alcun riconoscimento pecuniario, lo esortavano a lasciar perdere o di nuovo lo schernivano, notai che solo i bambini in grazia del loro innato spirito di curiosità erano attirati come calamite dalla sua opera, essi erano tra i tanti coloro che stavano per più tempo ad ammirarlo, vidi i loro occhi fiduciosi brillare di sorpresa ad ogni mossa dell'artista di strada come se questi piccoli fossero dei cercatori di pietre preziose sovente sconfortati alla vista di tanta polvere, e tuttavia mai rassegnati; tuttavia vidi questi bimbi desistere al richiamo dei genitori loro custodi. Un anziano signore, vestito elegante, stava costantemente presso di lui ad osservarlo. Per molti giorni mi chiesi perché. Presto lo riconobbi, quell'uomo con l'orologio a ciondolo era il proprietario del più illustre museo della cittadina. Per alcuni giorni vidi il signore con l'orologio a ciondolo osservare scettico e deluso, sembrava che in ogni istante lui stesso stesse perdendo il suo tempo, lì; in compagnia di quel folle questuante che aggrovigliava confusamente i magneti. Tuttavia nel cuore d una notte non riuscendo a prendere sonno mi accostati alla finestra e vidi l'artista sorridere, per la prima volta. Osservava la propria scultura compiaciuto, riconobbi in lui questo pensiero: ora la mia opera è terminata. La scultura era immersa nelle ombre tuttavia era ancora manifesta in me, in grazia della mia memoria, la sua geometria caotica, irrazionale. Vidi il buon uomo raccogliere dalla tasca della sua camicia sdrucita un foglio di carta ed una penna, dove vi scrisse un messaggio che ebbe cura di lasciare vicino alla sua scultura. Mi sorpresero nel silenzio più sommesso, le sue parole: "Ora sia luce, affinché la mia opera possa essere vista. Egli colse una lampada, si posizionò in un punto accuratamente previsto e calcolato della piazza e virò il suo lume in direzione della scultura antistante un vasto muro. Fu magia per me che assistetti a ciò che accadde, fu un momento mistico, assolutamente rilevante per me: L' interazione tra il lume e la caotica scultura fu origine di un'ombra perfetta sul bianco muro: L'ombra aveva la forma definita e ordinata di un meraviglioso e complesso mandala' geometrico. Vidi il buon uomo congedarsi dal luogo della sua creazione lasciando la lampada accesa. Quella fu l'ultima occasione in cui lo vidi. I lumi solari velarono il lume della lampada, così il mattino seguente nessuno poté vedere il mandala, la verità dell'opera dell'artista mendicante. Quel mattino vidi alcuni giovinastri rovinare l'ordinato caos della scultura, così intervenni ottenendo di salvaguardarla.

Presto, essendo io stesso consapevole di essere stato l'unica persona a vedere la verità di quell'opera, decisi di incontrare il proprietario del museo e di raccontargli la verità. Egli avrebbe presto contattato il sindaco della cittadina:

Fui felice di riconoscere che l'opera del buon uomo fu replicata nei minimi dettagli come monumento centrale della piazza, in sua memoria. La lastra marmorea ai piedi della scultura recava il messaggio:

"ln ogni disordine c'è un ordine velato.

Ln ogni nonsense, è custodito un significato gemello."

Ed il nome dell'artista.

Venni a conoscenza che la scultura definitiva fu plasmata in accordo con l'artista affinché all'incedere del primo mattino i lumi solari realizzassero sulla pavimentazione mosaicata della piazza il mandala originariamente pensato dal giovane mendicante, di cui ebbi nuove notizie: il suo velato genio creativo fu lautamente ricompensato per la sua opera, ed in grazia dell'anziano proprietario del museo della cittadina ricevette nuove commissioni museali nelle vicine città.

 

 

IMMAGINARI VELATI

 

Ovunque il buio ci abbracci vediamo un lume, percé l'anima nostra è custode della luce fino al tempo in cui non realizzioamo il lume: qui è l'opportunità di essere solari: il vedere che siamo lune e soli all'unisono, ecco perchè siamo insieme. Al fine di essere da noi illuminati se dovessimo divenire garacili e per iluminare noi se avremo vitalità da poter donare. E i soli avranno valore poiché illumineranno d'aureole dorate le lune: e le lune avranno valore poiché screzieranno della loro argentea aura i dÌÌorati bagliori.

 

 

QUOTIDIANITÀ CELESTI

 

Fu una sera estiva caratterizzata d una notturna monotonia scandita da rari lumi intermittenti, talvolta alcuni si stancavano d'osteggiarsi alle tenebre, cedendo loro il passo, bagliori elettrici variopinti si riflettevano sovente sui metalli cromati delle vetture, rifrangendosi lesti sugli oscurati vetrini, per poi infondersi sugli opachi cementi, tuttavia non vidi alcuna di queste luminescenti onde disvelare i delicati e caratteristici lineamenti del viso di noi. A poco a poco mi convinsi che quei lumi non fossero per me stesso nulla di più che delle ombre ché in loro compagnia, come nel buio, mi sarei presto perso. Perseverando il mio cammino giunsi a riconoscere una curiosa ed inconsueta novità: la quotidianità del natale. Le caratteristiche luci natalizie erano accuratamente e volontariamente state disposte secondo le linee d'una vorticosa cascata che effigiava di tenui e variopinte fluorescenze le notturne fronde d'un pino, Questa singolarità infondeva in me un sentimento surreale, un sentimento oltre ogni luogo ed oltre ogni tempo: Il sussurro di un giorno di cuore, oracolo d' un noi celeste che altresì adesso possiamo essere.

 

 

IL LAGO MALEDETTO

Ed un bambino si meravigliò nel vedere il suo ciottolo frammentarsi sulla superficie del lago in quiete, il lago non era ghiacciato, solamente le sue acque seppur fossero terse, celesti, cristalline e traslucenti non zampillarono al cadere del ciottolo, furono Impenetrabili, come se fossero marmoree. Nessuna goccia si dislocò, la superficie non fu scalfita ed i frammenti del ciottolo rimasero lì, inutilmente. Il bambino con testarda ostinazione scelse di non desistere al caso, mai i suoi occhi assistettero ad una simile follia, il bambino pensò: "Certamente lì, nel margine della riva in cui il ciottolo cadette, sarebbero stati gli scogli affioranti le acque a galleggiare ed a frammentare il ciottolo." Così raccolse nuovi ciottoli e li lanciò verso un diverso versante del lago dove poteva riconoscervi l'evidenza dell'assenza di scogli superficiali. Tuttavia la maledizione si verificò nuovamente; nessuno dei ciottoli flottò negli abissi del lago, i cottoli si frammentarono come se avessero incontrato una lastra diamantina sospesa nel vuoto.

I frammenti dei ciottoli divennero parte di un luogo a cui non appartenevano, in una sospensione del tempo e dello spazio innaturale, ovvero la surrealtà di ciò che non dovrebbe accadere e tuttavia accade.

I ciottoli, in metafora delle nostre parole sospese nel vuoto, mai giunte a destinazione, come le lettere i cui candidi lembi saranno per sempre saldati dai cerati sigilli, preghiere rivolte verso la superficie della coscienza del prossimo mentre non ascolta , nonché la mortificazione di nostri aneliti di vitalità, ovvero quando al dono di parola viene dedicato il silenzio.

 

 

PAROLE AL VENTO

Al vento ora siano le mie parole, i respiri del mio vivere, che in eco dissonanti vadano disperdendosi le mie memorie passate, che il mio dire futuro sia per noi, il mio 'avrò taciuto'. Brindiamo al nostro non ascoltarci! La nostra ostinata via è l'inesorabile prezzo di non permettere che sia deviata in onore della nostra volontà del raccogliere nulla più del silenzio quando ci è dedicato il consiglio. Potremo allora crescere in grazia dell’umiltà del parlare non essendo ascoltati, a noi si riveli il rincuorarci dei frutti della preghiera. E la bilancia del dialogo grava sui destinati a ricevere il dono della parola, così come Dio non è che un nulla agli occhi d'un non credente, il buon oratore non esiste per coloro che non lo ascoltano, similmente tacendolo! Così per miriadi di dissimili bilance: il dono di noi non è, dinnanzi ad occhi che non vogliono riconoscerci: l'annoiato miraggio all'inutilità. Nell’augurio che la nostra sensibilità sia tersa, che si lasci virare come una piuma leggera che fa del vento il custode materno del suo volitare.

 

LE VIE LATENTI

Nel nostro cammino ostinato di una via unica sacrifichiamo miriadi di vie alternative.

Siamo a appena un passo verso di loro, ma presto ritorniamo al nostro itinerario stabilito, siamo viandanti prescelti, annoiati d'un presente ovvio e d' un futuro già trascritto.

Una via prescelta di pellegrini degni, non rallentate il vostro passo! Non acceleratelo! Poiché indegni sarete allontanati!

Possano allora i pellegrini delle vie prescelte rassicurarsi della loro compagnia, tuttavia essi come i vagabondi erreranno:

Ascoltate ora un coraggioso ed avventuriero vagabondo predicare loro: "Avete i paraocchi! Poiché non vedete nulla se non la vostra strada!". Sì i pellegrini di prescelte vie negano le vie latenti, impreviste, alternative, sconosciute; ed insieme ad esse le realtà e le persone che non sono annoverate nella loro Via:

I viandanti delle vie prescelte non dedicherebbero dunque nemmeno una briciola di pane ad un/a povero/a mendicante per loro sconosciuto, affinché sia data loro la possibilità di donare il loro paniere di pane ai loro successi.

Voi che amate la vita, voi che dedicaste valore alla possibilità dell'inverosimile: voi ci insegnate che tutti hanno quotidianamente esperienza delle ignote singolarità delle vie latenti, vie non destinate, incompiute, in divenire, vergini, le vie che appena intraprese purtroppo decademmo nel nostro dimenticatoio: Sarebbe come cospargere con zelo la nostra terra di semi per poi, dopo averne appena giovato delle prime foglioline, sconfessare il proprio terreno e con questo i suoi primi germogli. Ricordiamo le vie secondarie che lasciammo alle nostre spalle nel tempo del cammino della nostra via, ritorniamo con la memoria ai nostri passati incompiuti affinché possiamo portarli a nuovo compimento: è satura la Nostra via, tempi infiniti vi abbiamo dedicato, comprendiamo che le nostre vie latenti e messe in sospeso hanno ancora molto da donarci, riconosciamo la vastità dei margini di creatività di cui questi 'luoghi' sono custodi: ad esempio comprendiamo che esiste un vasto margine di conoscenza tra coloro che sono sconosciuti, minore è il margine di conoscenza tra coloro che si conoscono: è benefico credere che ci si incontra per conoscersi, non : il presupposto per incontrarsi sia l'eventualità di avere reciproca conoscenza: il conoscersi è un cammino in continuum divenire.

L'anfora vuota può essere riempita più agevolmente di un'anfora satura. L'anfora vuota è garante del nostro colmarla delle realtà che desideriamo; Allora riverseremo le nostre anfore sature di grezze sabbie e di polveri affinché noi ci concediamo di ricolmarla d'arene dorate.

Le marginalità creative in una relazione stabile si limitano al mantenimento dei relativi presupposti benefici affinché l'equilibrio relazionale persista nel tempo.

Vi è un immenso margine di possibilità creative nei legami relazionali in declino, di indifferenza, di silenzio, di odio, di incomprensione: Molto in questo luogo relazionale può essere fatto, non misconosciamo a noi il valore che appartiene alla vastità della possibilità di ricreare le realtà che stanno decadendo! Così come il restauro è una fondamentale categoria dell'architettura contemporanea, il perdono, il ritorno e la comprensione sono facoltà imprescindibili della creatività relazionale: Non dimentichiamo questa verità poiché in essa è celata la chiave che ci permette di comprendere quanto il nostro ritorno alle vie latenti sia per noi fondamentale. Noi che possiamo essere avventurieri del possibile: varchiamo i limiti della quotidiana inerzia: potremmo trovare ritornando ai nostri luoghi latenti sorprese inattese. Le vie latenti ancora esistono, sappiamo riconoscerlo? Allora ritornando ad esse insieme possiamo ricominciare a dedicarvi il nostro nuovo passo.

 

 

 

IL VALORE DELLA PROIEZIONE

 

Fu disvelato per noi il valore della proiezione. Se maari riuscissi a coglliere in te cosa cè di me, portrei in ugual modo distinguere cosa di te non è me e riuscirei ad amarti per la malinconia di ciò ce mi manca, mi completeresti per ciò che sei, per quella parte di te che non è me. Ti riconoscerei non solo per ciò che riconosco di me in te così da potermi identificare e immedesimare, così ogni nostro volerci bene sarà nuovo e oscillente tra i luoghi di ciò che siamo e che non siamo, a pari passo con il nostro divenire.

 

 

PREMURE VELATE

Esiste una premura che non ha nome, nessuno finora ha definito e nominato questo sentimento complesso, ma è una velata cura, pura e intensa compiutamente dedicata alla riabilitazione e alla libertà dei nostri cuori, questa aura è rara, alcuni ne ignorano l'esistenza immaginando lei stessa in qualità oniriche o utopiche. Questo soffio vitale non è mai inesorabile e statico ma è ovunque e ciascuna volta disponibile a cambiare, in nome della nostra vitalità celeste sulla terra, il suo flusso è originato dalla nostra profonda reciproca fiducia in noi e simultaneamente plasmato e animato dal nostro ascoltarci, dalla nostra vicendevole maternità, dalla cura che ci dedichiamo l'un l'altro. Questa aura non è influenzata dallo squilibrio, è un ordine indisciplinato, una realtà olistica, forse è per questo che non pub essere nominata, non può essere definita. Una realtà ordinata immobile, poiché sacrifica il cambiamento in nome della sussistenza della realtà medesima ordinata; solo la pura e manifesta mancanza di disciplina può non solo accogliere, bensì assumere come strutturale e necessario il movimento ed il cambiamento: Ecco perché quest'aura è per noi benevola nelle situazioni delle nostre relazioni in cui esse si impongono ai nostri occhi secondo le negatività radicali, inesorabili della noia, della sfiducia, della fine, della sofferenza, dell'odio, della indifferenza, dell'incomprensione. {Ogni voce è dualistica, il linguaggio crea uno squilibrio di valore tra la realtà che scegliamo di pronunciare a discapito del suo opposto, la parola, il definire non significa forse delimitare il reale? Sacrificare di esso ciò che noi stessi non sappiamo o non possiamo cogliere? }

Il perfetto equilibrio di questa aura riguarda il connubio disordinato e in divenire dei sentimenti che possiamo nominare, il loro giocondo avvicendarsi, confluire e manifestarsi. La verità olistica di quest'aura si riconosce nel suo potere purificare in ogni istante della vita i sentimenti che eccedono, quindi ad esempio un eccesso di odio sarà risolto da un trascendente suggerimento di amore e un eccesso di amore sarà risolto dal suggerimento di donare la vera distanza che solo il rispetto può realizzare.

La grave intensità dei sentimenti 'positivi' che compromette l'equilibrio della bilancia ora ricalibrata da un polo 'lievemente negativo' : il rispetto.

Nel nome del sacrificio dei nostri ego, questo flusso, che ci abbraccia, ci fa sentire che siamo naturalmente destinati a volare insieme. Attendiamoci attivamente. Incontriamoci vis a vis, per la prima volta e un'altra volta ancora, perché abbiamo tutto il tempo della nostra vita per capire che in verità siamo tutti irenicamente diversi: La differenza, è lo spirito della curiosità, guarda quel bambino che corre nel prato pieno di fiori rincuorato dalle miriadi di caratteristiche individuali di ciascun singolo fiore. In verità non c'è il mio percorso, non c'è il tuo percorso, perché veramente noi tutti seguiamo il percorso di questo flusso, il percorso della vita vasto ed aureo come il nostro cielo sempre cangiato di sfumature diverse. Quindi la scelta di un percorso non implica necessariamente i sacrifici delle altre vie. Diamo a noi stessi la possibilità di divenire consapevoli di noi, sino al tempo in cui crederemo veramente di comprendere le verità profonde di noi, solamente in tal modo ci sarà possibile epurare i nostri cuori e rasserenare le nostre anime dai veli opalescenti della superficialità e del pregiudizio. Domandiamo a noi come stiamo volando e dove stiamo volando, e nessuno cadrà perché le ali deboli saranno risollevate.

 

 

 

 

 

LA RELIQUIA NELLA DISCARICA

Un giorno andai in discarica per gettare alcuni cocci di piastrelle di porcellana; la discarica si trova su un ruscello. Mentre stavo gettando via le piastrelle ho visto che una statua antica e piccola in legno di ebano stava in bilico sul ciglio dell'infrastruttura che sostiene la discarica. Quel giorno soffiava un vento insidioso, dunque decisi di raccogliere quella statuetta abbandonata e proteggendola dal vento che presto l'avrebbe precipitata nell'acqua del ruscello che violentemente la avrebbe proiettata contro le rocce frammentandola. Grazie a questa esperienza ho imparato che ogni luogo, anche i luoghi più tristi e le realtà più abbandonate, nascondono la possibilità di essere il sito cl' una reliquia, un oracolo di realtà colorate e illuminate. ln altre parole ed in onore di un'altra prospettiva in ogni creatura, qualunque cosa fosse stata fatta, qualunque cosa fosse stata detta, è custodita una fievole aura di Vita e di cambiamento che rischiara d'ilarità il grigio delle manchevolezze. Ogni realtà è custode di una storia, che sia da lodare e glorificare o da condannare e redimere, è tuttavia ora e sempre una fonte condivisibile d'esempio utile all'origine ed al temprarsi di un personale equilibrio etico; dunque possiamo imparare a riconoscere la reliquia nella discarica? Dove tutto è miserabile, mediocre, impoverito, difettoso, abbandonato, deviante: si possono trovare le luci dei cambiamenti spirituali e delle anime magnanime.

 

IL DONO DEL TEMPO

 

Siamo tuttora abituati ad ascoltare e siamo soliti a credere in queste parole:

 

Se non ti dedica il suo tempo, non merita il tuo tempo.

 

E dunque non diviene più spontaneo donare la propria iniziativa di incontro in nome di questa dialettica della vendetta e del privilegio del proprio ego.

Ora pensiamo a quanto spesso abbiamo amato ricevere il dono del tempo di un nostro prossimo nonostante noi avessimo la consapevolezza di non meritarlo, ora comprenderemmo in che misura possiamo operare il bene per il prossimo; ed altresì per noi stessi che vedremmo riconosciuta dal prossimo la nostra iniziativa di relazione. Poiché se in una amistà la catena delle reciprocità ritorna a nuova vita vi sarà riconoscimento vicendevole e giovamento per tutti.

Il tempo della vita è IL dono dedicato a ciascuno; poiché viviamo, il tempo della vita non è un merito di un singolo o di un altro, non acconsente alle logiche del privilegio e delle priorità, non deve meritarsi, deve essere semplicemente donato a coloro che il nostro tempo vogliono accogliere ed a coloro che ne manifestano l’esigenza. In verità non esiste una realtà alternativa a questa, se non l'inesistenza: la volontaria solitudine è dono velato del tempo di vita se è investita in una futura creatività relazionale, non lo può essere se la solitudine è l'abbandonare e l'abbandonarsi fini a sé stessi.

Che il tempo di un uomo o di una donna abbia più valore del tempo di un altro uomo o di una donna è un assurdo e la proposizione: "Scelgo di non donare a te il mio tempo." è un nonsense poiché la vita è dono di tempo nella realtà di relazioni.

 

La coscienza del dono del vivere non può che implicare il riconoscimento che il tempo non è una nostra proprietà, bensì che noi tutti siamo a disposizione del tempo in uguale misura nel tempo che la realtà ci dedica. Il dono del nostro tempo al prossimo è semplicemente la scelta naturale della vita, ove scegliessimo di non dedicare il nostro tempo sceglieremmo di ledere alla vitalità della relazione e di privare gli altri e noi stessi della vita.

L’etica intimata della scadenza di tempo non è che l’imposizione del tempo di vita di un uomo (o di un insieme di uomini) sul tempo di vita di un secondo uomo, questa odierna eventualità è un nonsense ed ha una accezione dispotica poiché prevede la radicale distinzione di valore tra i tempi di vita di due uomini.

