LO SPIRO D’UN RIVO
L'universo del secondo
LA PRIMA PARTE DELLA TRAMA
Alle sponde di un rivo una donna raccolse un libro.
Quotidianamente trascorrevo i tiepidi pomeriggi primaverili
passeggiando lungo un viale alberato prospiciente un rivo, essere abitudinari
può essere una valida bussola per sapere dove ritrovarsi. Tuttavia nel corso di
questa mia giovanile quotidianità incorsi in una curiosa singolarità: In una
serena giornata scorsi a terra sul pavimento mosaicato del viale presso le
panchine, da cui si può osservare oltre il fiume il panorama della città, un
libro le cui pagine erano consumate ondulate e sdrucite, lo scroscio delle
piogge ebbero intriso d'acqua la carta fino a diluirne l'inchiostro.
La mia curiosità mi condusse a leggere il titolo:
"LO SPIRO D’UN RIVO"
Il titolo mi annoiava, non mi interessava - inoltre il fatto
che questo libro fosse stato abbandonato in questo luogo solitario alla miseria
dell'imperversare delle piogge e alle arsure del sole mi convinceva che questo
oggetto non valesse nulla, era stato evidentemente cartastraccia per il suo
ultimo lettore.
Tuttavia sfogliandone disinteressatamente le pagine mi
intrigava il fatto che alcuni paragrafi di quelle scritture fossero
inintelligibili, le piogge e i raggi solari avevano danneggiato così
profondamente la sua struttura letteraria: riconoscevo pertanto avvicendarsi
degli aloni neri a pagine il cui l’ inchiostro delle parole
trascritte a mano era diventato chiaro come le pagine che lo custodivano a
causa dei lumi solari, a paragrafi di
scritture bene meditate.
La sua trama era semplice, le sue caratteristiche si potevano
bene interpretare dalle sue prime pagine: L’indice infatti consisteva
nell’elenco di alcuni brevi racconti e poesie a senso individuale, circoscritto
e compiuto – Un filo logico si disvelava da quelle scritture ed era custodito
nel ridondare delle parole “Creatività velate” il cui concetto, alluse alla
creatività
Letteraria come amistà relazionale nel formato di “lettere” nel
lungo periodo della sua sospensione di amistà e solitudine mediante le sue
scritture mai recise i legami con i suoi conoscenti ed insieme sognando di
poter realizzare nuove possibilità relazionali con le persone a lui
sconosciute.
Avrei letto questo libro allora, dovevo scoprirne i suoi
messaggi celati, certo non erano più accessibili in quel libro. Mi incuriosiva
il motivo per cui questo libro fosse caduto in miseria, caduto dalle mani del
lettore per incontrare le calamità della natura. Avrei parlato con il suo
scrittore? Forse. Le poche frasi intellegibili che focalizzai sfogliando con
nonchalance mi convinsero che le parole superstiti di quelle scritture
meritassero di essere lette, non mi fidai della persona che abbandonò il libro,
diedi nuova vita ai messaggi che custodiva e una seconda possibilità di dialogo
con me al suo scrittore.
LO SPIRO D’UN RIVO
I BREVI RACCONTI
Tutte le superfici velano
il profondo:
chi vide il profondo
vide ogni superficie, i
veli delle creatività velate.
Hope only one thing in my
life moreover.
Hope while I meet you to be
for you
more than I may become in
future to you.
Two it's neare than one to
infinite.
Sun everywhere begins
lightly rising every sinrise new.
Il sole ovunque inizia
leggero a sorgere ogni alba nuovo
I diari della vita
Fu tradizione il dono di un diario a tutti i neo nati della
città, questi curiosi diari erano custodi di miriadi di pagine bianche, le
pagine apparivano essere infinite, tuttavia ciascuna pagina era sì fine che il
diario stesso risultava di contenute dimensioni, la copertina riportava il
titolo: Il diario della vita.
Ciascuno dei diari aveva una proprietà misteriosa: Allo
scoccare della mezzanotte una delle pagine del diario diveniva cenere: a questi
diari fu inoltre dedicato il nome di diari dei fuochi fatui, nome derivante da
una tipica fiammella blu, un'aura che cinge il diario nel momento della
mezzanotte.
Il mistero assoluto abbraccia le cause relative alla
metamorfosi dei diari, tuttavia fu accertato che ciascun diario avesse un
inscindibile relazione con colui/colei a cui fu donato, ad esempio furono
riconosciute delle magiche anomalie in relazione all'aumento ed alla
diminuzione del numero delle pagine in relazione all'attitudine del suo/ della
sua custode; in particolare un'attitudine buona e caritatevole implicava
sovente un incremento del numero delle pagine, diversamente attitudini
nichiliste e dannose dedicate al prossimo, implicavano il ravvivarsi dei fuochi
fatui che rendevano cenere più di una pagina al giorno.
Una seconda eccentricità caratterizzava questi diari: le pagine
del diario potevano avere vita eterna: l'unico modo affinché questo potesse
accadere consisteva in questa possibilità: il custode/la custode del diario
poteva volontariamente sacrificare una sua pagina, bianca o accuratamente
trascritta o dipinta per donarla ad un suo prossimo; talvolta questo dono
altruistico poteva risolversi in quanto guadagno sia per colui/colei che
donava, il quale/la quale allo scoccare della mezzanotte scopriva duplicarsi il
numero delle nuove pagine, sia per colui che riceveva in dono la pagina.
Nonostante le rare variazioni del numero delle pagine, e
nonostante il numero delle pagine de diario apparissero talmente numerose da
apparire infinite, i giorni dei diari della vita erano in questo luogo
destinati ad essere generalmente infinitesimi, i diari della vita erano
esemplificativi del cucito delle relazioni che scandivano il tempo del vivere
degli abitanti. Ciascun diario era custode di una unica brama simbolica che
caratterizzava la prima pagina del diario: d'un fil dorato una scritta:
Una bimba impazientemente colse penna e calamaio e tracciò con
libera incoscienza dei simboli insensati su ciascuno dei fogli, in pochi anni
colmando le pagine del diario sovente del fatuo fuoco coronate, oramai giovane
lei comprese di non avere più alcuna pagina ove trascrivere ciò che riconobbe
essere assai essenziale rispetto a ciò che ebbe tracciato.
Un bimbo, semplicemente un giorno, perse il suo diario, presto
egli avrebbe compreso che questa noncuranza avrebbe implicato la sua eterna
solitudine, non avrebbe potuto donare più alcuna pagina.
Una bimba, bramosa d'avere nuove pagine, un giorno decise di
rubare alcune pagine del diario della vita di colei che conosceva sin dalla
nascita, questo atto si risolse nel divampare del fuoco fatuo che decimò le
pagine del suo diario, non meritano di avere coloro che non sanno donare,
sembrano voler esemplificare questi misteriosi diari.
Ed in grazia di queste ed altre attitudini infruttuose e non
creative che miriadi di diari della vita divennero cenere che come neve
fioccava nelle memorie di coloro che ottennero secondo l'universale giustizia
di ciò che scelsero di non dedicare. Un solo diario fu oracolo di rinascita
degli inesorabili, coloro che persero le pagine del loro diario della vita,
coloro che non desiderarono dedicarsi, non poterono che nominarsi essi stessi
inesorabili, ed esempio della loro inesorabilità fu che accolsero con letizia e
gloria questo loro nuovo nome, non lontanamente credendo che questo loro nome
non era che il lemma immagine della fine della loro vita (insieme) se non il
reiterarsi delle memorie di ciò che (insieme) furono nel connubio di sogno di
ciò che si avrebbe desiderato. La notte della vita, la nominarono: in quella
lontana notte caddero dal campanile della chiesa della città una miriade di
pagine bianche. Gli inesorabili accorsero per giovarsi di almeno una pagina
bianca, alcuni, ora consapevoli della vitalità del dedicarsi, impressero sulla
carta nuove parole di dedica, di fraternità, di senso, diedero in dono la loro
ultima pagina a coloro che furono loro cari, essi riconobbero presto il
risorgere di nuove pagine della vita di cui essi erano i nuovi custodi.
Diversamente altre persone, assuefatte dalla droga dell'inesorabilità
custodirono per loro stessi la pagina donata, essi, nonostante perseverarono
nel cammino della via dell’odio, riconobbero nel momento della mezzanotte
questa nuova pagina non divenire cenere, sì si compì il miracolo dell’anima
donatrice del suo diario. L’assoluto e immediato sacrificio del diario, in
questa occasione non poté risolversi nella risurrezione di nuove pagine del
diario dedicato, nel giorno della notte della vita un'anima, l’anima donatrice
del proprio diario morì, ma nessuno se ne accorse poiché andavano tutti
dedicandosi alla raccolta delle pagine bianche in onore della salvezza
dell’anima di loro.
IL VELO DEL NO
Effetto Hawthorne
Ambito psicologico.
Variazioni di un comportamento, che si verificano per effetto
della presenza di osservatori:
Si conclude che la valorizzazione aprioristica del prossimo
implica un incremento della sua creatività.
"Credi nel tuo sogno" queste furono le sue parole per
me. Il pensiero di avere un sogno prima di allora non mi aveva mai sfiorato,
tuttavia dal momento in cui mi furono dedicate queste parole iniziai a
meditare, a forgiare, a plasmare ed a temprare l'idea del mio sogno,
naturalmente crebbe in me la volontà di comprendere e di vedere realizzata
l'idea di un dover essere idealizzata nell'immagine del sogno e l'essere, la
realtà; dunque si avverò in me un disatteso sentimento di leggerezza, come se
un'aura mi abbracciasse, mi sostenesse e divenisse per me come un'onda materna
che mi donasse vitalità ed una direzione, un senso verso il quale procedere.
L'onda assecondando la mia natura ideale si rivelava nella volontà di
creatività, più precisamente il mio destino era l'oracolo che inaugurava il mio
scalfire il foglio con la grafite, il mio dipingerlo con l'acquerello o il mio
imprimere i miei pensieri sulla carta nei segni delle scritture: iniziative
burrascose e funeste, identificai il mio creativo gesto nelle onde,
ineguagliabili scultrici della natura, ed il foglio bianco: i ciottoli e le
conchiglie smussati dalle onde, e gli scogli, muri dirimenti destinati a
decadere secondo la fiera volontà di perseveranti onde.
Tuttavia riconosco che tutto questo non sarebbe stato se non
per l'originario consiglio: " credi nel tuo sogno " pronunciate per
me da una persona sconosciuta che sospese la parola del silenzio loro gemella:
"Rinuncia."
dadi
bianchi
In ciascun tempo della nostra vita ci è dato il dono della
possibilità di proiettare sul tavolo della realtà un dado immaginario il cui numero
di facce è determinato dal nostro spirito d'iniziativa e dalle trascorse
esperienze; a noi stessi è concesso di riscrivere con nuovi simboli ridefinendo
le sue facce nella misura in cui abbiamo la volontà di essere artefici della
nostra realtà.
Scelte eteronome:
Possiamo tuttavia delegare agli altri l'atto di questa
scrittura. Se questo accadesse
l'aleatorietà sarebbe iniziatrice delle variabili delle scelte a cui dovremmo
assolvere nel caso in cui decidessimo di eludere il lancio del dado, potremmo
incorrere in risultati disattesi e per noi sfavorevoli.
(Se accolta con accortezza e moderazione la scelta di eludere
il lancio del dado, l'accoglimento del nichilismo nel suo significato di stasi,
può rivelarsi cautelante, significativa e creativa.)
Il dado bianco della vita è lo zefiro che vira la vela della
nostra barca: Sovente la realtà si impone prescrivendo a noi queste premesse:
Il dovere del lancio di dadi qualitativamente predefiniti, simili tra loro e
per noi talvolta creativamente limitanti.
La scelta della bianca sfera come dado immaginario:
Miriadi d'infinitesime facce, l'ambizione di poter gestire
miliardi di realtà che sono da noi lontane o al di là delle nostre umili
capacità e consapevolezze non può che condurci alla confusione, in questa
incertezza procrastiniamo la scelta e nel tempo del procrastinare sarà il
prossimo a gettare i dadi della nostra vita.
Scelte autonome:
La nostra curiosità, la nostra disposizione all'accoglienza, la
nostra responsabilità nella gestione delle opportunità determinano il numero di
facce del dado della vita. Secondo queste premesse saremmo noi a definire sulle
facce del nostro dado della vita i simboli delle variabili che definiscono il
nostro percorso; alla scelta del lancio del dado seguirà probabilmente un
risultato da noi stessi premeditato e pertanto più rassicurante e gestibile.
LA SFERA VELATA
Quando entrai riconobbi un ampio spazio vuoto e buio, l'unica
reale fonte di luce bianca era una sfera in fine e candida porcellana che
luminava il volto del maestro.
" Entrate e sedere vicino a me", consigliò egli;
Io ed i miei compagni ci avvicinammo e ci sedemmo vicino al
maestro che disse:
"Lo sapete, la teoria della percezione cromatica prescrive
che ciascuno di noi abbia una percezione soggettiva e individuale del colore di
ogni realtà, ad esempio in verità voi tre di questa sfera cogliete
rispettivamente tre qualità di bianco differenti: forse uno di voi percepisce
questa sfera di colore bianco neve, un secondo il bianco floreale, un terzo il
bianco avorio; sono variazioni infinitesime; noi crederemo che il bianco sia il
colore originale ed essenziale della sfera secondo l’approssimazione e la
generalizzazione (Falsificazioni) delle nostre prospettive; proviamo a
estremare questa idea.”
Un fascio di luce azzurro celeste illuminò uniformemente per
alcuni istanti la superficie della sfera, in seguito la sfera fu illuminata del
colore ametista e del colore verde giada.
“Premettiamo che il colore essenziale della sfera sia il
bianco, ed immaginiamo che i vostri occhi e la loro prospettiva siano la fonte
luminosa origine dei tre colori celeste, ametista e verde giada, ne concludiamo
che la vostra osservazione destruttura e falsifica la verità essenziale della
fera, ovvero la sua essenza cromatica: il bianco.
Avete mai udito gli aforismi: Essere in buona o cattiva luce, e
la responsabilità di mettere in cattiva luce; non limitate ciò a cui avete
assistito all’oggetto della sfera; le variazioni di osservazione, si
strutturano in variazioni di giudizio e di atto, dunque hanno implicazioni
reali ingenti nella quotidianità della vita.”
Ora il maestro colse la sfera, ne spense il lume e la collocò
lontano dall’attenzione dei discenti.
Il maestro:
“Chiedo gentilmente ad uno di voi tre di adagiarsi esattamente
nella posizione della sfera.”
Uno dei tre discenti sedette nel luogo in cui giaceva la sfera.
“Ora chiedo a voi discenti di immaginare l’identità concettuale
tra il vostro compagno e la sfera, ricordate l’esperienza a cui avete assistito
relativamente alle percezioni cromatiche della sfera ed immaginatene l’analogia
il cui nuovo soggetto è ora il vostro compagno; ascoltate:
Vi è tra voi due colui che crede di conoscere il colore
primitivo ed essenziale del vostro compagno?”
La compagna rispose con certezza: “Io posso mettere la mia mano
sul fuoco! Conosco questo ragazzo da una vita, io credo di conoscere il suo
colore essenziale.”
Il compagno che sedeva vicino a lei disse diversamente: “Io e
lui ci conosciamo da non molto tempo, non credo di conoscere il suo colore essenziale.”
Il maestro:
“In verità vi dico che voi due conoscete quest’uomo in uguale
misura poiché non avete consapevolezza di nemmeno un miliardesimo dell’universo
custodito nell’anima di quest’uomo, non solo questo, vi ricorderei inoltre che
nella misura in cui voi vi vanterete di averne e di possederne conoscenza voi
ne modificherete la sua essenza sovrastrutturandola con i vostri pregiudizi in
questo modo allontanandovi dalla possibilità di attingere ed arricchirvi della
consapevolezza della sua originale identità: Ritornando all’esempio della
sfera, l’estremare la vostra osservazione, il vostro pregiudizio sul vostro
compagno implicherà il reale cangiare del suo puro colore, dal bianco puro al
colore che voi a lui stesso attribuirete.
Queste sono le idee che stanno alla base del limite di
creatività relazionale che può instaurarsi nelle relazioni tra numerose
persone: la generalizzazione, l’omologazione, l’asservimento della intima e
autentica essenza individuale alla collettività, (ovvero l’annichilimento di sé
stessi) la semplificazione: I colori originali delle sfere si velano
reciprocamente delle tinte sovrastrutturanti delle osservazioni e delle idee
aprioristiche.
(Le sovrastrutture che allontanano dalla profonda essenza di
ciascun singolo hanno come primo effetto la superficialità, la reciproca
inconoscibilità e l’opacità. Le superficiali finzioni di resilienza,
l’imperversare dell’immagine, le scelte dirimenti della non trasparenza, la
degenerazione della volontà di non violenza e della volontà di non
contaminazione con le realtà diverse, la non affezione, il non affetto, le
attitudini di Blocking e di Ghosting. Le scelte di blindare e schermare la
nostra originale essenza. )
Nell’iniziativa d’instaurare un reciproco dialogo costruttivo e
non destrutturante risiede la possibilità di poter veramente rispondere alla
domanda: Noi, chi siamo? Poiché ne siamo consapevoli, possiamo essere più e
migliori di quanto siamo stati, solo incontrando il prossimo, incontreremo noi
stessi.
Dunque concludiamo con questa ovvietà: Quale può essere la
principale differenza tra la sfera ed il vostro compagno?”
Lei disse: “Egli può parlare.”
Il maestro: “Io direi piuttosto: Egli può rispondere, la chiave
della conoscenza della verità risiede nella curiosità e nella domanda,
nell’ascolto, non nella parola: Ricordate? Il bianco della sfera era
percepibile solo in assenza dei variopinti lumi dell’osservazione, la chiave
della verità risiede nel dimostrare di voler conoscere nell’umiltà
dell’annientamento della nostra aura egoistica.
Riflettiamo; è naturale che l’esempio del prossimo, in analogia
con i principi dell’osservazione, dell’identificazione, dell’immedesimazione,
abbia coerenti implicazioni nell’attitudine del singolo, pensiamo ad alcuni
esempi; Il violinista e l’oratore inascoltati presto abbracceranno il silenzio
e lo accoglieranno come unica realtà pensabile e possibile, colui a cui sarà
ricambiato odio ed indifferenza all’amore dedicato, difficilmente persevererà
nell’amore poiché concluderà di non averne mai avuto esempio e consapevolezza
ed agirà secondo i principi dell’ odio esemplificato dalle altrui attitudini,
gli scrittori i cui libri non incontreranno lettura abbandoneranno presto penna
e calamaio, analogamente gli artisti i quali non incontreranno gli osservatori
loro custodi, costa davvero tanto cara l’analogia della reciprocità tra dono
dedicato e dono ricevuto? Analogamente la destrutturazione (Ad opera di uomini
dirimenti, indifferenti ed egoisti) dei valori della bontà e della carità
renderà presto gli uomini buoni e caritatevoli dirimenti, indifferenti ed
egoisti; perché? Forse chiederete;
Forse poiché le persone generalmente brillano di luce riflessa
e non di luce propria, forse poiché le persone desiderano identificarsi nel
riflettere della luna e non scelgono di immedesimarsi nel luminare creativo del
sole.
L’attitudine di coloro che brillano di luce propria è la
medesima di coloro che parlano a coloro che non rispondono, brillare di luce
propria è un atto di dono, di puro valore aggiunto, poiché disinteressato,
significa: Ci sono, se tu non ci sei, non: poiché ci sei, allora ci sono. Questa
relazione significa che la creatività relazionale è originata da uno dei due
poli che brilla di luce propria e che illumina e conforta il polo vicino che
può trovare conforto in queste parole pronunciate come i raggi solari che
incontrano la luna.
La proprietà di brillare di luce propria è in analogia con
l’attitudine materna: La Maternità è una proprietà che può essere esemplificata
dagli uomini e dalle donne e consiste nella scelta aprioristica della vitalità
e della creatività; La madre non tace al figlio che le tace, bensì lo accoglie
e lo abbraccia con il suo consiglio.
La parola, che segue al silenzio, l'atto creativo che segue
all'atto che nega e che annichilisce, sono iniziative che denotano in coloro i
quali ne sono esempi, resilienze, vitalità e forze spirituali rare, emergenti
poiché mai destinate ad estinguersi. Il compimento dei miracoli è latente in
coloro che brillano di luce propria poiché amano coloro i quali mostrano loro
odio, poiché essi sono nel deserto i fiori.”
Il maestro congedò i discenti con una lettura “Il canto della
notte” tratta da “Così parlò
Zarathustra” di Friedrich Nietzsche.
“È notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti. E
anche l'anima mia è una zampillante fontana.
È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E
anche l'anima mia è il canto di un amante.
Qualcosa di insaziato, insaziabile è in me; e vuol farsi
sentire. Una brama d'amore è in me; anch'essa parla il linguaggio dell'amore.
Luce io sono: ah, fossi notte! Ma questa
è la mia solitudine, che io sia recinto di luce.
Ah, fossi oscuro e notturno! E allora vorrei benedire anche
voi, piccole stelle scintillanti e lucciole lassù!
- Ed essere beato dei vostri doni di luce. Ma io vivo nella
luce mia propria, io ribevo in me stesso le fiamme che da me erompono. Io non
conosco la felicità di colui che prende. Questa è la mia povertà, che la mia mano mai si riposi dal donare;
questa la mia invidia, che io veda occhi
in attesa e le notti rischiarate del desiderio. Oh, infelicità di tutti coloro
che donano! Molti soli si aggirano nello spazio deserto: a tutto quanto è
oscuro essi parlano con la loro luce, - per me tacciono. Oh, questa è
l'inimicizia della luce contro ciò che riluce: freddo verso i soli, - così
corre ciascun sole. Essi seguono la loro volontà inesorabile,
questa è la loro freddezza. Oh, voi, voi oscuri, voi
notturni, vi create calore da ciò che
luce! Ahimè, ghiaccio è intorno a
me, la mia mano si brucia al gelo!
Ahimè, sete è in me, assetata della vostra sete! È notte: ecco, il mio
desiderio erompe da me come una sorgente
- il mio desiderio è di parlare . È notte: ora parlano più forte tutte
le fontane zampillanti. E anche l'anima mia è una zampillante fontana. È notte:
solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche l'anima mia è il canto
di un amante.”
Velando il nostro prossimo
veliamo noi stessi.
Cangianti
sfere d'anime
I
corrispondenti
Il libro di cui con curiosità intrapresi la lettura era custode
d'una antica parabola intitolata "Cangianti sfere d'anime", questo
breve scritto era caratterizzato da un'atmosfera di velato mistero, un semplice
racconto di contingenze che si rivelavano in un luogo celeste, etereo, irenico,
equilibrato, compiuto, perfetto. L'anima. Una sfera, la sfera del reale era
custode della sfera dell'anima, immagine dell'equilibrio tra avvicendate
decadenze e rivitalizzazioni: Persistenti connubi variopinti tra le aure
dell'anima:
Le variopinte aure
Una sfera, immagine interiormente riflessa della verità, lei
era esempio della creatività delle aure, creatività riflesse del reale che
reciprocamente influiscono sull'equilibrio della realtà medesima. Ad una
attitudine reale attiva o subita corrisponde il lumen e la qualità di un'aura:
gli indifferenti e rinunciatari custodivano come riflesso l'aura glaciale, i
volitivi e creativi, l'aura della luce; i dirimenti, l'aura violacea dell'odio,
i catartici, l'aura vitrea e pura della purificazione, i corroboranti, l'aura
diamantina che scolpisce e tempra l'anima, gli inesorabili, l'aura indelebile
della fine, gli illusionisti o mendaci, l'aura velata che può caratterizzarsi
secondo l’opportunità di purificare la realtà custodendo e celando al reale le
sue proprietà oscure, ipotetiche immagini riflesse di un reale negativo, ed
irraggiando il reale delle loro simmetriche proprietà positive, questo è un
miracolo creativo e purificativo dell’immaginazione.
La sfera dell'anima è per miriadi di istanti sensibilmente
plasmata dalle attitudini dei destinati rispondenti, sussiste una relazione
reciproca tra la sfera dell'anima e le attitudini dei destinati: credete:
l'essenza variabile della sfera è l'oracolo del compimento di un'aura nella
realtà e del divenire latente d'altre aure.
Agli uomini fu dedicato il diritto e la responsabilità di
gestire l'equilibrio delle proprie anime nel costante divenire delle aure
custodite in esse: Presto si vide la verità del reale cangiare in misura ed in
qualità analoghe al divenire delle aure dell'anima: Ad esempio l’anima poteva
riconoscersi opaca e velata, o chiara e traslucente, questa verità era immagine
dell'aura che ora imperversava nell'anima, immagine coincidente della
situazione reale vissuta nonché l’attitudine che percepiamo del prossimo
associata alla nostra reazione. Nella relazione tra le anime non può aver luogo
alcuna delega, ciascuna creatura è reciprocamente interdipendente e
responsabile dell’equilibrio delle anime, ove e quando si impone un
disquilibrio tra le anime provocato dal dominio delle aure dell’odio e
dell’inesorabilità, la coscienza graverà sull’anima che egoisticamente scelse
il sacrificio dell’anima fraterna: Nel luogo etereo e tuttavia reale ed
esistente delle anime ogni disquilibrio, ogni differenza si risolve nell’ordine
universale della natura.
Siamo i corrispondenti del nostro prossimo ed egli è nostro
corrispondente:
L'attitudine dei corrispondenti, coloro che sono amati, odiati,
emarginati nei confronti di coloro che amano, che odiano, che emarginano è
compimento dell'ordine del reale, essi sono lo yin (nero) mancante allo yang
(bianco): ebbene se i corrispondenti , coloro che sono chiamati alla vocazione
del rispondere ad un atto dedicato, saranno indifferenti la realtà intera sarà
incompleta, ed entrambe le controparti dovranno custodire il vuoto di questa
assenza in cuor loro, ed il vuoto si imporrà non come elemento debilitante
l’equilibrio del reale, bensì come elemento di compimento e completamento del
suo equilibrio, nonché la tetra e reale verità del nichillismo, un nulla ed un
vuoto che non può che essere risolto ridisponendo nel medesimo luogo le realtà,
le relazioni, gli affetti, le passioni che in quel luogo, astratto dell’animo e
concreto del reale furono annientate: nulla si crea nulla si distrugge, tutto
si trasforma. I corrispondenti sono responsabili della condanna delle attitudini
di rancore e vendetta, in cuor loro si plasma il destino della realtà nella
scelta velata di accogliere o procrastinare, purificare, decadere e rincarare,
l'atto dedicato e di riesumare le realtà perdute o disperse, ed i frammenti
della realtà ritorneranno a combaciare, e la realtà risorgerà a nuovo senso e
bontà.
Ad uno scrittore di un'opera letteraria corrisponde l'atto
creativo della lettura, è la qualità della creatività immaginativa del lettore
che compie il destino ed il valore dell'opera letteraria, non solo lo
scrittore, bensì i corrispettivi lettori sono responsabili d'incoraggiare
l'avvento della nuova realtà della letteratura: Se lo scrittore permette
all'opera letteraria di nascere, al lettore è destinato il divenire nel
risorgere o nel decadere del libro, un cosmo di parole che può sopravvivere
solo per volontà dei corrispondenti lettori.
In un rinomato museo fu esposta un'opera artistica che destò
sorpresa e meraviglia nel pubblico: Uno specchio: Una semplice lastra
rifletteva i corpi del pubblico come se l'artista volesse alludere a questo
consiglio: voi, il pubblico siete protagonisti, altresì nelle vostre mani è il
destino della creatività, ora lo avete compreso, io sono dalla vostra parte,
aiutatemi in questo percorso di dono d'incontro, di riconoscimento, di
rispetto, di incoraggiamento di noi stessi, dei nostri limiti e delle nostre
possibilità d'iniziative creatrice.
Vicino alla lastra riflettente vi era una dedica dell'artista:
VOI CHE OSSERVATE, SIATE ARTE, SIATE I NUOVI ARTISTI DELL'ARTE
VELATA DEL DONO DI VITALITÀ, SIATE I NUOVI CORRISPONDENTI CREATIVI DELLE REALTÀ
CHE SONO DEDICATE! OVE E QUANDO ALCUNA REALTÀ VI SIA DEDICATA, SIATE VOI STESSI
GLI ARTISTI ORIGINARI DESTINATI ALLA NASCITA DI NUOVE REALTÀ DONATE!
Se il lettore è il nuovo scrittore, ciascuno di noi è altresì
corrispondente di un dipinto, di una scultura, ciascuno di noi è artista
analogamente agli artisti originari poiché compartecipa alla sopravvivenza del
dipinto o della scultura: vi è in gioco l'esistenza dell'arte, tuttavia alcuni
corrispondenti ancora scelgono di decaderla nel nulla indifferente dell'assenza
del riconoscimento, di ostacolare immiserendo la forza vitale insita nell'atto
creativo degli attuali artisti originari, in immenso onore degli artisti che
furono illustri, di danneggiarla con le azioni o di denigrarla con le parole,
possiamo riconoscerlo, è un fatto che il portale dell'universo della creatività
sia aperto per tutti coloro che vivono, poiché la vita è la chiave di questo
portale, nulla d'altro può eludere il suo essere varcato se non l'intima scelta
individuale di non varcarlo persistendo nella stasi, ed essi i quali lo
varcheranno avranno scelto la vita ed apporteranno alla realtà il lume di
creatività di cui essi possono secondo loro qualità e misura.
Tuttavia parallelamente vi è un equilibrio ancora più sensibile
e fondamentale dei quali tutti siamo destinati, poiché viviamo, ad esser
corrispondenti: la relazione; l'equilibrio d'amore e d'amistà che si riconosce
talvolta decadere nel non riconoscimento del reciproco dono di vitalità, in
essenza: cecità dinanzi al dono di noi stessi ed in origine la scelta di non
donarsi; così non concediamo a noi stessi la possibilità del sentimento di
vitalità che solo le proprietà della relazione, l’identificazione tra
diversità, l’unipatia, l’immedesimazione possono originare in noi.
Riconosceremmo che l'oratore è colui che accoglie ascoltando e soprattutto è
verbo corrispondente e creativo di ciò che ha assimilato e compreso, un oratore
semplicemente non tace, non soffoca nell' ombra del silenzio i lumi delle
parole a lui dedicate, è in essenza il prisma riflettente che di un lume ne
rende miriadi di essi.
Velate
opportunità
La
parabola dei due fogli.
Un maestro spirituale accolse nella stanza i suoi tre giovani
allievi.
Disponendo ordinatamente sul tavolo un foglio bianco, attirò
l'attenzione di un allievo sul foglio bianco, dunque gli chiese:
"Che cosa vedi?"
Uno dei tre giovani sorrise, il maestro udì la giovane allieva
sussurrare al compagno:
'perché sacrificare il nostro tempo per questo stolto cieco?
Non vede che è un foglio bianco?'
Il discente rispose al maestro: "è un foglio bianco, nulla
di più di un semplice foglio bianco."
Il maestro attese alcuni minuti in silenzio, con tono misterioso
confidò al giovane: "La tua è una risposta inesorabile. Davvero non
vorresti considerarla nuovamente, alla luce del tempo che ti dedicai per
riflettere? "
Egli rispose: "è l'evidenza, questo è un foglio bianco, la
mia non può che essere una risposta corretta."
Il maestro illuminato: "Non sempre ciò che è evidente e
corretto è sufficiente."
Il maestro colse il foglio bianco e lo rispose con riverenza su
un tavolino decorato d'oro, vicino ad una vetrina custode di sacre reliquie,
per i primi giorni tutti si domandarono il senso del lasciare quel foglio in
quel luogo, tuttavia presto i giovani andarono oltre questo nonsense e lo
trascurarono, mai nessuno dei discenti decise di custodirlo o di sospendere
l'iter inerziale degli insegnamenti per nominare la questione del foglio
bianco.
Il maestro si dedicò dunque ai suoi quotidiani insegnamenti
spirituali per il tempo di 100 giornate. Nel fluire del tempo di queste
giornate, il maestro talvolta alludeva genericamente ad una realtà dimenticata,
ma i giovani non compresero e non misero mai a fuoco il senso del consiglio del
maestro
che talvolta i giovani riconobbero rattristarsi gradualmente.
Tuttavia solo
durante l'alba della centesima giornata essi avrebbero compreso
il motivo dello stato d'animo declinante del loro custode spirituale ed il
significato delle sue rare parole dedicate alle realtà del passato.
Al nuovo sorgere del sole il maestro illuminato rinsavì i
giovani con queste parole: "Non dedichiamo al prossimo le nostre prove
velate se non siamo certi di essergli stati onesti, chiari e riguardosi
maestri, il prossimo fallirà poiché sarà lo specchio del nostro esempio
decadente.
Perdonatemi, poiché non sono riuscito ad essere un buon
maestro.
Pensai che il mio silenzio dedicasse a voi lo spazio di riflessione
adeguato per potere comprendere, ma non è stato così; un foglio bianco, chi mai
avrebbe pensato che una realtà così semplice sarebbe divenuto nel tempo così
spiritualmente rilevante. I giovani allibirono voltandosi verso il tavolino
dorato e riconoscendo che il foglio bianco non giaceva più in quel luogo.
Dunque in vostro nome falliste poiché delegaste all'eterno
accadere della contingenza il destino di questo foglio, ve ne dimenticaste, sia
stata la vostra una scelta consapevole, avreste voi pensato, sacrifico questa
realtà semplice poiché non mi è utile, sia stata una scelta subconscia voi
perdeste questo foglio bianco non appena lo nominaste "nulla di più di un
foglio bianco"”.
Il professore si congedò per un istante, raggiunse i discenti
custodendo in mano una chiave, raggiunse la vetrina delle reliquie ed inserì la
chiave nella serratura di un opaco cassetto, qui colse il foglio bianco.
"Il nostro foglio bianco.
Forse qualcun altro lo avrebbe raccolto, ne avrebbe fatto un
dipinto, un origami, una poesia o ne avrebbe fatto il nulla per riscaldarsi
alimentando un fuoco o per il desiderio di vedere una realtà finire decadendo
per sua mano in rovina di frammenti di cenere, possibili destini di cui altresì
voi siete responsabili.
Credete. Una realtà non è mai nulla di più di una realtà.
Credendo questo ne annichilite il suo essere latente, il suo possibile
divenire."
Il maestro illuminato colse il foglio e ne plasmò un
meraviglioso origami, si rivolse al discepolo a cui aveva in origine dedicato
la domanda; "Non riconoscesti di questo foglio il suo essere origami, o
una meravigliosa poesia, una lettera, un manoscritto, la tela di un dipinto. .
.?
L'accontentarsi della superficie è l'abbandono delle vitalità
latenti, il sacrificio della latente e reale ricchezza nello spazio e nel tempo
in onore della povertà evidente di ora e di qui. Sappiamo riconoscere l'
universo dell'oltre?
Così andiamo trascurando la lettura dei libri poiché contenti
della copertina, così si va trascurando l'aura del nostro prossimo custode
della sua non effimera identità ed essenza.
Così scegliendo la superficie della trascuratezza, otteniamo
non solo la povertà di noi stessi, bensì anche l'impoverimento delle realtà che
abbiamo trascurato dichiarandone con insolenza e ipocrita innocenza
l'inesorabile fine, il confine che le nostre cieche menti vedono.
Consiglio a voi poiché da queste parole voi possiate
comprendere e confutare il vostro pensiero: vegliate vicendevolmente su voi
stessi, abbiate fiducia nel vostro divenire realtà maestose e mai inesorabili,
dedicate valore al margine di tempo futuro nell'investimento della reciproca
curiosità, valorizzazione e scoperta, non permettete che voi tre diventiate
l'uno per l'altro come questo abbandonato foglio bianco!
Innamorati dell'esteriorità, crediamo che non vi sia nulla di
cui essa sia custode: vediamo uno scrigno, ci domandiamo cosa esso possa
contenere? Raramente ci dedichiamo per conoscere se esso sia aperto, nel caso
in cui sia chiuso mai ci curiamo di cercarne la chiave. Le verità di cui questo
scrigno è custode: valori ridotti in cenere dal fuoco della nostra noia.
Sappiate dedicare il vostro tempo alle possibilità velate e non
ancora presenti poiché esse sono di adesso il germoglio ed il vostro tempo
diverrà florido, diversamente nulla può valere il nostro tempo ove e quando ,
abbagliati dal miraggio dell'esteriorità e dalla sete di essere "dei"
del destino e della fine,
scegliamo di un foglio bianco il nulla del suo essere realtà da
noi perduta."
