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lunedì 10 ottobre 2022

IL TERZO LBRO DELL'AUTORE MICHELE VITTI "TESI"

 


 

 

 

 

 

 

TESI

 

 

 

 

MICHELE VITTI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TESI

© 2022 Michele Vitti

Data di pubblicazione  15/10/2022

Le opere letterarie qui custodite sono state realizzate nel corso della vita dell'autore.

 

 

Questa opera è prottetta dalla legge sul diritto d'autore.

E' vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

 

ISBN  9798357321251

 

Il sito dell'autore: https://colorfulsharing.blogspot.com/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

 

Sincronismo relazionale e comunicazione assertiva                                                             

I limiti dell’attenzione selettiva                                                             

Delega di responsabilità personale                                                     

Mirror                                                                                                        

Serendipità                                                                                                  

I mai malcontenti                                                                                      

Limiti del vedere                                                                                         

Il capitale di amistà e le monete dell’affettività – Il gioco                

Pensieri                                                                                                       

Il sistema del gruppo                                                                         

La copiatura                                                                                              

Le gravità inverse tra noi                                                                      

Un secondo in più                                                                                  

Divenire con colori migliori                                                                 

Le tele della libertà                                                                                 

The emblem of life +                                                                              

Il due è più vicino dell’uno all’infinito e il cuore dorato               

Tcāj e simbiosi mutualistica micorriza                                              

Anime velate                                                                                            

Un passo in più, il paradosso del nulla                                             

Velate trascendenze                                                                               

Elogio della flebilità                                                                                

Le catene della libertà                                                                            

Giocondi con i dadi del destino                                                           

Trasfigurazioni e derealizzazioni                                                        

Le stelle cadenti e le bugie bianche                                                    

Sincronicità                                                                                              

Facoltà velate                                                                                           

Elementi autografi dell'autore Michele Vitti

Creatività complessa e intuitiva:Tesina

antìgrafo-bibliografica con argomenti personali autografi          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SINCRONISMO RELAZIONALE

 

CORRELAZIONE QUANTISTICA

LA SENSAZIONE E' L'ENTANGLEMENT DELLE ANIME

 

Sarebbe come se due persone, dopo essersi incontrate e allontanate, riuscissero, a distanza, a dirsi chi sono, a riconoscere vicendevolmente i pensieri (Sinonimici o antinonimici), ad avvertire presentimenti generici sullo stato dell'altra persona (ben-essere o mal-essere), apercepire le risonanze dei reciproci sentimenti; senza vedersi e senza parlare, e da quel momento rimanessero legate a distanza nella continua comunicazione del loro stato. Le memorie dei trascorsi istanti di incontro avrebbero notevoli influenze sulle sensazioni durante il loro status di lontananza relazionale.

Recente fotografia di due fotoni che si scambiano informazioni a distanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Image - forming, defensive mechanism.


" Relationship between human beings is based on image - forming, defensive mechanism. In our relationships each of us builds an image about the other and these two images have relationship, not the human beings themselves."


Jiddu Krishnamurti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA DEFINIZIONE DI SINCRONIA

Sincronico sullo stesso piano nel livello del tempo ma diverso sul piano nel livello dello spazio.

 

 

Weltanschauung

– Concezione della vita, modo in cui singoli individui o gruppi sociali considerano l’esistenza e i fini del mondo, e la posizione dell’uomo in esso; per lo più riferita a pensatori, scrittori, artisti, in quanto essa sia esplicitamente o implicitamente espressa nella loro opera.

 

RIFLESSIONE PRELIMINARE

Un giorno mi è stato detto che devo ridimensionare le mie aspettative perché sono superiori, non all'unisono con la realtà ed è in questo momento che ho intravisto un senso della vita. Esistono due tipi di persone, coloro che si rassegnano a ciò che è e coloro che rivoluzionando ciò che è, i primi, che sono i molti si impegnano per spegnere i secondi che nella misura della loro caparbietà sono un cambiamento per i primi, i secondi sono più vitali dei primi, sono sognatori. Compresi che la persona che mi consigliava di ridimensionarmi non mi voleva bene perché mi limitava, mi confinava nella sua mentalità -

 

IL SIMBOLO DEL SINCRONISMO

LA TRISCELE

 

 

 

 

PREMESSA LE CONSIDERAZIONI DI SEGUITO ESPOSTE SONO PERSONALI – OVVERO SONO CARATTERIZZANTI IL MINDSET PERSONALE CHE PERTANTO VA OLTRE LA DICOTOMIA DELLA DISTINZIONE DI GENERE, MASCHILE E FEMMINILE.

Jung e la sincronicità

 

IL LATO POSITIVO DELLA SINCRONICITA’

La sincronicità come cura per nevrosi e per psicosi

 

 

Tuttavia non è assolutamente inferiore l'importanza che ha la sincronicità per la prassi.

Noi non siamo del parere che dei colloqui col paziente, sia pur comprendenti sogni e altri prodotti dell'inconscio, possano di per sé portare alla guarigione di nevrosi e psicosi.

Jung e alcuni suoi allievi hanno spiegato che in molte guarigioni la sincronicità gioca un ruolo decisivo.

 

1. Eventi spontanei.

Si possono dividere in un primo gruppo comprendente quelli che emergono in rapporto

a un trattamento analitico, ad esempio lo scarabeo nel saggio dedicato da Jung alla

sincronicità. Qui (Vili, par. 843) egli descrive come una paziente avesse sognato, in una situazione critica, uno scarabeo. Durante la seduta nella quale ella riportò il sogno, uno scarabeo volando urtò contro la finestra della stanza.

Oppure si tratta di fatti documentati che hanno luogo nell'ambito di eventi importanti, come casi di morte eco.

2. Procedimenti mantici

Esempio: la consultazione dell'l King.

 

Non si può negare che da essa si ricavano ogni volta « risposte » sorprendentemente appropriate, per le quali ci si troverebbe in difficoltà a fornire una interpretazione causale.

2. Procedimenti mantici

Esempio: la consultazione dell'l King. Non si può negare che da essa si ricavano ogni volta « risposte » sorprendentemente appropriate, per le quali ci si troverebbe in difficoltà a fornire una interpretazione causale.

3. Fenomeni ESP e PK

Essi possono presentarsi tanto spontaneamente quanto in condizioni sperimentali appositamente create; si consiglia quindi di tener conto di questa differenza.

4. Percezioni « simpaticali »

Jung ha descritto il caso di una paziente in stato di coma, che al suo risveglio fu in grado di riferire esattamente tutto ciò che si era svolto attorno a lei.

5. Rapporti psicofisici

C. A. Meier ha proposto di interpretare in chiave sincronistica i rapporti fra soma e psiche che non sono spiegabili da un punto di vista causale

(Zeitgem. Probi, d. Traumforschung 1950, p. 2213).

Jung (VIII/par. 849) intende per sincronicità « la contemporaneità di due eventi collegati in base al senso, ma in modo acausale ». A ciò si aggiunge la « impensabilità di una connessione causale», nominata in diversi passi.

Ciò che mi interessa in primo luogo è la voce « acausale ». Se vogliamo capire questo elemento negativo della definizione, dobbiamo prima chiarirci il significato della parola « causalità ».

«Se il nesso fra causa ed effetto si rivela solo statisticamente valido e solo relativamente vero, anche il principio di causa è impiegabile in ultima analisi solo in modo relativo per spiegare processi naturali, e presuppone quindi l'esistenza di uno o più fattori diversi, che sono necessari alla spiegazione.

Ma questo equivale a dire che la connessione di certi eventi può essere di altra natura che non causale... ».

Il primo gradino nel passaggio dal mondo sensibile al mondo della fisica consiste in un procedimento di misurazione. Se lo strumento di misura significa da un lato un affinamento dei nostri sensi, dall'altro la riduzione dell'oggetto ai suoi aspetti quantitativi provoca un appiattimento del mondo sensibile e porta ad un'astrazione che indusse Eddington a parlare di « regno delle ombre ». I valori di misura e numerici in cui le espressioni di misura comprimono la ricchezza delle caratteristiche vengono poi, a loro volta, sintetizzati in leggi.

 

Per esempio

Helmholtz ai suoi tempi considerava il principio dell'energia e dell'azione come il principio che unifica in sé tutto il divenire naturale (« Ober die physikalische Bedeutung des Prinzips der kleinsten Wirkung », 1886, in Harnack, Geschichte der Berliner Akademie, II/287).

Resta da chiedersi se la concezione della causalità qui tracciata può essere sostenuta anche considerando le leggi statistiche della meccanica quantistica. Jung sembra negarlo; egli dice comunque nel passo già citato che un rapporto meramente statistico fra causa ed effetto relativizza anche la legge della causalità.

Legge: « se è vero x, allora è vero anche y ». Quel che non si può negare è che i rilievi statistici non sono capaci di dirci nulla sul comportamento o sul destino di un determinato individuo; questo è il loro limite caratteristico.

Jung suppone che gli eventi sincronistici spontanei si manifestino di preferenza là dove, come egli dice, è costellato un archetipo.

Empiricamente ciò si accompagna di solito ad un'emozione, ad un abaissement du niveau montai. Si può presumere che questo sia vero per la stragrande maggioranza di quei casi che hanno luogo durante una seduta analitica.

Qualora tali episodi non si verifichino in situazioni particolarmente critiche — il che però accade nella maggior parte dei casi —, rimane sempre la generale tensione, piena di attesa, (« costellazione »), collegata alla situazione analitica.

Quando i fenomeni di sincronicità compaiono in relazione ad eventi decisivi della vita, come nascite, morti ecc., è chiaro che allora ci sarà da attendersi il manifestarsi di affetti anch'essi molto intensi.

Se dunque facciamo nostra l'ipotesi di Jung, arriviamo agevolmente, in una prima e ancor molto generale approssimazione, alla formula: « Se è costellato un archetipo, allora si manifestano (spesso) delle coincidenze inattese, che il soggetto avverte come significative ».

Ciò non significa che si sia chiarito come l'archetipo provochi la coincidenza significativa, o perché per esempio spazio e tempo siano apparentemente relativizzati.

L. Rhine cita numerosi casi di PK, per i quali non vi è motivo di credere che si fondino su una particolare emozionalità.

Ma sbaglio forse se presumo che è proprio il nostro bisogno di causalità ad essere insoddisfatto? E che da ciò si arriva alla seguente « conclusione »:

2. Procedimenti mantici.

E' noto che di regola sono accompagnati da una considerevole tensione affettiva. Prendendo come caso particolare la consultazione dell' I King, è chiaro che quando essa è giustificata — e lo è quando ci si trovi in una situazione critica e si sia effettivamente perplessi sul da farsi — è presumibile l'esistenza d'una forte emozione. In questo caso sarebbe valida anche la formula « se - allora » sopraindicata.

 

L'ipotesi già espressa da R. Weber (1967) nella tesi di laurea scritta per lo Jung-Institut, secondo cui causalità e sincronicità sono associabili a funzioni diverse della coscienza, cioè la causalità alla sensazione e al pensiero, la sincronicità all'intuizione e al sentimento.

Entrambe possono tranquillamente coesistere; esse non si escludono, ma si integrano a vicenda.

Certo questa distinzione ci dice che causalità e sincronicità appartengono chiaramente a due campi diversi. La causalità è tipica della

conoscenza oggettiva e quindi della scienza, mentre la sincronicità rientra nella sfera dell'esperienza soggettiva, e proprio perciò non appartiene alla scienza.

Vorrei ora illustrare queste affermazioni con un piccolo esperimento immaginario. Un animale allo stato selvatico è guidato, come sappiamo, dal suo istinto.

Si trova quindi, — almeno abbiamo buoni motivi per supporlo —, in uno stato simile a quello in cui ci troviamo noi se subiamo un abaissement montai. Se questo animale provasse sete e trovasse insperatamente dell'acqua, questa « coincidenza fortuita » potrebbe sembrargli senz'altro un caso significativo, addirittura un piccolo miracolo.

Intanto l'etologia og-gettiva ci insegna che grazie al modello di comportamento che gli è proprio, l'animale riesce a trovare l'acqua per una via del tutto causale, di cui comunque non è consapevole.

 

Infine bisogna ancora dire che il creativo può agire solo nella sfora ndividuale, extracausale; esso crea l'inizio di una nuova serie causale.

Da quanto poc'anzi abbiamo detto risulta che il principio della sincronicità dovrebbe essere riservato a quegli eventi che hanno il carattere della spontaneità e irripetibilità, e che riguardano una persona alla quale appaiono significativi. Proprio perché il senso è una caratteristica essenziale degli eventi sincronistici, sorgono a mio avviso difficoltà insuperabili, se si oltrepassa questo limite. Ciò è chiaramente visibile nei passi in cui Jung parla di senso a priori, oggettivo o preesistente.

 

Il concetto oggettivo di un ordinamento acausale ad opera dell'archetipo. L'esperienza di questo fattore ordinatore nella maggior parte dei casi si accompagna alla coscienza del numinoso e quindi fa « scorgere, dietro le circostanze singole, una connessione universale degli eventi ».

Una concezione simile compensa, secondo l'autrice, l'odierna, frammentaria immagine del mondo e « rappresenta una analogia scientifica con la realtà, religiosamente vissuta, di una immagine archetipica di Dio in cui gli opposti sono superati ». Anche se personalmente si può essere propensi ad accettare questa concezione, è chiaro che non si tratta più di scienza nel significato usuale del termine, ma piuttosto di una fede, sia pure ben fondata, e si farà bene a non cancellare tale limite. A questo proposito non nuoce ricordare un passo di Kant (Critica della ragion pura2, 663) : «Affermo dunque che tutti i tentativi di un uso meramente speculativo della ragione con riguardo alla teologia sono totalmente infruttuosi e, per loro intima natura, futili e vani; e che, per contro, i principi di un suo uso naturale non portano a nessuna teologia; di conseguenza, se non si pongono alla base delle leggi morali o non si ha bisogno di esse come filo conduttore, dico che non può mai esservi una teologia della ragione

» — e, più in breve, (loc. cit. XXX): « lo dovrei dunque abolire il sapere per fare posto alla fede ».

E' consigliabile far uso della categoria di sincronicità solo in quei casi in cui ci si trova di fronte a un evento o a un concorso di eventi di carattere essenzialmente fortuito, che riguardino un individuo per il quale l'evento ha un senso.

L'individuo non vive solo fra le connessioni generalmente valide del sapere oggettivo, ma anche in una trama personale e irripetibile di significati. Con ciò egli sembra disporre di un proprio nucleo inte-riore, che si sottrae all'analisi scientifica e quindi, eventualmente, alla manipolazione. Questo risultato può forse essere considerato in armonia con certe tendenze del nostro tempo.

La sincronicità e la mente di Dio

Alla scoperta del mistero delle “coincidenze significative” di Carl Yung Ray Grasse

Coloro che credono che il mondo manifestato (il mondo dell’essere) sia governato dalla fortuna o dal caso,

e che dipenda da cause materiali, sono ben lontani dal divino e dalla nozione di Uno.

Plotino, Enneadi, VI.9

Mentre si preparava per il suo ruolo nel film “Il mago di Oz” del 1939, l’attore Frank Morgan decise di non usare il costume che gli aveva offerto la casa cinematografica per la sua parte come professor Marvel,

rappresentante di commercio, scegliendo invece personalmente il suo guardaroba, tra i tanti abiti di seconda mano collezionati negli anni dal dipartimento costumi della M. G. M. Optò per una vecchia redingote che alla fine gli servì come abito di scena durante le riprese del film. Passò del tempo e, un giorno, Morgan stranamente rovesciò l’interno di una tasca della redingote scoprendo così il nome “L. Frank Baum” cucito dentro la fodera. Come più tardi confermarono le indagini, la giacca originariamente era stata disegnata per il creatore della storia di Oz, L. Frank Baum ed era poi rimasta, per tutti quegli anni, nella collezione di abiti della M. G. M. La maggior parte di noi una volta o l’altra ha avuto modo di sperimentare certe coincidenze inusuali, così sconcertanti che ci hanno costretto a domandarci quale fosse il loro possibile significato o scopo. Ma questi strani avvenimenti hanno forse un qualche intendimento più profondo per le nostre vite? O sono semplici eventi casuali, rigorosamente spiegabili attraverso processi statistici e teorie della probabilità, come la maggior parte degli scienziati moderni vorrebbe sostenere? Tra coloro che si cimentarono con tali questioni vi fu il famoso psicologo svizzero Carl Jung.

 

 

Avendo egli stesso sperimentato molti di tali eventi, alla fine coniò il termine sincronicità per descrivere quello che egli vedeva come un inquietante fenomeno di coincidenze significative. Mentre alcune di tali coincidenze erano davvero senza significato, egli scrisse, ogni tanto abbiamo a che fare con quelle convergenze di circostanze così improbabili da sembrar intendere un fine più profondo o un disegno, nel loro svolgersi. Per spiegare il funzionamento di tali fenomeni Jung teorizzò l’esistenza di un principio o legge di natura piuttosto diverso da quello normalmente descritto dalla fisica convenzionale. Mentre la maggior parte dei fenomeni visibili nel nostro mondo sembra accadere in modo lineare, di causa ed effetto, come le tessere del domino che cadono una sull’altra, gli eventi sincronici sono “acausali” in quanto sembrano legati da modelli archetipali più profondi, piuttosto che da forze lineari. Per esempio, la presenza della redingote di Baum sul set del film non causò in nessun modo la realizzazione del film stesso né la realizzazione del film causò la presenza della giacca – essi semplicemente erano espressioni duali della stessa matrice di significati che si rivelava. In questo modo Jung postulò due tipi primari di relazioni acausali: tra due o più eventi esteriori nella vita di una persona o tra un evento esteriore ed uno stato psicologico profondo. Dalla sua prima pubblicazione del 1952, questo concetto junghiano è diventato sempre più familiare attraverso la cultura popolare, fino ad arrivare alle trame degli show televisivi, ai best-seller di narrativa come La profezia di Celestino e perfino ai versi di canzoni rock di gruppi come i Police. In ambienti più filosofici sono stati fatti molti tentativi per chiarire ulteriormente questa importante nozione e qualcuno ha perfino ipotizzato, sulle orme di Jung stesso, che la chiave per comprendere la sincronicità potrebbe un giorno essere trovata tra le scoperte della fisica quantistica.

 

 

 

Come Robert Anton Wilson scrisse quasi due decenni fa: “Jung era sulla strada giusta, egli insisteva nell’affermare che in qualche modo, da qualche parte nella teoria dei quanti, sarebbe stato trovato e definito il vero meccanismo della sincronicità. Alla fine degli anni ’80 sembrava che avessimo cominciato a comprenderlo”.

A tutt’oggi il mistero della sincronicità rimane irrisolto. Mezzo secolo più tardi di quando fu introdotto per la prima volta ci troviamo ancora essenzialmente lontani dal disvelare il meccanismo profondo che sottostà al concetto junghiano. Perché? Forse abbiamo guardato nella direzione sbagliata, per avere una risposta. Potrebbe essere, in altre parole, che abbiamo affrontato questo problema troppo da vicino, per osservarne i particolari, perdendo così la visione globale? Per analogia consideriamo la celeberrima parabola degli uomini ciechi e dell’elefante: cinque uomini non vedenti si imbatterono in un grosso elefante e ciascuno di essi cercò di determinarne la vera natura, dalla sua limitata prospettiva. Per quello che poteva afferrarne solo la proboscide, esso assomigliava ad un grosso serpente, mentre per colui che poteva tastarne solo le gambe esso appariva come un albero e così via. A causa del loro punto di osservazione parziale, nessuno di loro poteva davvero cogliere la vera natura di un tale animale, appropriatamente comprensibile solo da una prospettiva più ampia e globale. Similarmente potrebbe essere che focalizzando la nostra attenzione interamente sui fenomeni di coincidenze isolate, stiamo esaminando solo una piccola parte di una più grande realtà. Scoprire il significato della sincronicità può richiedere un passo indietro e la visione di questo problema in una luce completamente diversa – forse perfino all’interno del contesto di una cosmologia totalmente differente. Una visione simbolista del mondo Ma qual è allora questa “diversa cosmologia” a cui mi riferisco? È una prospettiva alla quale io e altri scrittori abbiamo fatto riferimento, negli anni, come alla visione simbolista del mondo.

 

Questo punto di vista ricorrente è stato espresso attraverso i secoli da figure tanto diverse quali Plotino, Pitagora, Emerson, Jacob Boehme e Cornelio Agrippa, per nominarne solo alcuni. Questa corrente di pensiero sostiene che l’universo è il riflesso di una realtà spirituale sottostante e che tutti i fenomeni e le forme sono simboli di verità e principi più profondi. Come lo scienziato e mistico svedese Emmanuel Swedenborg scrisse in Paradiso e Inferno: “C’è una corrispondenza tra tutte le cose del cielo e quelle dell’uomo”. Tutte le cose riflettono le idee ed i principi più alti di cui esse sono espressione tangibile o “segno inconfondibile” e possono essere interpretate nel loro significato più sottile. Per il simbolista ogni evento e fenomeno va considerato come elemento di un tutto perfettamente ordinato; come le trame intricate di un grande romanzo o mito, gli elementi dell’esperienza quotidiana sono percepiti come intimamente correlati, senza che nessuna situazione o evento sia fuori posto e nessuno sviluppo sia accidentale. Di conseguenza perfino un fatto che sembra insignificante può diventare una chiave importante per la comprensione di un significato più profondo: il passaggio di un uccello attraverso il cielo, il comparire di un lampo in un momento particolare o il cogliere un commento casuale – tali cose hanno significato tanto in quanto noi le percepiamo come intrecciate all’interno di un più grande tessuto di relazioni. Esiste una rete di sottili connessioni, conosciuta col termine di corrispondenze, che pervade ordito e trama della creazione. Il saggista americano Ralph Waldo Emerson una volta disse: “Analogie segrete legano assieme le più remote parti della Natura, come l’atmosfera di un mattino d’estate è pervasa di innumerevoli sottilissimi fili, che vanno in ogni direzione, svelati dai raggi del sole nascente” (1949). Nei secoli, maghi ed esoteristi hanno lavorato per costruire complesse “tavole delle corrispondenze” che cercavano di unire tutte le parti della natura in un grande tutto armonico.

 

 

In questo modo si dice che la Luna sia correlata con certi altri simboli, come la casa, le donne, il cambiamento e le emozioni in generale, mentre Mercurio è legato alle comunicazioni, all’editoria, ai viaggi, alla mente e così via. Capire i principi essenziali che sottostanno a tutti i fenomeni fornisce all’esoterista una chiave universale che gli permette di svelare il linguaggio sia dei mondi esteriori che di quelli interiori.

Naturalmente sin dall’Illuminismo razionale del XVII secolo il credere alle corrispondenze è stato accantonato dagli scienziati come un’antiquata invenzione metafisica, comparabile alla credenza infantile in Babbo Natale o alla “fata del dentino”. Eppure, come diviene ovvio a chi si dedica attivamente per un certo lasso di tempo alla pratica dell’astrologia (di contro a coloro che la criticano con severità, come i teorici da tavolino), tali correlazioni sono in effetti piuttosto vere e non semplicemente delle sciocchezze di un’immaginazione iperattiva. Di conseguenza, quando Nettuno va ad incidere pesantemente sull’oroscopo di una persona, possiamo osservare il sorgere di problemi su questioni legate a frodi o utilizzo di droghe, nella sua vita, o quando Giove attraversa la Venere di tale persona un’improvvisa buona sorte potrà capitarle nei campi economico o sentimentale. In ultima analisi l’oroscopo fornisce una mappa complessa delle relazioni e delle corrispondenze simboliche che si intrecciano tra la vita interiore ed esteriore di una persona, illustrando le loro potenzialità archetipali in un’ampia varietà di modi.

Le implicazioni della sincronicità di Jung

 Ma allora, cos’hanno da offrirci questa antica visione del mondo e i suoi principi fondamentali nella comprensione della sincronicità? Consideriamo la questione della vera frequenza di questi fenomeni – quanto spesso veramente accadono nelle nostre vite.

 

 

 

Mentre c’è la prova che Jung, nel privato, considerava in maniera più aperta tali fenomeni, nei suoi scritti ufficiali dichiarava che gli avvenimenti sincronici erano “relativamente rari” e si diede grande pena per distinguere le coincidenze significative da quelle convenzionali. Per il simbolista, comunque, la coincidenza è semplicemente la punta dell’iceberg, l’aspetto visibile della struttura più complessa di un disegno che sta alla base di tutte le esperienze. Le circostanze di un’intera vita costituiscono un complesso tessuto di connessioni piene di significato e di analogie correlate, che si estendono a tutti gli aspetti dell’esperienza personale – il corpo, gli eventi esteriori, gli stati d’animo e i sogni e le azioni o i gesti – e oltre, perfino alle sfere di esistenza collettiva e universale. Davvero si può ben dire che ogni cosa è una coincidenza, nella misura in cui tutto co-incide. Jung considerava gli eventi sincronici come un’importante “esplosione di significato” nelle nostre vite; tuttavia sistemi divinatori quali l’astrologia e, come analizzo più approfonditamente nel mio libro The Waking Dream, Il sogno ad occhi aperti, dimostrano che ci sono davvero molti tipi di significati nel nostro mondo oltre a quello immediato che possiamo trovare nelle coincidenze occasionali. Per dirla come William Irwin Thompson, siamo come mosche che camminano sul soffitto della Cappella Sistina, inconsapevoli del complesso dramma archetipale rappresentato davanti a loro. Quello che le sporadiche coincidenze sensazionali fanno è semplicemente scostare la tenda, anche se sempre di poco, sul vasto dramma, per renderci coscienti di un piccolo dettaglio in tale complessa rappresentazione di significati.

Per questa ed altre ragioni possiamo dire che la sostanza della sincronicità sta meno nello studio dell’acausalità che in una più piena comprensione del significato, che va svelato non attraverso gli strumenti della scienza ma attraverso quelli dell’indagine filosofica ed ermeneutica.

 

 

Proprio come gli studi di astrologia e divinazione, che comprendono appieno lo scopo delle coincidenze significative, possono richiedere niente meno che una “teoria del campo unificato” che incorpori soggetti tanto diversi quali la geometria sacra, la teoria delle corrispondenze, la psicologia dei chakra, la teoria dei numeri e una cosmologia multilivelli, per elencarne solo alcune. Solo all’interno di una più ampia struttura offerta da una scienza sacra come questa possiamo davvero sperare di carpire “l’intero elefante” della sincronicità, così com’è, e non semplicemente uno dei suoi complementi isolati, come ci accade di trovare fortuitamente in occasione di qualche coincidenza di rilievo.

Ed è contro il fondale di questa più ampia prospettiva che noi ci troviamo per scoprire una ancor più profonda verità nel funzionamento della sincronicità, che va ben oltre semplici questioni sia di acausalità che di corrispondenze. Nel suo libro A Sense of the Cosmos Jacob Needleman fa le seguenti osservazioni riguardo la curiosa simmetria che si trova nella trama ecologica della natura: “Ogni qualvolta abbiamo guardato a una parte, per poter comprendere il tutto, alla fine abbiamo trovato che la parte è una componente viva del tutto. In un universo senza un centro visibile la biologia presenta una realtà in cui l’esistenza di un centro è implicita ovunque” (64, corsivo dell’autore dell’articolo).

Questa osservazione di Needleman potrebbe ben essere presa anche come utile analogia per la nostra comprensione della sincronicità. Per far sì che i diversi eventi delle nostre vite siano intrecciati in un modo tanto intricato e astuto, come implica la sincronicità (e come sistemi quali l’astrologia dimostrano empiricamente) sembrerebbe doverci essere un’intelligenza disciplinante, sottostante il nostro mondo, che orchestra tutti i suoi elementi come note all’interno di una grande eloquente sinfonia. Non c’è bisogno naturalmente che pensiamo a tutto questo come se necessitasse il coinvolgimento di una deità barbuta e antropomorfa, assisa su un trono celeste.

 

Come abbiamo visto all’apertura di questo articolo Plotino, scrittore neoplatonico, vi si riferiva semplicemente come all’“Uno” mentre i mistici geometri dell’antichità talvolta descrivevano questo principio unificante come una sfera il cui centro era dappertutto e la cui circonferenza era in nessun luogo. In qualsiasi modo scegliamo di chiamarla essa parla di un’opera di coordinamento di portata e finezza inimmaginabili per mezzo della quale tutte le coincidenze e le corrispondenze del mondo si fondono come fili in un grande intreccio, ed entro la quale le nostre vite sono “annidate”. Visto in questo modo l’evento sincronico si può considerare un’occhiata di sfuggita, come se attraverso una lente scura, nella mente di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRINCIPI DI CREATIVITA’

L'astrazione, l'imperturbabilità e la vitalità in noi 

L'astrazione è la facoltà garante del 'brillare di luce propria'.

L'astrazione è l'ambiente che germoglia la resilienza e la creatività, secondo questo principio il calore di un fiore potrebbe sciogliere la neve che lo cristallizza. Il Sole non brilla perché è riflesso dalla Luna, il Sole non riscalda per essere riscaldato e non desiste dall'illuminare perché è circondato dal buio. Secondo l'astrazione ogni luogo ambiente, i più avversi, sono ideali; così ad esempio il luogo della solitudine presenta analoghe possibilità creative rispetto al luogo della compagnia, il luogo della fine è il più ampio spazio di possibilità di iniziare nuovamente, i luoghi negativi sono luoghi vasti di incremento, di miglioramento, la qualità illuminante del Sole è più rilevante proprio perché il Sole è circondato dal buio.

Astrazione non è indifferenza all'ambiente ma è riconoscenza e gratuità verso di esso in quanto iniziativa di colui/colei che abita l'ambiente di integrarlo di lui/lei migliorandolo.

L'astrazione si contrappone alla facoltà del riflettere - del brillare di luce riflessa, il riflettere presuppone la acquisizione di vitalità dall'ambiente, se l'ambiente non è vitale, se siamo supportati solamente dalla facoltà della riflessione, ci affievoliamo e spegniamo l'ambiente.

Concludiamo allora che ciascuno di noi può essere ambiente colorato, vitale e rivitalizzanti di ambienti esteriori possibilmente privi di colori. Essere imperturbabili dal luogo e dal tempo è possibilità della manifestazione della nostra identità riconoscibile come novità rispetto al luogo e al tempo.

BE THE SPRING THAT CHANGES THE INVERNAL ENVIRONMENT

No matter where you are while there your inner self is the enlivening place, you already have life, need life

 Realize it — share it by your inner soul to the place you enliven.

NO MATTER WHERE YOU ARE NOW, YOUR INNER SELF IT IS YOUR OME, FORGIVE ALL OF YOUR SELVES.

 

Possibilities are not infinite, possobilities have the time of our lives, you may lose forever a game of your life, anyway not all the game.

This singularity of time is about our chance to better us, not everything depends on us, but on us and on the people we are relating with.

Think about it, you may better your life.

Give importance to the mindset: "if i had.. I had to be more." YOU WILL MEET YOUR PAST AGAIN SOON, IN THE NEXT NOW.

What about love? What about melancholy feeling... They're about the words sincronicity, coincidences, connections: The time of the second, third, step of possibility come but the two people are not vis a vis in the place where initially they related, this dissonance, the seeing and the feeling of void makes us think about the person we related initially.

Déjå vu

Who has an enlightened memory may have seen life it is a constant repetition of the same similar circumstances, same people, same places, same dialogical themes, similar aptitudinal behaviours. And we're there, once; and a little time later life donate us another possibility to behave similarly or differently - people who do not think about experiences will return to the second step of possibility with the same behaviour - differently others through memory, reflections, and inner disposition to be not blind and insidie the now, they will allineate their will to their DIFFERENT behaviour into the second step of possibility. There may be more than two step of possibilities. The number of possibilities steps depends on our gratuity spirit of donating relational possibilities.

Our inner mindset singularity has the potential of the universe

You can be reborn any moment you choose to be.

You are everywhere and in every now of your life not bound to your old self, you're always NEW, this is the gift of life. This way all of us is infinite, cause through our life we arise infinite selves.

So does not matter the environment we live in, we may see the environment around us to be unfavorable and hostile up to the point to damage the health of our self. We character i e the environment as the whole system of circustamces feeded by other people behaviours and natural, virtual... relations.

 Everything happens because of you." The little boat may be taken away by the tsunami, but do not delegate your resposibility, you can always choose, the possibility of choice it is the matter of the responsabilities, your new selves are free, new and different, from the past your selves: you have a place here - it's a fact, an evidence, this is the profund matter of all of us, and the importance of the factual value of everyone of us. We don't need to demonstrate value because we are a priori value. So the second fact it is that we deserve to care each other a priori.

It's a blindness - in truth we'll recognize the truth of us it is quite entirely into our mindset - we may see the environment as a (imitated place and the inner mindset as the singularity of a universe.

Just see your inner universe and You'll be able to face easily every hostile environment.

 

LA CREATIVITA’ COME DONO E PURO VALORE AGGIUNTO

 

La ricompensa del dono

Dovremmo essere come candele che non si spengono vicendevolmente ciascuna depauperando d'ossigeno le sue vicine , la candela più luminescente resterà al buio se terrà per sé stessa ogni fonte vitale privando le sue compagne. E saremmo come candele che si mantengono accese ciascuna riardendo dal filo di fumo della fiammella vicina che illuminerà dei colori della candela originaria.

 

 

Il fumo delle candele spente non assopisce mai i vivaci lumi delle candele accese, è un sottile e flebile filo di fumo che ascendendo al cielo incontra le nuove fiammelle, non è un anelito di fine ma è l'inizio di una preghiera raccolta da chi sceglie di illuminare essendo custode di vita e luce. Illuminare è l'opportunità di permettere che altri illuminino della nostra stessa luce, il germogliare del nostro unico e raro colore, che sarà riflesso più intensamente, questa è la ricompensa del dono.

 

 

UN SISTEMA DIALOGICO CREATIVO

Un sistema dialogico fondato sula competizione può non essere creativo – può essere creativo in qualità di pulsione di ambizione emulatrice – tuttavia oltre a questo unicum, il dialogo competitivo è sulla base del valore relazionale dirimente e sul piano essenziale minorativo, annichilente e immiserente la essenza del prossimo. Un sistema dialogico fondato sula competizione può declinare in dispotismo dialogico e decisionale, Un sistema dialogico fondato sula competizione è strutturato sulla PAROLA nella presunzione di inconfutabilità – e l’obiettivo principale del sistema dialogico competitivo è l’ottenere ragione, così da potere imporre la propria autorevolezza decisionale sul prossimo.