Da qui nasce la naturale volontà di donare il nostro tempo senza pretendere, poiché la pretesa grava sul nostro prossimo e lede alla creatività ed alla reciprocità della relazione, il dono, diversamente è un valore aggiunto certo, è sinonimo della vita e coincide con la natura relazionale umana.

 

 

 

 

 

Le due alture

 

 

Immaginiamo dunque: esiste un baratro tra due alture abitate, i cui abitanti possiamo caratterizzare come non intraprendenti, egoisti ed inconsapevoli; essi ora, nel tempo della ricchezza decadranno in povertà poiché l'ego di ciascuno il loro oro scialacquerà; ora, nel tempo della povertà decadranno in miseria poiché non cercheranno alcuna relazione con il loro prossimo, ciascuno custodirà il proprio pane sin quando non sarà terminato, nessun magnanimo dono sarà ricompensato con maggiori premure.

 

 

Ora immaginiamo:

 

Esiste un baratro tra due alture abitate, i cui abitanti possiamo caratterizzare come intraprendenti, altruisti e consapevoli; essi ora, nel tempo della ricchezza prospereranno e dalle povertà si riabiliteranno poiché l'altruismo di ciascuno fu ricompensato con l'oro del prossimo; ora, nel tempo della povertà essi riconosceranno la necessità di trovare aiuto nel prossimo per non decadere in miseria, dunque vicendevolmente cercheranno di instaurare una relazione con gli abitanti dell'altura gemella, ed allora investiranno le loro povertà nell'edificazione di un ponte, ciascuno ora potrà giovare di nuovi altruismi e consapevolezze, quando il pane di una altura sarà terminato, i suoi abitanti vivranno dei doni della vicina altura, presto il magnanimo dono sarà ricompensato con maggiori premure.

 

Allora siamo indifferenti al bambino questuante una pagnotta. Riflettiamo, un nuovo giorno, quello stesso bambino divenuto adulto divenne il medico che salvò la vita a colui che un tempo ebbe donato il pane Possiamo riconoscere che il valore di una pagnotta di pane per la miseria di un digiunante è pressoché infinito. Ora egli, essendo in povertà non poté assolvere alle spese mediche per la nostra cura, il fu mendicante estinse per lui il costo della cura come riconoscimento del suo passato altruismo.

 

 

 

Le bilance del destino e i gravi velati

 

A noi è concesso di avere consapevolezza d'uno solo dei due gravi dell'arcano equilibrio del reale: l'evidenza. La coscienza della qualità del secondo grave, è sovente velata. La nostra etica è tuttavia fondamentalmente dipendente sia dalla realtà contingente ed evidente, sia dalla realtà velata del pensiero e della memoria.

Ciascuno di noi è una bilancia del destino del reale, è concepibile credere che ciascuna bilancia sia diversa secondo capienza e resistenza garante dello stato di equilibrio. Talvolta la realtà è caratterizzata dal valore della magnanimità, dedicando a noi gravi 'visibili' e 'gravi velati' di qualità e peso adeguate alla nostra coscienza, al nostro carattere, al nostro cuore, alla nostra mente; le qualità dei gravi sono dipendenti dalla qualità della relazione con il nostro prossimo. Talvolta la realtà è caratterizzata dal valore della spietatezza, dedicando a noi gravi 'visibili' e 'gravi velati' di qualità intemperante e peso eccedente rispetto alla resistenza della nostra coscienza, del nostro carattere, del nostro cuore, della nostra mente, umanamente caratterizzati dalla qualità della fragilità. La magnanimità della realtà è dunque la carità, la premura, la cura, il valore del dono di ciascun singolo ad ogni suo prossimo ed implica l'alleviare dei gravi sui piatti della bilancia e la conseguente predisposizione al governo dell'equilibrio di sé in nome del riconoscimento e del dono dei valori di carità che furono il premuroso esempio del nostro prossimo.

Le serenità: la compagnia, l'amore, l'amistà, la fraternità, la carità sono levità: esse, poiché non gravano sulla bilancia della coscienza sono il compimento delle ireniche esperienze di vita che donano all'uomo il sentimento dell'orizzonte del paradiso.

La velata eccedenza dei gravi della realtà nella coscienza implica necessariamente la sua traduzione nel reale evidente:

Esperienze di paralisi di ogni creatività, sovrappensiero e dunque distrazione, di perdita di capacità di memoria, la mente allontana ciò che duole ricordare.

Diveniamo consapevoli dell'esistenza delle velate ferite, non scherniamo coloro che soffrono, talvolta essi sono i più caritatevoli e magnanimi:

Il danno subito può implicare alcune nostre possibili risposte: La trasparenza, la nera opacità, la riflessione, la rifrazione e la purificazione.

 

La nera opacità: associamo ai lumi solari le energie negative derivanti dal danno subito ed associamo ad un corpo nero la superficie della nostra coscienza: questa eventualità implica il nostro assorbire senza re-irradiare le energie negative:

La trasparenza è una forma di purificazione del danno devoluto poiché ne elude le implicazioni nella realtà. (La trasparenza è una condotta salvifica per l'ambiente e neutra per il custode, il meno implica lo zero)

La purificazione è una attitudine irenica e fondamentalmente costruttiva: il danno subito diviene consapevole e perdonato, viene assimilato, viene purificato e viene riflesso o rifratto in qualità di benevolenza. ( Il meno implica il più )

 

 

Il cammino delle porte

Immaginiamo una persona che si trova di fronte ad una vasta parete, l’unica realtà che si distingue sulla parete è una porta, attribuiamo all’immagine dell’ultima porta la analogia con la prospettiva ultima sulla realtà o la persona oggetto del giudizio. La persona può scegliere di fermarsi dinanzi alla realtà e non giudicare; in questo caso la immaginiamo fermarsi dinanzi alla prima porta. La persona può scegliere di giudicare ed allora sin dal principio del giudizio e fino al suo termine nella sua mente si instaureranno miriadi di associazioni tra la realtà osservata e la sua memoria ed esperienza; In questo caso il racconto coerente con questa possibilità è il seguente: La persona, sola, sceglie di aprire la prima porta, una volta attraversata la prima porta lei si trova dinanzi a due nuove porte, ne sceglierà una, nuovamente si trova dinanzi a quattro porte, ne sceglierà una e così sarà sino a quando il suo percorso ideale e mnemonico non la convincerà della propria verità sulla realtà che ha scelto di giudicare.

Argomento 1 :

La persona che intraprende il cammino delle porte è una conoscente della persona che è la realtà soggetto del giudizio.

Argomento 2  :

La persona che intraprende il cammino delle porte è la medesima persona che è la realtà soggetto del giudizio.

Nelle possibilità secondo cui la realtà osservata sia una persona, la sua mentalità, la sua storia e sia essa stessa ad essere giudice (consapevole poiché possiede gli strumenti mnemonici necessari alla coscienza di sé, lei varcherà la prima porta, e perseverando nel giudizio di sé giungerà a varcare n porte risultanti dalla combinazione delle sue scelte, e in conformità con il suo percorso giungerà in un luogo.

È comprensibile che la persona che intraprese il percorso mentale dell’ argomento 1 raggiunga una stanza finale dissimile rispetto alla persona soggetto dell’argomento 2. Questa eventualità esemplifica il fatto che la consapevolezza della persona 1 è un pregiudizio fuori luogo e lontano rispetto alla verità del luogo in cui è giunta la persona 2.

 

 

Argomento 3

L’unico modo possibile per la persona 1 di conoscere la verità sulla realtà  di 2 è di giungere alla sua medesima ultima porta, affinché ciò si realizzi 1 deve lasciarsi guidare da 2 sin dal principio; mediante i valori del dialogo e dell’ascolto.

Argomento 4

Le persone che intraprendono il cammino delle porte sono n prossimi della persona che è la realtà soggetto del giudizio.

È rilevante riconoscere che ciascuno di essi, in mancanza della guida della persona 2, in autonomia o secondo reciproca influenza giungerà secondo ingente priorità in una stanza finale dissimile rispetto alla persona soggetto dell’argomento 2. Questa eventualità esemplifica il fatto che la consapevolezza di queste persone, essendo il risultato delle loro singole memorie, esperienze e consapevolezze, si rivela essere un pregiudizio fuori luogo e lontano rispetto alla verità del luogo consapevole in cui è giunta la persona 2.

 

Argomento 5

Nel caso in cui l’oggetto della giudizio sia una realtà esterna che non sia un a persona, poiché non ci è permesso di dialogare con esse per comprenderle, l’argomento diviene più complicato.

Le logiche della scelta autonoma e eteronoma, della delega e della responsabilità, della relazione e della solitudine, l’equilibrio tra ideale e scelta concreta, la non esistenza della dicotomia, e la sfumatura della realtà che in rari casi è solo bianca o solo nera nel tempo e nello spazio; queste ed altre più semplici o più complesse sono variabili che si relazionano con questo argomento. (Queste variabili entrano in gioco anche nel caso del giudizio relativo al prossimo) È tuttavia necessario riconoscere il valore delle scelte di ciascun singolo nel mentre del suo percorso mentale poiché il luogo del territorio in cui egli/lei giungerà ed i modi in cui vi giungerà saranno in misura rilevante dipendenti dalle porte che sceglierà di aprire e da quelle che sceglierà di eludere.

NON DIMENTICHIAMOLO MAI: LE PORTE DELLA REALTÀ NON SONO SEMPRE APERTE E BIDIREZIONALI, NONOSTANTE LO SIANO NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI, ANCHE SE TALVOLTA NON SAPPIAMO O NON POSSIAMO RICONOSCERLO. QUESTO SIGNIFICA CHE TALVOLTA CI È CONSENTITO DI TORNARE SUI NOSTRI PASSI, TALVOLTA NO.

 

V E L A T E   E L I S I O N I

 

 

Il volere talvolta è il velo del pretendere senza il dare.

Si vuol il tempo del prossimo, ma non si dona il tempo,

Sì domanda la curiosità dell'altro, ma non si dona l'interesse verso il curioso approfondire.

Si vuol la sua simpatia, ed ove si riconoscono le antipatie vi doniamo le nostre apatie.

Sì vuol la sua gioia e il suo furore, tuttavia ove vi riconosciamo i segni della timidezza e della noia ne soffochiamo gli ultimi lumi.

Sì domanda la speranza nel felice divenire, ma non si conforta e non si rassicura.

Sì desidera l'iniziativa dell'incontro, ma si tace, non si chiama a gran voce il prossimo dinanzi al suo silenzio.

Sì assume di conoscere ma non si chiede.

Si inaugura la propria appartenenza ad una comunità, qualsiasi essa sia, mentre si teme il diverso, ed il fatuo timore emarginando, il diverso, originariamente docile, incattivisce.     

Si vuol ottenere gli onori della responsabilità, ove si sceglie di delegarla.

Ed ora che si comprende il misfatto, il cambiamento è vano.

Quale è dunque il senso del nostro pretendere se non il nostro scegliere quotidianamente di affievolire i lumi dei nostri fratelli come palloncini che presto sbuffando si sgonfieranno per la pressione che è loro pretesa? Poiché il pretendere non è che una grave sottrazione che non può che risolversi in una nostra futura privazione e vuota mancanza. La gratuità disinteressata è il valore della crescita interpersonale. Riflettiamo in relazione ai valori estremi (Eticamente e moralmente positivi e negativi) delle eventualità della vita, questi talvolta si manifestano secondo le loro accezioni radicali, tuttavia sovente si possono riconoscere alcuni loro esempi di gravità più lievi, conoscendo le gravità estreme potremmo riconoscere le oro immagini meno gravose ed urgenti riequilibrandole. Sappiamo dunque gonfiare il palloncino dell'animo del nostro prossimo? Ed insieme ci sosterremo, saremo presto sostenuti da nuove vicendevoli ed alternate conciliazioni: ove prima ci abbandonavamo sopiti e gravi alla terra, ora leggeri e vividi possiamo salire ai variopinti ed irenici cieli della realtà.

 

 

VELATI DIVENIRE

 

È aperto il portale dell'anima a coloro che chiedevano conforto e ascolto, o è blindato sostenendo di non avere nulla da dare: nei giorni delle piogge fendenti un bambino questuante si accostò alla porta di una abitazione, il mendicante in fin di vita bensì fiducioso bussò alla loro porta cortesemente ed umilmente domandando una pagnotta di pane. Un uomo, quando vide apparire la creatura in fin di vita, ammutolì tuttavia decise di ascoltarlo, non appena egli divenne consapevole della richiesta del pane l'uomo si voltò verso la moglie, il questuante vide i loro sembianti alludere al suo abbandono, presto il giovane questuante avrebbe udito la donna pronunciare: "lo, sai caro, egli chiede una pagnotta, ne domanderà il doppio, e presto dieci volte ciò che ora chiede, egli tornerà, non possiamo permetterlo."

"Cara, non possiamo sapere del futuro, forse chiede solo una pagnotta di pane."

La donna, esortò il marito a chiudere la porta, il marito, seppur incerto, dopo aver confidato al questuante le parole: "mi dispiace" egli chiuse la porta.

Il giovane si accostò alla finestra di questa abitazione, i suoi vetri appannati velavano la quotidianità della famiglia benestante; il padre colse alcune tra le numerose pagnotte custodite in un dorato recipiente e le diede in dono alla moglie ed ai figli. Il giovane ora privo di energie incedette verso una abitazione fatiscente, ora, diversamente fu ad egli donata una pagnotta. Nonostante la sua condizione debilitata il ragazzo chiese al custode della panetteria del paese di lavorare il pane per essere ripagato di poche pagnotte al giorno, presto egli avrebbe destinato in dono alla famiglia dell'abitazione fatiscente dieci pagnotte.

Quando incontriamo il nostro prossimo immaginiamo per ciascun istante della nostra relazione con lui, come sarebbe tale istante in assenza della sua presenza, o in una attitudine di stasi assoluta, ora sapremmo riconoscere il valore velato nelle sue timide e umili attitudini; giudicando non associamo la sua attitudine alle nostre idee di eccellenza e perfezione, questa nostra associazione impoverisce e talvolta annichilisce il contributo del prossimo, osserviamo quanto e come il prossimo aggiunge ad un ipotetico nulla, di cui talvolta siamo noi stessi la fonte originaria. Spontaneamente lo apprezzeremo per ogni singolo suo lume di vita velato o manifesto.

 

Quante persone camminano ancora con noi, nonostante siano lontane da noi, quante persone ripongono in noi la loro fiducia, seppur non esprimendola, a quante, diversamente abbiamo fatto torto, essi ci hanno dimenticato? Poiché sin quando esiste la vita, esiste il variopinto divenire delle realtà incompiute; ciascuna realtà è in stato evolvente secondo limitatezze nel tempo e dello spazio che sfiorano l'eterno, accogliamo i principi della magnanimità della vita che sempre perdona finché esiste.

 

 

Ubiquità velate

L’illusione della lontananza.

 

Alla fine, poiché viviamo, non possiamo che esistere gli uni per gli altri in ogni dove ed in ogni adesso. Nel ‘come’ esistiamo per gli altri risiedono le nostre responsabilità, la scelta di non delegare le nostre responsabilità è la chiave di volta dei valori di cui l’uomo può divenire esempio secondo la sua natura: La magnanimità, la gratuità, la libertà, la umanità, la fraternità, la creatività.

Il 'comprendersi' è una meta fondamentale: il pellegrinaggio di conoscenze, l'immagine della meta è un punto. Vi sono due pellegrini, ciascuno di essi vede all'orizzonte il punto della meta, i casi possono essere molteplici secondo le variabili della volontà, della consapevolezza, del tempo e dello spazio:

 

La bussola della fiducia dell'incontro.

 I pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi sono consapevoli che il rispettivo pellegrino sta affrontando il cammino lontano da lui/lei, tuttavia con lui/lei ( il miracolo del pensiero di ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta nel medesimo adesso in grazia di una bussola;

È dal punto di questo incontro che essi potranno comprendersi.

 

La bussola della pazienza dell'incontro.

I pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi sono consapevoli che il rispettivo pellegrino sta affrontando il cammino lontano da lui/lei, tuttavia con lui/lei ( il pensiero di ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta in istanti diversi. Il primo pellegrino attende l'arrivo del secondo pellegrino.  È dal punto di questo incontro che essi potranno comprendersi.

 

La bussola della curiosità, della sorpresa e della volontà di conoscenza del pellegrino sconosciuto.

Due pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi non sono consapevoli che il rispettivo pellegrino stia affrontando il cammino lontano da lui/lei, (non esiste il pensiero di ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta in solitudine tuttavia con sorpresa incontrano qui uno sconosciuto/a, essi parleranno del loro viaggio che li ha condotti alla meta.

È dal punto di questo confronto che essi potranno comprendersi.

 

La bussola della perseveranza del confronto, e della coesistenza del Noi.

 Due pellegrini intraprendono il cammino, partendo dalla medesima origine, essi raggiungono il punto della meta in reale compagnia (compagnia non ideale) e quando giungeranno alla meta essi riconosceranno di essersi compresi durante il tempo dilatato del loro cammino, il punto della meta sarà per essi rilevante in misura di una seconda meta: la meta del compimento del Noi.

 

Devianze dalla meta del reale compimento del Noi:

 

Attitudine di inesorabilità prima: la volontà del definitivo non incontrarsi.

 

 I pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi sono consapevoli che il rispettivo pellegrino sta affrontando il cammino lontano da lui/lei, e che ad essi è destinata la medesima metà, tuttavia uno/a di essi sceglie di raggiungere una diversa meta, essi non si incontreranno e non si comprenderanno.

 

Attitudine di non inesorabilità: il tergiversare l'incontro.

- Lettura del caso secondo: La bussola della pazienza dell’incontro ( un pellegrino sceglie temporaneamente di raggiungere una nuova meta, tuttavia presto si incamminano verso la meta originaria, il secondo pellegrino lo/la attende)

- Attitudine di inesorabilità: impazienza.

Un pellegrino sceglie temporaneamente di raggiungere una nuova meta, tuttavia presto si incamminano verso la meta originaria, il secondo pellegrino non lo/la attende, essi non si incontreranno e non si comprenderanno.

 

Attitudine di inesorabilità , indifferenza.

 

Due pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi non sono consapevoli che il rispettivo pellegrino stia affrontando il cammino lontano da lui/lei, (non esiste il pensiero di ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta in solitudine tuttavia con incontrano qui uno sconosciuto/a, essi si ignoreranno vicendevolmente , si incontreranno superficialmente e non si comprenderanno.

 

Attitudine di inesorabilità , la separazione.

Due pellegrini intraprendono il cammino, partendo dalla medesima origine, essi raggiungono il punto della meta in reale compagnia (compagnia non ideale) tuttavia essi non giungeranno alla meta, poiché uno/a di essi nel mentre del cammino deciderà di raggiungere una nuova meta essi non raggiungeranno la meta poiché mai si comprenderanno.

 

Il pregiudizio secondo cui giudichiamo che la ragione relativa ad una contingenza appartenga a noi stessi è un pensiero che decade in attitudine di inesorabilità che implica la non disponibilità verso l'umiltà dell'ascolto della prospettiva di sguardi diversi e la sottovalutazione del principio "Sapere di non sapere" di cui Socrate fu il maestro. Siamo lontani dal comprenderci nella misura in cui crediamo che la nostra prospettiva o la nostra meta sia l'unica esistente e l'unica di valore; il prisma della verità di un soggetto contestuale è ordinato secondo miriadi di piastre traslucenti, che virano le loro variopinte opalescenze in ogni adesso, a ciascuno è permesso di vedere l'evolversi di solamente una piastra, avremo coscienza della verità nella misura in cui vorremo conoscere la prospettiva dei prossimi nostri; analogamente se immaginiamo che la meta sia un prisma custode di miriadi di episodi, questa singolare composizione sarà immensamente più florida, variopinta e fiorente in grazia della condivisione della meta con i nostri prossimi, essi vi parteciperanno e vi aggiungeranno i loro colori, le loro vitalità, consapevolezze e attitudini creative.

 

Questa riflessione ha esemplificato due accezioni di meta differenti:

Meta relazionale: La vicendevole comprensione, il reciproco conforto e aiuto, la vicendevole condivisione della meta autoreferenziale al fine di giungervi insieme.

Meta autoreferenziale: Passione autoreferenziale, obiettivo, carriera, sogni individuali.