Il maestro si congedò nuovamente, presto ritornò, tre nuovi
discenti lo attendevano, ora egli custodiva un pacchetto di fiammiferi, un
nuovo foglio bianco, questo secondo foglio bianco era sdrucito, evidentemente
danneggiato e friabile.
Il maestro illuminato disse ora ai tre discenti:
"Realizzate con questi oggetti ciò che ritenete più giusto
realizzare." Istintivamente una giovane discente colse il pacchetto di
fiammiferi, ne colse uno tra di essi, lo accese e diede fuoco al foglio bianco
sdrucito, lentamente come neve la cenere discendeva vellutando il parquet,
mentre un tetro filo di fumo ascendeva, inesorabile simbolo della fine.
Il maestro domandò ai restanti due discenti se approvassero
l'attitudine della compagna. I discenti, senza alcuna esitazione annuirono
giustificandosi: "Questa è inutile cartastraccia."
Il maestro si congedò ed entrando lo seguivano i suoi tre
discenti, coloro a cui dedicò l'esempio delle cento giornate. Egli si chinò di
fronte ai giovani trattenendo un nuovo foglio bianco sdrucito, con cura ne
ottenne decine di frammenti e li compì nei petali di una rosa origami.
Egli concluse triste e amareggiato: "Perché?.
Voi percepite il lume della fine e la portate a compimento.
Forse potete comprendere che questi due fogli bianchi. I due
fogli protagonisti dei due esempi che vi ho dedicato sono identità analoghe a
qualsiasi realtà della mappa e del territorio, un sentimento, un fiore, un
libro, una creatura, il silenzio, il nonsense, il vuoto;
Il puro bianco, il puro nero, nonché i luoghi infiniti del
nulla in cui noi e la nostra creatività, in essi esistendo, divengono rilevanti
e lumi di cambiamento del nulla: Non dovremmo avere timore, non dovremmo
allontanare o lasciare immutati i luoghi infiniti del nulla, della fine o
fallimento, del silenzio, dell'essere sconosciuti, del nonsense, della
superficie, della lontananza, dell'attesa; poiché ove il nulla ci circonda la
nostra vitalità assume più rilevanza, il nulla onora il nostro essere artefici
del suo divenire non - nulla; che cos'è la fine se non la nostra opportunità di
procrastinarla, quanto invece appare che ci dedichiamo nell'agevolare il suo
incombere; il fallimento non è forse il luogo della creatività dell'ordine
dell'insegnamento? Il silenzio non è forse il dono dell'opportunità del nostro
dedicare ascolto e parola nel sogno dell'approfondirsi di un dialogo vivo tra
noi? L'essere sconosciuti non è forse il presupposto, la misura, il limite, lo
spazio infinito in cui la nostra vicendevole curiosità e sorpresa possono in
libertà vagabondare? il luogo indefinito del nonsense non è forse l'opportunità
di definire e plasmare noi stessi un senso e un ordine di comprensione?
La superficie non è forse la nostra opportunità di
oltrepassarla per poter scorgere la profondità di cui essa è custode? Le
lontananze non sono forse il luogo della nostra possibilità di riavvicinarci?
L'attesa il tempo del desiderio che possiamo risolvere nell'iniziativa: C'è da
vivere, per cambiare in libertà questi ed altri luoghi infiniti!
Poiché vi prego di ricordare che vi è solo una scelta che fa
della vitalità il tramonto ultimo. Questa scelta è l'inesorabilità, il non
cambiare idea, la cecità del non riconoscere che una via non è il sacrificio di
tutte le vie, il non riconoscere che siamo immensamente di più, e che è nostra
responsabilità il dono di noi, non il nostro ostacolarci, qualcuno sta forse
ricordando l’ enunciato: ”Non – ferma più nessuno”, perché mai secondo
principio o summa a priori dovremmo fermarci e non sostenere vicendevolmente il
nostro procedere?; il definire un foglio bianco nulla di più di esso, il
dimenticarlo, il ridurre in cenere il foglio sdrucito, ovvero il decadere le
realtà povere e fragili: l'attitudine di inesorabilità è il peccato che non
rende onore e rispetto al tempo del vivere. Possiamo riconoscerlo?"
RITORNIAMO SUI NOSTRI PASSI
Il per-dono
RITORNARE NON È ARRETRARE O PERDERE, È CONTINUARE,
RICONQUISTARE.
Vedere nella fine il vasto margine dell’inizio.
Coloro che si allontanano possiedono il luogo del loro aver
percorso.
Non compiere il passo avanti superfluo dimentico dei migliaia
che hai già percorso, ritorna sui tuoi passi.
Proiezioni inesistenti
Le conseguenze del pensiero futuristico
Troppo avanti con il pensiero
Sto percorrendo un corridoio, dinanzi a me c'è un bivio.
A destra c'è il corridoio che avevo già intrapreso che conduce
all'uscita/entrata del'edificio, dove pazientano due persone.
A sinistra c’è un corridoio che conduce a stanze sconosciute il
cui accesso è condivisibilmente ritenuto non consentito.
A dirimpetto del bivio c'è una parete la cui orizzontale
inclinazione è leggermente tendente verso destra, un vasto dipinto artigianale
decora questa parete.
Riflettei: "Prima di intraprendere il corridoio di
sinistra per uscire voglio vedere questo quadro frontalmente."
Pertanto, coerentemente con il mio pensiero, nell'area del
poligono di intersezione dei tre corridoi realizzai un passo verso destra per
allineare la mia vista alla prospettiva frontale del dipinto.
Sentii le parole di una persona comunicare ad una persona
vicina:"
Andrà dove non deve e aprirà porte il cui accesso è non
consentito." Allora ho udito la persona vicino a lei sostenere: "È
vero, lo vedo".
Immediatamente udii i passi solerti di una persona che presto
mi raggiunse e mi bloccò
rimproverandomi:"Dove sta andando? Non sa che è vietato l'accesso a
quelle porte? L'uscita è a sinistra!
Riflettei: “Allora mi attribuite passi che non ho svolto, per
lei sto già ponendo la mano su una delle maniglie delle porte delle stanze il
cui accesso non è consentito.
Lei proiettandomi dove non sono mi attribuisce intenzionalità
che lei è certa che io abbia pensato ma che in realtà non sono mie idee e non
sono vere. Allora lei crede che la sua mentalità sia la mia. Ovvero che il
pensiero che lei ha pensato in proiezione della realtà, sia altresì stato il
mio pensiero, ritiene che la sua credenza sia certezza e che il pensiero che
lei mi ha innestato implichi una mia coerente intenzione e attitudine con il
suo pensiero: Ovvero il mio perseverare il mio cammino verso destra con la
finalità di accedere a stanze non consentite. Tuttavia il mio pensiero non è
questo. Questo è il suo pensiero. Io ho appunto pensato: Guardo questo quadro
frontalmente prima di intraprendere il percorso di sinistra per accedere
all'uscita. Io in verità le stanze proibite non le ho nemmeno pensate.
Il vostro pensiero ha creato una idea futura proiettata che non
è reale, ché non è verità della mia intenzionalità di cammino, vedete? Io sono
fermo, ed appartengo al corridoio di sinistra dell'uscita. La sua interpretazione
di possibilità della mia ‘mal- intenzionalità’ mi realizza dove non sono e crea
di me una realtà a cui non appartengo, e più profondamente a cui divento
realmente appartenente nel momento in cui lei induce la sua idea alla persona a
lei vicina sostenendo con sicura certezza: "Andrà dove non deve e aprirà
porte il cui accesso è non consentito." Allora ho udito la persona vicino
a lei sostenere: "È vero". Così vicendevolmente avete supportato le
vostre illusioni, il vostro dialogo ha implicato il suo rincorrermi ed ha
innestato le vostre idealità nella mia realtà ed allora io sono
divenuto realmente mal - intenzionato? “
In verità risposi loro
semplicemente: Sto guardando il quadro prima di uscire."
Breve riflessione personale
Allora Il bene - intenzionato, nonostante sia bene -
intenzionato nella sua più profonda verità e essenza, diviene negativamente semplicemente perché è
interpretato tale da occhi che non sanno guardare. Allora vediamo le
possibilità, la nostra proiezione ideale concorre nel realizzare la realtà, la
nostra osservazione in relazione con la qualità del nostro pensiero
(esperienza, carattere, istintività. . . ) realizza la nostra interpretazione
che non è inesorabilmente vana bensì è caratterizzata da una immediata
implicazione creativa in noi stessi e nel prossimo.
Come vediamo? Che cosa vogliamo realizzare? Questa riflessione
è una tra le basi che compartecipano alla nostra reciproca influenza.
Ad esempio il giudizio di povertà di un passante nei confronti
di un questuante, può implicare l’indisponibilità alla gratuità e della carità
del passante e la peristenza dello stato di povertà del questuante.
Ad esempio un teppista quotidianamente caratterizzato dai
compagni di classe come teppista implica la indisponibilità di relazione dei
compagni di classe del teppista e la sua
graduale emarginazione e la probabile implicazione di attitudini di reazione
negativa del teppita nei confronti dei compagni di classe e la conferma del
carattere di coazione del teppista.
Ora si riconosce evidente la responsabilità comune nelle
attitudini individuali:
La cautela nell'interpretazione allora è fondamentale.
LA SCINTILLA DELL'INTRAPRENDENZA
La scintilla dell'intraprendenza, il dono di resilienza, la
fede, magnanima preghiera, resurrezione di realtà pregiudicate finite. II lume
dell'iniziativa elude le inesorabili lontananze, ed il nonsense, il nulla del
vuoto della lontananza divenendo SI risolve nel senso di nuove relazioni e di
riconciliate unità temprate. Così il pellegrino che dedica i suoi passi al
debole ritmo del termine della fila aiuterà gli ultimi a camminare, egli
abbandona il gruppo per soccorrere coloro che si sono fermati, ed Infine essi
ritorneranno ai primi. Coloro che aiutano i deboli salvano tutti, poiché tutti
giungeranno alla meta, così coloro che si dedicano alle labili ed ultime
amistà, coloro che ritornano e si fermano per resuscitare e restaurare le
amistà lontane, forse dimenticate, diverranno redentori di sé stessi e del
prossimo dall'oblio della dimenticanza che al limite dell'orizzonte della pace
le albe della conciliazione allieteranno
MAY-BE
Racconto del pensiero a priori ci si vuol bene con le lacrime
agli occhi
Siamo come opere d’arte, di cui ognuno dà la propria
interpretazione spesso solamente attraverso un fugace e disinteressato sguardo.
Ma il nostro vero profondo significato talvolta può celarsi sul retro della
tela, talvolta nel messaggio raccontato dall’autore del dipinto, siamo tutti
artisti perché siamo tutti persone creative, la vita è creatività, talvolta il
senso è custodito nel gesto del dipingere, del colorare o del lasciare il
foglio bianco, sono queste alcune immagini di sentimenti e immaginazioni
invisibili; talvolta la realtà è segreto ed è giusto che sia così in onore e
diritto dell’autore di non disvelare il senso profondo di un atto di cui
solamente l’artefice è a conoscenza. Vi sono verità uniche e variopinte di cui
ciascun singolo è custode, mille interpretazioni fanno di noi ed è iridescente
il risultato di queste percezioni – l’iridescenza ha nome Verità, ovvero le
gocce che proviamo a raccogliere dal mare che in ogni istante divengono fluendo
e ritornando a lui al gesto del nostro provare a custodirle a noi. Così la
verità è un plasma non misurabile e non comparabile, giochiamo allora con cautela
al gioco dell’equilibrio, ad esempio potremmo conquistare il futuro perdendo il
presente. Che senso ha il coraggio se non l’aggiungersi alla realtà?
Sulla Fiducia.
Ci si incontra per conoscersi non ci si conosce per
incontrarsi,
Tra noi uguali nulla si ottiene se non si rassomiglia.
E se in
verità fossimo diversi?
An everlasting maybe and future will are the ghosts of never.
I TRE QUADERNI
Il Sole tramonta,
e tuttavia mai abbandona, ci vuole bene, ché mai nega a noi le
sue albe.
Il Sole va e ritorna,
E andando ci insegna la malinconia,
mai è a noi tanto splendente la sua luce quando il Sole manca.
Il “lontano” è il “vicino”,
Il freddo è il caldo,
L’”assente” è il “presente”.
Queste sono le parole della malinconia.
Ed il disincanto dichiara:”È evidente che la notte è buia e
fredda.”
Vi sono tre quaderni, il quaderno della realtà, il quaderno
della memoria e della immaginazione.
Un giorno - tre primavere
Il quaderno della realtà – Il quaderno della memoria e della
immaginazione
Siamo quotidianamente scrittori di questi quaderni:
La realtà è incantevole:
È come se le pagine del quaderno del reale quotidiano fossero
imbevute dei liquidi della scolorina:
Il Sole, ritornando ci insegna che siamo sempre all’inizio.
Noi sconsolati romanzieri del reale
che scriviamo il racconto della giornata
alla nostra ultima parola,
all’ultimo nostro segno sul quaderno del reale
vediamo le pagine che vergammo ritornar nuove, bianche, vuote.
Ora si comprende che il dono comporta che la realtà che trascriviamo
sia donata:
Le parole che scriviamo sul quaderno della realtà nonostante
svaniscano sul nostro quaderno sono cangianti il reale, sono rilevanti! Le
nostre parole svaniscono sulle pagine della nostra vita proprio perché sono
donate.
Il nostro vivere è il nostro donarci!
Non smettiamo di scrivere, poiché smetteremmo di donare, e di
vivere!
Così il luogo della vita si manifesta a noi vasto:
Così le pagine del nostro quaderno del reale si rivelano
infinite,
il luogo del possibile è infinito.
Chi assevera la finitudine del possibile non rispetta la
vita.
Non crediamo a chi sostiene che non ci sia più tempo, né
spazio.
Il nostro aver luogo ed aver tempo
poiché è vita e cambiamento
è innovativo e rivoluzionario.
Noi che siamo scrittori del reale non restiamo vuoti in
riconoscimento del nostro scrivere. La verità è riconoscente!
Noi siamo scrittori per il prossimo, ed in verità il prossimo è
scrittore per noi!
L’arricchimento è vicendevole.
Noi stessi non siamo solamente le pagine della realtà, non
saremo cancellati: siamo di più del nulla che diverremo poiché esiste il
quaderno della memoria.
Dove è il luogo delle parole svanite dal quaderno della realtà?
È il quaderno della memoria.
Il Sole ci insegna ad amare il ritorno.
Ed è altresì in grazia della memoria che ritorniamo.
E non solamente:
Il sole andando ci insegna la malinconia,
mai è a noi tanto splendente la sua luce quando il Sole manca.
Allora la malinconia rievoca il passato, è il ripensamento di
ciò che abbiamo trascurato, se originariamente abbiamo visto e non
riconosciuto,
ora è grazie alla malinconia che dedichiamo valore e
riconoscimento alle realtà che abbiamo vissuto e perduto?
Vorremmo allora ritornare per sapere di non aver perduto.
È grazie alla malinconia che i lumi riflessi
sono più luminescenti dei lumi originari.
I riflessi sono custoditi nei quaderni della memoria e della
immaginazione.
L’immaginazione è una proiezione, il nostro desiderio di
conciliare il sogno al reale. Allora quotidianamente scriviamo e leggiamo a noi
stessi il quaderno della memoria, talvolta leggiamo il nostro quaderno della
memoria a chi vuol ascoltarci; allora ritorniamo con il pensiero e desideriamo
di ritornare realmente.
Il sole e le sue albe ci insegna infine a sorgere a innovare:
Qui si disvela a noi il valore del nostro quaderno
dell’immaginazione.
L’immaginazione è rivoluzionaria e creativa.
Non esiste solo il passato, non esiste solo il ritorno a ciò
che abbiamo visto.
Essendo scrittori dei quaderni del reale e della memoria non
possiamo che essere altresì oracoli del
nuovo.
“GIRA, FAI IL GIRO, O TEMPO CHE REMOTO SEI
FACENDO IL GIRO VAI A RIEVOCARE GLI ANIMI
ALBERI, FIORI, EDUCATE LA PIETÀ NELLE PERSONE
SE SENTISSI CHE MI SI ATTENDE
ORA A RITORNAR VERREI.”
La storia della principessa splendente
IL GERMOGLIO DEL DONO
A way to go beyond inexorability/inflexibility
Un modo per andare oltre
l’inesorabilità/finitudine/inflessibilità
A una bambina fu chiesto:
"Disegnami una A." La persona e la bambina erano
disposti una di fronte all’altra.
Lei scrisse un simbolo. Il simbolo dalla sua prospettiva fu una
'A invertita'.
Contemporaneamente al fluire del tratto della bambina la
persona che domandò alla bambina vide e comprese la lettera:
“A”.
Il paradosso è: “Tutti i bambini e gli adulti avrebbero segnato
la lettera, come consuetamente sarebbe scritta dalla loro prospettiva, per
essere decifrata dal lettore e insieme scrittore della lettera. In molti non
avrebbero ruotato il foglio, interpretando e identifcando loro stessi come
primi lettori. Tuttavia avrebbero tutti risposto in modo sbagliato alla domanda
di colei che domandò "Disegnami una A."
Poiché questi scrittori avrebbero fatto leggere a colei che
espose la domanda il simbolo insensato di una
'A invertita' che non è
"A".
Allora chi è il lettore? Noi stessi o il prossimo?
Questa bambina è stata alternativa ed è stata l'unica che,
andando oltre la immediata risposta a una semplice domanda, ha dedicato una
verità molto importante.
Allora questa bambina sembrò comunicare alla persona disposta
frontalmente a lei:
"È importante che la lettera A la legga te, non io. Ché te
sei prima di me."
L’ARTEFICIO DELL’ ELEVAZIONE DELL’ AMICIZIA
Imparare a conciliare le nostre identità
La funzione principale del foglio e insieme la sua profonda
identità è di permettere alla penna di avere un luogo dove potere scrivere.
Il foglio è fermo ma può muoversi o spostarsi.
La penna non scrive ma cade a intermittenza sul foglio bianco,
cade sul foglio senza segnarlo del suo inchiostro poichè cambia traettoria.
La penna non scrive sul foglio: Il risultato è negativo poiché
la trama viene sdrucita e perforata dall’insistente pungere della penna.
In questo esempio il foglio sta assolvendo alla sua funzione e
identità, poiché permetterebbe alla penna, dedicando la sua superficie di
spazio bianco, di realizzare se stessa e il suo scrivere segnando il bianco con
il suo inchiostro con un simbolo definito, decodificabile.
Tuttavia la penna destruttura la sua identità agendo come uno
spillino per il foglio bianco.
Ora possiamo capire che la penna fa un danno, il cadere della
penna è come numerosi rifiuti come piogge di no.
Secondo questa forza di gravità molte altre penne caddero come
la prima penna. Tutte le penne restano incolumi.
Il comportamento delle
penne compromette l’ identità del foglio:
Come possono essere
capite (se e quando fossero scritte) le parole trascritte su un foglio
trafitto, piegato, puntellato, sdrucito?
Le cause prime sono la forza di gravità, le penne, ed il
foglio.
Le penne cadendo secondo la forza di gravità danneggiano il
foglio e ne compromettono la sua funzione e identità.
Pensiamo allora che il
movimento delle penna sia provocato da cause superiori – la forza di gravita:
Le penne ed il foglio davvero non sono niente rispetto alla forza di gravità?
Per la forza di gravità la penna perde la suaidentità poiché
non può scrivere, i suoi movimenti portano a danneggiar il foglio non a
scriverlo. (Le piogge dei No)
Ora allora pensiamo al foglio il cui perimetro fu in origine un
rettangolo perfetto, di carta da lettere prestigiosa accuratamente filata. Ogni
cadere delle penne sul foglio era percepito come annichilimento della sua
identità , analogamente avrebbe pensato questo sentimento se per anni nessuna
penna avesse scritto sulla sua bianca superficie.
Il foglio risulta privato della sua perfetta eleganza, poi
della sua resistenza alla scrittura ed infine tanto gracile da non sopportare
il tratto dello stilo.
La penna che vorrebbe scrivervi le sue parole sarebbe
ostacolata dai limiti del foglio:
Il foglio non è più lineare, è increspato e lo stilo vira dove
il foglio lo guida,
il foglio è strappato, e le parole sono scisse da loro stesse,
dove doveva esserci preziosa garza bianca la penna che crive deve
smettere e cade non sorretta dai lembi del foglio che che ora mancano.
Il foglio restando inerte allora si lamenta, ma il suo lamento
verso le penne e la forza di gravità non cambia la situazione, continua a
piovere.
Allora il foglio prova a dialogare con le penne dicendo loro:
“Io non sono stato creato per questi vostri comportamenti.”
Le penne allora risponderebbero al foglio: ” Perdonaci, noi non
possiamo nulla contro la forza di gravità. “
In seguito ad essere stato percosso dalle penne il foglio ebbe
la forza e il coraggio di spostarsi da loro.
Tuttavia questo spostarsi non è una rinuncia, un arrendere la
propria volontà, questo alontanamento significa l’opposto ovvero la resilienza
del foglio di recuperare la utenticità profonda della sua idenità.
L’andare del foglio non è annientamento della sua volontà
creativa – egli sta allontanando se stesso ora che è sgualcito e uno inutile
spazio per ridestarsi in vasto e ordiaìnato luogo vergabile.
Lo spostarsi del foglio non è inesorabile, vi sarà presto un
ritorno.
Il suo rinnovarsi tuttavia non implica il loro abbandonarle,
Intanto le penne si sarbbero a poco a poco ferite, senza il
foglio che attutiva le loro cadute, si sarebbero scheggiate, avrebbero forse
perduto il loro inchiostro.
Allora il foglio intuì una soluzione . “Il pedono, la notra responsabilità e
iniziativa possono essere le chiavi per migliorare la nostra realzione:
L’ARTEFICIO
“Ho potere solo su me
stesso/a, non sulle realtà prossime a me; le colpe e le responsabilità sono
solamente mie – (≈ fuori da
questo arteficio in verità le responsabilità relazionali sono rciproche e
equilibrate tra le persone) autoresponsabilizzandoci, voltando lo sguardo verso
noi stessi e non verso il prossimo lo perdoniamo dopo aver perdonato nio stessi
e diveniamo garanti del dialogo.
Allora il foglio assimila il negativo sofferto, lo abbraccia,
lo purifica e lo rinnova in energia positiva creativa:
Il foglio allora gestirà i flussi di gravità affinché possano
riequilibrare la sua forma originaria piana e rettangolare, sfumerà le sue
fibre spostando le sue sezioni di fibra dallo spesore superiore verso le sue
sezioni di fibra dallo spessore asente o inferiore così da riequilibrare la
densitàdella sua superficie ammendando i fori.
Altresì le penne che cadevano in grazia della forza di gravità
in maniera casuale e scomposta, ora provano a gestire i flussi di gravità per
giungere al foglio leggere con il
pennino rivlto verso il fogio ora rinnovato per lasciar lui un segno costruttivo.
Alcune un punto, altre una lettera...
Allora anche ciascuna penna riuscì a giungere alla loro più
profonda aspirazione e identificazione con la loro funzione, la scrittura
composta su un foglio nella cura della superficie, del volume e del colore del
foglio che ospita le loro iniziative di critture simboliche.
Allora concludiamo che possono essere virate le attitudini
delle penne e del foglio così da ottenere risultati relazionali di iniziative
creative e di intenzionalità non vane o distruttive.
Molto dipende dal flusso di gravità a cui dedichiamo il nostro
condurci.
I protagonosti siamo noi
I soggetti metaforici foglio – penne – forza di gravità sono
gioconde caratterizzazioni di noi e
delle nostre inesorabilità, inerzie, possibilità, deleghe, iniziative
relazionali al fine del compimento reciprocamente chiarito delle noastre
potenzialità e della ralizzazione vera del dialogo e della conciliazione delle
nostre nostre profonde indentità.
99,9%
THE PURIFIED YIN YANG
99,9% positivo manifesto
0,1% negativo non manifesto
Il paradiso non è altrove, è ora, è la realtà irenica che
realizziamo insieme quotidianamente, è il luogo contingente della nostra
iniziativa purificatrice.
Il paradiso è un delicato equilibrio tra ciò che veliamo e ciò
che riveliamo.
I sentimenti, seppur negativi sono velati ma non è vero che non
esistono – Realizziamo la nostra umanità purificando questi sentimenti negativi
esprimendoli benevolmente. Non siamo insensibili, sappiamo commuoverci, siamo
anime bambine ad ogni età.
Sappiamo implodere il male in un puntino della nostra anima
così da dare spazio infinito al dono di benevolenza, sappiamo custodire in noi
un punto di animosità senza farne trasparire i rancori: nominiamo questo punto
lo 0,1% non manifesto negativo della nostra coscienza;
Se lo 0.1% non è esistito è giusto e bene che sia così.
Ma in verità lo 0,1% è esistito, esiste poiché è qui, queste
lacrime sono presenti, sono vere.
Ed il nostro valore si riconosce proprio nel fatto di aver
assimilato, gestito il male (percepito esteriormente o realizzato in noi) ed
averlo convertito in bene estrinsecando attitudini creative e buone.
Stiamo insieme provando a rispondere alla domanda: ”Chi siamo?”
Siamo individui, persone singolari e variopinte, ciascuno ha la
sua integrità ed in questa unità bilanciamo le percentuali del bene e del male
concedendo ai paradisi passati, presenti e futuri di compiersi.
Nessuno indossa maschere ed in verità ciascuno di noi indossa
la sua, tuttavia siamo davvero certi che sia un male indossare una maschera?
Ovvero velare in un determinato adesso contestuale un nostro lato caratteriale?
Siamo allora necessariamente destinati ad essere vivi ovvero
veri e autentici, non mendaci artifici.
Non per il fatto che esiste un non manifesto in noi il nostro
manifesto è mendace.
Riconosciamo che se veliamo alcuni sentimenti stiamo perdendo
una parte fondamentale di noi e prima o poi questi sentimenti si rivelano
poiché “Nulla si crea, nulla si annichilisce ma tutto si trasforma.”
Ciò che veliamo davvero rivela più di noi stessi? Credo di no.
La falsificazione percettiva
Ciò che veliamo diviene parte della percezione e
interpretazione di una persona che ci osserva dalla sua prospettiva. Allora
possiamo intendere che una interpretazione seconda sia con ogni probabilità
incompleta, falsificata dallo sguardo che osserva, pertanto erronea.
È bene dunque non inventarsi, non inventare, non proiettare,
non promuovere, non divulgare il non manifesto interpretato.
Il bilanciamento di prospettive
Il sistema del dialogo di gruppo può temprare la falsificazione
e allontanare dalla verità.
Il chiarimento è un procedimento di adeguamento contestuale i
cui passi del percorso sono concessi da una successione alternata di domande e
di risposte, il dialogo fuori luogo è ammesso tuttavia deve essere funzionale
al contesto fondamentale, non deve prendere il posto di esso, può essere una
foglia dell’albero, non l’albero stesso.
Infinitecountbacktonihil
I
La univocità relazionale
La stanchezza relazionale il rischio dell’inerzia relazionale
in direzione dello - zero relational resilience
Lo 0.01% può essere una forza indebolente – Interpersonalmente
la debolezza di resilienza relazionale può manifestarsi se una o entrambe le
persone instaurano uno sbilanciamento di responsabilità relazionali. Una
persona o entrambe allora sosterrebbero: “Mi sento solo/a perché non hai alcuna
iniziativa per noi, e mi sento stanco/a perché mi chiedi di sostenere me
stesso/a e di sostenere te, di essere creativo/a anche per te – allora la
relazione sono io non è noi. ?
II
L’Impasse della creatività inerte
Il pensiero della caducità della vita è dono di urgenza
creativa e di desiderio di iniziativa attuativa:
Non c’è più tempo, ne spazio, ove e quando sembrerebbe che ve
ne fossero fai e dedicati come se non vi fosse tempo ne spazio.
Il tempo della mia creatività è stato il 100% del mio tempo di
vita.
Tuttavia è stato parallelamente nullo poiché la mia creatività
pur esistendo non esiste:
Non vi è stato nessun riconoscimento reale, nessuna
realizzazione personale e relazionale.
Rivelare il nostro 0,01%
negativo puro, i nostri sentimenti di paura, fragilità, tristezza, odio
significherebbe compromettere la bontà delle relazioni che abbiamo già
realizzato e che potremmo instaurare, nonché l’andare oltre i limiti dei valori
della vita del diritto, del rispetto, della fede.
Ma il nostro Bambino interiore risiede anche nello 0,01%
Si tratta allora di purificare i sentimenti negativi che si
trovano nello 0.01% della nostra anima,
convertirli in energie sentimentali buone ed innestarle nel nostro 99% che ne
risulta arricchito, giovato di un livello superiore in quanto anima che ha
ristabilito un nuovo equilibrio in seguito ad una ferita, uno sbilanciamento da
cui ha esperito nuove consapevolezze e abilità, altresì relazionali.
Proviamo a fare un esempio
L’abilità dell’immedesimazione
L’esperienza del sentimento di tristezza può essere garante del
cosentimento – L’avere esperito una esperienza analoga ad una persona è garante
della possibilità di comprendere i sentimenti della persona con cui si dialoga
nel contesto della esperienza che entrambi hanno esperito.
Autostima e integrità di identità non omologata
Meritare affetto essere valorizzato riconosciuto identificato.
Il limite della fiducia
“Vado dove mi conduci te., dovunque è da nessuna parte.”
IL BALDACCHINO DI DIO
Nella monotonia della quotidianità cercando ogni giorno
l’eccezione, trovai altresì oggi quel lume che risolve il buio dissolvendolo:
Aloni di meraviglia colmano il sospeso, l’irrisolto come Lava
che riarde dal vulcano e solidifica empiendo di luce ogni sua vuota oscura
fenditura.
Oggi l'eccentricità ha avuto nome gratuità, ed oggi Dio mi ha
insegnato che la gratuità è nascosta, non è
immediatamente riconoscibile. Provo a raccontare il perché.
Mentre intraprendevo la consueta passeggiata domenicale lungo
la frequentata via di collegamento
dei paesi collinari della Mia infanzia e della mia vita
presente decisi di virare la direzione del mio
cammino, il gorgoglio di una mite cascata forse irradiando in
me ricordi d'infanzia,
le voci di tutti, dei bambini e di noi bambini, furono ai miei
sensi come gioconde gocce che
s'avvicendano liberamente tumultuose a realizzare un irenico
caos di suoni, sì indimenticabile ed in
verità tipicamente perfetto nel suo sincero alludere: Non tutto
scorre, poiché non sappiamo dimenticare
ciò che ha rivoluzionato Il nostro cuore e la nostra anima, ciò
che ferisce tempra, ciò che ritorna
tempera, ciò che congeda estenua, ciò che è rincuora...
La via che intrapresi era ascendente e impervia, non vidi
alcuna persona percorrerla, tuttavia mi rincuorò l’essermi rigenerato al ponte
della cascata, intravidi un baldacchino su cui riconobbi essere riposti alcuni
libri, dischi musicali, e peluches. Questa novità ridestò la mia curiosità,
giunto dinanzi al tavolino notai un foglio bianco sul quale era trascritto il
messaggio "PRENDERE GRATIS". Questo è il baldacchino di Dio, pensai
tra me e me, una gratuità, un valore aggiunto caduto dal cielo, per me,
tuttavia in concretezza la buona iniziativa di persone che ebbero bene compreso
il valore del dono e della sorpresa. Colsi due libri e ritornai a casa. Un
libro lo diedi in dono alla mia nipotina, 'Il paese della felicità' di Ernest
Nister illustrato, le cui illustrazioni di avvicendano in grazia di un
singolare meccanismo di rotazione, il secondo era una raccolta di poesie
“Viaggio terrestre e celeste” di Simone Martini.
Alla fine l'eccentricità di questa giornata mi ha insegnato che
ciascuno di noi ha la possibilità di essere l'eccentricità, il ‘baldacchino di
Dio' per il suo prossimo nella misura e nella qualità in cui ridesta in lui/lei
in grazia di opere di novità e gratuità, lo spirito della sorpresa. Ho inoltre
imparato che, analogamente al baldacchino nascosto, è necessario uno sguardo
che sa vedere oltre, passi che sanno camminare oltre
il limite della superficie, poiché la monotonia, l'apparente
assenza di gratuità, l'egoismo, la passività, il nichilismo possono essere riconosciuti
come illusionari veli di reali intenzioni e iniziative di gratuità.
COME UN BAMBINO
È la storia di un cantante di lirica e un rinomato pianista,
nel corso di questa breve storia lo sveleremo essere un importante
rivoluzionario.
Tutto accadde la notte del suo ultimo concerto. Perché
l'ultimo? Perché l'artista decise così, poté concedersi la libertà di questa
richiesta? Si poiché quest'uomo aveva alle spalle centinaia di concerti fu
impeccabile nelle sue esibizioni, nell'intonazione, nella intensità della voce,
nella maestria del pianista - tutti concordarono che da solo era riuscito ad elevare
i livelli di qualità degli standard canori e a distinguersi come pianista così
da divenire inarrivabile per i pianisti principianti.
Il pianista non pubblicizzò il fatto che dopo quella notte del
concerto nazionale di cui fu primo partecipe avrebbe smesso di suonare e di
cantare, mai l'artista diede motivo del suo congedo e della qualità della
esibizione di quel concerto in data della vigilia di natale, egli lasciò al
pubblico la libertà di pensiero e di giudizio.
Vi fu un tempo in cui il pianista pensava di proseguire le sue
esibizioni con lo stesso tenore di eccellenza oltre la data del suo ultimo
concerto di natale. Che cosa accadde quella notte? Che cosa e chi comportò il
suo comportamento?.
Si può dire che quella notte rovinò il concerto di natale a
tutti gli ascoltatori e al pubblico presente?
Forse, poiché egli suonò il pianoforte in modo insensato
caotico e disconnesso, avvicendò gravi pause di incertezza al canto stonato,
tanto da mettere in dubbio agli occhi del pubblico la sua identità e le sue
precedenti esibizioni - il pubblico irato sussurrava, "Non è lui, non è in
sé, è una perdita di tempo stare qui, è fallito, ha compromesso il suo nome,
adesso lo prenderanno tutti in giro, si è rivelato un incapace, mi ha rovinato
la sera di natale." Molte persone del pubblico indispettito uscirono dal
prestigioso auditorium.
Coloro che stavano dietro alle quinte che ebbero lavorato per
rendere il concerto perfetto, terminata la sua esibizione non compresero le sue
intenzioni e iracondi e delusi lo maltrattarono: "Abbiamo lavorato per te
e guarda cosa hai combinato, i posti a sedere sono vuoti. Sei stato il peggiore
di oggi, un bambino sarebbe stato più bravo di te." Fu certificato che in
seguito a queste parole il pianista reagì con un sorriso di serenità.
Il comportamento del pianista aveva a che fare con due bambini
- in particolare con i bambini, gli adulti e gli anziani consuetudinari -
Il giorno stesso del concerto il pianista sentì un adulto
maltrattare una bambina perché in seguito a minuti di suono impeccabile ebbe
sbagliato una nota: “Non sarai mai come lui, non meriti di stare qui. " E
la bambina fuggì scoppiando in un pianto.
Egli osservò la stessa esperienza quando si presentò in un
anfiteatro come spettatore di un concorso di cantanti in cui tutti persero
poiché nessuno secondo il pensiero della giuria aveva raggiunto gli standard
che il pianista stesso ebbe elevato nel corso dei suoi anni.
Infine egli lo stesso giorno vide un bambino canterino che
passeggiava cantando e stonando con il sorriso.
Tuttavia accadde che negli anni successivi fu concessa una
intervista al cantante la cui carriera fu sospesa in un vasto punto di domanda,
al quesito sul motivo del suo comportamento quella notte egli raccontò la
storia dei bambini concludendo - io sono come tutti voi, fino a quella notte
non ero mai stato rifiutato, ho avuto il potere di elevare gli standard e ho
avuto altresì il potere d'impoverire le esigenze che ci attendiamo dal
prossimo, se quella persona fosse stata più magnanima, quella bambina non
avrebbe pianto - se la giuria non fosse stata così severa avrebbe dedicato
molti sorrisi a quei bambini. Infine scorsi la soluzione nella serenità di quel
bambino che passeggiava stonando liberamente.