IL SISTEMA DIALOGICO ASSERTIVO

L’atto del restare in silenzio implica il farsi specchio del prossimo conducendo il prossimo a riflettere. Un sistema dialogico saggio e maturo si astrae dal metro di giudizio qualitativo e quantitativo presupponendo la sospensione del giudizio come sistema conoscitivo che si astiene dall’oggettivare e misurare le realtà esterne e le essenze con cui si relaziona. Il sistema dialogico assertivo si fonda sull’ascolto, meno sulla parola, il sistema dialogico assertivo è libertario.

 

 

La parola delimita, toglie luogo e toglie tempo, vincola, aggredisce ovvero toglie vitalità e vita, mentre il dono di ascolto è dono di spazio e di tempo, se ti ascolto di dedico tempo vitale e spazio di reciprocità comunicativo-relazionale, se dico di te delimito la tua essenza togliendo luogo essenziale alla tua qualità di presenza, e se possibile impariamo a dire con noi e non con altri di noi, ciascuno di noi ha un solo nome, teniamo, custodiamo e tuteliamo il nostro nome, non siamo altre essenze, non spacciamoci per esse. Non argomento che si debba tacere, tuttavia assumo che si debba riflettere prima di parlare perché le parole sono uno strumento dialogico di gravità espressiva, perché la parola è dicotomia, è bianca o è nera, ogni singola parola in un dialogo è una profonda e radicale presa di posizione attitudinale che ha rilevanza fattuale sulla nostra vita e sulla vita del prossimo.

Ascoltare e pronunciare il no implica una dissonanza cognitiva indotta – significa accolgo la tua assenza, la riconosco per poi annientarla, annichilirla – significa ti amo ma presto pongo fine alla nostra realtà relazionale affettiva e opportunità relazionale. A nessuno piace essere tenuti sulle spine dell’avverarsi di un probabile congedo. Quando avverrà? (Percepite la gravosità del maybe negativo)

 

IL PREGIUDIZIO DELLA PERSONA PREGIUDICANTE IMPLICA UNA MINORAZIONE  E  DESTRUTTURAZIONE QUALITATIVA DELLA ESSENZA DEL PROSSIMO PREGIUDICATO:

La determinazione di ciascuna persona in relazione con la sua profonda essenza e  volontà attitudinale spetta esclusivamente a lei stessa, qualsiasi classificazione, categorizzazione caratteriale e qualitativa della persona, ciascuna inesorabile, restrittiva e  delimitante denominazione e aggettivazione (il denominare presuppone il vincolare il soggetto  giudicato alla realtà che si destina a lei/lui, ma la sua essenza profonda non ha alcuna relazione con la realtà attribuita proprio perché è una attribuzione soggettiva esterna.

Le percezioni provenienti da ciascuna visione esterna sulla essenza di una persona pre-giudicata sono una rappresentazione stolta di chi giudica e non coincide mai con la vera essenza della persona pregiudicata in quanto ogni immediata osservazione e pregiudizi conseguenti sono la sommatoria della percezione di superficie essenza della persona) e della rielaborazione della persona giudicante (fondata dalle singolarità delle esperienze altrui ogni giudizio è una falsificazione della reale essenza del singolo giudicato.

 

 

La essenza è ILLIBATA, è un sistema complesso non riducibile all' atto.

Si veicola l'attitudine come metro di giudizio della persona ma ritornando al principio sopra descritto è più precisamente l'osservazione  esteriore della attitudine il fondamento di giudizio della persona giudicante, qualità non coincidenti con l'essenza della persona che è una sommatoria di realtà interiori - ad esempio giudichiamo la punta dell'iceberg quando giudichiamo una attitudine in verità per un giusto giudizio dovremmo considerare le cause profonde di una attitudine incontrando dunque la profondità essenziale della persona giudicata.

Il giudizio esteriore è avvelenato dalle negatività di generalizzazione e di inesorabilità invero quando giudichiamo omologhiamo alla nostra percezione di categoria (è come) e ci sbagliamo poiché nessuno è mai identico a nessun altro, in secondo luogo qualunque nostra realtà è diveniente, ovvero cambia e può divenire - la stoltezza di chi giudica vuole cristallizzare e vincolare la persona al giudizio che le si attribuisce.

 

 

Utilizziamo lo strumento di pregiudizio e di giudizio come mediazione di superiorità ovvero fondiamo il dialogo che è un sistema complesso di sequenze di giudizi sulla classificazione negativa di un terzo per dimostrare a un secondo la nostra superiorità rispetto alla inferiorità di cui raccontiamo.

Il danno è che crediamo comunitariamente che ciascuna nostra parola sia creatrice di realtà, non di falsificazione.

Quando una persona attribuisce un giudizio 0 una classificazione su una seconda persona ed una terza ascolta il giudizio e vi ci crede sulla base di una fiducia aprioristica, allora insieme realizzano una realtà qualitativa della persona giudicata che come abbiamo visto può non coincidere Con la Sua essenza e spesso non coincide, ma la persona giudicata deve farsi carico dei pregiudizi a cui è stata sottoposta.

ln verità quotidianamente realizziamo prospettive, falsificazioni, percezioni.

Dovremmo essere più timidi e riguardosi nel giudicare perché? Perché il nostro giudizio fonda la nostra tipologia attitudinale con il prossimo, quindi se il nostro giudizio è inesorabile, saremo inesorabili con la persona giudicata, se il nostro giudizio è sommario saremo indifferenti con la persona giudicata e così via.

LE DINAMICHE DI FALSIFICAZIONE DIALOGICO – PERCETTIVA

Lo sguardo che mira sempre verso il prossimo e mai verso se stessi.

Se il dialogo è una sequenza di parole, durante un dialogo ciascuna delle due persone partecipanti attribuiscono a ciascuna frase e tonalità di espressione del dialogo associazioni contestuali relative e arbitrarie - ciascuna parola o insieme di parole risulta connesso ad un pensiero associativo e interpretativo che risponde alla domanda individuale e soggettiva perpetuata nel tempo di relazionalità dialogica:”Che cosa capisco?"

 

 

Auto inducendosi una risposta di pregiudizio che è in relazione con le personali categorie di idee contestuali risultanti dalla propria esperienza e inclinazione caratteriale custodite nel personale ‘cassetto’ di mindset costitutivo delle personali ontologiche realtà nevrotiche devianti sane - nel percorso conoscitivo, dalla pronuncia di una frase di una persona esterna, o attitudine o semplice movimento del corpo, alla percezione, al sentire vi è la mediazione del pensiero di coloro che percepiscono che è in sé un valore aggiunto falsificante dell'atto puro della persona che essenzialmente attua l'azione o pronuncia la frase –

la presunzione di comprensione è una abitudine deviante la veridicità essenziale dell'atto e della parola - la presunzione di comprendere pone il punto al percorso conoscitivo fermandolo alla superficialità di dialogo, mentre la domanda e curiosità approfondisce la quantità e qualità di singolarità contestuali virando ogni falsificazione percettiva dalla arbitrarietà di percezione alla coincidenza tra le arbitrarietà di pensiero di colei che attua l'azione e colei che percepisce razione. Per eludere il fraintendimento è necessario tempo - non dedichiamo sufficiente valore al secondo - dialoghiamo alla velocità della luce tanto da rendere caotico ed incomprensibile il Senso olistico risultante dalla relazionalità.

E delle miriadi di parole che pronunciamo, attribuiamo arbitrariamente e talvolta istintivamente il valore di giudizio e le relazioni contestuali al buio della persona con cui ci relazioniamo. Il buio crea disorientamento, e il disorientamento è strumento vincolante il dialogo utilizzato da coloro che il dialogo lo vogliono veicolare, la presunzione di superiorità dialogica è una devianza che danneggia la reciprocità di valore umano fondante l’equilibrio reciproco di analogia valoriale relazionale ed essenziale.

 

 

 

 

È proprio quando prima del giusto tempo pensiamo - Ho capito - (e sovente non capiamo) che rendiamo reale il pregiudizio e realizziamo la nostra falsificazione del prossimo che il prossimo deve gestire e assimilare - il danno è quando fondiamo nuove realtà dialogiche e relazionali sulla base della nostra falsificazione - facciamo un passo verso la via della falsità e vi percorriamo altre miriadi di passi, allora crediamo di vedere sempre più giusto e lontano mentre diventiamo ciechi e realizziamo l'errore, basterebbe fare un passo indietro all'inizio, potrebbe non bastare un passo indietro in seguito a molti errori interpretativi, ma il percorso è individuale dello spettatore (e della persona che mediante il suo essere comprova la non veridicità del pensiero del giudicante, non si tratta di chiedere pietà al giudicante e non si tratta di Ottenere una gentile concessione di seconda opportunità di chiarimento relazionale da parte del giudicante, si tratta qui di argomentare la limitatezza come erroneità di pensiero di coloro che scelgono di mettersi dalla parte del giudice prescrivendo il falso ovvero che la loro soggettiva percezione sia la Verità essenziale della persona da essi vincolata), La frase più pericolosa e dannosa che possiamo pronunciare è "so chi sei," E ciascuno di noi la pensa e la pronuncia quotidianamente semplicemente aggettivando il prossimo. Ma la aggettivazione che sia un gesto, un pensiero o una parola non è che la dimostrazione della veridicità essenziale di coloro che agiscono l'attitudine giudicante. (sovente maledicenti o mal pensanti). Allora non è detto che le persone benedicenti siano benedette, ma sono benedicenti, non sono maledicenti poiché sono maledette. Questo discorso non é solamente dialogico, bensì anche attitudinale. E non è detto che le persone maledicenti siano essenzialmente maledicenti, l'atto singolare non è la essenzialità della persona, il pensiero che il singolare atto di una persona sia la persona stessa significherebbe assumere "se conosco una stella conosco l'universo" se si  vede una stella non si sa niente dell'universo che è infinitamente più vasto della stella stessa.

II principio di arbitrarietà e relatività decisionale, la singolarità attitudinale implicano che sia vuota di senso e quindi priva di fondamento ogni assunzione di superiorità personale fattuale e essenziale di una persona sul prossimo. In più attribuisco alla autopercezione di superiorità e la relativa imposizione di volontà di una persona sul suo prossimo la caratterizzazione di Nevrosi relativamente a una forma di minoranza intellettiva in relazione a una deficienza di umiltà e assenza di umanità in quanto annichilimento nel non ascolto e considerazione della essenza e volontà del prossimo. Relativamente al giudizio:

Un uomo un giorno accorgendosi dei danni delle quotidiane maldicenze si impose di imparare la sospensione del giudizio. Se non si dice non si può maledire disse un uomo.

L'istinto di negazione la cui traduzione attitudinale è la pronuncia del no categorico e inesorabile non è che l'implicazione immediata di una Nevrosi la cui caratterizzazione si struttura su una base di Autostima di Superiorità provocata da una arbitrarietà di giudizio (come abbiamo già visto) e pertanto moralmente infondata e tuttavia avente implicazioni dannose come rilevanza fattuale di annichilimento attivo o di attitudine passiva. Una seconda radice nevrotica che causa l'iniziativa di negazione può essere l'istinto di vendetta, ovvero, l'influenza di un vento di odio che influenza una persona che ha vissuto il rifiuto e che reitera l'attitudine del rifiuto nei confronti di nuove persone adoperando a loro discredito un aggravio di colpa, ovvero in risposta di alcuna attitudine negativa o in presenza di una attitudine negativa non grave, la persona che vi risponde attua nei suoi confronti una attitudine di qualità di gravità n volte superiore.

L'inversione dei valori, molte delle nostre attitudini quotidiane sono il frutto della inversione dei valori che è cosa umana.

 

 

 

La domanda "perché agire cosi adesso" è fondamentale Perché sto pensando cosi? Ciascun pensiero è fondante una attitudine. Riflettiamo sulla arbitrarietà e relatività di pensiero capiremo che ciascun movimento di ogni singolo è il risultato della sua singolarità e unicità.

Assumere che ciascuno debba essere chiamato al dialogo è solo una faccia della medaglia delle reciprocità che vuole valorizzare l'iniziativa come valore fondante il movimento della relazione, ovvero la sua esistenza e vitalità stessa, la seconda faccia della medaglia vuole dunque assumere che si chiami attivamente al dialogo come automatismo secondo cui la relazionalità sia un sistema più naturale e più abituale della iniziativa di solitudine e di silenzio. Un secondo tema importante è la libertà relazionale, tuttavia se l'equilibrio del dono di libertà è sbilanciato la situazione relazionale degenera in uno sbilanciamento di responsabilità relazionale -  una persona  delega all'altra ogni libertà e responsabilità assumendo dipende tutto da te - ed assumendo questo non si attua che la realtà dell'abbandono è l’annichilimento della proprietà utile e buona che chiamiamo collaborazione o  complicità.

Non lasciamoci soli, e soprattutto cogliamo le situazioni di incontro non per procrastinare al futuro (nulla) la relazionalità lasciandoci soli definendo ad esempio categorici limiti di tempo per noi. Diamoci tempo ma non abbiamo troppa pazienza. La pazienza radicale degenera in procrastinazione passiva la cui voce è l'inerzia.

 

 

La comunicazione assertiva

 

Le tre  tipologie  caratteriali. PASSIVITA’, AGGRESSIVITA’, ASSERTIVITA’

( ciascuno di noi è un connubio di esse e ne manifesta  una  piuttosto un'altra in base al contesto al ruolo relazionale, alla persona  con cui si relaziona  e al tempo  personale o in comunione a disposizione)

Assertività (Creatività relazionale) passività, aggressività.( distruttività e  Stasi relazionale)

 

passività

Disamore, disaffettività, dubbio a priori,  distrazione, tergiversare, colpevolizzare l'insicurezza e approfittarne,  indifferenza,  apatia,  dilatare  e sprecare il tempo di relazione ( Ci sarà tempo), non vedere l'essenza dell'errore e non riconoscere di sbagliare  ovvero sentirsi nel giusto a priori,  attesa (tutto è  dovuto Indifferentemente dalla disponibilità di dare. gentilissima papà Grazie),  sminuire, delegare,  disistima, noncuranza,  manifestare a priori delusione

 

aggressività

Non ascolto,  Non lasciar parlare,  generalizzare,  radicalizzare il giudizio fattuale su una negatività riconosciuta senza considerare le  positività,  giudizio a priori, antipatia, odio,  invasione della Libertà, l’accusa senza spiegazione implica l'impossibilità di migliorare.

 sovente è una forma di difesa causata da incomprensione incapacità di gestione,  precarietà di strumenti conoscitivi e di volontà di purificazione.

Le modalità passiva e aggressiva implicano conseguenze spesso disattese e relazionalmente negative.

La mentalità della non difesa, il vittimismo, il sembiante del pianto è secondo la misura della sensibilità personale riconoscibile come aggressività. (A TRATTARE UNA PERSONA APRIORISTICAMENTE DA NEGATIVA E DA MALINTENZIONATA LE SI INSEGNA A DIVENTARLO)

La delusione aprioristica: I giudizi sul prossimo a priori: Non va mai bene nulla, è insufficiente, è diverso, è inconoscibile, è chiuso caratterialmente…

 

 

 

assertività

Fiducia a priori, empatia,  complicità,  collaborazione,  chiarezza,  gratificazione,  gratitudine,  ascolto (SAPER ASCOLTARE, PER ESSERE ASCOLTATI),  volontà di incontro e di comprensione,  curiosità,  animosità, la domanda e l'interesse  sostituiscono l'imposizione l'attesa e l'apatia,  incentivazione  e buone aspettative a priori ( riconoscimento di appartenenza relazionale,  propositività per il futuro in comunione,  progettazione del tempo),  comunicare l'errore sulla base di una spiegazione e tuttavia  parallelamente riconoscere ciò  che del prossimo è bene.

Riconoscimento e buona valutazione delle attitudini altrui nonostante il contesto e l’ambiente relazionale.

La rivitalizzazione relazionale del silenzio: Ad una mancata relazione rispondo con una nuova iniziativa relazionale, ad esempio rispondo al silenzio con la parola.

Il rinnovamento relazionale, la variabilità contestuale e ambientale – A ciascuno di noi è data la possibilità di creare contesti e ambienti vari e non limitati e limitanti, promuovendo le diverse singolarità come nuovi spiriti relazionali e non come muri tra noi.

 

Il rifiuto della delega:  la tempestività nel vedere a priori i limiti relazionali personali piuttosto che attribuire  le limitatezze che si giudicano aprioristicamente nel prossimo. (mettersi nei panni del prossimo)

Il rifiuto dell‘Esigere:  il dare a priori prima del  pretendere.

 Il rifiuto della inesorabilità:  la coevoluzione relazionale:  fin quando è vita, è relazione,  niente è definitivo,  ogni relazione è Ridimensionabile,  resuscitabile e  implementabile.

L’autostima è strutturante l’Assertività.

L'assertività  è purificazione dei caratteri passivo e aggressivo.  l'assertività implica un investimento di energia ingente (Maggiore di passività e aggressività) per il fine di  relazionalità creative.

Tutti i conflitti  e  attitudini aggressive e passive nascono dal  non ascolto, da  fondamentali equivoci. ( non è bene lasciare il prossimo  in uno stato non senso relazionale e di equiivocità conflittuale irrisolta). Non si può non comunicare. Altresì nel periodo di lontananza siamo in relazione – ascolto.

 

La comunicazione assertiva presuppone lo scambio dialogico simmetrico:

Lo scambio dialogico simmetrico presuppone l’equilibrio personale di diritti e di doveri reciproci, nonché l’equilibrio dei giudizi di valore e stima tra coloro che si relazionano.

(Siamo sullo stesso piano). Le comunicazioni passiva e aggressiva presuppongono e implicano le posizioni (One-up and one-down) lo scambio dialogico asimmetrico e il disquilibrio relazionale, la mancanza di rispetto, fino alla stasi relazionale o al tramonto della relazione.

L’assertività dialogica è fondata sulla struttura della Reciprocità – Non può esistere assertività e creatività relazionale in mancanza di INIZIATIVA RELAZIONALE E COERENTE FEED BACK.

Per essere assertivi è necessario in primo luogo andare a modificare tutti i pensieri che formulo, tutte e opinioni e credenze che ho verso di me: La tolleranza.

L’esteriorità attitudinale è fondante la comunicazione non verbale.

La comunicazione non verbale ha notevoli implicazioni nella qualità relazionale:

Il movimento del corpo in relazione alla creatività o distruttività relazionale ha maggiori implicazioni delle parole e della intonazione. Per questo motivo è fondamentale riconoscere con serietà il valore plasmante della superficialità.

Le dialettiche del mentire è riconoscibile nell’incongruenza tra parole, movimenti del corpo e tonalità vocali.

“Non mi fido delle parole perché nascondono molto e rivelano poco di ciò che è realmente importante e significativo.”

“I mortali non sanno mantenere segreti. Se le loro labbra sono silenziose, spettegolano con la punta delle dita: Il tradimento si fa strada attraverso ogni poro della pelle.”

IL PRIMO FONDAMENTO DELLA CREATIVITA RELAZIONALE E’ LA MEMORIA.

La dimenticanza implica il dovere iniziare in ogni incontro relazionale la relazione sin dai primi albori: è inaccettabile che due persone si relazionino analogamente al loro primo giorno di incontro dopo un decennio di costante frequentazione – questa eventualità è sintomo di precarietà empatica, affettiva e relazionale di una o di entrambe le persone.

Nonché la conoscenza dei valori e delle esperienze e la consapevolezza dei punti di vista della persona con cui ci relazioniamo. La relazione è una spiritualità creativa e conoscitiva in divenire.

La comunicazione assertiva cerca una sintesi armoniosa tra due variabili:

LA COESIONE.

Si parte insieme e si cammina insieme in un rapporto basato sulla fiducia, la stima reciproca e l’accettazione delle differenze, che produce un clima positivo.

L’ORIENTAMENTO AL RISULTATO. DOVE ANDIAMO INSIEME ? QUANDO SARA’?

Premessa: La mentalità propositiva: Ideazione di un percorso all’unisono ed attribuzione chiara e frutto di un confronto di una meta reciproca, in ogni adesso ridimensionabile, riqualificabile o alterabile e tuttavia non tergiversata e mantenuta nel lungo periodo con serietà e urgenza. (A lungo e a breve termine)

Può essere legittimamente criticabile il reciproco abbandono inesorabile.

 

Una donna o un uomo avente la propria prospettiva, espressione della propria identità (dunque un 'vero')  se dialoga con altri (' veri') può 'vedere'  prospettive a lui/lei celate.

Le verità sarebbero secondo questo pensiero il risultato di un arricchimento reciproco in grazia del dialogo tra prospettive, identità:

 

Vi è dunque relazione tra la pace e le verità:

Il reciproco ascolto e la coesistenza delle prospettive* ovvero l'istaurarsi di un clima relazionale pacifico e aperto alla ridefinizione delle idee e dei giudizi in seno alle idee (risultanti dalla domanda, dall'ascolto e dalla parola) agevola la 'messa a fuoco' della conoscenza della verità soggetto del dialogo. 

 

*Affinché vi sia coesistenza di prospettive deve esistere l'equilibrio di rilevanze fattuali che dispone che ciascuna prospettiva partecipante al dialogo abbia diritto di parola, di essere ascoltata ed accolta come esistente e conpartecipante in quanto sfumatura di senso della verità, soggetto del dialogo,  ricercata e esaminata confrontando opinioni diverse.

 

La necessità della reciprocità e della biunivocità relazionale.

La relazione sociale è considerata come inter – azione = azione tra due agenti nella quale è centrale la mediazione simbolica che l’uno esercita per l’altro, in quanto si suppone che la rappresentazione del ‘self’ avvenga necessariamente attraverso l’altro.

Il dono relazionale: Fare passi verso chi resta immobile o verso chi si allontana.

Il valore dell’intelligenza emotiva. La curiosità.

Cosa significa ascoltare? Significa domandare affinché non si fraintenda ciò che l’altro dice o non dice.

LA RIVITALIZZAZIONE RELAZIONALE

Pronunciamo abitudinariamente e prematuramente fallimentari o non all’altezza di elevate aspettative o attese situazioni che inizialmente prospettano a noi interesse e attrazione.

La necessità dell’estroversione.

Non possiamo leggere nella mente del prossimo, dobbiamo comprendere che nella misura in cui comunichiamo possiamo comprenderci e chiarirci.

Bibliografia: Baggio. F. (2017). Assertività e training assertivo. Franco Angeli.

 

PRINCIPI DEL CAMBIAMENTO DEL REALE

Il principio di ovvietà conoscitiva in quanto stima di probabilità della reale esistenza di una ipotesi di pensiero.

La ovvietà segue i principi di poche categorie cardine e questi sono una costante che basta imparare come si impara qualsiasi altra realtà.

 

LA PAROLA ALTERNATIVA LA SOVVERSIVITA’ DEL CONSUETUDINARIO 

Se la verità è una sfera e le prospettive sono gli osservatori infiniti le cui rispettive prospettive riconoscono ciascuna delle sue dimensioni variopinte del tempo e dello spazio, sii ciascuno di essi - immedesimati nella loro singolarità e fa si che queste persone entrino in dialogo tra loro nella tua fantasia relaziona tutte le diverse prospettive che puoi gestire, come? Immagina di entrare in contatto con un numero infinito di te stessi - così i puzzle della sfera della verità saranno conciliabili nella misura in cui vi saranno coincidenze di pensiero - allora rivela la tua sfera di pensiero incompleta ad una seconda persona e donate vicendevolmente i puzzle mancanti con curiosità camminando insieme verso la verità.

Perché? Per uscire dalla nostra culla.      

 

 

 

 

 

 

ln ciascuno di noi resta una parola indecifrata ma intelligibilmente avvolta dal mistero - è lo 0,01 % della nostra volontà che può confutare il 99,9% della realtà che è inesorabile, destinata in una alternativa la possibilità di essere il nostro destino - poni il tuo sguardo verso l'impensabile, sii il compositore del futuro che è ancora da scrivere - ci sono dei segni simboli del percorso della novità - il silenzio e il "No", dell'inconsueto si ha paura, se il consuetudinario è la culla, esci dalla culla, non ripetere il consuetudinario. Quando inizierai a sentire il silenzio e il "No" significa che ti stai avventurando verso il mai visto, verso il non pensabile, verso il nuovo, sarai il germoglio del cambiamento.

 

LA INIZIATIVA AUTONOMA RELAZIONALE

IL METRONOMO DELL’AMISTÀ

Nonostante nulla sembrasse cambiare, la nota della vita suonava per noi sebbene talvolta fummo distratti dall'imperversare di melodie intemperanti, ma eravamo noi che non riuscimmo mai a coglierne la dolce melodia:

l'asta del metronomo oscillava al ritmo di note a cui noi siamo sensibili, ascoltiamo allora il destino che dice di noi le parole che timidamente non sappiamo comunicarci, ci è dato dalla vita un pianoforte che non vogliamo imparare a suonare lasciandoci cullare dal sogno del pianista che suona per noi e diveniamo più attenti proprio quando l'asta si ferma; ancora non sapevamo che proprio il silenzio sarebbe stato il nostro inizio, quando ci svegliammo d'un sogno incantevole per imparare a leggere e a scrivere le nostre note per essere compositori del nostro tempo sullo spartito delle nostre possibilità.

 

 

 

 

 

LA SINCRONICITA’ COME FONTE NEGATIVA DI PERCEZIONE DI NONSENSE COME DISSONANZA COGNITIVA IN RELAZIONE A COINCIDENZE ATTITUDINALI SULLA BASE DELLA COSTANTE TEMPO PRESENTE E DELLA VARIABILE LUOGO

2 Esempi

L’AMBIENTE DELLA RELAZIONALITA’

Generalità attitudinali aventi rilevanza fattuale nell’adesso in cui la persona è presente e partecipante come parte attiva delle dinamiche comportamentali che si realizzano in un luogo.

La persona percepiente in questo caso deve farsi carico del suo personale ambiente psicologico individuale e dell’ambiente relazionale reale di cui è senziente – la persona sente (Percezione di sentimento), vede,

La variabilità della iniziativa comportamentale nel caso in cui una persona sia presente essenzialmente in un dato ambiente relazionale è evidente in quanto ad essenza modificatrice dialogica e senziente che collabora alle dinamiche di divenire dell’ambiente relazionale – Il dialogo, l’ascolto, la compartecipazione affettiva… ATTIVE hanno implicazioni palesi sulla modificazione dell’ambiente relazionale – Proprio perché l’essenza percepiente connubia la qualità dell’ambiente relazionale.

Un importante esempio che chiarifica la dualità esperienziale di una persona che partecipa ad un contesto relazionale, (Ovvero la realtà relazionale dialogica e la realtà di pensiero sincronico):

Pensiamo a due stanze prossime tra loro separate da una porta chiusa dalla quale tuttavia sono percepibili i suoni vicendevoli provenienti dalle due stanze:

 

 

 

 

 

In una stanza sono presenti alcune persone che conversano tra loro, nella seconda stanza uno scrittore che sta scrivendo con il computer la sua opera realizzando il suono iconico della pressione dei tasti sulla tastiera – Allora si realizza che lo scrittore viene in ogni istante influenzato dalla assenza relazionale delle persone che stanno dialogando nella stanza prospiciente, e le stesse persone partecipanti all’ambiente relazionale sono influenzate dalla assenza dello scrittore – (Esse ad esempio potrebbero pensare mentre stanno dialogando – che cosa sta scrivendo lo scrittore? Si realizzerebbe in loro lo spirito di curiosità, che ad esempio condurrebbe una di loro ad aprire la porta della stanza per vedere che cosa lo scrittore scrive. (Qui si evidenziano le implicazioni reali di una assenza.))

 

LA GENERALIZZAZIONE E LA UNIVERSALIZZAZIONE DEL PENSIERO DELLO SPAZIO

Non perché accade lontano nel tempo e nello spazio, non accade. La lontananza della segretezza è uno spettro misterioso, tuttavia non è vero che non esiste concorrendo a colmare il vuoto della verità e la segretezza si fa conoscere con la semplice chiave dell'intuito.

 

PREMESSA

Le percezioni sono causali, ovvero implicano una variazione del reale, la variabilità del reale non è indipendente dal pensiero, il pensiero ha rilevanza fattuale. Vediamo come e perché:

 

Ora adduciamo all’esempio precedente la abilità del pensiero di ciascuna persona di generalizzare e di decontestualizzare la realtà relazionale presente e per raggiungere con il pensiero una contestualizzazione lontana nello spazio mediante il sistema immaginativo.

 

 

La virtualità è strumento garante della decontestualizzazione sincronica del pensiero, semplifichiamo – Una persona tra le quali che nella prima stanza dialogano tra loro guarda un social network in cui riconosce la persona di cui è innamorato mentre bacia una altra persona – Ed ecco che la qualità attiva relazionale della persona partecipante al dialogo presente nel gruppo relazionale viene influenzata da una assenza (La persona che ama), allora questa persona potrebbe sospendere di colpo la sua intraprendente parlantina sostituendola con una espressione sul volto di tristezza – Le altre persone percepirebbero questa variazione e domanderebbero alla persona presente, “che cosa ti è successo per esserti rattristito in questa maniera?”. Allora una persona assente che ha preso l’iniziativa di un bacio ha influenzato l’intera dinamica di gruppo della prima stanza. Un secondo esempio – Lo scrittore che stava scrivendo di fiabe nella seconda stanza percepisce che nella prima stanza la televisione sta pubblicando il telegiornale in cui annuncia l’imperversare della guerra in un altro stato – L’assenza attitudinale nella stanza dei belligeranti, e tuttavia la loro presenza sincronica in altro luogo implica ad esempio che lo scrittore desiste dallo raccontare le fiabe e intraprende di li a poco gli studi di giornalismo – per ottenere il potere carrieristico di argomentare pubblicamente il suo dissenso verso la guerra. In questo secondo caso si evidenzia la abilità di universalizzazione del pensiero e le implicazioni delle assenze attitudinali personali sulla attitudine reciproca.

LA GENERALIZZAZIONE E LA UNIVERSALIZZAZIONE DEL PENSIERO DEL TEMPO E IL SISTEMA MEMORIA

Ritorniamo all’esempio originario delle due stanze – Ora vediamo la variabile del tempo di pensiero, non del tempo sincronico reale, vediamo la decontestualizzazione mentale temporale passata come assenza, implicazione di variazioni attitudinali del reale.

 

 

Per chiarire questo argomento basti pensare che quando dialoghiamo con le persone ricordiamo, il nostro passato, miliardi di sentimenti, miriadi di esperienze connubiano in ogni adesso la cui attitudine che vi agiamo è sincronicamente influenzata e deviata da relazionalità assenti ma che sono state – Chiariamo questa dinamica sincronica con la definizione: “CIO’ CHE E’ STATO E’” Questa frase ha valenza filosofica e realtà lessicale – La realtà della esistenza della parola “E’” connubia, appartiene, è abbracciata nella complessità reale della frase:”CIO’ CHE E’ STATO”.

 

Il sistema memoria come sistema fondante la resurrezione essenziale di una assenza.

La rilevanza fattuale globale di una essenza vitale è plasmabile finché la persona vive – assunto questo, le attitudini percepite dalle persone che hanno avuto relazione con una persona defunta assumono nuova realtà presente nel momento in cui tali persone le ricordano e le ripresentano.

la mentalità di non appartenenza e di non privilegio comunitario.

La solitudine è una forma di mortificazione essenziale e parallelamente la realizzazione della resurrezione relazionale e della persona sola ha luogo nella misura delle possibilità in cui si riabilita la catena delle reciprocità relazionali, ovvero nel momento in cui attivamente o la persona sola, o le persone con cui lei ha avuto relazione compiono il passo di incontro relazionale – La relazione è sempre reciproca, pertanto nella univocità di relazione tra due persone, se una persona è sola, anche la seconda persona compartecipante a tale relazione di lontananza è sola – tuttavia la situazione di solitudine globale si realizza nel momento in cui una persona sia globalmente sola, ovvero che questa debba gestire numerose relazioni di lontananza e di silenzio affettivo relazionale, mentre non è detto che le persone soggette alla relazione di lontananza e silenzio siano globalmente sole.

Queste possono avere molti affetti ed esserne pienamente soddisfatte da questi affetti, dunque si realizza che la relazione con la relazione sola non compendi la felicità di queste persone già felici – ed è sulla base di questa dinamica che lo status di solitudine globale di una persona sola possa non divenire più relazionale. Inoltre la dinamica di solitudine globale implica che la persona sola senta il profondo bisogno di cercare le altre persone, ma soprattutto di essere cercati – in quanto la dinamica del ‘cercare’ implica una valorizzazione essenziale del prossimo, la solitudine globale può implicare una devalorizzazione e demoralizzazione autoindotta che adduce una fragilità di iniziativa di valorizzazione del prossimo – secondo quanto prescritto si dimostra che la minorazione di autostima implica il bisogno delle persone sole globalmente di essere cercate e stimate – in quanto l’iniziativa di incontro relazionale sia una mediazione di valorizzazione del prossimo ed analogamente di coloro che valorizzano secondo la logica della reciprocità relazionale secondo cui il bene che agisco verso il prossimo/a lo agisco verso me stesso/a.

'La mia solitudine è garante della tua libertà' ma il dono di libertà coincide secondo queste parole con una speculare solitudine - secondo reciprocità relazionale secondo questo dono di libertà ad una solitudine coincide una solitudine, potremmo avvicendare la relazionalità, non la solitudine come dono e principio di libertà - a stare insieme ci doniamo, aumentiamo il nostro tempo, non lo perdiamo, non lo diminuiamo. Cambiamo le basi della reciprocità di relazione.

Il lungo periodo di lontananza relazionale deve essere motivo di conciliazione non pretesto di fine relazionale definitiva ed inesorabile. Il tempo di solitudine non risolve nulla, è in atto una vuota procrastinazione relazionale e delega ad un futuro che rischia di non esistere. Tutto è relativo al secondo ad adesso. Il dialogo reciproco è garante del cambiamento, la solitudine cristallizza le vite.

Vogliamo esserci più utili? CHI RIFIUTA PERDE, CHI ACCOGLIE GUADAGNA Esiste semplicemente una assenza di curiosità - la curiosità è dono possibilità di rendimento. Se definiamo e attribuiamo ad una persona il valore di nullità di non sufficiente - semplicemente neghiamo a questa persona la possibilità di fiorire. Cl OSTACOLIAMO, NON È SINTOMO Dl INTELLIGENZA. NÉ Dl CREATIVITÀ. Vogliamo scoprire il potenziale di una persona che nominiamo nullità? NO QUASI MAI, Perché il nostro sistema valoriale Implica l'annichilimento di tale persona. Pertanto neghiamo a noi stessi ciò che nominiamo la possibilità della sorpresa o Resurrezione - la resurrezione non è che la dimostrazione di una vitalità in seguito ad una mortalità che sa indotta o autoindotta. IMPLICANDOCI UN SISTEMA RELAZIONALE FONDATO SULLA MORTIFICAZIONE E NON SULLA VITALIZZAZIONE O SULLA RIVALUTIZZAZIONE_ SCEGLIAMO LA NOIA CHE E’

STASI SACRIFICANDO MOVIMENTO DELLA CREATIVITÀ.