Inoltre questa riflessione vuole consigliare che ciascuna di queste due mete e le rispettive vie si completano vicendevolmente. Una vita dedicata alla sola meta autoreferenziale o una vita dedicata alla sola meta relazionale saranno percepite e riconosciute come manchevoli o sovente prive di senso e non equilibrate. Diversamente se in una vita la relazionalità e la autoreferenzialità sono compresenti, esse compartecipano alla via di vita non labile, equilibrata, buona, giusta, compiuta, lontana dagli eccessi, lontana dal materialismo, non estranea all’altruismo, lontana dalle attitudini di inesorabilità e di depauperamento del prossimo e priva del sentimento di nichilismo.

 

IL PESCATORE BUONO

 

Un uomo povero visse in una comunità di vegetariani abitanti di una remota isola.

Era un uomo povero, ed era un bravo scultore e un pescatore buono.

Era vegetariano, restò per il corso della sua esistenza ligio alle tradizioni della sua comunità che implicavano il digiuno dalla carne e dal pesce.

Egli dunque coltivava quotidianamente l'orto che fiorente gli donava le sussistenze per sopravvivere.

Tuttavia egli si distinse dalla comunità, poiché egli non era natio di quel luogo.

Egli visse la sua infanzia con il padre su una nave di pescatori, lì conobbe le vicende del mare e imparò la passione della pesca.

Egli ogni giorno, dopo essersi dedicato al suo orto prendeva la sua canna da pesca regalatagli dal padre, quest'uomo all'età giovanile come la sua famiglia e tutti i compagni pescatori fu superstite del naufragio della nave.

A causa della sua singolare passione egli fu emarginato: Egli fu l’unico a perseverare la attitudine alla pesca; i compagni perscatori e la sua famiglia a causa delle leggi tradizionali del luogo desistettero. Divenuto un ragazzo egli costruì un ampio acquario in cui si prendeva cura dei pesci che andava pescando e ai quali dedicava parte delle sue vegetariane sussistenze.

Un giorno alcuni compaesani che disistimavano la sua attività di pescatore, in seguito ad averlo offeso con parole ingiuriose nel senso "Ritorna in mare straniero, qui secondo tradizione i pesci sono creature sacre, e te li estranei dal loro ambiente vitale e li cuoci, non fingere con noi, l'essere agricoltore è solo un contorno. "  il pescatore buono provò a parlare, a rispondere e a spiegare loro che i pesci non erano parte della sua sussistenza. Tuttavia appena egli sospirò parola uno di essi disse: "No", e con impeto colse la canna da pesca del suo padre e la spezzò.

Dopo questo gesto il malfattore concluse:"È chiaro?".

Il pescatore mantenne con resilienza le sue quotidiane attività, essendo un bravo scultore riuscì a costruire una nuova canna da pesca.

All'alba d'un Sol nuovo il pescatore esperto notò avvicinarsi a lui un pesce molto raro, un pesce che ricordava aver visto solo una volta nella sua vita quando pescava insieme al padre. Era un 'Betta splendens', il pescatore buono riuscì a pescare il pesce che fluiva al corso delle rapide, tuttavia non lo condusse con se. Abbassò la canna da pesca e permise allo 'splendens' di ritornare a nuotare in mare.

Nei giorni seguenti accaddero delle vicende meravigliose, lo 'splendens' ritornava quotidianamente dal pescatore nuotando fino alle sottili onde della sua riva, il pescatore buono dopo alcuni giorni in cui ebbe riconosciuto l'eccentrico comportamento dello 'splendens' gli portò parte del suo vegetariano raccolto.

Intanto il buon pescatore si impegnò nel realizzare un acquario più ampio in cui avrebbe lasciato in eredità i pesci che ebbe pescato in onore della tradizione del luogo, scolpì allora un basamento in marmo e sensibilizzò la comunità affinché gli potessero permettere di inaugurare l'acquario come oggetto di devozione pubblica. Con premura e pazienza la rigida tradizione locale evolse in grazia della dedizione del pescatore buono, sì gli abitanti dell'isola che ebbero sino a quel momento ricusato la pesca ne accolsero la passione. Talvolta il pecatore buono liberava in mare i pesci che pescava proprio come accadde quando liberò il ‘splendens’;

dimodoché ciascuno dei pesci mantenesse il medesimo tempo di permanenza nell’acquario, altresì nel caso dell’acquario popolare incise sul basamento di marmo questa indicazione pregando dunque i popolani di perseverare questa sua idea di libertà.

 

PETALI DI CILIEGIO

 

La donna mi disse: Guarda! In questa stanza ci sono dei petali di ciliegio.

Qui, in questa stanza, non è reale, è ideale: è un artefatto. Fuori non è così, fuori è realtà.

Dopo averla salutata sono uscito dalla stanza e ho chiuso la porta, ma la porta non si è chiusa perché la donna ha fatto resistenza uscendo dalla stanza. La porta è rimasta aperta. Ho aspettato fermo come una statua al limite tra "la stanza" e "l'esterno" e la donna che mi ha salutato mi disse:

Guarda! I petali di ciliegio sono altresì lungo il viale del giardino appena fuori dalla stanza dove abbiamo parlato. La donna continua dicendo: "Quindi non è vero che il passato non esiste, il passato può essere reale, il passato può essere presente, deve essere visto semplicemente presente, qui ancora resiliente, ma resiliente non deve essere il tempo dobbiamo esserlo noi. Il futuro come il passato è in noi, immaginario. Quindi il futuro è ugualmente Realtà e presente". E alla fine lei ha concluso :

"Guarda! I petali di ciliegio sono altresì lungo il viale del giardino appena fuori dalla stanza dove abbiamo parlato!

 

 

 

“Nella stanza dissi: La stanza è un artefatto, non è realtà, realtà è fuori la stanza.

Ed in verità qui ti dico: Qui, il giardino dei ciliegi non è realtà, è ideale: è un artefatto. Realtà è la stanza la cui porta abbiamo varcato. Dimmi che non è così.

La porta tra Tempi, luoghi, virtualità, realtà, immaginario è aperta, sono la stessa entità.

L'immaginario è invisibile realtà creativa e la realtà è immaginario,

sogno e fantasia e desideri sono immaginari e sono realtà,

Il virtuale è reale e la realtà è la virtualità,

Immaginario è virtualità e virtualità è immaginario.

Il lontano è qui,

Pensare che “Il lontano è qui” è il passo verso il lontano che varca la sua inesorabilità, che risolve il suo inpasse, che plasma la sua definitività.

Allora il lontano nel tempo è ora.

I petali sono ovunque:

E la donna non mi ha mai salutato,

e la porta della stanza è chiusa: Chiusi io stesso la porta,

lasciando la donna che non salutai nella stanza:

Ché l’idealità può essere non realtà,

 l’inverso speculare della realtà –

L’immaginario soggettivo è realtà.

 

E la realtà può essere non idealità :

Ed Io dopo avere scritto “I TRE QUADERNI”

mi ripromisi di non scrivere più."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo

 

È accaduta una singolare coincidenza, ricordi i nostri orologi? Erano orologi che scandivano sentimenti affettivi di famiglia, di amicizia, di amore, erano i nostri orologi, bussole del tempo insostituibili non intercambiabili. Questi oggetti ancestrali e antichi riflettevano i nostri visi sul cristallo del quadrante dorato, quando avevamo bisogno di noi per sapere l'ora giusta dell'adempimento al nostro destino, quando reciprocamente seguiva una nostra carezza all'inclinare dei nostri polsi per disvelarci l'ora giusta, potremmo comprare nuovi orologi ma essi ci direbbero solo l'ora, non più il nostro significato del tempo, io ti chiedo scusa perché ho perso l'orologio di noi, so che anche te lo hai perduto, lo so perché mi chiedesti quale sia il tempo giusto, quando mi chiedesti questo io sentii di doverti domandare le medesime parole, allora ci accorgiamo insieme di aver perduto i nostri orologi nello stesso momento.

Ma non ti preoccupare questo comune sentimento è la via giusta per ritrovarli, intanto sto scrivendo un libro, lo so che non è come i nostri orologi, tuttavia è un modo per reinventare il nostro tempo, per donarci tempo altresì se in parte lo abbiamo perso, così lo scoccare delle lancette somiglia al realizzarsi delle lettere sul bianco foglio, per dire che c'è ancora molta carta bianca, molte linee non sono trascritte, allora persevero nell'ideare il mio orologio così da poterti rispondere che il tempo giusto esiste ancora ed insieme ho avuto cura che vi fosse spazio per te nel nostro tempo, così se non troverai proprio il nostro orologio ti basterà una qualunque penna per ritornare a trascrivere la nostra storia, se mi domandi saprò risponderti in che momento siamo della fiaba, mi conosci e sai che so sognare allora comprendi che chi sogna sa riscrivere oltre la parola fine e segnare la nuova prima lettera di fiabe che non sono ma che sono destinate ad essere non per gli orologi, per i fogli o per le piume d'inchiostro - ché avere perduto i nostri orologi non significa avere perduto Noi.

 

 

 

 

 

 

DESTINO

 

un vento lieve incoraggia il mistico camminare lungo un sentiero tra i salici.

Una persona al mondo, lei ed il tempo in un punto nell'universo, perché custodisca e germogli buone memorie.

Un'aura primaverile, stormendo le cascanti rigogliose fronde, a lei rievoca il suono dell'ilare sciabordìo di onde del mare che l'equòreo zefiro zampillava

Voci gemelle della natura di luoghi e tempi lontani risuonano in noi, punti di discontinuità del tempo.

I virtuali albori del passato, le ireniche aurore del futuro, i giocondi arcobaleni dell'immaginario, a noi velano il presente.

Tra i salici, al temperato gradiente del cielo i lumi si rifrangono in traslucenti cipsele danzanti, uno dei piumati frutti sfiorandomi il viso mi rinsavisce dai miei pensieri. Mi immersi nel flusso evanescente dei cipsele, nonostante il mio impegno nel cogliere uno di questi eterei aghi riconobbi di non potere nulla dinanzi alla volubilità dello zefiro, il loro volitare era giocondo, imprevedibile, inarrestabile: i pensieri, i nostri fugaci saluti, siamo natura, possiamo eludere le sue leggi?

Aghi eterei, argentei lumi rilucenti rievocarono le dorate polveri d'un lungomare al crepuscolo. Mi chinai e raccolsi le sabbie del tempo che il vento congedò da me, vidi allora un/a bimbo/a provare a trattenere l'acqua del mare con le sue mani, lo/a vidi piangere quando si accorse di perdere troppo presto le stille che avrebbe desiderato custodire.

Pianse perché le sue mani non avrebbero dovuto tremare mentre custodivano ciascuna delle stille, avrebbero dovuto essere perseveranti nel loro mantenere un equilibrio, una resilienza che forse fu al di là della loro facoltà.

Tuttavia tutto in verità resta: E quello stesso granello di sabbia che la tua mano non ha potuto trattenere ritorna con te in un giorno primaverile al volitare degli aghi del cielo, ed allora rincuora il pensiero del dono di libertà, il fil rouge della vita.

Al faro, la meta del cammino lungomare: la linearità dell'orizzonte, il terso celeste del cielo e lo screziato turchese del mare: lì ove il giudicare è ininfluente.

Ed allora si immagina di potere sfiorare l'infinito dell'orizzonte e di poterne respirare la semplicità e la serenità del suo essenziale, intanto ascoltando il caos dell'affarismo, le voci di chi in ogni attività ha come scopo il guadagno ad ogni costo, di coloro che ancora sacrificano i mezzi per raggiungere i propri fini.

È l'infinito dell'orizzonte, l'immensità della solitudine di un'anima in quell'universo, la tenuità della sua aura nel grembo d'ireniche vastità che umilmente sussurrano che ogni inesorabile diniego, ogni severo egoismo e dispotismo sono un gioco che non vale la candela, sono miraggi di sogni, in verità maschere d'incubi velati.

Il sentiero è terminato. Dinanzi a me un santuario ed una stele su cui furono scolpite Ie parole:

"Si tramanda una leggenda secondo cui il limite vide l'infinito, la sua prospettiva circoscrisse la sua essenza e lo spirito dell'infinito si allineò alla volontà del limite. Così il limite completò l'infinito e l'infinito completò il limite.

 

 

Ora sono gracile, impoverito, fatuo, volubile: la più lieve brezza mi ha spinto sino a qui, dinanzi a questa stele.

Tuttavia ora non posso nulla al cospetto del mio gemello infinito: un'aura permeata di spirito creativo, un'ispirazione mi avvolge, lei schianta il mio polso sul foglio, valorizza le mie idee, frammenta ogni superficie ed illumina ogni abisso rinnovando ogni declinante stato della mia mente, così le mie debolezze, la mia noia, le mie labilità, la mia stanchezza, i giudizi, i dubbi, la mia volontà contraria e le vicissitudini del reale rappresentano il mio essere il limite che quest'aura risolve, completa e muove con la sua incommensurabile energia vitale ed a lei questi limiti sono impotenti come conchiglie che s'infrangono al delirio dello zampillare marino.

Io non faccio nulla se non abbandonarmi a lei, a questa voce. Non mi è possibile oppormi poiché lei è immensamente più volitiva di me. Cosa potrebbe un uomo nel vortice di un Mulinello d'acqua? Chissà dove mi condurrà, quando mi lascerà nuovamente in quiete.

Prevedendo i soli nuovi nei flebili lumi di candele stemperate, ne ravviviamo i lumi, tuttavia consapevoli di non poterne scorgere alcun imminente bagliore di cambiamento buono, noi, riconoscendone il giocondo filo di fumo avvolgere le loro perseveranze, mai desisteremo, donando presto al buio un nuovo lume.

 

Nulla die sine linea

Le memorie, i sogni, gli immaginari sono per i frammenti del reale come l'oro con le reliquie? Kintsugi. O forse sono irreali anestesie, i 'canti delle sirene', i miraggi ipnotici dai quali è urgente fuggire? Pensieri, giudizi, dubbi, apparenti gravose illusioni, inibendo l'attenzione, illudono Noi d'essere mari di pietra, mentre sono come acqua portata al mare.

 

 

ONIRICHE PRIORITÀ

 

Ad una donna esile fu consigliato di intraprendere un viaggio, le sarebbero state donate le vettovaglie utili alla sua sussistenza; Il committente del pellegrinaggio verso il luogo delle oasi desertiche era un uomo savio ed enigmatico che usava lasciar dondolare al vento un antico orologio a taschino color rubino come un pendolo. Un filo amaranto sosteneva a mezz'aria il meccanismo del tempo, un elegante mantello celava parte d'un segno d'inchiostro: la parola destino oscurava l'avambraccio dell'uomo d'arcani significati.

 "Ora ti consegno questa pesante anfora, contiene dei puri e candidi cristalli, queste polveri sono rare e preziose, tuttavia sono d'una rarità inconsueta, unica e difficilmente barattabile. Potrà la tua curiosità riconoscere che questa anfora sia custode della tua saggezza? Nel mentre del tuo cammino incontrerai un viandante nel deserto ed una lavandaia che ti chiederanno di dedicar loro il tuo tempo, le tue cure e la tua carità, in grazia della tua magnanimità potrai riconoscere in questa compagnia la tua felicità?

Il tuo pellegrinaggio culminerà nel luogo delle clessidre dove potrai raccogliere alcuni lingotti d'oro che ti doneranno ricchezza. Ricorda, questa pesante anfora è altresì una zavorra che ti rallenterà; parimenti il povero viandante e la lavandaia rallenteranno la tua solitaria corsa all'oro, ricorda inoltre che presto le sabbie ammanteranno il portale d'accesso al tempio delle clessidre custode dell'oro. Ora vai e valuta da te le tue priorità."

La giovane donna intraprese il cammino, presto ed avventatamente abbandonò ai venti desertici le sacre candide sabbie che ora si dispersero frammentariamente divenendo ora del vento, ora del fuoco, ora della terra, ora dell'acqua ed il candidi ed opalescenti frammenti persero il loro valore tra le grezze rovine desertiche. L'esile donna giudicò di consumare al più presto le vettovaglie a sua disposizione così da avere le energie necessarie per raggiungere il tempio della clessidra il prima possibile.

Nel mentre del cammino la donna, ora in forze, incontrò un uomo morente il quale chiedendole una pagnotta di pane per rinsavirsi; le disse che le avrebbe dedicato la sua riconoscenza.

Tuttavia la donna non vi dedicò che le parole: "Non posso dedicarle il mio tempo. Ed aggiunse velatamente: "ll Destino ha riservato per me pregevoli fortune, tu potresti forse quanto il mio destino può?"

Nuovamente la realtà donò alla donna una seconda ed ultima possibilità di felicità:

Una lavandaia chiese alla donna: ho premura di lavare queste vesti per mio figlio in tempo, sai, in questi giorni celebreremo le sue nozze, lei è custode dell'oro bianco? Lei può donarmi un calice della candida polvere? Potrebbe pazientare con me ed aiutarmi affinché io possa dedicarmi ad altre vesti per la mia famiglia? Le chiedo solamente un calice, so che questi cristalli potrebbero essere nuovamente presto utili per lei. Le sarei riconoscente."

Tuttavia la donna non vi dedicò che le parole : "Non posso dedicarle il mio tempo. Ed aggiunse velatamente: "ll Destino ha riservato per me pregevoli fortune, tu potresti forse quanto il mio destino può?"

La donna avendo elusi tutti gli 'ostacoli' che la separavano dall'oro giunse solitaria in tempo al tempio delle clessidre prima che le sabbie ne avessero compromesso l'accesso. Sul portale vi erano incise le parole:

"Le due lontane clessidre attendono d'essere simultaneamente equilibrate con opalescenti e fini sabbie. Così il caritatevole destino diverrà compimento dell'umiltà, della fraternità e dell'accoglienza.

Ed il destino, il padre d'arcani equilibri, donerà l'oro a coloro che hanno scelto le priorità delle dorate magnanimità."

La donna non poté che rassegnarsi al riconoscimento del suo destino che si rivelò in ogni adesso del suo pellegrinaggio nelle scelte delle intimate solitudini, dei disvalori dell'abbandonarsi e delle oniriche priorità.

 

 

 

 

 

INNER CHANGES

Persiste una fatua melodia del nulla cadenzata dal caotico cadere della pioggia e dall'autunnale cadere delle foglie. Tuttavia le medesime monotone e malinconiche evidenze della tua realtà cambiano le loro sfumature al divenire della tua anima e del tuo pensiero. Sia questo cambiamento nel tempo d'ogni ora un beneficio per te e per le persone che ti circondano in grazia dei miracoli d'un amore che grazie all'amistà esemplifica e reitera questo cambiamento similmente alla miriade di riflessioni originate dal virtualizzarsi di una realtà tra due specchi paralleli: si realizza il compimento dei valori del tuo io bambino e della tua coscienza, ravvivati dalle tue letture e dalle tue esperienze; si rivelano dunque questi valori nelle persone accanto a te.

Quest'aura di creativa condivisione risuona nell'animo delle persone con intensità sempre più vive rivitalizzando la nostra comune realtà.

 

 

IL DIALOGO DELLE DIVINITà DEL TEMPO

 

Speranza: "Ci sarà tempo". Ritorno: "Spero che tu dica il vero."

Inesorabilità: "No." Nichilismo: "Non importa, non mi interessa, niente è importante."

Utopia: "I sogni sono reali, perché sei un sognatore, un reale sognatore: gioca con il nonsense e renderai l'irreale impossibile, reale possibile".

Serendipità: "Vivi per raggiungere il Cuore della tua meta, forse nel frattempo incontrerai diverse realtà e cambierai idea, le realtà che incontrerai saranno più importanti per te della tua meta originale."

Silenzio: ""          Resilienza: "Silenzio, vigliacco, sei già andato?"

Pace: "Resilienza, dedica rispetto al Dio del silenzio".

Innocenza: "Resilienza, il Dio del silenzio non ci ha abbandonati, non si è congedato da noi, ci sta parlando in un modo diverso, con una lingua diversa, potresti riconoscerlo?"

CONTROCORRENTE: "Farò secondo mia volontà e arbitrio, non puoi essere la mia anima, quindi il tuo criterio di mentalità è incompatibile con il mio."

Noia: "Inesorabilità, pronunci il vero, non posso fare nulla, sono paralizzato, questa è la nostra fine." Solidarietà: "Sono qui per aiutarti."