Io ho sempre suonato e cantato al fine di liberare le persone e
la ultima esibizione fu per me la migliore della mia vita, il momento in cui mi
sentii più libero ed il momento in cui liberai tutti voi. Sono grato alla vita
per il fatto che almeno una persona abbia ascoltato queste mie parole.
Il pianista non fu mai informato ma le sue parole furono presto
pubblicate, egli lo riconobbe dal cambiamento delle maniere di riconoscimento
che le persone gli ritornavano al suo saluto. Se nel tempo di sospensione della
sua carriera le persone lo congedavano con freddezza ora lo accolgono
calorosamente domandando curiosità sulla vicenda della sua vita, ovviamente non
ebbe mai perduto la maestria del canto e del suono, così dedicò il suo talento
alle persone a lui più vicine e care che talvolta poterono riconoscersi essere
persone che conosceva da pochi istanti, può bastare un sincero sorriso per
avere cura di noi.
IL BAMBINO DEL QUADRIFOGLIO
Una bambina cercava un quadrifoglio in un prato ammantato di
miriadi di trifogli
Non era solo, con lui un bambino la aiutava nella ricerca del
raro quadrifoglio.
Trascorsero le ore, tuttavia nessuno di essi trovò il
quadrifoglio.
Prima di congedarsi il bambino raccolse in trifoglio e lo donò
alla bambina.
La bambina non accettò il trifoglio dicendo al bambino di
desiderare il quadrifoglio.
Il bambino si rattristì, e dopo essersi congedato dalla bambina
pianse.
Il giorno successivo il bimbo trovò un quadrifoglio.
Incontrò la bambina e si approcciò al suo cospetto con felicità
dicendole:
“Ho finalmente trovato il tuo quadrifoglio, vorrei regalartelo
.”
Lei rispose con distacco: “Il quadrifoglio puoi tenerlo, non mi
interessa più.”
Il bambino si congedò da lei e pianse.
Accadde un giorno in cui la bambina avendo tra le mani due
caramelle disse al bambino:
“Ti piacciono le caramelle?”
Il bambino rispose di sì rincuorato e confidente nel fatto che
la bambina gli avrebbe regalato una delle due caramelle . Tuttavia lei gli
disse: “Anche a me.” In seguito a queste parole scartò l due caramelle e le
mangiò.
Il bambino si sorprese e pianse.
Il bambino aveva con sé ancora le sue lacrime, un trifoglio e
un quadrifoglio, alla bambina non era rimasto nulla.
Tuttavia ciò che più era importante è ciò che si rivelò essere
il divenire.
Una bambina vide le sue lacrime e se ne innamorò.
Il bambino incontrò un bambino triste, poiché ebbe perduto la
relazione più importante della sua vita.
Il bambino incontrando la sua tristezza decise di regalargli il
suo trifoglio, dicendogli:
“Trascorsi con una persona che mi fu cara molte ore ricercando
un quadrifoglio in un prato in cui vi erano miriadi di trifogli, infine non
trovando il quadrifoglio raccolsi un trifoglio, la rarità appartiene a chi sa
ridefinirla, la fortuna appartiene a chi sa contentarsi. Il giorno successivo
ho trovato il quadrifoglio che cercai il giorno precedente.”
Senza accorgersi il bambino ebbe incontrato un nuovo amico, il
bambino triste si ridestò e lo ringraziò per il suo conforto.
Il bambino incontrò una seconda bambina che amava i
quadrifogli. La bambina che si era innamorata delle sue lacrime. Poiché il bambino si accorse del suo amore
per i quadrifogli, le regalò il suo quadrifoglio. Senza accorgersi il bambino
ebbe conquistato l’affetto di quella bambina.
Trascorsero molte giornate e la bambina delle caramelle
sentendosi vuota e sola, cercò il bambino del quadrifoglio, lo trovò felice in
compagnia del suo amico e della sua compagna. La bambina delle caramelle
incontrò i bambini i quali tenevano tra le loro mani un sacchetto di caramelle.
Il bambino del quadrifoglio senza esitare accolse la bambina
evidentemente sola e triste, dicendole porgendogli il sacchetto di caramelle:
“Mi dicesti che ti piacciono le caramelle, ne abbiamo in
abbondanza quali ti piacciono di più? Io amo le caramelle al caramello.”
La bambina delle caramelle piangendo lacrime di felicità gli
rispose “Io amo le caramelle alla nocciola” Aggiunse poi con voce sommessa:
”Perdonami.” Rivolgendosi al bambino del quadrifoglio.
Il bambino le disse comprendendo il suo stato d’animo.
“Non è stato un quadrifoglio, non è stato un trifoglio, lo so
che non è stato quello che hai sempre voluto, ma il dono di ciò che ho adesso.
Quante volte mi chiedesti la libertà?”
La bambina delle
caramelle senza accorgersi ebbe incontrato tre nuovi amici.
COME BIANCHE TELE
Venir al mondo, al suo custodire miriadi di velati segreti.
Avremmo fede di vedere nonostante la nostra cecità.
Ché la curiosità è un diamante della vita. Questa è una storia
ambientata chissà dove, in verità non è influente il luogo di queste
circostanze per il senso della breve favola. Questa non è una vicenda accaduta
realmente, forse un giorno sarò io che scrivo ad impersonare l'opera del
protagonista, dunque lascio ai lettori la libera immaginazione del luogo. E il
tempo? Abbiate cura di scegliere il tempo che vi è più consono. Queste parole
potrebbero bene abbracciare un ancestrale passato cosi stareste per leggere una
leggenda, un oracolo, una ammenda. O tutto ciò che ora vi racconto potrebbe
rivelarsi in futuro così essendo queste le immagini d'un sogno lucido,
premonitore di ciò che potrà essere. Vi è inoltre l'adesso, un articolo di
cronaca attuale. Ed infine vi è il tempo di ciascuno di noi, in cui il passato
può essere presente; il presente, futuro ed il futuro, passato. Tuttavia
riservo a me stesso che sto scrivendo il racconto dell'eccentricità del
protagonista e delle relazioni con le persone che egli incontrò.
Il protagonista aveva un'indole creativa, ed era agli occhi del
prossimo eccessivamente orgoglioso, aveva una stima smisurata per le opere che
quotidianamente realizzava. Un uragano impassibile allo sconforto degli
scettici osservatori del suo operato. E lo sue opere? Apparenti nullità.
Iniziò all'età di quattro anni, coglieva la tela, poneva la sua
firma, appendeva al muro l'opera e la ammirava orgoglioso. Le bianche tele
furono ciò che fu visto: Presto egli iniziò a mostrare le sue opere ad alcune
persone, le quali, deluse, lo sottovalutarono, lo schernirono, lo stimarono
senza riserve una persona problematica, limitata, noiosa, caratterizzata da una
singolare e apparentemente incomprensibile follia. Alcuni dimostrarono i buoni
consigli di fallire presto dilazionati da ingrati congedi: "Non rivolgere
parola a questo stolto, è come parlare ai mulini a vento". "Che senso
avrebbe consigliare il fallimento ad un perditempo, ad un fallito?".
"Ah guardate quel deficiente che cosa si perde a fare le sue tele bianche,
lasciamolo nel suo!"... Il tutto caratterizzato da ebeti eco di derisione.
Arte è libertà, tuttavia il dubbio delle tele bianche fu condiviso. E forse
condivisibile poiché il compimento di un passo diverso in una comunità in cui
tutti sono fermi, è in verità raro. L'uomo che vedrà il sole bianco in un luogo
in cui tutti lo allontanano e lo confondono sostenendo di vedere il sole nero, con
coraggio resterà in solitudine fiducioso ai suoi occhi, ne diverrà folle
abbandonandosi al nonsense o in onore d'uno spirito comunitario ricuserà il suo
sguardo ed egli stesso sosterrà di vedere il sole nero. È possibile che il
limite della realtà oggettiva sia in verità il limite dell'osservatore? E che
l'osservazione implichi la limitazione della realtà? La realtà può non essere
limitata, bensì, florida di verità velate di cui chi osserva si priva poiché
non vede. Non disvela.
I primi a sorprendersi dell'operato del giovane furono i
genitori, i quali, assistendo ai bianchi muri della sua camera mosaicati di
tele bianche presto proibirono al giovane di appendere nuove tele in casa, e lo
esortarono a non perseverare in quello che essi credevano essere una attività
perditempo, non utile. Consigliarono inoltre al giovane di non condividere la
sua arte poiché le persone certamente non lo avrebbero compreso e lo avrebbero
presto o tardi allontanato.
Il giovane tuttavia non li ascoltò ed incontrando nuove persone,
si schiantò dinanzi alla severità del pregiudizio, pressoché chiunque lo
ignorava, rari conoscenti attendevano alcuni istanti dinanzi alle sue tele
bianche, nessuno vide nelle tele bianche una verità velata, un velato
giovamento. Il giovane fu mortificato quando ritornando nel suo 'museo', ovvero
una modesta stanza poco frequentata di una biblioteca, riconobbe che molte
delle tele presentavano dei severi tagli. L'ostinatezza del giovane era in
verità sensata e ben fondata e strutturata in grazia di un pensiero profondo ed
intelligente, una mentalità ben temperata che egli ebbe forgiato in grazia
della quotidiana esperienza. Il giovane giocondamente pensò a sé stesso, che
peccato, ora che avete tagliato le mie tele bianche, perché non avete guardato
oltre il taglio? Avreste potuto investire il vostro sconforto cogliendo le tele
appese dalle pareti, e schiantandole a terra avreste visto il frutto del mio
zelante operare. Seppur in modo scomposto tali osservatori avevano compiuto un
passo in più rispetto a coloro che ne furono indifferenti. Lo spirito di coloro
che fensero le tele era creativo, nella misura in cui essi criticarono il nulla
che osservarono, in questo una insufficiente volontà di voler vedere, di vedere
oltre e di andare oltre, di credere che vi sia il più, velato dall'apparenza;
ad essi apparteneva la colpa di colpevolizzare l'artista per una precarietà
creativa che non gli apparteneva, la loro limitatezza invero, la loro carenza
di curiosità non aggiunse nulla al bianco delle tele, ed il genio creativo
dell'artista delle bianche tele rimase velato. Ciò che accadde nel museo non
affranse l'artista che dimostrò presto di non essersi rassegnato. Poiché
nessuno mai volle vedere oltre le sue tele bianche egli si convinse che nulla
mai sarebbe cambiato, nessuno in futuro avrebbe visto oltre, di quanta povertà
ci si può accontentare! E la sua dedizione sarebbero state vane. Talvolta
invero siamo Tele bianche non semplicemente appese, bensì ben saldate e
inchiodate al muro nel nostro perseverante rassegnarsi che non vi sia altro di
noi da conoscere se non la bianca tela. Il giovane artista realizzò dunque una
seconda mostra caratterizzata dalla medesima monotonia. Le tele bianche
scandivano il candido delle pareti della medesima stanza in cui furono ospitate
le tele bianche tagliate. Tuttavia premettendo una variazione. All'accesso
della stanza l'artista ebbe applicato il messaggio: "La bianca e vuota
superficie è il velo di variopinte realtà. Siamo Tele bianche che attendono di
essere disvelate." Coloro che bene conoscevano la presunta banalità del
giovane non si recarono più ad osservare l'impegno del giovane artista, il loro
pregiudizio prematuro non cambiò, fu inesorabile, il vedere fallimentare, non
all'altezza d'elevate aspettative e attese è sovente caratterizzato da
impazienza e Inesorabilità, secondo questi ogni lasciata è persa, non è mai
riconquistabile : Quanto sacrificano a loro stesse e alle realtà che
dimenticano le persone che non sanno ritornare! Talvolta nuovi viandanti
sospendevano il loro fugace passo dinanzi alla locandina della stanza delle
bianche tele, le parole li incise ridestavano in questi nuovi osservatori uno
spirito di curiosità, il desiderio di vedere il mistero velato dalla Banalità,
tuttavia nessuno di essi entrò nella stanza delle tele bianche. Il giovane
giunse in questo momento al culmine dello sconforto : la sua linfa vitale era
stata profondamente inaridita dalla investimento vano delle sue energie in dono
a coloro che mai lo videro. "È come se non avessi realizzato nulla. Se io
sono consapevole di ciò che io ho compiuto, ma questo non mi rincuora, se agli
occhi del prossimo io non ho realizzato nulla, gli anni di questa mia vita sono
pressoché vani. Deve esistere un modo questo disequilibrio tra ciò che è e ciò
che non è. Poiché ciò che è ed è stato deve essere, non dev'essere
velato." Nel divenire d'autunnali giornate i pensieri volitavano nella
mente del giovane come petali dei fiori al vento.
Egli giunse presto alle soluzioni del suo problema: per
risolvere La chiralità e la trasparenza. Qui è disvelato il mistero ed il genio
creativo dell'artista. Un bambino direbbe di lui che egli dipingeva di
nascosto, nella zelante impresa di ridestare la curiosità del suo pubblico,
tuttavia scelse di giocare con il fuoco e s'imbatté in una realtà ferrea,
radicalmente avversa al suo giocondo spirito rivoluzionario.
Egli pertanto realizzò centinaia di dipinti, il suo talento
pittorico e grafico avrebbe fatto rabbrividire i più grandi artisti a lui
precedenti e successori, ma si riconosce che il genio abbraccia
l'Introversione. Fu un peccato il suo non esistere, abbiamo tuttavia già
chiarito che la responsabilità della decadenza della sua identità fu biunivoca.
Poiché fu necessario rivelare al pubblico che i dipinti erano riposti nella
parte posteriore dei quadri la trasparenza della vitrea tela era adeguata
affinché si vedesse oltre, la chiralità è una proprietà essenziale e estetica:
Un oggetto non è sovrapponibile alla sua immagine speculare, ovvero l'immagine
originale di un oggetto e la sua immagine ribaltata e traslata su di essa non
coincidono. Solo in grazia di queste caratteristiche avrebbe potuto disvelare
il suo segreto. Con severo impegno egli si mise nuovamente all'opera dipingendo
su un lato della tela di vetro soggetti chirali, mentre sul lato anteriore
applicava un bianco velo adesivo.
Alcuni mesi trascorsero, giunse il tempo della nuova mostra del
giovane artista, la medesima stanza della biblioteca era custode di due diverse
singolarità di dipinti: le originarie tele bianche rispettivamente dipinte sul
retro, e le nuove tele vitree velate dalle bianche pellicole.
Per questa mostra egli espose una nuova locandina in cui
disvelò il suo segreto:
"TRANSPARENCY. CHANGE PERSPECTIVE: A LOT IT IS HIDED BY
THE SURFACE.
Considerazioni pratiche.
Voltare le tele bianche e distogliere il velo bianco adesivo
per vederne oltre, così le realtà profonde, velate, dimenticate assumono valori
immensamente grandi in confronto al bianco nulla del vuoto della superficie di
queste opere.
Un senso. Il mistero delle prospettive non immediate, le verità
velate, ciò che siamo, non ciò che in apparenza sembriamo, meritano d'esser
desiderate. Ché le ricchezze del nostro profondo non siano esclusivamente
esaudite dall'esteriorità dei nostri sguardi.”
La terza mostra fu lautamente frequentata: centinaia di persone
accolsero con connivenza la nuova esibizione, un prestigioso giudice artistico
apprezzò il lavoro del giovane e lo ricompensò con notevoli compensi
renumerativi e con permessi di esposizione delle sue opere nei più rinomati
musei del paese.
Tutto è bene quel che finisce bene.
PONTI DI LUCE
Ponti luminescenti uniscono la riva al sole.
Le onde dorate inaugurano i nostri primi passi lungo la via che
conduce all’orizzonte:
Dove il fuoco iridescente sfuma in acqua, il Sole sorgente
incontra il mare,
fondendosi come cera dorata in giocondi prismi luminescenti,
punti di luce, come il Sole stesso.
Qui, alle rive del nostro divenire, incontra noi, ché siamo il
suo stesso dono di luce. Siamo il Sole poiché brillando dei suoi cangianti e
creativi lumi, ricaldandoci dei nostri affetti, siamo ponti a noi stessi.
Siamo il Sole per Noi?
Il sole è il ponte.
Il ponte è la meta.
Noi siamo altresì coloro
a cui le nebbie velarono il Sole e la via d’oro che conduce a lui.
Essere il sole:
Una donna visse in un luogo in cui il cielo era quotidianamente
sereno incontrò un uomo che visse in un luogo dal cielo nuvoloso e piovoso.
Lui: “È un peccato, qui le albe sono fredde e le nubi
imperversano velando ogni spiraglio luminoso.”
Lei: “Posso ricordare, possiamo ricordare insieme, puoi vedere la luce del Sole con i miei occhi.
Vedi queste nubi bianche? ll loro bianco intensamente puro è il
colore del Sole.
L’orizzonte è la linea limite che distingue il bianco del
nostro cielo nuvoloso dal color mercurio del nostro mare.
Il Sole, se non fosse velato da queste nubi, dipingerebbe d’oro
una linea increspata, cangiante per il
flusso delle onde. Un ponte di luce che ci conduce a lui. Puoi vedere anche te
il ponte di luce?”
L’ uomo non ascoltò semplicemente le sue parole, lui vide per la prima volta una luce diversa
del sole e la sua alba.
Lei accinse la sua mano al suo braccio, nell’atto di percepire
il freddo che li avvolgeva.
Lei: “Senti anche te questo freddo.”
Allora gli prese la mano e lo abbracciò;
Lei riflettendo: ”È allora qui con noi quell’alba serena, è in
questo abbraccio il tepore del sole che mi rincuorava.”
Lei disse: ”Possiamo donare il Sole. Possiamo essere il nostro Sole,
se il sole non c’è.”
Lui: “Mi dicesti di non avere mai visto un arcobaleno. Al cielo
sereno è velato l’arcobaleno come al cielo nuvoloso sono velati i bagliori
solari, l’arcobaleno è un ponte di luce . . .”
SINCRONICITÀ
Al caldeggiare del primo sole, alla riva le onde del mare,
brillando d'iridescenti trasparenze, si avvicendavano ritmate dal leggiadro
vento orchestrante. Lo scoscio delle onde, il sibilo del flebile vento
quietavano i caos di parole, di pensieri e di memorie: si la mente plasmava la
mia realtà: d'un irenico mattino tra le onde d'una riva che quiete cullavano le
candide sabbie rendeva un ammaraggio, l'oscillare tra tsunami o l'inabissarsi
in viscose sabbie mobili. Giungendo al faro, al cospetto delle celesti
sfumature del cielo e del mare, la realtà si compiva nella semplice linea
dell'orizzonte ed il silenzio e l'immensità della realtà dinanzi a me,
quietando l'immensa caotica illusione dell'universo della mia mente, annichili
il mio ego donandomi una impensabile sensazione di serena leggerezza: Si
decaddero i valori delle distrazioni, delle vuote parole, delle indifferenze,
di dirimenti sentimenti. Il pensiero si purifico, rischiarandosi di perlacee
luminescenze similmente ai lumi solari che si rifrangevano sul mare, dedicando
alle magnanime e rispettose iniziative un valore inimmaginabile. Si mi
inebriavo del profumo dell'aiuola floreale di magnolie e lavanda che di
sfumature d'ametista inghirlandava la base del faro; lì scorsi il senso
dell'essenza del mio vivere nel vicendevole connubio tra me e la Natura.
I malinconici frammenti di memorie or più non ledono l'animo,
bensì lo temprano e lo consolano in ogni adesso in grazia di meravigliose
sincronicità, altresì ora al quieto cadere della prima neve.
INFINITESIMI UNIVERSI
Un giorno: tre primavere: Vedemmo in un secondo l'infinito
della vita, ed in questo luogo ci guardammo ma non ci vedemmo, poiché guardammo
di noi l'inesorabilità del giorno che reitera se stesso non essendo nulla di
più che se stesso.
Tuttavia ora la vita ci dona occhi che vedono dove non
guardano, così ora dissimilmente sappiamo trovarci e riconoscerci, per ciò che
non abbiamo visto di noi, per le variopinte sfumature di ciò che non fummo
stati ai nostri occhi. Destinati a noi, a noi stessi dedicati, purtroppo come
neve che evapora prima di poter candeggiare il paesaggio: Noi, dediche di libri
dalle candide pagine, che non potemmo leggere, ora sappiamo che il nostro
destino è il nostro trascriversi, il senso della nostalgia: il nuovo
inchiostro, compimento del nostro dedicarsi. Poiché la dedica è vana in assenza
del dono dedicato. Allora potremo leggere tra le nostre righe, in onore della
nostra denuncia al vuoto, ché della nostra crisi ora vediamo la nostra
occasione, e del nostro ricordare un nuovo rincuorante inizio.
Auguriamo l'alba di un sole nuovo, il sole dell'oltre irradierà
i tenui lumi della luna della Superficialità. Il miracolo d'essere infinitesimi
universi non esiste se non sappiamo vederlo! Noi che in un secondo assistemmo
all'infinito della vita, non circoscriviamo le nostre anime! Non esistono a noi
le responsabilità ed il senso del nostro scegliere, del bene e del male se non
vediamo la facoltà di disobbedire, di oltrepassare il limite che emargina
l'ignoto. Coloro che non scelgono, tergiversano il disvelamento di sé stessi.
Ciò che abbandonammo, in verità mai abbandonammo, poiché mai ci
abbandono, la relazione è a noi imprescindibile, sì le realtà allontanate
all'orizzonte della nostra cecità, sono latenti ed attendono di ri-velarsi a
noi. Ciascuna realtà ogni secondo diviene, ma mi dispiace deluder voi che amate
il movimento! Poiché niente è mai stato diverso. Lo diverrà in misura del
nostro coraggio nel vedere l'invisibile, nel nostro riconoscere l'oltre,
il ricordare, il rincuorarsi, il ritornare, la generosità di
dedicare nuovi posti nel nostro cuore alle anime dipartite, che ancora in
verità sono a noi. Dunque se vogliamo incontrarci, cerchiamo noi stessi dove
non siamo. Poiché il nostro non-essere sia rivelato a noi più autenticamente ed
originalmente Noi del nostro essere.
Possiamo essere infinitamente di più. Tuttavia non perdiamo noi
stessi.
IL NONSENSE DEL RITORNO
Non ha senso che ritorni ciò che in ogni tempo è ancora.
Il cielo sereno, il tramontare delle nubi ed il loro risorgere
in piogge torrenziali , lacrime di nubi che rivitalizzano le smeraldine foreste
ed empiono di turchesi acque la madre terra . L'abbeverare la natura di rugiada
e l’ammantare di brina e di neve, il grave gelo che ogni realtà abbraccia e
custodisce in scrigni di cristallo. I fulmini, il bianco sangue che dalle nubi
zampilla. I tuoni, i gridi dei loro
insostenibili avvicendarsi.
Il confondersi e smarrirsi in inespressive nebbie. Il cullarsi
di nubi nuove al dondolo dello zefiro primaverile, a loro oziare alla bonaccia
del mare o il loro schiantarsi in vorticose calamità. Il divenire nottilucenti,
inghirlandate dai bagliori solari. L’avvincere le realtà terrene ed il loro
magnanimo soggiacere alle infinitudini delle realtà astrali. L'arcobaleno. Il
ponte del loro incontro, Poiché l'essenziale, l’eterno e l’arcano originarsi
della vita, annovera le materne relazioni naturali sconfessando ogni dirimente
virtualità.
Quando, crederemo oltre il nostro vedere, quando sapremo
sognare le nubi dall’alto, riconoscendo che mentre è tuonante tempesta è
altresì sereno, allora capiremo che il nostro volerci bene può andare ed essere
oltre ogni ambiente e realtà. Allora tramanderemo rivelazioni di sogni lucidi:
Sogni premonitori d'astri balenanti le nostre benevolenze che guizzano come
delfini danzanti oltre l'orizzonte del mare d'alabastrine nubi, oltre i veli di
nostre inesorabili finitudini.
Qui allora assisteremo al sorgere della nostra amistà, temprata
in catene di onirici arcobaleni d'anime variopinte, il connubio di gioconde
nebulose. Già le nostre auree rilucono sfolgoranti d'iridescenze più vivide.
Al nostro risveglio una parenesi, una nuova irenica morale, la
rivoluzione del nostro potere ancora avverarsi, in seguito all' avere vissuto
cieli tersi o nuvolosi, annunceranno il ritorno essi che sono lontani e che si
sono dimenticati, ed annunceranno il nonsense del ritorno i più resilienti,
poiché non ha senso che ritorni ciò che in ogni tempo è.
L'ALBERO INNEVATO
Vediamo un albero innevato. Vi getteremmo ancora neve o
inizieremmo a spogliarlo dal freddo, riscandandolo con luci variopinte ? Noi lo
guarderemo e diremmo "ohh, che peccato avrà freddo, dopodiché non faremmo
nulla." Nessun velo che lo ammanti, nessuna goccia d'acqua e caldi lumi
alle sue
radici. L'albero innevato pregò il vento affinché sia a noi
memore di ammende. Quando siamo lontani, il vento è il flusso che conduce ai
nostri sguardi alcune delle sue aride foglie, ma ne siamo indifferenti, non
crediamo nemmeno che siano le sue. E andiamo a far visita all'albero che in
inverno è ancora rigoglioso e variopinto.
Così amiamo chi è già amato, così rispettiamo i rispettati, e
disistimiamo i novelli e i trascurati.
Così versiamo le stille del superfluo, che effluiscono
dall'anfora satura, così i curanti si rifiutano di custodire i feriti, per
'l'urgenza' di sanare le lievi ferite degli illibati.
Per caso ripassiamo dal luogo dove vedemmo l'albero innevato e
lo guardiamo ancora, in pochi premeditano con scherno:
"Sarà diventato spoglio e morente o semplicemente non ci
sarà più?"
Tuttavia partecipammo insieme al suo destino, ed essi ebbero
ragione.
IL DONO INESISTENTE
L'origami d'un commensale
Accadde in un ristorante; quando la maggioranza dei commensali
aveva terminato il loro pasto, un giovane cameriere vide un anziano signore
cogliere dal tavolo il suo tovagliolo e piegarlo, egli ne riconobbe presto un
origami che presentava la forma di un cigno. Era un manufatto ben meditato e
curato. Il cameriere vide dunque l'anziano signore rivolgersi ad un altro
cameriere che presentava la sicurezza e la leggiadria di frutti di anni di
esperienza: "Potreste tenerlo, questo origami lo ho realizzato per voi, se
vorreste potreste mostrarlo alla reception affinché altre persone possano
vederlo." Il cameriere ringraziò calorosamente l'anziano cliente che
pazientemente si congedò.
ll cameriere esperto risvoltò la tovaglia avvolgendo in essa il
delicato origami, dunque ripose le carte avviluppate nel cassetto destinato ai
rifiuti cartacei. Non appena ne ebbe la possibilità il giovane cameriere ammonì
il compagno di lavoro: "Perché hai gettato l'origami?"
Egli rispose:
"Un origami non è una mancia”
Il giovane cameriere lo biasimò:
"Allora secondo te ciò che non è denaro non esiste:
diffida da questa mentalità, potresti non riconoscere molte realtà negando a te
stesso ricchezze di un ordine superiore."
L'AMULETO DEL PERDONO E DELLA PURIFICAZIONE
"Prendi questo filo di caucciù,
Vedi questo scrigno? Aprilo", il bambino aprirà lo scrigno
e vi troverà custodite centinaia di perline d'ambra forate,
"Sai quale è il significato di un amuleto?"
No, rispose il bambino.
"È un oggetto al quale attribuiamo la virtù di allontanare
il male."
"Come?" Chiese il bambino.
"Cosa è il male Secondo te chi può compiere il male o
compiere il bene?" Replicò il saggio.
"Le persone", rispose il bambino.
"Se ad un atto negativo corrisponde una reazione uguale e
contraria negativa, questa circostanza la chiamiamo vendetta, sai piccolo cosi
si originano e si reiterano le catene del male. Che cosa può essere dunque il
bene?" Domandò il saggio al bambino
Il bambino rispose:" le iniziative buone."
Il saggio preciso allora:" l'inversione dell'istintività
di reagire secondo il sistema della vendetta al male con il male. Il bene è la
reazione benevolente al male, il bene e purificazione di quello
che osserviamo, e perdono ed è dono di valore aggiunto
dedicato a coloro che hanno agito in nome di valori a noi
limitati o sottratti."
Il saggio domandò dunque al bambino quale sia il significato di
un oggetto.
Il bambino rispose: "Servire, avere una utilità"
Il saggio preciso: "Funzionare e fungere da, ovvero avere
una funzione e una finalità.
Dunque abbiamo questi oggetti, un filo di caucciù e delle
perline ambrate forate ed abbiamo assunto che questi fungono da amuleto.
Essi hanno pertanto il fine di allontanare il male. Manca un
ultimo punto per chiudere il cerchio:
Come funzionano questi oggetti affinché possano allontanare il
male?"
Il fatto stesso del non conoscere la risposta desto la
curiosità del bambino
Il saggio esortò il bambino a rispondere.
Il bambino disse timidamente:" Dovrebbero sospendere le
catene del male, tuttavia in che modo?"
Il saggio disse:" Abbiamo già risposto alla tua domanda,
non ricordi?"
Il saggio disse allora: "Intervenendo li dove saremmo
esortati a vendicarsi non ci vendicheremmo, bensì purificheremo il male,
donando il bene.
È importante che ricordi che l'allontanamento del male non è
una benedizione indifferente a noi, non è un sole che brillando
di luce propria ci riscalda, non subiamo passivamente i suoi
albori rincuoranti, il sole siamo noi e siamo noi stessi ad avere il dono e la
responsabilità di infrangere le catene del male non agendo secondo inerzia.
Allora siamo giunti insieme al significato di questi
oggetti:" Il saggio colse la pergamena sulla quale erano trascritti i due
principi dell'amuleto:
1 ASSIMILAZIONE E PURIFICAZIONE E CONVERSIONE
In occasione di ciascun oltraggio subito cogliere una perla
ambrata e combinarla insieme alle altre adornando il filo di caucciù.
Cosi convertendo ogni spirito di vendetta in positiva
creatività: questo atto concorre all'assimilazione delle negative realtà
osservate: Stai compiendo i primi passi della purificazione, le
qualità delle conversioni sono riconducibili alle qualità delle negatività
originarie, pertanto ad esempio l'indifferenza si converte in confronto, il
silenzio si converte in parola, l'abbandono
si converte in ritorno, l'inesorabilità in possibilità, il
pregiudizio in ascolto, l'iracondia in affettività, l'egoismo in altruismo, la
severità e spietatezza in magnanimità e comprensione...
2 IL RITO DEL PERDONO: OLTRE IL PONTE DELLA MEMORIA.
VOLTARE PAGINA.
Le negatività saranno santificate dalle fiamme che
abbracceranno le ambre del male.
LA LEGGENDA DEI TUONI
SILENTI
I soli arcobaleno
Esistono due universi, l’universo reale e l’universo
spirituale.
L’universo reale è immediatamente evidente, l’universo
spirituale è velato; in verità è velato poiché noi stessi sovente lo veliamo di
veli variopinti che nominiamo timidezza,...
Ci sono rare spontaneità, alcuni possiedono il dono di fare
coincidere il loro mondo spirituale con il mondo reale, la loro sfumatura
caratteriale è tinta di onestà e di pacatezza; la tinta della loro anima è
definita, chiara agli occhi di coloro che osservano il mondo reale, proprio
perché il loro mondo spirituale coincide con il mondo reale. Al contrario di
questi rari caratteri traslucidi, esistono in maggior quantità miriadi di
caratteri opachi, la cui franca riservatezza e composta modestia li conduce
verso sfumature di pensiero, caratteriali e attitudinali omologhe, somiglianti,
gravemente avverse ad oltrepassare i limiti di mentalità locali, dei loro
prossimi.
Esistono tuttavia alcune anime che sono costituite da entrambe
queste essenziali caratteristiche: La traspaenza e l’opacità. Questo significa
che tali anime sono caratterizzate da una sincronicità unica, essi sono contemporaneamente
opachi e trasparenti; timidi, apatici, riservati, introversi e
audacemente creativi, temerariamente rivoluzionari.
Essi sono i tuoni silenti.
I tuoni silenti sono invisibili agli occhi di coloro che sanno
vedere solamente il mondo reale; in verità essi non rivelano mai la loro
trasparenza creativa caratteriale, poiché sono essi stessi profondamente
creatività; piuttosto sono gli occhi di coloro che li osservano, di coloro che
dialogano con loro, le loro qualità di perspicacia, di curiosità, di
fiducia, di pazienza, d’approfondimento,
di accoglienza, di dono e di perdono che permettono ad essi di vedere di più,
di vedere oltre, di vedere nonostante. Miriadi di persone le quali non vogliono
che vedere il contesto esclusivamente onorando la loro limitata interpretazione
e prospettiva, ad esempio si crede nella sola esistenza de mondo reale,
contingente, perché neghiamo a noi stessi di incontrare i nostri mondi creativi
e spirituali individuali?
Coloro che non riconoscono i tuoni silenti sono caratterizzati
da una illusoria cecità che plasma la vera essenza dei tuoni silenti, essi li
impoveriscono, li indeboliscono, ne cancellano la vitalità, ne riconoscono una
personalità opaca, noiosa, spenta, vuota, vedono in verità una candela
definitivamente, inesorabilmente, il pennello di questi giudicanti dipinge,
crea la loro povertà e limitatezza. Essi rendono i tuoni silenti
candele definitivamente spente, essi velano con indolente malpensiero un tetro
fumo che alle loro candele essenzialmente non sarebbe, essi destinano i tuoni
silenti ad aneliti malinconici di anime rassegnate. Questi adiafori, non
riconoscono in essi, come possono rari saggi osservatori, una candela il cui
lume è latente, una luna che presto come il sole brillerà di luce propria. In
verità una luna che è già sole.
Solitamente i tuoni silenti possiedono la loro personale chiave
dell’anima, essi possono scegliere se celarla o se rivelarla. La loro scelta
implica il loro donarsi al mondo in
qualità di caratteri opachi o di caratteri traslucenti. I tuoni silenti possono
scegliere, questo è il loro privilegio naturale.
Le chiavi dell’anima sono i ponti che conducono ai portali
dell’anima, i ponti metafisici che collegano il mondo spirituale dei tuoni
silenti con il mondo reale comunitariamente evidente.
Uno spazio virtuale può essere uno spazio spirituale? Si.
Questo è il caso di un tuono silente che vestì, non velò, la
sua trasparenza caratteriale delle spazialità virtuali e delle eternità
temporali.
Questa è la storia di un diario, la cui misticità è definita
dalla proprietà di moltiplicarsi simultaneamente secondo un numero definito di
volte uguale al numero dei suoi lettori, tuttavia nessun lettore può leggere un
libro di cui non conosce o non comprende l’esistenza o di cui non ne conosce il
linguaggio, nessun osservatore può vedere ciò che non vuol scegliere di vedere.
La chiave di lettura, la chiave dell’anima, la chiave del
portale della spiritualità di questo singolare tuono silente è un biglietto che
conduce al diario virtuale di una personalità esteriormente taciturna e timida
che tuttavia ha molto da dire e molto da donare.
In cosa consiste il suo dono? La sua dedizione artistico
letteraria è rivolta al dono della possibilità per tutti d’incontrare la sua
anima, nonché un privilegio a cui solo pochi sono destinati; Tuttavia la causa
di questa limitata predestinazione non dipendeva dal fatto che egli i
rifiutasse di consegnare al maggior numero di persone possibile il suo
biglietto, bensì poiché numerose volte il suo gesto di dono fu ricusato. Furono
miriadi i biglietti rifiutati o abbandonati al vento e rari i biglietti
accolti, custoditi, consultati.
Così ovviamente, secondo lo sguardo provvisorio di queste
persone che rifiutano il suo biglietto, questo tuono silente resta opacizzato e
caratterizzato dall’assenza tipica di coloro che sembrano mancare all’appello
nell’umiliazione del non aver nulla da dare al mondo.
Questa è allor altresì una storia di osservazioni e di
interpretazioni precarie, superficiali, sommarie, prevenute, che consigliano il
tipico “No”.
Una storia di pregiudizi che in fondo implicano il prezzo di
perderci e di destinarci soli.
Questa infine è in
verità la memoria di un eccentrico tuono silente ma solamente secondo
coloro che credono che esistono molti soli variopinti, non solamente un sole
bianco, bensì numerosi soli, tanti quante sono le gradazioni cromatiche
dell’arcobaleno.
Soli che sfumano le loro opache lune del loro colore.
LA QUINTA DIMENSIONE
La dimensione del mindset creativo.