Il sistema di denigrazione è fondato sulla limitatezza di giudizio esterno - nessuno ha ancora compreso bene il significata della frase di Nietzche –Io sono questo - e quest’altro. C’è altro da vedere e ci rendiamo ciechi in nome della incapacità di riconoscimento delle singolarità latenti e velate del poliedro della essenza di ciascuna        IO qui resto, e posso essere immensamente di più. Dio mi ha lasciato più tempo.

L'aleatorietà è il ponte tra la fine e l’inizio, la vita è in sé dono, la vita è in sé una rilevanza fattuale motrice di cambiamento. il respiro muove l’aria. Avere luogo è una implicazione del CAMBIAMENTO in relazione alla variazione di una presenza modificante il vuoto della sua gemella assenza_ Qui usiamo lo Strumento della immaginazione • la domanda che risulta questa realtà è, “Ma se questa realtà non fosse che cosa sarebbe?”

 

La essenza colma il vuoto. Questo è il senso più profondo della vita, La essenza è meglio del vuoto, la vita è meglio della morte. La solitudine è peggio della compagnia. 

 

Riveliamo il vaso di pandora

Si disimpara a scrivere se non si scrive, ma perché si scrive? Quale è il significato dello scrivere se non il comunicare un messaggio il punto è a chi? Tuttavia può accadere che il chi smetta di esistere. E se l'interlocutore non esiste non ha più senso scrivere non si ha nulla da dire finché dopo anni di non scrittura si disimpara a scrivere, e ci si ritrova nell'oblio della perdita di tempo. Ma quale è la causa di questa perdita di facoltà, l'assenza dell'interlocutore ; ora il punto è che non siamo più vicendevoli scrittori, incombe un vento di passività velenosa, nella scrittura di lettere ci dovrebbe essere uno scambio reciproco di lettere. La reciprocità è una parola sempre più rara e preziosa perché manca. L'interlocutore è andato e andandosene che cosa ha dato? Il vuoto, un vuoto che lo scrittore deve gestire, perdonare e assimilare, Dio non ha mai insegnato a annichilire il prossimo. 

Parliamo di noia - la noia esiste ed è una delle cause per cui l'interlocutore se ne è andato inesorabilmente - la noia può abbracciare tutte le negatività - tuttavia il limite risiede nella resistenza al cambiamento - la noia può divenire? Secondo l'interlocutore no. E della sua presa di posizione non se ne prende la responsabilità. La risposta è che la noia può divenire solo se io e te ci impegniamo insieme per cambiarla - dovremmo riuscire a intravedere Io spiraglio di vita nella fine. Il punto è il problema dell'essere soli è che prima si disimpara a scrivere - ma lo stesso discorso si ripercuote sulla parola - allora l'oratore diventa muto perché ha disimparato a parlare?

 

 

 

Guardate che i veri muti sono coloro che restando in silenzio con lei le hanno tolto la parola - ma la persona sola non è più debole e non è meno intelligente, né meno noiosa, ad esempio lei non parlando e non scrivendo pensa molto, e pensando molto a suo modo esprime nella qualità del suo carattere la sua percezione della vita, ma esprime a chi?

 A nessuno, ma nessuno sono tutti, e tutti sono nessuno perché tutti hanno condotto una vita umana all'inesistenza facendole perdere il senso stesso del pensare, “cogito ergo sum”? Ah la memoria della persona sola è solo una povera consolazione di ciò che è stato e di ciò che non è più - ma la memoria è reciproca - non ricorda solo la persona sola tutte le persone che lei ha incontrato ricordano - il problema è che preferiscono dimenticare lasciandola sola delegandole la responsabilità. Allora la persona sola non scrive perché non sa più scrivere, non parla perché non sa più parlare, non pensa perché non ha più senso il pensiero, non ricorda perché ha imparato dagli altri a dimenticare. E gradualmente la persona sola si sente più debole perché? Per le sue numerose iniziative non accolte e non ricambiate - anche nei momenti in cui sentiva di non potere continuare, lei continuava per una innata energia che possedeva, lei era la sola predestinata a conoscere il profondo senso della resurrezione. Avrebbe avuto molto da insegnare ma era sola, a chi insegnava?

Lei ebbe disimparato ad ascoltare, chi ascoltava? Ad una ad una perdeva ogni sua abilità finché incontrò la fine, il nulla, che cosa è la fine? La perdita di ogni collegamento sostanziale con la realtà il non sapere ciò che accade, il non capire ciò che potrebbe accadere, la rivalutazione del tempo che diviene più pesante perché ci si accorge che ciascuna realtà personale e relazionale accade simultaneamente secondo dopo secondo - la vita è relazionalità - la relazionalità termina con il termine della vita non prima.

 

 

Fu in quel momento che acquisì un livello superiore di consapevolezza - ogni secondo di vita è possibilità - e il suo atto nella relazione con le altre persone è resurrezione - lei comprese che persino la follia è un bene, è importante perché è oltre il limite che cristallizza ogni sistema di dialogo e di relazione, la follia realizza l'assurdo è rivoluzionaria, sblocca ciò che è latente, la follia è sorpresa, realizza ciò che è inaspettato, realizza l'impossibilità, crede nella vita perché è oltre il limite della negazione.

La follia è garante della vita nel vuoto della solitudine tanto è che con tenacia la persona sola imparò nuovamente a scrivere a parlare a pensare a ricordare, ma fu superiore alle altre persone poiché lei perdonò agendo ciò che le altre persone per lungo tempo non ebbero mai agito con lei, le incontrò, tante persone non poté più incontrarle perché non volevano essere incontrate - allora lei capì l'importanza del dono di libertà. Il fatto è che agiamo in ottemperanza di ciò che vogliamo, ma è davvero sempre così? No, non sempre dimostriamo coerenza con il nostro sentire e volere, la volontà relazionale è umana e naturale? Amerei fosse così e la chiave è la reciprocità.

Allora lei fu accolta, fu congedata, fu perdonata, ma lei incontrando la fine aveva compreso la varietà della vita. Alcune persone la incontrarono e videro in lei una luce inconsueta, rara, il suo ascolto era Saturo di cosentimento lei aveva sofferto più delle altre persone e accettava, abbracciava e capiva ogni loro realtà.

 

 

LA NORMALITA’ DELLA FOLLIA COME EMISFERO STRUTTURALE DEL MINDSET OLISTICO DUALE UMANO – (RAZIONALITA’) – (IRRAZIONALITA’ ISTINTIVITA’ EMOTIVITA’ SUBCONSCIO) – LE DEVIANZE NEVROTICHE SONO CARATTERIZZANTI L’UNICUM DELLA ESSENZA.

 

La follia può essere l'abilità intelligente di potere eludere o mistificare la realtà, possibilità tale dall'essere garante dell'oltrepassare ogni impasse che la sola razionalità non ti permetterebbe di sopravvivere e assimilare come nuova saggezza, strumento attitudinale, capacità e consapevolezza.

Niente è un caso, la complessità di ogni secondo ha senso, impegnarsi ad essere talmente perspicaci e intelligenti da assimilare ogni relazione per raggiungere la consapevolezza della complessità è importante, calcolare tutte le possibilità e stimare la probabilità più elevata per raggiungere le possibilltà più esatte, Relativamente alla varietà e alla variabilità delle possibilità, Perché non pensiamo diversamente? Perché non agiamo diversamente? Forse saremmo stati più sani e meno folle, Ma la distinzione tra sanità e follia è labile, sanità e follia sono un connubio applicate alla relatività contestuale. La scelta è unica tra la varietà della possibilità - (tanto è che una delle Nevrosi più evidenti è la astinenza decisionale, la procrastinazione) ed il fatto che scegli è manifestazione della tua unica sfumatura di pensiero, la medesima vastità di possibilità di pensiero di cui si è dotati è caratterizzante la nostra flessibilità psicologica ed è relativa alla nostra unica storia e unicità essenziale, i bambini possiedono più flessibilità di pensiero degli adulti, se avessi scelto diversamente avresti avuto il medesimo mindset di coloro che scelsero diversamente, e nel caso in cui essi siano la minoranza non c'è nessun fondamento che pronuncia la veridicità del pensiero (il mindset della minoranza è follia mentre il mindset della maggioranza è Intelligenza) riconosci che si tratta di relatività di pensiero, pertanto ciascun pensiero e  scelta attitudinale è simultaneamente sintomo di sanità e di devianza. Non è possibile non pensare.

 

 

 

 

Il mindset è caratterizzante la unicità essenziale di ciacuna persona ed è fondante il suo olismo attitudinale – L’olismo del mindset individuale è il connubio nelle variabili di spazio, tempo, qualità subconscie, abilità mnemoniche, percezioni sensoriali, percezioni emotive, istintività, realtà immaginative oniriche, percezioni della qualità dell’ambiente reale, ragionamento – Tali e altre variabili sono costitutive delle sottocategorie sistemiche che nominiamo devianze nevrotiche psicologiche sane costitutive della unicità di mindset individuale che trovano rivelazione nella unica qualità di attitudine individuale. La analogia strutturale essenziale sistemica del mindset individuale decade di senso ogni presunzione di superiorità intellettiva di una persona su una seconda persona. Si evince semplicemente l’incremento di potenzialità abilitativa in una facoltà piuttosto che in una altra – ma tale variabilità non è fondamento e criterio umano essenziale di superiorità essenziale – Ad esempio – non ha senso privilegiare l’intelletto all’intuito – Vi sono personalità che hanno elevato le loro abilità intellettive razionali, (L’emisfero razionale)pensiamo agli illustri scienziati o letterati – Vi sono personalità che hanno elevato le loro abilità intuitive (L’emisfero emozionale intuitivo) – pensiamo agli illustri saggi mistici – Ma arriviamo al punto – non ha alcun fondamento ontologico la stima di misura valoriale essenziale degli uni rispetto agli altri – ma estendiamo questa dinamica di ragionamento – annettiamo la categoria di coloro che non hanno adottato alcuna attitudine al fine di elevare le loro potenzialità intellettive – parliamo delle personalità di miseriae intellettiva – allora perché non pronunciamo essi stessi personalità illustri? I contadini non involvono forse nell’atto del coltivare la resilienza intellettiva tale da ottimizzare il rendimento della coltura?

 

 

 

 

Sono essi medesimi intelligenti – essi hanno ad esempio una resilienza alla tensione lavorativa la cui qualità valoriale potrebbe non appartenere agli studiosi – pertanto comprendiamo che la variabile contestuale di intraprendenza fattuale premia analogamente chiunque istituendo una non gerarchia valoriale essenziale e attitudinale.

 

La vita è in sé valore essenziale pertanto decade di senso il giudizio di minorazione valoriale nei confronti di coloro che realizzano della inazione il loro valore esistenziale. Il valore personale essenziale è intrinseco alla vita stessa di ogni persona, il valore essenziale non è riducibile allo spirito di intraprendenza carrieristico, il valore essenziale è indipendente dall'incremento del numero e della qualità di obiettivi da raggiungere - la stima valoriale di ogni persona non è misurabile sulla base dell'ottenimento di riconoscimenti sociali conseguenti ad attitudini socialmente riconosciute buone e benefiche come il conseguimento degli studi, ed il passo di ogni scalino varcato al superamento di ogni esame, come l'impegno quotidiano lavorativo carrieristico, come l'arricchimento, tutti questi ingredienti compendiano la situazione di vita di ciascuna persona, non la sua essenza - la essenza si esplica nel termine - IO SONO, ed è relativa al valore intrinseco di ciascuna vita, indifferentemente dalle aggettivazione relative a questa essenza. Poniamo danno attribuendo misura valoriale all'aggettivazione fraintendendola con l'essenza poiché in tal modo diamo realtà a ciò che non è valore, al disvalore apparente, che percepiamo come disvalore essenziale - allora finiamo a discriminare e a e arginare, istituiamo la esclusività relazionale - assumiamo per esempio che la vita essenziale di chi non studia vale essenzialmente di meno, che la vita dei poveri vale di meno, che la persona avente differenza di pensiero è essenzialmente disistimabile. Mi seguite?

 

 

La aggettivazione e la attribuzione di una condizione di vita implica il giudizio valoriale in relazione alla essenza personale ma non dovrebbe implicarlo poiché stiamo giudicando la percezione soggettiva attitudinale non la essenza - in più la aggettivazione implica due importanti gravi fenomeni - la delimitazione della assenza: Sostenere - " Lui/lei è _______ è" minorativo rispetto al riconoscimento della essenza " Lui/lei è." poiché la aggettivazione determina il riconoscimento di un solo lato del poliedro essenziale trascurando e annichilendola gli altri. Una seconda grave implicazione della aggettivazione percettiva è la falsificazione reale che il giudicante realizza semplicemente osservando e costituendo della sua percezione (la percezione è una falsificazione risultante da un giudizio in quanto a percorso conoscitivo avente rilevanza fattuale creativa o distruttiva della essenza giudicata - la aggettivazione come percezione adduce alla pura essenza dell'osservato il mindset (cultura, tempra caratteriale, volontà egoistica, deresponsabilizzazione, delega, intento di superiorità...) dell'osservatore che appunto falsifica mediante osservazione e attitudine attiva la pura essenza dell'osservato. In più a livello dialogico si instaurano le dinamiche falsificanti della soggettiva attribuzione contestuale - di ciascuna parola pronunciata l'ascoltatore attribuisce qualità e rilevanza e misura valoriale arbitraria contestuale delle parole che ascolta in più attribuendo ad esse valore di giudizio 'essenziale' di cui l'oratore deve farsi carico e responsabilità, non delle parole che egli/lei pronuncia bensì della percezione arbitraria e della variabilità di giudizio contestuale dei suoi ascoltatori. Per concludere. La qualità valoriale della mia esistenza è già data poiché semplicemente vivo, non in misura e in qualità della mia intraprendenza o del raggiungimento o meno di obiettivi.

 

 

 

Rischieremmo di creare ansie inutili - che oggi imperversano ovunque - adducendo che le persone valgono per gli obiettivi che superano - non è così, immagino tutti coloro che hanno tentato e non sono riusciti - essi probabilmente si sono sentiti falliti perché la società ha innestato nelle menti il mindset dell'ambizione e della competitività - tuttavia essi dovrebbero restare sereni e integri nella loro essenza poiché il valore della loro essenza è di essi che nemmeno provano a intraprendere le dinamiche sociali relazionali carrieristiche è immanente, ILLIBATA e intrinseca al semplice battito del loro cuore e alle pulsioni elettriche del loro cervello, ciascun cervello è intelligente e saggio in quanto artefice di unicità attitudinali.

Nessuno è più 'intelligente', ciascuno è intelligente, semplicemente ciascuno vive secondo le peculiarità conoscitive che gli appartengono ma in quanto al risultato attitudinale non è vero che la qualità e la quantità di strumenti conoscitivi di ciascuno implichino un valore personale maggiore. Le persone la cui stima è di povertà e miserevolezza mnemonico-conoscitiva possono essere ad esempio moralmente più ricche e più disponibili alla gratuità dimostrando più valore personale di ciò che li è attribuito, il risultato? Ad esempio lo stolto sul livello mnemonico-intellettivo potrebbe essere estremamente intelligente sul piano emotivo-sensibile-morale, ed essendo povero di una singolarità (l'intelligenza mnemonica) realizza relativamente alla singolarità della gratuità dimostrando inoltre buone qualità nella singolarità della moralità.  Perché l’inazione può essere stimata valorialmente buona e benefica? Ad esempio in quelle dinamiche in cui si agisce l’inazione e non la iniziativa di violenza interpersonale.

 

 

 

 

 

Ora si considera il principio di autorevolezza decisionale sul prossimo, ciascuna complessità di pensiero che in ogni istante esiste nella mente di ciascuna persona o a la sequenza di attitudini che non possono che implicare un effetto decisionale sul prossimo sono effetto di mindset di devianze nevrotiche sane, tutti giudicano perché il giudizio è in sé una attitudine decisionale attiva, ma pochi sono giudici giusti. La complessità di pensiero è un connubio di coscienza, razionalità e subconscio la cui complessa combinazione rende un assurdo il valore di autorevolezza decisionale e l'attività decisionale In quanto a diritto di potere decisionale di un mindset su un secondo mindset. In più il subconscio aggiunge il principio di arbitrarietà caotica ad ogni attitudine decisionale. Pertanto abbiamo compreso la delicatezza del tema del diritto di decisione sulla vita presente altrui, ciascuno oggi si fa re del principio di autorevolezza decisionale, si delibera sul prossimo con leggerezza quotidianamente inesorabilmente, ciascuno dovrebbe riconoscere che non è un caso che i giudici debbano essere persone con una solidità, flessibilità e maturità di pensiero solo raggiungibile mediante anni di studio e di esperienza, la superiorità eccelsa conoscitivo-mnemonico-morale non è uno strumento di tutti non fingiamo che Io sia perché gli stolti che si fanno giudici creano danni.

Una intelligenza è una follia se annichilisce la esistenza di nuove mentalità, ciò che chiamiamo intelligenza è una omologazione e standardizzazione conformista di una maggioranza diveniente assolutista in quanto impositrice delle mentalità alternative più fragili - ciò che nominiamo le Mentalità non sono che devianze risultanti dall'annichilimento delle mentalità devianti più fragili, la fragilità di pensiero in traduzione dell'inclinazione al credo di ciascuna maggioranza è causata dalla non integrità di pensiero ovvero il mancato autoriconoscimento della resilienza della personale autonomia di pensiero come sana singolarità di pensiero e attitudinale indipendentemente dalla gentile concessione del mindset comunitario che prescrive il dovere di pensare una realtà e non una sua possibile alternativa.

L'etica del pregiudizio applicata alla passività attitudinale e alla delega di responsabilità relazionale.

Il silenzio (due persone sconosciute si siedono vicine su un prato. Ciascuna di loro delega la relazionalità, nessuno parla, mentre ciascuno pensa "che antipatico/a lui/lei che non mi rivolge la parola e i l saluto" Mentre colui/colei che sta  pensando questo è lei/lui stesso essenzialmente antipatico/a poiché restando in silenzio attua la medesima negatività che critica nel prossimo. La delega di responsabilità è lo specchio di una devianza caratteriale di aggressività passiva, di egoismo e mentalità di superiorità.

 La relatività di pensiero costitutiva della sana devianza o sana nevrosi

 

La procrastinazione è una scelta folle. Disse una persona. Ma un uomo compromise gravemente la sua vita per un comportamento impetuoso, una seconda persona disse: Saresti stato più sano se avessi pazientato e procrastinato"

"Niente è un Caso, la complessità di ogni secondo ha senso, impegnarsi ad essere talmente perspicaci e intelligenti da assimilare ogni relazione per raggiungere la consapevolezza della complessità è importante, calcolare tutte le possibilità e stimare la probabilità più elevata per raggiungere le possibilità più esatte." Ad esempio se pronunciate questo pensiero ad un laureato/a in filosofia o in matematica - lei non vi attribuirebbe il giudizio di persona folle ma giudicherebbe il vostro pensiero interessante e ne parlerebbe con voi valorizzandovi approfondendo la relazione. Provate a parlare così ad un pescatore, egli vi riterrà folle e vi allontanerà. Cosi voi siete sani e intelligenti per un matematico o filosofo e folli per un pescatore. E non è esatto giudicare il pescatore folle e il matematico sano, Applicate la mentalità di relatività di pensiero e di singolarità di sana devianza ad ogni pluralità contestuale e raggiungerete una delle consapevolezze più elevate possibili della nostra realtà. Parliamo della marginalità di pensiero o limite di mentalità locale, chi ha viaggiato in più continenti o chi legge comprende bene - la marginalità limite di mentalità locale, esso è un limite o devianza di inflessibilità e inesorabilità che implica la auto imposizione di non ammissibilità di un mindset che non coincide con il proprio o che dimostra orizzonti più vasti del mindset personale riconosciuti come virus psicologici da eliminare, inoltre si può riconoscere impermeabilità di pensiero (non contaminazione) nella inflessibilità una indisposizione alla possibilità di cambiamento e nella inesorabilità della limitatezza mentale ad imporre i propri vincoli di pensiero nelle mentalità più aperte. Tuttavia relativamente alla singolarità di sana devianza e relatività contestuale possiamo attribuire lo status di follia e di sanità sia alla Marginalità  di pensiero, sia alla illimitatezza  di mentalità.


IL SISTEMA FANTASIA E SOGNO FUTURO COME DECONTESTUALIZZAZIONE SINCRONICA DEL REALE

Ritorniamo all’esempio originario delle due stanze – Ora vediamo la variabile del tempo di pensiero, non del tempo sincronico reale, vediamo la decontestualizzazione mentale temporale come sistema di previsione futura e come decontestualizzazione nel sistema del non tempo della fantasia come assenza implicazione di variazioni attitudinali del reale.

Per chiarire questo argomento basti pensare che quando dialoghiamo con le persone fantastichiamo – Ovvero attuiamo una decontestualizzazione che è più precisamente una astrazione del pensiero – Secondo questa dinamica il silenzio del nostro pensiero in un sistema di gruppo implica una variazione del piano dialogico del gruppo dalla concretezza del reale al sistema immaginario surreale.

 

 

 

 

La decontestualizzazione temporale tra pensiero futuro e reale presente in relazione alla dinamica di sfiducia relazionale:

Consideriamo la parola indefettibile, è una parola che associamo alla divina tuttavia. Quante volte attribuiamo la realtà di indefettibilità di giudizio a noi stessi?  Spesso. Quando applichiamo la aleatorietà di un immediato futuro al nostro presente ovvero realizzando nell'adesso un futuro che inventiamo e presumiamo probabile che non è che una previsione attitudinale e stima di offensività attiva o passiva del prossimo che si rivela con probabilità elevata falsa poiché frutto dell’immaginazione. Ovvero una rielaborazione frutto di numerose variabili soggettive falsificanti l’atto puro della persona che si osserva compiere una azione e di cui si immagina una reazione futura diversa – l’esempio voce è rappresentato dalle parole - (so 'ora' come sarai) - tuttavia la mentalità di negatività futura percepita solitamente implica una attività presente di offensività passiva. Elevazione della difensività) o attiva • facciamo un esempio - la percezione del fuori luogo di una persona implica l’istinto di allontanamento della persona da quell'ambiente • tuttavia l'essenzialità è in essere il diritto di avere luogo.

Aggiungerei relazionale. Il semplice saluto tra sconosciuti - ad un saluto corrisponde il silenzio perché. Per indifferenza o per la mentalità di possibilità aleatoria di futura offensività che attribuiamo al prossimo.

Esponiamo un esempio più focalizzato sul tema di dissonanza tra pensiero e reale:

Ipotizziamo che due persone siano state in una situazione relazionale di reciproco litigio. Queste due persone avrebbero litigato in una stanza – una delle due persone è uscita dalla porta educatamente.

 

 

 

 

Dopo il periodo di tempo di una ora questa persona prova a rientrare nella stanza con l’intenzione di fare la pace con la persona con cui ebbe litigato – quando la persona nella stanza vede dall’occhiello della porta la persona con cui ebbe litigato lei chiude la porta a chiave – La persona chiusa fuori dalla porta si demoralizza, si rattrista e desiste dal provare a riconciliarsi con la persona nella stanza, nel suo mindset l’atto della porta chiusa a chiave ha implicato la positività di intenzionalità di incontro relazionale con la negatività della disistima valoriale della persona che la ha diniegata. Ma cosa è accaduto nel mindset della persona che ha chiuso la porta a chiave? Lei ha proiettato l’idea falsa che la persona sarebbe ritornata per litigare nuovamente con lei non per riappacificarsi. La falsificazione percettiva e la istintività attitudinale psicologiche hanno pertanto implicato variazioni qualitative della realtà relazionale tra queste due persone.

 

LA SURREALITA’ E’ LA REALIZZAZIONE NEL REALE PRESENTE DELLE CONTESTUALITA’ SOGGETTIVE IMMAGINATIVE.

IL SOGNO FUTURO COME DECONTESTUALIZZAZIONE

 

Ad esempio le persone possono avere come spirito di intraprendenza attitudinale il pensiero (I HAVE A DREAM) esse stesse fondano le loro attitudini presenti su una possibile realizzazione lontana nel tempo, futura, che ora non esiste – Canoniche relative a queste dinamiche di pensiero sono le scelte carrieristiche universitarie o la ambizione strutturale mentale della idea del matrimonio futuro di una persona molto giovane.

 

 

 

 

Ci sono metriche psicologiche dissimili rispetto alla percezione soggettiva valoriale del tempo, c’è chi pone come metro di misura vitale reale il secondo – chi gestisce la quotidianità reale sulla base di realizzazioni a lungo termine, altresì di decenni – Tali seconde personalità essenziali possono incorrere tuttavia in gravi dissonanze di percezione nella misura in cui si realizza la eventualità che incombano nell’arco di tempo tra il presente e la lontana ambizione futura variabili reali non conciliabili o che comunque ostacolano tale realizzazione nella loro vita del loro sogno futuro.

 

IL METRO DI MISURA VALORIALE TEMPORALE DELL’ADESSO COME MANIFESTAZIONE E RIVOLUZIONE SINCRONICHE – L’UNIVERSO DEL SECONDO E GLI ISTANTI PRIORITARI

ISTANTI PRIORITARI

Potremmo inventare una teoria, chiamiamola la teoria 'degli istanti prioritari' secondo cui tra i miliardi di istanti della vita di ciascuno alcuni di essi sono fondamentali poiché devianti radicalmente il percorso di vita di ciascuno. Contesti di rilevanza dei secondi prioritari sono relativi - ad esempio sia la variabile della solitudine, sia la variabile della relazione possono essere contesti utili alla esistenza degli istanti prioritari. Pensiamo ad uno studioso che reinventa una scienza in solitudine • e parallelamente pensiamo al cantante che realizza un concerto in relazione a milioni di persone. Il principio attitudinale potrebbe prevedere che per essere preparati ad affrontare giustamente gli istanti prioritari della sua vita debba credere che ciascun istante della sua vita sia prioritario - ad esempio gli istanti di preparazione ad un esame sono prioritari poiché concorrono alla buona riuscita dell'esame i cui istanti sono prioritari.

 

 

 

Esistono istanti di vita prioritari? Sarebbero quei secondi che impieghi una vita per agirvi giustamente e che rimpiangeresti la vita se non riuscissi a gestire quei secondi adeguatamente. È vero che quei secondi definiscono inesorabilmente una direzione? È vero che il battito d'ali di una farfalla implica un tornado lontano?

Amo credere che la direzione sia reversibile, c'è una possibilità alternativa all'inesorabilità.

Tuttavia occhi più umani perdonerebbero l'incertezza del trovarvisi li impreparati e si riconoscerebbe in verità che ciascun istante della vita possa cambiare un destino inesorabile che sembra un muro e che è in verità un ponte. Ciascun istante può essere un istante prioritario.      

Allora distinguiamo tra istanti concorrenti e istanti prioritari. Gli istanti concorrenti sono il tempo che concorrono alla buona riuscita del compimento degli istanti prioritari. La buona riuscita degli istanti prioritari può dipendere dalla resilienza, perseveranza e quotidianità delle attitudini buone realizzate nel tempo degli istanti concorrenti. La seconda chiave utile al buon conseguimento degli istanti prioritari è la coerenza - ovvero il conciliare il continuum degli istanti concorrenti con la qualità degli istanti prioritari. Solitamente il tempo degli istanti prioritari è caratterizzato da contesti di ipersensibilità relazionale e severità - ln quei momenti non si deve e non si può sbagliare - altrimenti? Altrimenti la direzione della nostra vita devia verso contesti ambientali imprevisti, o avversi o inconciliabili con il nostro mindset. Vi è una seconda teoria relativa al butterfly EFFECT (attrattore di Lorenz) che possiamo applicare alla dialettica di relazione - il battito d'ali di una farfalla implica lontano un uragano - pertanto è bene stare accorti quando attribuiamo scontatezza alle realtà della nostra vita poiché possono essere proprio quelle banali realtà a implicare una variazione grave del nostro destino o del destino del prossimo - la premura relazionale prescriverebbe di intendere il prossimo gracile come una foglia - estremizzando si intende che una attitudine di negatività lieve può implicare nel prossimo gravi status di sofferenza. Non sempre è così ma può succedere.


C'è chi ha voluto nuotare l'oceano dell'improbabilità ed ivi vi ha trovato la sua nave di possibilità:

Un gruppo consuetudinario di giovani si incontrò per anni, un appartenente al gruppo si separò da loro per molto tempo, tuttavia il suo allontanamento non fu definitivo, egli ritornò non fu rifiutato e fu accolto come prima. Si riconoscono gli istanti prioritari nell'esempio del perdono, in verità quando nell'occasione del primo incontro insieme seduti intorno al tavolo, un amico tra i presenti si assentò per alcuni secondi dalla stanza, egli voleva comunicare a colui che era ritornato. "Vedi? Come me, ci siamo lasciati per un attimo, (furono anni di lontananza relazionale) e adesso siamo nuovamente insieme, va tutto bene."

 

IL SISTEMA ONIRICO E SUBCONSCIO COME DECONTESTUALIZZAZIONE SINCRONICA DEL REALE

 

 

 

 

 

Ritorniamo all’esempio originario delle due stanze – Ora vediamo la variabile del tempo di pensiero, non del tempo sincronico reale, vediamo la decontestualizzazione mentale temporale come sistema di previsione futura e come decontestualizzazione nel sistema del non tempo della fantasia come assenza implicazione di variazioni attitudinali del reale.

 

IL SUBCONSCIO COME Aleatorietà

 

L’AMBIENTE DELLA SOLITUDINE E LE IMPLICAZIONI DEL MINDSET SINCRONICO SULL’AMBIENTE DI PENSIERO INDIVIDUALE

Il pensiero individuale adduce al reale la abilità della immaginazione come pensiero di sincronizzazione tra la rea

La creatività attitudinale velata.

La assenza essenziale di una persona ha analoga rilevanza fattuale rispetto alla dinamica di presenza in un ambiente relazionale.

La VITA, intesa come essenza vitale, ha comunque rilevanza fattuale e modificatrice della realtà sia nella dinamica di solitudine, sia nella dinamica di relazionalità. (La rilevanza modificatrice attiva nella dinamica della relazionalità della persona percepiente è stata precedentemente descritta).

Ora argomentiamo la realtà della influenza come rilevanza fattuale di una assenza sugli altri presenti ambienti relazionali.

Le implicazioni sociali di una persona che resta in solitudine:

Ora, per argomentare questo punto è necessaria una premessa – L’influenza modificatrice di un sistema relazionale esiste in grazia di una aprioristica passata partecipazione della persona ora sola in tali altre dinamiche relazionali:

 

 

 

 

 

IL SOLIDO RELAZIONALE

RELAZIONE TRA FISICA – FILOSOFIA RELAZIONALE

Concezione filosofico – relazionale conciliata con la dinamica fisica delle tensioni interne normali al piano di sezione di un solido sezionato

 

Assimilazione metaforica tra solido non sezionato e status relazionale di unione tra due persone.

Assimilazione metaforica tra solido sezionato e status relazionale di separazione tra due persone

Assimilazione metaforica tra le due parti costituenti il solido sezionato e la lontananza psicologica e reale tra le due persone separate che psicologicamente sincronicamente si risolve nella pulsione di riavvicinamento.

Quali dinamiche fisiche intercorrono in relazione alla dinamica della sezione del solido.

 

G. Petrucci “Lezioni di Costruzione di Macchine”

1. 1

1. LO STATO TENSIONALE NEI SOLIDI

 

Un solido tridimensionale è un corpo continuo che occupa una regione dello spazio 3D di volume V, delimitata dalla

superficie S. Una parte della superficie S può essere vincolata all’esterno in modo che gli spostamenti dei punti

appartenenti a essa siano impediti.

Tensioni

L'oggetto dell'analisi è un solido tridimensionale in equilibrio sotto l’azione di forze esterne di massa e di superficie.

L’unica ipotesi fatta sul materiale che lo costituisce è che sia continuo, per cui non vengono considerate le azioni

scambiate tra particelle e a livello di dimensioni molecolari.

 

Si suppone valida l’ipotesi di Cauchy secondo cui le forze che si scambiano le parti del corpo in un elemento

infinitesimo di superficie sono riducibili alla sola forza risultante applicata in un punto interno dell’elemento stesso.

Per esaminare gli effetti del sistema di forze si può immaginare il corpo diviso in due parti: affinché ciascuna parte

resti in equilibrio è necessario applicare un sistema di forze esterne distribuite sulla superficie di separazione. Questo

sistema di forze è equivalente all’azione che l’altra parte del corpo applicava prima della recisione.

Fig.1.1 - Forze interne agenti su un elemento di superficie centrato nel punto P, in un solido caricato da forze esterne e tensioni agenti in P.

La fig.1 mostra il corpo tagliato da un piano parallelo al piano yz. La sua giacitura è individuata dal versore

nx=[1 0 0]T parallelo alla direzione x, le cui componenti sono i coseni direttori della retta di direzione x. Se si considera

un elemento di superficie centrato in un punto P di coordinate P=(x,y,z) e si effettua la somma di tutte le

forze agenti su di esso indicando il risultante con, si definisce vettore tensione px, agente nel punto P.

Con il passaggio al limite le componenti di tensione sono associate a un singolo punto P. In generale il vettore

tensione e le sue componenti assumono valori diversi in ciascun punto della superficie di separazione e ovviamente in

ciascun punto del solido cioè px=px(x,y,z)=px(P), essendo P il vettore le cui componenti sono le coordinate cartesiane

del punto.

Le forze sono dirette lungo l’asse x normale all’area A e quindi sono chiamate rispettivamente forza normale e

tensione normale.

Argomenti

Teorema di Cauchy – lo stress – La realtà di stress fisico che la realtà di sezione implica nel solido sezionato è metaforicamente assimilabile allo status di stress come dissonanza cognitiva conseguente a rottura relazionale come dissonanza cognitiva indotta da sincronismo tra realtà di assenza e lontananza della persona con cui si è esperita la rottura e la coincidenza del pensiero presente del passato relazionale che si attualizza.

Una ulteriore considerazione è che le forze esterne che fisicamente implicano il taglio del solido possono essere assimilate sul piano relazionale alle vicissitudini reali che la coppia vive in relazione altresì alle influenze reali che le altre persone agiscono sull’olismo relazionale metaforicamente caratterizzato da solido fisico.