FINE O ATTESA: "Parliamo per dire, per fraintendere il nostro attenderci raccogliendo lo zefiro e osservando il passo lontano a cui forse non giungeremo e mentre teniamo in mano la sfera d’argento la lasciamo per raccogliere una sfera d’oro che forse non potremo possedere”

COSCIENZA: “Ascolta la tua anima e illumina te stesso attraverso il tuo sole interiore, sii il riflesso della tua luna interiore, non lo specchio di miriadi di inesorabili esempi che vedi esternamente perché il meglio di noi è tuttora invisibile, è nella nostra anima e deve ancora essere svelato. “

Curiosità: "Sii paziente, pensa due volte, cambia idea, forse la nostra prospettiva è sbagliata: cambiamo la nostra posizione, forse potremo vedere meglio. Dobbiamo dedicare a noi più tempo."

Libertà: "Credo nel vostro libero spirito di cambiamento. Dio del nichilismo, sei importante, ciascuno di noi è fondamentale; non credere mai che non sia così. E Inesorabilità; ho la chiave del lucchetto delle tue catene, ma per essere di nuovo libero devi semplicemente mostrarmi che desideri ritornare alla vita. Il Dio del Ritorno sarà, solo se o vorrai, la tua guida verso la meta della resurrezione, della nuova vita."

Verità: "Ora, osservate l’aureola dell'unione delle nostre aure, poiché siamo giunti qui con il nostro fiore e ognuno di noi si congederà con un bouquet di fiori. Possiamo riconoscerlo? "

(Il Dio dell’indifferenza si congedò presto, prima del tempo, subito dopo le parole di del Dio della speranza, la divinità indifferenza non ha dunque mai conosciuto le parole degli altri Dei del tempo.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Je suis le temps que je te consacre.

Io sono il tempo che ti dedico

una lettera per chi non la leggerà

In ciascun adesso della vita ci è donata l’opportunità di ridefinire il nostro periodo di tempo, potrebbe  sfiorare l’infinito, se solo non scegliessimo l’essere il nostro tempo infinitesimo... Ho sognato un orologio senza lancette dove la fine non può esistere, il tempo non è un concetto astratto o una realtà virtuale. Noi siamo il tempo; nella misura in cui dedichiamo la nostra presenza e la nostra iniziativa di dono di opportunità, attitudine che non può che evolvere dallo spirito materno e naturale che si dimostra evidente nelle attitudini dei bambini. Siamo le lancette dell'orologio, davvero non ho mai creduto in chi mi dicesse a priori "È la fine", o "non c'è più tempo", oppure "è troppo tardi ", Queste idee preconcette annullano l'evidente esistenza di miriadi di istanti del tempo del futuro che sono utili per cambiare la situazione , al limite eternamente presente a causa di ciò si definisce vicendevole delega di iniziativa e di responsabilità, allo stesso modo non credo in chi mi dice" Non avevo tempo ", ora hai il tempo necessario, per premeditare ed organizzare a tavolino il cambiamento, che non può che divenire compimento della premessa della volontà. Consideriamo insieme cosa è stato conoscere la qualità del nero e seguiamo il suo bianco speculare. Vivere con le mentalità metodiche "devi meritare il mio tempo", o "non meriti il mio tempo" o "È quello che è", è sfavorevole, queste sono sabbie del tempo sacrificate che si accumulano nei cuori attraverso la nostra coscienza, la nostra innata integrità e la nostra memoria, semplicemente ci dispiacerà per la scelta del nihil. Ma la vita è talmente generosa; la vita ci dà miriadi di istanti per cambiare. In ogni istante della nostra vita, è l'opportunità di abbracciare una novità più adeguata rispetto alle novità immutate del passato. Tuttavia la vita generosa non sarà, se in principio noi stessi generosi non saremo.

 

 

 

VIRTUALE

Che è in potenza e non in atto: le sue qualità sono più v. che reali; talvolta con allusione all'imminenza e inevitabilità di una situazione della quale sono già in atto tutte le premesse.

 

 

Serendipità velate

La cometa del nonsense

 

Era ogni giorno assorta nella lettura di miriadi di libri diversi, in questa biblioteca solitaria, i rari istanti di riposo dalla lettura era immersa nei suoi pensieri, ammiravo la sua serena pazienza, il suo sembiante ora malinconico, ora curioso, ora affranto, ora stupito, ora dubbioso, ora si poteva scorgere il terrore nel sembiante di questa giovane nubivaga. Lei era talvolta per me un opaco mistero, talvolta in trasparenza lei rifletteva il tenore delle sue letture, talvolta i colori dei suoi pensieri. Riconobbi in lei ireniche verità velate, che inghirlandavano questa misteriosa lettrice d'un'aura variopinta: sedevo vegliando nel luogo della cultura custode delle arcane e sacre opere letterarie, esse mi attendevano, esse non si imponevano, bensì tranquillamente a me esistevano donandosi affinché io fossi libero in onore della mia curiosità e scelta ed in grazia della loro gratuita eredità. Una giovane lettrice, fosse lei stessa l'universo di questa biblioteca, luminato di miriadi di stelle, nonché le sue letture plasmate delle rivoluzioni del suo sognare, delle supernove dei suoi pensieri, delle eclissi dei suoi dubbi e delle stelle cadenti della sua fede e speranza.

"Ciao."

Le vidi del rossore imporporare le sue guance, la sua voce e la sua espressione tuonò in me asfissiando e tacendo il flusso dei miei pensieri che forse subconsciamente mi condussero ad osservarla.

Non avrei a priori intenzionalmente sospeso la sua lettura, in molti credono che non sia degno e rispettoso disarmare il prossimo con una virtuosa iniziativa, altri, i caratteri più audaci ed effervescenti esplodono in lussureggianti vitali iniziative nei confronti dei prossimi sconosciuti, la disposizione di quest'ultimi è l'amore dell'urgenza della creatività, i più pazienti certamente tergiverseranno dilatando il tempo, un giorno saranno artefici di temprate amistà ed amori o saranno come statue dalla cui mano destra decadranno le sabbie del tempo che hanno sacrificato al nulla e dalla cui mano sinistra fluirà inesorabilmente lontano lo spirito di amistà che hanno sì procrastinato sino ad averlo abbandonato. I più audaci otterranno presto risposta dal prossimo, alcuni saranno compresi, accolti ed abbracciati; altri saranno giudicati insolenti ed emarginati.

Nel mentre di questo sovrappensiero ricambiai il suo saluto, la spontaneità è il miracolo spirituale della creatività, nulla di artefatto in questo, nulla di premeditato, il sacro equilibrio delle reciprocità.

Nel medesimo istante in cui ricambiai il saluto lei mi sorrise, e mi disse:

"Quale curiosità potrò mai destare in te?"

Ed io risposi:" Che cosa vai cercando in queste letture?"

Sin da quando ero una bambina riflettendo mi rendevo consapevole del fatto che vi fosse una realtà di cui avevo malinconia, ma che non ricordavo, sai, penso anche ora alle parole di mio padre: " se non lo ricordi significa che non è importante." Purtroppo ciò che non rammentai e le realtà che altresì oggi non riesco a ricordare per me assumendo un immenso valore.

Vi sono realtà di cui credevo dovessi dedicare più valore rispetto ad altre, il gioco delle priorità è il significato in divenire della vita, è un gioco delicato di cui dovremmo con urgenza comprendere le regole, si può errare facilmente altresì a causa della variabilità del flusso del pensiero", disse lei mentre ora il suo sguardo vagabondo s'incupiva nella stanca ricerca di una meta.

Dunque lei: "Una meta, un ricordo, una consapevolezza di ciò che fosse veramente importante, un sogno, un senso, questo andavo inizialmente cercando nelle letture e nell'incontro con il prossimo; tuttavia troppo spesso si impose a me il muro del disinganno e del destino: scoprii che quando la realtà mi dedicava la meta a cui desideravo approdare, questa non saturava una certa coscienza di vacuità in me ed al cospetto di me, presto un'altra meta disastrava la mia serenità e rivoluzionava di onde emozionali la quiete della superficie della mia coscienza.

Presto un nuovo libro sarebbe terminato, dunque lei sospese il suo respiro e mi disse con un'espressione infranta: chi mai legge per più volte il medesimo libro? Chi dunque, deliberando di aver leso il filo rosso di una relazione suol tornare a ricucire con esso?

Sai, ho scoperto quale è la chiave di volta del gioco delle priorità: è la serendipità; questa verità la sussurrò quotidianamente la mia esperienza di vita, la cometa del nonsense può brillare più fulgida del sole chiaro della coscienza di senso:

Sai. Ancora non ho certa consapevolezza di cosa sia veramente fondamentale, di cosa non avrei dovuto dimenticare, se davvero ho dimenticato, non sono certa di cosa sto perdendo, io che sto vivendo ora e qui; ancora non ho certa consapevolezza del senso, la curiosità è la mia bussola, il costante ridimensionare, confutare o comprovare le mie idee e priorità sono i venti che soffiano le vele del mio destino, semplicemente vivere e amare l'avventura della vita." Dunque lei colse da un suo diario alcuni appunti e li condivise con me, sostenendo che essi fossero il risultato d'un intuitivo caos:

“Miriadi di letture, infinitamente relazionate tra loro, rare parole abbracciano il significato di diverse parole, un albero, un tronco, i suoi rami, l'eredità di un albero genealogico, uniche venature concentriche del cuore del fusto d’albero, uniche impronte digitali, un abbraccio, l’intrecciarsi delle fronde, il senso, la vita, nessuna inesorabilità, la lettura di un nuovo libro per ritornare a comprendere una lettura passata, la rilettura di un libro sfogliato ed abbandonato per scorgere le relazioni velate che dedicano senso, unità e completezza alla realtà, semplicemente leggere, ascoltare, osservare, vedere oltre, riflettere, cercare, ritornare, perdonare, pazientare, vegliare, custodire, incontrare, iniziare, ideare, sognare, creare; semplicemente vivere.”

 

Luca 13,20-21

E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? Esso è simile al lievito1 che una donna prende e mescola2 in tre misure di farina3, finché sia tutta4 lievitata».

Approfondimento:

Il lievito e la lievitazione sono parole assimilabili ai temi della conversione, della creatività, della volontà ed iniziativa di cambiamento consapevole e non passivo.

L’idea del ‘mescolare’ allude ad una visione non dualistica e non frammentaria della realtà, ed al latente compimento e associazione delle relazioni che la strutturano.

La farina è un ingrediente umile, le realtà marginali e umili sono le protagoniste del cambiamento di cui siamo chiamati ad essere artefici.

Il significato della parola ‘tutta’: La parabola allude al fatto che la visione dualistica della realtà è destinata a risolversi nell’unità, nel connubio degli opposti che completano vicendevolmente le loro carenze e  manchevolezze.

 

 

La fede

Il tema della fede, il credo in ciò che ancora non esiste, nelle realtà latenti o velate.

La fede nel divenire e nel seme dell’essere, nel buio dell’apparente nonsense.

 

Parole al vento

Qualcuno capirà

Nel tempo di una serena notte d’inverno una mongolfiera sorvolò la città, da questa mongolfiera caddero miriadi di lettere, migliaia di persone furono affascinate dallo spettacolo, in molti non si curarono di raccogliere la lettera, alcuni la raccolsero e la sdrucirono a priori, non ne conobbero il contenuto, alcune persone colsero la lettera, la sdrucirono dopo averne conosciuto il contenuto, rare persone raccolsero la lettera, ne conobbero il contenuto e la custodirono.

Lettere di uomini gentili

 

Un uomo gentile decise di scrivere una lettera d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.

Egli scrisse ed spedì la prima lettera, non ricevette risposta e desistette dallo scrivere. La donna in verità ebbe a cuore il gesto dell’uomo, tuttavia egli non ne divenne mai consapevole.

 

Un uomo gentile ebbe l’abitudine di scrivere alcune lettere d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.

Egli scrisse e spedì la prima lettera, non ricevette risposta, tuttavia egli ebbe fede e ne scrisse una seconda; la spedì e non ricevette risposta, dunque percepì il sentimento di inesistenza nel compiere un atto ed assistere alla sua vuotezza di senso tipico di ogni inane tentativo.

Dunque desistette dallo scrivere, questa ultima scelta definì la decadenza del suo atto poiché la donna in verità ebbe a cuore il gesto dell’uomo, tuttavia egli non ne divenne mai consapevole, forse, se egli non avesse desistito lei avrebbe un giorno desiderato di donargli la sua amistà:

 

 

 

 

 

Un uomo gentile ebbe l’abitudine di scrivere alcune lettere d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.

Egli scrisse e spedì la prima lettera, non ricevette risposta, tuttavia egli ebbe fede e ne scrisse una seconda;

in queste lettere si evincevano i valori di umiltà, conforto, pazienza, dono di consapevolezze, condivisione di esperienze di vita, la spedì e non ricevette risposta, ancora non desistette dallo scrivere, la donna scrisse una lettera all’ uomo dalla quale si evinse che non ebbe a cuore il gesto dell’uomo, lei lo intimò di desistere dallo scrivere, in dedica le parole inesorabili: “Mi hai persa ancor prima di avermi conosciuta, non cercarmi più.”

 

Un uomo gentile ebbe l’abitudine di scrivere alcune lettere d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.

Egli scrisse e spedì la prima lettera, non ricevette risposta, tuttavia egli ebbe fede e ne scrisse una seconda; la spedì e non ricevette risposta, egli percepiva di scrivere invano e forse inopportunamente, tuttavia ancora non desistette dallo scrivere, nonostante gli incubi notturni del terremoto dell’incertezza; la donna ricevendo le scritture di quest’uomo nelle quali si evincevano i valori di umiltà, fierezza, conforto, pazienza, dono di consapevolezze, condivisione di esperienze di vita, si emozionava e si meravigliava, sin quando alla decima lettera la donna scrisse all’uomo che rimase ‘cieco’ di inconsapevolezza per molto tempo; la missiva della donna per lui custodiva parole di affetto, di ringraziamento, di volontà di incontro e giudizi benevolenti. Essi in onore della volontà di entrambi e forti della fede dell’uomo e della riconoscenza della donna si incontrarono temprando giorno dopo giorno la loro conoscenza e la loro amistà.

La porta dell’anima

Miriadi di chiavi, solamente una avrebbe aperto la porta della sua anima. La sfera dell’anima, così fragile, avrebbe potuto presto infrangersi e complicare drasticamente la relazione:

Una persona colse la prima chiave, provò ad aprire la porta, ma non si aprì, lei rinunciò, la porta rimase chiusa per il tempo della vita.

Una persona colse decine di chiavi, tuttavia all’ennesima chiave la serratura si guastò, lei dunque rinunciò, la porta rimase chiusa per il tempo della vita.

Una persona semplicemente attese nel buio dell’apparente nonsense, cullata dal miraggio del fiume del fallimento.

Un giorno, il giorno in cui avrebbe perduto la speranza, la porta dell’anima si aprì. Lei sola vide la luce della sua anima. Questo fu il compimento del miracolo della fede.

 

IL PERDONO E IL DONO DI CREATIVITÀ

 (resurrezione e dono di opportunità di redenzione)

L’acqua passata non macina più.

 

Nel meriggio d'una giornata invernale il candore della neve luminava di candidi bagliori soffusi un elegante tavolo che solitamente era destinato ai giochi della dama e degli scacchi. Un bimbo sedeva dinanzi ad un giovane che pazientemente stava disponendo con ordine le pedine di questi rispettivi giochi, il giovane si dedicò dunque all' insegnamento delle regole dei giochi della dama e degli scacchi al bambino. Mentre il giovane raccontava al bambino la teoria di questi giochi, il bimbo lo interrompeva costantemente con alcune curiosità: "Perché non possono vincere sia le pedine bianche, sia le pedine nere? A quale dei due giochi ami giocare? Il giovane ed il bambino iniziarono la prima partita. Mentre il giovane accompagnava il bambino nel gioco degli scacchi, egli tentava di rispondere alle sue domande.

La dama o gli scacchi sono semplicemente giochi, in ciascun adesso del tuo vivere, nelle diverse relazioni e nelle diverse circostanze immagina di essere una pedina e di essere altresì il giocatore che la muove, immagina che altresì le persone che ti circondano siano delle pedine e ciascuno di essi rispettivamente i giocatori che le muovono, ora conosci le regole degli scacchi, impara le regole delle diverse circostanze e vivrai nel bene e nel giusto. Tuttavia ricorda questo pensiero: non dedicare valore all’idea secondo cui si deve togliere di mezzo il prossimo tuo per avanzare e per vincere, colui che sacrifica presto sarà sacrificato; i giochi della dama e degli scacchi sono custodi di più sagge teorie:

Nel gioco degli scacchi e della dama non interviene nessun dado, il caso è esonerato, la responsabilità del gioco non può essere delegata al caso né ad alcuna realtà se non alla volontà responsabile e creativa dei giocatori. Immagina ad esempio: Le pedine tue avversarie sono le opportunità che la vita ti dona per crescere, le mosse che adotterai sono le tue scelte e secondo queste tue scelte otterrai una promozione o resterai nella stabilità in cui ti troverai in origine o retrocederai; Fai il tuo gioco. Tuttavia si può perdere nei giochi degli scacchi o nei giochi delle circostanze, tuttavia nel gioco della vita sono tutti vincitori poiché la vita è il dono del tempo dell’opportunità di intraprendere nuove partite. Il ragazzo dunque disse al bambino; Scacco Matto! Hai perso questa partita. Hai imparato le regole del gioco degli scacchi velocemente, questa è già una tua vittoria; egli aggiunse con un tono misterioso catturando l’attenzione del bambino: Vuoi giocare ancora?

Io mentre sto giocando a dama o a scacchi sto giocando il gioco della mia vita con te, dunque amo giocare ad entrambi i giochi, tuttavia vi è una teoria che accomuna tutti questi giochi ed è la teoria della resurrezione: Il giovane colse il libretto della teoria del gioco degli scacchi e cominciò a leggere.

“La promozione, o resurrezione nel gioco degli scacchi, è il raggiungimento da parte di un pedone bianco dell'ottava traversa o di un pedone nero della prima, che permette al pedone stesso di "essere promosso" al rango di pezzo dello stesso colore. Tale pezzo viene scelto dal giocatore tra le pedine che furono allontanate dalla scacchiera ed ora redente: La donna, la torre, l’alfiere e il cavallo indipendentemente da quali e quanti pezzi siano già presenti sulla scacchiera.

La possibilità di promuovere è spesso un fattore critico nei finali ed indirettamente è un fattore strategico anche nel mediogioco e nelle aperture, anche se quasi tutte le promozioni hanno luogo nei finali e solo occasionalmente nel mediogioco.

Dunque talvolta se agirai secondo mosse erronee e sarai allontanato dal gioco, diverrai forte di nuove consapevolezze che ti faranno maturare e crescere, potrai ritornare a giocare la circostanza simile a quella in cui fosti allontanato con nuove competenze, abilità e consapevolezze.

 

Tuttavia sii consapevole che il dono della resurrezione e della redenzione può non essere necessariamente il logico riconoscimento che la realtà ti dona in seguito ad una tua brillante successione di mosse, nella realtà si può manifestare nella accezione di non inesorabilità come atto di dono di gratuità del prossimo tuo a te, dunque parimenti te imparerai a donare al prossimo nuove opportunità di resurrezione e di redenzione, solitamente si impara e si agisce secondo ciò che si vede, coloro vedono il buio dell’odio difficilmente conoscono e divengono esempio di amore, i rari lo reinventano, lo materializzano dall’anima di sé ancora memore di amori materni o di primitivi istinti naturali volti l bene, essi diverranno il faro che illumina le navi dilacerate dalle onde dell’odio. Dunque semplicemente non pronunciare mai la inesorabile parola “Addio” poiché le realtà che manifestano inanità ora in questo luogo potrebbero rivelarsi fondamentali in un diverso spazio ed in un diverso adesso, ne è un fondamentale esempio il gioco di carte Ramino Machiavellico esempio della ecletticità della realtà in cui la medesima carta può nel corso del gioco divenire partecipe in tempi diversi di combinazioni e relazioni diverse.