È il crepuscolo serale.
Sono le spire del vento estivo che increspano lo specchio
d’acqua del lago.
È il Sole che mi abbraccia del suo candore. Il sole è
immensamente lontano seppur sia a me così vicino.
È il cielo sereno, una nuvola e un punto dipingono del loro
segno il suo blu.
È un punto immensamente
candido il sole, e vasto; seppur ora sia a me più piccolo di questa iridescente
nube.
È semplicemente, naturalmente è .
Ed è tuttavia oltre la mia interpretazione,
è simultaneamente diversamente,
è simmetricamente.
Sono dimensioni mistiche, è la semplice complessità
dell’immaginazione che scrive con lo stilo della reminiscenza:
Allora è il crepuscolo serale ed è notte. È lo specchio d’acqua
del tramonto come di notte, il cielo.
È un notturno arcobaleno.
È l’orizzonte che diventa tela a piombo. Sono allora le
gioconde e intermittenti luminescenze solari sullo specchio ondulato che si
disvelano a me come i notturni dorati fuochi pirotecnici.
Sia il sereno se imperversano le calamità. Sia il colore se
annoia il grigiore: Come variopinti graffiti ideali, le pitture di luce, che
dipingono di simboli artistici, di decalcomanie e di aerografie i muri della
realtà: Se il bianconero è colore, il muro è ponte.
Se è silenzio, la reminiscenza è musica.
Sia allora più riccamente, sia oltre la realtà che è: ché possiamo innovare il visibile altresì
credendo nell’invisibile. Ché creare e realizzare significa aggiungere
l’inesistente all’esistente, come possiamo realizzare se non prevediamo
l’inesistente?
UN SENSO
Furono miriadi gli istanti in cui domandai a me stesso il
senso, il significato della mia opera. Giunsi un tempo a credere che realizzare
arte a me stesso fosse insensato: decine di dipinti realizzati con premura
stavano irrisolti appesi ai muri bianchi in attesa di essere ricordati
solamente da me che
presto, per noia li avrei dimenticati alla polvere che come
neve in silenzio velava la loro originalità.
Avevo compiuto un passo, avevo compreso che il senso del mio
operare non poteva dipendere esclusivamente da me. Così decisi di pubblicare le
mie opere.
La domanda originale rimase tuttavia irrisolta per molti anni,
tuttavia furono rincuoranti per me alcune parole di lode, di consiglio e di
critica che ascoltai con contentezza. Tuttavia la rarità delle recensioni e
delle relazioni che implicava il mio zelante operare, ed il permanere d' un
silenzio
deragliante alimentavano in me la giustezza del mio dubbio
originale, il perché del perseverare?
Nonché il senso del credere in sé stessi.
Un giorno tuttavia ebbi un'illuminazione: riflettei sul motivo
per cui stimiamo lodevole un nostro prossimo e le sue opere. Una risposta
evidente e spontanea fu ai miei occhi: "Poiché lodiamo ciò che ci
arricchisce, ovvero dedichiamo valore alle realtà che ci sono donate e di cui
eravamo privi. Ed
analogamente poiché incontriamo realtà non identiche a noi,
poiché il dono dell'identico a noi che ci riconosciamo nella nostra compiutezza
è da noi stessi sentito come pleonastico, ridondante."
Allora giunsi a questa conclusione: Il senso del perseverare e
del credere in sé stessi non può che rivelarsi nel dono di realtà nuove o
dissimili a noi ed al nostro prossimo, affinché il destino dell'opera, il suo
compimento, sia il colmare il vuoto di una originale e singolare assenza.
Questa attività
d'equilibrio, di purificazione e di empimento può certo essere
autoreferenziale, aiutati che Dio ti aiuta! Possiamo ricondurre il valore puro
di questo pensiero in relazione al fatto che in verità ciascuno
di noi è custode di unicità e di novità che gli istanti della
vita rivelano stilla dopo stilla.
Pertanto l'essere di una persona è compiuto nella misura in cui
disvela se stesso.
In altre parole, e condivisibile che nella misura in cui non
siamo influenzati siamo noi stessi.
Secondo queste riflessioni giunsi ad una conclusione: Quando
una persona d'indole creativa può riconoscersi realizzata? Una risposta logica
può essere la seguente: La solitudine è una premessa rilevante alla
realizzazione dell'originalità e della compiutezza di uno spirito creativo.
Tuttavia sono in origine giunto alla conclusione che la
solitudine in sé è vana, è dannosa, è fuorviante e destinataria di un vuoto
ancora più profondo del vuoto originato dall'incertezza del proprio agire
creativo.
Un'anima creativa compiuta che incontra la relazione può
rischiare di perdere se stessa nella misura in cui si confonde nelle essenze
con cui si relaziona, tuttavia la precedente affermazione:
"Nella misura in cui non siamo influenzati siamo noi
stessi."
Può essere non vera, o meglio essa è suscettibile a sfumature
di senso variopinte: può essere possibile, ed è un augurio, che la
relazionalità sia il compimento del nostro essere, tuttavia questo accade
nell'eventualità di reciproco e puro dono, ove vi è sola reciproca aggiunta di
valori, l'insegnamento, l'amore, l'amistà,.-. nell'eventualità in cui
l'autenticità dell'essere non sia l'ego, bensì il Noi, un Noi le cui le
singolarità si lasciano divenire reciprocamente, nessuna dispotica irriverenza,
in un ambiente di quieto crescere in cui sono soliti un silenzio fiducioso, un
ascolto paziente, una complicità strutturale sostenute dal mantra: "Credo
in te e per questo credo nel tuo bene dire e nel tuo bene - essere."
E dunque in questo clima di quieta solitudine in cui a noi la vita
dona Ia consapevolezza del sentimento del compimento della nostra profonda
essenza. Alla solitudine nostra si accompagnano le solitudini dei nostri
prossimi a noi, le loro lontananze a noi possono essere silenti solitudini di
ammirazione per la nostra opera, come per il bambino meravigliato del lontano
saettare di una stella cadente.
Lo scrittore mediocre a piovosi notturni destini, emarginato
alla luna, lumiere che candeggia le sue pergamene intrise di stille che
sbiadendo l'inchiostro dei suoi segni, dissolvono il suo fu scrittore:
Ed allora si disvela a noi una preziosa verità:
Non sono le poesie che fanno Io scrittore.
E in verità Io scrittore che fa le poesie:
Sì il mediocre scrittore che perse le sue opere ritroverà se
stesso e scriverà nuovamente, con più autenticità, ricolmo delle esperienze che
rare persone ebbero attraversato, sarà presto riconosciuto ed avvalorato per il
compimento dei suoi più umani ed intimi valori- Così empiendo i cuori di coloro
che Io ebbero emarginato di ciò che non hanno mai visto.
Quando ti dicono No. Quando ti dicono è impossibile in questo
momento incontri il limite dell'immaginzaione del prossimo, sii grato, poiché
incontrando queste inesorabilità avrai incontrato il grezzo marmo da cui potere
scolpire la tua statua, il luogo del silenzio è la possibilità del tuo momento
creativo, non può esserci creatività per gli accondiscendenti poiché coloro che
credono in coloro che non credono in loro si fermano. La fiducia nelle nostre
potenzialità è custodita nell''aver cura che il confine visionrio del prossimo
non sia il tuo, allora il tuo sogno diverrà il sogno di coloro che non hanno
saputo sognare.
IL TEMPO JOLLY
Pertanto nella misura in cui stai giudicando mi stai mettendo
alla prova, e stai osservando il mio comportamento per decidere le tue
attitudini nei miei confronti, le attitudini che ai tuoi occhi merito come
conseguenza del fatto del mio comportamento con te, niente di più, niente di
meno. Nessuna gratuità. Allora quale sarebbe il senso del mio dover comportarmi
in modo diverso nei tuoi confronti? Prima o POI, se non ricambiato, se
unilaterale, lo spirito di gratuità andrà decadendo. Perché dovresti meritare
più gratuità di quella che sei in grado di donare? Quindi nella misura del mio
giudizio ti metto alla prova, ora guardo al tuo comportamento per decidere le
mie attitudini nei tuoi confronti, le attitudini che ai miei occhi meriti come
conseguenza dell'atto del tuo comportamento nei miei confronti. Niente di più,
niente di meno. Nessuna gratuità. E qui tutto rischia di interrompersi. La
frase: "Lo sai che dipende da te." è oggi consueta. Ma è in verità un
nonsense e una delega di responsabilità. Poiché la premessa relazionale è il
dialogo, non il monologo: potremmo tradurre questa frase in questo modo:
"Il presente e il destino del noi è tua responsabilità. Ovvero io non
muovo un passo per comprendere noi, per capire te, per compartecipare a ciò che
in verità mi riguarderebbe. " ed è a causa di queste parole che già il noi
desiste. Poiché può essere legittima la reazione di sconforto della persona che
ascolta questa frase, la quale sente la gravità di tergiversare unilateralmente
la relazione con una persona priva di unipatia, che nemmeno ci crede più. Ora
domandiamoci se la mentalità di delega sia intelligente, è una mentalità oggi
consueta, poiché è comoda, ma talvolta non è fruttuosa e spesso è dannosa. Una
mentalità è intelligente in misura della sua creatività, dove non c'è gratuità,
dove non c'è reciproco e puro valore aggiunto non può esistere creatività,
evidentemente navighiamo un fiume orizzontalmente Impervio, e siamo
Inesorabilmente prossimi alla sua cascata. Potremmo a priori porre a giudizio i
nostri occhi, non l'attitudine del prossimo, agiamo in gratuità
indifferentemente dal comportamento che esternamente osserviamo, sorprendendoci
saremo dunque noi stessi artefici di miracoli, nella sua concezione
dell'avverarsi di cambiamenti buoni improbabili. Riflettiamo su questo: A chi
di noi non gioverebbe un tempo Jolly per una nostra partita persa? Il tempo
Jolly non è inarrivabile, è a noi già dato, è il tempo della vita che noi
possiamo plasmare utilmente affinché sia per noi tempo di resurrezione
relazionale: Allora scherziamo insieme con il destino! Parliamone che c'è
ancora tempo.
LE VELATE EREDITÀ DEGLI
'ERO'.
Ciò che è passato, è .
L'incessante diluvio della pioggia ritmava il suo racconto, era
la fiaba d' una bambina prescelta dall'oracolo affinché potesse rivoluzionare
l'inesorabile fluire degli eventi, tediose l'inedia e la noia imperversarono ed
a poco a poco flettevano gli spiriti più intraprendenti verso un abitudinario
incedere inerte. Persisteva una velata malinconia irrisolta, ed in onore d'una
inerzia passivamente accolta l'irrisolto veniva lasciato tale, a lui stesso
come una verità sempre benevola, buona e ferma. I più sensibili custodivano in
loro cuore il sentimento che qualcosa dovesse cambiare, divenire e mettersi in
movimento, ma si sa: sovente i più sensibili sono altresì i più fragili, i più
buoni ed accondiscendenti.
Solo l'occhio dell'oracolo era consapevole, poiché vegliava
dall'alto del tempio della cittadina sulle alienate quotidianità dei cittadini,
che sembravano a poco a poco dimenticarsi di loro stessi, sino talvolta a non
riconoscersi più, a non vedersi più per ciò che furono insieme; le distratte e
disinteressate contingenze erano solamente deboli vibrazioni di pure amistà
dissonanti al dilagante vuoto affarismo fine a se stesso.
La leggenda narra d'una cittadina in cui viveva una bambina che
brillava di una luce rara, una luce distinta di premurose gratuità e vitalità,
un'anima purificatrice del buio, lei accoglieva il buio come energia essenziale
per effondere nel reale, per contrasto, una luce più profonda, più chiara del
bianco. Come poté l'oracolo non accorgersi di lei.
L'oracolo decise dunque di infrangere l'ordine del reale che
assumeva il suo isolarsi dalle umane relazioni, di vegliare su di essi come una
madre lontana ma tuttavia attiva e utile al bene della sua prole. Così
l'oracolo apparve in sogno della bambina, lei stessa ebbe esperienza di ciò che
ha nome 'sogno lucido', una mistica rievocazione del reale in cui per il
dormiente è possibile intervenire plasmando la realtà che egli stesso nel sogno
immagina. Il sogno di lei è ambientato nella sua stessa quotidianità, la
superficie dei medesimi incontri, l'avvicendarsi di realtà sempre analoghe a sé
stesse, il vuoto di un presente che non sa valorizzare la novità poiché essa è
presto incontrata e presto trascurata e dimenticata, miriadi di istanti
presenti che si frammentano tra loro allontanandosi il più possibile come per
coloro che hanno voluto sacrificare l'oro dell'opportunità che può divenire,
per il bronzo di una inesorabilità che a sé stessa uguale ritorna, in nome
della rinuncia di sognare un futuro insieme.
La bambina riconobbe l'iconica decadenza di un presente che
precipita poiché non è più sostenuto dalle mani materne di memorie cadute nel
dimenticatoio che parevano non servire, e delle quali tuttavia presto si
riconosce un vitale bisogno.
Nel suo sognare un irenico lume infrange quella monotonia.
Lei stava camminando lungo un sentiero floreale prospiciente un
fiume. Un foglio volitò dinanzi ai suoi occhi ed ovviamente attirò la sua
attenzione.
Il foglio non era bianco, era trascritto con una calligrafia
elegante e anacronistica in china nera.
Queste erano le parole trascritte sulla pergamena :
“uno stormo di farfalle che in origine flettevano all’ unisono
le loro ali screziate di forme e colori gemelli.
Ali fraterne che il vento scagliò lontane,
Alcune corrose dai lumi solari,
Talune piagate dalle fenditure del gelo,
Altre intrise dall'imperversare delle piogge, Or tra loro
irriconoscibili?"
No poiché nulla in verità cambia così profondamente da elidere
la sua ancestrale essenza.
Ove è quando diverremo ciechi della cecità di non saper più chi
siamo, ricominciamo dalle memorie del nostro esser stati ed onorando il nostro
passato saremo illuminati dalla verità che gli 'ero' ancor sono.
L'innata creatività della bambina prescelta dall'oracolo
rielaborò il suo inenarrabile sogno: il mattino seguente negli istanti dedicati
al consuetudinario saluto tra conoscenti, oramai accolto con superficialità e
disinteresse, lei anticipò una variazione al nominare, proprio come accade per
i suffissi onorifici giapponesi { - san - sama - chan) in lode e rispetto di
coloro che si incontrano, lei accoglieva coloro che incontrava e di cui ebbe in
passato conoscenza pronunciando il suffisso onorifico - ero - in lode e memoria
del passato condiviso insieme.
Il suo inconsueto nominare non solo divenne presto abitudinario
e rivoluzionario, bensì anche una benefica, salvifica e rincuorante chiave di
volta del cambiamento in direzione di relazionalità temprate dal valore della
memoria che ora fluisce vitale come un'onda all'orizzonte, poiché il passato in
grazia della nostra memoria può non essere solamente un inesorabile non più.'
bensì l'opportunità di ciò che può divenire il futuro in grazia del nostro
ricordarci vivere i nostri istanti e la loro fuggevolezza: la precaria caducità
d'ogni nostro adesso non è forse il volubile velo di un tempo più quieto,
stazionario e paziente? Non è forse il nostro passato?
Per il nostro buon divenire non rinunciamo ad esso.
Ed allora l'oracolo ritornò nel suo tempo per vegliare sulla
cittadina e vide che l'eredità degli 'ero' divenne un nuovo spirito di volontà
di incontro tra coloro che erano sconosciuti in nome del riconoscimento del
valore della memoria di nuove esperienze condivise.
ARMONIE VELATE
Questa è la memoria di un artista questuante, che
abitudinariamente si adagiava al margine adombrato della frenetica piazza della
cittadina in cui vivevo, egli divenne parte della mia stessa abitudinarietà, si
distingueva dalla frenesia dei molti visitatori e commercianti irrequieti che
lesti si affrettavano saettando la piazza in pochi istanti. Egli stava, di
notte e di giorno, in povertà stava e viveva agli occhi di molti una vita
insensata, come la sua opera, gli stessi credevano. A cosa dedicava il suo tempo?
ln cosa consisteva la sua arte? Era in verità ancora un bambino che giocava con
le calamite, miriadi di calamite: alcuni elementi erano delle sfere di ridotte
dimensioni, la seconda categoria di elementi erano fini cilindri longilinei, le
sfere fungevano da poli di collegamento tra i cilindri. Dalla finestra della
casa prospiciente la piazza, il luogo da cui ammiravo con curiosità l'opera
dell'artista di strada sentii un commento di un giovane che con leggerezza
criticò il buon uomo: "Che è questo casino? Non vedi che questa tua
accozzaglia di calamite non ha senso! Mi prendi in giro? È un insulto alla
nostra idea di armonia, non vedi i palazzi e le statue che ci circondano?
Sicuramente non meriti quanto meritarono i loro autori. I magneti sono collegati
a caso! E restano in equilibrio per miracolo! Io quando avevo sei anni riuscivo
a realizzare una perfetta tour eiffel con gli stessi tuoi strumenti,
fallito!" Ne seguì una teatrale risata denigratoria del giovane
spalleggiata dall'eco delle risate dei suoi conoscenti. Il povero questuante
non reagì, il suo sembianze rimase tiepida ente impassibile, talvolta il buon
uomo alzava il capo per ascoltare le parole del giovane tuttavia mai perdeva la
concentrazione per il suo operato: la sua serietà ad occhi meno superficiali
manifestava una velata razionalità e geometria: ogni elemento doveva trovarsi
proprio in un luogo definito e definitivo in relazione con gli altri elementi.
Alcuni, talvolta si avvicinavano a lui osservando il suo operato, in molti
passavano indifferenti, altri pazientavano per pochi istanti, ma presto
accorgendosi della manifesta inutilità della sua opera si congedavano da lui
senza dedicargli alcun riconoscimento pecuniario, lo esortavano a lasciar
perdere o di nuovo lo schernivano, notai che solo i bambini in grazia del loro
innato spirito di curiosità erano attirati come calamite dalla sua opera, essi
erano tra i tanti coloro che stavano per più tempo ad ammirarlo, vidi i loro
occhi fiduciosi brillare di sorpresa ad ogni mossa dell'artista di strada come
se questi piccoli fossero dei cercatori di pietre preziose sovente sconfortati
alla vista di tanta polvere, e tuttavia mai rassegnati; tuttavia vidi questi
bimbi desistere al richiamo dei genitori loro custodi. Un anziano signore,
vestito elegante, stava costantemente presso di lui ad osservarlo. Per molti
giorni mi chiesi perché. Presto lo riconobbi, quell'uomo con l'orologio a
ciondolo era il proprietario del più illustre museo della cittadina. Per alcuni
giorni vidi il signore con l'orologio a ciondolo osservare scettico e deluso,
sembrava che in ogni istante lui stesso stesse perdendo il suo tempo, lì; in
compagnia di quel folle questuante che aggrovigliava confusamente i magneti.
Tuttavia nel cuore d una notte non riuscendo a prendere sonno mi accostati alla
finestra e vidi l'artista sorridere, per la prima volta. Osservava la propria
scultura compiaciuto, riconobbi in lui questo pensiero: ora la mia opera è
terminata. La scultura era immersa nelle ombre tuttavia era ancora manifesta in
me, in grazia della mia memoria, la sua geometria caotica, irrazionale. Vidi il
buon uomo raccogliere dalla tasca della sua camicia sdrucita un foglio di carta
ed una penna, dove vi scrisse un messaggio che ebbe cura di lasciare vicino
alla sua scultura. Mi sorpresero nel silenzio più sommesso, le sue parole:
"Ora sia luce, affinché la mia opera possa essere vista. Egli colse una
lampada, si posizionò in un punto accuratamente previsto e calcolato della
piazza e virò il suo lume in direzione della scultura antistante un vasto muro.
Fu magia per me che assistetti a ciò che accadde, fu un momento mistico,
assolutamente rilevante per me: L' interazione tra il lume e la caotica
scultura fu origine di un'ombra perfetta sul bianco muro: L'ombra aveva la
forma definita e ordinata di un meraviglioso e complesso mandala' geometrico.
Vidi il buon uomo congedarsi dal luogo della sua creazione lasciando la lampada
accesa. Quella fu l'ultima occasione in cui lo vidi. I lumi solari velarono il
lume della lampada, così il mattino seguente nessuno poté vedere il mandala, la
verità dell'opera dell'artista mendicante. Quel mattino vidi alcuni giovinastri
rovinare l'ordinato caos della scultura, così intervenni ottenendo di
salvaguardarla.
Presto, essendo io stesso consapevole di essere stato l'unica
persona a vedere la verità di quell'opera, decisi di incontrare il proprietario
del museo e di raccontargli la verità. Egli avrebbe presto contattato il
sindaco della cittadina:
Fui felice di riconoscere che l'opera del buon uomo fu
replicata nei minimi dettagli come monumento centrale della piazza, in sua
memoria. La lastra marmorea ai piedi della scultura recava il messaggio:
"ln ogni disordine c'è un ordine velato.
Ln ogni nonsense, è custodito un significato gemello."
Ed il nome dell'artista.
Venni a conoscenza che la scultura definitiva fu plasmata in
accordo con l'artista affinché all'incedere del primo mattino i lumi solari
realizzassero sulla pavimentazione mosaicata della piazza il mandala
originariamente pensato dal giovane mendicante, di cui ebbi nuove notizie: il
suo velato genio creativo fu lautamente ricompensato per la sua opera, ed in
grazia dell'anziano proprietario del museo della cittadina ricevette nuove
commissioni museali nelle vicine città.
IMMAGINARI VELATI
Ovunque il buio ci abbracci vediamo un lume, percé l'anima
nostra è custode della luce fino al tempo in cui non realizzioamo il lume: qui
è l'opportunità di essere solari: il vedere che siamo lune e soli all'unisono,
ecco perchè siamo insieme. Al fine di essere da noi illuminati se dovessimo
divenire garacili e per iluminare noi se avremo vitalità da poter donare. E i
soli avranno valore poiché illumineranno d'aureole dorate le lune: e le lune
avranno valore poiché screzieranno della loro argentea aura i dÌÌorati
bagliori.
QUOTIDIANITÀ CELESTI
Fu una sera estiva caratterizzata d una notturna monotonia
scandita da rari lumi intermittenti, talvolta alcuni si stancavano
d'osteggiarsi alle tenebre, cedendo loro il passo, bagliori elettrici
variopinti si riflettevano sovente sui metalli cromati delle vetture,
rifrangendosi lesti sugli oscurati vetrini, per poi infondersi sugli opachi
cementi, tuttavia non vidi alcuna di queste luminescenti onde disvelare i
delicati e caratteristici lineamenti del viso di noi. A poco a poco mi convinsi
che quei lumi non fossero per me stesso nulla di più che delle ombre ché in
loro compagnia, come nel buio, mi sarei presto perso. Perseverando il mio
cammino giunsi a riconoscere una curiosa ed inconsueta novità: la quotidianità
del natale. Le caratteristiche luci natalizie erano accuratamente e
volontariamente state disposte secondo le linee d'una vorticosa cascata che
effigiava di tenui e variopinte fluorescenze le notturne fronde d'un pino,
Questa singolarità infondeva in me un sentimento surreale, un sentimento oltre
ogni luogo ed oltre ogni tempo: Il sussurro di un giorno di cuore, oracolo d'
un noi celeste che altresì adesso possiamo essere.
IL LAGO MALEDETTO
Ed un bambino si meravigliò nel vedere il suo ciottolo
frammentarsi sulla superficie del lago in quiete, il lago non era ghiacciato,
solamente le sue acque seppur fossero terse, celesti, cristalline e traslucenti
non zampillarono al cadere del ciottolo, furono Impenetrabili, come se fossero
marmoree. Nessuna goccia si dislocò, la superficie non fu scalfita ed i frammenti
del ciottolo rimasero lì, inutilmente. Il bambino con testarda ostinazione
scelse di non desistere al caso, mai i suoi occhi assistettero ad una simile
follia, il bambino pensò: "Certamente lì, nel margine della riva in cui il
ciottolo cadette, sarebbero stati gli scogli affioranti le acque a galleggiare
ed a frammentare il ciottolo." Così raccolse nuovi ciottoli e li lanciò
verso un diverso versante del lago dove poteva riconoscervi l'evidenza
dell'assenza di scogli superficiali. Tuttavia la maledizione si verificò
nuovamente; nessuno dei ciottoli flottò negli abissi del lago, i cottoli si
frammentarono come se avessero incontrato una lastra diamantina sospesa nel
vuoto.
I frammenti dei ciottoli divennero parte di un luogo a cui non
appartenevano, in una sospensione del tempo e dello spazio innaturale, ovvero
la surrealtà di ciò che non dovrebbe accadere e tuttavia accade.
I ciottoli, in metafora delle nostre parole sospese nel vuoto,
mai giunte a destinazione, come le lettere i cui candidi lembi saranno per
sempre saldati dai cerati sigilli, preghiere rivolte verso la superficie della
coscienza del prossimo mentre non ascolta , nonché la mortificazione di nostri
aneliti di vitalità, ovvero quando al dono di parola viene dedicato il
silenzio.
PAROLE AL VENTO
Al vento ora siano le mie parole, i respiri del mio vivere, che
in eco dissonanti vadano disperdendosi le mie memorie passate, che il mio dire
futuro sia per noi, il mio 'avrò taciuto'. Brindiamo al nostro non ascoltarci!
La nostra ostinata via è l'inesorabile prezzo di non permettere che sia deviata
in onore della nostra volontà del raccogliere nulla più del silenzio quando ci
è dedicato il consiglio. Potremo allora crescere in grazia dell’umiltà del
parlare non essendo ascoltati, a noi si riveli il rincuorarci dei frutti della
preghiera. E la bilancia del dialogo grava sui destinati a ricevere il dono
della parola, così come Dio non è che un nulla agli occhi d'un non credente, il
buon oratore non esiste per coloro che non lo ascoltano, similmente tacendolo!
Così per miriadi di dissimili bilance: il dono di noi non è, dinnanzi ad occhi
che non vogliono riconoscerci: l'annoiato miraggio all'inutilità. Nell’augurio
che la nostra sensibilità sia tersa, che si lasci virare come una piuma leggera
che fa del vento il custode materno del suo volitare.
LE VIE LATENTI
Nel nostro cammino ostinato di una via unica sacrifichiamo
miriadi di vie alternative.
Siamo a appena un passo verso di loro, ma presto ritorniamo al
nostro itinerario stabilito, siamo viandanti prescelti, annoiati d'un presente
ovvio e d' un futuro già trascritto.
Una via prescelta di pellegrini degni, non rallentate il vostro
passo! Non acceleratelo! Poiché indegni sarete allontanati!
Possano allora i pellegrini delle vie prescelte rassicurarsi
della loro compagnia, tuttavia essi come i vagabondi erreranno:
Ascoltate ora un coraggioso ed avventuriero vagabondo predicare
loro: "Avete i paraocchi! Poiché non vedete nulla se non la vostra
strada!". Sì i pellegrini di prescelte vie negano le vie latenti,
impreviste, alternative, sconosciute; ed insieme ad esse le realtà e le persone
che non sono annoverate nella loro Via:
I viandanti delle vie prescelte non dedicherebbero dunque
nemmeno una briciola di pane ad un/a povero/a mendicante per loro sconosciuto,
affinché sia data loro la possibilità di donare il loro paniere di pane ai loro
successi.
Voi che amate la vita, voi che dedicaste valore alla
possibilità dell'inverosimile: voi ci insegnate che tutti hanno quotidianamente
esperienza delle ignote singolarità delle vie latenti, vie non destinate,
incompiute, in divenire, vergini, le vie che appena intraprese purtroppo
decademmo nel nostro dimenticatoio: Sarebbe come cospargere con zelo la nostra
terra di semi per poi, dopo averne appena giovato delle prime foglioline,
sconfessare il proprio terreno e con questo i suoi primi germogli. Ricordiamo
le vie secondarie che lasciammo alle nostre spalle nel tempo del cammino della
nostra via, ritorniamo con la memoria ai nostri passati incompiuti affinché possiamo
portarli a nuovo compimento: è satura la Nostra via, tempi infiniti vi abbiamo
dedicato, comprendiamo che le nostre vie latenti e messe in sospeso hanno
ancora molto da donarci, riconosciamo la vastità dei margini di creatività di
cui questi 'luoghi' sono custodi: ad esempio comprendiamo che esiste un vasto
margine di conoscenza tra coloro che sono sconosciuti, minore è il margine di
conoscenza tra coloro che si conoscono: è benefico credere che ci si incontra
per conoscersi, non : il presupposto per incontrarsi sia l'eventualità di avere
reciproca conoscenza: il conoscersi è un cammino in continuum divenire.
L'anfora vuota può essere riempita più agevolmente di un'anfora
satura. L'anfora vuota è garante del nostro colmarla delle realtà che desideriamo;
Allora riverseremo le nostre anfore sature di grezze sabbie e di polveri
affinché noi ci concediamo di ricolmarla d'arene dorate.
Le marginalità creative in una relazione stabile si limitano al
mantenimento dei relativi presupposti benefici affinché l'equilibrio
relazionale persista nel tempo.
Vi è un immenso margine di possibilità creative nei legami
relazionali in declino, di indifferenza, di silenzio, di odio, di
incomprensione: Molto in questo luogo relazionale può essere fatto, non
misconosciamo a noi il valore che appartiene alla vastità della possibilità di
ricreare le realtà che stanno decadendo! Così come il restauro è una
fondamentale categoria dell'architettura contemporanea, il perdono, il ritorno
e la comprensione sono facoltà imprescindibili della creatività relazionale:
Non dimentichiamo questa verità poiché in essa è celata la chiave che ci
permette di comprendere quanto il nostro ritorno alle vie latenti sia per noi
fondamentale. Noi che possiamo essere avventurieri del possibile: varchiamo i
limiti della quotidiana inerzia: potremmo trovare ritornando ai nostri luoghi
latenti sorprese inattese. Le vie latenti ancora esistono, sappiamo
riconoscerlo? Allora ritornando ad esse insieme possiamo ricominciare a
dedicarvi il nostro nuovo passo.
IL VALORE DELLA PROIEZIONE
Fu disvelato per noi il valore della proiezione. Se maari
riuscissi a coglliere in te cosa cè di me, portrei in ugual modo distinguere
cosa di te non è me e riuscirei ad amarti per la malinconia di ciò ce mi manca,
mi completeresti per ciò che sei, per quella parte di te che non è me. Ti
riconoscerei non solo per ciò che riconosco di me in te così da potermi
identificare e immedesimare, così ogni nostro volerci bene sarà nuovo e
oscillente tra i luoghi di ciò che siamo e che non siamo, a pari passo con il
nostro divenire.
PREMURE VELATE
Esiste una premura che non ha nome, nessuno finora ha definito
e nominato questo sentimento complesso, ma è una velata cura, pura e intensa
compiutamente dedicata alla riabilitazione e alla libertà dei nostri cuori,
questa aura è rara, alcuni ne ignorano l'esistenza immaginando lei stessa in
qualità oniriche o utopiche. Questo soffio vitale non è mai inesorabile e
statico ma è ovunque e ciascuna volta disponibile a cambiare, in nome della
nostra vitalità celeste sulla terra, il suo flusso è originato dalla nostra
profonda reciproca fiducia in noi e simultaneamente plasmato e animato dal
nostro ascoltarci, dalla nostra vicendevole maternità, dalla cura che ci
dedichiamo l'un l'altro. Questa aura non è influenzata dallo squilibrio, è un
ordine indisciplinato, una realtà olistica, forse è per questo che non pub
essere nominata, non può essere definita. Una realtà ordinata immobile, poiché
sacrifica il cambiamento in nome della sussistenza della realtà medesima
ordinata; solo la pura e manifesta mancanza di disciplina può non solo
accogliere, bensì assumere come strutturale e necessario il movimento ed il
cambiamento: Ecco perché quest'aura è per noi benevola nelle situazioni delle
nostre relazioni in cui esse si impongono ai nostri occhi secondo le negatività
radicali, inesorabili della noia, della sfiducia, della fine, della sofferenza,
dell'odio, della indifferenza, dell'incomprensione. {Ogni voce è dualistica, il
linguaggio crea uno squilibrio di valore tra la realtà che scegliamo di
pronunciare a discapito del suo opposto, la parola, il definire non significa
forse delimitare il reale? Sacrificare di esso ciò che noi stessi non sappiamo
o non possiamo cogliere? }
Il perfetto equilibrio di questa aura riguarda il connubio
disordinato e in divenire dei sentimenti che possiamo nominare, il loro
giocondo avvicendarsi, confluire e manifestarsi. La verità olistica di
quest'aura si riconosce nel suo potere purificare in ogni istante della vita i sentimenti
che eccedono, quindi ad esempio un eccesso di odio sarà risolto da un
trascendente suggerimento di amore e un eccesso di amore sarà risolto dal
suggerimento di donare la vera distanza che solo il rispetto può realizzare.
La grave intensità dei sentimenti 'positivi' che compromette
l'equilibrio della bilancia ora ricalibrata da un polo 'lievemente negativo' :
il rispetto.
Nel nome del sacrificio dei nostri ego, questo flusso, che ci
abbraccia, ci fa sentire che siamo naturalmente destinati a volare insieme.
Attendiamoci attivamente. Incontriamoci vis a vis, per la prima volta e
un'altra volta ancora, perché abbiamo tutto il tempo della nostra vita per
capire che in verità siamo tutti irenicamente diversi: La differenza, è lo
spirito della curiosità, guarda quel bambino che corre nel prato pieno di fiori
rincuorato dalle miriadi di caratteristiche individuali di ciascun singolo
fiore. In verità non c'è il mio percorso, non c'è il tuo percorso, perché
veramente noi tutti seguiamo il percorso di questo flusso, il percorso della
vita vasto ed aureo come il nostro cielo sempre cangiato di sfumature diverse.
Quindi la scelta di un percorso non implica necessariamente i sacrifici delle
altre vie. Diamo a noi stessi la possibilità di divenire consapevoli di noi,
sino al tempo in cui crederemo veramente di comprendere le verità profonde di
noi, solamente in tal modo ci sarà possibile epurare i nostri cuori e
rasserenare le nostre anime dai veli opalescenti della superficialità e del
pregiudizio. Domandiamo a noi come stiamo volando e dove stiamo volando, e
nessuno cadrà perché le ali deboli saranno risollevate.
LA RELIQUIA NELLA DISCARICA
Un giorno andai in discarica per gettare alcuni cocci di
piastrelle di porcellana; la discarica si trova su un ruscello. Mentre stavo
gettando via le piastrelle ho visto che una statua antica e piccola in legno di
ebano stava in bilico sul ciglio dell'infrastruttura che sostiene la discarica.
Quel giorno soffiava un vento insidioso, dunque decisi di raccogliere quella
statuetta abbandonata e proteggendola dal vento che presto l'avrebbe
precipitata nell'acqua del ruscello che violentemente la avrebbe proiettata
contro le rocce frammentandola. Grazie a questa esperienza ho imparato che ogni
luogo, anche i luoghi più tristi e le realtà più abbandonate, nascondono la
possibilità di essere il sito cl' una reliquia, un oracolo di realtà colorate e
illuminate. ln altre parole ed in onore di un'altra prospettiva in ogni
creatura, qualunque cosa fosse stata fatta, qualunque cosa fosse stata detta, è
custodita una fievole aura di Vita e di cambiamento che rischiara d'ilarità il
grigio delle manchevolezze. Ogni realtà è custode di una storia, che sia da
lodare e glorificare o da condannare e redimere, è tuttavia ora e sempre una
fonte condivisibile d'esempio utile all'origine ed al temprarsi di un personale
equilibrio etico; dunque possiamo imparare a riconoscere la reliquia nella
discarica? Dove tutto è miserabile, mediocre, impoverito, difettoso,
abbandonato, deviante: si possono trovare le luci dei cambiamenti spirituali e
delle anime magnanime.
IL DONO DEL TEMPO
Siamo tuttora abituati ad ascoltare e siamo soliti a credere in
queste parole:
Se non ti dedica il suo tempo, non merita il tuo tempo.
E dunque non diviene più spontaneo donare la propria iniziativa
di incontro in nome di questa dialettica della vendetta e del privilegio del
proprio ego.
Ora pensiamo a quanto spesso abbiamo amato ricevere il dono del
tempo di un nostro prossimo nonostante noi avessimo la consapevolezza di non
meritarlo, ora comprenderemmo in che misura possiamo operare il bene per il
prossimo; ed altresì per noi stessi che vedremmo riconosciuta dal prossimo la
nostra iniziativa di relazione. Poiché se in una amistà la catena delle
reciprocità ritorna a nuova vita vi sarà riconoscimento vicendevole e
giovamento per tutti.