 

PULSIONE CONTRARIA ALLA SEPARAZIONE

Vale il principio di azione – reazione IN RELAZIONE ALLA DINAMICA RELAZIONALE DELLA ROTTURA RELAZIONALE

           

«A un'azione è sempre opposta un'uguale reazione: ovvero, le azioni vicendevoli di due corpi l'uno sull'altro sono sempre uguali e dirette verso parti opposte.»

 

 LA ROTTURA RELAZIONALE IMPLICA LA PULSIONE DI RIAVVICINAMENTO RELAZIONALE.

 

Il concetto argomentativo che esemplifica questa dinamica è il “Lei/lui non c’è più qui”

I pronomi personali Lui/lei prescrivono la conoscenza delle persone partecipanti alla dinamica presente relazionale della persona assente, la negazione essenziale “Non c’é” argomenta la tesi che sto affrontando – ovvero che una assenza crea implicazioni di un ambiente sociale proprio in quanto a dissonanza cognitiva di percezione delle persone di una assenza di una esistenza presente in altro luogo – IL NON ESSERE RELAZIONALE HA ANALOGHE RILEVANZE FATTUALI RISPETTO ALL’ESSERE RELAZIONALE, questa dissonanza cognitiva è fonte del sentimento affettivo del “mancarsi”.

 

LA TEORIA DELLE DOMANDE SINCRONICHE AFFETTE DA GENERALITÀ

Introduzione

La GENERALITÀ DEL DOVE  è un peso grave da sopportare. Queste domande, a maggior ragione se poste virtualmente in anonimo, se non possiamo riconoscere il nome della persona che sta domandando, questa persona potrebbe essere chiunque. Ad esempio una tra tutte le persone che ho incontrato e conosciuto, oppure una persona sconosciuta, una persona in buona fede nei miei confronti che è preoccupata per me o una persona in malafede che mi sta tradendo.

Un elenco di domande sincroniche generiche:

Che cosa è successo oggi?

Che cosa sta accedendo?

Che cosa accadrà?

Come stai?

 

Sono le domande sincroniche più gravose da sostenere psicologicamente.

 

LA GRAVOSITA’ DELLA REITERATIVITA’ DELL’OLISMO SINCRONICO

Prendiamo in esame la domanda sincronica “Dove sei ora?” – La pronuncia del termine “ORA” presente implica la reiterazione in ogni istante della gravosità percettiva dell’olismo sincronico, ovvero di tutte le realtà attitudinali relazionali che di cui la sincronia è custode.

La gravosità della domanda “Dove sei ora?” è aggravata dalla domanda sua gemella negativa, ovvero “Dove non sei ora?” e in più associamo l’affermazione – “We could do more.” La premessa costitutiva di questa affermazione è che il luogo attitudinale è appunto custode della qualità di atto morale, pertanto si instaura nelle dinamiche sincronico relazionali la realtà della responsabilizzazione relazionale.

 

LA GRAVOSITA’ DELLA COSTANTE GENERALITA’ COSTITUITA DALLA VARIABILE DELLA MOLTEPLICITA’ ATTIUTDINALE DI PERSONE DIVERSE NELLA VARIABILE DEL LUOGO NELLA COSTANTE DEL TEMPO PRESENTE

L’INIZIO RELAZIONALE

La dinamica dell’approccio, soprattutto di genere può essere un impasse grave all’inizio relazionale nella misura in cui avvicendiamo alla la naturalezza di dialogo e di semplice inizio relazionale una severa “messa alla prova” evidentemente incline al probabile rifiuto reciproco poiché esigiamo dal prossimo caratteristiche attitudinali, caratteriali, estetiche, di situazione di vita che vediamo non rispettare, si riconoscono procrastinazione di profondità di Conoscenza, indifferenza - l'indifferenza è paralizzante, significa mostrare al prossimo il nonsense del silenzio che è un aggravio e sbilanciamento di responsabilità relazionale sulla persona che dinanzi alla aggressività passiva giustamente non sa come relazionarsi, attese insensate, presunzioni di superiorità, la svogliatezza e soprattutto l'inesorabilità ovvero la tendenza a sbilanciare verso la fine definitiva e non verso l'inizio la relazione, l'indisponibilità al dialogo ed al chiarimento, la delega di responsabilità, l'incomunicabilità che non è che la codardia di non volere affrontare se stessi e gli altri, sono alcuni sintomi di una immaturità che impariamo crescendo, non è forse l'evidenza che il noi bambino è più empatico e relazionalmente vivo del noi adulto?

La vita è vita relazionale, qualunque tema dialogico e attitudinale non può prescindere dalla nostra relazione, coesistiamo finché siamo in vita e la nostra relazione inizia in ogni caso quando ci incontriamo e non finisce se non con la nostra fine di vita, non possiamo scegliere che la relazione non inizi perché due persone vive si sono incontrate, in più sulla base delle riflessioni di questa tesi abbiamo compreso che siamo in relazione altresì se non siamo in adiacente contatto relazionale.

Premesso che la relazione non può non esistere, la variabile è dunque lo status della nostra qualità relazionale, allora introduciamo i temi della resilienza relazionale, del restauro relazionale, della caducità relazionale. Ma perché siamo più inclini alla solitudine ed all’individualismo? Probabilmente in quanto ad influenza globale della realtà della atomizzazione sociale di cui ho argomentato in questo libro. Perché scegliamo l'inesorabilità alla possibilità?, perché il no è più normale del si? Propongo una inversione valoriale.

Aiutando si impara l'umiltà la solidarietà e la magnanimità. Vogliamo parlare di prosopagnosia?

 

 

 

 

Proviamo a non intendere questa parola nella sua accezione di malattia di cui le persone possono essere malate, proviamo a generalizzare il tema del non riconoscimento essenziale del prossimo - non dovremmo consentire alla realtà di sospendere così a lungo il nostro tempo relazionale tanto da cambiare cosi radicalmente nello stato della nostra solitudine e tanto da non riconoscerci più quando ci incontriamo.

Ma il riconoscimento può essere una abilità modificante Io status della nostra superficie relazionale rendendoci da sconosciuti a conoscenti, e fondando il sistema di considerazione personale che nominiamo rispetto. Il dono di rispetto è fondato dalla nostra disposizione non innata all'altruismo. Così può accadere che due sconosciuti che si incontrano non si riconoscono come essenze umane strutturando la percezione superficiale delle esteriorità come motivo di non riconoscimento cosi riduciamo la Vita relazionale tra sconosciuti a pochi secondi e non attribuiamo rispetto, qui sorgono le delicate dinamiche di razzismo, bullismo, nonnismo... Allora, il pregiudizio negativo ha rilevanza fattuale negativa sulla attitudine del prossimo - ovvero il nostro immediato pensiero rischia di rendere negativa una persona che non IO sarebbe se non subisse il pregiudizio 0 l'attitudine negativa, la dinamica è l'incattivimento, e l'incattivimento può essere sanato da ciò che nominiamo fiducia aprioristica, ovvero lo spirito relazionale creativo che ci spinge ad amare, l'amore è il soffio vitale che sostituisce il vuoto, è creatività, il dono di positività e somma attitudinale, in sé la mistificazione di una negatività in positività. L'amore è miglioramento reciproco. L'aiuto non è impoverimento ma è arricchimento. Aiutando non perdiamo tempo ma lo acquisiamo.

La relazione con la fragilità, implica l'acquisizione della proprietà della flessibilità alla nostra essenza - che cosa è stimata la fragilità in un sistema sociale fondato sulla iperresilienza individuale? Una devianza, La fragilità non è resilienza, il "non è" rispetto alla "normalità" della resilienza è caratterizzata come devianza.

Un limite è che temiamo: La devianza ed ogni sua realtà che riteniamo contestualmente deviante, non la sfruttiamo come opportunità di arricchimento. Annichilendo la "devianza" della fragilità rendiamo abitudinaria la finzione "lo sto sempre bene" creando una grave dissonanza cognitiva indotta nei momenti legittimi e nelle situazioni legittime di malattia, isolamento, ed in generale di fragilità, povertà emarginazione.

LA GRAVITA’ DELLO STATUS PERSISTENTE DI SOLITUDINE

La concezione di RELAZIONALITA’ LONTANA NELLA ACCEZIONE DI ABBANDONO

La buona prospettiva relativa alla dinamica dell’abbandono è il dono di libertà.

Premettiamo che la dinamica di abbandono e la responsabilità dell’atto presente di abbandono

SONO PERSONALI – OVVERO SONO CARATTERIZZANTI IL MINDSET PERSONALE CHE PERTANTO VA OLTRE LA DICOTOMIA DELLA DISTINZIONE DI GENERE, MASCHILE E FEMMINILE. Pertanto non è più giustificabile e legittimabile l’abbandono da parte del sesso femminile verso il sesso maschile rispetto l’inverso.

Perché essere in solitudine per un lungo periodo può essere psicologicamente dannoso.

I FLOW DI PENSIERO CHE PUO’ VIVERE UNA PERSONA CHE VIVE IN UNO STATUS AMBIENTALE DI SOLITUDINE GLOBALE. 3 PUNTI

Il mindset terzo ulteriormente precedente è la mentalità della persona sola globalmente verso lo status relazionale della persona a cui la persona sola pensa in relazione ai sentimenti che la persona sola prova per ciascuna delle persone che ha incontrato e conosciuto.

Il mindset secondo è lo status della condizione di salute psico – fisica della persona

Il primo minset ha relazione con la preoccupazione in relazione allo status di dualismo vita-morte delle persone con cui la persona sola è entrata in passato in relazione.

Il fantasma che grava maggiormente sul mindset della persona sola globalmente è il fatto di “Non avere consapevolezza di ciò che accade.”

LA VICENDA SINCRONICA DEL GATTO

Un gatto è stato chiuso in una stanza bene blindata da cui dall’esterno non si può riconoscere alcuna lamina di luce uscente dalle fessure di quella stanza. C’è una lampadina funzionante se viene accesa e l’interruttore della lampadina nella medesima stanza in cui si trova il gatto – LA STANZA E’ ILLUMINATA O E’ BUIA? – Sì sto parlando del gatto di Shrodinger. Ma che cosa pensate alla luce spenta o accesa della stanza se avete inteso che il gatto in quella stanza blindata soffocherà poiché se non può trasparire la luce dalla stanza non può nemmeno entrare un filo d’aria ossigenata, impegnatevi per liberare il gatto e per salvargli la vita – Allora possiamo assimilare metaforicamente la vicenda sincronica del gatto nella stanza blindata alla percezione di oblio dell’inconsapevolezza sincronica di ciò che accade

Sulla base di queste proposizioni nascono due nuovi temi argomentativi:

Il primo tema argomentativo:

 

IL SINCRONISMO IN RELAZIONE ALLE VARIABILI DI FIDUCIA E TRADIMENTO RELAZIONALE, LA REALTA DELLE RELAZIONI APERTE E DEL POLIAMORE

 

IL SINCRONISMO E IL TRADIMENTO RELAZIONALE.

PRIMO PUNTO: IL TRADIMENTO VALORIALE ESSENZIALE – Questa categoria abbraccia tutte le realtà attitudinali velate di cattiva fede agite in anonimato alle spalle – Nei paragrafi successivi sarà approfondito questo punto.

SECONDO PUNTO: IL TRADIMENTO AMOROSO E LE REALTA’ SINCRONICHE DELLA AFFETTIVITA’ E DELLA SESSUALITA’

Quale le è la relazione che esiste tra sincronismo e tradimento relazionale?

Premettiamo che la dinamica di tradimento relazionale è inscritta nella realtà del pensiero replicativo.

Il pensiero comunitario nel mentre di una relazione con una persona.

 

IL SOVRA – PENSIERO (LA DEGENERAZIONE E’ L’OVERTHINKING)

Immaginiamo dunque che una persona abbia incontrato e conosciuto nella sua vita 1000 persone e che nell’adesso ne incontri una nuova, diversa. E nel mentre della relazione con lei pensa a lei e sincronicamente pensa ad alcune persone tra le 1000 che ha conosciuto e incontrato. Ciascuna relazione ha una sua singolarità e unicità e una propria vitalità – pertanto decade di senso ogni parallelismo, ogni paragone valoriale relazionale. – immaginiamo una barra della vitalità relazionale, proprio come quella dei videogiochi – la cui dinamica di vitalità è dipendente dalla modalità di incontro, dalla nostra solitudine e dal pensiero – parliamo di potenzialità relazionale. Allora di queste mille con questa persona, con alcune lo status di vitalità relazionale è zero, ma accade che talvolta lei pensa ad esse e già la vitalità relazionale di quelle coppie aumenta, l’incontro implica un importante incremento della qualità della vita di relazione, così come la affettività e le dinamiche di relazione amorose affettivo-sessuali eterosessuali e le resilienze successive a decadimento relazionale. Quando ci incontriamo la vitalità della nostra barra della relazionalità aumenta – la intensità e il tipo di attitudine, di contesto, di sentimento che proviamo ha importanti implicazioni sulla nostra vitalità relazionale.

 

Le barre di vitalità relazionale sono allora in continuo movimento, e altresì per le relazioni con le quali abbiamo raggiunto lo zero di vitalità relazionale c’è possibilità di variazione, anzi, c’è più spazio di miglioramento (Come abbiamo già argomentato) rispetto alle relazioni il cui status di vitalità è al 100%, ciò che è migliore non può essere migliorato, è ciò che non è perfettamente migliore e ottimale che può essere migliorato.

 La variabile di ciascuna singola qualità relazionale è percettiva e soggettiva e psicologicamente univocamente atomizzata rispetto alle altre – a ciascuna relazione attribuiamo percettivamente sistemi valoriali univoci pertanto in relazione al sentimento che sentiamo la nostra natura umana è costituita e costitutiva dal poliamore – Primariamente il sentimento amoroso è un olismo si sentimenti soggettivi, e pertanto nessuno può dire ad una seconda persona “Non è reale e vero che ami” – indifferentemente da tutte le contestualità di tempo e di situazione essenziale  -  allora secondo il principio di soggettività del sentimento e secondo il principio di pluralità e singolarità atomizzata relazionale confutiamo il concetto secondo cui debba esistere nel periodo di vita personale una unica relazione amorosa esclusiva – La pluralità amorosa è costitutiva della verità e della realtà essenziale e naturale umana. In quanto al tempo di innamoramento decade pertanto di senso ogni misurazione di garanzia del tempo necessario affinché si ritenga, secondo la percezione esteriore, concepibile e giustificabile un innamoramento – tale realtà argomentativa adduce che nessuna premessa qualitativa in relazione alla necessità di una esistenza di struttura conoscitiva relazionale sia doverosamente fondante e necessaria alla esistenza  del sentimento amoroso – semplificando è assolutamente legittimo che una persona si innamori di una seconda in assenza di reciproca conoscenza – in quanto a sentimento soggettivo divengono legittime le dinamiche di innamoramento precoce.

 

(La precocità in questo senso non ha accezione negativa bensì valoriale positiva in quanto ad onestà di sentimento con sé stessi e con il prossimo ed in quanto a non vana procrastinazione relazionale)

LA DISONESTA’ RELAZIONALE E LA PROCRASTINAZIONE RELAZIONALE

 

Mi dispiace che i sentimenti positivi non si comunichino, così il segreto diventa silenzio, il silenzio crea incomprensione poiché è caratterizzato dalla Generalità del nonsense, e mi dispiace che l'incomprensione sia da un lato fonte di interpretazione di noncuranza relazionale reciproca e da un secondo lato garanzia e prova giustificatrice e motivo di separazioni spesso definitive e inesorabili. Ora. Parliamo da un lato di timidezza - la timidezza può essere una realtà benefica in quanto a misura degli istinti più ancestrali - ma è dannosa nella qualità di censura procrastinatrice della onestà sentimentale. Nel momento in cui percepiamo emozioni positive nei confronti di qualcuno comunichiamole. Non recheremo danno a nessuno pronunciando i nostri sentimenti di affettività. Esistono tuttavia persone che non solo allibiscano all'ascolto di una persona che pronuncia loro sentimenti di affettività, che inoltre la pronuncia di questi sentimenti sia monito di queste persone per ripudiare coloro che esprimono i loro sentimenti positivi FACENDOLE SENTIRE IN COLPA PER AVERE PROVATO SENTIMENTI BUONI E PER AVUTO IL CORAGGIO RELAZIONALE DI COMUNICARLI! . Ma allora, vogliamo abituarci ad astenervi dalla positività, vogliamo anestetizzarci rendendoci insensibili!?

 

 

 

 

 

Ora esiste una forma di falsificazione buona  e tutelante in quanto a variabilità tra il clima interiore e l’ambiente esteriore, argomentiamo delle persone le quali provano sentimenti di odio e non li esternano assimilandoli e purificandoli essi stessi nella loro anima in quanto salvaguardando l'ambiente e il prossimo dalle attitudini negative che la loro fonte di odio, se esternata e rivelata avrebbe potuto implicare. Diversamente comprendiamo che chi non esterna i sentimenti positivi - dimostrando una innaturale insensibilità e asetticismo - reca danno agli altri in quanto a disonestà nella qualità di falsificazione della pura realtà del sentimento - il sentimento è puro e buono valore aggiunto, è un surplus di positività e relazionalità, e potenzialità relazionale, è dedica di nuovi orizzonti relazionali, è cambiamento della noia in innovazione creativa, è compartecipazione e cosentimento in onore dello sguardo verso il futuro relazionale e tutte queste positività le annulliamo se le tacciamo a noi stessi e al prossimo.

LE IMPLICAZIONI DELLA SEGRETEZZA RELAZIONALE

 

Ora il sentimento anonimo, segreto è una grave offesa passiva in quanto a sacrificio di possibilità relazionale. Ma badate, tacendo i nostri sentimenti neghiamo tempo vitale relazionale a noi stessi - Ce ne accorgeremo quando chi abbiamo amato in segreto senza che le nostre attitudini fossero coerenti con il nostro sentimento positivo, ebbene vedremo la persona o le persone che abbiamo amato in segreto prima disinteressarsi di noi, e poi ci destineranno alla solitudine -  argomento di un vento di disadattamento affettivo - Il mindset affettivo istintivo irrazionale emotivo deve avere pari rilevanza valoriale fattuale rispetto al mindset gemello razionale, le nostre abilità dialogico - interpretative affettive – stanno gradualmente impoverendosi in ragione di un dispotismo di mindset intellettivo – razionale, sappiamo bene parlare intellettualmente ma il dialogo intellettuale non dimostra che la nostra ignoranza nella lingua del cuore.

Allora gli adulti e i giovani di qualunque accezione carrieristico - sociale dovrebbero  sedersi sulle numerose sedie di una aula di una università e ascoltare le parole di un bambino e di una bambina che disegnano sulla lavagna il loro primo incontro da sconosciuti, quando lui le ebbe regalato un quadrifoglio e lei lo ebbe istintivamente baciato.

 

IL PENSIERO REPLICATIVO, IL SINCRONISMO E IL POLIAMORE

Il trascorrere il tempo di relazione è la dedica di un valore aggiunto di relazionalità, amore, affettività fratellanza – Tuttavia nel tempo di relazione come abbiamo precedentemente argomentato esiste la realtà del pensiero sincronico che realizza una decontestualizzazione come contaminazione buona di relazionalità alla relazione reale - Ora. Siamo unici. Non possiamo replicarci per essere con tutti, ma è davvero così? Essenzialmente si, ma nel pensiero no, il pensiero è replicativo, ecco perché il tradimento può essere considerato come implicazione ed effetto del pensiero replicativo. In quanto una forma leggera di tradimento relazionale si realizza proprio per il fatto che possiamo pensare ad altre persone mentre ci relazioniamo sincronicamente con altre persone.

 

Personalmente ho una concezione libertaria della relazionalità, ammetto come possibile la realtà di relazionalità aperta non esclusiva.

Sarebbe saggio attribuire valore di felicità nella misura e nella qualità in cui una persona dedica a noi il tempo della sua vita indifferentemente dalle altre sue  relazioni, significa che quel periodo della sua vita ha scelto di trascorrerlo con noi.

L’ESEMPIO DEL BACIO COME IMMAGINE DEL POLIAMORE

Ad un giovane il cui mindset è in relazione con le concezioni di poliamore e di relazioni aperte è stato domandato –

“Baceresti due ragazze nello stesso momento?”

Il giovane rispose:

“Sì, se ne baciassi solo una la seconda ragazza si sentirebbe trascurata e esclusa, e non starei tradendo nessuna delle due proprio perché le starei amando entrambe.”

La realtà di mindset di relazione esclusiva e quindi radicalmente inclusiva nel dualismo delle due persone è in evidente dissonanza cognitiva con la realtà che esistano molteplici relazionalità nella vita di ciascuno, riconosciamolo.

Premettiamo inoltre che la realtà percettiva di tradimento è in relazione con il mindset di relazioni esclusive – ovvero delle relazioni  che escludono ogni altra relazione che non sia la relazione esclusiva.

Queste dinamiche di premessa strutturale di esclusività relazionale possono implicare le realtà del mentire:

Se il tradimento esiste si nasconde.

La apertura relazionale dialogica che struttura le relazioni aperte legittima diversamente un mindset più libertario e dunque più comprensivo in quanto ad esistenza di relazionalità altre rispetto alla relazione di cui partecipano i due interlocutori. La mentalità dell'unicità dell'amore, il provare amore per una sola persona è esclusiva, ovvero esclude creando una serie di rifiuti che implicano sofferenze. L'amore è per natura poliamore, è un sentimento che per natura può essere provato nei confronti di più persone nello stesso istante semplicemente conosciamo tante persone e proviamo sentimento in diversa intensità per tutte secondo le singolarità che di ciascuna persona di essa più ci attirano, perché allora anestetizzare il sentimento nei confronti di molte persone in valore di una sola persona? Perché la relazione con una persona deve implicare il sacrificio di tante altre alla luce di una chiusura interpersonale che blinda ogni rapporto non esclusivo. Così togliamo il saluto agli sconosciuti, i conoscenti diventano lontani conoscenti e poi sconosciuti.

Presto ci accorgeremmo quanto tempo abbiamo perso mentre la severità ci abituava a negare ogni possibilità relazionale al di fuori della nostra confort zone di poche persone.

La pronuncia della frase:” Interrompere una relazione.” È un nonsense, perché siamo in relazione per il fatto di essere insieme in vita, allora supportiamoci e poniamo termine all’ipocrisia del limite del tempo relazionale che non è se non con la fine della nostra vita.

La relazione di lontananza si esplica così: “Nonostante siamo lontani, Siamo. “ Come possiamo notare la realtà essenziale “Siamo” è parte integrante e appartenente alla complessità concettuale “Nonostante siamo lontani.”

Allora avviciniamoci, e se ci stiamo antipatici, siamo insieme in uno stato di antipatia che è comunque relazione, allora facciamo nuovamente amicizia.

IL MARGINE DI POSSIBILITA’ DI INIZIATIVA CREATIVA RELAZIONALE E’ MAGGIORE IN UNO STATUS RECIPROCO RELAZIONALE DI DECADENZA RELAZIONALE –

Immaginiamo l’esempio metaforico con la fattibilità di restauro di un immobile, così è per ciascuna nostra relazione. La fattibilità creativa di restauro di un immobile in rovina è maggiore rispetto alla fattibilità creativa di modificazione essenziale di un immobile in status ottimale.

Se siamo in silenzio, siamo in ascolto, allora parliamoci. Allora se siamo conosciuti o sconosciuti siamo in un dato luogo del nostro itinere della nostra relazione e siamo in luoghi psicologici e reali nella nostra vita diversi ma siamo – LA LONTANANZA TRA LE PERSONE PSICOLOGICA E’ SIMILMENTE GRAVOSA RISPETTO ALLA LONTANANZA TRA LE PERSONE REALE.

 

 

 

L’IMPASSE DELLA APERTURA INTERPERSONALE

Il problema è che le persone si aprono solo con chi intraprende Io stesso loro cammino e questo è un grave impasse che esclude la varietà la curiosità la possibilità la sorpresa la diversità. L'empatia è data solo a chi dimostra empatia - il vaso vuoto deve essere riempito, non quello pieno. A chi è più timido deve essere data parola empatica, chi resta in silenzio in un dialogo merita curiosità, una parola la curiosità che rischia di non esistere più.

 

ATOMIZZAZIONE SOCIALE VIRTUALE, CADUCITA’, FRAGILITA’ E SUPERFICIALITA’ DIALOGICA RELAZIONALE

LA CABINA TELEFONICA SENZA TELEFONO

La cabina telefonica senza telefono è una cabina telefonica abbandonata, di questa resta soltanto la sua struttura in legno e la vetrina, al suo interno è vuota, è una cabina telefonica senza telefono, una custodia inutile, una custodia che nulla custodisce. La mia immaginazione dipinge il frenetico flusso del pubblico che attendeva con pazienza il proprio turno per potere ottenere quella rara chiamata che era concessa per vera necessità, in quella cabina la malinconia di due amanti lontani che finalmente potevano ascoltarsi, e le loro parole sapevano di quotidianità e normalità, erano quasi scontate, ma restavano profonde di significato impresse nei loro ricordi semplicemente per l'eccezionalità di poterle pronunciare dopo tanto tempo. La rara chiamata che sapeva di famiglia all'annuncio ad esempio di una malattia che annunciava l'urgente doversi rivedere. Le chiamate stanche in cui si perdeva tanto per le rare possibilità di comunicare e la scelta in quei casi di parole sbagliate, troppo emozionate ed istintive.

Le chiamate che non arrivavano al destinatario e dunque le lettere per comunicare di credere       

in ciò che si intraprendeva. Erano tutte, nonostante tutto e proprio per tutte le consuete difficoltà, parole che restavano.

Oggi resta solo questa vetrina e manca il telefono. Possiamo oggi sentirci sempre nell'immediato, ma stiamo disimparando a sentirci, le infinite possibilità di comunicazione virtuale si risolvono nella noia della scontatezza e del disinteresse, le troppe possibili parole perdono il loro tenore, non restano con noi, sono un flusso che non vogliamo più fermare, un racconto che perdiamo. Allora immaginiamo la vetrina senza telefono e la pensiamo somigliante al nostro smartphone - una custodia inutile che non custodisce e che testimonia la perdita di valore delle nostre parole.

Siamo tutti simultaneamente accessibili, ma il tempo è unico così senza accorgerci plasmiamo le voci del dividerci non cercandoci più. Sono troppe le parole come gocce in un mare, se ciascuna parola pronunciata è un suono riconosciamo la baraonda di voci così somigliante ad un silenzio che non comprendiamo, e siamo assuefatti da questo nostro stordimento che aneliamo allo stesso caos delle luci allucinanti e dei suoni assordanti e disconnessi delle disco, lì soltanto ci incontriamo così atomizzati e parliamo comunicandoci il silenzio, esisté un tempo in cui non esisteva il telefono, allora questa assenza di contatto era lo spirito che ci portava ad incontrarci per comunicare, il telefono è stato brevemente un ponte per noi avvicinandoci, ma ora è scomparso dalla sua vetrina, il nostro contatto è sospeso nella virtualità e se per caso ci incontriamo abbiamo disimparato a sentirci, a parlarci, ma soprattutto a conoscerci ed a riconoscerci, nella superficialità i nostri saluti sanno troppo presto, talvolta subito, di prematuri congedi. Il fil rouge delle nostre relazioni lampo. 

 

INFINITE POSSIBILITA’ RELAZIONALI

IL RACCONTO DELLA FINE INFINITA

 

La lettura di una scrittura la plasma delle singolarità dei suoi lettori. Che semplicemente —vivendo eludono la fine di cui il punto prova ad essere simbolo.

 

Il punto ci inizia, ci dedica nuovo spazio, il punto è la nostra nuova opportunità, consacrando il noi più resiliente della fine stessa.

Il punto è il più semplice racconto della fine che non è.

Una fine infinita risonante l'augurio del nuovo tempo per noi.

Il racconto del punto rivive e risorge dalle lacrime dei suoi lettori che vivendo il punto ne piansero, e le loro lacrime, voci di vita sfumarono il punto sul foglio in una virgola.

 

Segnarono un punto. Alla sua lettura si ricordarono di averlo segnato, si ricordarono il punto stesso, il suo significato, cosa avrebbe terminato e cosa inaugurava, come si può mai dimenticare un punto? Il più semplice simbolo che esista? Potere vedere, leggere, potere ricordare, potere ripensare, potere perdonare, potere reinventare, potere sovvertire, potere sorprendere, potere riconoscere da nuove prospettive il semplice punto, osservato in tempi e luoghi diversi, tutte queste attitudini non sono che manifestazioni del vivere, e rivivendo il punto gli si dedica nuova vita, tuttavia se il punto vuol apparire la fine di noi, il donarvi nuovo senso, nuove possibilità significa dedicare nuovo senso e nuove possibilità a noi, semplicemente perché siamo ancora, adesso e adesso ricordiamo e riscriviamo il nostro destino.

 

LA REALTA’ DI MINDSET DI RELAZIONALITA’ INCLUSIVA ACUTIZZA IL VALORE NEGATIVO DELL’ATTO DI TRADIMENTO

Sicché accade che il riconoscimento di atto di tradimento in una dinamica di coppia radicalmente inclusiva implica nella maggioranza dei casi una separazione definitiva e inesorabile delle persone compartecipanti.

 

 

 

LA FINE INESORABILE RELAZIONALE

La realtà più ignominiosa è l'inesorabilità relazionale poiché non attribuisce vita alla reciprocità relazionale e alle esistenze della persone delle relazioni che furono, il fatto che nel momento in cui percepiamo una relazione terminata la serriamo definitivamente come se la vita stessa della persona che fu in relazione con noi fosse finita. È grave. La nostra relazione non è finita finché siamo in vita. L'insegnamento - non fidarti degli sconosciuti - è velenoso perché insinua il pensiero maligno nel prossimo a priori negando ogni possibilità relazionale. È incomprensibile il blocco che è evidente nei confronti degli sconosciuti - siamo in realtà tutti sconosciuti? Diciamo ' non ti conosco' ma dovremmo dire per essere più onesti - ti ho incontrato ma per me neanche esisti, figuriamoci come si può sentire la persona congedata.

Il cosentimento relazionale

Il cosentimento si ha quando si ha provato la medesima singolare sofferenza del prossimo, siamo stati rifiutati? Emarginati? Allora non rifiutiamo, incontriamo e non emarginiamo. Conosciamo le sofferenze che comportano le attitudini dirimenti.

Se non c'è gratuità e se la gratuità non viene valorizzata allora tutto si ferma, gratuità è valore aggiunto ovvero l'intraprendere una iniziativa non per effetto di una causa ma come causa, come inizio. ln quanto al merito relazionale e affettivo siamo tutti uguali e meritiamo tutti ugualmente.

PARENTESI SULLA ANALOGIA VALORIALE ESSENZIALE UMANA – IL RISPETTO DELLA DIVERSITA’

IL VALORE ESSENZIALE IMMANENTE E LA TEMPRA ESPERIENZIALE

Prese una banconota da 20 euro e chiese ai presenti chi tra di loro la volesse sostenendo che la avrebbe consegnata a uno di loro. Tutti risposero di volerla. Poi la stropicciò e chiese  di nuovo chi la desideri. Tutti risposero di volerla. Poi la calpestò.

Poi la bagnò. Tutti ancora risposero ugualmente. Vedete, ciascuno di noi è come questa banconota, sempre degna di essere desiderata e meritata nonostante. Nonostante cosa? Vedete, le vicissitudini, ciò che ci fa soffrire, le circostanze sfavorevoli, i traguardi non raggiunti, le solitudini mai ricolmate, possono rovinarci superficialmente ma non diminuiscono il nostro valore umano, il nostro valore è immanente. Poi il professore dispose la banconota affinché ne risolvesse le pieghe e affinché si asciugasse. E prese una banconota da 50 euro. Vedete quella banconota da 20 euro? Considerate questa da 50, in essa è la banconota da venti e il suo valore aumentato dei valori che ha acquisito in grazia della sua resilienza alle sofferenze. Così è per tutti noi.

Siamo stati tutti bambini e abbiamo imparato che sono intelligenti perché vanno oltre l'impasse delle differenze e del valore e disvalore. Allora ricordiamo il bambino in noi per agire relazionalmente bene. ln quanto alla superficialità relazionale se ciascuno di noi è l'oceano di ciascuno di noi non vogliamo che incontrare il primo passo intrapreso alla riva dove fluisce la sua prima onda - siamo davvero intrepidi avventurieri.

Una concezione più intelligente, resiliente relazionalmente e libertaria ammette questo pensiero:

“Se mi tradisci non è finita la nostra relazione, la relazione termina con il termine della vita. Il tradimento è una sospensione della relazione in quanto a tempo di vita dedicato a altra persona rispetto alla persona compartecipante alla relazione.

La triscele. La coincidenza nell'adesso di presente, passato e futuro. Secondo questa prospettiva il tradimento passato influisce sulla relazione presente, perché? perché le scelte nel continuum della vita della persona e nel lungo periodo la storia della persona stessa definiscono la sua essenza presente.

 

 

 

Pertanto ad esempio la probabilità di labilità relazionale e la predisposizione alla incertezza relazionale e la predisposizione al tradimento - sistema di abbandono - ritorno reiterato aumenterebbe nel presente e nel futuro se la persona nel passato ha dimostrato di avere molta variabilità relazionale. Ma è davvero vero questo? Forse. Può essere come può non essere. Una persona che per una intera vita ha variato costantemente relazioni, potrebbe rivelarsi diversa dopo decenni di vita ed esserlo mantenendo l'integrità relazionale con una persona.

 

Il secondo tema argomentativo:

IL SINCRONISMO E LE ATTITUDINI VELATE IN RELAZIONE ALL’ANONIMATO – Le attitudini velate in buona fede e le attitudini in cattiva fede.

 

 

DISQUILIBRI DI RECIPROCITA’

 

C'è una reciprocità non equilibrata, io vi tutelo e veglio su di voi - pensate miei cari tutti, per me sono care sia le persone conoscenti, sia gli sconosciuti – Ora secondo reciprocità mi attendo lo stesso da voi.

Pensiamo alla percezione soggettiva della sofferenza in relazione alla relatività di percezione attitudinale.

La dissonanza percettiva in relazione a percezione di qualità valoriale dissimile rispetto alla qualità valoriale di atto puro subito.

La percezione soggettiva di una iniziativa subita che si percepisce come negativa, ad esempio una persona può subire e vivere un trauma e burnout tanto grave da compromettere la sua intera esistenza per una iniziativa subita che il colpevole può stimare una sciocchezza.