Il gioco della dama è più semplice del gioco degli scacchi. Nel gioco degli scacchi, nel gioco della dama in definitiva nel gioco del vivere la resurrezione è una eventualità rara, talvolta sì inconsueta da apparire come una eventualità trascendentale o inesistente. Possiamo sperimentare che la complessità delle varietà dei movimenti delle pedine degli scacchi può implicare che sia più improbabile l'avvento della resurrezione rispetto alle possibilità dell’avverarsi di questa nel gioco della dama.

L’autoreferenzialità è una illusione, non esiste poiché siamo sempre in relazione nel tempo della vita.

Non esiste egoismo senza altruismo, non esiste autonomia senza eteronomia, quando si decide per sé stessi non si può che decidere nel medesimo istante altresì per il nostro prossimo, ne è un evidente esempio il fatto che il tempo della relazione dedicato a qualcuno, ad una attività o ad una passività è il tempo della relazione sacrificato ad altre persone.

Siamo nel tempo del vivere vicendevolmente responsabili l’uno dell’altro, siamo simultaneamente giocatori di pedine e pedina giocata. In analogia con la tragedia dell’inesorabilità secondo la quale esistono raramente i doni di redenzione, di risurrezione, di atto del ripensamento, ciascuna scelta, altresì la più scontata si rivelerà pertanto fondamentale e direttrice di un definito percorso di vita per noi stessi e per le altre persone. (Esperimento dell’effetto farfalla in cui un una minima variazione dei parametri in origine implica percorsi, risultati nel continuum ed epiloghi diametralmente diversi rispetto all’esperimento realizzato con i parametri originari)

L’unico modo in cui si può perdere nel gioco della vita è la scelta definitiva delle realtà in antitesi con essa dedicate a noi e alle altre persone: le inesorabilità del trascurarsi.

In verità la situazione a noi attigua non è mai la nostra destinazione, non crediamo in coloro che si dimostrano con noi inesorabili, poiché essi non hanno compreso il senso della vita che fin quando esiste dona nuove opportunità di plasmare la realtà.

 

I VELATI GEMELLI

 

Eludendo la semplicità delle ovvietà che sovente cela alla nostra consapevolezza l'esistenza delle realtà velate, potremmo comprendere che ciascuna realtà vela il suo stesso contrario. Ed allora potremmo interpretare i valori velati nelle viltà e nelle pavidità:

Allora si rivelerebbero a noi queste virtù:

ln un atto di Odio, può velarsi l'atto d'amore, in un atto di indifferenza può velarsi l'atto di dono di libertà, in un atto di distruttività può celarsi l'atto della nuova consapevolezza e della speranza di una nuova origine, in un atto di delusione risiede ancora latente la fiducia, il silenzio è apparenza d'un nichilismo che vela il compimento di realtà inavvertibili ed ineffabili. Se la serenità della felicità è il luogo dell'orizzonte d'un cielo terso e d'un mare in quiete ove ci è concesso di conoscervi le calde sfumature del tramonto, le lievi e candide venature delle rare nubi che increspano il cielo, il suono iconico delle onde del mare che lontano si risolvono nella linea che i bagliori solari irradiano.

La calma del bianco è il luogo profondo dell'anima che lo cangia delle sue variopinte sfumature ed il luogo della solitudine è il poter nuotare in oceaniche profondità sconosciute, ai rari che talvolta scelsero volontariamente questo pellegrinaggio ed ai molti che sovente la realtà d'ingannevoli mulinelli ivi precipitarono, la natura concederà di vivere il mistero delle verità non superficiali velate dal velo marino: le opalescenze delle perle, il rosso carminio dei coralli, le variopinte e cangianti sfumature di maestose conchiglie, il buio del nulla; ed alcuni lì nel silenzio si fermeranno, altri diversamente avendo sostenuto il grave peso delle ineluttabili acque rinsaviranno a nuova vita ed a nuova coscienza e giungendo nel luogo della serena superficie racconteranno ai molti annoiati dalle superficiali realtà le profondità dell'animo, le ultime consapevolezze che annoverano le fatuità esteriori.

Affiancatevi a coloro che credono in voi e che vi incoraggiano, ed affiancatevi a coloro che non credono in voi e che non vi incoraggiano, non negate a voi stessi la possibilità di imparare anche da questi, i maestri dei quali insegnarono loro che le chiavi dei portali del cambiamento non sono accessibili nella realtà esterna bensì sono custodite negli scrigni del nostro cuore, della nostra mente e della nostra anima; dunque essi, riconoscendo in voi ciò che non avevano visto in origine, la vostra tenacia, il vostro spirito creativo cambieranno idea, ora essi crederanno in voi e vi sosterranno.

La ricerca del compimento di un desiderio di futura perfezione può implicare, in seguito alle nostre opere coerenti con il nostro sogno, la realizzazione di una realtà diversa rispetto alle nostre previsioni e talvolta meno adeguata rispetto alla realtà originaria. Ciò che esiste, è la certezza evidente di ciò che è ora esistente, sappiamo scorgere i valori custoditi nell'adesso? Sappiamo prevedere dove giungerà il ciottolo che abbiamo lanciato? Avremmo dovuto custodirlo con noi? Il numero dei rimbalzi che il ciottolo sta compiendo sulla superficie dello specchio d’acqua è il medesimo che abbiamo pensato? Abbiamo proiettato una idea di perfezione e crediamo che sia ancora in avanti, forse la perfezione la abbiamo già raggiunta e lì non ci siamo acquetati, vi siamo andati oltre e il nostro presente cammino verso la realtà imperfetta ci allontana da lei, il ritornare sui nostri passi, non l’incedere ci avvicinerebbe allora alla serenità della perfezione o forse dovremmo cercare l’imperfezione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA TELA SDRUCITA

 

Nel tempo di trascorsi Adesso un anziano saggio mi raccontò una parabola invitandomi a non soffermare il mio pensiero e il mio giudizio sui suoi elementi particolari, sulle singole parole e concetti bensì mi consigliò di scorgere di essa il senso generale come riconoscendo di nebulose variopinte sfumature di colore un evanescente arcobaleno.

Divenni presto consapevole che le sue parole alludevano velatamente all'arte del Tcāj: La sincera gentile iniziativa e la buona volontà verso gli altri senza aspettarsi nulla in cambio.

 

"Vedo che il cielo è terso, miriadi di lumi si rifrangono coronando gli elementi della natura. Riascolto il fruscìo delle foglie avvivate dallo zefiro primaverile che quietamente culla i rosei petali di fiori Sakura adagiandoli come il varo di gondole veneziane in un fiume le cui acque tranquille sfidano il fluire del tempo lungo un lieve pendio.

Un bambino giocando con una sfera di caucciù frammentò la cornice di un pregiato quadro che appartenne ad un suo familiare, il crepito del vetro ed il caotico saettare dei suoi frammenti che sdrucirono il dipinto sospese per alcuni istanti la quiete che rasserenava l'ambiente. Il familiare non si rammaricò e non si adirò con il bambino, semplicemente presto ridispose ordinatamente la realtà che agli occhi del bambino appariva come un disastro di cui egli stesso fu il solo artefice.

Ricordi quando il quadro cadde? Ancora mi dispiace per aver rovinato la tua cornice e sdrucita la tua tela.

Sì non fu un disastro, non mi diede noia, fu davvero divertente ricordi? Sai, il fatto che questa tela sia sdrucita, che questo dipinto sia custodito da una nuova cornice è importante perché significa ed è il riflesso della tua esistenza. Se non ci fossi stato il dipinto ora non sarebbe sdrucito e sarebbe custodito dalla cornice originaria; tuttavia ora avrei ricordi dei medesimi trascorsi istanti più spenti, più vuoti, più silenziosi, immagini significanti la tua assenza. Che il tuo cuore gioioso possa leggere della vita i significati più profondi come le radiose linee disegnate dalla luce del sole che filtra attraverso i rovi.

L'accoglimento di una via non deve significare il sacrificio delle altre vie, ciascun filo luminoso è fondamentalmente la luce del sole."

 

Raxeira. Voce tradotta. Galiziano:

Linee disegnate dalla luce del sole che filtra attraverso i rovi.

 

 

 

I lumi del risveglio

Lo specchio incrinato

 

Il sottofondo: miriadi di convenevoli parole di circostanza imperversano come vento sferzante ed un mulinello: la storia di un eterno incubo che sempre ritorna nuovo a sé stesso, intanto: Un vasto e terso specchio, un velo vellutato lo avvolge così da velare a coloro che in esso riconoscono la loro immagine e somiglianza di comprendere la verità che il velo obnubila. Quale verità? L'interiorità dell'anima. L'esistere di miriadi di lastre traslucenti ed opache, lastre porcellanate, diamantine e cristalline. Mentre lo specchio caritatevole dona il suo lasciarsi riflettere, alcuni dei quali si immedesimano nel riflesso dello specchio, violano il velo dell'anima ed infrangono le lastre dell'anima ed escono da questo loro disastro in compagnia della loro coscienza , alla fine delle lastre dell'anima non ne restano che l'infinità dei frammenti, polveri cristalline che ammantano catene e coltelli, mentre nulla accade e nessuno è colpevole poiché nulla è sentito se non il monotono flusso caotico dei venti e poiché nulla è visto se non il terso specchio dell'esteriorità. La bontà esiste, ed è esemplificata da coloro che con curiosità oltrepassano il mantello di velluto, con zelo si chinano per raccogliere ad uno ad uno i frammenti, con pazienza, con parsimonia realizzano nuovi meravigliosi mosaici. Ebbene purtroppo può accadere che lo specchio dell'esteriorità non sia limpido e terso, questo fatto può verificarsi ove e quando la totalità delle lastre dell'anima sia frammentata, ove e quando nessuno si dedichi (nemmeno la medesima anima purificatrice di se stessa) al restauro delle lastre dell'anima l'ultima lastra, la lastra dell'evidenza nel reale, lo specchio verrà incrinato. Ed ove e quando lo specchio sarà incrinato esso non rifletterà più, questo è il disegno dell'opacità, lo abbiamo riconosciuto, ove e quando persevera l'opacità, lì in quegli istanti s' instaura il silenzio tra noi. Questo è il dramma dello scindersi in miriadi di direzioni della nostra vicendevole immagine, ciò che traduciamo con le parole: non riusciamo più a riconoscerci. Sì per l'anima di ogni donna, sì per l'anima di ogni uomo, siamo noi donne e noi uomini osservatori, vandali, o salvatori; tuttavia, ora e sempre di noi responsabili.

Ed ora rassicuriamoci, alcuno specchio è incrinato, abbiamo coraggio, oltrepassiamo il velo di velluto, le nostre lastre: sono incolumi, ve ne sono miriadi, nessuna catena; nessuna lama fendé, l'incubo ha or fine ai cangianti lumi del nostro risveglio!

 

Un rosso tappeto di fiori.

 

Osservava i candidi lumi notturni fendersi tangendo i filati di ghisa d’un argenteo parapetto:

I bianchi bagliori screziavano ornando d’effimere ombre le decorate maioliche.

Lontano, un florido tappeto di papaveri e di tulipani che ora riconosceva esser tinti d’un tenue rosso carminio, diverso dalle vivaci sfumature di rosso scarlatto di quei fiori che solo i lumi solari possono rivelare.

Ed inaspettatamente le balenarono queste idee:

Se solo i nostri sguardi potessero come il sole luminare di vivide curiosità coloro che osservano, saprebbero rivelare ciò che le buie notti del dubbio oscurano.

Miriadi di parole e di immagini, flussi infiniti ed indefiniti di pensieri perdono a poco a poco valore come ciascun singolo tulipano che risulta sfocato alla vista del tappeto di fiori rosso rubino; Dunque nessuno potrà riconoscere ed attribuire valore ai petali di un singolo fiore di papavero nell’eventuale tempo in cui le tempeste imperverseranno ed il vento con impietosi fendenti li separerà dalle loro naturali origini.

Tuttavia lontani da miriadi di caotiche realtà il silenzio saprà portar consiglio:

Si potrà imparare a distinguere e ad avvalorare le semplicità e ricordare di queste realtà un senso generale come riconoscendo e custodendo nelle memorie un rosso tappeto di fiori:

Nella consapevolezza che il nulla sia insufficiente per cambiare la nostra realtà;

affinché divenga possibile diffidare di questo pregiudizio: “Azione alcuna è mai sufficiente per cambiare la realtà nostra.”

Affinché queste memorie possano essere raccontate e siano d’auspicio per i presenti futuri.

 

 

 

IL COLORE PER IL BIANCO BUIO

 

Sin dal principio il Sole fu oltre la nebbia ma dalla sua parte.

 

Voltarsi alla nebbia è perdere il Sole.

La nebbia imperversando disegnava i miei passi conducendomi ad abbandonare il mio cammino:

Questo cielo assurdo e anonimo che fa di ogni vera felice realtà il suo contorno mi stava fermando.

Non aveva senso continuare verso la nebbia. La nebbia non dà indicazioni. Obnubila le latenti potenzialità di vivaci creatività. La nebbia è il bianco buio. Riflettei, non potevo che riflettere in me stesso poiché l’ambiente ce mi circondava era caratterizzato da opachi nonsense.

Vissi un’implosività di pensieri e sentimenti: “Quante persone sarebbero tornate sui loro passi? Esse ritornando sui loro passi sarebbero davvero state serene? Quante di esse sarebbero fuggite dal bianco buio?”

Allora riflettei: ”In quelle candide forme fluide e disconnesse sarebbe dovuta esistere una possibilità creativa.”

Fu allora in quell’istante che realizzai a me stesso la soluzione: “Io stesso/a sono la possibilità, in me sono la creatività, il movimento, il cambiamento.

Varcai il limite locale dell’ambiente, perseverai il mio cammino e compii un nuovo ambiente in me stesso. Pensai:” Se io sono sensibilmente influenzato dall’ambiente locale, altresì io sono un ambiente per l’ambiente in cui esisto, pertanto l’ambiente che mi circonda è sensibilmente influenzato da me.”

Il mio ‘Io bambino’ pensò allora: devo impegnarmi affinché io sia il Sole per queste nubi, l’arcobaleno per queste piogge, in verità allora, il colore per il bianco buio.

Allora focalizzai il mio sguardo sulle iridescenti sfumature variopinte delle bianche nebbie e già le nubi non erano bianche, bensì colorate. Allora trovai la giusta direzione creativa: L’ambiente era glaciale, tuttavia il mio cuore ardeva – Allora concentrai il mio calore vitale per sciogliere il ghiaccio e la galaverna che ibernavano un fiore.

Acquisii le consapevolezze della sincronicità e della tempestività, l’aver cura di non scialacquare le possibilità relazionali che la Vita ci dedica e che noi possiamo donare. Le possibilità relazionali sono rare nella misura in cui siamo severi.

Condividere, dividere con; questo atto presuppone il separarsi di una nostra realtà da noi, in un certo senso perdiamo la esclusività di una nostra proprietà: Ciò che è esclusivamente mio diviene mio e simultaneamente tuo. Questa realtà implica dunque una perdita. Sappiamo perdere? Conosciamo le implicazioni di gratuità e di creatività relazionale conseguenti ad un nostro dono? Possiamo qui intravedere il valore della reciprocità? Se possiamo, allora sappiamo vedere oltre il bianco nero e possiamo vedere i colori.

Il tempo ed il luogo esistono nella misura in cui li realizziamo a noi – La rinuncia e il tergiversare il freddo avrebbe finito la relazione tra me ed il fiore, non saremmo a noi esistiti, non avremmo avuto né tempo, né luogo – tuttavia non è stato così – diversamente con il mio gesto ho dato a me ed al fiore un nuovo tempo ed un nuovo luogo.

Allora qualcuno prima o poi deve cominciare la catena delle reciprocità.

Il fiore ha mai compiuto un primo passo verso di me? Assolutamente Sì – Il fiore ha vinto il ghiaccio, il fiore è stato resiliente, non ha permesso alla galaverna di spegnere i suoi colori, ha mantenuto con tenacia il suo profumo e vividi i suoi colori affinché io potessi distinguerlo tra il bianco della neve – il fiore, nonostante i suo status di sofferenza mi ha donato i suoi colori, il suo profumo, le forme illibate dei suoi petali.

 

Abbiamo dovuto errare tra le nebbie per imparare a amarci?

 

 

Abbiamo dovuto salvare un fiore dai ghiacciai per riconoscere il puro valore della iniziativa come possibilità creativa che non è spirito di sopravvivenza individuale ma vita relazionale; la fede nel miglioramento, il nostro dono di surplus di tempo e di luogo relazionali è l’intrinseco significato dell’ascendere il tempo e la qualità della nostra vita – Intanto impariamo un profondo significato del verbo ‘guadagnare’.

Dedicare tempo al prossimo significa dedicare tempo a noi. Meritiamo il dedicarci spazio e tempo insieme.

 

 

 

Quando realizziamo insieme l’impensabile tutti giungiamo a sorprenderci rincuorando a noi stessi:”Chi l’avrebbe mai detto?” Allora impariamo un profondo significato del verbo ‘sorprendere’.

 

 

Siamo affascinati sia dal buio che dalla luce. Ma il nostro passo verso la luce significa relazione, poiché alla luce incontriamo le altre persone. Di contro al buio ci perdiamo poiché non ci riconosciamo.

Purificazione

 

Vi fu tuttavia colui che vide il bianco buio ed esperì che lì altresì i flebili riflessi della luce restano resilienti, Questi traslucenti lumi come le ombre che essi realizzano concorrono ad orientare il suo cammino.

Egli comprese inoltre che non poteva provare amore per quel luogo, così permise ai labili lumi rifratti dalle tetre opalescenze di condurlo al portale della vita, la sua luce è lontana, ancora, tuttavia è intensa dacché per vedere le sue traslucenze e riscaldarsi di lei basterebbe semplicemente un passo verso lei, per orientarsi è necessario volere orientarsi – Che un passo nel verso opposto a lei, l’ultima stanca voce della luce, ci disperde.

Allora chi siamo se restiamo fermi? Il nostro movimento è il nostro segno.

Sarà il Sole ad essere forte per noi? Se resteremo fermi sarà il Sole a fare i passi al nostro posto? Così la sua luce effusa scioglierà da noi la galaverna e ci donerà uno sguardo più chiaro.

Allora avremo imparato a brillare per gli altri, ad essere Sole per gli altri.

 

Se rifiuteremo il dono del Sole? Siamo per noi e per gli altri buchi neri i quali assimilano senza gratuità velando i lumi delle candele che incontriamo.

 

Ricordiamo che sia la luce, sia le tenebre ci ammaliano. Che cosa scegliamo, che verso ha il nostro passo? Il nostro è un passo reversibile? Dipende da noi.

 

Egli perseverò il cammino tra le nebbie e vide il sole. Inoltre in grazia del suo cammino conquistò il sole in sé stesso, ora egli è messaggero di una singolare saggezza  rivolta al valorizzare le più invisibili manifestazioni della realtà cangiante.

 

 

Non siamo solamente ciò che agiamo, il nostro valore è immanente, siamo vita. Siamo le voci che nel silenzio del bianco buio si chiamano insieme. Allora non taciamo, non lasciamo i nostri volti disperdersi nel bianco allucinante di cittadine fluorescenze.

 

 

 

La luce e il buio

Il buio obnubila ogni relazione,

Il buio è incubo di inesorabilità,

Il buio prescrive la solitudine.

Nel buio non c’è riconoscimento, non c’è discernimento, il buio annichilisce il nostro essere e divenire, vieta ogni relazione, nulla nel buio può essere insieme, soli ci si perde e ci si ferma. Il buio annovera la superficialità, il buio impoverisce l’essenza rendendola contorno.                 Il buio è stasi poiché paralizza. E’ noia. Il buio consiglia il no, poiché spegne i tenui lumi della creatività diniegando la possibilità del divenire cangiante .

 

La luce è garante della relazione,

La luce è sogno di possibilità,

La luce prescrive l’iniziativa,

La luce è orientamento quindi è garante del movimento.

La luce è riconoscimento, e possibillità di valorizzazione della diversità.

La luce annovera la profondità, i raggi solari irradiano il profondo del lago.

La luce consiglia il sì, poiché è rivelatrice del’avverarsi della possibilità creativa latente.

 

 

 

 

 

 

 

 

IRIDESCENZE GRAFITE

Presi un cartoncino bianco, una grafite . Disegnai sul cartoncino, nessuna figura, nessuna immagine, semplicemente colorai omogeneamente l'Intera area del rettangolo del cartoncino avendo cura che non vi fossero aloni bianchi e dissonanze di densità di colore.