Il tempo della vita è IL dono dedicato a ciascuno; poiché
viviamo, il tempo della vita non è un merito di un singolo o di un altro, non
acconsente alle logiche del privilegio e delle priorità, non deve meritarsi,
deve essere semplicemente donato a coloro che il nostro tempo vogliono
accogliere ed a coloro che ne manifestano l’esigenza. In verità non esiste una
realtà alternativa a questa, se non l'inesistenza: la volontaria solitudine è
dono velato del tempo di vita se è investita in una futura creatività
relazionale, non lo può essere se la solitudine è l'abbandonare e
l'abbandonarsi fini a sé stessi.
Che il tempo di un uomo o di una donna abbia più valore del
tempo di un altro uomo o di una donna è un assurdo e la proposizione:
"Scelgo di non donare a te il mio tempo." è un nonsense poiché la
vita è dono di tempo nella realtà di relazioni.
La coscienza del dono del vivere non può che implicare il
riconoscimento che il tempo non è una nostra proprietà, bensì che noi tutti
siamo a disposizione del tempo in uguale misura nel tempo che la realtà ci
dedica. Il dono del nostro tempo al prossimo è semplicemente la scelta naturale
della vita, ove scegliessimo di non dedicare il nostro tempo sceglieremmo di
ledere alla vitalità della relazione e di privare gli altri e noi stessi della
vita.
L’etica intimata della scadenza di tempo non è che l’imposizione
del tempo di vita di un uomo (o di un insieme di uomini) sul tempo di vita di
un secondo uomo, questa odierna eventualità è un nonsense ed ha una accezione
dispotica poiché prevede la radicale distinzione di valore tra i tempi di vita
di due uomini.
Da qui nasce la naturale volontà di donare il nostro tempo
senza pretendere, poiché la pretesa grava sul nostro prossimo e lede alla
creatività ed alla reciprocità della relazione, il dono, diversamente è un
valore aggiunto certo, è sinonimo della vita e coincide con la natura
relazionale umana.
Le
due alture
Immaginiamo dunque: esiste un baratro tra due alture abitate, i
cui abitanti possiamo caratterizzare come non intraprendenti, egoisti ed
inconsapevoli; essi ora, nel tempo della ricchezza decadranno in povertà poiché
l'ego di ciascuno il loro oro scialacquerà; ora, nel tempo della povertà
decadranno in miseria poiché non cercheranno alcuna relazione con il loro
prossimo, ciascuno custodirà il proprio pane sin quando non sarà terminato,
nessun magnanimo dono sarà ricompensato con maggiori premure.
Ora immaginiamo:
Esiste un baratro tra due alture abitate, i cui abitanti
possiamo caratterizzare come intraprendenti, altruisti e consapevoli; essi ora,
nel tempo della ricchezza prospereranno e dalle povertà si riabiliteranno
poiché l'altruismo di ciascuno fu ricompensato con l'oro del prossimo; ora, nel
tempo della povertà essi riconosceranno la necessità di trovare aiuto nel
prossimo per non decadere in miseria, dunque vicendevolmente cercheranno di instaurare
una relazione con gli abitanti dell'altura gemella, ed allora investiranno le
loro povertà nell'edificazione di un ponte, ciascuno ora potrà giovare di nuovi
altruismi e consapevolezze, quando il pane di una altura sarà terminato, i suoi
abitanti vivranno dei doni della vicina altura, presto il magnanimo dono sarà
ricompensato con maggiori premure.
Allora siamo indifferenti al bambino questuante una pagnotta.
Riflettiamo, un nuovo giorno, quello stesso bambino divenuto adulto divenne il
medico che salvò la vita a colui che un tempo ebbe donato il pane Possiamo
riconoscere che il valore di una pagnotta di pane per la miseria di un
digiunante è pressoché infinito. Ora egli, essendo in povertà non poté
assolvere alle spese mediche per la nostra cura, il fu mendicante estinse per
lui il costo della cura come riconoscimento del suo passato altruismo.
Le
bilance del destino e i gravi velati
A noi è concesso di avere consapevolezza d'uno solo dei due
gravi dell'arcano equilibrio del reale: l'evidenza. La coscienza della qualità
del secondo grave, è sovente velata. La nostra etica è tuttavia
fondamentalmente dipendente sia dalla realtà contingente ed evidente, sia dalla
realtà velata del pensiero e della memoria.
Ciascuno di noi è una bilancia del destino del reale, è
concepibile credere che ciascuna bilancia sia diversa secondo capienza e
resistenza garante dello stato di equilibrio. Talvolta la realtà è
caratterizzata dal valore della magnanimità, dedicando a noi gravi 'visibili' e
'gravi velati' di qualità e peso adeguate alla nostra coscienza, al nostro
carattere, al nostro cuore, alla nostra mente; le qualità dei gravi sono
dipendenti dalla qualità della relazione con il nostro prossimo. Talvolta la
realtà è caratterizzata dal valore della spietatezza, dedicando a noi gravi
'visibili' e 'gravi velati' di qualità intemperante e peso eccedente rispetto
alla resistenza della nostra coscienza, del nostro carattere, del nostro cuore,
della nostra mente, umanamente caratterizzati dalla qualità della fragilità. La
magnanimità della realtà è dunque la carità, la premura, la cura, il valore del
dono di ciascun singolo ad ogni suo prossimo ed implica l'alleviare dei gravi
sui piatti della bilancia e la conseguente predisposizione al governo
dell'equilibrio di sé in nome del riconoscimento e del dono dei valori di
carità che furono il premuroso esempio del nostro prossimo.
Le serenità: la compagnia, l'amore, l'amistà, la fraternità, la
carità sono levità: esse, poiché non gravano sulla bilancia della coscienza sono
il compimento delle ireniche esperienze di vita che donano all'uomo il
sentimento dell'orizzonte del paradiso.
La velata eccedenza dei gravi della realtà nella coscienza
implica necessariamente la sua traduzione nel reale evidente:
Esperienze di paralisi di ogni creatività, sovrappensiero e
dunque distrazione, di perdita di capacità di memoria, la mente allontana ciò
che duole ricordare.
Diveniamo consapevoli dell'esistenza delle velate ferite, non
scherniamo coloro che soffrono, talvolta essi sono i più caritatevoli e
magnanimi:
Il danno subito può implicare alcune nostre possibili risposte:
La trasparenza, la nera opacità, la riflessione, la rifrazione e la
purificazione.
La nera opacità: associamo ai lumi solari le energie negative
derivanti dal danno subito ed associamo ad un corpo nero la superficie della
nostra coscienza: questa eventualità implica il nostro assorbire senza
re-irradiare le energie negative:
La trasparenza è una forma di purificazione del danno devoluto
poiché ne elude le implicazioni nella realtà. (La trasparenza è una condotta
salvifica per l'ambiente e neutra per il custode, il meno implica lo zero)
La purificazione è una attitudine irenica e fondamentalmente
costruttiva: il danno subito diviene consapevole e perdonato, viene assimilato,
viene purificato e viene riflesso o rifratto in qualità di benevolenza. ( Il
meno implica il più )
Il
cammino delle porte
Immaginiamo una persona che si trova di fronte ad una vasta
parete, l’unica realtà che si distingue sulla parete è una porta, attribuiamo
all’immagine dell’ultima porta la analogia con la prospettiva ultima sulla
realtà o la persona oggetto del giudizio. La persona può scegliere di fermarsi
dinanzi alla realtà e non giudicare; in questo caso la immaginiamo fermarsi
dinanzi alla prima porta. La persona può scegliere di giudicare ed allora sin
dal principio del giudizio e fino al suo termine nella sua mente si
instaureranno miriadi di associazioni tra la realtà osservata e la sua memoria
ed esperienza; In questo caso il racconto coerente con questa possibilità è il
seguente: La persona, sola, sceglie di aprire la prima porta, una volta
attraversata la prima porta lei si trova dinanzi a due nuove porte, ne
sceglierà una, nuovamente si trova dinanzi a quattro porte, ne sceglierà una e
così sarà sino a quando il suo percorso ideale e mnemonico non la convincerà
della propria verità sulla realtà che ha scelto di giudicare.
Argomento 1 :
La persona che intraprende il cammino delle porte è una
conoscente della persona che è la realtà soggetto del giudizio.
Argomento 2 :
La persona che intraprende il cammino delle porte è la medesima
persona che è la realtà soggetto del giudizio.
Nelle possibilità secondo cui la realtà osservata sia una
persona, la sua mentalità, la sua storia e sia essa stessa ad essere giudice
(consapevole poiché possiede gli strumenti mnemonici necessari alla coscienza
di sé, lei varcherà la prima porta, e perseverando nel giudizio di sé giungerà
a varcare n porte risultanti dalla combinazione delle sue scelte, e in conformità
con il suo percorso giungerà in un luogo.
È comprensibile che la persona che intraprese il percorso
mentale dell’ argomento 1 raggiunga una stanza finale dissimile rispetto alla
persona soggetto dell’argomento 2. Questa eventualità esemplifica il fatto che
la consapevolezza della persona 1 è un pregiudizio fuori luogo e lontano
rispetto alla verità del luogo in cui è giunta la persona 2.
Argomento 3
L’unico modo possibile per la persona 1 di conoscere la verità
sulla realtà di 2 è di giungere alla sua
medesima ultima porta, affinché ciò si realizzi 1 deve lasciarsi guidare da 2
sin dal principio; mediante i valori del dialogo e dell’ascolto.
Argomento 4
Le persone che intraprendono il cammino delle porte sono n
prossimi della persona che è la realtà soggetto del giudizio.
È rilevante riconoscere che ciascuno di essi, in mancanza della
guida della persona 2, in autonomia o secondo reciproca influenza giungerà
secondo ingente priorità in una stanza finale dissimile rispetto alla persona
soggetto dell’argomento 2. Questa eventualità esemplifica il fatto che la
consapevolezza di queste persone, essendo il risultato delle loro singole
memorie, esperienze e consapevolezze, si rivela essere un pregiudizio fuori
luogo e lontano rispetto alla verità del luogo consapevole in cui è giunta la
persona 2.
Argomento 5
Nel caso in cui l’oggetto della giudizio sia una realtà esterna
che non sia un a persona, poiché non ci è permesso di dialogare con esse per
comprenderle, l’argomento diviene più complicato.
Le logiche della scelta autonoma e eteronoma, della delega e
della responsabilità, della relazione e della solitudine, l’equilibrio tra
ideale e scelta concreta, la non esistenza della dicotomia, e la sfumatura
della realtà che in rari casi è solo bianca o solo nera nel tempo e nello
spazio; queste ed altre più semplici o più complesse sono variabili che si
relazionano con questo argomento. (Queste variabili entrano in gioco anche nel
caso del giudizio relativo al prossimo) È tuttavia necessario riconoscere il
valore delle scelte di ciascun singolo nel mentre del suo percorso mentale
poiché il luogo del territorio in cui egli/lei giungerà ed i modi in cui vi
giungerà saranno in misura rilevante dipendenti dalle porte che sceglierà di
aprire e da quelle che sceglierà di eludere.
NON DIMENTICHIAMOLO MAI: LE PORTE DELLA REALTÀ NON SONO SEMPRE
APERTE E BIDIREZIONALI, NONOSTANTE LO SIANO NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI, ANCHE
SE TALVOLTA NON SAPPIAMO O NON POSSIAMO RICONOSCERLO. QUESTO SIGNIFICA CHE
TALVOLTA CI È CONSENTITO DI TORNARE SUI NOSTRI PASSI, TALVOLTA NO.
V E L A T E E L I S I O
N I
Il volere talvolta è il velo del pretendere senza il dare.
Si vuol il tempo del prossimo, ma non si dona il tempo,
Sì domanda la curiosità dell'altro, ma non si dona l'interesse
verso il curioso approfondire.
Si vuol la sua simpatia, ed ove si riconoscono le antipatie vi
doniamo le nostre apatie.
Sì vuol la sua gioia e il suo furore, tuttavia ove vi
riconosciamo i segni della timidezza e della noia ne soffochiamo gli ultimi lumi.
Sì domanda la speranza nel felice divenire, ma non si conforta
e non si rassicura.
Sì desidera l'iniziativa dell'incontro, ma si tace, non si
chiama a gran voce il prossimo dinanzi al suo silenzio.
Sì assume di conoscere ma non si chiede.
Si inaugura la propria appartenenza ad una comunità, qualsiasi
essa sia, mentre si teme il diverso, ed il fatuo timore emarginando, il
diverso, originariamente docile, incattivisce.
Si vuol ottenere gli onori della responsabilità, ove si sceglie
di delegarla.
Ed ora che si comprende il misfatto, il cambiamento è vano.
Quale è dunque il senso del nostro pretendere se non il nostro
scegliere quotidianamente di affievolire i lumi dei nostri fratelli come
palloncini che presto sbuffando si sgonfieranno per la pressione che è loro
pretesa? Poiché il pretendere non è che una grave sottrazione che non può che
risolversi in una nostra futura privazione e vuota mancanza. La gratuità
disinteressata è il valore della crescita interpersonale. Riflettiamo in
relazione ai valori estremi (Eticamente e moralmente positivi e negativi) delle
eventualità della vita, questi talvolta si manifestano secondo le loro
accezioni radicali, tuttavia sovente si possono riconoscere alcuni loro esempi
di gravità più lievi, conoscendo le gravità estreme potremmo riconoscere le oro
immagini meno gravose ed urgenti riequilibrandole. Sappiamo dunque gonfiare il
palloncino dell'animo del nostro prossimo? Ed insieme ci sosterremo, saremo
presto sostenuti da nuove vicendevoli ed alternate conciliazioni: ove prima ci
abbandonavamo sopiti e gravi alla terra, ora leggeri e vividi possiamo salire
ai variopinti ed irenici cieli della realtà.
VELATI DIVENIRE
È aperto il portale dell'anima a coloro che chiedevano conforto
e ascolto, o è blindato sostenendo di non avere nulla da dare: nei giorni delle
piogge fendenti un bambino questuante si accostò alla porta di una abitazione,
il mendicante in fin di vita bensì fiducioso bussò alla loro porta cortesemente
ed umilmente domandando una pagnotta di pane. Un uomo, quando vide apparire la
creatura in fin di vita, ammutolì tuttavia decise di ascoltarlo, non appena
egli divenne consapevole della richiesta del pane l'uomo si voltò verso la
moglie, il questuante vide i loro sembianti alludere al suo abbandono, presto
il giovane questuante avrebbe udito la donna pronunciare: "lo, sai caro,
egli chiede una pagnotta, ne domanderà il doppio, e presto dieci volte ciò che
ora chiede, egli tornerà, non possiamo permetterlo."
"Cara, non possiamo sapere del futuro, forse chiede solo
una pagnotta di pane."
La donna, esortò il marito a chiudere la porta, il marito,
seppur incerto, dopo aver confidato al questuante le parole: "mi
dispiace" egli chiuse la porta.
Il giovane si accostò alla finestra di questa abitazione, i
suoi vetri appannati velavano la quotidianità della famiglia benestante; il
padre colse alcune tra le numerose pagnotte custodite in un dorato recipiente e
le diede in dono alla moglie ed ai figli. Il giovane ora privo di energie
incedette verso una abitazione fatiscente, ora, diversamente fu ad egli donata
una pagnotta. Nonostante la sua condizione debilitata il ragazzo chiese al
custode della panetteria del paese di lavorare il pane per essere ripagato di
poche pagnotte al giorno, presto egli avrebbe destinato in dono alla famiglia
dell'abitazione fatiscente dieci pagnotte.
Quando incontriamo il nostro prossimo immaginiamo per ciascun
istante della nostra relazione con lui, come sarebbe tale istante in assenza
della sua presenza, o in una attitudine di stasi assoluta, ora sapremmo
riconoscere il valore velato nelle sue timide e umili attitudini; giudicando
non associamo la sua attitudine alle nostre idee di eccellenza e perfezione,
questa nostra associazione impoverisce e talvolta annichilisce il contributo
del prossimo, osserviamo quanto e come il prossimo aggiunge ad un ipotetico
nulla, di cui talvolta siamo noi stessi la fonte originaria. Spontaneamente lo
apprezzeremo per ogni singolo suo lume di vita velato o manifesto.
Quante persone camminano ancora con noi, nonostante siano
lontane da noi, quante persone ripongono in noi la loro fiducia, seppur non
esprimendola, a quante, diversamente abbiamo fatto torto, essi ci hanno
dimenticato? Poiché sin quando esiste la vita, esiste il variopinto divenire
delle realtà incompiute; ciascuna realtà è in stato evolvente secondo
limitatezze nel tempo e dello spazio che sfiorano l'eterno, accogliamo i
principi della magnanimità della vita che sempre perdona finché esiste.
Ubiquità
velate
L’illusione
della lontananza.
Alla fine, poiché viviamo, non possiamo che esistere gli uni
per gli altri in ogni dove ed in ogni adesso. Nel ‘come’ esistiamo per gli
altri risiedono le nostre responsabilità, la scelta di non delegare le nostre
responsabilità è la chiave di volta dei valori di cui l’uomo può divenire
esempio secondo la sua natura: La magnanimità, la gratuità, la libertà, la
umanità, la fraternità, la creatività.
Il 'comprendersi' è una meta fondamentale: il pellegrinaggio di
conoscenze, l'immagine della meta è un punto. Vi sono due pellegrini, ciascuno
di essi vede all'orizzonte il punto della meta, i casi possono essere
molteplici secondo le variabili della volontà, della consapevolezza, del tempo
e dello spazio:
La bussola della fiducia dell'incontro.
I pellegrini intraprendono
il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi sono consapevoli che
il rispettivo pellegrino sta affrontando il cammino lontano da lui/lei,
tuttavia con lui/lei ( il miracolo del pensiero di ubiqua compagnia ) essi
raggiungono il punto della meta nel medesimo adesso in grazia di una bussola;
È dal punto di questo incontro che essi potranno comprendersi.
La bussola della pazienza dell'incontro.
I pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due
origini lontane, essi sono consapevoli che il rispettivo pellegrino sta
affrontando il cammino lontano da lui/lei, tuttavia con lui/lei ( il pensiero
di ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta in istanti diversi.
Il primo pellegrino attende l'arrivo del secondo pellegrino. È dal punto di questo incontro che essi
potranno comprendersi.
La bussola della curiosità, della sorpresa e della volontà di
conoscenza del pellegrino sconosciuto.
Due pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da
due origini lontane, essi non sono consapevoli che il rispettivo pellegrino
stia affrontando il cammino lontano da lui/lei, (non esiste il pensiero di
ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta in solitudine tuttavia
con sorpresa incontrano qui uno sconosciuto/a, essi parleranno del loro viaggio
che li ha condotti alla meta.
È dal punto di questo confronto che essi potranno comprendersi.
La bussola della perseveranza del confronto, e della
coesistenza del Noi.
Due pellegrini
intraprendono il cammino, partendo dalla medesima origine, essi raggiungono il
punto della meta in reale compagnia (compagnia non ideale) e quando giungeranno
alla meta essi riconosceranno di essersi compresi durante il tempo dilatato del
loro cammino, il punto della meta sarà per essi rilevante in misura di una
seconda meta: la meta del compimento del Noi.
Devianze dalla meta del reale compimento del Noi:
Attitudine di inesorabilità prima: la volontà del definitivo
non incontrarsi.
I pellegrini
intraprendono il cammino, tuttavia partendo da due origini lontane, essi sono
consapevoli che il rispettivo pellegrino sta affrontando il cammino lontano da
lui/lei, e che ad essi è destinata la medesima metà, tuttavia uno/a di essi
sceglie di raggiungere una diversa meta, essi non si incontreranno e non si
comprenderanno.
Attitudine di non inesorabilità: il tergiversare l'incontro.
- Lettura del caso secondo: La bussola della pazienza
dell’incontro ( un pellegrino sceglie temporaneamente di raggiungere una nuova
meta, tuttavia presto si incamminano verso la meta originaria, il secondo
pellegrino lo/la attende)
- Attitudine di inesorabilità: impazienza.
Un pellegrino sceglie temporaneamente di raggiungere una nuova
meta, tuttavia presto si incamminano verso la meta originaria, il secondo
pellegrino non lo/la attende, essi non si incontreranno e non si
comprenderanno.
Attitudine di inesorabilità , indifferenza.
Due pellegrini intraprendono il cammino, tuttavia partendo da
due origini lontane, essi non sono consapevoli che il rispettivo pellegrino
stia affrontando il cammino lontano da lui/lei, (non esiste il pensiero di
ubiqua compagnia ) essi raggiungono il punto della meta in solitudine tuttavia
con incontrano qui uno sconosciuto/a, essi si ignoreranno vicendevolmente , si
incontreranno superficialmente e non si comprenderanno.
Attitudine di inesorabilità , la separazione.
Due pellegrini intraprendono il cammino, partendo dalla
medesima origine, essi raggiungono il punto della meta in reale compagnia
(compagnia non ideale) tuttavia essi non giungeranno alla meta, poiché uno/a di
essi nel mentre del cammino deciderà di raggiungere una nuova meta essi non
raggiungeranno la meta poiché mai si comprenderanno.
Il pregiudizio secondo cui giudichiamo che la ragione relativa
ad una contingenza appartenga a noi stessi è un pensiero che decade in
attitudine di inesorabilità che implica la non disponibilità verso l'umiltà
dell'ascolto della prospettiva di sguardi diversi e la sottovalutazione del
principio "Sapere di non sapere" di cui Socrate fu il maestro. Siamo
lontani dal comprenderci nella misura in cui crediamo che la nostra prospettiva
o la nostra meta sia l'unica esistente e l'unica di valore; il prisma della
verità di un soggetto contestuale è ordinato secondo miriadi di piastre
traslucenti, che virano le loro variopinte opalescenze in ogni adesso, a
ciascuno è permesso di vedere l'evolversi di solamente una piastra, avremo
coscienza della verità nella misura in cui vorremo conoscere la prospettiva dei
prossimi nostri; analogamente se immaginiamo che la meta sia un prisma custode
di miriadi di episodi, questa singolare composizione sarà immensamente più
florida, variopinta e fiorente in grazia della condivisione della meta con i
nostri prossimi, essi vi parteciperanno e vi aggiungeranno i loro colori, le
loro vitalità, consapevolezze e attitudini creative.
Questa riflessione ha esemplificato due accezioni di meta
differenti:
Meta relazionale: La vicendevole comprensione, il reciproco
conforto e aiuto, la vicendevole condivisione della meta autoreferenziale al
fine di giungervi insieme.
Meta autoreferenziale: Passione autoreferenziale, obiettivo,
carriera, sogni individuali.
Inoltre questa riflessione vuole consigliare che ciascuna di
queste due mete e le rispettive vie si completano vicendevolmente. Una vita
dedicata alla sola meta autoreferenziale o una vita dedicata alla sola meta
relazionale saranno percepite e riconosciute come manchevoli o sovente prive di
senso e non equilibrate. Diversamente se in una vita la relazionalità e la
autoreferenzialità sono compresenti, esse compartecipano alla via di vita non
labile, equilibrata, buona, giusta, compiuta, lontana dagli eccessi, lontana
dal materialismo, non estranea all’altruismo, lontana dalle attitudini di
inesorabilità e di depauperamento del prossimo e priva del sentimento di
nichilismo.
IL PESCATORE BUONO
Un uomo povero visse in una comunità di vegetariani abitanti di
una remota isola.
Era un uomo povero, ed era un bravo scultore e un pescatore
buono.
Era vegetariano, restò per il corso della sua esistenza ligio
alle tradizioni della sua comunità che implicavano il digiuno dalla carne e dal
pesce.
Egli dunque coltivava quotidianamente l'orto che fiorente gli
donava le sussistenze per sopravvivere.
Tuttavia egli si distinse dalla comunità, poiché egli non era
natio di quel luogo.
Egli visse la sua infanzia con il padre su una nave di
pescatori, lì conobbe le vicende del mare e imparò la passione della pesca.
Egli ogni giorno, dopo essersi dedicato al suo orto prendeva la
sua canna da pesca regalatagli dal padre, quest'uomo all'età giovanile come la
sua famiglia e tutti i compagni pescatori fu superstite del naufragio della
nave.
A causa della sua singolare passione egli fu emarginato: Egli
fu l’unico a perseverare la attitudine alla pesca; i compagni perscatori e la
sua famiglia a causa delle leggi tradizionali del luogo desistettero. Divenuto
un ragazzo egli costruì un ampio acquario in cui si prendeva cura dei pesci che
andava pescando e ai quali dedicava parte delle sue vegetariane sussistenze.
Un giorno alcuni compaesani che disistimavano la sua attività
di pescatore, in seguito ad averlo offeso con parole ingiuriose nel senso
"Ritorna in mare straniero, qui secondo tradizione i pesci sono creature
sacre, e te li estranei dal loro ambiente vitale e li cuoci, non fingere con
noi, l'essere agricoltore è solo un contorno. " il pescatore buono provò a parlare, a
rispondere e a spiegare loro che i pesci non erano parte della sua sussistenza.
Tuttavia appena egli sospirò parola uno di essi disse: "No", e con
impeto colse la canna da pesca del suo padre e la spezzò.
Dopo questo gesto il malfattore concluse:"È chiaro?".
Il pescatore mantenne con resilienza le sue quotidiane
attività, essendo un bravo scultore riuscì a costruire una nuova canna da
pesca.
All'alba d'un Sol nuovo il pescatore esperto notò avvicinarsi a
lui un pesce molto raro, un pesce che ricordava aver visto solo una volta nella
sua vita quando pescava insieme al padre. Era un 'Betta splendens', il
pescatore buono riuscì a pescare il pesce che fluiva al corso delle rapide,
tuttavia non lo condusse con se. Abbassò la canna da pesca e permise allo
'splendens' di ritornare a nuotare in mare.
Nei giorni seguenti accaddero delle vicende meravigliose, lo
'splendens' ritornava quotidianamente dal pescatore nuotando fino alle sottili
onde della sua riva, il pescatore buono dopo alcuni giorni in cui ebbe
riconosciuto l'eccentrico comportamento dello 'splendens' gli portò parte del
suo vegetariano raccolto.
Intanto il buon pescatore si impegnò nel realizzare un acquario
più ampio in cui avrebbe lasciato in eredità i pesci che ebbe pescato in onore
della tradizione del luogo, scolpì allora un basamento in marmo e sensibilizzò
la comunità affinché gli potessero permettere di inaugurare l'acquario come
oggetto di devozione pubblica. Con premura e pazienza la rigida tradizione
locale evolse in grazia della dedizione del pescatore buono, sì gli abitanti
dell'isola che ebbero sino a quel momento ricusato la pesca ne accolsero la
passione. Talvolta il pecatore buono liberava in mare i pesci che pescava
proprio come accadde quando liberò il ‘splendens’;
dimodoché ciascuno dei pesci mantenesse il medesimo tempo di
permanenza nell’acquario, altresì nel caso dell’acquario popolare incise sul
basamento di marmo questa indicazione pregando dunque i popolani di perseverare
questa sua idea di libertà.
PETALI DI CILIEGIO
La donna mi disse: Guarda! In questa stanza ci sono dei petali
di ciliegio.
Qui, in questa stanza, non è reale, è ideale: è un artefatto.
Fuori non è così, fuori è realtà.
Dopo averla salutata sono uscito dalla stanza e ho chiuso la
porta, ma la porta non si è chiusa perché la donna ha fatto resistenza uscendo
dalla stanza. La porta è rimasta aperta. Ho aspettato fermo come una statua al
limite tra "la stanza" e "l'esterno" e la donna che mi ha
salutato mi disse:
Guarda! I petali di ciliegio sono altresì lungo il viale del
giardino appena fuori dalla stanza dove abbiamo parlato. La donna continua
dicendo: "Quindi non è vero che il passato non esiste, il passato può
essere reale, il passato può essere presente, deve essere visto semplicemente
presente, qui ancora resiliente, ma resiliente non deve essere il tempo
dobbiamo esserlo noi. Il futuro come il passato è in noi, immaginario. Quindi
il futuro è ugualmente Realtà e presente". E alla fine lei ha concluso :
"Guarda! I petali di ciliegio sono altresì lungo il viale
del giardino appena fuori dalla stanza dove abbiamo parlato!
“Nella stanza dissi: La stanza è un artefatto, non è realtà,
realtà è fuori la stanza.
Ed in verità qui ti dico: Qui, il giardino dei ciliegi non è
realtà, è ideale: è un artefatto. Realtà è la stanza la cui porta abbiamo
varcato. Dimmi che non è così.
La porta tra Tempi, luoghi, virtualità, realtà, immaginario è
aperta, sono la stessa entità.
L'immaginario è invisibile realtà creativa e la realtà è
immaginario,
sogno e fantasia e desideri sono immaginari e sono realtà,
Il virtuale è reale e la realtà è la virtualità,
Immaginario è virtualità e virtualità è immaginario.
Il lontano è qui,
Pensare che “Il lontano è qui” è il passo verso il lontano che
varca la sua inesorabilità, che risolve il suo inpasse, che plasma la sua
definitività.
Allora il lontano nel tempo è ora.
I petali sono ovunque:
E la donna non mi ha mai salutato,
e la porta della stanza è chiusa: Chiusi io stesso la porta,
lasciando la donna che non salutai nella stanza:
Ché l’idealità può essere non realtà,
l’inverso speculare
della realtà –
L’immaginario soggettivo è realtà.
E la realtà può essere non idealità :
Ed Io dopo avere scritto “I TRE QUADERNI”
mi ripromisi di non scrivere più."
Siamo
È accaduta una singolare coincidenza, ricordi i nostri orologi?
Erano orologi che scandivano sentimenti affettivi di famiglia, di amicizia, di
amore, erano i nostri orologi, bussole del tempo insostituibili non
intercambiabili. Questi oggetti ancestrali e antichi riflettevano i nostri visi
sul cristallo del quadrante dorato, quando avevamo bisogno di noi per sapere
l'ora giusta dell'adempimento al nostro destino, quando reciprocamente seguiva
una nostra carezza all'inclinare dei nostri polsi per disvelarci l'ora giusta,
potremmo comprare nuovi orologi ma essi ci direbbero solo l'ora, non più il
nostro significato del tempo, io ti chiedo scusa perché ho perso l'orologio di
noi, so che anche te lo hai perduto, lo so perché mi chiedesti quale sia il
tempo giusto, quando mi chiedesti questo io sentii di doverti domandare le
medesime parole, allora ci accorgiamo insieme di aver perduto i nostri orologi
nello stesso momento.
Ma non ti preoccupare questo comune sentimento è la via giusta
per ritrovarli, intanto sto scrivendo un libro, lo so che non è come i nostri
orologi, tuttavia è un modo per reinventare il nostro tempo, per donarci tempo
altresì se in parte lo abbiamo perso, così lo scoccare delle lancette somiglia
al realizzarsi delle lettere sul bianco foglio, per dire che c'è ancora molta
carta bianca, molte linee non sono trascritte, allora persevero nell'ideare il
mio orologio così da poterti rispondere che il tempo giusto esiste ancora ed
insieme ho avuto cura che vi fosse spazio per te nel nostro tempo, così se non
troverai proprio il nostro orologio ti basterà una qualunque penna per
ritornare a trascrivere la nostra storia, se mi domandi saprò risponderti in
che momento siamo della fiaba, mi conosci e sai che so sognare allora comprendi
che chi sogna sa riscrivere oltre la parola fine e segnare la nuova prima
lettera di fiabe che non sono ma che sono destinate ad essere non per gli
orologi, per i fogli o per le piume d'inchiostro - ché avere perduto i nostri
orologi non significa avere perduto Noi.
DESTINO
un vento lieve incoraggia il mistico camminare lungo un
sentiero tra i salici.
Una persona al mondo, lei ed il tempo in un punto
nell'universo, perché custodisca e germogli buone memorie.
Un'aura primaverile, stormendo le cascanti rigogliose fronde, a
lei rievoca il suono dell'ilare sciabordìo di onde del mare che l'equòreo
zefiro zampillava
Voci gemelle della natura di luoghi e tempi lontani risuonano
in noi, punti di discontinuità del tempo.
I virtuali albori del passato, le ireniche aurore del futuro, i
giocondi arcobaleni dell'immaginario, a noi velano il presente.
Tra i salici, al temperato gradiente del cielo i lumi si
rifrangono in traslucenti cipsele danzanti, uno dei piumati frutti sfiorandomi
il viso mi rinsavisce dai miei pensieri. Mi immersi nel flusso evanescente dei
cipsele, nonostante il mio impegno nel cogliere uno di questi eterei aghi
riconobbi di non potere nulla dinanzi alla volubilità dello zefiro, il loro
volitare era giocondo, imprevedibile, inarrestabile: i pensieri, i nostri
fugaci saluti, siamo natura, possiamo eludere le sue leggi?
Aghi eterei, argentei lumi rilucenti rievocarono le dorate
polveri d'un lungomare al crepuscolo. Mi chinai e raccolsi le sabbie del tempo
che il vento congedò da me, vidi allora un/a bimbo/a provare a trattenere
l'acqua del mare con le sue mani, lo/a vidi piangere quando si accorse di
perdere troppo presto le stille che avrebbe desiderato custodire.
Pianse perché le sue mani non avrebbero dovuto tremare mentre
custodivano ciascuna delle stille, avrebbero dovuto essere perseveranti nel
loro mantenere un equilibrio, una resilienza che forse fu al di là della loro
facoltà.
Tuttavia tutto in verità resta: E quello stesso granello di
sabbia che la tua mano non ha potuto trattenere ritorna con te in un giorno
primaverile al volitare degli aghi del cielo, ed allora rincuora il pensiero
del dono di libertà, il fil rouge della vita.
Al faro, la meta del cammino lungomare: la linearità
dell'orizzonte, il terso celeste del cielo e lo screziato turchese del mare: lì
ove il giudicare è ininfluente.
Ed allora si immagina di potere sfiorare l'infinito
dell'orizzonte e di poterne respirare la semplicità e la serenità del suo
essenziale, intanto ascoltando il caos dell'affarismo, le voci di chi in ogni
attività ha come scopo il guadagno ad ogni costo, di coloro che ancora
sacrificano i mezzi per raggiungere i propri fini.
È l'infinito dell'orizzonte, l'immensità della solitudine di
un'anima in quell'universo, la tenuità della sua aura nel grembo d'ireniche
vastità che umilmente sussurrano che ogni inesorabile diniego, ogni severo
egoismo e dispotismo sono un gioco che non vale la candela, sono miraggi di
sogni, in verità maschere d'incubi velati.
Il sentiero è terminato. Dinanzi a me un santuario ed una stele
su cui furono scolpite Ie parole:
"Si tramanda una leggenda secondo cui il limite vide
l'infinito, la sua prospettiva circoscrisse la sua essenza e lo spirito
dell'infinito si allineò alla volontà del limite. Così il limite completò
l'infinito e l'infinito completò il limite.
Ora sono gracile, impoverito, fatuo, volubile: la più lieve
brezza mi ha spinto sino a qui, dinanzi a questa stele.
Tuttavia ora non posso nulla al cospetto del mio gemello
infinito: un'aura permeata di spirito creativo, un'ispirazione mi avvolge, lei
schianta il mio polso sul foglio, valorizza le mie idee, frammenta ogni
superficie ed illumina ogni abisso rinnovando ogni declinante stato della mia
mente, così le mie debolezze, la mia noia, le mie labilità, la mia stanchezza,
i giudizi, i dubbi, la mia volontà contraria e le vicissitudini del reale
rappresentano il mio essere il limite che quest'aura risolve, completa e muove
con la sua incommensurabile energia vitale ed a lei questi limiti sono
impotenti come conchiglie che s'infrangono al delirio dello zampillare marino.
Io non faccio nulla se non abbandonarmi a lei, a questa voce.
Non mi è possibile oppormi poiché lei è immensamente più volitiva di me. Cosa
potrebbe un uomo nel vortice di un Mulinello d'acqua? Chissà dove mi condurrà,
quando mi lascerà nuovamente in quiete.
Prevedendo i soli nuovi nei flebili lumi di candele stemperate,
ne ravviviamo i lumi, tuttavia consapevoli di non poterne scorgere alcun
imminente bagliore di cambiamento buono, noi, riconoscendone il giocondo filo
di fumo avvolgere le loro perseveranze, mai desisteremo, donando presto al buio
un nuovo lume.