 

 

Allora associamo la negatività attitudinale all’immagine del vulcano che erutta, e si colpevolizza sempre l'attitudine dell'eruttare del vulcano, mai i cataclismi delle profondità del pianeta. (I cataclismi delle profondità del pianeta sarebbero in relazione a questo contesto le miriadi di negatività che una persona ha vissuto e che la sua essenza non è riuscita ad assimilare e perdonare)

Ebbene ciascuno di noi è simultaneamente entrambe le immagini, ciascuno di noi può essere sia il vulcano che erutta sia un cataclisma che ha implicato prima la implosività poi la esplosività di essenze altre. E siamo soliti annoiarci delle fiammelle di un vulcano che erutta, ma per fortuna che il vulcano è vivo, poiché poniamo attenzione – i medesimi miriadi di cataclismi esplosivi sulla essenza di una persona possono implicare altresì il suo annientamento, annichilimento – Qui non si tratta delle implicazioni reali e vendicative della percezione di danno subito – Bensì si argomenta che non è la misura della reazione, rivelazione vendicativa del danno subito che è immagine speculare della crisi e sofferenza e quindi della ingenza di danno che una persona vive – Il vulcano può essere quiescente, ma ciò non implica e non legittima la lava di cui il vulcano stesso deve farsi carico – NELLE DINAMICHE RELAZIONALI SI PARLA SEMPRE DI PERCEZIONI.

Vi sono persone che tutelano e vi sono persone che rivendicano, ma la misura della tutela e della rivendicazione sono un surplus caratteriale fortemente dipendente dalla qualità essenziale della persona che subisce danno – mi spiego – talune persone applicano vendetta di n volte più grave rispetto alla gravità di danno subito. Talune altre tutelano e perdonano agendo una buona falsificazione di gravità minorativa sulle spalle di coloro che hanno agito nei loro confronti un grave danno (Percepito dalla parte offesa e sofferente.) Ora.

 

 

 

Riflettiamo più vastamente sulla bontà attitudinale nella dinamiche di reciprocità offensive e di rivendicazione.

La bontà attitudinale e la utilità relazionale si fondano entrambi sulla proprietà della creatività e non della distruttività – Riflettiamo che coloro che pongono danno al prossimo in verità pongono danno a loro stessi in realtà della perdita relazionale ed essenziale della persona offesa. Diversamente la tutela e il perdono sono agenti relazionali creativi e costruttivi implicando le dinamiche di guadagno relazionale.

Argomentiamo ora della dinamica dell’anonimato in relazione alla creatività positiva o negativa di coloro che in anonimato, sulla base della codardia di non disvelare il nome, operano opere buone o cattive alle spalle del prossimo.

Ora vagliamo le attitudini in anonimato di opere buone – Di queste dinamiche non ho nulla da dire se non il sentimento personale di premiare questi benefattori in quanto artefici buoni di creatività valoriale di un loro prossimo senza che essi siano riconosciuti come benefattori – essi sono coloro che maggiormente hanno riconosciuto il concetto e la realtà del dono, ovvero puro valore aggiunto in assenza di risarcimento proprio perché puro valore aggiunto.

In seconda analisi argomentiamo delle opere in malafede e dannose operate in anonimato – Qui  assumono rilevanza i concetti di codardia, di annichilimento di iniziativa attitudinale della parte offesa – La persona offesa non può difendersi contro i fantasmi – tanto che vi possono essere due dinamiche relative alle iniziative velate di danno a terzi –

La dinamica della gradualità.

La dinamica della gradualità annette l’insieme delle attitudini negative ‘deboli’, ovvero di rilevanza fattuale non grave, ma persistente nel tempo – spontaneamente pensiamo all’esempio della possibilità della maldicenza quotidiana a danno di una persona offesa che dopo anni di silenziose maldicenze, risultanti da percezioni utilitariste e falsificazioni fantasiose o di aggravio di attitudine riconosciuta o di qualità essenziale della persona offesa, si ritrova ad essere emarginata, esclusa poiché le quotidianità dialogiche delle altre persone hanno intaccato la sua rispettabilità sociale.

LA DINAMICA DIALOGICA DELLA MALDICENZA – LA ALIENAZIONE RELAZIONALE

Oggi persiste l'abitudine di alienare il prossimo • alienare? Ma secondo qua e senso - distogliere • alienare una persona da una seconda • perché per guadagnare tempo - o meglio per annichilire il tempo del prossimo –

La banalità della competizione prescrive il sacrificio dell'avversario. Chi è l'avversario? Chiunque di cui si parla con la persona con cui si parla per tutelare il tempo di relazione con lei stessa. La FIDUCIA di conoscenza è attribuita a coloro che pregiudicano una terza persona nel dialogo tra due persone, raramente alla terza persona stessa. E qui accompagniamo la codardia come valore principe, è ora di fare decadere la codardia dal trono. É più semplice affrontare la percezione apparente di chi non è che affrontare chi è? Risposta ovvia. Si, Risposta benefica? NO. Oggi sta succedendo che per conoscere una persona non incontriamo e non parliamo con lei bensì parliamo di lei Con le altre persone. Ora. È una follia la concezione secondo cui altre persone ci fanno aprire gli occhi su una persona pregiudicata. Assumo categoricamente che ciascun singolo gesto, ciascuna parola di persona giudicante una terza, sia artefice di falsificazione di identità. La consuetudine mi consiglia che rare parole di bontà sono pronunciate verso terzi. E questo non è che sintomo evidente di una immaturità che vuole eludere qualsiasi personale responsabilità di danno morale a terzi come vantaggiosa denigrazione della dignità e reputazione sociale.

Per tutelare chi non può ascoltare chi viene aggettivato con malizia alle spalle, ho imparato a ascoltare il vento da decenni, tutti ascoltano il vento e per nostra purezza e umanità sogno il momento in cui il vento taccia. 

 

Tuttavia da queste dinamiche dovremmo riconoscere la palese maleducazione di coloro che agiscono danno i quali rivelano la loro comunitaria povertà morale, così tutti gli accusatori di un capro espiatorio si rivelano tanto più giustamente accusabili del capro espiatorio stesso.

La dinamica della gradualità implica sempre un gravità di rivelazione – Le attitudini negative ‘deboli’ velate si risolvono sempre in un risultato negativo ‘grave’ che la persona offesa deve sostenere – Questa dinamica è assimilabile alla realtà delle nubi che prima adombrano e annebbiano l’albero e poi del fulmine che tronca l’albero: La dinamica elettrica insita nella creatività nuvolosa implica una rivelazione esplosiva dannosa. Che nel caso osservato è la solitudine della persona velatamente tradita -  ma in casi più gravi lo spirito rivendicativo graduale velato nei confronti della parte offesa può implicare rivelazioni tuonanti ben più gravi.

Solitamente l’anonimato si pone in relazione ad un furto di identità essenziale – L’anonimo si fa nome della parte offesa – tanto che diviene in potere parte decisionale della persona offesa – Ma questa libertà non implica la superiorità essenziale dell’agente danno bensì la sua bassezza morale giustamente perseguibile e rivendicabile.

Dobbiamo avere il coraggio di rivelare il nostro nome, di mostrare il nostro volto e dobbiamo avere la saggezza di non farci nome di una persona che non è il nostro nome.

Perché la dinamica del ghosting anonimato è dannosa – perché pone la parte offesa in uno status ambientale buio, in cui non può avere potere di iniziativa attitudinale in quanto incosciente di ciò che succede.

 

 

 

 

Maybe

The images of void are sharpened by maybe, the main dissonance between mind and reality and the main rescission between time and place, between what may be and what it is, what will be, what it is the dream to be, and the possible or impossibile return of what had been.

Non sapere che cosa sta succedendo è una grave dissonanza cognitiva indotta in quanto induzione di cecità relazionale. Questa situazione di nonsense ha importanti relazioni con il concetto di ‘Sincronismo’. Riflettiamo. Come è possibile disvelare l’anonimato in un ambiente percepito di corruzione essenziale della parte offesa? La generalizzazione – Se non si sa chi, potrebbe essere chiunque – e l’anonimato si risolve nella responsabilizzazione comunitaria del fatto medesimo di avere indossato la maschera di anonimo. È giusto generalizzare ? La giustizia della generalizzazione è garantita dalla veridicità della probabilità della maggior quantità di persone agenti ghosting.

Contestualizziamo come veleno nevrotico lo spirito di anonimata iniziativa e|o rivendicazione

tanto che la codardia di ferire alle spalle una persona è una abitudine che si impara da adulti, i bambini sono migliori, possono essere cattivi è vero, tuttavia sono innocui, all'estremo lanciano la palla sul viso di un compagno, nulla di più - nulla a che fare con i complessi meccanismi di annichilimento essenziale personale che quotidianamente il mondo degli adulti si autoinduce. E poi dove si va? A sorridere con altri uguali della presunta illibatezza attitudinale quando sincronicamente si medita e si ricorda di tutti i tradimenti che si ha agito nei confronti di più fragili e di meno fragili – coloro che provano a velare le condotte negative e tuttavia proprio la impassibilità è la chiave per riconoscere l'inverso della positività, ovvero le negatività.

 

 

Le misura e la qualità della percezione di sofferenza subita conseguente ad una offesa è relativa e soggettiva, non è omologabile e non è oggettivabile, vi sono persone più resilienti e meno, persone che sanno  andare oltre e coloro che sono più fragili, pertanto la medesima azione può avere conseguenze diverse su persone diverse, una azione che implica in una persona uno stato di malessere e sofferenza transitorio se attuata su una seconda persona più fragile può implicare realtà ben più gravi come traumi e burnout psicologici. Inoltre la percezione di sofferenza è contestuale, una persona può essere resiliente al 99% dei contesti e sensibile allo 0,1% dei contesti, dunque se la qualità attitudinale della offesa coincide con il contesto relativamente alla quale la persona è più sensibile lei viene ferita gravemente.

Non è attribuibile a nessuna persona la garanzia della  impermeabilità e resilienza relative ad una attitudine pertanto se la sensazione risultante da una data attitudine si riconosce come fonte di sofferenza dalla persona che la vive, indifferentemente dalla qualità della attitudine, che ad esempio può essere stimata una leggerezza da coloro che attuano l'attitudine, questa attitudine acquisisce la qualità di offesa e la persona attuatrice di tale attitudine si ritiene essere dunque offensiva.

La accezione negativa della inazione relazionale in relazione alla dinamica di abbandono in aperta contrapposizione con l’idea di compartecipazione e  di complicità relazionale:

La semplice inazione può essere caratterizzata come fonte di aggressività passiva. Perché la inazione è dedica di indifferenza – caratterizziamo indifferenza come attribuzione di giudizio di – non – differenza – ovvero di una essenza che non induce rilevanza fattuale nell’ambiente relazionale. Ovvero induzione di attribuzione di annichilimento, annientamento essenziale.

 

 

 

Tuttavia non sempre è cosi, l'inazione oltre al riflesso dell'indifferenza, può essere il risultato di una mentalità più profonda che vede il dono di libertà come causa dell'inazione, tuttavia se all'inazione si accompagna l'inesorabilità ovvero la persistente e definitiva indisposizione al dialogo la inazione viene caratterizzata come abbandono di cui raramente si parla e che tuttavia è una negatività che può essere fonte di sofferenza.

Solitamente I' aggressività passiva, ( se la persona che la subisce non è resiliente e se non possiede la consapevolezza tale da comprendere, assimilare e perdonare, qualità che ritengo io stesso di dimostrare di possedere,) può implicare aggressività attiva pertanto dovremmo tutti riporre la nostra attenzione nella latente nostra passività relazionale come soluzione della negativa causa prima di ogni incomprensione.

 

La tutela

Un uomo crede fermamente in una singola verità - Se dovessi un giorno ricevere da qualunque uomo o da qualunque donna la chiave del giudizio - ovvero i presupposti per recare a questa persona danno - io non le recherei danno, la tutelerei e la perdonerei.

Questo uomo soffriva di una grave malattia e sapeva che la sua vita sarebbe presto giunta al termine  - una sola volontà gli restava: incontrare l'amore, incontrare il suo mindset gemello  - ovvero riconoscere l'ago nel pagliaio, ovvero vagliare tra tutti i cui molti lo avrebbero tradito - le due o tre persone che lo avrebbero amato.

Il suo intento era più profondo. Il suo intento era dimostrativo. Sapeva nel profondo che ciascuna delle miriadi di persone avrebbe riconosciuto la negativa iniziativa comunitaria nei suoi confronti.

Lui scrisse una lettera in cui scrisse  -  presto dovrò morire - e con questa iniziativa e scelta potrei sfiorare la fine prima del tempo - ma sogno un mondo in cui non solo tutti perdonino riconoscendo in essi stessi la propria umanità e sensibilità nei confronti della fragilità.

Ma ripongo la mia fiducia nella rivoluzione e nel cambiamento. Vi dirò! Sarà certo che sbaglierete tutti! Voi mi tradirete! E tuttavia vedrete con i vostri occhi che nel senso stesso dell'universo è più utile e buono il valore aggiunto positivo, non negativo, indifferentemente dal valore di misura e di qualità della negatività in principio - provate a purificare le negatività - assumete, una negatività può essere fonte di positività e migliorerete il mondo.

Questo uomo solo e dotato di una resilienza sovrannaturale esortò tutti coloro che lo ebbero incontrato dopo avere trascorso la vita insieme, e tutti coloro che non lo conoscevano - queste sono le chiavi, le prove per annientarlo, per farlo fallire, per rovinare la sua reputazione, per umiliarlo, per emarginarlo, per legittimare l'odio che proverete se sapeste...,per ridurlo dalla ricchezza alla povertà, per... Insomma varcò ogni possibile negatività dello scibile umano affinché ciascuna, alcune o solamente singole peculiarità negative potessero coincidere con l'iniziativa di rivendicazione, tradimento, odio aprioristico di ciascuna di quelle migliaia di uomini e donne. Che cosa accadde? Per lui il finimondo. Fu calunniato, gli si attribuì ogni anatema di sorta... tuttavia vi furono rare persone che andarono a incontrarlo, lo perdonarono e lo amarono  -  egli ebbe trovato il suo ago nel pagliaio.

Dopo la sua morte il mondo cambiò - egli era stato un visionario - tutti diventarono reciprocamente più permissivi, comprensivi buoni e dotati di un nuovo spirito di magnanimità.

Ma soprattutto quando incontrò Dio, che solitamente non congeda mai nessuno prima di un severo colloquio di purificazione e di confessione, fu accolto in maniera singolare, unica, dio non gli parlò lasciando intendere sei già un uomo giusto - semplicemente lo abbracciò. Sulla terra intanto fu glorificato come santo purificatore di ogni male.

 

 

 

CONSIDERAZIONI SULLA SUBLIMINALITA’ E SULLA TELEPATIA, FONDANTI DA STRITTURA ESSENZIALE PERCETTIVA DI IPERSENSIBILTA’

 

LA FINE RELAZIONALE VIRTUALE E REALE – I FENOMENI DI Unwelcoming and social blocking

Against social blocking emotionless diriment flow of behaviours.

Iterative activities of social blocking and the repeated unwelcoming spirit are passive bullying condupts, blocking it is a form of essential passive induced annihilation and can cause serious mental damages into people whose relational life with you, who may cause blocking, it is ended – This relational end has the same feature as inexorability, silencing, blinding, absence of amity and meeting – for the rest of the life and this fact it causes a mental induced dissonance into people whose relational spirit and meeting and forgiveness avaliabilities are once again alive.

 

CONSIDERAZIONE FINALE

Un primo traguardo

L'aver camminato molti passi lungo la via creativa artistico letteraria mi rassicura d'esservi giunto lontano scoprendo che non esiste meta se non la gratitudine e l'orgoglio del compimento dei passi passati e la resilienza e perseveranza nel compiere oggi stesso un nuovo passo creativo.

Secondariamente ho intravisto che il luogo del lontano non sia dissimile all'umiltà del luogo vicino così come un castello di sabbia non è che la paziente composizione d'ogni suo granello di sabbia, ogni grande riconoscimento può rivelarsi somigliante alla creatività d'ogni timida iniziativa che è custodita in esso.

NON DOVREMMO DOMANDARCI QUANDO SIA

IL MOMENTO IN CUI IL FIORE È SBOCCIATO

MA PIUTTOSTO QUANDO SIANO I MOMENTI DELLO SBOCCIARE DEL FIORE .

Parti bibliografiche in corsivo.

Riferimenti bibliografici

- Emerson, Ralph Waldo, The complete Writings, vol. II. New York: William

H. Wise, 1929.

- Jung, Carl, “Synchronicity: An Acausal Connecting Principle”, in The

Structure and Dynamics of the Psyche, vol. 8, Collected Works. Princeton,

NJ: Bollingen Series, Princeton University Press, 1969.

- Needleman, Jacob, A Sense of the Cosmos: The Encounter of Modern

Science and Ancient Truth, E. P. Dutton & Co., Inc., 1975.

- Swedenborg, Emmanuel, Heaven and Its Wonders and Hell, New York:

Swedenborg Foundation Uncorporated, 1935.

- Wilson, Robert Anton, “Synchronicity, Isomorphism, and the Implicate

Order”, Gnosis, Winter 1989.

Ray Grasse è scrittore editore e astrologo. Questo articolo è un

adattamento del suo libro The Waking Dream: Unlocking the Symbolic

Language of Our Lives (1996, Quest Books). E-mail:

jupiter.enteract@rcn.com

Tratto da The Quest, maggio-giugno 2006.

Traduzione di Patrizia Moschin Calvi.

Bibliografia relativa

https://it.wikipedia.org/wiki/Tensione_interna

https://sites.unipa.it//giovanni.petrucci/Disp/Tensio0.pdf

https://it.wikipedia.org/wiki/Cerchio_di_Mohr

https://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_della_divergenza

 

LEMENTI AUTOGRAFI DELL’AUTORE VITTI MICHELE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I LIMITI DELL’ATTENZIONE SELETTIVA

           

Penso, dunque sono, sosteneva Cartesio. Tuttavia Eckhart Tolle nella sua opera scrive che è proprio il pensiero, voce del nostro Ego ad allontanare la nostra consapevolezza della nostra intima essenza e dalle altre essenze

Non si giudicano dunque che esteriorità e superficialità, davvero siamo così ciechi da credere che la superficialità sia la verità? Semplicemente la logica ci soccorre indicando che la superficie (super- facies) non è che l’elemento velante una profondità. Potremo dunque assimilare la verità nelle sue componenti di superficialità e profondità.

Nella sua opera lo scrittore dimostra come l’Ego abbia assunto nel tempo significato e rilevanza comportamentale come guida del nostro agire.

Ego che desidera nell’immediato, Ego che è impaziente e che non attende, Ego che non può che avere come strumenti, premesse di giudizi e di scelte comportamentali, decisionali e di qualificazione, la consapevolezza più immediata possibile: La consapevolezza superficiale.

In una realtà in cui l’immagine si è imposta come onnipresente realtà ciascuna persona è sistematicamente abituata al costante giudizio di valore tra possibilità di immagine. L’impossibilità del non pensare oggi si è tradotta nell’impossibilità del non giudicare.

Tuttavia riflettiamo, secondo la natura il vedere non presuppone il giudicare, lo scegliere tra due o più possibilità: Avete mai avuto la possibilità di trovarvi in mare aperto? Intorno a voi il cielo, ed il mare, semplicemente. Un bambino sin dalla prima infanzia vede questo: Il cielo ed il mare.

È presto un adulto che insegna al bambino domandandogli: “Ti piace di più il cielo o il mare?”

 

 

Consideriamo questa prospettiva: Il bambino non crea gerarchie di valore di alcun genere tra cielo e mare, egli prende il cielo ed il mare, Secondo questa mentalità il sacrificio del reale è ridotto a zero.

Consideriamo il secondo caso: L’adulto destruttura il naturale creando una crepa concettuale, è imposta una scelta: O il cielo o il mare, l’adulto crea nel bambino la mentalità del disequilibrio di valore, della frammentarietà, del giudizio e del sacrificio di una realtà naturale in onore della seconda. Notiamo l’evidente differenza tra il primo ed il secondo caso, ovvero la differenza che sussiste tra l’accoglimento ed il giudizio: L’accoglimento non implica una perdita aprioristica che il giudizio impone. Il bambino accoglie il mare e il cielo, tuttavia quando deve scegliere tra il mare e il cielo egli deve imparare a rispondere alla domanda perché scegliere il mare e sacrificare il cielo o il contrario: Dunque il bambino impara la diffidenza, o più precisamente egli impara a riconoscere nuovi strumenti per diffidare di una realtà o di una seconda. Il giudizio è una proprietà intellettiva importante, tuttavia potrebbe rivelare le sue limitatezze nel processo decisionale, ed in questo processo potrebbero subire ingiustizie le realtà che sono sacrificate.

Il sistema economico ha inciso nel processo decisionale poiché questo sistema fondato sul profitto ha insegnato agli uomini ed alle donne a non accogliere bensì a scegliere ed a selezionare tra un oggetto ed un secondo oggetto.

È evidente, Se non accogliamo una marca ed una seconda, se scegliamo un prodotto e sacrifichiamo un secondo prodotto, in sé, il secondo prodotto non se ne risentirà in alcun modo, poiché lo sappiamo, questo prodotto non ha sentimenti, non ha una anima, non può piangere, non può soffrire.

 

 

 

 

Dunque giungiamo al fulcro del ragionamento: Ciascun uomo e ciascuna donna può in ciascun istante della sua vita scegliere se accogliere o se giudicare. Se lei o lui sceglie di giudicare, deve essere consapevole e responsabile del fatto che si pone come giudice tra realtà, tra le quali lei/lui dovrà sacrificarne alcune, inoltre esternandone le motivazioni. Ora è chiaro del tema che sto provando ad affrontare: La qualificazione, il giudizio sulle cose, sugli oggetti è una realtà. La qualificazione. Il giudizio sulle persone è una seconda realtà estremamene più urgente e seria.

 

Perché sarebbe grave assistere ed ascoltare alcune parole tra cui: Rammentiamo l’episodio precedente in cui l’adulto chiedeva al bambino: “Ti piace di più il cielo o il mare?, o diversamente immaginiamo le parole di tale adulto che consiglia o impone al bambino o alla bambina:” Ti consiglio di scegliere il cielo e di sacrificare il mare.” O ancor peggio: “ Devi scegliere il cielo e sacrificare il mare.”

Ora immaginiamo questo adulto consigliare al bambino o alla bambina: “Ti piace di più il nero o il bianco?, o diversamente immaginiamo le parole di tale adulto che consiglia o impone al bambino o alla bambina:” Ti consiglio di scegliere il nero e di sacrificare il bianco.” O ancor peggio: “ Devi scegliere il nero e sacrificare il bianco.” O vicevèrsa.

“Devi scegliere l’intellettuale, universitario/a, sacrifica e diffida di chi non ha studiato.”

“Devi scegliere il religioso/a, sacrifica e diffida di chi è ateo/a.”

“Devi scegliere colui/colei che pratica il nostro credo, sacrifica e diffida di chi non pratica il nostro credo.”

“Devi scegliere colui/colei che dimostra di avere una vita sociale rigogliosa, sacrifica e diffida di chi non ha molte relazioni.”

 

 

 

“Devi scegliere colui/colei che è ricco, sacrifica e diffida di chi non ha molto denaro, che tuttavia è un lavoratore onesto/una lavoratrice onesta che nel suo umile tempo prova a portare avanti la sua vita.”

“Devi scegliere colui/colei che dimostra di avere la tua stessa mentalità, i tuo stessi sogni, sacrifica e diffida di chi non ha la tua stessa mentalità, i tuo stessi sogni.”

“Devi scegliere colui/colei che sacrificherebbe il suo cuore per te, sacrifica e diffida di chi non lo farebbe.”

“Devi scegliere colui/colei che presenta un modello fisico adeguato agli standard comunitari, sacrifica chi non si presenta secondo tali esteriori caratteristiche.”

“Devi scegliere colui/colei che è un modello da sempre per le persone. Sacrifica e diffida di chi nella sua vita ha dimostrato alcune labilità.”

“Devi scegliere colui/colei il cui nome è annoverato dalle persone che conosci. Sacrifica e diffida di chi non è rinomato, i falliti non valgono nulla!”

. . .

Ne concludiamo che la mentalità del sacrificio potrebbe versare non poco sangue se messa nelle menti di giudici inconsapevoli. Ricordiamo che il giudicare è una attività professionale universalmente riconosciuta per raggiungere la cui qualifica sono necessari decenni di formazione ed esperienza. Non improvvisiamoci giudici. D’altro canto, come ho precedentemente assunto l’attività del giudicare è al limite imprescindibile da noi, dunque almeno proviamo a dedicare alcune possibilità di conoscenza al nostro prossimo prima di pregiudicarne il nostro diniego.

Non radicalizziamo il concetto di accoglienza, accogliere significa dedicare una opportunità di relazion, un flebile lume di gratuità necessaria ad avere noi stessi gli adeguati strumenti decisionali utili al giudizio a posteriori, il modello decisionale che cancella dall’umanità il diniego a priori.

Il diniego a priori ed il limite del giudizio di superficie.

 

La superficialità si è talmente imposta nella nostra struttura di pensiero, cogliamo le lievi espressioni sui volti, ne rendiamo soggettivi significati per potere giudicare: tuttavia questa abitudine, associata alla struttura di pensiero in relazione alla rilevanza che dedichiamo al nostro ego e di conseguenza al secondo ordine di rilevanza che dedichiamo alla realtà che osserviamo, ed in onore di una mentalità purista ed idealista di cui siamo abitudinari e artefici, secondo cui poniamo in secondo valore la realtà per come è, alla nostra astratta idea della medesima realtà strutturata secondo le nostre pretese: Questa è una mentalità che affievolisce, sfuma e talvolta annichilisce il valore della realtà osservata, in onore di una selettività sociale, relazionale e di amistà radicalmente esclusive.

“ La compagnia è un dono! Non deve essere meritata! “

Non sei una persona intraprendente? Non accenni ad una parola in più rispetto a tale che ti viene donata? Credi che gli sconosciuti a priori non meritino nulla se non un aprioristico diniego solamente per il fatto di essere sconosciuti? Siamo così abituati a non vedere altro che la conoscenza superficiale che la riconosciamo analoga alla conoscenza profonda, questo principio di indolente carenza di relazionalità si traduce nell'assunto che una persona sconosciuta debba restare sconosciuta.

Spezzi le catene della reciprocità relazionale?

Allontanando il prossimo, presto o tardi questa persona si allontanerà da te.

In questo esatto istante della relazione al limite il cento per cento delle persone definisce e dichiara la relazione finita.

 

Ed allora è in questo punto che noi tutti dovremmo impegnarci per stravolgere questa mentalità di inesorabilità e noia:

 

 

In gioco c'è la nostra possibilità di valorizzare ciò che si definisce conoscenza profonda, abbiamo riconosciuto che la conoscenza superficiale non può che avere breve vita poiché si fonda sul ricevere in assenza di iniziativa, valore aggiunto e dono reciproco.

Le gemme della conoscenza stabile e profonda, origine di ogni amistà costante e resiliente trova luogo di compimento nella lontananza, nella solitudine che appare nelle caratteristiche di inesorabilità, delusione, malinconia, speranza, poiché solo secondo questo ambiente relazionale di reciproca solitudine decade l'impasse della relazione tossica:

‘Io dono a te, esclusivamente nel caso unico e nel tempo unico in cui tu doni a me.'

E può risorgere il vero valore di definizione del dono di cui il principio è:

'Io dono a te indipendentemente da...'

Il valore aggiunto ha significato se il numero uno è aggiunto al valore zero, o al valore meno uno. Questo è il fondamento della creatività relazionale.

La relazione di reciproco dono 'io dono a te indipendentemente da...' ha un impatto emotivo importante e buono poiché è caratterizzato da opportunità di incontro non previste, nuove, e chiarificatrici. Qualcuno ricorda ancora il significato della parola sorpresa in relazione all'iniziativa di incontro tra coloro che non si donano parola da decenni? Si crede, è andata così, ed allora andrà per sempre così. Un pensiero inesorabile, in onestà noioso che non rende onore alla vita il cui significato più vero è: Non fine. Come potremmo forse avere dimenticato il significato di sorpresa, assistendo a nuove persone sconosciute, le quali essi stesse desiderano incontrarci per conoscere la nostra persona.

 

 

 

 

Assurda è l’evidenza secondo cui alcune persone piuttosto di accogliere questo dono di relazionalità preferiscono destrutturare queste persone più aperte e intraprendenti ancor prima di conoscere il senso del loro agire caratterizzandole come sconosciute, profittatrici, ladre di tempo o malintenzionate.

Non è stata sufficiente la gravosa situazione di quarantena conseguente a covid19 per convincere noi tutti della primaria rilevanza della nostra relazionalità?

 

L’impazienza del giudizio: Il pregiudizio

Ed inoltre considerando la cecità relativa all'impazienza di definire la realtà, la definizione di una realtà ne arresta la opportunità di consapevolezza di ciò che di questa realtà non si conoscerà poiché si giudica di avere già conosciuto e di avere già visto, in tal modo a questa realtà neghiamo la nostra consapevolezza del suo essere latente, in divenire, in potenza che sovente costituisce il fondo dell'iceberg, una valenza creativa superiore, una essenza le cui qualità non manifeste sono di livello estremamente elevato che tuttavia scegliamo di non volere riconoscere nel prossimo ed acquisire noi stessi secondo i modelli comportamentali della pazienza, dell'attesa attiva, della curiosità, dell'esempio, della fiducia, del dono.

Il pregiudizio decade in diffidenza

La probabilità più elevata del pregiudizio cattivo rispetto al pregiudizio buono

Abbiamo compreso grazie alle illustri parole di Eckhart Tolle, trascritte nell’opera letteraria “Il potere di Adesso” la radicale influenza dell’Ego in relazione alle nostre attitudini.

 

 

 

 

 

La definizione di Ego custodisce l’emergere del modello attitudinale egoistico ed il decadere del modello attitudinale altruistico, questo disquilibrio di valore tra Io ed Altro, implica la valorizzazione, la centralizzazione dell’io e la svalutazione dell’altro, dunque logicamente si avrà la lode di sé stessi ed il discredito e non la lode dell’Altro.

Appunti di approfondimento relativi ai temi della mentalità purista e della nonviolenza nello scritto:

“IL DUE È PIÙ VICINO DELL’UNO ALL’INFINITO”

Il problema è che talvolta lo stesso spirito di ricerca velato dalle nostre attitudini sia fondato in onore della meta del sistematico diniego aprioristico, che si traduce in indifferenza, sottostima, bullismo, e non accoglimento. L’abitudine del rifiuto dell’accoglienza e la struttura mentale del giudizio possono implicare la volontà di cercare e di trovare la negatività e non la positività nella realtà osservata, secondo questa scelta rischieremmo di attribuire più rilevanza al male rispetto al valore che dedicheremmo al bene, ovvero una miseria, una realtà già data, presupposta.

Dunque se si scorge il bene sosteniamo che sia presupposto, ed in realtà, nel nostro percorso conoscitivo ci arrestiamo qui poiché caratterizziamo il bene come normalità necessaria che a noi si offre come completa e definita. Sovente manca la volontà di approfondimento del bene, di tempo dedicato alla scoperte delle miriadi di prospettive caratterizzanti che hanno un ruolo valoriale di arricchimento relazionale davvero importante.

Diversamente non appena riconosciamo la ferita della negatività, desideriamo approfondirne la nostre consapevolezze relative alla negatività, ricordiamo che la via della conoscenza del male relativo ad un singolo è radicalmente dirimente. Il pensiero negativo, il maledire creano separazione, non relazione.

 

 

 

Il nostro tempo è unidirezionale, se scegliamo la via della consapevolezza del male, non scegliamo la via della consapevolezza del bene.

Il fiume del negativo può sopravvivere solo in grazia della nostra voce e delle nostre attitudini,

Siamo correnti d'acqua che in ogni istante possono scegliere se adeguare il loro fluire al verso negativo sostenuto dalle voci dei più o opporci ad esso, sarà sola la nostra voce? No, tuttavia potremmo riconoscere che le voci del diniego siano più presenti, canzonatorie, dirimenti, coartanti e impattanti delle voci magnanime e umili dell'accoglimento.

La conoscenza profonda

La parola ed il giudizio presuppongono il sapere, la coscienza della verità, la verità non è accessibile, la verità è il culmine tendente all'infinito di un percorso conoscitivo.

La giustizia di un giudizio esiste in misura dell'impegno conoscitivo e della curiosità dedicate con pazienza e fede nei confronti del soggetto che si vuole conoscere: La conoscenza profonda.

Se si giudica in mancanza degli strumenti conoscitivi ottenuti in grazia del lungo pellegrinare lungo il percorso di conoscenza del soggetto, si giudica l'immediata apparenza che è una consapevolezza miseramente limitata del potere essere del soggetto, dunque si pregiudica, ed il pregiudicante realizza egli stesso e tempra nella sua mente e nella realtà assunti dissimili rispetto alla verità del soggetto che non rendono giustizia al nome pregiudicato frammentando, disonorando, screditando l'essere relazionato al nome pregiudicato.

Questa vicendevole attitudine dirime coloro che si relazionano secondo il sistema del reciproco pregiudizio: l'amistà tra un pregiudicato ed il suo giudice non è mai esistita.

 

 

 

 

Il pregiudizio in relazione alla creatività del prossimo.

L'impasse della competitività.

 

Il pregiudizio presuppone disequilibrio di libertà e di rispettabilità.

Il giudice è più libero ed a lui è giudicato più valore intellettuale e umano rispetto al giudicato.

Abiezione, avvilimento creativo, indifferenza, freno, sono caratteristiche comportamentali più frequenti delle attitudini di conforto, promotrici, iniziatrici di relazioni collaborative ed umane.

Un sano percorso collaborativo presuppone il rifiuto della competitività, in primo luogo fondante il sistema del disequilibrio di rispettabilità tra singoli conseguente all'assegnazione di valori e di numeri che standardizzano le competenze di superficie dei singoli, creando etiche del privilegio e d'altra parte del diniego, inoltre la competitività è controproducente in quanto limitante secondo il modello comportamentale del pregiudizio, in quanto nomina sulla base di una categoria intellettiva, comportamentale, fisica, religiosa, e nominando limita le potenzialità di ciascun singolo a tale categoria.

Il giudizio presuppone il nominare. Il nominare presuppone il limitare il soggetto conosciuto in onore dei limiti necessariamente esistenti del personale mindset o del sistema giudicante comunitario.

 

Rendiamo l'esempio della categoria della memoria, se in un luogo definito una comunità è pregiudicata secondo esclusivamente il modello della memoria, vi sarà chi eccellerà, essi saranno valorizzati, e lautamente ricompensati e lodati, vi saranno coloro i quali non hanno una innata propensione per la memoria, ed essi in questo sistema limitante resteranno indietro, altresì nella catena di reciprocità relazionali che presuppongono l'abilità mnemonica come strumento necessario all'accoglienza relazionale ed alla amistà.