Il risultato fu che un lato del cartoncino divenne di colore antracite le cui tetre opalescenze destavano in me tristezza, le tinte nere di quel foglio desterebbero in chiunque sentimento di tristezza e malinconia. Dunque quale dovrebbe essere il senso di questa mia iniziativa? Ho agito per caso, senza senso e meta? Il subconscio è stato un vento che ha virato la mia foglia in una direzione e in un verso imprevisti e di cui ero inconsapevole?  Volevo rendere me stesso più triste e malinconico?

In verità, No. La meta della mia iniziativa aveva un significato definito e predestinato.

Una mattina raccolsi un disegno che realizzai anni or sono e lo appesi al muro dinanzi ad una finestra, il disegno è un bianconero, grafite su cartoncino che rappresenta l'inverso cromatico degli aloni solari " due soli ".

Si rivelò a me la particolarità di quel disegno quando vidi questo disegno sotto una luce diversa, casualmente gli intensi bagliori solari di quella giornata serena si riflessero sulla tela vivacizzando il colore antracite del disegno, rendendo la superficie disegnata variopinta di iridescenze arcobaleno.

Una seconda possibilità è importante, le fluorescenze sono sempre diverse, nuove, poiché i raggi riflessi sul foglio hanno diversa intensità, hanno diversi angoli di incidenza, la posizione del mio stesso sguardo è quotidianamente diversa, inoltre queste incidenze cromatiche sono istantaneamente gioconde, in movimento.

In questi accorgimenti accaduti per caso riconobbi i frutti del gesto del disegnare il foglio bianco.

Il mio cammino era latente, non ero fermo, l'opera era in itinere, ma ne ero cosciente solamente per avere già disegnato con la grafite e per averne riconosciuto le rivoluzioni cromatiche ai bagliori del sole e della luna.

Allora il nero possiede latenti le potenzialità dei colori dell'arcobaleno.

È allora importante riconoscere numerose prospettive diverse per rivalutare ciò che abbiamo sottovalutato, non arrestiamo il nostro sguardo, vediamo oltre chè una medesima realtà opaca può possedere latente nella sua essenza le iridescenze più disattese e meravigliose

Deve solo essere cercata con curiosità e disvelata, scoperta.

 

 

P A R O L E  V E L A T E

Le parole del cambiamento, della rivoluzione, dell'onestà, dell'affetto,  della curiosità, della fiducia,  del pensiero, dell'ineffabile, della mente libera, dell'istinto conciliatore furono talvolta inespresse; ed ancora vivide sono custodite nella sfera dell'intima coscienza. Ed effondono tuttora la realtà d'un'aura di magnanimità che ossequia la Natura: l'ansioso precipitare della rugiada dal petalo,  il fievole avvicendarsi della neve, il giocondo volteggiare delle foglie, persiste una fatua melodia del nulla cadenzata dal caotico cadere della pioggia e dall'autunnale cadere delle foglie. Tuttavia le medesime monotone e malinconiche evidenze della tua realtà cambiano le loro sfumature al divenire della tua anima e del tuo pensiero.

La musica d'un violino e d'un pianoforte che inaugurano la silente danza di una timida ballerina. Le parole taciute,  custodi d'irenici linguaggi sono messaggere di pace e di dialogo similmente alle parole pronunciate.

 Talvolta le parole che furono taciute, non esistendo lasciarono spazio al silenzio ed al tempo trascorso che sospende le realtà che furono e che in verità ora sono memoria, pensiero, presente augurio del ritorno. Talvolta le parole taciute realizzarono creatività variopinte in grazia d'ideali e passioni che fanno del silenzio, la vita: la letteratura, l'arte, l'ascolto dinanzi alla parola.  Cuori che si comprendono abbracciandosi ed anime che si conoscono senza dire nulla, soli possono accogliere il senso delle velate parole. Poiché altresì il nulla in questa realtà è un velo traslucente del divenire dei destini.  

Siano questi cambiamenti un beneficio per te e per le persone che ti circondano in grazia dei miracoli d'un amore che grazie all'amistà esemplifica e reitera queste vicendevolezze similmente alla miriade di riflessioni originate dal virtualizzarsi di una realtà tra due specchi paralleli: si realizza il compimento dei valori del tuo io bambino e della tua coscienza, ravvivati dalle tue letture e dalle tue esperienze; si rivelano dunque questi valori nelle persone accanto a te. Quest'aura di creativa condivisione risuona nell'animo delle persone con intensità sempre più vive rivitalizzando la nostra comune realtà.

 

Maternità

 

Lei lo abbracciò, gli colse la mano, incedettero insieme il suo passo, lei gli camminava davanti divenendo per lui lo spirito creativo che sa accompagnare lontano seppur compiendo pochi semplici passi verso le realtà non solitarie, come una donna che può immedesimarsi nel mansueto spirito di longanimità del puro sguardo di orfanelli abituati ai solitari voltarsi. Presto essi giungeranno tutti all'aura materna di fede dedicata da una madre che con premura non sceglie ma accoglie. Come possiamo non accogliere il bambino! Sceglieremmo di tacere il bimbo che è in noi? Poiché questa umile voce è rivelatrice del compimento delle Pure Libertà immagini d'iniziative liberatrici.

 

 

FACOLTÀ  V E L AT E

 

Un bambino provò a leggere il brano d’un canto dimostrando i problemi di lettura tipici della dislessia; i compagni di classe derisero la sua esibizione. Dopo aver acquietato con gentilezza il tenore della classe la maestra cantò il brano per offrirne a tutti l’esempio. Una volta che lei ebbe concluso il canto il bambino dislessico le chiese di poter cantare lo stesso brano che non aveva potuto leggere.

La maestra non previde come il bambino avesse cantato, tuttavia credette nel bambino e non gli negò la possibilità del canto.

Il bambino cantò il brano eccellentemente dimostrando una memoria incredibile. Ora tutti videro e gli applaudirono.

 

Argomento dei racconti

 

Gesù diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni5 che vengo a cercare frutti su questo albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque!1 Perché deve sfruttare il terreno? Ma quello gli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli avrò zappato attorno e vi avrò messo il concime2. Vedremo se3 porterà frutto per l'avvenire4; se no, lo taglierai.»

Lc 13, 7 – 9

1.            L’ etica della selezione non è creativa poiché sacrifica al nulla la possibilità di divenire frutto o del manifestarsi dei frutti ‘velati’.

Il frutto, assume valore poiché è creatività e simbolo della vita di colui che si dedica alla nascita del frutto (Intima e autonoma creatività) e della vita di coloro (il prossimo) che dedicano gratuitamente il loro conforto e supporto affinché il frutto sia realtà compiuta. L’albero da solo, privo di ogni contributo umano è simbolo del nonsense, il nichilismo fine a sé stesso.

2.            L’iniziativa del prossimo (analogamente alla nostra disponibilità alla creatività) è importante poiché è garante del nostro divenire frutto. Riconoscimento ed accoglimento dell’aver cura di noi del nostro prossimo.

3.            L’attesa, il dono di tempo dilatato, la fiducia e la speranza del prossimo (e nostra) è importante poiché è garante del nostro divenire frutto.

4.            Il tema della conversione:

Dal brano: Maternità e florilegio.

L’opera materna di conversione della donna:

“Lei abbracciò, colse la mano, incedette il suo passo, accompagnò lontano.”

La conversione prevede la relazione, il riconoscimento ed il rispetto di realtà diverse e presuppone l’abilità di ‘vedere diversamente’

Il coraggio della conversione: La conversione può presupporre il sovvertimento di alcuni valori intimi e comunitari. L’affermazione: “Taglialo dunque!” si prevede avere la caratteristica di opinione comune e condivisa, pertanto la scelta “Vedremo se porterà frutto per l'avvenire.” essendo inconsueta e denotata di unicità o rarità per essere riconosciuta di valore deve relazionarsi con una maggioranza di opinione.

5.            Tre anni fu il tempo dell’esperienza di condivisione di Gesù Cristo di cui è speranzoso di vedere i frutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

VAGABONDI  DIMENTICATI

 

Per quanti miriadi di istanti il sole dona luce e calore.

Il sole noi tutti annovera. È bussola per tutti noi, mentre ci riscalda illumina la nostra via.  Senza che noi dovessimo ottemperare ad alcun presupposto per giovare del suo esistere:

Non esigendo alcunché in ritorno, sacrificando alcunché delle realtà che riluce.

Affinché possiamo non giudicare inesistente ciò che è quotidiano, normale. Non esclusivo

Ché altresì noi sappiamo essere come Lui è, poiché egli solo ci dona la luce grazie allo specchio lunare altresì quando è buio. Ci dona il calore e scioglie il gelo in noi, affinché a noi sia donata la libertà di scegliere e di riconoscere la relatività delle bontà che ciascuna diversità può custodire.

Ed il sole non esige alcunché da noi, solo semplicemente il lasciarsi amare da noi, nostro riconoscerne l'essenziale importanza affinché noi stessi per la natura e per noi stessi procrastiniamo il più lontano possibile il tempo della sua decadenza: Lui è più resiliente poiché è forte per noi.

Coloro che tergiverseranno il custodire ed il rivitalizzare la fiamma della loro candela, non gioveranno dei suoi fumi, ora flebili e forse spenti, immemori d'una vitalità che più non è, i medesimi. Poiché il sole può essere eterna candela rilucente, il sole vita, e la vita non annovera la fine. Il sole si spegne solamente se non vediamo i suoi lumi, il sole non vede il danno che è a lui dedicato, e perdona i malfattori, poiché la sua gratuità e vitalità sono immensamente più vaste. Il sole perdona tutti. Il sole non grava le nostre colpe, piuttosto riflette sulle proprie, infatti quotidianamente ed umilmente chiede a noi perdono: ritorna rilucendo coloro a cui diede bagliori argentei e non dorati mai tuttavia abbandonandoli nelle buie notti e comunque sverna le nature che vissero il gelo dei nevai, non importa se di luce propria o riflessa.

Sole. Te sai che Vita è iniziativa di gratuità e possibilità di magnanimità di esserne esempio, solo che sei della galassia viandante, ritorni a te stesso d'una inarrivabile integrità, come un vagabondo dimenticato, che dona il doppio a coloro che non sanno donare. Un uomo, seppur oramai dal cuore bianco per le miriadi di stille purpuree donate e mai ritornate. È  ancora più rincuorato d'ambiziosi e pretenziosi cittadini che gli dedicarono in ritorno al suo buongiorno, il loro indifferente non voltarsi ed il loro silenzio: osservate ora il vagabondo buono! Ché dalla sua attitudine c'è molto da imparare! Egli semplicemente congedò ognuno di essi con un educato saluto ed un rincuorato sorriso nelle quotidiane promesse mantenute di ritornare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LO SPIRO D’UN RIVO

 

LE POESIE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

My wind

 

You are my wind, cause I am your leaf.

Leaves fallin’ cause wind doesnt blow.

And simultaneously I don’t have to reach the focusi in _______ ,

because I’m the focus, the creative spirit: My wind:

 

È semplice navigare con lo zefiro, più difficile navigare al mar in quiete.

Sii allora il vento per la tua nave.

 

 

 

L’INTANGIBILITÀ DELL’ANIMA

 

Le gocce di pioggia

Increspano la superficie del lago,

non le sue acque profonde.

 

Alla goccia che cade alla sua riva

Segue l’onda vicina a lei stessa

Che presto e gradualmente si acquieta

E lontano tace.

Al centro del lago e all’orizzonte del mare

dietro questa onda è il silenzio

per potere chiarire, ascoltarsi e conoscersi.

E la neve tempra le onde del lago

Ibernandole in ghiaccio

che non ferma i battiti dei suoi intimi profluvi di vitalità.

Il gelo non raggiunge il suo illibato abisso

solamente irradiato dei lumi solari.

PS.

Pioggia,neve, ghiaccio e gelo: Male-dire.

Raggi del sole: Bene-dire.

 

 

 

Gratitude

 

Being alive is knowing the inner sense of life: It is logically

donating yourself.

Egoistic aptitudes are radically

physiologically damaging our mind and our heart -

you felt it as a sense of weakness and energy

wastefulness.

 

Can you feel and understand now that every second

of life has an immense value? Don't spare the now

and do not sacrifice the now.

We've

the responsabilities to know other people,

the people near you

and the ones that are little knowed by you,

 never delegate the meeting responsabilities,

but create them and increase real meeting possibilities.

 

Cause egoistic aptitudes are inert, motionless , life

less. They're not relationally creative. This is

because egoistic aptitudes damage us.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’equilibrio del pensiero

 

Un bambino reinventò il sereno

percorrendo il margine mosaicato di un marciapiede

previde che nella vita avrebbe fatto il funambulo

varcando limiti di cieli, portali di nubi e spire di venti contingenti per insegnare a noi

il giusto equilibrio per raggiungere non ascendendo il poter vedere oltre.

In verità le sue parole furono:

”Non so dove mi porterà questo percorso ecco perché ho scelto questo percorso. Ecco perché sono sicuro di essere sulla mia strada giusta, il percorso incerto consente flussi di libero cambiamento che non valutano l'obiettivo lontano ma ogni singolo passo vicino.”

 

Al limite e oltre ad esso. Si vede e si comprende tutto da queste due prospettive.

 

 

 

 

 

 

 

 

La coccinella

Vicolo cieco

 

Una coccinella su un foglio bianco.

Una penna, un filo d'inchiostro segnato sul foglio precede i passi della coccinella ora serena sicché lei segua la via definita del nero per non perdersi nel bianco.

La mano fermò il suo gesto. La penna lasciò il foglio e la coccinella che si fermò, tornò sui suoi stessi passi fedele al destino della via prescritta, Ed ora sola e irrequieta ritornò nel punto della fine del segno.

Per fortuna sapeva di poter volare e se ne andò.

 

 

Un sogno o una meta

 

Un bambino nelle notti serene, quando alcuna

nuvola screziava il cielo terso, fantasticava

sognando di potere prendere la luna. Allora

teneva le sue mani in direzione della luna,

non solo non poteva ovviamente

coglierla, tuttavia lo stesso gesto di tendere le

mani alla luna adombrava il suo viso, egli stava

negando a lui stesso il dono della luna, la sua

luce, ebbe li compreso allora che l’anelare ad

una realtà tergiversa e limita ciò che lei già

dona. Tuttavia un altro bambino decise che la

meta della sua vita sarebbe stata la luna, una

volontà per una meta sola,

egli dedicò decenni di studio e lavoro per la meta della Luna,

qualcuno ebbe mai camminato sulla luna?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

un trifoglio è un quadrifoglio

Se ti senti stanco/a, in mancanza di ciascuna resilienza, creala, reinventala, menti a te stesso/a, dì una gioconda bugia a te stesso/a, Sconvolgi i sinonimi con i loro contrari:

La bugia consiglia: “Poiché cedo resisto e rivoluziono.”

Come ti comporteresti nella serenità del silenzio dell’assenza di ogni tua debolezza interiore e nell’entusiasmo della levità. Rescindi nella tua mente le catene delle ancore nonostante te ne stia sopportando il loro peso che grava fermando la tua nave, ti apparirà di essere te stesso/a una barca a vela cullata dalla levità dello zefiro.

 

 

About underneath creativities

love’s gratitude

 

Lentamente passeggiava lungo un viale alberato, incedendo i suoi passi superò una coppia di anziani, l’uomo stava suonando una fisarmonica a bocca tascabile.

Ringraziò questo signore che stava suonando la fisarmonica.

La medesima sera di quel giorno il ragazzo incontrò una giovane.

Ai suoi occhi lei sembrava conoscerlo da sempre, tuttavia era la prima volta che si erano visti.

Nonostante loro non si conoscessero, invece di pronunciare il consueto “ciao” come prima parola di incontro, lei le disse “amore”.

Alcuni giorni dopo lei, che divenne la sua amante condusse il ragazzo a cena dalla sua famiglia;

in quella occasione lui seppe di avere incontrato il nonno della ragazza, l’anziano musicista della fisarmonica, lei gli disse: “La sua musica non la sentì mai nessuno.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Potenzialità latenti

 

"Le paste del pane non sono ancora lievitate"

Non c'è tempo, getta le paste del pane non lievitate, non lieviteranno.  Porta qui quelle già lievitate."

Sarebbero stati gettate otto paste di pane non lievitate e tenute due di quelle dieci.

Tuttavia il panettiere saggio e prudente, vide che la lievitazione di quelle otto paste di pane era latente e prossima a rivelarsi, allora nascose a lievitazione le otto paste di pane. Tutte presto lievitarono e diedero come risultato otto pani più buoni e soffici rispetto ai pani risultanti dalle due paste di pane lievitate prematuramente.

 

 

 

 

I PARADISI MIGLIORI

Se non vieni accolto/a in un luogo,

se in esso vi soffri

o se ne sei ricusato,

 sei destinato/a a paradisi migliori.

 

.“There’s humility in accepting the things that

are not for you anymore. It takes real quietening of the ego

for you to hear the universe telling you that you are

deserving of better.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Shoganai – Gravità

Ciò che non può essere evitato

 

 

 

Siamo anime leggere

nel tornado del destino

che ci chiama insieme,

non possiamo diversamente.

 

 

 

 

Il gesto di una carezza dal vuoto all’universo

 

La storia di una carezza:

Quando siamo lontani anni luce

Ci sfioriamo con il pensiero

E già siamo qui.

Oltre il limite la forza di gravità ascende le sabbie della clessidra,

alla soglia degli estremi le sabbie volitano gioconde vibrando i cristalli del tempo rendendo somiglianti gli opposti e esistente ciò che non è.

 

Il passo dopo aver scritto l’ultima lettera non è la fine dello scrivere ma il rileggere, il ritorno alle scritture per assimilarle e riordinarle, se ciò che scrivesti anni fa ha ancora senso sei ancora in tempo, così è per le relazioni i ricordo e il pensiero di noi conquistano ordine grazie allo spazio della solitudine e senso in grazia al nuovo tempo del ritorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Secondi di vite

 

Quante possibilità abbiamo? Concretamente

in numero dei secondi della vita, meravigliosamente infinite possibilità in grazia del nostro poter sognare miracoli impossibili e inesistenti, disincantatamente nessuna ove e quando dovesse assopirci la notte della noia. Ma la possibilità del disincanto della noia è infinitesima, quasi non esiste dinanzi ai miracoli creativi delle nostre vite. La vita è essenzialmente possibilità di dono di possibilità.

Le nostre vittorie sono il non perdersi adesso, l'attenderci in fede del nostro cercarci e il vivere noi stessi istanti che potrebbero non ritornare. Siamo affinché non sia il vuoto al nostro posto. Se incontriamo il vuoto non conosciamo il nostro addio ma la nostra malinconia, l'anelito del nostro voler incontrarci. Il vuoto non è la fine, è l'inizio, è una vasta tela bianca che la realtà ci dedica, noi abbiamo i colori, è un peccato non colorarla.

 

 

 

Oltre le onde di nuvole

 

Un abbraccio, un mancarsi, un chiarimento, una curiosità, una preghiera, la fede nelle nostre promesse e il perdono per non averle ottemperate, uno sguardo, un sorriso, un saluto, una carezza: le premure del nostro risorgimento, ai nuovi albori che illuminano le notti dei nostri addii. Tuttavia alcuni solitari naviganti di mari di nebulose memorie se conoscenti anelano al divenire sconosciuti, se sconosciuti sognano l'incanto del non conoscersi mentre le onde da loro stessi li allontanano.

Ricominciamo allora dal coesistere, non dall'essere, ricominciamo dal dialogare, non dal parlare, dal ricordare le nostre parole per valorizzare, dal sentire il sentimento non il presentimento. Allora noi nubivaghi ci eleviamo al merito del concederci di chiarire i nostri cieli e acquietare i nostri mari sicché siamo noi, non le onde di nuvole a virare il nostro destino.

 

 

Sguardi avventati

 

La polvere abbracciava un diamante grezzo velandone la matericità ed opacizzandone ogni traslucenza. Era superficialmente un cumulo di polvere. Nessuno lo notò mai, alcuna goccia del cielo terse la sua superficie, la sua raffinatezza non fu mai disvelata. La veste impolverata del diamante fu il destino della pietra grezza diventata polvere diamantina, mai un gioiello.