Nulla die sine linea
Le memorie, i sogni, gli immaginari sono per i frammenti del
reale come l'oro con le reliquie? Kintsugi. O forse sono irreali anestesie, i
'canti delle sirene', i miraggi ipnotici dai quali è urgente fuggire? Pensieri,
giudizi, dubbi, apparenti gravose illusioni, inibendo l'attenzione, illudono
Noi d'essere mari di pietra, mentre sono come acqua portata al mare.
ONIRICHE PRIORITÀ
Ad una donna esile fu consigliato di intraprendere un viaggio,
le sarebbero state donate le vettovaglie utili alla sua sussistenza; Il
committente del pellegrinaggio verso il luogo delle oasi desertiche era un uomo
savio ed enigmatico che usava lasciar dondolare al vento un antico orologio a
taschino color rubino come un pendolo. Un filo amaranto sosteneva a mezz'aria
il meccanismo del tempo, un elegante mantello celava parte d'un segno
d'inchiostro: la parola destino oscurava l'avambraccio dell'uomo d'arcani
significati.
"Ora ti consegno
questa pesante anfora, contiene dei puri e candidi cristalli, queste polveri
sono rare e preziose, tuttavia sono d'una rarità inconsueta, unica e
difficilmente barattabile. Potrà la tua curiosità riconoscere che questa anfora
sia custode della tua saggezza? Nel mentre del tuo cammino incontrerai un
viandante nel deserto ed una lavandaia che ti chiederanno di dedicar loro il
tuo tempo, le tue cure e la tua carità, in grazia della tua magnanimità potrai
riconoscere in questa compagnia la tua felicità?
Il tuo pellegrinaggio culminerà nel luogo delle clessidre dove
potrai raccogliere alcuni lingotti d'oro che ti doneranno ricchezza. Ricorda,
questa pesante anfora è altresì una zavorra che ti rallenterà; parimenti il
povero viandante e la lavandaia rallenteranno la tua solitaria corsa all'oro,
ricorda inoltre che presto le sabbie ammanteranno il portale d'accesso al
tempio delle clessidre custode dell'oro. Ora vai e valuta da te le tue
priorità."
La giovane donna intraprese il cammino, presto ed
avventatamente abbandonò ai venti desertici le sacre candide sabbie che ora si
dispersero frammentariamente divenendo ora del vento, ora del fuoco, ora della
terra, ora dell'acqua ed il candidi ed opalescenti frammenti persero il loro
valore tra le grezze rovine desertiche. L'esile donna giudicò di consumare al
più presto le vettovaglie a sua disposizione così da avere le energie
necessarie per raggiungere il tempio della clessidra il prima possibile.
Nel mentre del cammino la donna, ora in forze, incontrò un uomo
morente il quale chiedendole una pagnotta di pane per rinsavirsi; le disse che
le avrebbe dedicato la sua riconoscenza.
Tuttavia la donna non vi dedicò che le parole: "Non posso
dedicarle il mio tempo. Ed aggiunse velatamente: "ll Destino ha riservato
per me pregevoli fortune, tu potresti forse quanto il mio destino può?"
Nuovamente la realtà donò alla donna una seconda ed ultima
possibilità di felicità:
Una lavandaia chiese alla donna: ho premura di lavare queste
vesti per mio figlio in tempo, sai, in questi giorni celebreremo le sue nozze,
lei è custode dell'oro bianco? Lei può donarmi un calice della candida polvere?
Potrebbe pazientare con me ed aiutarmi affinché io possa dedicarmi ad altre
vesti per la mia famiglia? Le chiedo solamente un calice, so che questi
cristalli potrebbero essere nuovamente presto utili per lei. Le sarei
riconoscente."
Tuttavia la donna non vi dedicò che le parole : "Non posso
dedicarle il mio tempo. Ed aggiunse velatamente: "ll Destino ha riservato
per me pregevoli fortune, tu potresti forse quanto il mio destino può?"
La donna avendo elusi tutti gli 'ostacoli' che la separavano
dall'oro giunse solitaria in tempo al tempio delle clessidre prima che le
sabbie ne avessero compromesso l'accesso. Sul portale vi erano incise le
parole:
"Le due lontane clessidre attendono d'essere
simultaneamente equilibrate con opalescenti e fini sabbie. Così il caritatevole
destino diverrà compimento dell'umiltà, della fraternità e dell'accoglienza.
Ed il destino, il padre d'arcani equilibri, donerà l'oro a
coloro che hanno scelto le priorità delle dorate magnanimità."
La donna non poté che rassegnarsi al riconoscimento del suo
destino che si rivelò in ogni adesso del suo pellegrinaggio nelle scelte delle
intimate solitudini, dei disvalori dell'abbandonarsi e delle oniriche priorità.
INNER CHANGES
Persiste una fatua melodia del nulla cadenzata dal caotico
cadere della pioggia e dall'autunnale cadere delle foglie. Tuttavia le medesime
monotone e malinconiche evidenze della tua realtà cambiano le loro sfumature al
divenire della tua anima e del tuo pensiero. Sia questo cambiamento nel tempo
d'ogni ora un beneficio per te e per le persone che ti circondano in grazia dei
miracoli d'un amore che grazie all'amistà esemplifica e reitera questo
cambiamento similmente alla miriade di riflessioni originate dal virtualizzarsi
di una realtà tra due specchi paralleli: si realizza il compimento dei valori
del tuo io bambino e della tua coscienza, ravvivati dalle tue letture e dalle
tue esperienze; si rivelano dunque questi valori nelle persone accanto a te.
Quest'aura di creativa condivisione risuona nell'animo delle
persone con intensità sempre più vive rivitalizzando la nostra comune realtà.
IL
DIALOGO DELLE DIVINITà DEL TEMPO
Speranza: "Ci sarà tempo". Ritorno: "Spero che
tu dica il vero."
Inesorabilità: "No." Nichilismo: "Non importa,
non mi interessa, niente è importante."
Utopia: "I sogni sono reali, perché sei un sognatore, un
reale sognatore: gioca con il nonsense e renderai l'irreale impossibile, reale
possibile".
Serendipità: "Vivi per raggiungere il Cuore della tua
meta, forse nel frattempo incontrerai diverse realtà e cambierai idea, le
realtà che incontrerai saranno più importanti per te della tua meta
originale."
Silenzio: ""
Resilienza: "Silenzio, vigliacco, sei già andato?"
Pace: "Resilienza, dedica rispetto al Dio del
silenzio".
Innocenza: "Resilienza, il Dio del silenzio non ci ha
abbandonati, non si è congedato da noi, ci sta parlando in un modo diverso, con
una lingua diversa, potresti riconoscerlo?"
CONTROCORRENTE: "Farò secondo mia volontà e arbitrio, non
puoi essere la mia anima, quindi il tuo criterio di mentalità è incompatibile
con il mio."
Noia: "Inesorabilità, pronunci il vero, non posso fare
nulla, sono paralizzato, questa è la nostra fine." Solidarietà: "Sono
qui per aiutarti."
FINE O ATTESA: "Parliamo per dire, per fraintendere il
nostro attenderci raccogliendo lo zefiro e osservando il passo lontano a cui
forse non giungeremo e mentre teniamo in mano la sfera d’argento la lasciamo
per raccogliere una sfera d’oro che forse non potremo possedere”
COSCIENZA: “Ascolta la tua anima e illumina te stesso
attraverso il tuo sole interiore, sii il riflesso della tua luna interiore, non
lo specchio di miriadi di inesorabili esempi che vedi esternamente perché il
meglio di noi è tuttora invisibile, è nella nostra anima e deve ancora essere
svelato. “
Curiosità: "Sii paziente, pensa due volte, cambia idea,
forse la nostra prospettiva è sbagliata: cambiamo la nostra posizione, forse
potremo vedere meglio. Dobbiamo dedicare a noi più tempo."
Libertà: "Credo nel vostro libero spirito di cambiamento.
Dio del nichilismo, sei importante, ciascuno di noi è fondamentale; non credere
mai che non sia così. E Inesorabilità; ho la chiave del lucchetto delle tue
catene, ma per essere di nuovo libero devi semplicemente mostrarmi che desideri
ritornare alla vita. Il Dio del Ritorno sarà, solo se o vorrai, la tua guida
verso la meta della resurrezione, della nuova vita."
Verità: "Ora, osservate l’aureola dell'unione delle nostre
aure, poiché siamo giunti qui con il nostro fiore e ognuno di noi si congederà
con un bouquet di fiori. Possiamo riconoscerlo? "
(Il Dio dell’indifferenza si congedò presto, prima del tempo,
subito dopo le parole di del Dio della speranza, la divinità indifferenza non
ha dunque mai conosciuto le parole degli altri Dei del tempo.)
Je
suis le temps que je te consacre.
Io
sono il tempo che ti dedico
una lettera per chi non la leggerà
In ciascun adesso della vita ci è donata l’opportunità di
ridefinire il nostro periodo di tempo, potrebbe
sfiorare l’infinito, se solo non scegliessimo l’essere il nostro tempo
infinitesimo... Ho sognato un orologio senza lancette dove la fine non può
esistere, il tempo non è un concetto astratto o una realtà virtuale. Noi siamo
il tempo; nella misura in cui dedichiamo la nostra presenza e la nostra
iniziativa di dono di opportunità, attitudine che non può che evolvere dallo
spirito materno e naturale che si dimostra evidente nelle attitudini dei
bambini. Siamo le lancette dell'orologio, davvero non ho mai creduto in chi mi
dicesse a priori "È la fine", o "non c'è più tempo", oppure
"è troppo tardi ", Queste idee preconcette annullano l'evidente
esistenza di miriadi di istanti del tempo del futuro che sono utili per
cambiare la situazione , al limite eternamente presente a causa di ciò si
definisce vicendevole delega di iniziativa e di responsabilità, allo stesso
modo non credo in chi mi dice" Non avevo tempo ", ora hai il tempo
necessario, per premeditare ed organizzare a tavolino il cambiamento, che non
può che divenire compimento della premessa della volontà. Consideriamo insieme
cosa è stato conoscere la qualità del nero e seguiamo il suo bianco speculare.
Vivere con le mentalità metodiche "devi meritare il mio tempo", o "non
meriti il mio tempo" o "È quello che è", è sfavorevole, queste
sono sabbie del tempo sacrificate che si accumulano nei cuori attraverso la
nostra coscienza, la nostra innata integrità e la nostra memoria, semplicemente
ci dispiacerà per la scelta del nihil. Ma la vita è talmente generosa; la vita
ci dà miriadi di istanti per cambiare. In ogni istante della nostra vita, è
l'opportunità di abbracciare una novità più adeguata rispetto alle novità
immutate del passato. Tuttavia la vita generosa non sarà, se in principio noi
stessi generosi non saremo.
VIRTUALE
Che è in potenza e non in atto: le sue qualità sono più v. che
reali; talvolta con allusione all'imminenza e inevitabilità di una situazione
della quale sono già in atto tutte le premesse.
Serendipità
velate
La
cometa del nonsense
Era ogni giorno assorta nella lettura di miriadi di libri
diversi, in questa biblioteca solitaria, i rari istanti di riposo dalla lettura
era immersa nei suoi pensieri, ammiravo la sua serena pazienza, il suo
sembiante ora malinconico, ora curioso, ora affranto, ora stupito, ora
dubbioso, ora si poteva scorgere il terrore nel sembiante di questa giovane
nubivaga. Lei era talvolta per me un opaco mistero, talvolta in trasparenza lei
rifletteva il tenore delle sue letture, talvolta i colori dei suoi pensieri.
Riconobbi in lei ireniche verità velate, che inghirlandavano questa misteriosa
lettrice d'un'aura variopinta: sedevo vegliando nel luogo della cultura custode
delle arcane e sacre opere letterarie, esse mi attendevano, esse non si
imponevano, bensì tranquillamente a me esistevano donandosi affinché io fossi
libero in onore della mia curiosità e scelta ed in grazia della loro gratuita
eredità. Una giovane lettrice, fosse lei stessa l'universo di questa
biblioteca, luminato di miriadi di stelle, nonché le sue letture plasmate delle
rivoluzioni del suo sognare, delle supernove dei suoi pensieri, delle eclissi
dei suoi dubbi e delle stelle cadenti della sua fede e speranza.
"Ciao."
Le vidi del rossore imporporare le sue guance, la sua voce e la
sua espressione tuonò in me asfissiando e tacendo il flusso dei miei pensieri
che forse subconsciamente mi condussero ad osservarla.
Non avrei a priori intenzionalmente sospeso la sua lettura, in
molti credono che non sia degno e rispettoso disarmare il prossimo con una
virtuosa iniziativa, altri, i caratteri più audaci ed effervescenti esplodono
in lussureggianti vitali iniziative nei confronti dei prossimi sconosciuti, la
disposizione di quest'ultimi è l'amore dell'urgenza della creatività, i più
pazienti certamente tergiverseranno dilatando il tempo, un giorno saranno
artefici di temprate amistà ed amori o saranno come statue dalla cui mano
destra decadranno le sabbie del tempo che hanno sacrificato al nulla e dalla
cui mano sinistra fluirà inesorabilmente lontano lo spirito di amistà che hanno
sì procrastinato sino ad averlo abbandonato. I più audaci otterranno presto
risposta dal prossimo, alcuni saranno compresi, accolti ed abbracciati; altri
saranno giudicati insolenti ed emarginati.
Nel mentre di questo sovrappensiero ricambiai il suo saluto, la
spontaneità è il miracolo spirituale della creatività, nulla di artefatto in
questo, nulla di premeditato, il sacro equilibrio delle reciprocità.
Nel medesimo istante in cui ricambiai il saluto lei mi sorrise,
e mi disse:
"Quale curiosità potrò mai destare in te?"
Ed io risposi:" Che cosa vai cercando in queste
letture?"
Sin da quando ero una bambina riflettendo mi rendevo
consapevole del fatto che vi fosse una realtà di cui avevo malinconia, ma che
non ricordavo, sai, penso anche ora alle parole di mio padre: " se non lo
ricordi significa che non è importante." Purtroppo ciò che non rammentai e
le realtà che altresì oggi non riesco a ricordare per me assumendo un immenso
valore.
Vi sono realtà di cui credevo dovessi dedicare più valore
rispetto ad altre, il gioco delle priorità è il significato in divenire della
vita, è un gioco delicato di cui dovremmo con urgenza comprendere le regole, si
può errare facilmente altresì a causa della variabilità del flusso del
pensiero", disse lei mentre ora il suo sguardo vagabondo s'incupiva nella
stanca ricerca di una meta.
Dunque lei: "Una meta, un ricordo, una consapevolezza di
ciò che fosse veramente importante, un sogno, un senso, questo andavo
inizialmente cercando nelle letture e nell'incontro con il prossimo; tuttavia
troppo spesso si impose a me il muro del disinganno e del destino: scoprii che
quando la realtà mi dedicava la meta a cui desideravo approdare, questa non
saturava una certa coscienza di vacuità in me ed al cospetto di me, presto
un'altra meta disastrava la mia serenità e rivoluzionava di onde emozionali la
quiete della superficie della mia coscienza.
Presto un nuovo libro sarebbe terminato, dunque lei sospese il
suo respiro e mi disse con un'espressione infranta: chi mai legge per più volte
il medesimo libro? Chi dunque, deliberando di aver leso il filo rosso di una
relazione suol tornare a ricucire con esso?
Sai, ho scoperto quale è la chiave di volta del gioco delle
priorità: è la serendipità; questa verità la sussurrò quotidianamente la mia
esperienza di vita, la cometa del nonsense può brillare più fulgida del sole
chiaro della coscienza di senso:
Sai. Ancora non ho certa consapevolezza di cosa sia veramente
fondamentale, di cosa non avrei dovuto dimenticare, se davvero ho dimenticato,
non sono certa di cosa sto perdendo, io che sto vivendo ora e qui; ancora non
ho certa consapevolezza del senso, la curiosità è la mia bussola, il costante
ridimensionare, confutare o comprovare le mie idee e priorità sono i venti che
soffiano le vele del mio destino, semplicemente vivere e amare l'avventura
della vita." Dunque lei colse da un suo diario alcuni appunti e li
condivise con me, sostenendo che essi fossero il risultato d'un intuitivo caos:
“Miriadi di letture, infinitamente relazionate tra loro, rare
parole abbracciano il significato di diverse parole, un albero, un tronco, i
suoi rami, l'eredità di un albero genealogico, uniche venature concentriche del
cuore del fusto d’albero, uniche impronte digitali, un abbraccio,
l’intrecciarsi delle fronde, il senso, la vita, nessuna inesorabilità, la
lettura di un nuovo libro per ritornare a comprendere una lettura passata, la
rilettura di un libro sfogliato ed abbandonato per scorgere le relazioni velate
che dedicano senso, unità e completezza alla realtà, semplicemente leggere,
ascoltare, osservare, vedere oltre, riflettere, cercare, ritornare, perdonare,
pazientare, vegliare, custodire, incontrare, iniziare, ideare, sognare, creare;
semplicemente vivere.”
Luca 13,20-21
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio?
Esso è simile al lievito1 che una donna prende e mescola2 in tre misure di
farina3, finché sia tutta4 lievitata».
Approfondimento:
Il lievito e la lievitazione sono parole assimilabili ai temi
della conversione, della creatività, della volontà ed iniziativa di cambiamento
consapevole e non passivo.
L’idea del ‘mescolare’ allude ad una visione non dualistica e
non frammentaria della realtà, ed al latente compimento e associazione delle relazioni
che la strutturano.
La farina è un ingrediente umile, le realtà marginali e umili
sono le protagoniste del cambiamento di cui siamo chiamati ad essere artefici.
Il significato della parola ‘tutta’: La parabola allude al
fatto che la visione dualistica della realtà è destinata a risolversi
nell’unità, nel connubio degli opposti che completano vicendevolmente le loro
carenze e manchevolezze.
La fede
Il tema della fede, il credo in ciò che ancora non esiste,
nelle realtà latenti o velate.
La fede nel divenire e nel seme dell’essere, nel buio
dell’apparente nonsense.
Parole al vento
Qualcuno capirà
Nel tempo di una serena notte d’inverno una mongolfiera sorvolò
la città, da questa mongolfiera caddero miriadi di lettere, migliaia di persone
furono affascinate dallo spettacolo, in molti non si curarono di raccogliere la
lettera, alcuni la raccolsero e la sdrucirono a priori, non ne conobbero il
contenuto, alcune persone colsero la lettera, la sdrucirono dopo averne
conosciuto il contenuto, rare persone raccolsero la lettera, ne conobbero il
contenuto e la custodirono.
Lettere di uomini gentili
Un uomo gentile decise di scrivere una lettera d’amore ad una
donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.
Egli scrisse ed spedì la prima lettera, non ricevette risposta
e desistette dallo scrivere. La donna in verità ebbe a cuore il gesto
dell’uomo, tuttavia egli non ne divenne mai consapevole.
Un uomo gentile ebbe l’abitudine di scrivere alcune lettere
d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.
Egli scrisse e spedì la prima lettera, non ricevette risposta,
tuttavia egli ebbe fede e ne scrisse una seconda; la spedì e non ricevette
risposta, dunque percepì il sentimento di inesistenza nel compiere un atto ed
assistere alla sua vuotezza di senso tipico di ogni inane tentativo.
Dunque desistette dallo scrivere, questa ultima scelta definì
la decadenza del suo atto poiché la donna in verità ebbe a cuore il gesto
dell’uomo, tuttavia egli non ne divenne mai consapevole, forse, se egli non
avesse desistito lei avrebbe un giorno desiderato di donargli la sua amistà:
Un uomo gentile ebbe l’abitudine di scrivere alcune lettere
d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.
Egli scrisse e spedì la prima lettera, non ricevette risposta,
tuttavia egli ebbe fede e ne scrisse una seconda;
in queste lettere si evincevano i valori di umiltà, conforto,
pazienza, dono di consapevolezze, condivisione di esperienze di vita, la spedì
e non ricevette risposta, ancora non desistette dallo scrivere, la donna
scrisse una lettera all’ uomo dalla quale si evinse che non ebbe a cuore il
gesto dell’uomo, lei lo intimò di desistere dallo scrivere, in dedica le parole
inesorabili: “Mi hai persa ancor prima di avermi conosciuta, non cercarmi più.”
Un uomo gentile ebbe l’abitudine di scrivere alcune lettere
d’amore ad una donna nonostante essi fossero lontani e superficiali conoscenti.
Egli scrisse e spedì la prima lettera, non ricevette risposta,
tuttavia egli ebbe fede e ne scrisse una seconda; la spedì e non ricevette
risposta, egli percepiva di scrivere invano e forse inopportunamente, tuttavia
ancora non desistette dallo scrivere, nonostante gli incubi notturni del
terremoto dell’incertezza; la donna ricevendo le scritture di quest’uomo nelle
quali si evincevano i valori di umiltà, fierezza, conforto, pazienza, dono di
consapevolezze, condivisione di esperienze di vita, si emozionava e si
meravigliava, sin quando alla decima lettera la donna scrisse all’uomo che
rimase ‘cieco’ di inconsapevolezza per molto tempo; la missiva della donna per
lui custodiva parole di affetto, di ringraziamento, di volontà di incontro e
giudizi benevolenti. Essi in onore della volontà di entrambi e forti della fede
dell’uomo e della riconoscenza della donna si incontrarono temprando giorno
dopo giorno la loro conoscenza e la loro amistà.
La porta dell’anima
Miriadi di chiavi, solamente una avrebbe aperto la porta della
sua anima. La sfera dell’anima, così fragile, avrebbe potuto presto infrangersi
e complicare drasticamente la relazione:
Una persona colse la prima chiave, provò ad aprire la porta, ma
non si aprì, lei rinunciò, la porta rimase chiusa per il tempo della vita.
Una persona colse decine di chiavi, tuttavia all’ennesima
chiave la serratura si guastò, lei dunque rinunciò, la porta rimase chiusa per
il tempo della vita.
Una persona semplicemente attese nel buio dell’apparente
nonsense, cullata dal miraggio del fiume del fallimento.
Un giorno, il giorno in cui avrebbe perduto la speranza, la
porta dell’anima si aprì. Lei sola vide la luce della sua anima. Questo fu il
compimento del miracolo della fede.
IL PERDONO E IL DONO DI CREATIVITÀ
(resurrezione e dono di
opportunità di redenzione)
L’acqua passata non macina più.
Nel meriggio d'una giornata invernale il candore della neve
luminava di candidi bagliori soffusi un elegante tavolo che solitamente era
destinato ai giochi della dama e degli scacchi. Un bimbo sedeva dinanzi ad un
giovane che pazientemente stava disponendo con ordine le pedine di questi
rispettivi giochi, il giovane si dedicò dunque all' insegnamento delle regole
dei giochi della dama e degli scacchi al bambino. Mentre il giovane raccontava
al bambino la teoria di questi giochi, il bimbo lo interrompeva costantemente
con alcune curiosità: "Perché non possono vincere sia le pedine bianche,
sia le pedine nere? A quale dei due giochi ami giocare? Il giovane ed il
bambino iniziarono la prima partita. Mentre il giovane accompagnava il bambino
nel gioco degli scacchi, egli tentava di rispondere alle sue domande.
La dama o gli scacchi sono semplicemente giochi, in ciascun
adesso del tuo vivere, nelle diverse relazioni e nelle diverse circostanze
immagina di essere una pedina e di essere altresì il giocatore che la muove,
immagina che altresì le persone che ti circondano siano delle pedine e ciascuno
di essi rispettivamente i giocatori che le muovono, ora conosci le regole degli
scacchi, impara le regole delle diverse circostanze e vivrai nel bene e nel
giusto. Tuttavia ricorda questo pensiero: non dedicare valore all’idea secondo
cui si deve togliere di mezzo il prossimo tuo per avanzare e per vincere, colui
che sacrifica presto sarà sacrificato; i giochi della dama e degli scacchi sono
custodi di più sagge teorie:
Nel gioco degli scacchi e della dama non interviene nessun
dado, il caso è esonerato, la responsabilità del gioco non può essere delegata
al caso né ad alcuna realtà se non alla volontà responsabile e creativa dei
giocatori. Immagina ad esempio: Le pedine tue avversarie sono le opportunità
che la vita ti dona per crescere, le mosse che adotterai sono le tue scelte e
secondo queste tue scelte otterrai una promozione o resterai nella stabilità in
cui ti troverai in origine o retrocederai; Fai il tuo gioco. Tuttavia si può
perdere nei giochi degli scacchi o nei giochi delle circostanze, tuttavia nel
gioco della vita sono tutti vincitori poiché la vita è il dono del tempo
dell’opportunità di intraprendere nuove partite. Il ragazzo dunque disse al
bambino; Scacco Matto! Hai perso questa partita. Hai imparato le regole del
gioco degli scacchi velocemente, questa è già una tua vittoria; egli aggiunse
con un tono misterioso catturando l’attenzione del bambino: Vuoi giocare
ancora?
Io mentre sto giocando a dama o a scacchi sto giocando il gioco
della mia vita con te, dunque amo giocare ad entrambi i giochi, tuttavia vi è
una teoria che accomuna tutti questi giochi ed è la teoria della resurrezione:
Il giovane colse il libretto della teoria del gioco degli scacchi e cominciò a
leggere.
“La promozione, o resurrezione nel gioco degli scacchi, è il
raggiungimento da parte di un pedone bianco dell'ottava traversa o di un pedone
nero della prima, che permette al pedone stesso di "essere promosso"
al rango di pezzo dello stesso colore. Tale pezzo viene scelto dal giocatore
tra le pedine che furono allontanate dalla scacchiera ed ora redente: La donna,
la torre, l’alfiere e il cavallo indipendentemente da quali e quanti pezzi
siano già presenti sulla scacchiera.
La possibilità di promuovere è spesso un fattore critico nei
finali ed indirettamente è un fattore strategico anche nel mediogioco e nelle
aperture, anche se quasi tutte le promozioni hanno luogo nei finali e solo
occasionalmente nel mediogioco.
Dunque talvolta se agirai secondo mosse erronee e sarai
allontanato dal gioco, diverrai forte di nuove consapevolezze che ti faranno
maturare e crescere, potrai ritornare a giocare la circostanza simile a quella
in cui fosti allontanato con nuove competenze, abilità e consapevolezze.
Tuttavia sii consapevole che il dono della resurrezione e della
redenzione può non essere necessariamente il logico riconoscimento che la
realtà ti dona in seguito ad una tua brillante successione di mosse, nella
realtà si può manifestare nella accezione di non inesorabilità come atto di
dono di gratuità del prossimo tuo a te, dunque parimenti te imparerai a donare
al prossimo nuove opportunità di resurrezione e di redenzione, solitamente si
impara e si agisce secondo ciò che si vede, coloro vedono il buio dell’odio
difficilmente conoscono e divengono esempio di amore, i rari lo reinventano, lo
materializzano dall’anima di sé ancora memore di amori materni o di primitivi
istinti naturali volti l bene, essi diverranno il faro che illumina le navi
dilacerate dalle onde dell’odio. Dunque semplicemente non pronunciare mai la
inesorabile parola “Addio” poiché le realtà che manifestano inanità ora in
questo luogo potrebbero rivelarsi fondamentali in un diverso spazio ed in un
diverso adesso, ne è un fondamentale esempio il gioco di carte Ramino
Machiavellico esempio della ecletticità della realtà in cui la medesima carta
può nel corso del gioco divenire partecipe in tempi diversi di combinazioni e
relazioni diverse.
Il gioco della dama è più semplice del gioco degli scacchi. Nel
gioco degli scacchi, nel gioco della dama in definitiva nel gioco del vivere la
resurrezione è una eventualità rara, talvolta sì inconsueta da apparire come
una eventualità trascendentale o inesistente. Possiamo sperimentare che la
complessità delle varietà dei movimenti delle pedine degli scacchi può
implicare che sia più improbabile l'avvento della resurrezione rispetto alle
possibilità dell’avverarsi di questa nel gioco della dama.
L’autoreferenzialità è una illusione, non esiste poiché siamo
sempre in relazione nel tempo della vita.
Non esiste egoismo senza altruismo, non esiste autonomia senza
eteronomia, quando si decide per sé stessi non si può che decidere nel medesimo
istante altresì per il nostro prossimo, ne è un evidente esempio il fatto che
il tempo della relazione dedicato a qualcuno, ad una attività o ad una
passività è il tempo della relazione sacrificato ad altre persone.
Siamo nel tempo del vivere vicendevolmente responsabili l’uno
dell’altro, siamo simultaneamente giocatori di pedine e pedina giocata. In
analogia con la tragedia dell’inesorabilità secondo la quale esistono raramente
i doni di redenzione, di risurrezione, di atto del ripensamento, ciascuna
scelta, altresì la più scontata si rivelerà pertanto fondamentale e direttrice
di un definito percorso di vita per noi stessi e per le altre persone.
(Esperimento dell’effetto farfalla in cui un una minima variazione dei
parametri in origine implica percorsi, risultati nel continuum ed epiloghi
diametralmente diversi rispetto all’esperimento realizzato con i parametri
originari)
L’unico modo in cui si può perdere nel gioco della vita è la
scelta definitiva delle realtà in antitesi con essa dedicate a noi e alle altre
persone: le inesorabilità del trascurarsi.
In verità la situazione a noi attigua non è mai la nostra
destinazione, non crediamo in coloro che si dimostrano con noi inesorabili,
poiché essi non hanno compreso il senso della vita che fin quando esiste dona
nuove opportunità di plasmare la realtà.
I VELATI GEMELLI
Eludendo la semplicità delle ovvietà che sovente cela alla
nostra consapevolezza l'esistenza delle realtà velate, potremmo comprendere che
ciascuna realtà vela il suo stesso contrario. Ed allora potremmo interpretare i
valori velati nelle viltà e nelle pavidità:
Allora si rivelerebbero a noi queste virtù:
ln un atto di Odio, può velarsi l'atto d'amore, in un atto di
indifferenza può velarsi l'atto di dono di libertà, in un atto di distruttività
può celarsi l'atto della nuova consapevolezza e della speranza di una nuova
origine, in un atto di delusione risiede ancora latente la fiducia, il silenzio
è apparenza d'un nichilismo che vela il compimento di realtà inavvertibili ed ineffabili.
Se la serenità della felicità è il luogo dell'orizzonte d'un cielo terso e d'un
mare in quiete ove ci è concesso di conoscervi le calde sfumature del tramonto,
le lievi e candide venature delle rare nubi che increspano il cielo, il suono
iconico delle onde del mare che lontano si risolvono nella linea che i bagliori
solari irradiano.
La calma del bianco è il luogo profondo dell'anima che lo
cangia delle sue variopinte sfumature ed il luogo della solitudine è il poter
nuotare in oceaniche profondità sconosciute, ai rari che talvolta scelsero
volontariamente questo pellegrinaggio ed ai molti che sovente la realtà
d'ingannevoli mulinelli ivi precipitarono, la natura concederà di vivere il
mistero delle verità non superficiali velate dal velo marino: le opalescenze
delle perle, il rosso carminio dei coralli, le variopinte e cangianti sfumature
di maestose conchiglie, il buio del nulla; ed alcuni lì nel silenzio si
fermeranno, altri diversamente avendo sostenuto il grave peso delle
ineluttabili acque rinsaviranno a nuova vita ed a nuova coscienza e giungendo
nel luogo della serena superficie racconteranno ai molti annoiati dalle
superficiali realtà le profondità dell'animo, le ultime consapevolezze che
annoverano le fatuità esteriori.
Affiancatevi a coloro che credono in voi e che vi incoraggiano,
ed affiancatevi a coloro che non credono in voi e che non vi incoraggiano, non
negate a voi stessi la possibilità di imparare anche da questi, i maestri dei
quali insegnarono loro che le chiavi dei portali del cambiamento non sono
accessibili nella realtà esterna bensì sono custodite negli scrigni del nostro
cuore, della nostra mente e della nostra anima; dunque essi, riconoscendo in
voi ciò che non avevano visto in origine, la vostra tenacia, il vostro spirito
creativo cambieranno idea, ora essi crederanno in voi e vi sosterranno.
La ricerca del compimento di un desiderio di futura perfezione
può implicare, in seguito alle nostre opere coerenti con il nostro sogno, la
realizzazione di una realtà diversa rispetto alle nostre previsioni e talvolta
meno adeguata rispetto alla realtà originaria. Ciò che esiste, è la certezza
evidente di ciò che è ora esistente, sappiamo scorgere i valori custoditi
nell'adesso? Sappiamo prevedere dove giungerà il ciottolo che abbiamo lanciato?
Avremmo dovuto custodirlo con noi? Il numero dei rimbalzi che il ciottolo sta
compiendo sulla superficie dello specchio d’acqua è il medesimo che abbiamo
pensato? Abbiamo proiettato una idea di perfezione e crediamo che sia ancora in
avanti, forse la perfezione la abbiamo già raggiunta e lì non ci siamo
acquetati, vi siamo andati oltre e il nostro presente cammino verso la realtà
imperfetta ci allontana da lei, il ritornare sui nostri passi, non l’incedere
ci avvicinerebbe allora alla serenità della perfezione o forse dovremmo cercare
l’imperfezione.
LA TELA SDRUCITA
Nel tempo di trascorsi
Adesso un anziano saggio mi raccontò una parabola invitandomi a non soffermare
il mio pensiero e il mio giudizio sui suoi elementi particolari, sulle singole
parole e concetti bensì mi consigliò di scorgere di essa il senso generale come
riconoscendo di nebulose variopinte sfumature di colore un evanescente
arcobaleno.
Divenni presto consapevole
che le sue parole alludevano velatamente all'arte del Tcāj: La sincera gentile
iniziativa e la buona volontà verso gli altri senza aspettarsi nulla in cambio.
"Vedo che il cielo è
terso, miriadi di lumi si rifrangono coronando gli elementi della natura.
Riascolto il fruscìo delle foglie avvivate dallo zefiro primaverile che
quietamente culla i rosei petali di fiori Sakura adagiandoli come il varo di
gondole veneziane in un fiume le cui acque tranquille sfidano il fluire del
tempo lungo un lieve pendio.
Un bambino giocando con una
sfera di caucciù frammentò la cornice di un pregiato quadro che appartenne ad
un suo familiare, il crepito del vetro ed il caotico saettare dei suoi
frammenti che sdrucirono il dipinto sospese per alcuni istanti la quiete che
rasserenava l'ambiente. Il familiare non si rammaricò e non si adirò con il
bambino, semplicemente presto ridispose ordinatamente la realtà che agli occhi
del bambino appariva come un disastro di cui egli stesso fu il solo artefice.
Ricordi quando il quadro
cadde? Ancora mi dispiace per aver rovinato la tua cornice e sdrucita la tua
tela.
Sì non fu un disastro, non
mi diede noia, fu davvero divertente ricordi? Sai, il fatto che questa tela sia
sdrucita, che questo dipinto sia custodito da una nuova cornice è importante
perché significa ed è il riflesso della tua esistenza. Se non ci fossi stato il
dipinto ora non sarebbe sdrucito e sarebbe custodito dalla cornice originaria;
tuttavia ora avrei ricordi dei medesimi trascorsi istanti più spenti, più
vuoti, più silenziosi, immagini significanti la tua assenza. Che il tuo cuore
gioioso possa leggere della vita i significati più profondi come le radiose
linee disegnate dalla luce del sole che filtra attraverso i rovi.
L'accoglimento di una via
non deve significare il sacrificio delle altre vie, ciascun filo luminoso è
fondamentalmente la luce del sole."
Raxeira. Voce tradotta.
Galiziano:
Linee disegnate dalla luce
del sole che filtra attraverso i rovi.