 

Tuttavia perché nominiamo questo sistema limitante? Poiché può accadere che gli stessi partecipanti che dimostrano carenze nel sistema pedagogico relativo alla memoria, siano al di fuori di quegli schemi limitanti, iniziatori eccellenti e degni di lode, essi resteranno nell'ombra per ciò che sanno realizzare poiché non appena essi proveranno ad esporre le loro creatività, la mentalità di sistema pedagogico relativo alla memoria, rappresentato dalla comunità di pensiero omogeneo si imporrà sui principi del pensiero del singolo divergenti, prima affievolendolo, poi spegnendolo.

Ora, la mentalità di non competitività è la chiave di volta affinché ciascun sistema relazionale e pedagogico possa allargare gli orizzonti, non esisterebbero secondo questo principio categorie limitanti e standardizzanti che costituiscono modelli di pregiudizio omogeneo, superficiale e destrutturante, che sacrificano i molti per salvare i pochi. Il 'Tu sei!' verrebbe sostituito dal 'Tu sei?'.

Sappiamo che la variabilità è un fattore di cambiamento, di creatività e di crescita fondamentale, in un sistema strutturato in categorie pedagogiche o relazionali definite, si sacrifica il diverso in nome della statica sussistenza dell'ordine che si vuole mantenere eternamente. La non competitività è una forma di intelligenza creativa fondante il pensiero:

“Io non competo con te, io sono con te, che cosa possiamo creare insieme?”

“Io ho una predisposizione innata per la memoria”,

“Io ho una predisposizione innata per la matematica”,

“Io ho una predisposizione innata per la resilienza”,

“Io ho una predisposizione innata per l'immaginazione,

“Io sono confuso, non so nulla, non credo di avere una predisposizione”,

“Resta con noi e scegli quale sia la tua passione, li potrai donare il tuo contributo.“

“Io non voglio fare nulla.“

 

“Non fare nulla, noi ti conforteremo nella tua scelta, sappiamo che questa tua scelta cela motivazioni profonde, ed intelligenze che ancora ci sono velate, nel tempo che dedicherai alla tua scelta non potrai non pensare, non potrai non fare, non potrai non vivere, ed allora forse il tuo modello di pensiero e la tua consapevolezza germoglieranno secondo idee innovative, di livello anche superiore al nostro, forse ti dedicherai alla lettura, all'agricoltura, all'arte, o semplicemente al vivere non irrequieto, quanto saprà donare il tuo silenzio, quanto le tue parole, quanto il tuo esempio!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia.

https://www.stateofmind.it/2017/05/bambini-attenzione-selettiva/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DELEGA DI RESPONSABILITA' PERSONALE

 

“When a flower doesn't bloom you fix the environment in which it grows,  not the flower.”

 Alexander Den Heijer

 

 

I N D I C E   C O N C E T T U A L E

 

 

C A P I T O L O  I

Esempi di delega di responsabilità personale desunti dall’opera :

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, di Hannah Arendt.

La dinamica dialettica del conformismo.                                                                                                                                     Conformismo, dispotismo e disquilibrio di rilevanze fattuali.                                                                                    

Indisponibilità all’ascolto.                                                                                                                                   

La falsificazione semantica (generalizzazione del concetto, pronuncia parziale del concetto).                                   

L’ annichilimento o diniego di identità.                                                                                                                 

Falsificazione : Attenuazione di gravità dell’atto e parvenza di legalità.                                                                 

La forza del conformismo che tace idee diverse rispetto all’idea che domina.                                                              

Considerazione sul grado di responsabilità dei partecipanti alla soluzione finale.                                                   

L’accusa ad Adolf Eichmann (attribuzione di responsabilità).                                                                                 

Democrazia ed equilibrio di rilevanze fattuali.                                                                                                       

Connivenza e mendacio.                                                                                                                                       

Il concetto di delega di responsabilità personale ed il pensiero di Hannah Arendt.                                                   

Esempio di generalizzazione del giudizio (una forma di delega di responsabilità).                                                     

Influenza sociale e conformismo.                                                                                                                             

Il valore della minoranza (entità priva di potere):

I n n o v a z i o n e .                                                                   

Influenza normativa e informativa.                                                                                                                                  

L'esperimento di Solomon Asch (1956).                                                                                                                           

L’esperimento di Milgram (1961).                                                                                                                                   

Il caso Genovese.                                                                                                                                       

L’effetto spettatore (bystander effect)                                                                                                                      

C A P I T O L O  II

Delega di responsabilità relazionale.

Sensibilizzazione relazionale.                                                                                                                                                                                             

Le implicazioni sociali contemporanee della delega di responsabilità personale.                                                      

La concezione “perentoria” dell’autonomia e della resilienza individuale.                                                              

La ridefinizione del giudizio implica la ridefinizione e la tempra della relazione.                                                 

La delega d’iniziativa.                                                                                                                                   

L’ impasse dello specchio.                                                                                                                                      

Gudizio critico relativo alle proposizioni :

“If I do not change myself nothing changes.”

“Ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione.”

Il principio di equilibrio relazionale.                                                                                                                      

La noia.                                                                                                                                            

Ignoranza etica : Il fenomeno della spietatezza relazionale e della labilità relazionale.                                              

Nihil.                                                                                                                                              

Volo ut sis.                                                                                                                                            

The art of being fragile, Alessandro D'Avenia.                                                                                                                    

Sitografia, bibliografia e videografia.                                                                                                                        

 

I

 

Riprensione verso l’atto di delega e diffusione di responsabilità personale.

Dèlega

Atto con cui si conferisce a un’altra persona la capacità di agire in vece propria.

Delegàre

Conferire ad altri il potere di esplicare in nome proprio e per conto del delegante attività normalmente proprie di quest’ultimo.

Esempi di delega e diffusione di responsabilità personale desunti dall’opera letteraria :

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, di Hannah Arendt.

Le sistematiche deleghe e diffusioni di responsabilità implicano indisponibilità in relazione alla creatività e dunque inazione .

L’opera letteraria di Hannah Arendt è testimonianza del fatto che le inazioni sono le principali cause del manifestarsi di un sistema sociale dispotico in cui si annichilisce il contributo sociale degli individui asserviti; ché ove e quando la scelta della persona libera aveva rilevanza fattuale, la persona ha delegato il suo personale contributo. *

*Il personale contributo di una persona (l’esternazione della sua identità) può manifestarsi a titolo di:

- Parola (generalmente, atto) consapevolmente consenziente o dissenziente un’idea di una persona

- Tacito consenso al pensiero che in un determinato luogo e in un determinato tempo possedeva maggior rilievo. (Sovente per il solo fatto che tale pensiero possieda rilievo consensuale, non perché tale pensiero sia razionalmente ed umanamente assentito. )

 

 

 

La dinamica dialettica del conformismo

 

All’ atto libero di delega di responsabilità segue l’ineluttabile asservire alla prescrizione (umanamente legittima o umanamente non legittima) dell’ente o della persona a cui si delega la responsabilità decisionale.

Sovente l’atto libero di delega di responsabilità implica

L’imposizione di una legge, non l’indicazione di un consiglio valutabile ed ipoteticamente ricusabile.

Il dovere, (non la libera scelta) di adempiere alla volontà dell’ente o della persona a cui si delega la responsabilità decisionale.

Il fenomeno fisico dell’interferenza costruttiva delle onde esemplifica la dinamica dialettica del conformismo:

Secondo tale principio il conformismo si esemplifica nella sommatoria di onde ciascuna avente picco dipendente dalla rilevanza fattuale del contributo di ciascuna persona. È doveroso notare che l’interferenza costruttiva dipende dalla concordanza e tacito consenso di una medesima idea. È rilevante ricordare che nel caso degenerato di un sistema sociale dispotico il contributo d’interferenza distruttiva dovuto alla pronuncia di un pensiero alternativo rispetto all’idea dominante sarà irrisorio, questo pensiero sarà sottovalutato, trascurato, nei casi più radicali diverrà origine di violenze nei confronti di coloro che pronunciarono l’idea alternativa :

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’evolversi e l’accreditamento di un’idea che domina in seguito al tacito consenso o al consenso di una massa culmina con l’annichilimento della razionale volontà di ciascun singolo che agisce esclusivamente in nome delle idee fondanti il sistema dispotico. Il singolo assimila tali leggi parassite soggettivamente, ovvero sulla base di ciò che di esse comprende o sulla base di ciò che gli è permesso comprendere.

Tali leggi parassite non sono criticabili per due motivi :

Indisponibilità all’ascolto.

Hanno acquisito un’immensa forza persuasiva risultante dal tacito o non tacito consenso di una molteplicità di individui; la retta di analisi (impatto gravoso del conformismo sociale) del grafico di pagina 3 esemplifica l’indisponibilità al cambiamento ed all’accoglienza di nuove idee in tale determinata situazione sociale. Cecità

Tali leggi sono subite dall’individuo il quale non ha possibilità di comprenderle poiché sovente le cause prime non gli sono accessibili ché celate o falsificate da chi detiene il potere:

Esempio di generalizzazione del concetto : caso specifico di falsificazione. “I nazisti, sempre portati a generalizzare, pensarono di aver dimostrato che gli ebrei erano «indesiderati» dappertutto, e che ogni non ebreo era almeno in potenza un antisemita. Chi dunque si sarebbe infastidito se essi avessero affrontato il problema in maniera «radicale»? A Gerusalemme, Eichmann, ancora influenzato da quelle generalizzazioni, sostenne più e più volte che nessun paese si era mostrato disposto ad accogliere ebrei, e che questo, soltanto questo aveva provocato la grande catastrofe: senza pensare però che gli Stati europei si sarebbero certamente comportati allo stesso modo di fronte a qualsiasi altra «calata» di persone - anche se non ebrei -, se queste fossero arrivate improvvisamente senza un soldo, senza un passaporto, senza neppure conoscere la lingua del paese!”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Hannah Arendt

La falsificazione semantica

 

“Pensavano che questi ebrei venissero “trasferiti”; non sapevano che cosa significasse il termine “trasferimento”.”

“Invece di dire uccisione si dovevano usare termini come «soluzione finale,» «evacuazione» (Aussiedlung) e «trattamento speciale» (Sonderbehandlung); invece di dire deportazione bisognava usare parole come «trasferimento» o «lavoro in oriente» (Arbeitseinsatz im Osten), in modo da dare l'impressione che si trattasse di provvedimenti temporanei, non dannosi, altresì favorevoli nei confronti degli interessati, (Dimostrando l’evidente intenzione di far credere all’interlocutore di agire ancora per il loro bene!).”

 

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

Pronuncia parziale del concetto: caso specifico di falsificazione

“Nessuno mai disse ad Eichmann più di quello che era strettamente indispensabile perché egli potesse svolgere il suo lavoro specifico.”

La falsità o mancanza di informazioni implicano cecità imposta compromettendo la comprensione, il giudizio e la critica costruttiva della realtà.

“Beware of false knowledge: it is more dangerous than ignorance.”

George Bernard Shaw

 

La cieca fiducia sovente diviene necessaria. La cieca fiducia può talvolta tradursi nell’impoverimento della persona che delega la responsabilità del proprio agire divenendo un ingranaggio utile esclusivamente nei termini che il sistema richiede (il valore umano, creativo, intellettivo della persona che non rientra nei termini che il sistema richiede viene giudicato inesistente dalla collettività sottoposta ai principi del sistema.)

 

Il sistema è degenere e disumano quando grava negativamente sul valore della complessità dell’identità del singolo mediante alienazione, omologazione di identità e annichilimento di identità.

 

“La sua mente era tutta presa dalla mole sempre crescente di lavoro organizzativo e amministrativo.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

 

L’ annichilimento o diniego di identità.

 

Il concetto Diniego:

Diniègo Negazione, rifiuto: Il diniego consiste nel negare, nelle forme più svariate e ipocrite, l’esistenza di ciò che esiste e per giunta si conosce (Umberto Galimberti).

 

L’annichilimento dell’identità (e la noia) affievolendo la creatività, la forza di volontà e la capacità critica possono implicare il crollo morale causato da sentimento d’inferiorità.

“Noi lo sapevamo. Non facemmo nulla. Chiunque avesse protestato sul serio o avesse fatto qualcosa contro le unità addette allo sterminio sarebbe stato arrestato entro ventiquattr'ore e sarebbe scomparso. Uno dei metodi più raffinati dei regimi totalitari del nostro secolo consiste appunto nell'impedire agli oppositori di morire per le loro idee di una morte grande, drammatica, da martiri. Molti di noi avrebbero accettato una morte del genere. Ma la dittatura fa scomparire i suoi avversari di nascosto, nell'anonimo. E' certo che chi avesse preferito affrontare la morte piuttosto che tollerare in silenzio il crimine, avrebbe sacrificato la vita inutilmente. Ciò non vuol dire che il sacrificio sarebbe stato moralmente privo di senso. Ma sarebbe stato praticamente inutile.

Nessuno di noi aveva convinzioni così profonde da addossarsi un sacrificio praticamente inutile in nome di un significato morale superiore.» E' ovvio che qui lo scrittore non si rende conto di quanto sia vuota la «rettitudine» da lui tanto esaltata quando manca quello che egli chiama il «significato morale superiore.»

 

Questo esempio sta però a dimostrare non tanto la vuotezza della rispettabilità (poiché in circostanze come quelle la rettitudine si riduce semplicemente a rispettabilità), quanto la vuotezza di tutto il ragionamento, che pure a prima vista sembra ineccepibile. E' vero che il regime hitleriano cercava di creare vuoti di oblio ove scomparisse ogni differenza tra il bene e il male, ma come i febbrili tentativi compiuti dai nazisti dal giugno 1942 in poi per cancellare ogni traccia dei massacri (con la cremazione, con l'incendio in pozzi, con gli esplosivi, i lanciafiamme e macchine che frantumavano le ossa) furono condannati al fallimento, così anche tutti i loro sforzi di far scomparire gli oppositori «di nascosto, nell'anonimo,» furono vani.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

“I vuoti di oblio non esistono. Nessuna cosa umana può essere cancellata completamente e al mondo c'è troppa gente perché certi fatti non si risappiano: qualcuno resterà sempre in vita per raccontare. E perciò nulla può mai essere «praticamente inutile,» almeno non a lunga scadenza.“

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

Il sistema si alimenta sulla base di un progressivo adattamento alla menzogna : L’ adattamento del sistema uditivo umano al costante e reiterativo aumento dell’intensità sonora è esemplificativo del fenomeno di sopportazione, di adattamento ed in fine di felice accoglimento e condivisione reciproca di falsità o proposizioni non veritiere in quanto vengono private di elementi fondamentali nel momento in cui vengono pronunciate o, come nel caso preso in esame,

viene celata la gravità del concetto pronunciato.

 

 

 

 

 

“Inoltre, tutta la corrispondenza relativa alla questione doveva rispettare rigorosamente una determinata «falsificazione concettuale e di significato» e se si eccettuano i rapporti degli Einsatzgruppen è raro trovare documenti in cui figurino parole crude come «sterminio,» «liquidazione,» «uccisione.» “

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

Falsificazione della realtà : Attenuazione di gravità dell’atto e parvenza di legalità.

“Inutile aggiungere che tutti questi strumenti giuridici, lungi dall'essere semplice frutto della pignoleria o precisione tedesca, servirono ottimamente a dare a tutta la faccenda una parvenza di legalità.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

“Sarebbe stato controproducente se ai funzionari principali avessimo detto: Dovete far così e così. Se uno fa una cosa malvolentieri, tutto il lavoro ne risente... Noi facevamo del nostro meglio per rendere ogni cosa più o meno digeribile.» E non c'è dubbio che così agivano i nazisti.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

La forza del conformismo che tace idee diverse rispetto all’idea che domina:

“Tutto sta a dimostrare che la coscienza in quanto tale era morta, in Germania, al punto che la gente non si ricordava più di averla e non si rendeva conto che il «nuovo sistema di valori» tedesco non era condiviso dal mondo esterno.

Naturalmente, questo non vale per tutti i tedeschi: ché ci furono anche individui che fin dall'inizio si opposero senza esitazione a Hitler e al suo regime. Nessuno sa quanti fossero (forse centomila, forse molti di più, forse molti di meno) poiché non riuscirono mai a far sentire la loro voce.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

 

 

La realtà contemporanea non può che essere percepita e accolta acriticamente come caos di molteplicità di eventi le cui relazioni sono inaccessibili. Queste relazioni costituiscono gli elementi necessari del ragionamento logico che permetterebbe al singolo di criticare ciò che vede e, in primo luogo, di essere ascoltato e di esser considerato come individuo che può abilitarsi a scegliere in autonomia come esempio di libera iniziativa consapevole (Che in tale gravoso contesto viene soffocata).

 

Un’idea condivisa e rilevante può essere creativa ed umanamente ragionevole purché non divenga assolutizzante e dispotica.

 

“Appunto esempio del quadro, equilibrio di rilevanze di pensiero.”

 

Importante considerazione sul grado di responsabilità dei partecipanti alla soluzione finale

 

“Parteciparono molte persone, a vari livelli e in vari modi (i pianificatori, gli organizzatori e gli esecutori, distribuiti in varie gerarchie), non ha molto senso adoperare i concetti tradizionali di consiglio e istigazione. Ché questi reati furono commessi in massa, non solo per ciò che riguarda il numero delle vittime, ma anche per ciò che riguarda il numero di coloro che li commisero, e il grado in cui ciascuno dei tanti criminali era vicino o lontano dall'uccisore materiale non significa nulla, per quanto concerne la misura della responsabilità.

 

Al contrario, in generale “il grado di responsabilità cresce quanto più ci si allontana dall'uomo che usa con le sue mani il fatale strumento”.

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

 

 

“Ma il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali. Dal punto di vista delle nostre istituzioni giuridiche e dei nostri canoni etici, questa normalità è più spaventosa di tutte le atrocità messe insieme, poiché implica - come già fu detto e ripetuto a Norimberga dagli imputati e dai loro patroni - che questo nuovo tipo di criminale, realmente “hostis generis humani”, commette i suoi crimini in circostanze che quasi gli impediscono di accorgersi o di sentire che agisce male.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

“Se avessero vinto, qualcuno di loro si sarebbe sentito colpevole? Tra i più grandi problemi del processo Eichmann, uno supera per importanza tutti gli altri. Tutti i sistemi giuridici moderni partono dal presupposto che per commettere un crimine occorre l'intenzione di fare del male. Se c'è una cosa di cui la giurisprudenza del mondo civile si vanta, è proprio di tener conto del fattore soggettivo. Quando manca questa intenzione, quando per qualsiasi ragione (anche di alienazione mentale) la capacità di distinguere il bene dal male è compromessa, noi sentiamo che non possiamo parlare di crimine. Noi respingiamo e consideriamo barbariche le tesi «che un delitto grave offende la natura sicché la terra stessa grida vendetta; che il male viola un'armonia naturale che può essere risanata soltanto con la rappresaglia; che una comunità offesa ha il dovere di punire il criminale in nome di un ordine morale» (Yosal Rogat).

 

 

E tuttavia a noi sembra innegabile che fu proprio in base a questi principi antiquati che Eichmann venne tradotto in giudizio, e che questi princìpi furono la più vera ragione della sua condanna a morte.”

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme Hannah Arendt

L’accusa ad Adolf Eichmann (attribuzione di responsabilità)

“Se è vero che «la giustizia non solo va fatta, ma si deve anche vedere,» tutti avrebbero visto che il processo di Gerusalemme era giusto se i giudici avessero avuto il coraggio di rivolgersi all'imputato più o meno come segue: «Tu hai ammesso che il crimine commesso contro il popolo ebraico nell'ultima guerra è stato il più grande crimine della storia, ed hai ammesso di avervi partecipato. Ma tu hai detto di non aver mai agito per bassi motivi, di non aver mai avuto tendenze omicide, di non aver mai odiato gli ebrei, e tuttavia hai sostenuto che non potevi agire altrimenti e che non ti senti colpevole. A nostro avviso è difficile, anche se non del tutto impossibile, credere alle tue parole; in questo campo di motivi e di coscienza vi sono contro di te alcuni elementi, anche se non molti, che possono essere provati al di là di ogni ragionevole dubbio. Tu hai anche detto che la parte da te avuta nella soluzione finale fu casuale e che, più o meno, chiunque altro avrebbe potuto prendere il tuo posto: sicché quasi tutti i tedeschi sarebbero ugualmente colpevoli, potenzialmente. Ma il senso del tuo discorso era che dove tutti o quasi tutti sono colpevoli, nessuno lo è. Questa è in verità un'idea molto comune, ma noi non siamo disposti ad accettarla. E se tu non comprendi le nostre obiezioni, vorremmo ricordarti la storia di Sodoma e di Gomorra, di cui parla la Bibbia: due città vicine che furono distrutte da una pioggia di fuoco perché tutti gli abitanti erano ugualmente colpevoli.

Tutto questo, sia detto per inciso, non ha nulla a che vedere con la nuova idea della 'colpa collettiva,' secondo la quale gli individui sono o si sentono colpevoli di cose fatte in loro nome ma non da loro, cose a cui non hanno partecipato e da cui non hanno tratto alcun profitto. In altre parole, colpa e innocenza dinanzi alla legge sono due entità oggettive, e quand'anche ottanta milioni di tedeschi avessero fatto come te, non per questo tu potresti essere scusato. «Fortunatamente non è così.

 

Tu stesso hai affermato che solo in potenza i cittadini di uno Stato che aveva eretto i crimini più inauditi a sua principale finalità politica erano tutti ugualmente colpevoli; non in realtà. E quali che siano stati gli accidenti esterni o interiori che ti spinsero a divenire un criminale, c'è un abisso tra ciò che tu hai fatto realmente e ciò che gli altri potevano fare, tra l'attuale e il potenziale.

Noi qui ci occupiamo soltanto di ciò che tu hai fatto, e non dell'eventuale non-criminalità della tua vita interiore e dei tuoi motivi, o della potenziale criminalità di coloro che ti circondavano. Tu ci hai narrato la tua storia presentandocela come la storia di un uomo sfortunato, e noi, conoscendo le circostanze, siamo disposti fino a un certo punto ad ammettere che in circostanze più favorevoli ben difficilmente tu saresti comparso dinanzi a noi o dinanzi a qualsiasi altro tribunale. Ma anche supponendo che soltanto la sfortuna ti abbia trasformato in un volontario strumento dello sterminio, resta sempre il fatto che tu hai eseguito e perciò attivamente appoggiato una politica di sterminio. La politica non è un asilo: in politica obbedire e appoggiare sono la stessa cosa. E come tu hai appoggiato e messo in pratica una politica il cui senso era di non coabitare su questo pianeta con il popolo ebraico e con varie altre razze (quasi che tu e i tuoi superiori aveste il diritto di stabilire chi deve e chi non deve abitare la terra), noi riteniamo che nessuno, cioè nessun essere umano desideri coabitare con te. Per questo, e solo per questo, tu devi essere impiccato.»” La banalità del male.  Hannah Arendt

Il sistema sociale democratico garantisce l’adeguata disponibilità ad accogliere il contributo consapevolmente consenziente o dissenziente di idee esistenti:

 

 

 

 

 

Democrazia ed equilibrio di rilevanze fattuali

 

Le azioni di astensione o promozione di una idea permangono nella memoria collettiva, per questo motivo azioni attuate successivamente, se sono discordanti rispetto alle azioni originarie vengono percepite come originate da un soggetto incoerente. L’incoerenza è un elemento responsabile della svalutazione collettiva del soggetto che esprime idee incoerenti.

Connivenza e mendacio.*

Connivenza : L’essere connivente, tacito consenso o tolleranza di azione scorretta o colpevole.

Mendàcio : Falsità nelle parole, affermazione deliberatamente menzognera finalizzata a celare la verità.

*Visione inerente al tema : Die Welle, 2008, Regia di Dennis Gansel, dal romanzo di Todd Strasser.

È semplicemente l'eterna storia del criminale che non si pente (nelle sue memorie Dostojevskij ricorda che in Siberia, tra tanti assassini, ladri e violenti non ne trovò mai uno solo disposto ad ammettere di avere agito male), del criminale che non può vedere la realtà perché il suo crimine è divenuto una parte di essa? Eppure il caso di Eichmann è diverso da quello del criminale comune. Questo può sentirsi ben protetto, al riparo dalla realtà di un mondo retto, soltanto finché non esce dagli stretti confini della sua banda. Ma ad Eichmann bastava ricordare il passato per sentirsi sicuro di non star mentendo e di non ingannare se stesso, e questo perché lui e il mondo in cui aveva vissuto erano stati, un tempo, in perfetta armonia.

La falsità dello slogan: «lotta fatale» (“der Schicksalskampf des deutschen Volkes”).

Coniato che fosse da Hitler o da Goebbels, quello slogan serviva a convincere la gente che, innanzitutto, la guerra non era guerra; in secondo luogo, che la guerra era venuta dal destino e non dalla Germania.

Tutti gli ufficiali di polizia, non solo quelli della Gestapo, ma anche quelli della polizia criminale e della polizia dell'ordine, ricevettero nuovi titoli - i titoli in uso tra le S.S. - corrispondenti ai gradi che avevano a quella data, fossero o non fossero iscritti al partito: e ciò significa che da un giorno all'altro uno dei più importanti settori dei vecchi servizi civili fu inquadrato nell'organizzazione nazista più estremista e criminosa. Nessuno, a quanto ci consta, protestò o si dimise. (esempio di connivenza)

Il “sadico spirito di competizione” alimenta il consenso nei confronti di atti di delega e diffusione di responsabilità:

“Ciascuno degli uffici centrali delle S.S. era diviso, al tempo della guerra, in sezioni e sottosezioni, (fenomeno critico dell’atomizzazione). Ognuno di questi gruppi costituiva una catena gerarchica diversa, ognuna era pari alle altre e chi apparteneva a un gruppo non doveva obbedienza ai funzionari, anche se superiori, di un altro gruppo. E’ impresa ardua avventurarsi in questo labirinto di istituzioni parallele. (L’assenza di dialogo impediva la comprensione di senso costituente il giudizio critico della realtà.)

Le sezioni e le sottosezioni del meccanismo burocratico nazista si facevano una concorrenza spietata - il che non tornava davvero a vantaggio delle loro vittime, giacché tutti avevano la stessa ambizione: uccidere più ebrei possibile.

Questo spirito competitivo, che naturalmente garantiva ad ogni organismo la fedeltà più assoluta da parte dei suoi membri, è sopravvissuto alla guerra; solo che oggi funziona per così dire all'inverso: ognuno cerca di «scagionare» il più possibile quello che fu il proprio organismo, a spese di tutti gli altri.”

La competizione alimenta il sistema dispotico in quanto promuove la reiterazione delle idee fondanti e caratterizzanti il sistema.

Lo spirito collettivo di competizione induce ciascun individuo ad ambire alla supremazia: Vi è dunque una relazione di reciproca influenza tra volontà di imposizione dell’ego individuale e l’alimentazione del sistema dispotico.

Esempio di riversamento di colpa (caso particolare di diffusione di responsabilità):

Tale circostanza si era già verificata a Norimberga dove i vari imputati avevano offerto uno spettacolo indegno accusandosi l'un l'altro - e guardandosi bene dall'accusare Hitler!

Esempio di riversamento di colpa (caso particolare di diffusione di responsabilità):

Perfino la sentenza, nel valutare le testimonianze a sfavore rese da altri criminali nazisti, tenne conto del fatto che - come si era espresso uno dei testi della difesa - «al tempo dei processi contro i criminali di guerra c'era la tendenza a riversare il più possibile le colpe su coloro che erano assenti o che si credevano morti.»

Definitivo annichilimento della volontà soggiogata dal dispotismo aggressivo del reale contingente :

“Lì per lì io non afferrai bene il significato di quello che aveva detto, data la cura con cui aveva scelto le parole, ma poi capii e non dissi nulla perché non c'era nulla da dire. Infatti io non mi sarei mai immaginato una cosa simile, una soluzione così violenta. Ora persi tutto, tutto il gusto di lavorare, tutta l'iniziativa, tutto l'interesse.”

Eichmann Eichmann spiegò che se riuscì a tacitare la propria coscienza fu soprattutto per la semplicissima ragione che egli non vedeva nessuno, proprio nessuno che fosse contrario alla soluzione finale.

 

                                                                    Il banco di sabbia e lo tsunami

Certo, coloro che avevano opposto resistenza erano stati una minoranza, un'esigua minoranza, ma data la situazione, il miracolo era che questa minoranza esistesse.

(Nel grafico di pagina 3 la minoranza coincide con la curva:

Contributo difforme (Il banco di sabbia) rispetto a molteplici idee consonanti con l’idea originale “IDEA” (tsunami).

 

 

“A Norimberga gli chiesero «Com'è possibile che tutti voi rispettabili generali abbiate seguitato a servire un assassino con tanta fedeltà?» rispose che non toccava a un soldato ergersi a giudice del suo comandante supremo: «Questo tocca alla storia, o a Dio in cielo.»

A trasformarli tutti in criminali non era stato un ordine, ma una legge.”

 

Il fenomeno sociale della delega di responsabilità fu una tra le cause prime dello sterminio degli ebrei.

Il concetto di delega di responsabilità personale ed il pensiero di Hannah Arendt :

“La coscienza o un senso di legalità che è riposto nel profondo della coscienza di ognuno, anche di coloro che non hanno familiarità con i libri di diritto, dev’essere la prima voce testimone della “manifesta illegalità” purché l’occhio non sia cieco e il cuore non sia di pietra e corrotto. “

“Una delle più importanti questioni morali di tutti i tempi :

Il problema della natura e della funzione dei giudizi umani.

In quei processi, dove gli imputati erano persone che avevano commesso crimini “autorizzati” noi abbiamo preteso che gli esseri umani siano capaci di distinguere il bene dal male anche quando per guidare se stessi non hanno altro che il proprio raziocinio, il quale inoltre può essere completamente frastornato dal fatto che tutti coloro che li circondano hanno altre idee. E il problema è tanto più grave, in quanto noi sappiamo che quei pochi che furono abbastanza “arroganti” da confidare soltanto nel proprio raziocinio non erano affatto persone che si attenevano ai vecchi valori. Poiché nel Terzo Reich tutta la società “rispettabile” aveva in un modo o nell’altro ceduto a Hitler, virtualmente erano svanite le massime morali che determinano il comportamento sociale, e assieme ad esse erano svaniti  comandamenti religiosi (“non privare della vita”) che guidano la coscienza.

E quei pochi che sapevano distinguere il bene dal male giudicavano completamente da soli, e lo facevano liberamente; non potevano attenersi a norme e a criteri generali, non essendoci né norme né criteri per fatti che non avevano precedenti. Dovevano decidere di volta in volta.

Quanto l’uomo moderno si preoccupi di questa questione dei giudzi umani, o, come più spesso si dice, della questione di coloro che “osano ergersi a giudici,” l’hanno mostrato le polemiche sorte sul presente libro.

Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, non si tratta né di nihilismo né di cinismo, ma solo di un’enorme confusione in merito alle più elementari questioni morali – quasi che in questo campo ammettere l’esistenza di una moralità istintiva fosse completamente assurdo, nella notra epoca.”

“L’idea che un uomo non ha il diritto di giudicare se non è stato presente e non ha vissuto la vicenda in discussione è condivisa, sebbene sia anche chiaro che in tal caso non sarebbe più possibile né amministrare la giustizia né scrivere un libro di storia. “

“L’ idea che chi giudica deve essersi trovato nelle stesse circostanze e avere sbagliato anche lui può invogliare al perdono, ma quelli che oggi parlano di carità cristiana sembrano avere idee stranamente confuse anche su questo punto. Così la Chiesa evangelica tedesca ha dichiarato nel dopoguerra quanto segue: «Noi affermiamo che dinanzi al Dio di Misericordia siamo corresponsabili del male che il nostro popolo ha fatto agli ebrei, per avere omesso di aiutarli e avere taciuto» (citato da Aurel v. Jüchen in “Summa Iniuria”, antologia di recensioni al dramma di Hochhuth, Rowohlt Verlag, p. 195). A me pare che un cristiano sia colpevole di fronte al “Dio di Misericordia” se ripaga il male col male: in altre parole, le varie Chiese avrebbero peccato contro la misericordia se milioni di ebrei fossero stati uccisi per rappresaglia.

 

 

Ma se le Chiese furono corresponsabili di un crimine puro e semplice, non provocato, come esse stesse riconoscono, allora sono colpevoli di fronte al “Dio di Giustizia”. Il nostro non è un giuoco di parole. La giustizia, ma non la misericordia, è una questione di valutazione, e su nulla l'opinione pubblica di tutto il mondo sembra più d'accordo come sul fatto che nessuno ha il diritto di giudicare “un altro individuo”. L'opinione pubblica mondiale permette che si giudichino e magari si condannino soltanto tendenze, o collettività intere (più vaste sono meglio è), insomma soltanto entità così grandi e generiche da escludere che si possano fare distinzioni, che si possano far nomi. Si usa di solito dire, con aria di superiorità, che è «da superficiali» insistere sui particolari e menzionare individui, e che invece è segno d'intelligenza ragionare in termini generali, badare al quadro generale.”

Esempio di generalizzazione del giudizio (una forma di delega di responsabilità)

L’accusa contro la cristianità, non contro un uomo facilmente identificabile.

L'accusa contro la cristianità in generale, con i suoi duemila anni di storia, non può essere provata, e se lo potesse, sarebbe una cosa orribile. Ma nessuno sembra preoccuparsene; ci si preoccupa soltanto che sotto accusa non sia una sola persona, un “individuo”, e arrivati a questo punto è facile andare un altro passo oltre e dire: «Certo, le colpe sono gravi, ma l'imputato è l'umanità intera.» (Così Robert Weltsch nel libro sopra citato.)

Un altro modo di evadere dal campo dei fatti accertabili e della responsabilità personale consiste nel ricorrere a una delle infinite teorie, basate su ipotesi astratte e non verificabili:

Teorie così generali che ogni avvenimento e ogni azione si può giustificare con esse - tutto ciò che accade, accade perché non c'è altra alternativa, e nessuno può agire in maniera diversa da come agisce.

 

Tra questi schemi che «spiegano» tutto senza spiegare nulla troviamo idee come quella idea di una «colpa collettiva» dei popolo tedesco, derivata da un'interpretazione “ad hoc” della storia tedesca, o quella non meno assurda di una specie d'«innocenza collettiva» del popolo ebraico. Tutti questi “clichés” hanno una cosa in comune: rendono superfluo ogni giudizio e possono essere adoperati senza alcun rischio. Noi possiamo anche capire come mai la gente più direttamente interessata - i tedeschi e gli ebrei - sia riluttante ad esaminare troppo da vicino la condotta di gruppi o individui che sembravano o dovevano non esser toccati dal crollo morale: la condotta delle Chiese cristiane, dei capi ebraici, degli uomini che congiurarono contro Hitler nel luglio 1944; ma questa comprensibile riluttanza non basta a spiegare la generale avversione a giudicare in termini di responsabilità morale individuale.”