Un rubino fu dapprima raccolto e intagliato con zelo, ma il suo destino fu triste - fu paragonato a altri rubini le cui incisioni ed i cui carati erano inarrivabili - con sventatezza il rubino fu riconosciuto pietra grezza e fu abbandonato alla natura - i ciottoli lo scheggiarono, i venti lo fensero, le acque lo dispersero ed il fuoco annientò i suoi frammenti. Sappiamo vedere il diamante oltre la polvere? Sappiamo aver cura del rubino inadeguato? Lo guardo interviene nel destino, abbiamo cura di come vediamo poiché il nostro vedere concorre al nostro destino. Michele Vitti 18 dicembre 2021

 

LA LUCE NERA

 

 

La storia d'un bambino che volle colorare il buio credendo nella luce del buio.

 

Se il lume di candela fosse il Sole la candela spenta al buio risorgerebbe più vivida dal suo stesso filo di fumo e riarderebbe oltre ogni fine di variopinte fiammelle.

Oltre ogni ritorno dal buio la fiammella divenne fuoco e Sole resiliente a ogni oscurità, gelo e vento.

 

 

 

 

 

 

 

Il primo germoglio

 

Scrissi: "Non c'è niente."

Ma realizzai il compimento di una frase.

Segnai con una grafite colorata un foglio bianco perché il bianco mi dispiaceva, adesso non solamente ho desistito dal dispiacermi del bianco ma in grazia di esso ne sono rincuorato, amo la neve e il suo ovattare le iridescenze dei colori.Come può un ringraziamento sorgere dal nulla?

- C'è chi del nulla può vedere l'orizzonte; essi, ad esempio, ringrazierebbero in ritorno del dono d'un orizzonte.

 

È l’ora del ritorno oltre i tramonti

Alle albe dei nostri orizzonti

 

 

 

 

 

LE DALIE BLU

 

Underneath bloom

 

Il fiore raccolto non può fiorire.

Boccioli di Dahlie in fiore germogliarono

fin quando il nostro sguardo le colse ferme.

Della gemma di Dahlia vedrei oltre il germoglio il suo florido fiorire in variopinti petali, forse di sfumature zaffiro, il germoglio è il fiore che tocca il cielo, la natura può sfiorare l'impossibile rendendolo possibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

COME PRIMA

 

Il miracolo d'una fiamma che iberna,

Una fiammella d'intenso calore

cristallizza un filo rosso custodendolo come il gelo diviene in aghi di galaverna lo scrigno per il fiore.

La fiamma persiste immobile eppur vivace come un prillo che ruota alla parvenza d'esser fermo come le rapide d'un fiume.

Il filo non si rescinde al flusso incandescente del tempo e tutto ritorna come prima al congedo della fiamma.

Se il gelo brucia, la rovente incandescenza congela.

Tutto si cristallizza nella uguale tonalità del salutarsi dopo un silenzio. Il sospendersi è una virtù dell'amarsi: La malinconia e il ritorno del respirare oltre il respiro trattenuto.

Michele Vitti 26 Dicembre 2021

 

 

ALL'UNISONO

 

Dalle assonnate profondità dell'oceano le madreperle ascendono alle ultime onde:

Resilienti alle rivoluzioni di miriadi di mulinelli raggiungono le madreperlate sabbie della riva;

alcune madreperle diventano satinate, altre si infrangono in luminescenti frammenti di arene opaline,

destinati tutti a risplendere i bagliori solari al cielo in ritorno al Sole seppur prima varcando le sfere delle nostre anime:

Queste iridescenze si rifrangono nei nostri cuori ciascun secondo all'unisono risonanti insieme la melodia delle nostre insonni e ilari vitalità.

 

 

 

 

 

 

SOMIGLIANZE

Navigare in mancanza dello zefiro

somiglia al camminare nel vuoto sul flebile filo d'uno spiraglio di luce.

I gemelli inversi. Lo zero è sì somigliante all'infinito come il puro bianco lo è al puro nero, poiché un infinito ambiente traslucente è lo zero privo di punti mentre un denso ambiente nero è l'ordinaria empietà del caos d'infiniti punti neri, infinito di nuove possibilità è l'ambiente per noi, nel caso in cui sì non fosse le nostre anime sono indefinibilmente sconfinate, allora a noi vi è ancora spazio e tempo per essere, divenire e sognare segnando nuove relazioni. Allora raccogliamo le nostre energie dalla fonte del nulla, lì vi gioveremo d'infinite virtù e saremo come il vitale sole abbracciato da silenti universi, allora rivoluzionerai l'ambiente empiendolo di disattese iniziative, in te sono i bianchi lumi che irradiano il nero notturno, eppur tu comincia adesso sei vita, ovvero il gemello inverso d'ogni fine.

P.S. Quali altre parole scriveresti? A questo dipinto bianconero manca un tuo segno colorato. 11 Dicembre 2021 Michele Vitti e

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ITINERARI MARI CELESTI

 

Caring answers 'volo ut sis'. 

 

Le risposte sono i venti che orientano le onde d'indovinelli chiave di portali di vite sognate

Le risposte orientano le domande

è un peccato il silenzio poiché

quieta la curiosità e disillude il sogno:

 il fluire della goccia d'un ruscello che sognò di essere oceano fu mitigato dal gelo che la destinò a cristallizzare il rivo,

Qualcuno ebbe mai udito le parole?

"Tu non andrai mai da nessuna parte?"

Aiutandoci nel cammino del proseguire accederemo insieme ai più illustri portali di oceani inesplorati, siamo allora il nostro gelo o i nostri venti? Saremo allora il nostro fuoco che scioglierà in goccia il gelido cristallo e saremo i nostri venti garanti d'itinerari mari celesti di noi innovate gocce innauguranti disattese rivoluzioni, ma in futuro è tardi.

Michele Vitti 11. 12. 2021

 

LA PREMURA

Un bambino regalò un biglietto sul quale trascrisse un messaggio - in verità oggettivamente insensato e inintelligibile. Il messaggio era semplicemente costituito da numerose linee orizzontali ondulate.

Quando il bambino si accorse che il biglietto fu messo da parte come se nemmeno fosse esistito pianse e con fare altezzoso si indispettì sostenendo: "Non sai leggere?" il suo sguardo sembrava disvelare le parole taciute: "Ho messo l'anima in quel messaggio e te non vuoi ne riconoscerlo ne  interpretarlo."

Il giovane comprese le parole del bambino, ricolse il biglietto dinanzi a lui e lo custodì in uno scrigno dicendo scherzosamente:"È vero, hai ragione; non ho saputo leggere."

La sua risata amichevole ammendò il pianto del bimbo.

 

La premura merita in ritorno incanto non inedia.

 

 

COMMUOVERSI

 

Il sorriso commosso da una lacrima

Il filo d'erba commosso da una goccia di rugiada

 

IL LUME SOLARE GIUNGE OVUNQUE

 

Ancestrale Sole vasto, greve e lontano;

resti all'andare e ritornare di noi,

dovunque leggero risorgi iniziando ciascun dì nuovo, immensamente umile a noi vicino non chiedi nulla in ritorno al tuo riscaldarci e vegli di notte illuminando ciascuno, dei tuoi lumi la Luna riluce.

I figli domandarono ai genitori di chiudere la porta, essi tutti lasciarono la porta socchiusa.

 

 

HOPE

 

overshadowing yourself the sun can't enlighten you, the sun can exist to you only even if you believe in it

And avoiding your creed about the sun

You tell others 'I do not see the sun, so the sun does not exist.' They may believe in you?

You all sacrificing the sun will walk in the shadows and you'll Hope to be enlightened again - only the sight of the dark can teach the importance of the light, but care about realizing lights imaging through your inner cleverness the abstract dark virtualities, and you'll become yourself the sun for others' shadows.

 

 

 

 

 

 

 

L’UNIVERSO NELLA POSSIBILITÀ

 

 

Prova la vita, non fuggirla mai, stai. Ed affronta l'adesso e tuttavia ritorna a ciò che tergiversasti. Così incontrerai che la vita ha sempre un'infinità arduamente conoscibile. Uno spazio ed un tempo vasti per poter credere. La vita sana non circoscrive mai nulla, fino altresì ad abbracciare nel suo senso profondo interiore emozioni psichedeliche, ed oltre ancora la spiritualità, la misticità: Derealizzazioni fuori dallo spazio, fuori dal tempo. Sii curioso, respira, come respira la natura, poiché ogni istante della tua vita può essere la vastità dell'universo, l'eternità tipica di ogni unità, di ogni olismo. Sii riflessivo, libero! Comprenderai e incontrerai le mie parole. Quindi. Il tempo della coscienza è consapevolezza, il tempo della vita è limitato, non renderlo in maggior misura incosciente. Diffida pertanto di ogni alcol e droga. Investi il tuo tempo nelle relazioni sane, non virtuali, nella curiosità, nella lettura, nella creatività, ricerca la variabilità, l'eclettismo. Potresti imbatterti in alcuni istanti prioritari e se saprai gestirli al meglio rivoluzionerai il livello del tuo vivere futuro ingentemente.

 

 

SOLAMENTE UN LONTANO ECO

Un sogno assurdo

un bambino passeggero

dormiente stava dimenticando di sognare

gioconde geometrie di aure senza schemi.

Quando il bambino si destò dal sogno assurdo che non ricordava,

una flebile ansia velava lievemente la superficie della sua coscienza:

 

Del sogno solamente un lontano eco,

l'incerto presentimento di avere vissuto un incubo:

 

Ingrazia di nostre subconscie velate creatività

salviamo i nosri cuori; astenendo e purificando noi

da ciò che il nostro animo e la nostra vita

non possono e non devono soffrire.

Armonie variopinte

 

Che cos'è l'azzurro per me?

 

Il mare all'orizzonte, il giaciglio delle nuvole,

uno specchio d'acqua dove il cielo si riflette,

un mazzolino di myosotis,

una matita colorata finita troppo presto,

l'iridescenza di una lacrima mentre riverbera un raggio di sole, un angolo di paradiso, il colore di un sorriso.

Azzurre sono le memorie che le parole d'un libro ridestano. Azzurro è il dono di poterlo vedere, riconoscere e amare.

I frammenti d'un cristallo che un giocondo bambino lascia cadere e che con cura e pazienza coglie e congiunge scorgendo la madre rammendare una coltre sdrucita.

Azzurro non è il bianco del nulla,

azzurro non è dell'incubo il nero.

 Azzurra è la creatività:

La naturalezza, la banalità, la semplicità di nuovi inizi:

I primi lumi d'un dilùcolo.

Azzurro è il coraggio di perseverare e d'esser acquiescenti.

L'azzurro è fuggevole ai candidi bagliori lunari: nell'opalescenza di una perla lesto liberamente s'avvicenda a irenici colori;

Sì gli animi volitano al virare degli istanti, delle intenzioni, delle idee, delle memorie, dei sentimenti.

Azzurro è il reciproco conforto,

dono di valore e di gratitudine.

Azzurro è Equilibrio solamente in grazia di variopinti connubi.

Nel cielo un arco dei sette d'un'iride e la fenditura di disastrosi fulmini.

Azzurro è il magnanimo incontro, il silenzio dell'ascolto. L'abbandono del pre - giudizio e l'abbraccio della curiosità. Azzurra è la nostra parola premura del per - dono e delle vite la voce, la variopinta sfumatura dei petali di un fiordaliso che i nostri sguardi variamente e giustamente intendono.

 

Tu sei

 

IL PARADISO DEL MARE

 

LA PIOGGIA È UN FIUME SOLITARIO CHE VOLA ALTROVE

Siamo piogge solitarie, i fiumi che volano altrove,

a volte le onde si rimpiangono nell'aria,

non è vero che le gocce non ritornano;

le onde rifluiscono a se stesse

quando le lacrime sognano di unirsi in un abbraccio quando le nostre guance si sfiorano

quando le  gocce sentono la malinconia del lasciare il cielo per raggiungere insieme il paradiso del mare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPENSIERATEZZA

 

1 How is it your creativity?

2 My creativity is changeable,

It's my only way to escape life loop

To overfly the static return of the same,

 

Realizzati. Non realizzarti per ciò che credi ti possa ritornare.

Nulla si ottiene se non si rassomiglia:

Allora vola con le tue ali definendo il tuo angelico ed unico nome.

Cerca allora l'orizzonte del riconoscimento che meriti:

Sia allora il fatto di non raggiungere l'orizzonte il motivo per cui perseveri la tua ricerca.

Lontano, c'è ancora luce, forse qui è già luminoso di lumi ancora invisibili, ancora inspiegabili,

o forse di addobbi evidenti.

Intanto cammina, ed essendo le sfumature di questa luce ancora invisibili, se sei l'unico/a a credervi

sarai l'unico/a che avrà il privilegio d'infatuarsi dei suoi singolari lumi.

Brillerai di luce propria e sarai il sole per il/la tuo/a prossimo/a,

ma crediamo davvero che i primi siamo sempre e solo noi stessi?

Mi stai ascoltando ma non lasciarmi con il silenzio,

è complicato interpretare il silenzio,

ri-volgiti almeno con una risposta o una domanda.

È allora davverobil tempo del non ritorno?

Le temps passe et pour certains d'entre nous c'est déjà passé:

me convaincre que ce n'est pas le cas.

 

PS.

Cambia prospettiva.

Ruota leggermente il foglio,

le parole sanno essere nuova musica.

 

 

 

 

Un cristallino pirétto

 

Un cristallino pirétto, vuoto del vino scarlatto ai calici donato

tergiversa inaridendo e piange lacrime cremisi

terse dal persistere dello scrosciar della pioggia.

Nuove lacrime di contentezza inaugurano il battesimo del cristallino recipiente:

Ora il lustro pirétto è custode di rigogliosi Zephyranthes e di traslucenti Diphylleia grayi.

La prima salvezza del fu riarso pirétto: La mano che alle piogge lo donò,

il gesto d'empire con i fiori il suo vuoto.

Solo in grazia del pirétto il piovere non sarà vano:

Le gocce non si disperderanno, il pirétto le raccoglierà e le manterrà unite:

Come il cuore, la purpurea linfa vitale e la sfera dell'anima, le memorie e i sentimenti.

Solo in grazia del pirétto è il vivere dei fiori ed il poter il lor profumo effondere.

 

Zephyranthes

Il giglio della pioggia o il fiore del vento dell'ovest

Le piogge imperversano in grazia del vento dell'ovest, il fiore Zephyranthes fiorisce nel momento della pioggia che segue un periodo di lunga siccità. È una pianta che cresce rigogliosa e spontanea. Simbolicamente, è un fiore augurale di novità e di abbondanza, di recupero e rinascita dopo un periodo di siccità.

 

Diphylleia grayi

Poiché i petali dei Diphylleia grayi diventano trasparenti se vengono a contatto con la pioggia, a questo fiore furono conferiti i valori di onestà, chiarezza, trasparenza ed inoltre di resilienza poiché i traslucenti fiori intrisi d'acqua delle Diphylleia, quando i loro petali si asciugano, tornano incredibilmente bianchi.

 

 

 

IL CUORE DORATO

 

Il cuore d’oro, nella piramide di marmo, nel cubo di legno.

Disveliamo forme non comuni della realtà.

L’umiltà di non sapere è lo spirito della curiosità, la curiosità è altruistica in quanto volontà attiva di incontro di realtà altre rispetto a noi stessi. Riflettiamo sulle possibilità presenti e future di cambiamento, sii come uno scultore che guardando un cubo in legno non pensa: "È un cubo, è solo un povero cubo di legno, mi è indifferente, dunque non esiste, non cambierò mai idea su di esso".

Uno scultore che guarda un cubo farà tutto il possibile per creare una statua - Immagina, il processo di scultura è lento: All'inizio i materiali saranno ispidi, lentamente lo scultore scoprirà il marmo che nasconde il legno, quindi il marmo attraverso l'iniziativa creativa dello scultore mostrerà le sue forme raffinate: alla fine egli potrà vedere del fu cubo di legno una piramide di marmo in verità soltanto per la sua accogliente e plasmante volontà. Della piramide di marmo lo scultore volle farne una sfera e nel mentre dello scolpire scorse le venature marmoree celare una dorata luminescenza, in grazia d’uno spirito di curiosità egli perseverò nell’atto dello scolpire, egli vide un prezioso lingotto d’oro che foggiò nella forma di un cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UMILTÀ VELATE

 

“Sii umile.”: È consuetudine  consigliare.

 

Nell'augurario Che questo consiglio sia di conforto, propositivo, propulsivo e dinamico:

Il desiderio di bene, sul piano della solidarietà, della fiducia e della speranza comuni, conseguibile in grazia di una condotta semplice

Che questo consiglio non sia una retorica che accompagna la velata intenzione di sommettere e di affievolire l’animo e lo spirito creativo del prossimo

 

 

 

Cristallizzazione

 

When there's no wind

the sands desist their flow

and souls crystallize in a desert rose.

 

Siamo per noi stessi e per gli animi fraterni

come il vento per le riarse sabbie.

Viviamo d'un soffio vitale

che, donandosi, le sabbie sobilla.

Ora in cieli liberi gli ambrati cristalli possono volitare verso l'orizzonte.

Talvolta, dove un'arida stasi imperversa il deserto non piange

e non potendo respirare si adagia agli onirici ed argentei albori della luna

che cerimoniano lo sbocciare dei candidi e vellutati petali delle 'Regine della notte'.

Ora l'intenso ed ammaliante profumo orientale del 'Fiore del dragone' ammanta ed incensa

 l'irenico avverarsi d'un miracolo creativo:

L' assopir d'una desolata noia

mai estinse l'ispirazione della scultrice di parenetiche armonie:

La Natura, la bellezza ricercando,

i flemmatici frammenti cristallizzò in incantevoli rose del deserto.

 

 

PLEIN DE VIE

 

Potentia ad actum tanquam tabula rasae.

Nulla dies sine linea.

En la que tabula rasa tanto excede.

Que vee todas las cosas en potencia.

Solo el pinel consoberana ciencia,

reducir la potencia al acto puede.

 

Così la Natura ed

 i bambini del mondo

mai si separarono dalla vita:

 

L'inesorabilità è desolante illusione della fine del tempo e del suo divenire,

tuttavia in verità la fine è solo un foglio bianco,

un luogo nuovo, vergine e vasto,

una possibilità di compimento di latenti tempi primaverili,

e di desolati luoghi che attendono il nostro segno nuovo.

 

Un buio singolare imperversa

Un’ombra gemella di una luce

di cui tutti noi saremo rari eredi:

Ed è proprio quando la realtà

assume le tinte oscure del nulla

Che i bimbi del mondo

dimostrano di esser autorevoli Esempi.

 

 

Sono proprio essi a colmare il nero nulla

disegnando variopinti arcobaleni,

ad insegnarci a valorizzare le realtà velate ed invisibili.

 

 

 

 

I bimbi, i primi a giocare al gioco del nulla

chiudendo gli occhi, fanno del nostro timore,

una realtà serena, normale.

loro, pronunciando le parole: “Non c’è più.”

dedicano straordinaria importanza a ciò che videro

ed alle medesime realtà che sono ora invisibili.

I bimbi ci hanno insegnato a vedere i colori

quando e dove sembrano non esistere.

 

I bimbi che dipingendo gli arcobaleni scelsero di sfumare insieme i diversi colori,

l’abbraccio tra i prossimi, come fossero tutti fratelli,

i bimbi ci consigliarono che non ci sono colori più belli e più brutti,

che nessuna selettività ed esclusione ha valore.

Riponendo fede e speranza nelle realtà che osservarono,

loro sono certi che quelle realtà saranno ancora presenti

nel medesimo luogo, nel momento

in cui essi si desteranno dal buio del sonno.

Gli Angeli sanno che ciascun battito d'ali è genesi nuova di vita!

Le verità di cangianti nubi,

delle fronde degli alberi che stormiscono

riverberando i canti del vento

le caducità dei gradienti cieli,

il volitare di una piuma,

il caotico nugolo di rondini,

il gemmare del sole,

il suo flemmatico sacrificarsi alla luna,

il virare dello zefiro,

sono irraggiungibili!

Angeliche saggezze credono nel non poter mai annunciare:

'È unicamente così e non più diverrà diversamente!'