I
lumi del risveglio
Lo
specchio incrinato
Il sottofondo: miriadi di convenevoli parole di circostanza
imperversano come vento sferzante ed un mulinello: la storia di un eterno
incubo che sempre ritorna nuovo a sé stesso, intanto: Un vasto e terso
specchio, un velo vellutato lo avvolge così da velare a coloro che in esso
riconoscono la loro immagine e somiglianza di comprendere la verità che il velo
obnubila. Quale verità? L'interiorità dell'anima. L'esistere di miriadi di lastre
traslucenti ed opache, lastre porcellanate, diamantine e cristalline. Mentre lo
specchio caritatevole dona il suo lasciarsi riflettere, alcuni dei quali si
immedesimano nel riflesso dello specchio, violano il velo dell'anima ed
infrangono le lastre dell'anima ed escono da questo loro disastro in compagnia
della loro coscienza , alla fine delle lastre dell'anima non ne restano che
l'infinità dei frammenti, polveri cristalline che ammantano catene e coltelli,
mentre nulla accade e nessuno è colpevole poiché nulla è sentito se non il
monotono flusso caotico dei venti e poiché nulla è visto se non il terso
specchio dell'esteriorità. La bontà esiste, ed è esemplificata da coloro che
con curiosità oltrepassano il mantello di velluto, con zelo si chinano per
raccogliere ad uno ad uno i frammenti, con pazienza, con parsimonia realizzano
nuovi meravigliosi mosaici. Ebbene purtroppo può accadere che lo specchio
dell'esteriorità non sia limpido e terso, questo fatto può verificarsi ove e
quando la totalità delle lastre dell'anima sia frammentata, ove e quando
nessuno si dedichi (nemmeno la medesima anima purificatrice di se stessa) al
restauro delle lastre dell'anima l'ultima lastra, la lastra dell'evidenza nel
reale, lo specchio verrà incrinato. Ed ove e quando lo specchio sarà incrinato
esso non rifletterà più, questo è il disegno dell'opacità, lo abbiamo
riconosciuto, ove e quando persevera l'opacità, lì in quegli istanti s'
instaura il silenzio tra noi. Questo è il dramma dello scindersi in miriadi di
direzioni della nostra vicendevole immagine, ciò che traduciamo con le parole:
non riusciamo più a riconoscerci. Sì per l'anima di ogni donna, sì per l'anima
di ogni uomo, siamo noi donne e noi uomini osservatori, vandali, o salvatori;
tuttavia, ora e sempre di noi responsabili.
Ed ora rassicuriamoci, alcuno specchio è incrinato, abbiamo
coraggio, oltrepassiamo il velo di velluto, le nostre lastre: sono incolumi, ve
ne sono miriadi, nessuna catena; nessuna lama fendé, l'incubo ha or fine ai
cangianti lumi del nostro risveglio!
Un
rosso tappeto di fiori.
Osservava i candidi lumi notturni fendersi tangendo i filati di
ghisa d’un argenteo parapetto:
I bianchi bagliori screziavano ornando d’effimere ombre le
decorate maioliche.
Lontano, un florido tappeto di papaveri e di tulipani che ora
riconosceva esser tinti d’un tenue rosso carminio, diverso dalle vivaci
sfumature di rosso scarlatto di quei fiori che solo i lumi solari possono
rivelare.
Ed inaspettatamente le balenarono queste idee:
Se solo i nostri sguardi potessero come il sole luminare di
vivide curiosità coloro che osservano, saprebbero rivelare ciò che le buie
notti del dubbio oscurano.
Miriadi di parole e di immagini, flussi infiniti ed indefiniti
di pensieri perdono a poco a poco valore come ciascun singolo tulipano che
risulta sfocato alla vista del tappeto di fiori rosso rubino; Dunque nessuno
potrà riconoscere ed attribuire valore ai petali di un singolo fiore di
papavero nell’eventuale tempo in cui le tempeste imperverseranno ed il vento
con impietosi fendenti li separerà dalle loro naturali origini.
Tuttavia lontani da miriadi di caotiche realtà il silenzio
saprà portar consiglio:
Si potrà imparare a distinguere e ad avvalorare le semplicità e
ricordare di queste realtà un senso generale come riconoscendo e custodendo
nelle memorie un rosso tappeto di fiori:
Nella consapevolezza che il nulla sia insufficiente per
cambiare la nostra realtà;
affinché divenga possibile diffidare di questo pregiudizio:
“Azione alcuna è mai sufficiente per cambiare la realtà nostra.”
Affinché queste memorie possano essere raccontate e siano
d’auspicio per i presenti futuri.
IL COLORE PER IL BIANCO
BUIO
Sin dal principio il Sole fu oltre la nebbia ma dalla sua
parte.
Voltarsi alla nebbia è perdere il Sole.
La nebbia imperversando disegnava i miei passi conducendomi ad
abbandonare il mio cammino:
Questo cielo assurdo e anonimo che fa di ogni vera felice
realtà il suo contorno mi stava fermando.
Non aveva senso continuare verso la nebbia. La nebbia non dà
indicazioni. Obnubila le latenti potenzialità di vivaci creatività. La nebbia è
il bianco buio. Riflettei, non potevo che riflettere in me stesso poiché
l’ambiente ce mi circondava era caratterizzato da opachi nonsense.
Vissi un’implosività di pensieri e sentimenti: “Quante persone
sarebbero tornate sui loro passi? Esse ritornando sui loro passi sarebbero
davvero state serene? Quante di esse sarebbero fuggite dal bianco buio?”
Allora riflettei: ”In quelle candide forme fluide e disconnesse
sarebbe dovuta esistere una possibilità creativa.”
Fu allora in quell’istante che realizzai a me stesso la
soluzione: “Io stesso/a sono la possibilità, in me sono la creatività, il
movimento, il cambiamento.
Varcai il limite locale dell’ambiente, perseverai il mio
cammino e compii un nuovo ambiente in me stesso. Pensai:” Se io sono
sensibilmente influenzato dall’ambiente locale, altresì io sono un ambiente per
l’ambiente in cui esisto, pertanto l’ambiente che mi circonda è sensibilmente
influenzato da me.”
Il mio ‘Io bambino’ pensò allora: devo impegnarmi affinché io
sia il Sole per queste nubi, l’arcobaleno per queste piogge, in verità allora,
il colore per il bianco buio.
Allora focalizzai il mio sguardo sulle iridescenti sfumature
variopinte delle bianche nebbie e già le nubi non erano bianche, bensì
colorate. Allora trovai la giusta direzione creativa: L’ambiente era glaciale,
tuttavia il mio cuore ardeva – Allora concentrai il mio calore vitale per
sciogliere il ghiaccio e la galaverna che ibernavano un fiore.
Acquisii le consapevolezze della sincronicità e della
tempestività, l’aver cura di non scialacquare le possibilità relazionali che la
Vita ci dedica e che noi possiamo donare. Le possibilità relazionali sono rare
nella misura in cui siamo severi.
Condividere, dividere con; questo atto presuppone il separarsi
di una nostra realtà da noi, in un certo senso perdiamo la esclusività di una
nostra proprietà: Ciò che è esclusivamente mio diviene mio e simultaneamente
tuo. Questa realtà implica dunque una perdita. Sappiamo perdere? Conosciamo le
implicazioni di gratuità e di creatività relazionale conseguenti ad un nostro
dono? Possiamo qui intravedere il valore della reciprocità? Se possiamo, allora
sappiamo vedere oltre il bianco nero e possiamo vedere i colori.
Il tempo ed il luogo esistono nella misura in cui li
realizziamo a noi – La rinuncia e il tergiversare il freddo avrebbe finito la
relazione tra me ed il fiore, non saremmo a noi esistiti, non avremmo avuto né
tempo, né luogo – tuttavia non è stato così – diversamente con il mio gesto ho
dato a me ed al fiore un nuovo tempo ed un nuovo luogo.
Allora qualcuno prima o poi deve cominciare la catena delle
reciprocità.
Il fiore ha mai compiuto un primo passo verso di me?
Assolutamente Sì – Il fiore ha vinto il ghiaccio, il fiore è stato resiliente,
non ha permesso alla galaverna di spegnere i suoi colori, ha mantenuto con
tenacia il suo profumo e vividi i suoi colori affinché io potessi distinguerlo
tra il bianco della neve – il fiore, nonostante i suo status di sofferenza mi
ha donato i suoi colori, il suo profumo, le forme illibate dei suoi petali.
Abbiamo dovuto errare tra le nebbie per imparare a amarci?
Abbiamo dovuto salvare un fiore dai ghiacciai per riconoscere
il puro valore della iniziativa come possibilità creativa che non è spirito di
sopravvivenza individuale ma vita relazionale; la fede nel miglioramento, il
nostro dono di surplus di tempo e di luogo relazionali è l’intrinseco
significato dell’ascendere il tempo e la qualità della nostra vita – Intanto
impariamo un profondo significato del verbo ‘guadagnare’.
Dedicare tempo al prossimo significa dedicare tempo a noi.
Meritiamo il dedicarci spazio e tempo insieme.
Quando realizziamo insieme l’impensabile tutti giungiamo a
sorprenderci rincuorando a noi stessi:”Chi l’avrebbe mai detto?” Allora
impariamo un profondo significato del verbo ‘sorprendere’.
Siamo affascinati sia dal buio che dalla luce. Ma il nostro
passo verso la luce significa relazione, poiché alla luce incontriamo le altre
persone. Di contro al buio ci perdiamo poiché non ci riconosciamo.
Purificazione
Vi fu tuttavia colui che vide il bianco buio ed esperì che lì
altresì i flebili riflessi della luce restano resilienti, Questi traslucenti
lumi come le ombre che essi realizzano concorrono ad orientare il suo cammino.
Egli comprese inoltre che non poteva provare amore per quel
luogo, così permise ai labili lumi rifratti dalle tetre opalescenze di condurlo
al portale della vita, la sua luce è lontana, ancora, tuttavia è intensa dacché
per vedere le sue traslucenze e riscaldarsi di lei basterebbe semplicemente un
passo verso lei, per orientarsi è necessario volere orientarsi – Che un passo
nel verso opposto a lei, l’ultima stanca voce della luce, ci disperde.
Allora chi siamo se restiamo fermi? Il nostro movimento è il
nostro segno.
Sarà il Sole ad essere forte per noi? Se resteremo fermi sarà
il Sole a fare i passi al nostro posto? Così la sua luce effusa scioglierà da
noi la galaverna e ci donerà uno sguardo più chiaro.
Allora avremo imparato a brillare per gli altri, ad essere Sole
per gli altri.
Se rifiuteremo il dono del Sole? Siamo per noi e per gli altri
buchi neri i quali assimilano senza gratuità velando i lumi delle candele che
incontriamo.
Ricordiamo che sia la luce, sia le tenebre ci ammaliano. Che cosa
scegliamo, che verso ha il nostro passo? Il nostro è un passo reversibile?
Dipende da noi.
Egli perseverò il cammino tra le nebbie e vide il sole. Inoltre
in grazia del suo cammino conquistò il sole in sé stesso, ora egli è messaggero
di una singolare saggezza rivolta al
valorizzare le più invisibili manifestazioni della realtà cangiante.
Non siamo solamente ciò che agiamo, il nostro valore è
immanente, siamo vita. Siamo le voci che nel silenzio del bianco buio si
chiamano insieme. Allora non taciamo, non lasciamo i nostri volti disperdersi
nel bianco allucinante di cittadine fluorescenze.
La luce e il buio
Il buio obnubila ogni relazione,
Il buio è incubo di inesorabilità,
Il buio prescrive la solitudine.
Nel buio non c’è riconoscimento, non c’è discernimento, il buio
annichilisce il nostro essere e divenire, vieta ogni relazione, nulla nel buio
può essere insieme, soli ci si perde e ci si ferma. Il buio annovera la
superficialità, il buio impoverisce l’essenza rendendola contorno. Il buio è stasi poiché
paralizza. E’ noia. Il buio consiglia il no, poiché spegne i tenui lumi della
creatività diniegando la possibilità del divenire cangiante .
La luce è garante della relazione,
La luce è sogno di possibilità,
La luce prescrive l’iniziativa,
La luce è orientamento quindi è garante del movimento.
La luce è riconoscimento, e possibillità di valorizzazione
della diversità.
La luce annovera la profondità, i raggi solari irradiano il
profondo del lago.
La luce consiglia il sì, poiché è rivelatrice del’avverarsi
della possibilità creativa latente.
IRIDESCENZE GRAFITE
Presi un cartoncino bianco, una grafite . Disegnai sul
cartoncino, nessuna figura, nessuna immagine, semplicemente colorai
omogeneamente l'Intera area del rettangolo del cartoncino avendo cura che non
vi fossero aloni bianchi e dissonanze di densità di colore.
Il risultato fu che un lato del cartoncino divenne di colore
antracite le cui tetre opalescenze destavano in me tristezza, le tinte nere di
quel foglio desterebbero in chiunque sentimento di tristezza e malinconia.
Dunque quale dovrebbe essere il senso di questa mia iniziativa? Ho agito per
caso, senza senso e meta? Il subconscio è stato un vento che ha virato la mia
foglia in una direzione e in un verso imprevisti e di cui ero
inconsapevole? Volevo rendere me stesso
più triste e malinconico?
In verità, No. La meta della mia iniziativa aveva un
significato definito e predestinato.
Una mattina raccolsi un disegno che realizzai anni or sono e lo
appesi al muro dinanzi ad una finestra, il disegno è un bianconero, grafite su
cartoncino che rappresenta l'inverso cromatico degli aloni solari " due
soli ".
Si rivelò a me la particolarità di quel disegno quando vidi
questo disegno sotto una luce diversa, casualmente gli intensi bagliori solari
di quella giornata serena si riflessero sulla tela vivacizzando il colore
antracite del disegno, rendendo la superficie disegnata variopinta di
iridescenze arcobaleno.
Una seconda possibilità è importante, le fluorescenze sono
sempre diverse, nuove, poiché i raggi riflessi sul foglio hanno diversa
intensità, hanno diversi angoli di incidenza, la posizione del mio stesso
sguardo è quotidianamente diversa, inoltre queste incidenze cromatiche sono
istantaneamente gioconde, in movimento.
In questi accorgimenti accaduti per caso riconobbi i frutti del
gesto del disegnare il foglio bianco.
Il mio cammino era latente, non ero fermo, l'opera era in
itinere, ma ne ero cosciente solamente per avere già disegnato con la grafite e
per averne riconosciuto le rivoluzioni cromatiche ai bagliori del sole e della
luna.
Allora il nero possiede latenti le potenzialità dei colori
dell'arcobaleno.
È allora importante riconoscere numerose prospettive diverse
per rivalutare ciò che abbiamo sottovalutato, non arrestiamo il nostro sguardo,
vediamo oltre chè una medesima realtà opaca può possedere latente nella sua
essenza le iridescenze più disattese e meravigliose
Deve solo essere cercata con curiosità e disvelata, scoperta.
P A R O L E V E L A T E
Le parole del cambiamento, della rivoluzione, dell'onestà,
dell'affetto, della curiosità, della
fiducia, del pensiero, dell'ineffabile,
della mente libera, dell'istinto conciliatore furono talvolta inespresse; ed
ancora vivide sono custodite nella sfera dell'intima coscienza. Ed effondono
tuttora la realtà d'un'aura di magnanimità che ossequia la Natura: l'ansioso
precipitare della rugiada dal petalo, il
fievole avvicendarsi della neve, il giocondo volteggiare delle foglie, persiste
una fatua melodia del nulla cadenzata dal caotico cadere della pioggia e
dall'autunnale cadere delle foglie. Tuttavia le medesime monotone e
malinconiche evidenze della tua realtà cambiano le loro sfumature al divenire
della tua anima e del tuo pensiero.
La musica d'un violino e d'un pianoforte che inaugurano la
silente danza di una timida ballerina. Le parole taciute, custodi d'irenici linguaggi sono messaggere
di pace e di dialogo similmente alle parole pronunciate.
Talvolta le parole che
furono taciute, non esistendo lasciarono spazio al silenzio ed al tempo
trascorso che sospende le realtà che furono e che in verità ora sono memoria,
pensiero, presente augurio del ritorno. Talvolta le parole taciute realizzarono
creatività variopinte in grazia d'ideali e passioni che fanno del silenzio, la
vita: la letteratura, l'arte, l'ascolto dinanzi alla parola. Cuori che si comprendono abbracciandosi ed
anime che si conoscono senza dire nulla, soli possono accogliere il senso delle
velate parole. Poiché altresì il nulla in questa realtà è un velo traslucente
del divenire dei destini.
Siano questi cambiamenti un beneficio per te e per le persone
che ti circondano in grazia dei miracoli d'un amore che grazie all'amistà
esemplifica e reitera queste vicendevolezze similmente alla miriade di
riflessioni originate dal virtualizzarsi di una realtà tra due specchi
paralleli: si realizza il compimento dei valori del tuo io bambino e della tua
coscienza, ravvivati dalle tue letture e dalle tue esperienze; si rivelano
dunque questi valori nelle persone accanto a te. Quest'aura di creativa
condivisione risuona nell'animo delle persone con intensità sempre più vive
rivitalizzando la nostra comune realtà.
Maternità
Lei lo abbracciò, gli colse la mano, incedettero insieme il suo
passo, lei gli camminava davanti divenendo per lui lo spirito creativo che sa
accompagnare lontano seppur compiendo pochi semplici passi verso le realtà non
solitarie, come una donna che può immedesimarsi nel mansueto spirito di
longanimità del puro sguardo di orfanelli abituati ai solitari voltarsi. Presto
essi giungeranno tutti all'aura materna di fede dedicata da una madre che con
premura non sceglie ma accoglie. Come possiamo non accogliere il bambino!
Sceglieremmo di tacere il bimbo che è in noi? Poiché questa umile voce è
rivelatrice del compimento delle Pure Libertà immagini d'iniziative
liberatrici.
FACOLTÀ V E L AT E
Un bambino provò a leggere il brano d’un canto dimostrando i
problemi di lettura tipici della dislessia; i compagni di classe derisero la
sua esibizione. Dopo aver acquietato con gentilezza il tenore della classe la
maestra cantò il brano per offrirne a tutti l’esempio. Una volta che lei ebbe
concluso il canto il bambino dislessico le chiese di poter cantare lo stesso
brano che non aveva potuto leggere.
La maestra non previde come il bambino avesse cantato, tuttavia
credette nel bambino e non gli negò la possibilità del canto.
Il bambino cantò il brano eccellentemente dimostrando una
memoria incredibile. Ora tutti videro e gli applaudirono.
Argomento dei racconti
Gesù diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un
albero nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse
al vignaiolo: Ecco, sono tre anni5 che vengo a cercare frutti su questo albero,
ma non ne trovo. Taglialo dunque!1 Perché deve sfruttare il terreno? Ma quello
gli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli avrò zappato
attorno e vi avrò messo il concime2. Vedremo se3 porterà frutto per
l'avvenire4; se no, lo taglierai.»
Lc 13, 7 – 9
1. L’ etica
della selezione non è creativa poiché sacrifica al nulla la possibilità di
divenire frutto o del manifestarsi dei frutti ‘velati’.
Il frutto, assume valore poiché è creatività e simbolo della
vita di colui che si dedica alla nascita del frutto (Intima e autonoma
creatività) e della vita di coloro (il prossimo) che dedicano gratuitamente il
loro conforto e supporto affinché il frutto sia realtà compiuta. L’albero da
solo, privo di ogni contributo umano è simbolo del nonsense, il nichilismo fine
a sé stesso.
2. L’iniziativa
del prossimo (analogamente alla nostra disponibilità alla creatività) è
importante poiché è garante del nostro divenire frutto. Riconoscimento ed
accoglimento dell’aver cura di noi del nostro prossimo.
3. L’attesa, il
dono di tempo dilatato, la fiducia e la speranza del prossimo (e nostra) è
importante poiché è garante del nostro divenire frutto.
4. Il tema
della conversione:
Dal brano: Maternità e florilegio.
L’opera materna di conversione della donna:
“Lei abbracciò, colse la mano, incedette il suo passo,
accompagnò lontano.”
La conversione prevede la relazione, il riconoscimento ed il
rispetto di realtà diverse e presuppone l’abilità di ‘vedere diversamente’
Il coraggio della conversione: La conversione può presupporre
il sovvertimento di alcuni valori intimi e comunitari. L’affermazione:
“Taglialo dunque!” si prevede avere la caratteristica di opinione comune e
condivisa, pertanto la scelta “Vedremo se porterà frutto per l'avvenire.”
essendo inconsueta e denotata di unicità o rarità per essere riconosciuta di
valore deve relazionarsi con una maggioranza di opinione.
5. Tre anni fu
il tempo dell’esperienza di condivisione di Gesù Cristo di cui è speranzoso di
vedere i frutti.
VAGABONDI DIMENTICATI
Per quanti miriadi di istanti il sole dona luce e calore.
Il sole noi tutti annovera. È bussola per tutti noi, mentre ci
riscalda illumina la nostra via. Senza
che noi dovessimo ottemperare ad alcun presupposto per giovare del suo
esistere:
Non esigendo alcunché in ritorno, sacrificando alcunché delle
realtà che riluce.
Affinché possiamo non giudicare inesistente ciò che è
quotidiano, normale. Non esclusivo
Ché altresì noi sappiamo essere come Lui è, poiché egli solo ci
dona la luce grazie allo specchio lunare altresì quando è buio. Ci dona il
calore e scioglie il gelo in noi, affinché a noi sia donata la libertà di
scegliere e di riconoscere la relatività delle bontà che ciascuna diversità può
custodire.
Ed il sole non esige alcunché da noi, solo semplicemente il lasciarsi
amare da noi, nostro riconoscerne l'essenziale importanza affinché noi stessi
per la natura e per noi stessi procrastiniamo il più lontano possibile il tempo
della sua decadenza: Lui è più resiliente poiché è forte per noi.
Coloro che tergiverseranno il custodire ed il rivitalizzare la
fiamma della loro candela, non gioveranno dei suoi fumi, ora flebili e forse
spenti, immemori d'una vitalità che più non è, i medesimi. Poiché il sole può
essere eterna candela rilucente, il sole vita, e la vita non annovera la fine.
Il sole si spegne solamente se non vediamo i suoi lumi, il sole non vede il
danno che è a lui dedicato, e perdona i malfattori, poiché la sua gratuità e
vitalità sono immensamente più vaste. Il sole perdona tutti. Il sole non grava
le nostre colpe, piuttosto riflette sulle proprie, infatti quotidianamente ed
umilmente chiede a noi perdono: ritorna rilucendo coloro a cui diede bagliori
argentei e non dorati mai tuttavia abbandonandoli nelle buie notti e comunque
sverna le nature che vissero il gelo dei nevai, non importa se di luce propria
o riflessa.
Sole. Te sai che Vita è iniziativa di gratuità e possibilità di
magnanimità di esserne esempio, solo che sei della galassia viandante, ritorni
a te stesso d'una inarrivabile integrità, come un vagabondo dimenticato, che
dona il doppio a coloro che non sanno donare. Un uomo, seppur oramai dal cuore
bianco per le miriadi di stille purpuree donate e mai ritornate. È ancora più rincuorato d'ambiziosi e pretenziosi
cittadini che gli dedicarono in ritorno al suo buongiorno, il loro indifferente
non voltarsi ed il loro silenzio: osservate ora il vagabondo buono! Ché dalla
sua attitudine c'è molto da imparare! Egli semplicemente congedò ognuno di essi
con un educato saluto ed un rincuorato sorriso nelle quotidiane promesse
mantenute di ritornare.
LO SPIRO D’UN RIVO
LE POESIE
My
wind
You are my wind, cause I am
your leaf.
Leaves fallin’ cause wind
doesnt blow.
And simultaneously I don’t have
to reach the focusi in _______ ,
because I’m the focus, the
creative spirit: My wind:
È semplice navigare con lo
zefiro, più difficile navigare al mar in quiete.
Sii allora il vento per la
tua nave.
L’INTANGIBILITÀ DELL’ANIMA
Le gocce di pioggia
Increspano la superficie
del lago,
non le sue acque profonde.
Alla goccia che cade alla
sua riva
Segue l’onda vicina a lei
stessa
Che presto e gradualmente
si acquieta
E lontano tace.
Al centro del lago e
all’orizzonte del mare
dietro questa onda è il silenzio
per potere chiarire,
ascoltarsi e conoscersi.
E la neve tempra le onde
del lago
Ibernandole in ghiaccio
che non ferma i battiti dei
suoi intimi profluvi di vitalità.
Il gelo non raggiunge il
suo illibato abisso
solamente irradiato dei
lumi solari.
PS.
Pioggia,neve, ghiaccio e
gelo: Male-dire.
Raggi del sole: Bene-dire.
Gratitude
Being alive is knowing the
inner sense of life: It is logically
donating yourself.
Egoistic aptitudes are
radically
physiologically damaging
our mind and our heart -
you felt it as a sense of
weakness and energy
wastefulness.
Can you feel and understand
now that every second
of life has an immense
value? Don't spare the now
and do not sacrifice the
now.
We've
the responsabilities to
know other people,
the people near you
and the ones that are
little knowed by you,
never delegate the meeting responsabilities,
but create them and
increase real meeting possibilities.
Cause egoistic aptitudes
are inert, motionless , life
less. They're not
relationally creative. This is
because egoistic aptitudes
damage us.
L’equilibrio
del pensiero
Un bambino reinventò il
sereno
percorrendo il margine
mosaicato di un marciapiede
previde che nella vita
avrebbe fatto il funambulo
varcando limiti di cieli,
portali di nubi e spire di venti contingenti per insegnare a noi
il giusto equilibrio per
raggiungere non ascendendo il poter vedere oltre.
In verità le sue parole
furono:
”Non so dove mi porterà
questo percorso ecco perché ho scelto questo percorso. Ecco perché sono sicuro
di essere sulla mia strada giusta, il percorso incerto consente flussi di
libero cambiamento che non valutano l'obiettivo lontano ma ogni singolo passo
vicino.”
Al limite e oltre ad esso.
Si vede e si comprende tutto da queste due prospettive.
La
coccinella
Vicolo
cieco
Una coccinella su un foglio
bianco.
Una penna, un filo
d'inchiostro segnato sul foglio precede i passi della coccinella ora serena
sicché lei segua la via definita del nero per non perdersi nel bianco.
La mano fermò il suo gesto.
La penna lasciò il foglio e la coccinella che si fermò, tornò sui suoi stessi
passi fedele al destino della via prescritta, Ed ora sola e irrequieta ritornò
nel punto della fine del segno.
Per fortuna sapeva di poter
volare e se ne andò.
Un
sogno o una meta
Un bambino nelle notti
serene, quando alcuna
nuvola screziava il cielo
terso, fantasticava
sognando di potere prendere
la luna. Allora
teneva le sue mani in
direzione della luna,
non solo non poteva
ovviamente
coglierla, tuttavia lo
stesso gesto di tendere le
mani alla luna adombrava il
suo viso, egli stava
negando a lui stesso il
dono della luna, la sua
luce, ebbe li compreso
allora che l’anelare ad
una realtà tergiversa e
limita ciò che lei già
dona. Tuttavia un altro
bambino decise che la
meta della sua vita sarebbe
stata la luna, una
volontà per una meta sola,
egli dedicò decenni di
studio e lavoro per la meta della Luna,
qualcuno ebbe mai camminato
sulla luna?
un
trifoglio è un quadrifoglio
Se ti senti stanco/a, in
mancanza di ciascuna resilienza, creala, reinventala, menti a te stesso/a, dì
una gioconda bugia a te stesso/a, Sconvolgi i sinonimi con i loro contrari:
La bugia consiglia: “Poiché
cedo resisto e rivoluziono.”
Come ti comporteresti nella
serenità del silenzio dell’assenza di ogni tua debolezza interiore e
nell’entusiasmo della levità. Rescindi nella tua mente le catene delle ancore
nonostante te ne stia sopportando il loro peso che grava fermando la tua nave,
ti apparirà di essere te stesso/a una barca a vela cullata dalla levità dello
zefiro.
About
underneath creativities
love’s
gratitude
Lentamente passeggiava
lungo un viale alberato, incedendo i suoi passi superò una coppia di anziani,
l’uomo stava suonando una fisarmonica a bocca tascabile.
Ringraziò questo signore
che stava suonando la fisarmonica.
La medesima sera di quel
giorno il ragazzo incontrò una giovane.
Ai suoi occhi lei sembrava
conoscerlo da sempre, tuttavia era la prima volta che si erano visti.
Nonostante loro non si
conoscessero, invece di pronunciare il consueto “ciao” come prima parola di
incontro, lei le disse “amore”.
Alcuni giorni dopo lei, che
divenne la sua amante condusse il ragazzo a cena dalla sua famiglia;
in quella occasione lui
seppe di avere incontrato il nonno della ragazza, l’anziano musicista della
fisarmonica, lei gli disse: “La sua musica non la sentì mai nessuno.”
Potenzialità
latenti
"Le paste del pane non
sono ancora lievitate"
Non c'è tempo, getta le
paste del pane non lievitate, non lieviteranno.
Porta qui quelle già lievitate."
Sarebbero stati gettate
otto paste di pane non lievitate e tenute due di quelle dieci.
Tuttavia il panettiere
saggio e prudente, vide che la lievitazione di quelle otto paste di pane era
latente e prossima a rivelarsi, allora nascose a lievitazione le otto paste di
pane. Tutte presto lievitarono e diedero come risultato otto pani più buoni e
soffici rispetto ai pani risultanti dalle due paste di pane lievitate
prematuramente.
I PARADISI MIGLIORI
Se non vieni accolto/a in
un luogo,
se in esso vi soffri
o se ne sei ricusato,
sei destinato/a a paradisi migliori.
.“There’s humility in
accepting the things that
are not for you anymore. It
takes real quietening of the ego
for you to hear the
universe telling you that you are
deserving of better.”
Shoganai
– Gravità
Ciò che non può essere evitato
Siamo anime leggere
nel tornado del destino
che ci chiama insieme,
non possiamo diversamente.
Il
gesto di una carezza dal vuoto all’universo
La storia di una carezza:
Quando siamo lontani anni
luce
Ci sfioriamo con il
pensiero
E già siamo qui.
Oltre il limite la forza di
gravità ascende le sabbie della clessidra,
alla soglia degli estremi
le sabbie volitano gioconde vibrando i cristalli del tempo rendendo somiglianti
gli opposti e esistente ciò che non è.
Il passo dopo aver scritto l’ultima
lettera non è la fine dello scrivere ma il rileggere, il ritorno alle scritture
per assimilarle e riordinarle, se ciò che scrivesti anni fa ha ancora senso sei
ancora in tempo, così è per le relazioni i ricordo e il pensiero di noi
conquistano ordine grazie allo spazio della solitudine e senso in grazia al
nuovo tempo del ritorno.
Secondi
di vite
Quante possibilità abbiamo?
Concretamente
in numero dei secondi della
vita, meravigliosamente infinite possibilità in grazia del nostro poter sognare
miracoli impossibili e inesistenti, disincantatamente nessuna ove e quando
dovesse assopirci la notte della noia. Ma la possibilità del disincanto della
noia è infinitesima, quasi non esiste dinanzi ai miracoli creativi delle nostre
vite. La vita è essenzialmente possibilità di dono di possibilità.
Le nostre vittorie sono il
non perdersi adesso, l'attenderci in fede del nostro cercarci e il vivere noi
stessi istanti che potrebbero non ritornare. Siamo affinché non sia il vuoto al
nostro posto. Se incontriamo il vuoto non conosciamo il nostro addio ma la
nostra malinconia, l'anelito del nostro voler incontrarci. Il vuoto non è la
fine, è l'inizio, è una vasta tela bianca che la realtà ci dedica, noi abbiamo
i colori, è un peccato non colorarla.
Oltre
le onde di nuvole
Un abbraccio, un mancarsi,
un chiarimento, una curiosità, una preghiera, la fede nelle nostre promesse e
il perdono per non averle ottemperate, uno sguardo, un sorriso, un saluto, una
carezza: le premure del nostro risorgimento, ai nuovi albori che illuminano le
notti dei nostri addii. Tuttavia alcuni solitari naviganti di mari di nebulose
memorie se conoscenti anelano al divenire sconosciuti, se sconosciuti sognano
l'incanto del non conoscersi mentre le onde da loro stessi li allontanano.
Ricominciamo allora dal
coesistere, non dall'essere, ricominciamo dal dialogare, non dal parlare, dal
ricordare le nostre parole per valorizzare, dal sentire il sentimento non il
presentimento. Allora noi nubivaghi ci eleviamo al merito del concederci di
chiarire i nostri cieli e acquietare i nostri mari sicché siamo noi, non le
onde di nuvole a virare il nostro destino.
Sguardi
avventati
La polvere abbracciava un
diamante grezzo velandone la matericità ed opacizzandone ogni traslucenza. Era
superficialmente un cumulo di polvere. Nessuno lo notò mai, alcuna goccia del
cielo terse la sua superficie, la sua raffinatezza non fu mai disvelata. La
veste impolverata del diamante fu il destino della pietra grezza diventata
polvere diamantina, mai un gioiello.
Un rubino fu dapprima
raccolto e intagliato con zelo, ma il suo destino fu triste - fu paragonato a
altri rubini le cui incisioni ed i cui carati erano inarrivabili - con
sventatezza il rubino fu riconosciuto pietra grezza e fu abbandonato alla
natura - i ciottoli lo scheggiarono, i venti lo fensero, le acque lo dispersero
ed il fuoco annientò i suoi frammenti. Sappiamo vedere il diamante oltre la
polvere? Sappiamo aver cura del rubino inadeguato? Lo guardo interviene nel
destino, abbiamo cura di come vediamo poiché il nostro vedere concorre al
nostro destino. Michele Vitti 18 dicembre 2021
LA LUCE NERA
La storia d'un bambino che
volle colorare il buio credendo nella luce del buio.
Se il lume di candela fosse
il Sole la candela spenta al buio risorgerebbe più vivida dal suo stesso filo
di fumo e riarderebbe oltre ogni fine di variopinte fiammelle.
Oltre ogni ritorno dal buio
la fiammella divenne fuoco e Sole resiliente a ogni oscurità, gelo e vento.
Il
primo germoglio
Scrissi: "Non c'è
niente."
Ma realizzai il compimento
di una frase.
Segnai con una grafite
colorata un foglio bianco perché il bianco mi dispiaceva, adesso non solamente
ho desistito dal dispiacermi del bianco ma in grazia di esso ne sono
rincuorato, amo la neve e il suo ovattare le iridescenze dei colori.Come può un
ringraziamento sorgere dal nulla?
- C'è chi del nulla può
vedere l'orizzonte; essi, ad esempio, ringrazierebbero in ritorno del dono d'un
orizzonte.
È l’ora del ritorno oltre i
tramonti
Alle albe dei nostri
orizzonti
LE DALIE BLU
Underneath bloom
Il fiore raccolto non può
fiorire.
Boccioli di Dahlie in fiore
germogliarono
fin quando il nostro sguardo
le colse ferme.
Della gemma di Dahlia
vedrei oltre il germoglio il suo florido fiorire in variopinti petali, forse di
sfumature zaffiro, il germoglio è il fiore che tocca il cielo, la natura può
sfiorare l'impossibile rendendolo possibile.
COME PRIMA
Il miracolo d'una fiamma
che iberna,
Una fiammella d'intenso
calore
cristallizza un filo rosso
custodendolo come il gelo diviene in aghi di galaverna lo scrigno per il fiore.
La fiamma persiste immobile
eppur vivace come un prillo che ruota alla parvenza d'esser fermo come le
rapide d'un fiume.
Il filo non si rescinde al
flusso incandescente del tempo e tutto ritorna come prima al congedo della
fiamma.
Se il gelo brucia, la
rovente incandescenza congela.
Tutto si cristallizza nella
uguale tonalità del salutarsi dopo un silenzio. Il sospendersi è una virtù
dell'amarsi: La malinconia e il ritorno del respirare oltre il respiro
trattenuto.
Michele Vitti 26 Dicembre
2021
ALL'UNISONO
Dalle assonnate profondità
dell'oceano le madreperle ascendono alle ultime onde:
Resilienti alle rivoluzioni
di miriadi di mulinelli raggiungono le madreperlate sabbie della riva;
alcune madreperle diventano
satinate, altre si infrangono in luminescenti frammenti di arene opaline,
destinati tutti a
risplendere i bagliori solari al cielo in ritorno al Sole seppur prima varcando
le sfere delle nostre anime:
Queste iridescenze si
rifrangono nei nostri cuori ciascun secondo all'unisono risonanti insieme la
melodia delle nostre insonni e ilari vitalità.
SOMIGLIANZE
Navigare in mancanza dello
zefiro
somiglia al camminare nel
vuoto sul flebile filo d'uno spiraglio di luce.
I gemelli inversi. Lo zero
è sì somigliante all'infinito come il puro bianco lo è al puro nero, poiché un infinito
ambiente traslucente è lo zero privo di punti mentre un denso ambiente nero è
l'ordinaria empietà del caos d'infiniti punti neri, infinito di nuove
possibilità è l'ambiente per noi, nel caso in cui sì non fosse le nostre anime
sono indefinibilmente sconfinate, allora a noi vi è ancora spazio e tempo per
essere, divenire e sognare segnando nuove relazioni. Allora raccogliamo le
nostre energie dalla fonte del nulla, lì vi gioveremo d'infinite virtù e saremo
come il vitale sole abbracciato da silenti universi, allora rivoluzionerai
l'ambiente empiendolo di disattese iniziative, in te sono i bianchi lumi che
irradiano il nero notturno, eppur tu comincia adesso sei vita, ovvero il
gemello inverso d'ogni fine.