 

Influenza sociale e conformismo

Il conformismo è la necessaria conseguenza dell’influenza sociale sovente finalizzata all’ esercizio del controllo sociale ed al mantenimento dello stato di potere (controllo sociale).

Il cambiamento si esprime nella persuasione della mentalità dell’individuo a favore di una logica di gruppo.

 

I concetti compiacenza e condiscendènza

Compiacenza  – Desiderio di soddisfare le richieste altrui, rispetto ostentato delle convenzioni sociali o dell’altrui volontà.

Condiscendènza – L’essere condiscendente, facilità a concedere qualche cosa, a compiacere, o a tollerare le azioni o il comportamento di altri.

L’influenza sociale è distribuita in modo disuguale e viene esercitata secondo una modalità unilaterale. 

 

 

 

Lo scritto “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme”, di Hannah Arendt esemplifica adeguatamente

la dinamica di disquilibrio di rilevanze fattuali (grafico di pagina 3). Tale contingenza sociale è la principale conseguenza della delega di responsabilità di una molteplicità di individui e comporta l’esercizio di potere della maggioranza sulla minoranza :

 

L’esercizio di potere si identifica nella possibilità della maggioranza di indurre la minoranza a mettere in atto dei comportamenti che la maggioranza si attende.

 

Il valore della minoranza (entità priva di potere): Artefice di creatività e di I n n o v a z i o n e

 

“NERO I poveri non buttano mai via niente.

Allora quand'è che si fanno queste innovazioni?

BIANCO Quando uno non ha quello che vuole.

NERO Bravo, di questo passo ti becchi un dieci e lode. E chi è che le fa, le innovazioni? Chi è che non ha quello che vuole?

BIANCO I poveri.

NERO Quanto lo adoro quest'uomo !”

Sunset  Limited,  Cormac  McCarthy

 

L’influenza sociale

 

Per influenza sociale si intende un cambiamento che si verifica nei giudizi, nelle opinioni, negli atteggiamenti di un individuo in seguito all’esposizione ai giudizi, alle opinioni e agli atteggiamenti di altri individui ( fonti d’influenza).

 

 

 

 

L'esperimento di Asch

L'esperimento di Asch è stato un esperimento di psicologia sociale condotto nel 1956 dallo psicologo polacco Solomon Asch. L'esperimento di Asch è un esempio di influenza sociale normativa.

 

L'esperimento di Asch esemplifica le condizioni sociali e personali che inducono l’individuo a resistere o a conformarsi alle pressioni del gruppo, quando tale gruppo esprime un parere contrario all'evidenza percettiva.

Con le sue ricerche ha dimostrato quanto possono essere influenti le influenze sociali persino in presenza di una realtà oggettiva evidente (e non ambigua). 

Asch chiese a gruppi di 8 studenti di stimare la lunghezza di linee rette. Il compito era di indicare quale delle tre linee presentate avesse la stessa lunghezza della linea campione (compito di comparazione di lunghezze). In ogni gruppo c’era solo un vero studente, mentre gli altri 7 erano collaboratori dello sperimentatore. (I complici del ricercatore avevano il compito di fornire giudizi palesemente contrari all’evidenza percettiva. )

Nelle prime prove tutti fornivano una risposta corretta, nelle successive tutti i collaboratori davano una risposta sbagliata e l’ultimo studente si trovava a dare una risposta in cui tutto il gruppo contraddiceva l’evidenza percettiva.

Alla fine della prova alcune persone avevano realmente pensato di essersi sbagliate, altre affermavano che nonostante credessero nelle loro capacità si erano conformate al giudizio scorretto per non essere ridicoli.

Se 6 dei “soggetti critici” mantennero sempre ferma la propria posizione, nell’insieme 25 persone sulle 31 coinvolte si adeguarono almeno una volta alla pressione della maggioranza.

Tutti avevano sperimentato ansia e disagio di fronte a una maggioranza che contraddiceva l’evidenza percettiva.

 

La spinta a rendere conforme il proprio giudizio a quello degli altri è dovuta a un processo di ragionamento e non più di suggestione, è un processo cosciente, determinato dalle informazioni che si hanno sulla realtà, finalizzato a procurare agli individui una visione oggettiva del mondo.

I soggetti hanno bisogno di essere graditi e accettati dagli altri e tendono a conformarsi con opinioni e comportamenti al modo di agire delle persone che stanno a loro intorno.

A differenza dell’influenza informativa la pressione normativa porta a un’acquiescenza pubblica ma non a un conformismo a livello privato. Si dà in pubblico una risposta della maggioranza ma in privato si hanno le proprie idee.

 

Influenza normativa e informativa

L’esperimento di Asch è stato ripetuto da Deutsch e Gerard: la loro ipotesi era che un’influenza sociale di tipo normativo dovesse essere più rilevante che un’influenza sociale di tipo informativo.

I risultati dimostrano la tendenza al conformismo dei soggetti, quando sperimentano il conflitto cognitivo, e il conformismo è maggiore quando il soggetto esprime i suoi giudizi di fronte agli altri (come membro di un gruppo) rispetto a quando è isolato.

 

Se per gli studi di Asch possiamo parlare di un “conformismo a parole”, le ricerche condotte da Milgram (1974) descrivono come la conformità giunga a coinvolgere la condotta.

 

L’esperimento di Milgram (1961)

L'esperimento cominciò tre mesi dopo l'inizio del processo a Gerusalemme contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann. Milgram concepiva l'esperimento come un tentativo di risposta alla domanda: "È possibile che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo degli ordini?"

 

Milgram, Stanley. (1974), Obedience to Authority; An Experimental View. Harpercollins

“Cerchiamo cinquecento residenti di New Haven per aiutarci a completare una ricerca scientifica sulla memoria e sull’apprendimento. Non si richiedono qualifiche, titoli o esperienza nel campo”

Coloro che avevano risposto all’annuncio furono invitati in un laboratorio per compiere azioni che, in modo crescente, contrastavano con la loro coscienza morale. Fino a che punto i soggetti avrebbero obbedito agli ordini?

A due soggetti venivano assegnati i ruoli di insegnante ed allievo per indagare il ruolo delle punizioni sull’apprendimento :

Il ricercatore (V) ordina al soggetto (L - insegnante) di punire con scosse elettriche, che quest'ultimo crede siano dolorose, un altro soggetto (S - allievo), che in realtà è un attore e complice. Molti soggetti hanno continuato a dare scosse elettriche nonostante le suppliche di misericordia da parte degli attori.

Pur manifestando tensione e protestando energicamente, i soggetti sperimentali hanno continuato, in percentuale considerevole, a punire l’allievo.

Lo sperimentatore aveva il compito, durante la prova, di esortare in modo pressante l'insegnante: "l'esperimento richiede che lei continui", "è assolutamente indispensabile che lei continui", "non ha altra scelta, deve proseguire". Il grado di obbedienza fu misurato in base al numero dell'ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima che quest'ultimo interrompesse autonomamente la prova oppure, nel caso il soggetto avesse deciso di continuare fino alla fine, al trentesimo interruttore. Soltanto al termine dell'esperimento i soggetti vennero informati che la vittima non aveva subito alcun tipo di scossa.

Milgram spiegò questo risultato con il concetto di “stato eteronomico”:

 

Il concetto di eteronomia:

Nell’etica, la condizione in cui un soggetto agente riceve da fuori di sé la norma della propria azione. Il termine è usato in contrapposizione ad autonomia.

Una persona inserita in un sistema autoritario passa da uno stato autonomo a uno stato in cui non si sente più libera di agire, poiché deve soddisfare le esigenze di altri.

La radice dei comportamenti di obbedienza è collocata, da Milgram, al di fuori del contesto sperimentale, nei processi di socializzazione.

Alla creazione del suddetto stato eteronomico concorrono tre fattori:

-           Percezione di legittimità dell'autorità

-           Adesione al sistema di autorità (l'educazione all'obbedienza fa parte dei processi di socializzazione)

-           Le pressioni sociali (disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure rompere l'accordo fatto con lui).

 

La visione secondo cui i membri di un gruppo tenderebbero “sempre” a conformarsi alla visione della maggioranza è stata messa in discussione in modo particolare da Serge Moscovici (1976).

 

 

L’influenza delle minoranze:  Le minoranze attive

 

I membri di un gruppo non sono solo bersaglio di influenza, ma, indipendentemente dal loro status e potere, sono artefici di influenza e quindi in grado di incidere sulla collettività di appartenenza.

Al contrario di una maggioranza, una minoranza non dispone di un numero considerevole di sostenitori e nemmeno          di status e di autorevolezza riconosciuti.

Allora, che cosa le permette di esercitare influenza?

 

Secondo Moscovici (1976) il nocciolo del problema va ricercato nello stile di comportamento:

“Una minoranza deve enunciare una posizione ben definita sul problema in questione e rimanervi saldamente fedele opponendosi per tutto il tempo alle pressioni esercitate dalla maggioranza”

 

Lo “stile di comportamento” deve essere basato su:

Conservazione della posizione nel tempo  (costante, coinvolta, coerente)

Conservazione dell’accordo tra i membri (costante, compatta, autonoma)

 

Il caso Genovese

Sono le tre del mattino del 13 marzo 1964 quando la ventottenne Kitty Genovese sta tornando, verso casa a Kew Gardens, nel Queens, un tranquillo quartiere residenziale di New York. Viene notata da un uomo, Winston Moseley, che la insegue e la aggredisce colpendola più volte con un coltello. La ragazza grida e chiede aiuto. Si ode una voce dai palazzi che intima all’aggressore di lasciare in pace Kitty. Moseley si allontana, ma dopo poco torna sul luogo dell’aggressione. Kitty, gravemente ferita, si è trascinata nel frattempo fin sul retro del suo palazzo. Moseley la trova e la colpisce ancora ripetutamente, lasciandola in fin di vita. È passata più di mezz’ora dalla prima aggressione. Un vicino chiama finalmente la polizia, ma la ragazza muore durante il viaggio in ambulanza verso l’ospedale.

 

 

 

 

 

 

 

Il caso si guadagna solo qualche riga sulla cronaca dei quotidiani. Ma due settimane dopo un’inchiesta del New York Times firmata da Martin Gansberg scatena un moto di sconcerto e indignazione in tutto il paese: un’intera comunità, quella dei palazzi intorno all’abitazione di Kitty Genovese, finisce sotto accusa. Almeno 38 persone, nella ricostruzione fatta dal giornalista dell’autorevole quotidiano newyorkese, avrebbero assistito dalle loro finestre alla violenza e alle grida disperate di aiuto della vittima, senza intervenire o chiamare la polizia. Il caso Genovese diventa subito la metafora dei mali della civiltà urbana contemporanea, che genera indifferenza e un apatico distacco rispetto alle sorti degli altri.

L’effetto spettatore (bystander effect)

La vicenda di Kitty Genovese diventa ben presto materia di studio per gli psicologi, che cercano di spiegare il comportamento delle persone che assistettero all’omicidio. Gli psicologi statunitensi John Darley e Bibb Latané conducono negli anni successivi una serie di esperimenti per verificare le reazioni delle persone in condizioni di emergenza. Si verificano reazioni apatiche, di assenza di intervento, dettate dalla presenza di altre persone sulla scena: ciascuno nota che gli altri non intervengono, e si convince che non ve ne sia la necessità. I due psicologi coniano il termine “effetto spettatore” (bystander effect) per descrivere questo tipo di reazioni, e introducono concetti come l’ignoranza pluralistica e la diffusione di  responsabilità.

Esempio di bystander effect :

In classe, un gruppo di studenti espone un compito. Il professore chiede alla platea di studenti di criticare in modo costruttivo il lavoro dei compagni o di esporre parole di lode. Ciascun singolo studente tace.

Ciascun singolo delega la propria responsabilità al prossimo pensando:

“Certamente qualcuno farà qualcosa, dirà qualcosa.”

In fine nessuno pronunciò parola alcuna.

II

 

Delega di responsabilità relazionale

 

Lettura consigliata: Creatività complessa e intuitiva

 

Sensibilizzazione e responsabilizzazione relazionale

 

“I miei nemici mi augurano del male, dicendo:

Quando morrà? e quando perirà il suo nome?

E se un di loro viene a vedermi, dice il falso:

Il suo cuore intanto cova iniquità; appena uscito, egli maledice.

Tutti quelli che m’odiano bisbiglian fra loro contro a me; contro a me macchinano del male.

Un male incurabile, essi dicono, gli s’è attaccato addosso; ed ora che giace, non si rileverà mai più. Perfino l’uomo col quale vivevo in pace, nel quale confidavo, che mangiava il mio pane, alza il suo piede contro a me.

Ma tu, o Eterno, abbi pietà di me e rialzami.

Quanto a me, tu mi sostieni nella mia integrità e mi stabilisci nel tuo cospetto in perpetuo.”

Salmo 41

Reduce da un sistematico e definitivo abbandono, non avendo alcuna possibilità di sostegno umano si vuole ora delegare alla fede del fratello la quotidiana resilienza alla vita, consapevole del fatto che essa è un’esistenza segnata dalla perfetta solitudine e divenuta corrotta dalle maldicenze che imperversano sul suo nome? E se la sua fede fosse labile?.

“La religione è per i vivi. Ecco perché siamo responsabili dei nostri fratelli. Perché quando smettono di respirare, non li possiamo più aiutare. Da quel momento in poi, sono nelle mani di qualcun altro. Quindi bisogna che gli stiamo dietro adesso.”

Sunset Limited, Cormac Mccarthy

Le implicazioni sociali contemporanee della delega di responsabilità personale

 

Argomento concernente l’ipotesi della relazione esistente tra il fenomeno di delega di responsabilità personale relazionale ed il fenomeno critico dell’atomizzazione sociale.

 

Una relazione è per definizione reciproca, ovvero essa per esistere necessita del contributo di entrambi i singoli.  È ovvio che il dono e non la delega alimenta la relazione.

 

La delega di responsabilità relazionale può implicare la predisposizione a gravare d’un pregiudizio (La cui veridicità sovente non viene appurata) il prossimo. Tale pregiudizio avrebbe come sostegno la concezione ipotetica secondo cui il prossimo sarebbe (con valore temporalmente illimitato) autonomo e resiliente nel senso perentorio (che non ammette eccezioni) dei termini.

 

Il concetto di autonomia :

autonomìa: In senso ampio, capacità e facoltà di governarsi e reggersi da sé.

Con il termine autonomia (dal greco antico "legge propria") si intende la possibilità di svolgere le proprie funzioni senza ausilio da parte di altre persone.

Un individuo è dotato di autonomia se le relazioni e interazioni che lo definiscono nel suo complesso sono determinate solamente da lui stesso.

La concezione “perentoria” dell’autonomia e della resilienza individuale

 

 

 

 

Il concetto di resilienza :

In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà.

La concezione “perentoria” dell’autonomia e della resilienza individuale favorisce dinamiche sociali egoistiche (abilitanti il fenomeno dell’atomizzazione sociale ed il fenomeno dell’abbandono) e determina l’univocità della relazione compromettendone l’origine e l’integrità.

 

Lo scritto di cui si consiglia la lettura dimostra con argomenti logici la tesi secondo cui l’atomizzazione sociale sia, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

Si vuole sostenere che il pregiudizio di “perentoria” autonomia e di “perentoria” resilienza individuale attribuito al prossimo (in assenza di accertamento) sia fonte d’iniquità:

 

Per il dilagante dell'iniquità, si raffredderà l'amore di molti. (Mt 24,12)

 

“C’è un lato oscuro di tutta questa interconnessione della contemporanea società “social – mediale”. Invece di avvicinarci, potrebbe avere l’effetto opposto, facendoci disconnettere maggiormente da noi stessi, dagli altri e dal mondo intorno a noi.”

Hrund Gunnsteinsdottir

 

La delega di responsabilità prescrive l’indisponibilità del singolo a ridefinire il giudizio nei confronti del prossimo, tale delega rischia di tradursi in un preconcetto ed una mera ratifica della natura dell’Altro, l’io si nega a priori la possibilità di approfondire la relazione con L’Altro (assenza di iniziativa) escludendo così la possibilità di un approfondimento esperienziale e critico tra l’io e l’Altro compromettendo la biunivocità e la reciprocità della relazione.

 

La ridefinizione del giudizio implica la ridefinizione e la tempra della relazione

 

“Sostenere che l’identità non c’è ancora, non equivale a dire che è impossibile definirla concettualmente nella sua concretezza storica, ma che la cifra essenziale dell’ identità risiede nella sua processualità storica. L’identificazione  formale e concettuale, nel momento in cui circoscrive e delimita un oggetto deve anche creare le condizioni per cui diventi altro rispetto a ciò che è. Si potrebbe sostenere che la teoria Adorniana dell’identificazione sia tutt’uno con una teoria del Nuovo, ovvero con una teoria della creatività, ovvero una teoria delle condizioni di possibilità dell’insorgere del Nuovo e del Non Ancora.

Nei processi costitutivi dell’individualità, l’istanza di ridefinizione si traduce nella negazione di tutte quelle pratiche di identificazione che, nello stabilire ciò che il soggetto è in un dato momento, pongono vincoli e limiti a ciò ce il soggetto potrà diventare.

Il Nuovo, ovvero il semplice mutamento di una situazione attuale è necessario ma non sufficiente:  Cosa altrettanto fondamentale è che la Novità diventi trasformazione, sia cioè anche argomentabile. Il Nuovo, per esser veramente tale deve poter essere valutato e considerato più giusto rispetto a ciò che lo ha preceduto. “

Theodor Adorno

 

 

Meraviglia, curiosità e la sorpresa d’un dono (non di una richiesta) di amicizia:

 (La curiosità, implica la domanda, ovvero la disponibilità del singolo ad accogliere la risposta del prossimo e dunque a ridefinirne il giudizio.)

 

agàpe (in latino caritas), fraternità, accoglienza, affabilità, affetto, carità, amore di protezione, cura, benevolenza.

Amerai il prossimo tuo come te stesso

 

Tommaso d'Aquino:

"volere il bene di un altro" (Summa I-II, 26, 4), il cristòlogo identifica Dono, gratuità e fedeltà.

Il dono, la gratuità e la fedeltà sono valori fondanti “il Nuovo” secondo la concezione adorniana.

 

L'umanità di una persona si esprime nella misura in cui essa dona a coloro che non possono o non vogliono donare :

 

“C'è da dire che l'introversione non equivale alla timidezza : La timidezza è la paura della disapprovazione sociale od Umiliazione, mentre l'introversione è la naturale autoreferenziale emarginazione da ambienti ‘inabilitanti’.“

Susan Cain.

L'umanità di una persona concorrendo a sanare contesti di disapprovazione sociale, umiliazione, introversione, noia; stimolando la relazione interpersonale.

 

“Siamo angeli con un'alta soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati.”

Luciano De Crescenzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La delega d’iniziativa

Non hai idea di cosa significhi l’esser abbandonati!                                    

{Principio di delega di responsabilità: Indisponibilità del singolo a ridefinire i termini della relazione che implica carenza di dono e univocità della relazione.}

 

Significa abbandonare coloro che han abbandonato.    

Sei artefice di ciò che stai soffrendo.

{Negazione del principio di delega di responsabilità. Consiglio alla disponibilità a cogliere l’iniziativa al fine di ridefinire la relazione.}

Michele Mari scrisse:          

                                                          “Fedeli al duro accordo

                                                           non ci cerchiamo più.

 

                                                           Così i bambini giocano

                                                           a non ridere per primi

                                                           guardandosi negli occhi.

                                                           E alcuni sono così bravi

                                                           che diventano tristi

                                                           per la vita intera. ”

 

Gudizio critico relativo alle proposizioni :

“If i do not change myself nothing changes.”

“Ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione.”

Newton

La teoria sociale dello “specchio” presuppone che il contributo (inteso come valore aggiunto) all’ azione di un singolo nei confronti di un fratello sia irrisorio o nei casi estremi, nullo. Se ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione in una relazione si esclude categoricamente la creatività e la nuova conoscenza (La percezione della differenza è garante della conoscenza), il dono e la sorpresa.

(Ricordiamo che il dono, la gratuità, la sorpresa sono valori fondanti “il Nuovo” secondo la concezione adorniana che alimenta la fiamma della relazione).

 

La sorpresa può aver luogo solo in un contesto sociale in cui un singolo dona ad un suo fratello in assenza della sua iniziativa:

Il principio etico “Ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione”, illuminato del lume della sorpresa diverrebbe diverso:

A : Uomo o donna di età indefinita (dinamica di relazione duale), o una molteplicità di persone (dinamica di relazione plurale)

B : Uomo o donna di età indefinita (dinamica di relazione duale), o una molteplicità di persone (dinamica di relazione plurale)

A è in silenzio, B non conosce il motivo per cui A è in silenzio, il motivo per cui A dimostra di non essere disposto a cercare B . B ne è curioso e, decidendo di non restare parimenti in silenzio,  B coglie l’iniziativa per donare ad A (Il suo tempo, il suo ascolto, la sua parola . . . ).

A non ha mai dimostrato a priori di chiedere l’iniziativa a B : A è sorpreso, felice accoglie affabilmente B. B riconosce in A qualità che non avrebbe potuto conoscere se fosse rimasto in silenzio.

 

Si attrbuisce a B il ruolo di protagonista della vicenda ché B dimostra d’andare oltre il principio etico ostacolante la relazione : Ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione.

 

“BIANCO Non significa nulla. Capita di incontrare delle persone e capita che qualcuna di queste sia nei guai per un motivo o per l'altro, ma non significa che dobbiamo assumercene la responsabilità.

NERO Mm hm.”

S u n s e t  L i m i t e d, C o r m a c    M c C a r t h y

 

 

Il principio di equilibrio relazionale

 

Vi sono situazioni in cui un singolo dimostra di delegare l’iniziativa relazionale (A). Il secondo in questo caso dovrebbe comprendere quanto possa essere importante e decisivo il suo comportamento in tale periodo della relazione.

 

Il principio etico precedentemente esemplificato, se si reitera nel tempo e se si varia qualitativamente e quantitativamente lo “spirito” d’iniziativa e di dono contribuisce positivamente all’origine ed alla tempra della relazione.

Si vuole rifuggire la teoria sociale dello “specchio” in una relazione ché determina l’affievolirsi non il ravvivarsi della relazione umana “esaltando” la noia e la monotonia come principi etici e privilegiando azioni egoistiche, volte a mettere alla prova, pretendere; non altruistiche, volte a donare.

 

“Non vuole sostenere che si sarebbero potuti voler bene di più.

 

Un amore disinteressato:

Le domande che torturano le coppie umane: Mi ama? Ha mai amato qualcuna più di me? mi ama più di quanto lo ami io? Forse tutte queste domande rivolte all’amore, che lo misurano, lo indagano, lo esaminano, lo sottopongono a interrogatorio, riescono anche a distruggerlo sul nascere. Forse non siamo capaci di amare proprio perché desideriamo essere amati, vale a dire vogliamo qualcosa (l’amore) dall’altro invece di avvicinarci a lui senza pretese e volere solo la sua semplice presenza.

Accettare il prossimo così com’è, non voler cambiarlo a propria immagine e somiglianza, accettare in partenza il suo universo, non sottrarglielo. Vegliare ma solo per insegnare una lingua elementare che avrebbe permesso di capirsi e di vivere insieme.

 

Un amore volontario, libero d’ogni obbligo, libero dall’“Es muss sein!” “

L ‘ insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

"Quei giorni, i giorni di una domanda mai pronunciata, i giorni di una domanda inascoltata.

Io sto andando, non restare indifferente, di' qualche cosa affinché ciò non accada !

 

Non udii alcuna voce, raggelai e soffrii ma rimasi in silenzio.

 

Mi volsi, Iniziai a camminare e mi allontanai, mi arresi alla delusione e alla noia che mi spinse al rifiuto della realtà. “

L ’eredità d’un diario, il diario ed il bambino dagli occhi color liquirizia , Michele Vitti            

 

“La silenziosa noia, il dubbio e la sfiducia che il bambino riponeva nella persona spensero la sua curiosità.”

 

“La curiosità sarà la lanterna del cielo che cingerà d'un'aura luminosa te che hai illuminato la mia noia.

E la curiosità sarà la tua unicità.

Ora vai donando. Ora vai illuminando della tua aura coloro che hanno rinunciato a camminare. ”

Anime, Michele Vitti       

 

“Coloro che hanno imparato a stare soli, nell'incontro con un'altra persona, cercano una autentica relazione interpersonale alimentata dall'altruismo inteso come creatività e reciproco dono.  Essi, nell'incontro con l'altra persona, diffidano di relazioni di circostanza ed utilitaristiche in cui l'assenza di dono reciproco si traduce in stasi della creatività e della curiosità, in reciproca svalutazione. In noia o danno.”

 

“L’accademismo, il quale è il principale nemico della filosofia e dunque della felicità : l’affetto a partire dal quale riconoscere infallibilmente il discorso accademico è infatti la noia. E sono loro, i grandi scrittori, a insegnarci che tutto ciò che possiede un vero valore si ottiene non attraverso il sentiero degli usi ordinari e l’assunzione delle idee dominanti, bensì attraverso l’effetto, esistenzialmente provato, di una rottura con il corso del mondo.”

metaphysique du bonheur réel, Alain Badiou

 

Lettura inerente : Alberto Moravia. La noia.

 

“Correvano insieme per le strade, sviscerando le cose in quel modo di allora che poi diventò tanto più triste e acuto e vuoto.

E io li inseguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno “Oooooh!”.”

Jack Kerouac, Sulla Strada

 

Ignoranza etica : Il fenomeno della spietatezza relazionale e della labilità relazionale.

 

La reciproca indisponibilità alla ridefinizione la relazione implica labilità relazionale ed infine spietatezza relazionale determinante il termine della relazione stessa. La contemporanea iniquità segna indissolubilmente l’intemperante disponibilità a porre il punto alle relazioni senza alcuna pietà nei confronti del prossimo.

Il dono, la sorpresa, la curiosità e la fiducia sono gli strumenti dell'approfondimento della reciproca conoscenza.

 

L’assenza di approfondimento implica superficialità (una delle cause prime della labilità relazionale e della stasi relazionale.)

Talvolta si può avere la percezione che il dialogo con il prossimo sia vano; che non serva ad instaurare alcuna relazione se non di circostanza.

Ogni volta che la vita decide di colpirti lo fa con durezza, non fa sconti a nessuno.  L'uomo non vive da solo in questo mondo,  ciò è motivo di grande gioia, ma anche di enormi responsabilità. Il nostro dovere non è agire egoisticamente ma piuttosto condividere le esigenze e gli obiettivi degli altri. Impara l'umiltà. Quando reputi che una cosa sia giusta,  sii determinata al punto di lottare,  addirittura morire per essa.  Non dispiacerti per me. Ho avuto una vita meravigliosa. Accetto umilmente la mia punizione.  Ho la coscienza pulita. Credo o meglio prego di riuscire a superare il giudizio della corte suprema. Quella di Dio.  Corri sui prati,  sui campi,  nei boschi,  là,  nel profumo dei boccioli in fiore,  troverai una parte di me.

Milada

 

Poesia Nihil:

Il foglio bianco, simbolo del non-sense del nihil, si pone come primo ineluttabile ostacolo alla creativa realizzazione di un'opera creativa (nel caso specifico, la realtà relazionale) e come radice d'infinite possibilità.

Il coraggio e la forza di volontà sono le fonti dello spirito d'iniziativa che, scegliendo di oltrepassare l'ostacolo di una realtà ancora incerta, nebulosa, sfuggente (la bianca tela) ; traduce in fatto creativo l'identità dei singoli che compartecipano alla relazione.

 

 

 

 

 

“You do not belong to you. You belong to te universe. Your significance will remain forever obscure to you, but you may assume that you are fulfilling your role if you apply yourself to converting your experiences to the highest advantage of others. 

Richard Buckminster Fuller

 

the art of being fragile

Alessandro D'Avenia

 

 

Altresì siamo le storie che ricordiamo.

Le storie che attraversano il tempo e lo spazio sono le storie che ci definiscono. Questa storia comincia in mare; è un mare mosso, c’è una nave che lo sta solcando, i marinai remano a fatica, sanno che il mare è morte. Perché nell’Odissea il mare è morte, è attraversamento dell’ignoto e definizione del mondo e di sé stessi. Legato all’albero di questa nave c’è l’eroe che tutti conosciamo. Ulisse. A un certo punto, improvvisamente, in questo mare mosso, si fa calma piatta; la paura coglie qualsiasi marinaio che sa che se non vi è un filo di vento, approdare al porto diventa difficile. E in questo silenzio quasi mistico, si sente un sussurro, sono voci di donne dolcissime. E promettono di raccontare ai marinai di questa barca, che cosa succede sulla terra e in particolare, che cosa è successo durante la guerra di Troia. Le sirene seducono Ulisse con un’inconsueta tentazione : Le sirene tentano colui che ritorna dalla terra di Troia promettendo di raccontare ciò che Ulisse ha già vissuto.

Ma perché Ulisse vuole ascoltare esattamente questo canto che riguarda la storia da cui lui sta venendo?

Per sapere se quella storia è entrata nella storia.

 

 

 

 

Nel mondo greco entrare nel racconto epico significa avere finalmente una identità. Ogni cultura si struttura attorno a questa colonna etica: Affinché il nostro nome non cada nel nulla, come agire? La nascita è un accadere che non abbiamo scelto e la nostra più grande paura è che ritorneremo nel nulla da cui siamo venuti. Ulisse vuole sapere se il suo nome è finalmente entrato nella storia e questa consapevolezza vale la pena d’ una tentazione d’una sirena. Ma quando la nave affianca l’isola delle sirene quello che c’è attorno agli scogli sono solo ossa di uomini. Tutti noi abbiamo questo stesso problema. La mattina ci alziamo e cerchiamo, una ragione, una prestazione, attraverso la quale, finalmente, possiamo essere qualcuno. E questo genera in noi la paura di vivere, la stanchezza di vivere, come la chiama un filosofo, perché abbiamo frammentato il nostro io in molteplici prestazioni; le nostre identità somigliano a matrioske : abbiamo tanti strati con cui cerchiamo di definire la nostra identità, ma il nucleo profondo si è perduto; io possiedo questo lavoro, io possiedo . . .  E cerchiamo di costruire sulla periferia del nostro io molteplici effigi, identità sovra - strutturate, in modo che il nostro essere non cada nel nulla, ma il nucleo profondo, fondamentalmente, il nostro essere originariamente ed originalmente unico non viene in tal modo riscoperto, bensì nuovamente velato.

Le molteplici identità sovra-strutturate orientano la consapevolezza di sé a tal punto che si giudicano, erroneamente, le labili, transitorie e caduche identità sovra - strutture coincidenti con lo stabile e perpetuo nucleo fondamento dell’ io, l’essere.

Approfondimento del significato del termine: erroneamente:

Il giudizio: “Le labili, transitorie e caduche identità sovra - strutture coincidono con lo stabile e perpetuo nucleo, fondamento dell’ io, l’essere”, è secondo logica non corretto:

I concetti di labilità e transitorietà sono i contrari logici dei concetti di stabilità e perpetuità; i contrari logici non possono essere entità coincidenti.

Questo giudizio, logicamente erroneo, nel caso in cui sia stimato degno di valore e considerazione implica il sacrificio dell’autentica identità, dell’essere, il cader nel nulla del nome in favore delle decidue proprietà, le molteplici identità sovra – strutturate; implica il sacrificio del tempo in favore dello spazio.

Il tempo è superiore allo spazio. Evangelii Gaudium.

Avere o Essere. Erich Fromm.

I figli non somigliano a ciascuno dei genitori preso singolarmente, somigliano alla relazione che c’è fra voi. Perché l’unico modo che ha l’uomo di nascere e di rinascere sempre è essere generato. Solo quando esiste una relazione, esiste un principio che fa nascere nuovo quel nucleo di essere che ci consente quella permanenza nell’esistenza che non dipende da cose che continuamente ci sfuggono. E finalmente potremmo tirare un sospiro di sollievo.

Per questo è importante l’appello al mattino. Io credo che la più grande rivoluzione nella scuola contemporanea dipenda da come facciamo l’appello. L’atto di nominare assume il significato del riconoscimento di un’identità; tale riconoscimento implica che l’identità nominata non cada in oblio, in amnesia, il nulla.

La natura per gli animali provvede al fatto che tirino fuori corazze, artigli, zanne, per potere sopravvivere nell’ambiente in cui il cucciolo di animale deve arrangiarcisi. Perché, invece, il cucciolo d’uomo impiega così tanto tempo ad arrangiarsi. Perché il cucciolo di uomo è

contro - evolutivo. Mantiene la sua fragilità, perché la fragilità obbliga gli altri uomini alla cura. Questo ci differenzia dagli animali. I nostri artigli, le nostre corazze, le nostre zanne risiedono nel cuore e nella mente.

 

 

 

 

 

La relazione

 

La relazione è dare all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno. Quando bevete un bicchiere d’acqua vi dissetate, siete entrati in contatto con una relazione: H2o. Due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è una relazione, ciascuno da all’altro ciò che l’altro ha bisogno. Ed è solo la relazione che genera e rigenera una persona. In un’epoca in cui ci illudiamo di poter guadagnare il tempo e lottiamo per guadagnare il tempo. Questa è una espressione assurda, come se noi non fossimo parte del tempo. Noi non abbiamo a disposizione del tempo, noi siamo a disposizione del tempo. L’unica maniera di guadagnare tempo è crescere, e l’unica maniera di crescere è nascere sempre nuovi. Allora io mi sono divertito a ridefinire le età della vita, nell’ “Arte di essere fragili”, a partire proprio da questo elemento, è invalso ormai questa idea, che le tappe della vita siano su una linea retta, c’è un inizio e poi, per un principio quasi inerziale, arriveremo ai titoli di coda. Allora lottiamo per conquistare quella permanenza, per sapere se siamo entrati nel grande racconto. E se ci fosse un’altra soluzione? Se potessimo veramente essere felici senza doverlo dimostrare a nessuno? Non sarà che l’essere vivente vive nella misura in cui è generato e rigenerato. Allora, generare i figli, generare una persona non avviene una volta per tutte. Avviene ogni santo giorno in cui qualcuno decide di mettere di nuovo al mondo quella persona. Soltanto così guadagniamo tempo e facciamo guadagnare tempo agli altri. Perché non smettiamo di crescere e di farli crescere. La vita non somiglia ad una linea retta, somiglia ad una spirale. Tutte le volte che noi siamo vicini al centro che genera questo nucleo di novità che ciascuno di noi è, perché nascere è essere un inedito al mondo: Nessuno di noi ha le impronte digitali uguali, nessuno di noi ha l’iride degli occhi uguale.