Sommi oracoli ammantano l'ignoranza,

rispettano e venerano questa magnanimità

come lume di curiosità dinanzi alla cangiante varietà.

 

 

Così la Natura ed

 i bimbi in tutti noi

sapendo che ciò non è stato

mai si separarono dalla vita

continuarono ad esserci,

nonostante tutto. 

 

 

Primavere degli animi.

 

C'è la neve.

Nei ricordi, c'è la neve.

Bianca e adamantina,

come galaverna l'anima diverrà.

Sin quando vergini iridescenze,

rondini d'aleatori divenire,

giungendo cadenzeranno l'avvenire delle primavere degli animi.

Lì, al dilùcolo d’irenici variopinti albori,

destini nuovi sbocceranno

come rosee camelie, che ora germogliando, adornano le steli dei cuor.

Lì nuovi emblematici significati saranno disvelati:

Ora nell’oceano si scorge una perla tra miriadi di cocci di coralli,

ora un raro quadrifoglio si coglie in un florido tappeto di trifogli.

le sfumature della Natura saranno riconosciute e onorate,

 come del fumo d’incenso si ossequia l’altare.

Allora si potrà riconoscere d’ogni realtà presente una fonte di future creatività.

 I familiari trifogli ed i cocci dei coralli saranno custoditi e avvalorati delle virtù dei diamanti, delle ambre, delle perle e dei quadrifogli.

D’ogni realtà serbiamo i sentimenti e le memorie dei suoi opalescenti valori,

che incidiamo sulle steli dei cuor e delle anime custodi dei ricordi:

Premurose madri di nuove sincronicità

che i candidi animi possono dei loro lumi infervorare.

 

 

 

FUOCHI D’ARTIFICIO

 

 

 

L’acqua riversò dal calice.

 

Il bianco tavolo fu la tela,

l’acqua riversata, la sua tempera traslucente,

ed il simbolo “Yang” il suo momentaneo disegno.

Un episodico dipinto,

una labile scultura

le cui stille furono presto plasmate:

 

Il segno d’un malinconico gesto d’aggiunto valore:

 Un passo sarebbe mancato e non ti avrei raggiunta.

 

Ancora non scorgo un senso in queste disincantate creatività,

tuttavia mi rincuora il confidare che possa esistere per te

affinché i miei racconti siano come fuochi d’artificio

ch’illuminano di variopinte faville i tuoi monotoni cieli notturni.

 

La gratitudine per i bei ricordi.

Ma non siamo ricordi poiché non siamo passati.

 

Non una goccia d'acqua riversata andrebbe asciugata,

anche le lacrime sono preziose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COME NEBULOSE

 

 

In breve:

 

C'è chi davanti una alba vede un tramonto,

tuttavia quando crederemo

nel nostro sognare

capiremo che

Il nostro volersi bene

può andare oltre ogni realtà.

 

 

 

La rivelazione di un sogno lucido:

Come astri balenanti

Le benevolenze nostre saettano oltre le alabastrine nubi d'ogni nostro essere,

pensare e credere, avere e povertà, suono e silenzio, tempo, spazio ed inesorabili finitudini.

 

Onirici arcobaleni d'anime variopinte divengono gioconde nebulose.

Le nostre Auree rilucono sfolgoranti d'iridescenze ora più vivide.

 

Al risveglio un'irenica parenesi

del volersi bene:

La rivoluzione del suo potere avverarsi oltre ogni cielo, piovoso o sereno, della volta celeste.

 

 

 

 

 

 

 

CIASCUNO SCEGLIE IL SUO ORIZZONTE

 

Ai tenui bagliori del tramonto i due bambini stavano ciascuno dinanzi alla sua finestra. Ciascuno sceglie il suo orizzonte.  Un bambino vide i girasoli e disse: ”Ai girasoli non interessa ciò che accade loro intorno, sono indifferenti al comportamento dei loro fratelli girasoli, disinteressati al germogliare dei tulipani vicini e ciechi all'appassire delle lontane magnolie. Ai girasoli interessa solamente da che parte gira il loro sole.”

 

La bambina distolse lo sguardo dai cangianti tulipani e disse al bambino: “ Noi non siamo girasoli. Ma se fossi un girasole ora saresti il mio sole.”

 

 

NUBI

Nubi nottilucenti giocano a rincorrersi agli ultimi bagliori crepuscolari. Sfiorandosi presto avvicendano i loro cristalli e si confondono cangiando in un giocondo malinteso, più non si riconoscono; come potrebbero? Nubi* che implodono definendo singole identità presto immemori, furiosamente incitate da illusorie correnti d'ogni adesso. Il rarefarsi di nubi tese da ogni dove: le nebbie d'una creatura intimidita.

Nubi che mirano ad un nuovo labile conforto, ad un nuovo leggiadro e precario sollievo o ad un nuovo disastro emendato affinché siano dei lampi le luminose vitalità, di scroscianti piogge le malinconie e d'aurei arcobaleni le variopinte contentezze. Nubi tranquille stanno, ora urtate da nubi vertiginose e taglienti, ora denigrate dai neri fumi della nostra cinetica civiltà, ora ed ora nuovamente superate, salutate ed annichilite da un presente che non sa più voler stare, da un adesso che non sa più voler ricordare sognando l'avvento di nuovi futuri pellegrinaggi del ritorno, Nubi

pazienti stanno, tuttavia diverse, rare sovrastano le correnti d'ogni adesso come vascelli che dominano veementi onde di acque avverse, si lontano riconoscono il cangiante divenire. Semplicemente avvedute, quiete stanno e vegliano, inevitabilmente partecipi tuttavia malcontente del reciproco gioco del leggiadro trascurarsi.

* Si chiudono in loro stesse

* Nubi mammellari

 

NOUS SOMMES NOTRE VIE

 

Non dipende tutto da me:

Poiché se dipendesse tutto da me

Sarei solo.

 

Siamo foglie il cui movimento

è dei turbinii del vento,

è delle rapide destinate a cascate?

 

Così la natura è materna a sé stessa,

Così siamo materni a noi stessi,

così le acque si abbracciano ai venti.

 

Come due lontane mani che si desiderano

sfiorandosi solamente in grazia di ciò che si donano?

Come ponti tra due diverse sponde

le realtà donate sostituiscono il vuoto tra le donanti mani.

 

Tuttavia al congedarsi d’una delle mani donanti,

decadono i ponti a metà dei saluti non corrisposti,

ciottoli decaduti nel profondo d’un lago

ove in superficie avrebbero dovuto essere raccolti, ora annunciamo: “è tardi”.

 

Allora restiamo in sospeso,

il vuoto è un baratro naturale,

è un flusso discendente

Una intensa forza di gravità che insiste

in direzione della nostra solitudine

una stasi profonda, un sonno d’ipnotici incanti*

 

In cuor nostro è latente

un sentimento di mistica astrazione,

il nostro talento d’amistà.

 

Sia allora la mano materna d’una cascata

il dedicare in dono alla mano paterna dei venti 

la flebile foglia

Una foglia che è simbolo di vita

poiché è rivelatrice del movimento che la stasi vela.

 

Una cascata il cui gorgoglio è sempre uguale a se stesso

La cui forma è istantaneamente solida come una scultura marmorea.

 

I venti sono immutabili delle loro trasparenze.

 

Tuttavia altresì la stasi è movimento, la fine è inizio, così le realtà assenti sono presenti

possiamo riconoscerlo?

 

La foglia disvela le vitalità velate nella stasi:

 

Il flusso delle stille d‘acqua costituiscono l’anima veemente della superficiale statuarietà d’una cascata

Il vorticoso avvicendarsi delle gravità di venti fermi,

presenti solamente in qualità di ciò che muovono.

 

Siamo davvero foglie destinate nelle mani del destino?

Forse, in verità siamo noi stessi le mani del desino.

Siamo i venti e siamo le rapide.

 

Siamo vita nella misura in cui riconosciamo noi stessi stille di cascate che destinano le foglie ai venti. Le gravità dei venti che conciliano l’aridità dell’aria con l’umidità dell’acqua.

 

Il donare noi stessi ai flussi creativi.

 

Come due lontane mani che si desiderano

sfiorandosi solamente in grazia di ciò che si donano?

le realtà donate sostituiscono il vuoto tra le donanti mani,

e se le realtà donate fossero le realtà donanti?

 

Il custodirsi vicendevolmente delle mani risolve il vuoto, la fine, la stasi

Quali scritture ho provato a consegnarti?

Nel profondo d’un lago una donna

giunse a leggere le parole

“SIAMO LA NOSTRA VITA”

Trascritte su un bianco ciottolo.

 

Così un viandante donò un quadrifoglio a una donna,

congedandosi da lei, incedette il suo cammino, poiché lei lo ignorò.

 

I nostri passi incedono severi

siamo veloci per essere rallentati,

I nostri passi incedono timidi, incerti

siamo persi per essere ritrovati,

I nostri passi sono abbandonati alla malinconica inerzia,

Siamo abbandonati a tempi che ritorno ai medesimi spazi per riconoscerci e rivitalizzarci.

 

Allor quando i nostri passi desistono

disveliamo il nostro essere fiori che attendono di essere raccolti,

Semplicemente rivivendo le nuove quotidianità.

 

Presto il viandante ritornò sui suoi passi.

Non vide la stessa donna a attenderlo, tuttavia egli si rattristì poiché vide il quadrifoglio che ebbe donato alle tiepide mani della donna sul pavimento mosaicato di freddi ciottoli.

Il viandante istintivamente raccolse il quadrifoglio, lo consegnò ad una donna dicendole:

“Ho trovato questo quadrifoglio in terra, te lo regalo.”

Lei rispose: ”No” E se ne andò.

 

 

Peggio del non volere donare esiste solamente il non volere ricevere in dono.

 

Divenire con colori migliori

 

Le cose che stanno accadendo erano destinate ad accadere.

Il percorso, il destino, non è una linea retta; è una spirale. Ritorniamo continuamente alle cose che credevamo di aver capito e riconosciamo verità più profonde su queste stesse realtà.

Vediamo gli stessi giorni più e più volte:

Le relazioni iterative delle coincidenze hanno la forma del simbolo Maori Koru, e la spirale è l'immagine del ritorno: il limite delle circostanze.

Possiamo superare questo limite riflettendo nel profondo di noi stessi perché la nostra immaginazione, i nostri sentimenti, i nostri ricordi e le nostre riflessioni sono caotici, soggettivi, senza limiti, creativi e giocosi con lo spazio e il tempo:

Attraverso la nostra memoria e le nostre idee possiamo vedere le realtà ripetitive con occhi diversi e più intelligenti e consapevoli, e cambiare con colori migliori la spirale della nostra vita e la realtà delle creature

 

La sensazione, entanglement di anime.

Sarebbe come se due persone, dopo essersi incontrate e allontanate, riuscissero, a distanza, a dirsi chi sono, a riconoscere vicendevolmente i pensieri (sinonimici o antinomici), ad avvertire presentimenti generici sullo stato dell’altro (ben – essere o mal –essere.), a percepire le risonanze dei reciproci sentimenti; senza vedersi e senza parlare, la risposta è custodita nel silenzio, e da quel momento rimanessero legate a distanza nella continua comunicazione del loro stato. Le memorie dei trascorsi istanti di incontro avrebbero notevoli influenze sulle sensazioni durante questo stato di disunione.

All’università di Glasgow realizzarono una ricerca sulla correlazione quantistica in relazione a due fotoni che si scambiano informazioni a distanza.

 

 

 

 

 

 

IL FUOCO VELATO

 

Ci manca essere ascoltati,

Un nascosto lontano legame che non è mai stato raccolto,

brucia ancora solo a sé stesso,

e non ci riscalda, né ci illumina.

Chi cerca trova

Allora miriadi di persone lontane si incontreranno per trovare

il fuoco celato, essi in questa incerta ricerca insieme mai

raggiungeranno il fuoco velato, un fuoco che materialmente

non esiste, un sogno che fu una lontana illusione tuttavia

benefica poiché essi inconsapevolmente ebbero raggiunto il

fuoco sin dal principio, nel momento in cui si unirono e si

rincuorarono, si riscaldarono e si illuminarono

vicendevolmente.

Se essi lo comprenderanno resteranno uniti e

conquisteranno il fuoco, altrimenti si separeranno, forse

inesorabilmente perdendo la meta del fuoco velato.

 

CHE CI SIA LA LUNA SUL SENTIERO NOTTURNO

DI CHI PORTA I FIORI

hana wo en

shisha no yomichi ni

tsuki wo kana

Che la natura conforti ed accompagni il fare benevolo, l'umile rinverdire di chi porta i fiori, ché la natura non trascuri bensì agevoli il fare benevolo in suo nome, la magnanimità di chi ha imparato a donare e che nulla esige in ritorno: ché dedichiamo la nostra opera buona sul sentiero notturno, immersi in un tetro silente buio, ché noi non potremo essere visti o ascoltati, e non saremo riconosciuti e ricompensati se non del dono che te Natura puoi a Noi!

Or tuttavia pellegrinando un notturno sentiero, come agiremo? Davvero porteremo i fiori?

Saremo noi stessi Lune lumeggianti i nostri obli? Noi siamo: In verità, Natura, materna custode di sé, che a sé ritorna.

 

I DUE ARCHI

Ti domanderanno la più estrema ed equilibrata rappresentazione della fiducia e dell'amore, ed

immaginerai una donna dinanzi ad un uomo, essi si stanno guardando intensamente, in uno stato

flemmatico di tensione e di serenità:

•La donna regge con la mano sinistra la struttura d'un ampio arco e l'uomo ne tende la corda con la

mano destra, reggendo tra le dita la base di una freccia puntata contro il cuore della donna. Con il

rischio che se l'uomo avesse mollato la presa, la donna avrebbe potuto trovarsi con il cuore trafitto.

• Simultaneamente l' uomo regge con la mano sinistra regge la struttura d'un secondo ampio arco e

la donna ne tende la corda con la mano destra, reggendo tra le dita la base di una freccia puntata

contro il cuore dell'uomo. Con il rischio che se la donna avesse mollato la presa,

l'uomo avrebbe

potuto trovarsi con il cuore trafitto.

Tensione di corde, tensione dei cuori, battiti amplificati e risonanti, i secondi di due vite che ne

divengono una: così ciascuna delle due vite agirà sia per il bene della sua gemini, sia per la sua stessa

vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LO SPIRO D’UN RIVO

LA SECONDA PARTE DELLA TRAMA

 

 

 

Allora riflettei:

“Sono sempre stata convinta che le coincidenze non esistano, nel significato che tutto abbia un senso comprensibile. Talvolta il giusto senso è complesso, talvolta è semplice, talvolta è profondo, altre volte è superficiale, tali altre possibilità si incontrano nelle sfumature di queste variabili.”

 

Riconobbi che in verità quelle piegature erano identiche tra di loro ed intagliavano perfetti triangoli isosceli ai lembi di alcune pagine del libro. Riflettei a lungo sul significato di quelle piegature, giunsi infine a comprenderne presto il significato leggendo le ultime parole del libro:

 

“Non vi ho salutati proprio perché non ho mai voluto salutarvi disvelandovi il buon segreto custodito in ogni mancato saluto che è l’augurio di incontrarsi nuovamente, ovvero di mai rescindere la nostra relazione, qualunque cosa potesse accadere.

Allora impariamo il valore delle parole di congedo, o degli atti custoditi negli ultimi vedersi,

è importante come si sta con il prossimo, come si sa restare, ma è analogamente fondamentale la qualità del nostro saluto poiché concorre a realizzare le realtà del: “Infine che cosa ci dedichiamo?” Tuttavia ciò che ci lasciamo non è solamente custodito nel termine, bensì è una parte del nostro percorso, riusciamo a riconoscerlo?”

In ottemperanza a questo ultimo messaggio le ultime parole o le ultime frasi delle pagine i cui lembi erano piegati dovevano essere per l’autore rilevanti – Infatti fu proprio come intesi: Le parole contestuali nella trama della storia del libro, - decontestualizzando – assumevano significati di luogo e tempo reali, in relazione alle ultime parole dell’autore quelle precise parole realizzavano date e luoghi quotidiani di appuntamento proprio per potere mai dirsi addio e per segnare a matita con una linea rossa la parola “Fine”.

 

Perché l’autore segnò con una matita rossa e non con una penna l’ultima parola del suo libro: “Fine” Fu una importante domanda che gli dedicai quando lo incontrai. La sua risposta fu interessante.

 

Solo alla fine compresi che la persona ad avere abbandonato il libro non era stato alcun lettore bensì lo scrittore.

Lo scrittore si separò dalla sua opera, egli mi confidò che il suo pensiero nel mentre si chinava alle sponde del rivo per lasciare le sue scritture fu “Qualcuno liberamente lo raccoglierà? O le rapide del rivo cancelleranno per sempre le mie parole?”

Il libro fu salvato dalle rapide del rivo, possiamo solo sapere che sia stato lasciato sul pavimento mosaicato vicino alle panchine del viale alberato, possiamo sapere inoltre quanto tempo fosse trascorso da quando lo scrittore ebbe abbandonato il libro a quando lo ebbe ritrovato grazie alla donna. Fu il tempo di una primavera. Tuttavia non possiamo sapere se altresì la persona che salvò le scritture le ebbe lette, non possiamo sapere se più di una persona ebbe raccolto il libro forse lasciandolo nel medesimo luogo, talvolta sulle panchine, talvolta sul pavimento mosaicato. Tuttavia la donna nel mentre del periodo di lettura del libro, ai frequentati e sollazzevoli tavoli da bar mentre teneva tra le mani il libro si accorse che alcune persone indicassero il libro come se fosse cinto di un’aura di notorietà – in taluni casi lei sentì alcune persone recitare alcune frasi e racconti appartenenti all’unica copia esistente delle scritture a cui lei fu tra i molti lettori predestinata a incontrarne i valori.

In relazione alle ultime parole di alcune pagine del manoscritto incontrai lo scrittore. L’incontro con lui fu di chiarimento alle mie perplessità sulla storia dello scrittore, la mia prima domanda fu:

 

“Perché gettasti il libro?”

Egli rispose:

 

 

“Il libro non lo scrissi per me, lo scrissi affinché venisse letto. Decisi allora di donarlo alla madre terra, fui fiducioso nel fatto che qualcuno lo avrebbe raccolto dissi a me stesso ed il mio sogno è divenuto realtà grazie a te.”

 

 

Perché segnasti con una matita rossa e non con una penna l’ultima parola del tuo libro: “Fine”?

“Non è assolutamente l’augurio della fine relazionale inesorabile, odio tutto ciò che cristallizza ed amo la libertà del divenire, così intendo che ciò che è sempre presente, sempre vicino e pressante e ciò che è destinato a mai terminare può essere percepito come soffocante, amo la nostra libertà anche quella di sospenderci, ho il desiderio di incontrarci nuovamente tuttavia se la tua libertà si pronuncia nella lontananza da me questo è il dono che mi hai richiesto e che posso dedicarti. Tuttavia sempre credo che nell’intarsiare nuovi legami affettivi e nel ridestare i legami di affetto già presenti siano insite le ricchezze dei nostri giorni. Alla fine mi destinarono a predestinarmi a loro. Tutto qui.”

“IN NOI È LA PRIMAVERA, ALTRESI’ LA PRIMAVERA TERMINA E RITORNA.”

Questa lettrice consigliò all’autore di dedicare nuova vita a queste scritture che consistevano nell’unica copia esistente:

Essi avrebbero presto ritrascritto il libro insieme, avrebbero rammendato la sua struttura letteraria sdrucita empiendone le scritture rovinate, aggiungendovi alla trama la vicenda che riguardò loro ed il libro.

L'autore in seguito al congedo dalle sue scritture ebbe abbandonato penne e calamaio fino all’incontro con lei, tuttavia egli ebbe tenuto con se le bozze così potendo empire le nuove scritture delle parole che le acque ebbero sbiadito.

Le ultime parole del nuovo libro furono: ”Lo spiro d’un rivo.” Furono proprio le parole con cui lo scrittore firmò il libro prima di separarsi dalle sue scritture: nell’augurio: “Che ogni congedo d’amistà trovi nuovo senso d’esistere, siano i gorgoglii delle acque che del rivo vanno siano echi del ritorno, siano dal cielo o dalla terra delle medesime gocce trascorse.

 

 

 

 

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