P.S. Quali altre parole
scriveresti? A questo dipinto bianconero manca un tuo segno colorato. 11
Dicembre 2021 Michele Vitti e
ITINERARI MARI CELESTI
Caring answers 'volo ut
sis'.
Le risposte sono i venti
che orientano le onde d'indovinelli chiave di portali di vite sognate
Le risposte orientano le
domande
è un peccato il silenzio
poiché
quieta la curiosità e
disillude il sogno:
il fluire della goccia d'un ruscello che sognò
di essere oceano fu mitigato dal gelo che la destinò a cristallizzare il rivo,
Qualcuno ebbe mai udito le
parole?
"Tu non andrai mai da
nessuna parte?"
Aiutandoci nel cammino del
proseguire accederemo insieme ai più illustri portali di oceani inesplorati,
siamo allora il nostro gelo o i nostri venti? Saremo allora il nostro fuoco che
scioglierà in goccia il gelido cristallo e saremo i nostri venti garanti
d'itinerari mari celesti di noi innovate gocce innauguranti disattese
rivoluzioni, ma in futuro è tardi.
Michele Vitti 11. 12. 2021
LA PREMURA
Un bambino regalò un
biglietto sul quale trascrisse un messaggio - in verità oggettivamente
insensato e inintelligibile. Il messaggio era semplicemente costituito da
numerose linee orizzontali ondulate.
Quando il bambino si
accorse che il biglietto fu messo da parte come se nemmeno fosse esistito
pianse e con fare altezzoso si indispettì sostenendo: "Non sai
leggere?" il suo sguardo sembrava disvelare le parole taciute: "Ho
messo l'anima in quel messaggio e te non vuoi ne riconoscerlo ne interpretarlo."
Il giovane comprese le
parole del bambino, ricolse il biglietto dinanzi a lui e lo custodì in uno
scrigno dicendo scherzosamente:"È vero, hai ragione; non ho saputo
leggere."
La sua risata amichevole
ammendò il pianto del bimbo.
La premura merita in ritorno
incanto non inedia.
COMMUOVERSI
Il sorriso commosso da una
lacrima
Il filo d'erba commosso da
una goccia di rugiada
IL LUME SOLARE GIUNGE
OVUNQUE
Ancestrale Sole vasto,
greve e lontano;
resti all'andare e
ritornare di noi,
dovunque leggero risorgi
iniziando ciascun dì nuovo, immensamente umile a noi vicino non chiedi nulla in
ritorno al tuo riscaldarci e vegli di notte illuminando ciascuno, dei tuoi lumi
la Luna riluce.
I figli domandarono ai
genitori di chiudere la porta, essi tutti lasciarono la porta socchiusa.
HOPE
overshadowing yourself the
sun can't enlighten you, the sun can exist to you only even if you believe in
it
And avoiding your creed
about the sun
You tell others 'I do not
see the sun, so the sun does not exist.' They may believe in you?
You all sacrificing the sun
will walk in the shadows and you'll Hope to be enlightened again - only the
sight of the dark can teach the importance of the light, but care about
realizing lights imaging through your inner cleverness the abstract dark
virtualities, and you'll become yourself the sun for others' shadows.
L’UNIVERSO NELLA
POSSIBILITÀ
Prova la vita, non fuggirla
mai, stai. Ed affronta l'adesso e tuttavia ritorna a ciò che tergiversasti.
Così incontrerai che la vita ha sempre un'infinità arduamente conoscibile. Uno
spazio ed un tempo vasti per poter credere. La vita sana non circoscrive mai
nulla, fino altresì ad abbracciare nel suo senso profondo interiore emozioni
psichedeliche, ed oltre ancora la spiritualità, la misticità: Derealizzazioni
fuori dallo spazio, fuori dal tempo. Sii curioso, respira, come respira la
natura, poiché ogni istante della tua vita può essere la vastità dell'universo,
l'eternità tipica di ogni unità, di ogni olismo. Sii riflessivo, libero!
Comprenderai e incontrerai le mie parole. Quindi. Il tempo della coscienza è
consapevolezza, il tempo della vita è limitato, non renderlo in maggior misura
incosciente. Diffida pertanto di ogni alcol e droga. Investi il tuo tempo nelle
relazioni sane, non virtuali, nella curiosità, nella lettura, nella creatività,
ricerca la variabilità, l'eclettismo. Potresti imbatterti in alcuni istanti
prioritari e se saprai gestirli al meglio rivoluzionerai il livello del tuo
vivere futuro ingentemente.
SOLAMENTE UN LONTANO ECO
Un sogno assurdo
un bambino passeggero
dormiente stava
dimenticando di sognare
gioconde geometrie di aure
senza schemi.
Quando il bambino si destò
dal sogno assurdo che non ricordava,
una flebile ansia velava
lievemente la superficie della sua coscienza:
Del sogno solamente un
lontano eco,
l'incerto presentimento di
avere vissuto un incubo:
Ingrazia di nostre subconscie
velate creatività
salviamo i nosri cuori;
astenendo e purificando noi
da ciò che il nostro animo
e la nostra vita
non possono e non devono
soffrire.
Armonie
variopinte
Che cos'è l'azzurro per me?
Il mare all'orizzonte, il
giaciglio delle nuvole,
uno specchio d'acqua dove
il cielo si riflette,
un mazzolino di myosotis,
una matita colorata finita
troppo presto,
l'iridescenza di una
lacrima mentre riverbera un raggio di sole, un angolo di paradiso, il colore di
un sorriso.
Azzurre sono le memorie che
le parole d'un libro ridestano. Azzurro è il dono di poterlo vedere,
riconoscere e amare.
I frammenti d'un cristallo
che un giocondo bambino lascia cadere e che con cura e pazienza coglie e
congiunge scorgendo la madre rammendare una coltre sdrucita.
Azzurro non è il bianco del
nulla,
azzurro non è dell'incubo
il nero.
Azzurra è la creatività:
La naturalezza, la
banalità, la semplicità di nuovi inizi:
I primi lumi d'un dilùcolo.
Azzurro è il coraggio di
perseverare e d'esser acquiescenti.
L'azzurro è fuggevole ai
candidi bagliori lunari: nell'opalescenza di una perla lesto liberamente
s'avvicenda a irenici colori;
Sì gli animi volitano al
virare degli istanti, delle intenzioni, delle idee, delle memorie, dei
sentimenti.
Azzurro è il reciproco
conforto,
dono di valore e di
gratitudine.
Azzurro è Equilibrio
solamente in grazia di variopinti connubi.
Nel cielo un arco dei sette
d'un'iride e la fenditura di disastrosi fulmini.
Azzurro è il magnanimo incontro,
il silenzio dell'ascolto. L'abbandono del pre - giudizio e l'abbraccio della
curiosità. Azzurra è la nostra parola premura del per - dono e delle vite la
voce, la variopinta sfumatura dei petali di un fiordaliso che i nostri sguardi
variamente e giustamente intendono.
Tu sei
IL PARADISO DEL MARE
LA PIOGGIA È UN FIUME
SOLITARIO CHE VOLA ALTROVE
Siamo piogge solitarie, i
fiumi che volano altrove,
a volte le onde si
rimpiangono nell'aria,
non è vero che le gocce non
ritornano;
le onde rifluiscono a se
stesse
quando le lacrime sognano
di unirsi in un abbraccio quando le nostre guance si sfiorano
quando le gocce sentono la malinconia del lasciare il
cielo per raggiungere insieme il paradiso del mare.
SPENSIERATEZZA
1 How is it your
creativity?
2 My creativity is
changeable,
It's my only way to escape
life loop
To overfly the static
return of the same,
Realizzati. Non realizzarti
per ciò che credi ti possa ritornare.
Nulla si ottiene se non si
rassomiglia:
Allora vola con le tue ali
definendo il tuo angelico ed unico nome.
Cerca allora l'orizzonte
del riconoscimento che meriti:
Sia allora il fatto di non
raggiungere l'orizzonte il motivo per cui perseveri la tua ricerca.
Lontano, c'è ancora luce,
forse qui è già luminoso di lumi ancora invisibili, ancora inspiegabili,
o forse di addobbi
evidenti.
Intanto cammina, ed essendo
le sfumature di questa luce ancora invisibili, se sei l'unico/a a credervi
sarai l'unico/a che avrà il
privilegio d'infatuarsi dei suoi singolari lumi.
Brillerai di luce propria e
sarai il sole per il/la tuo/a prossimo/a,
ma crediamo davvero che i
primi siamo sempre e solo noi stessi?
Mi stai ascoltando ma non
lasciarmi con il silenzio,
è complicato interpretare
il silenzio,
ri-volgiti almeno con una
risposta o una domanda.
È allora davverobil tempo
del non ritorno?
Le temps passe et pour
certains d'entre nous c'est déjà passé:
me convaincre que ce n'est
pas le cas.
PS.
Cambia prospettiva.
Ruota leggermente il
foglio,
le parole sanno essere
nuova musica.
Un
cristallino pirétto
Un cristallino pirétto,
vuoto del vino scarlatto ai calici donato
tergiversa inaridendo e
piange lacrime cremisi
terse dal persistere dello
scrosciar della pioggia.
Nuove lacrime di
contentezza inaugurano il battesimo del cristallino recipiente:
Ora il lustro pirétto è
custode di rigogliosi Zephyranthes e di traslucenti Diphylleia grayi.
La prima salvezza del fu
riarso pirétto: La mano che alle piogge lo donò,
il gesto d'empire con i
fiori il suo vuoto.
Solo in grazia del pirétto
il piovere non sarà vano:
Le gocce non si
disperderanno, il pirétto le raccoglierà e le manterrà unite:
Come il cuore, la purpurea
linfa vitale e la sfera dell'anima, le memorie e i sentimenti.
Solo in grazia del pirétto
è il vivere dei fiori ed il poter il lor profumo effondere.
Zephyranthes
Il giglio della pioggia o
il fiore del vento dell'ovest
Le piogge imperversano in
grazia del vento dell'ovest, il fiore Zephyranthes fiorisce nel momento della
pioggia che segue un periodo di lunga siccità. È una pianta che cresce
rigogliosa e spontanea. Simbolicamente, è un fiore augurale di novità e di
abbondanza, di recupero e rinascita dopo un periodo di siccità.
Diphylleia grayi
Poiché i petali dei
Diphylleia grayi diventano trasparenti se vengono a contatto con la pioggia, a
questo fiore furono conferiti i valori di onestà, chiarezza, trasparenza ed
inoltre di resilienza poiché i traslucenti fiori intrisi d'acqua delle
Diphylleia, quando i loro petali si asciugano, tornano incredibilmente bianchi.
IL CUORE DORATO
Il cuore d’oro, nella
piramide di marmo, nel cubo di legno.
Disveliamo forme non comuni
della realtà.
L’umiltà di non sapere è lo
spirito della curiosità, la curiosità è altruistica in quanto volontà attiva di
incontro di realtà altre rispetto a noi stessi. Riflettiamo sulle possibilità
presenti e future di cambiamento, sii come uno scultore che guardando un cubo
in legno non pensa: "È un cubo, è solo un povero cubo di legno, mi è
indifferente, dunque non esiste, non cambierò mai idea su di esso".
Uno scultore che guarda un
cubo farà tutto il possibile per creare una statua - Immagina, il processo di
scultura è lento: All'inizio i materiali saranno ispidi, lentamente lo scultore
scoprirà il marmo che nasconde il legno, quindi il marmo attraverso
l'iniziativa creativa dello scultore mostrerà le sue forme raffinate: alla fine
egli potrà vedere del fu cubo di legno una piramide di marmo in verità soltanto
per la sua accogliente e plasmante volontà. Della piramide di marmo lo scultore
volle farne una sfera e nel mentre dello scolpire scorse le venature marmoree
celare una dorata luminescenza, in grazia d’uno spirito di curiosità egli
perseverò nell’atto dello scolpire, egli vide un prezioso lingotto d’oro che
foggiò nella forma di un cuore.
UMILTÀ VELATE
“Sii umile.”: È
consuetudine consigliare.
Nell'augurario
Che questo consiglio sia di conforto, propositivo, propulsivo e dinamico:
Il desiderio di
bene, sul piano della solidarietà, della fiducia e della speranza comuni,
conseguibile in grazia di una condotta semplice
Che questo
consiglio non sia una retorica che accompagna la velata intenzione di
sommettere e di affievolire l’animo e lo spirito creativo del prossimo
Cristallizzazione
When there's no wind
the sands desist their flow
and souls crystallize in a
desert rose.
Siamo per noi stessi e per
gli animi fraterni
come il vento per le riarse
sabbie.
Viviamo d'un soffio vitale
che, donandosi, le sabbie
sobilla.
Ora in cieli liberi gli
ambrati cristalli possono volitare verso l'orizzonte.
Talvolta, dove un'arida
stasi imperversa il deserto non piange
e non potendo respirare si
adagia agli onirici ed argentei albori della luna
che cerimoniano lo
sbocciare dei candidi e vellutati petali delle 'Regine della notte'.
Ora l'intenso ed ammaliante
profumo orientale del 'Fiore del dragone' ammanta ed incensa
l'irenico avverarsi d'un miracolo creativo:
L' assopir d'una desolata
noia
mai estinse l'ispirazione
della scultrice di parenetiche armonie:
La Natura, la bellezza
ricercando,
i flemmatici frammenti
cristallizzò in incantevoli rose del deserto.
PLEIN DE VIE
Potentia ad actum tanquam
tabula rasae.
Nulla dies sine linea.
En la que tabula rasa tanto
excede.
Que vee todas las cosas en
potencia.
Solo el pinel consoberana
ciencia,
reducir la potencia al acto
puede.
Così la Natura ed
i bambini del mondo
mai si separarono dalla
vita:
L'inesorabilità è desolante
illusione della fine del tempo e del suo divenire,
tuttavia in verità la fine
è solo un foglio bianco,
un luogo nuovo, vergine e
vasto,
una possibilità di
compimento di latenti tempi primaverili,
e di desolati luoghi che
attendono il nostro segno nuovo.
Un buio singolare
imperversa
Un’ombra gemella di una
luce
di cui tutti noi saremo
rari eredi:
Ed è proprio quando la
realtà
assume le tinte oscure del
nulla
Che i bimbi del mondo
dimostrano di esser
autorevoli Esempi.
Sono proprio essi a colmare
il nero nulla
disegnando variopinti
arcobaleni,
ad insegnarci a valorizzare
le realtà velate ed invisibili.
I bimbi, i primi a giocare
al gioco del nulla
chiudendo gli occhi, fanno
del nostro timore,
una realtà serena, normale.
loro, pronunciando le
parole: “Non c’è più.”
dedicano straordinaria
importanza a ciò che videro
ed alle medesime realtà che
sono ora invisibili.
I bimbi ci hanno insegnato
a vedere i colori
quando e dove sembrano non
esistere.
I bimbi che dipingendo gli
arcobaleni scelsero di sfumare insieme i diversi colori,
l’abbraccio tra i prossimi,
come fossero tutti fratelli,
i bimbi ci consigliarono
che non ci sono colori più belli e più brutti,
che nessuna selettività ed
esclusione ha valore.
Riponendo fede e speranza
nelle realtà che osservarono,
loro sono certi che quelle
realtà saranno ancora presenti
nel medesimo luogo, nel
momento
in cui essi si desteranno
dal buio del sonno.
Gli Angeli sanno che
ciascun battito d'ali è genesi nuova di vita!
Le verità di cangianti
nubi,
delle fronde degli alberi
che stormiscono
riverberando i canti del
vento
le caducità dei gradienti
cieli,
il volitare di una piuma,
il caotico nugolo di
rondini,
il gemmare del sole,
il suo flemmatico
sacrificarsi alla luna,
il virare dello zefiro,
sono irraggiungibili!
Angeliche saggezze credono
nel non poter mai annunciare:
'È unicamente così e non
più diverrà diversamente!'
Sommi oracoli ammantano
l'ignoranza,
rispettano e venerano
questa magnanimità
come lume di curiosità
dinanzi alla cangiante varietà.
Così la Natura ed
i bimbi in tutti noi
sapendo che ciò non è stato
mai si separarono dalla
vita
continuarono ad esserci,
nonostante tutto.
Primavere
degli animi.
C'è la neve.
Nei ricordi, c'è la neve.
Bianca e adamantina,
come galaverna l'anima
diverrà.
Sin quando vergini
iridescenze,
rondini d'aleatori
divenire,
giungendo cadenzeranno
l'avvenire delle primavere degli animi.
Lì, al dilùcolo d’irenici
variopinti albori,
destini nuovi sbocceranno
come rosee camelie, che ora
germogliando, adornano le steli dei cuor.
Lì nuovi emblematici
significati saranno disvelati:
Ora nell’oceano si scorge
una perla tra miriadi di cocci di coralli,
ora un raro quadrifoglio si
coglie in un florido tappeto di trifogli.
le sfumature della Natura
saranno riconosciute e onorate,
come del fumo d’incenso si ossequia l’altare.
Allora si potrà riconoscere
d’ogni realtà presente una fonte di future creatività.
I familiari trifogli ed i cocci dei coralli
saranno custoditi e avvalorati delle virtù dei diamanti, delle ambre, delle
perle e dei quadrifogli.
D’ogni realtà serbiamo i
sentimenti e le memorie dei suoi opalescenti valori,
che incidiamo sulle steli
dei cuor e delle anime custodi dei ricordi:
Premurose madri di nuove
sincronicità
che i candidi animi possono
dei loro lumi infervorare.
FUOCHI D’ARTIFICIO
L’acqua riversò dal calice.
Il bianco tavolo fu la
tela,
l’acqua riversata, la sua
tempera traslucente,
ed il simbolo “Yang” il suo
momentaneo disegno.
Un episodico dipinto,
una labile scultura
le cui stille furono presto
plasmate:
Il segno d’un malinconico
gesto d’aggiunto valore:
Un passo sarebbe mancato e non ti avrei
raggiunta.
Ancora non scorgo un senso
in queste disincantate creatività,
tuttavia mi rincuora il
confidare che possa esistere per te
affinché i miei racconti
siano come fuochi d’artificio
ch’illuminano di variopinte
faville i tuoi monotoni cieli notturni.
La gratitudine per i bei
ricordi.
Ma non siamo ricordi poiché
non siamo passati.
Non una goccia d'acqua
riversata andrebbe asciugata,
anche le lacrime sono
preziose.
COME NEBULOSE
In breve:
C'è chi davanti una alba
vede un tramonto,
tuttavia quando crederemo
nel nostro sognare
capiremo che
Il nostro volersi bene
può andare oltre ogni
realtà.
La rivelazione di un sogno
lucido:
Come astri balenanti
Le benevolenze nostre
saettano oltre le alabastrine nubi d'ogni nostro essere,
pensare e credere, avere e
povertà, suono e silenzio, tempo, spazio ed inesorabili finitudini.
Onirici arcobaleni d'anime
variopinte divengono gioconde nebulose.
Le nostre Auree rilucono
sfolgoranti d'iridescenze ora più vivide.
Al risveglio un'irenica
parenesi
del volersi bene:
La rivoluzione del suo
potere avverarsi oltre ogni cielo, piovoso o sereno, della volta celeste.
CIASCUNO SCEGLIE IL SUO ORIZZONTE
Ai tenui bagliori del tramonto i due bambini stavano ciascuno
dinanzi alla sua finestra. Ciascuno sceglie il suo orizzonte. Un bambino vide i girasoli e disse: ”Ai
girasoli non interessa ciò che accade loro intorno, sono indifferenti al
comportamento dei loro fratelli girasoli, disinteressati al germogliare dei
tulipani vicini e ciechi all'appassire delle lontane magnolie. Ai girasoli
interessa solamente da che parte gira il loro sole.”
La bambina distolse lo sguardo dai cangianti tulipani e disse
al bambino: “ Noi non siamo girasoli. Ma se fossi un girasole ora saresti il
mio sole.”
NUBI
Nubi nottilucenti giocano a rincorrersi agli ultimi bagliori
crepuscolari. Sfiorandosi presto avvicendano i loro cristalli e si confondono
cangiando in un giocondo malinteso, più non si riconoscono; come potrebbero?
Nubi* che implodono definendo singole identità presto immemori, furiosamente
incitate da illusorie correnti d'ogni adesso. Il rarefarsi di nubi tese da ogni
dove: le nebbie d'una creatura intimidita.
Nubi che mirano ad un nuovo labile conforto, ad un nuovo
leggiadro e precario sollievo o ad un nuovo disastro emendato affinché siano
dei lampi le luminose vitalità, di scroscianti piogge le malinconie e d'aurei
arcobaleni le variopinte contentezze. Nubi tranquille stanno, ora urtate da
nubi vertiginose e taglienti, ora denigrate dai neri fumi della nostra cinetica
civiltà, ora ed ora nuovamente superate, salutate ed annichilite da un presente
che non sa più voler stare, da un adesso che non sa più voler ricordare
sognando l'avvento di nuovi futuri pellegrinaggi del ritorno, Nubi
pazienti stanno, tuttavia diverse, rare sovrastano le correnti
d'ogni adesso come vascelli che dominano veementi onde di acque avverse, si
lontano riconoscono il cangiante divenire. Semplicemente avvedute, quiete
stanno e vegliano, inevitabilmente partecipi tuttavia malcontente del reciproco
gioco del leggiadro trascurarsi.
* Si chiudono in loro stesse
* Nubi mammellari
NOUS SOMMES NOTRE VIE
Non dipende tutto da me:
Poiché se dipendesse tutto
da me
Sarei solo.
Siamo foglie il cui
movimento
è dei turbinii del vento,
è delle rapide destinate a
cascate?
Così la natura è materna a
sé stessa,
Così siamo materni a noi
stessi,
così le acque si
abbracciano ai venti.
Come due lontane mani che
si desiderano
sfiorandosi solamente in
grazia di ciò che si donano?
Come ponti tra due diverse
sponde
le realtà donate
sostituiscono il vuoto tra le donanti mani.
Tuttavia al congedarsi
d’una delle mani donanti,
decadono i ponti a metà dei
saluti non corrisposti,
ciottoli decaduti nel
profondo d’un lago
ove in superficie avrebbero
dovuto essere raccolti, ora annunciamo: “è tardi”.
Allora restiamo in sospeso,
il vuoto è un baratro
naturale,
è un flusso discendente
Una intensa forza di
gravità che insiste
in direzione della nostra
solitudine
una stasi profonda, un
sonno d’ipnotici incanti*
In cuor nostro è latente
un sentimento di mistica
astrazione,
il nostro talento d’amistà.
Sia allora la mano materna
d’una cascata
il dedicare in dono alla
mano paterna dei venti
la flebile foglia
Una foglia che è simbolo di
vita
poiché è rivelatrice del
movimento che la stasi vela.
Una cascata il cui
gorgoglio è sempre uguale a se stesso
La cui forma è
istantaneamente solida come una scultura marmorea.
I venti sono immutabili
delle loro trasparenze.
Tuttavia altresì la stasi è
movimento, la fine è inizio, così le realtà assenti sono presenti
possiamo riconoscerlo?
La foglia disvela le
vitalità velate nella stasi:
Il flusso delle stille
d‘acqua costituiscono l’anima veemente della superficiale statuarietà d’una
cascata
Il vorticoso avvicendarsi
delle gravità di venti fermi,
presenti solamente in
qualità di ciò che muovono.
Siamo davvero foglie
destinate nelle mani del destino?
Forse, in verità siamo noi
stessi le mani del desino.
Siamo i venti e siamo le
rapide.
Siamo vita nella misura in
cui riconosciamo noi stessi stille di cascate che destinano le foglie ai venti.
Le gravità dei venti che conciliano l’aridità dell’aria con l’umidità
dell’acqua.
Il donare noi stessi ai
flussi creativi.
Come due lontane mani che
si desiderano
sfiorandosi solamente in
grazia di ciò che si donano?
le realtà donate
sostituiscono il vuoto tra le donanti mani,
e se le realtà donate
fossero le realtà donanti?
Il custodirsi
vicendevolmente delle mani risolve il vuoto, la fine, la stasi
Quali scritture ho provato
a consegnarti?
Nel profondo d’un lago una
donna
giunse a leggere le parole
“SIAMO LA NOSTRA VITA”
Trascritte su un bianco
ciottolo.
Così un viandante donò un
quadrifoglio a una donna,
congedandosi da lei,
incedette il suo cammino, poiché lei lo ignorò.
I nostri passi incedono
severi
siamo veloci per essere
rallentati,
I nostri passi incedono
timidi, incerti
siamo persi per essere
ritrovati,
I nostri passi sono
abbandonati alla malinconica inerzia,
Siamo abbandonati a tempi
che ritorno ai medesimi spazi per riconoscerci e rivitalizzarci.
Allor quando i nostri passi
desistono
disveliamo il nostro essere
fiori che attendono di essere raccolti,
Semplicemente rivivendo le
nuove quotidianità.
Presto il viandante ritornò
sui suoi passi.
Non vide la stessa donna a
attenderlo, tuttavia egli si rattristì poiché vide il quadrifoglio che ebbe
donato alle tiepide mani della donna sul pavimento mosaicato di freddi
ciottoli.
Il viandante istintivamente
raccolse il quadrifoglio, lo consegnò ad una donna dicendole:
“Ho trovato questo quadrifoglio
in terra, te lo regalo.”
Lei rispose: ”No” E se ne
andò.
Peggio del non volere
donare esiste solamente il non volere ricevere in dono.
Divenire con colori migliori
Le cose che stanno accadendo erano destinate ad accadere.
Il percorso, il destino, non è una linea retta; è una spirale.
Ritorniamo continuamente alle cose che credevamo di aver capito e riconosciamo
verità più profonde su queste stesse realtà.
Vediamo gli stessi giorni più e più volte:
Le relazioni iterative delle coincidenze hanno la forma del
simbolo Maori Koru, e la spirale è l'immagine del ritorno: il limite delle
circostanze.
Possiamo superare questo limite riflettendo nel profondo di noi
stessi perché la nostra immaginazione, i nostri sentimenti, i nostri ricordi e
le nostre riflessioni sono caotici, soggettivi, senza limiti, creativi e
giocosi con lo spazio e il tempo:
Attraverso la nostra memoria e le nostre idee possiamo vedere
le realtà ripetitive con occhi diversi e più intelligenti e consapevoli, e
cambiare con colori migliori la spirale della nostra vita e la realtà delle
creature
La sensazione, entanglement di anime.
Sarebbe come se due persone, dopo essersi incontrate e
allontanate, riuscissero, a distanza, a dirsi chi sono, a riconoscere
vicendevolmente i pensieri (sinonimici o antinomici), ad avvertire
presentimenti generici sullo stato dell’altro (ben – essere o mal –essere.), a
percepire le risonanze dei reciproci sentimenti; senza vedersi e senza parlare,
la risposta è custodita nel silenzio, e da quel momento rimanessero legate a
distanza nella continua comunicazione del loro stato. Le memorie dei trascorsi
istanti di incontro avrebbero notevoli influenze sulle sensazioni durante
questo stato di disunione.
All’università di Glasgow realizzarono una ricerca sulla
correlazione quantistica in relazione a due fotoni che si scambiano
informazioni a distanza.
IL FUOCO VELATO
Ci manca essere ascoltati,
Un nascosto lontano legame
che non è mai stato raccolto,
brucia ancora solo a sé
stesso,
e non ci riscalda, né ci
illumina.
Chi cerca trova
Allora miriadi di persone
lontane si incontreranno per trovare
il fuoco celato, essi in
questa incerta ricerca insieme mai
raggiungeranno il fuoco
velato, un fuoco che materialmente
non esiste, un sogno che fu
una lontana illusione tuttavia
benefica poiché essi
inconsapevolmente ebbero raggiunto il
fuoco sin dal principio,
nel momento in cui si unirono e si
rincuorarono, si
riscaldarono e si illuminarono
vicendevolmente.
Se essi lo comprenderanno
resteranno uniti e
conquisteranno il fuoco,
altrimenti si separeranno, forse
inesorabilmente perdendo la
meta del fuoco velato.
CHE CI SIA LA LUNA SUL
SENTIERO NOTTURNO
DI CHI PORTA I FIORI
hana wo en
shisha no yomichi ni
tsuki wo kana
Che la natura conforti ed accompagni il fare benevolo, l'umile
rinverdire di chi porta i fiori, ché la natura non trascuri bensì agevoli il
fare benevolo in suo nome, la magnanimità di chi ha imparato a donare e che
nulla esige in ritorno: ché dedichiamo la nostra opera buona sul sentiero
notturno, immersi in un tetro silente buio, ché noi non potremo essere visti o
ascoltati, e non saremo riconosciuti e ricompensati se non del dono che te
Natura puoi a Noi!
Or tuttavia pellegrinando un notturno sentiero, come agiremo?
Davvero porteremo i fiori?
Saremo noi stessi Lune lumeggianti i nostri obli? Noi siamo: In
verità, Natura, materna custode di sé, che a sé ritorna.
I DUE ARCHI
Ti domanderanno la più estrema ed equilibrata rappresentazione
della fiducia e dell'amore, ed
immaginerai una donna dinanzi ad un uomo, essi si stanno
guardando intensamente, in uno stato
flemmatico di tensione e di serenità:
•La donna regge con la mano sinistra la struttura d'un ampio
arco e l'uomo ne tende la corda con la
mano destra, reggendo tra le dita la base di una freccia puntata
contro il cuore della donna. Con il
rischio che se l'uomo avesse mollato la presa, la donna avrebbe
potuto trovarsi con il cuore trafitto.
• Simultaneamente l' uomo regge con la mano sinistra regge la
struttura d'un secondo ampio arco e
la donna ne tende la corda con la mano destra, reggendo tra le
dita la base di una freccia puntata
contro il cuore dell'uomo. Con il rischio che se la donna
avesse mollato la presa,
l'uomo avrebbe
potuto trovarsi con il cuore trafitto.
Tensione di corde, tensione dei cuori, battiti amplificati e
risonanti, i secondi di due vite che ne
divengono una: così ciascuna delle due vite agirà sia per il
bene della sua gemini, sia per la sua stessa
vita.
LO SPIRO D’UN RIVO
LA SECONDA PARTE DELLA
TRAMA
Allora riflettei:
“Sono sempre stata convinta che le coincidenze non esistano,
nel significato che tutto abbia un senso comprensibile. Talvolta il giusto
senso è complesso, talvolta è semplice, talvolta è profondo, altre volte è
superficiale, tali altre possibilità si incontrano nelle sfumature di queste
variabili.”
Riconobbi che in verità quelle piegature erano identiche tra di
loro ed intagliavano perfetti triangoli isosceli ai lembi di alcune pagine del
libro. Riflettei a lungo sul significato di quelle piegature, giunsi infine a
comprenderne presto il significato leggendo le ultime parole del libro:
“Non vi ho salutati proprio perché non ho mai voluto salutarvi
disvelandovi il buon segreto custodito in ogni mancato saluto che è l’augurio
di incontrarsi nuovamente, ovvero di mai rescindere la nostra relazione,
qualunque cosa potesse accadere.
Allora impariamo il valore delle parole di congedo, o degli
atti custoditi negli ultimi vedersi,
è importante come si sta con il prossimo, come si sa restare,
ma è analogamente fondamentale la qualità del nostro saluto poiché concorre a
realizzare le realtà del: “Infine che cosa ci dedichiamo?” Tuttavia ciò che ci
lasciamo non è solamente custodito nel termine, bensì è una parte del nostro
percorso, riusciamo a riconoscerlo?”
In ottemperanza a questo ultimo messaggio le ultime parole o le
ultime frasi delle pagine i cui lembi erano piegati dovevano essere per
l’autore rilevanti – Infatti fu proprio come intesi: Le parole contestuali
nella trama della storia del libro, - decontestualizzando – assumevano
significati di luogo e tempo reali, in relazione alle ultime parole dell’autore
quelle precise parole realizzavano date e luoghi quotidiani di appuntamento
proprio per potere mai dirsi addio e per segnare a matita con una linea rossa
la parola “Fine”.
Perché l’autore segnò con una matita rossa e non con una penna
l’ultima parola del suo libro: “Fine” Fu una importante domanda che gli dedicai
quando lo incontrai. La sua risposta fu interessante.
Solo alla fine compresi che la persona ad avere abbandonato il
libro non era stato alcun lettore bensì lo scrittore.
Lo scrittore si separò dalla sua opera, egli mi confidò che il
suo pensiero nel mentre si chinava alle sponde del rivo per lasciare le sue
scritture fu “Qualcuno liberamente lo raccoglierà? O le rapide del rivo
cancelleranno per sempre le mie parole?”
Il libro fu salvato dalle rapide del rivo, possiamo solo sapere
che sia stato lasciato sul pavimento mosaicato vicino alle panchine del viale
alberato, possiamo sapere inoltre quanto tempo fosse trascorso da quando lo
scrittore ebbe abbandonato il libro a quando lo ebbe ritrovato grazie alla
donna. Fu il tempo di una primavera. Tuttavia non possiamo sapere se altresì la
persona che salvò le scritture le ebbe lette, non possiamo sapere se più di una
persona ebbe raccolto il libro forse lasciandolo nel medesimo luogo, talvolta
sulle panchine, talvolta sul pavimento mosaicato. Tuttavia la donna nel mentre
del periodo di lettura del libro, ai frequentati e sollazzevoli tavoli da bar
mentre teneva tra le mani il libro si accorse che alcune persone indicassero il
libro come se fosse cinto di un’aura di notorietà – in taluni casi lei sentì
alcune persone recitare alcune frasi e racconti appartenenti all’unica copia
esistente delle scritture a cui lei fu tra i molti lettori predestinata a
incontrarne i valori.
In relazione alle ultime parole di alcune pagine del
manoscritto incontrai lo scrittore. L’incontro con lui fu di chiarimento alle
mie perplessità sulla storia dello scrittore, la mia prima domanda fu:
“Perché gettasti il libro?”
Egli rispose:
“Il libro non lo scrissi per me, lo scrissi affinché venisse
letto. Decisi allora di donarlo alla madre terra, fui fiducioso nel fatto che
qualcuno lo avrebbe raccolto dissi a me stesso ed il mio sogno è divenuto
realtà grazie a te.”
Perché segnasti con una matita rossa e non con una penna
l’ultima parola del tuo libro: “Fine”?
“Non è assolutamente l’augurio della fine relazionale
inesorabile, odio tutto ciò che cristallizza ed amo la libertà del divenire,
così intendo che ciò che è sempre presente, sempre vicino e pressante e ciò che
è destinato a mai terminare può essere percepito come soffocante, amo la nostra
libertà anche quella di sospenderci, ho il desiderio di incontrarci nuovamente
tuttavia se la tua libertà si pronuncia nella lontananza da me questo è il dono
che mi hai richiesto e che posso dedicarti. Tuttavia sempre credo che
nell’intarsiare nuovi legami affettivi e nel ridestare i legami di affetto già
presenti siano insite le ricchezze dei nostri giorni. Alla fine mi destinarono
a predestinarmi a loro. Tutto qui.”
“IN NOI È LA PRIMAVERA, ALTRESI’ LA PRIMAVERA TERMINA E
RITORNA.”
Questa lettrice consigliò all’autore di dedicare nuova vita a queste
scritture che consistevano nell’unica copia esistente:
Essi avrebbero presto ritrascritto il libro insieme, avrebbero
rammendato la sua struttura letteraria sdrucita empiendone le scritture
rovinate, aggiungendovi alla trama la vicenda che riguardò loro ed il libro.
L'autore in seguito al congedo dalle sue scritture ebbe
abbandonato penne e calamaio fino all’incontro con lei, tuttavia egli ebbe
tenuto con se le bozze così potendo empire le nuove scritture delle parole che
le acque ebbero sbiadito.
Le ultime parole del nuovo libro furono: ”Lo spiro d’un rivo.”
Furono proprio le parole con cui lo scrittore firmò il libro prima di separarsi
dalle sue scritture: nell’augurio: “Che ogni congedo d’amistà trovi nuovo senso
d’esistere, siano i gorgoglii delle acque che del rivo vanno siano echi del
ritorno, siano dal cielo o dalla terra delle medesime gocce trascorse.
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