Guardiamo, in media, lo screen duecento volte al giorno. Immaginate di guardare duecento volte al giorno vostro figlio o vostra figlia.

Colui o colei è importante, non c’è stato mai niente come te sulla faccia della terra; è esattamente ciò che noi cerchiamo da tali oggetti, che sia riconosciuto che noi siamo unici. Ma non c’è un altro modo di saperlo? Sì, ma è faticoso.

La vita è una spirale:

Più siamo vicini a questo centro, mentre avanza, più la nostra vita vive e si amplia.

Più ci allontaniamo, più la nostra vita si disgrega.

Qual è il modo in cui le tappe della vita si realizzano? Le tappe della vita non hanno alcuna relazione con l’immagine della linea retta.

 

 

Cosa dell’adolescenza dobbiamo mantenere per tutta la vita?

Cosa della maturità dobbiamo mantenere per tutta la vita?

 

Ho ridefinito la vita in questo modo :

L’adolescenza come arte di sperare.

La maturità come arte di morire.

La terza età, o riparazione, come arte di essere fragili.

E l’ultima, morire, o arte di rinascere.

 

Nell’adolescenza, quello che accade, perché è l’arte di sperare?

Perché per la prima volta emerge il copione inedito che ciascuno di questi ragazzi è venuto a raccontare.

E non c’è più la facile soluzione dettata dal piacere o dall’obbligo che è tipica del bambino che tutto ciò che vuole lo ottiene con il pianto. L’inedito finalmente viene alla luce ed è il motivo per cui un ragazzo o una ragazza sente per la prima volta che la libertà è nelle sue mani ed è pronto a rompere qualsiasi muro purché quell’inedito si realizzi; è pronta a rompere qualsiasi muro purché quell’inedito si realizzi. Ed è questo che rende un giovane protagonista della sua vita.

Protagonista è una parola bellissima, antica, che indica colui che combatte in prima fila, colui che combatte per primo. Ma nessuno combatte se non ha un motivo per cui combattere.

E l’adolescenza è il momento in cui quell’ardore, che si compie nella vocazione, nella passione; finalmente entra nell’esistenza attraverso la relazione con il mondo noi capiamo che cosa siamo venuti a portare.

Ricordo quando il mio insegnante di lettere mi chiamò a tu per tu e mi disse :

Questo è il mio libro di poesie preferito, te lo presto. Fra due settimane me lo restituisci.

Io quel giorno sono diventato insegnante.

Perché quell’insegnante mi confidava il suo segreto, vedeva in me ciò che io davanti allo specchio non potevo vedere.

Ciò è dunque l’appello : Il fatto che nel mio sguardo quando nomino quel nome, loro devono vedere che io intuisco amorevolmente già la storia che si compirà. Non la conosco, ma sono consapevole che il mio credo ha come argomenti di fede, professore vuol dire professare, i nomi di quei ragazzi. Per questo i nomi e l’atto di nominare sono importanti, quanto la lezione stessa.

Saturi di questo ardore, di questo slancio vocazionale, pensiamo che il mondo ci stia aspettando e la maturità è l’arte di morire perché una dopo l’altra invece accadrà che verranno smontate tutte le cose che pensiamo di dover portare in questo mondo e che nessuno, ci sta aspettando.

Poiché ci siamo svincolati dal principio di piacere del bambino, sappiamo e impariamo che quel fuoco si nutre degli ostacoli che incontra :

Immaginate Michelangelo che di fronte a un bocco di marmo osasse pensare : Che noia questo marmo di carrara, è così duro e resistente.

Invece è proprio la medesima resistenza di Michelangelo che ci consegna i capolavori dello scultore.

Si comprende che questo libera un adolescente da quella pretesa, quel delirio narcisistico che affievolisce la curiosità, di non esplorare il mondo perché si ritiene che non vi sia nulla da esplorare. Ma di usare il mondo semplicemente per una propria conferma. Esplora il mondo solo chi ha trovato una ragione per morire al mondo: allora la maturità è arte di morire, senza perdere quell’ ardore dell’adolescenza. La riparazione o arte di essere fragili dipende solamente dalla qualità delle relazioni che noi abbiamo con il mondo e con gli altri.

Scrivere ti amo a una persona ormai è diventato troppo semplice :

Ormai, troppo spesso, la celere scrittura di brevi, monotoni, aforismi, sovente non autografi, ha sostituito il sentimento che solo la parola e la melodia della voce può avverare.

 

Provate a scrivere al posto di ti amo:

 

“Tu non devi morire ed io mi impegnerò affinché questo non accada.”

Lo ripeto:

“Tu non devi morire ed io mi impegnerò affinché questo non accada.”

 

Amare una persona è farsi custode del suo destino come quell’insegnante che mi prestò il libro quel giorno. Perché quella mattina quell’insegnante non stava pensando all’ennesima giornata di scuola noiosa da affrontare e a degli alunni da sopportare. Nella sua biblioteca colse il libro che poteva servire al suo alunno. Perché la relazione sicura è quando si dà all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno. E ci si prende cura del mondo così solo quando si ha qualche cosa da portare nel mondo. Se io oggi sono un insegnante felice, è perché a diciassette anni un uomo mi ha donato la lettura di poesie del suo libro preferito.

Sembra che io stia raccontando l’acqua, la cosa più semplice.

Ma l’ acqua è una relazione :

H2o.

Due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è una relazione, ciascuno da all’altro ciò che l’altro ha bisogno.

 

Potremmo dunque permetterci di entrare nella fase finale della vita. In realtà non è quella finale, morire o arte di rinascere; è proprio questo, quando una persona sa quale sia l’inedito che è venuto a scrivere su questa terra. La lotta che fa ogni giorno, per realizzarlo negli altri prima che in sé stesso, è ciò che gli garantisce di aver fatto qualcosa di bello al mondo, che sia conosciuta o no dagli altri non importa.

 

Allora tutte le volte che faccio l’appello, quello che dovrei fare di fronte a quei venti volti, che sono proprio il mondo che mi viene affidato.

 

La prima volta che Ulisse entra in scena nell’Odissea, sta piangendo, perché gli eroi veri, hanno le lacrime.

E perché sta piangendo?

Perché ha nostalgia di Itaca, di sua moglie, di suo figlio, di suo padre.

 

Calipso, la Dea, immortale e bellissima, se ne stupisce e gli chiede:

“ Perché piangi? Perché sei fragile ? Perché sei mortale ? “

Ulisse risponde : “Perché casa mia è oltre questo mare. ”

Calipso disse dunque :

“Rimani con me, io ti renderò immortale; inoltre, io sono molto più bella di Penelope. ”

Gentile Calipso, queste Dee che non sanno cos’è la morte e non sanno nemmeno cosa sia amare.

Ulisse rispose :

“è vero, tu sei più bella di Penelope, ma lei è mia moglie, è lei che ho scelto.”

E per questo, Ulisse sceglie la mortalità, sceglie la fragilità, sceglie un’isola piccola e abbastanza inospitale perché lì lo aspettano il figlio, il padre e la moglie. E per questo lo ricorderemo nei secoli dei secoli.

Perché ciò che definisce la nostra vita è ciò che noi sappiamo amare.

Ricordo i versi di un poeta, che ha voluto che sulla sua tomba ci fosse scritto quello che aveva vergato nei versi della sua ultima poesia.

 

-           Hai avuto quello che volevi dalla vita nonostante tutto?

-           Sì.

-           E che cosa volevi?

-                                             Volevo potermi dire amato, volevo sentirmi amato sulla terra.

Ciò che sappiamo amare, è ciò che non ci sarà strappato.

Ciò che sappiamo amare, è la nostra eredità.

Il resto è scoria.

Ciò che sappiamo amare è, la nostra storia.

 

 

Alessandro D'Avenia

 

 

 

C h i e d i t i   c h e   c o s a   p u o i   f a r e .

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia :

La banalità del male, Eichmann in Jerusalem, Hannah Arendt, Feltrinelli,  Milano 1964.

Sunset Limited, Cormac Mccarthy, Einaudi

La Bibbia di Gerusalemme, EDB (edizioni Dehoniane Bologna) Salmo 41, Preghiera del malato abbandonato.

L ‘ insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

colourfulshare, mosaico di opere artistiche e letterarie, Michele Vitti

Metaphysique du bonheur réel, Alain Badiou

Jack Kerouac, Sulla Strada, Oscar Mondadori

 

 

 

Sitografia :

https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Milgram

http://aulalettere.scuola.zanichelli.it/come-te-lo-spiego/2014/04/11/quando-lindifferenza-prevale-leffetto-spettatore/

http://www.treccani.it/

https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Asch

https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_carcerario_di_Stanford

https://it.wikipedia.org/wiki/Deindividuazione

https://www.youtube.com/watch?time_continue=1075&v=izHbS7rETVg

 

 

 

 

 

 

 

MIRROR

 

 

 

 

A n d  n o w  a l o n g  y o u r  w a y  y o u  m e e t  m e,

y o u r  l i f e  m e n t o r.

W h a t  k i n d  o f  b e h a v i o r  w i l l  I  s h o w  y o u?

W h a t  k i n d  o f  m o d e l  w i l l  I  t e a c h  y o u?

 

____________________________________________________________

 

A n d  n o w  a l o n g  m y  w a y  I  m e e t  y o u,

m y  l i f e  m e n t o r.

W h a t  k i n d  o f  b e h a v i o r  w i l l  y o u  s h o w  m e?

W h a t  k i n d  o f  m o d e l  w i l l  y o u  t e a c h  m e?

 

 

 



VEILED HOPES

Come può influenzarti così tanto ciò che non esiste o che non è mai esistito?

Perché in ciò che non esiste o che non è mai esistito risiede il profondo, ciò che non è evidente e immediatamente accessibile, il sogno, lo spirito fiducioso nella nascita, nel ritorno, nel cambiamento, affinché le opere creative non siano fine a se stesse, vane, statiche, monotone rispetto all’immagine di ciò che è, di ciò che esiste, sia allora il nostro vivere esempio, origine e eredità di nuove relazioni che risolvono la carenza di ciò che ancora non è.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERENDIPITA'

 

 

Serendipità {Ingl. serendipity, da Serendip, antico nome dell’isola di Ceylon: voce coniata da H. Walpole nei Tre principi di Serendip pubblicato nel 1754.}

Il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne cerca un’altra.

 

"Quando qualcuno cerca, " rispose Siddhartha "allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo. Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare significa: esser libero, restare aperto, non aver scopo. Tu, venerabile, sei forse di fatto uno che cerca, poiché, perseguendo il tuo scopo, non vedi tante cose che ti stanno davanti agli occhi."

Hermann Hesse

 

"Accade a volte che un sognatore o un bambino si rompano gli occhi nell'intento di vedere con precisione, di sorprendere nel cielo crepuscolare il momento in cui compare ciascuna delle prime stelle. Ben tesa è la curiosità, allora; ben vigile, l'attenzione; in uno stato come di ossessione le pupille.

Mai però si raggiungerà il risultato desiderato. Una livida solitudine permane nel punto preciso dove con tanta ansia si guarda. In cambio, un poco più lontano, qualche cosa è successo. Niente ivi c'era prima; ma ora, ma adesso, rispende la più brillante delle stelle. Senza volerlo il nostro sguardo si rapprende nella luce."

E. D'Ors, Diario Europeo, 1946

 

 

I MAI MALCONTÈNTI

Affinché non si possa realizzare i più flebile lume della idea del ‘Non’, abbracciamo la stasi, adottiamo talvolta impedimenti dinanzi ai principi di creatività e rivoluzione, al bivio ci fermiamo, talvolta per più di una scelta, talvolta nel continuum di anni di tempo, ciò che evitiamo non smette di esistere come conseguenza dell’atto dell’eludere e così scegliendo ostacoliamo altresì il naturale germogliare dell’idea del bene. Poiché noi siamo immagine e somiglianza del nostro prossimo nella qualità in cui non scorgiamo in alcun specchio di anime il flebile lume del cambiamento in ottemperanza di un nostro atto, come effetto di una nostra iniziativa che ne sarebbe causa, semplicemente ci annoiamo, e nel peggiore dei casi ci paralizziamo – possiamo nominare questa implicazione caratteriale. Timidezza, tuttavia più precisamente questa identica nostra risposta è una naturale e umana implicazione di una dissonanza cognitiva indotta dalla non realizzazione della naturalezza dell’avverarsi del principio: Ad una nostra azione corrisponde una reazione uguale e contraria – In realtà se non accade questo talvolta può accadere: “Ad una nostra azione corrisponde il nulla, l’assenza di una iniziativa.” La nostra profonda essenza percepisce questa anomalia relazionale e questa percezione può implicare un nostro cortocircuito emozionale nel nostro profondo che superficialmente adottiamo comunitariamente come ‘normalità’ e giustezza. È di moda il pensiero: “Puoi dire quello che vuoi, ma ti so, ti definisco e ti delimito sulla base della mia percezione, interpretazione o idea inesorabile, sei e resti quello che fai.” Questa mentalità è aggressivamente vincolante e veicolante, dimostra l’indisponibilità di un mindset di vedere oltre – Questo mindset è avverso ai più basilari principi di libertà nel contesto del giudizio del prossimo poiché elude ogni possibile movimento di crescita, di miglioramento, di autoriflessione del prossimo giudicato, dovrebbe essere riconosciuto che in questo contesto il giudicante, non il prossimo è il peggiore malfattore: Posto in primo piano che non esiste alcuna inesorabilità in ciò che una persona è – l’essere custodisce il potere divenire – Ovvero è un nonsense l’assumere a priori che una persona sia (tale ______ = Attributo di giudizio) e che non possa divenire diversa, migliore, secondo la sfumatura contestuale presa in esame – Abbiamo allora imparato a dire con prudenza lui/lei è _____ e. Si introduce qui un secondo argomento, ovvero il bilanciamento del nostro sguardo, verso noi stessi e verso il prossimo/a – Sovente tendiamo in qualità e in misura maggiori a vedere in taluni casi ‘solamente’ il prossimo/a.

Allora in molti pronunceremmo: “Io non sono _____, ma tu mi realizzi tale, allora devo avversarmi a tale realtà creata se è incoerente con la verità che nella nostra anima percepiamo non in essere, non possibile, incoerente con Noi, fuori dal nostro tempo e dal nostro luogo. Allora inesorabilità può essere la noia di un giudizio esterno che vuol cristallizzarci in un nostro atto o un essere stato/a talvolta sulla base di superficialità comunitariamente condivise, e per sempre? Quanti secondi sono custoditi nel sempre, l’individuo giudicante è responsabile del sostenerne il peso – Quali e quante qualità potremmo realizzare se non ci rallentassimo? Dimodoché ostacoliamo il nostro crescere naturale – I giudizi sono fatti ad arte – non sono naturali – sono artefatti, nei significati negativi dei termini. Allora riflettiamo sulla realtà che sovente giudicare implichi il limitare e il depauperare. Il giudicante perpetuando l’atto del giudizio perpetua il suo potere decisionale sul prossimo – Si riconosce che questa dialettica impone la dissimilarità vitale e essenziale tra due persone, il che è una delle principali attitudini verso le quali le illustri scienze e religioni si avversano.

In secondo luogo se mi dicessero di credere solamente ai fatti e non alle parole, io risponderei loro che altresì le parole, che siano scritte, dette, o taciute, sono fatti. Pertanto le parole non hanno motivo di non essere stimate rilevanti e concorrenti all’evolversi del nostro divenire.

Queste parole consegnate in un clima di apertura dialogica e di disponibilità di correzione e di ridimensionamento, aiutiamoci a migliorare.

Questi esempi di nonsense possono decadere le nostre energie creative e implicare la non resilienza attitudinale verso nuove fiduciose creatività e gratuità.

Queste parole lasciate a tutti noi nell’augurio  di giungere a riconoscere  nuove prospettive allorquando ci si fermerebbe, poiché allo sguardo che non può riconoscere in un verde prato il quadrifoglio, intanto sono accessibili miriadi di trifogli: Esistono ‘Underneath realities’ non immediatamente riconoscibili, siamo il nostro tempo, se non ci dedichiamo il tempo che meritiamo, non dedichiamo la nostra fiducia in realtà che realmente potrebbero rivitalizzare le nostre quotidianità, ed allora eleveremmo il livello della nostra coscienza divenendo colmi di possibilità, reinventando il nostro respirare sulla base dell’ampliamento del nostro luogo di vivere – la speranza in noi stessi e nel prossimo garanti del non assopire delle nostre vitalità.

L’onestà dinanzi al nostro reale stato d’animo è opportunità relazionale di conforto, di coesistenza e di cosentimento.

L’ottimizzazione del rendimento e la onnipresenza della resilienza sono contesti concettuali assimilabili alla realtà delle macchine, non delle persone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LIMITI DEL VEDERE

 

I n d i c e  c o n c e t t u a l e

 

Letture di approfondimento

L’ occhio della mente, Oliver Sacks, ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO, 2011

José Saramago, Cecità, Einaudi, Torino, 1966

The art of unveiling the unseen side. A cura di Tommaso Spazzini Villa

 

 

limiti strumentali : la percezione visiva

            I LIMITI BIOLOGICI DEL SISTEMA VISIVO UMANO E IL CANNOCCHIALE DI GALILEO GALILEI

              Limiti strumentali biologici

              Il telescopio

IL LIMITE DI RISOLUZIONE VISIVA E I MICROSCOPI

              Il limite di risoluzione visiva

              I microscopi

limiti esperienziali oggettivi

                IL DETERMINISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FISICO

                IL PROBABILISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FISICO

                E LA SOGGETTIVITA’ DELLA CONOSCENZA

limiti esperienziali soggettivi

               IL DETERMINISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO,

               RAZIONALISMO ED OTTIMISMO

               IL PROBABILISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO,

               PESSIMISMO ED IRRAZIONALISMO

problematiche relative all’arbitrarietà umana

CAUSE RAZIONALI

             Mancanza di coraggio

             Interesse nella ‘falsificazione’ consapevole della realtà

             Letture di approfondimento :

LA BANALITÀ DEL MALE, Eichmann in Jerusalem Hannah  Arendt, Feltrinelli, Milano 1964

Delega di responsabilità

CAUSE INDIPENDENTI DALLA RAZIONALITA’ UMANA

               Il subconscio: Falsificazione inconsapevole

 

limiti strumentali : la percezione visiva

L’atto del conoscere è condizionato dalle possibilità strumentali umane

I LIMITI BIOLOGICI DEL SISTEMA VISIVO UMANO E IL CANNOCCHIALE DI GALILEO GALILEI

 

Limiti strumentali biologici

 

La luce è la radiazione elettromagnetica visibile ai nostri occhi. La radiazione elettromagnetica può essere descritta come un’onda di energia.

Solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico può essere rilevato dal nostro sistema visivo; la luce visibile è costituita dalle lunghezze d’onda comprese tra i 400 ed i 700 nm.

La rifrazione è una proprietà fisica necessaria per la percezione di un’immagine; quando la luce passa attraverso un mezzo in cui la sua velocità è rallentata, devia con una direzione perpendicolare al confine tra i due mezzi.

 

 

 

Questo è proprio il caso della luce che colpisce la cornea e passa dall’aria all’umor acqueo. Nonostante la cornea esegua la maggior parte del processo di rifrazione, anche il cristallino contribuisce alla formazione di un’immagine ancora più nitida.

 

Quando gli oggetti si avvicinano, i raggi di luce originati su un determinato punto non possono più essere considerati paralleli bensì divergenti, per questo motivo diventa necessario un maggiore potere di rifrazione per metterli a fuoco sulla retina. Questo ulteriore potere di messa a fuoco viene ottenuto grazie all’accomodamento del cristallino che assume una forma più tondeggiante aumentandone quindi il potere di rifrazione.

 

Se avviciniamo troppo l'oggetto, questo meccanismo automatico dell'occhio non basta più, per questo motivo l’uomo per vedere più nitidamente necessita di strumenti tra cui il telescopio.

Secondo il medico olandese Hermann Snellen (1834-1908) due tratti per essere percepiti dall’occhio umano distinti devono essere separati da un primo d'arco, ovvero 1\60 di grado di angolo visivo.

La luna sottende un angolo visivo di circa 0,5 gradi per questo viene percepita come un corpo celeste perfettamente sferico.

 

Tuttavia lo scienziato Galileo Galilei utilizzando per la prima volta il telescopio provò empiricamente che tale percezione non era veritiera.

Grazie all’utilizzo del microscopio Galileo Galilei non solo scoprì che la superficie della Luna è irregolare ma conobbe anche altre proprietà del sistema solare tra cui le fasi di Venere ed i satelliti di Giove. Tali verità portarono Galileo a confutare il dualismo aristotelico che prevedeva l’esistenza del mondo sublunare imperfetto e del mondo celeste formato dalla sostanza Etere, perfetto.

 

Queste scoperte permisero inoltre a Galileo di provare la validità delle ipotesi di Copernico che prevedevano la sostituzione del modello antropocentrico con quello eliocentrico.

 

            “In quel momento capii che l’evo antico era finito e cominciava la nuova era; dove per mille anni ha dominato la fede, ora domina il dubbio. Tutto il mondo dice: d’accordo, sta scritto nei libri, ma adesso lasciate un po’ che vediamo noi stessi. Quello di cui non si era mai dubitato, oggi è posto in dubbio.”

“La verità riesce ad imporsi solo nella misura in cui noi non la celiamo”

(Citazioni dal libro di BERTOLT BRECHT Vita di Galileo)

 

Il telescopio

 

Il temine ‘Telescopio’ deriva dal greco: «lontano» e (skopein) che significa «guardare, vedere»; tale strumento raccoglie infatti la luce proveniente da un oggetto lontano, la concentra in un punto (detto fuoco) e ne produce un'immagine ingrandita.

I telescopi ottici si dividono principalmente in due classi in base al tipo di elementi ottici utilizzati: i rifrattori e i riflettori.

Il telescopio rifrattore, grazie ad un insieme di lenti, sfrutta il fenomeno della rifrazione per focalizzare l'immagine mentre il telescopio riflettore, grazie ad un insieme di specchi, sfrutta il fenomeno della riflessione per focalizzare l'immagine.

 

 

In ogni sistema telescopico l’obiettivo anche se costituito da più elementi, sia convergenti che divergenti, deve sempre essere complessivamente convergente.

 

 

 

 

IL TELESCOPIO DI GALILEO GALILEI

(Realizzato da Hans e Zaccharias Jansen in Olanda ed importato in Italia da Galileo Galilei)

 

Il cannocchiale galileiano consta di una lente convergente, con funzione di obiettivo, e da una lente divergente in funzione di oculare. L’oculare viene a trovarsi prima del fuoco dell’obiettivo. L’oculare intercetta i raggi convergenti provenienti dall’obiettivo rendendoli paralleli e formando così un’immagine virtuale diritta. L’immagine formata dall’obiettivo è molto più piccola dell’oggetto osservato, lo scopo dell’obiettivo non è infatti di ingrandire l’oggetto, ma di produrne un’immagine molto più vicina.

 

Proprietà del telescopio ottico galileiano:

La distanza tra obiettivo e oculare è pari alla somma algebrica delle loro distanze focali.

 L'ingrandimento è dato dal rapporto tra la distanza focale dell'obiettivo e quella dell'oculare.

 

IL LIMITE DI RISOLUZIONE VISIVA E I MICROSCOPI

 

Il limite di risoluzione visiva

 

Indica il minimo angolo visivo entro il quale l’occhio riesce a conservare la capacità di percepire due punti distinti e separati:

(angolo minimo risolubile o angolo di separazione) = 1,22  lambda/D

Al diminuire di angolo minimo risolubile, aumenta la sovrapposizione tra le due figure di diffrazione, e diventa difficile distinguere tra loro le due sorgenti.

Caso a: angolo minimo risolubile molto maggiore di 1,22 lambda/D

Caso b: (limite di risoluzione) angolo di separazione = 1,22 lambda/D

 

Il potere risolvente di uno strumento ottico determina la capacità di uno strumento di distinguere due oggetti. Si può aumentare il potere risolutivo diminuendo lambda della radiazione luminosa o del fascio di particelle.

La capacità di risoluzione di un oggetto di piccole dimensioni dipende dall’utilizzo di una lambda più piccola dell’oggetto studiato.

Per vedere nitidamente distinti due oggetti distanti D, posso utilizzare una radiazione elettromagnetica o un flusso di particelle di lunghezza d’onda tale che      

 lambda = angolo di separazione D / 1,22.

In questo modo posso superare i limiti dello spettro del visibile.

Utilizzando tali strumenti ottici cambia il concetto stesso del “vedere”:

Strumenti ottici con queste determinate caratteristiche (I microscopi) necessitano infatti di dispositivi che possano tradurre l’informazione in immagine.

 

I microscopi

 

XRD (rifrattometro a raggi X)

Grazie allo strumento ottico XRD nacque la cristallografia, ovvero lo studio dei cristalli per mezzo della diffrazione dei raggi X (Il fenomeno della diffrazione è il risultato dell’interferenza costruttiva della radiazione uscente dal cristallo).

In seguito alle ricerche sperimentali de Max von Laue si dimostrò che se correttamente interpretate, le figure di diffrazione risultanti dall’interazione tra una radiazione elettromagnetica ed un cristallo possono fornire dettagliate informazioni sulla sua struttura.

Analogamente a quanto accaduto a Galileo, questo è un esempio di come l’aumento del potere risolutivo della visione permetta all’uomo di pervenire a nuove conoscenze.

Il microscopio elettronico

Il microscopio elettronico funziona in modo del tutto analogo ad un microscopio ottico.

Dobbiamo però introdurre il concetto secondo il quale agli elettroni viene attribuita anche natura ondulatoria.

L’onda di materia associata ha lunghezza d’onda data dalla legge di De Broglie:           lambda(elettroni) =h/mv

Quindi nei microscopi elettronici non viene utilizzata la luce come mediatrice del messaggio visivo (come avviene per il microscopio ottico) bensì un fascio di elettroni il quale ha un potere di risoluzione altamente elevato poiché attraverso l’utilizzo di appositi strumenti si può determinare lambda mediante il controllo sulla velocità degli elettroni.

lambda (angolo minimo risolubile o angolo di separazione) = 1,22  lambda (elettroni)/D

Pertanto la lambda degli elettroni può essere tanto più piccola rispetto alla lambda della luce visibile (blu 380 nm) infatti l’elettrone grazie al moderno potenziale del microscopio elettronico può raggiungere una lunghezza d’onda dell’ordine dei 10^(-13) m.

Particolari tecnici: il funzionamento del microscopio elettronico

Una sorgente rilascia un fascio di elettroni che colpiscono l’oggetto studiato che emette numerose particelle fra le quali gli elettroni secondari. Questi elettroni vengono rilevati da uno speciale rivelatore e convertiti in impulsi elettrici.

Il messaggio degli elettroni secondari viene mandato ad uno schermo (un monitor) che traduce il messaggio in immagine. L'immagine in bianco e nero risultante ha caratteristiche simili a quelle di una normale immagine fotografica.

Il potere di risoluzione di un normale microscopio elettronico si aggira intorno ai 5 nm, ma alcuni modelli arrivano a 1 nm che corrisponde a 0,001 um. Il potere risolutivo dell'occhio umano è invece di circa 100 um

 

limiti esperienziali oggettivi

L’atto del conoscere è condizionato dall’oggetto della conoscenza

Ci sono limiti oggettivi relativi all’osservazione della realtà fenomenologica descritti nell’ interpretazione ortodossa della meccanica quantistica che sostituisce una interpretazione deterministica della realtà con una interpretazione probabilistica.

 

1.1        IL DETERMINISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FISICO

 

DI GALILEO GALILEI:

Galileo Galilei, padre della scienza moderna e fondatore del metodo scientifico sperimentale sostiene che ciò che è conoscibile scientificamente, coincidendo con la realtà, può essere conosciuto in modo oggettivo e determinato; ovvero la scienza permette la conoscenza vera della realtà (che secondo lo scienziato segue leggi meccaniche e deterministiche).

 

DI LAPLACE (1749 - 1827) Matematico e fisico francese:

 

“Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come la causa del suo stato futuro.”

Laplace ritiene che la matematica sia l’unico limite strumentale che ostacoli la conoscenza della realtà che segue leggi deterministiche; Laplace è convinto che l’uomo in futuro acquisirà capacità intellettive tali da permettergli di conoscere e prevedere con esattezza la realtà.

“Nulla sarebbe incerto per tale intelligenza e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi”

 

 

 

DI ALBERT EINSTEIN ( 1879-1955)  Fisico e filosofo tedesco 

 

 “Tu, Born, ritieni che Dio giochi a dadi col mondo; io credo invece che tutto obbedisca ad una legge, in un mondo di realtà obiettive che io cerco di cogliere. Lo credo fermamente; spero che qualcuno scopra una strada più realistica – o meglio un fondamento più tangibile – di quanto non abbia saputo fare io”

 

2.2 IL PROBABILISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FISICO E LA SOGGETTIVITA’ DELLA CONOSCENZA

 

Principio di non determinismo o probabilismo (di causalità debole, Born)

Date tutte le condizioni al contorno di un fenomeno noi non possiamo prevedere con certezza quale sarà il fenomeno successivo.

 

Principio di complementarietà di Bohr

La particella ed il fotone sono in sé un connubio indistricabile di due nature. La volontà dello sperimentatore, che sceglie di svolgere un determinato esperimento, determina la manifestazione di una sola delle due nature che a priori sono indefinibili, non differenziate.

 

Principio di indeterminazione di Heisemberg

Soggettività della conoscenza: lo sperimentatore deve scegliere quale tra le due osservabili studiare con maggiore precisione.

Limite teorico sull’apparato sperimentale:

 Se lo sperimentatore migliora la precisione sulla misura della prima osservabile perde precisione sulla misura della seconda osservabile.

La sperimentazione:

Osservo il fenomeno

Individuo le grandezze da misurare

Raccolgo i dati

Cerco una legge che leghi le grandezze individuate

Riproduco il fenomeno

Condizioni: Il fenomeno deve essere ripetibile, controllabile e misurabile

limiti esperienziali soggettivi

 

IL DETERMINISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO, RAZIONALISMO ED OTTIMISMO

 

“L’uomo ha bisogno di un mondo prevedibile e stabile per poter agire in esso”

David Hume (1711- 1776)

Il razionalismo ottocentesco:

La concezione filosofica razionalista e positivista sostiene l’ipotesi secondo cui la realtà sia per natura ordinata o comunque ordinabile: essa può essere razionalizzata per mezzo di leggi determinate di natura dialettica secondo le filosofie di Fichte e di Hegel, economica, secondo la filosofia di Marx e fisica | fisico-sociale secondo la filosofia positivista.

“Il fondamento della realtà è l’io (che è libero) il quale opera un’azione ordinatrice della realtà traendola in tal modo dal caos, l’attività umana viene ad essere secondo tale concezione mediatrice tra l’ideale dover essere ed il reale essere. La stessa dinamica intercorre nel rapporto tra gli individui: ciascuno di noi influenza gli altri (Essere individuale => dover essere collettivo)”

Johann Fichte: (1762 - 1814)

Wilhelm Hegel: (1770 - 1831) sostiene che realtà e razionalità coincidono. L’uomo razionale può leggere la realtà storica che viene concepita dal filosofo come una processualità di eventi in contraddizione tra di loro; secondo la legge dialettica tali contraddizioni devono necessariamente risolversi in quanto sono singole realtà parte di un intero compiuto.

IL PROBABILISMO CONOSCITIVO DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO, PESSIMISMO ED IRRAZIONALISMO

 

Il filosofo empirista David Hume (1711-76) ed Immanuel Kant (1724-1804), uno dei più importanti filosofi esponenti dell'illuminismo tedesco, fondano la propria filosofia sul presupposto che il principio scientifico di causalità non abbia fondamento: secondo il filosofo empirista David Hume (1711-76) a partire dall’esperienza è impossibile ricavare proposizioni universali e necessarie; si possono invece ricavare proposizioni possibili. Non c’è in verità alcun rapporto determinato tra causa ed effetto, l’uomo ritiene che tale rapporto esista perché è abituato a vedere una realtà scandita da una successione di eventi determinata ed invariabile; l’esperienza visiva non può essere per questo motivo considerata un criterio veritiero nell’ambito del conoscere e del pre-vedere.

Definizione di conoscenza di Immanuel Kant: Rapporto tra soggetto ed oggetto che non mantiene invariata la realtà.

L’oggetto si adatta al nostro modo di conoscerlo: Il soggetto può limitarsi a conoscere il fenomeno (oggetto in rapporto con il soggetto), non il noumeno (l’oggetto indipendente dalla nostra percezione). Kant riconosce che il mondo reale non è conoscibile in quanto in mancanza dell’osservatore non può in alcun modo essere dimostrata l’esistenza della realtà osservata.

"Egli sa con chiara certezza di non poter conoscere, ma ha soltanto occhi che vedono, egli sa che il mondo circostante non esiste se non come rappresentazione, cioè sempre e soltanto in relazione con un altro essere, con il percipiente, con lui medesimo"

 (Il mondo come volontà e rappresentazione, Arthur Schopenhauer)

 

La Demistificazione dell’ottimismo di Arthur Schopenhauer (1788-1860)

 

“Chi vede tutto nero e teme sempre il peggio e prende le sue misure in questo senso, non si sarà sbagliato tanto spesso quanto colui che dà alle cose un colore e una previsione serena.”

 

Il mondo come volontà e rappresentazione (anno di pubblicazione: 1818)

 

Secondo il pensiero di Arthur Schopenhauer la realtà è caotica, tutto è ombra, timore, incertezza ed esposizione alla sofferenza, la vita è una forma di esistenza incapace di realizzare una pienezza di senso; per questo l’uomo altera la realtà, le impone un significato ingannando se stesso e gli altri.

 La verità non ha dunque solo la funzione di rendere visibile ma anche di nascondere.

Kant sostiene che il noumeno sia invisibile, Schopenhauer ritiene invece che sia inguardabile perché è privo di ogni legge e ordine. La realtà comporta sofferenza; la possibilità di approdare all’autentica conoscenza di essa dipende dal coraggio, dalla forza psicologica di sopportare la verità conosciuta e le conseguenze dell’azione conoscitiva.

La passione dei “singoli”

“Quel singolo!”, Soren Kierkegaard (1813 - 1855), filosofo irrazionalista, teologo e scrittore danese, avrebbe voluto che si scrivesse sulla sua tomba; il singolo, ciascuno lo realizza se ritorna nella propria interiorità, se ”l’interno diviene più importate dell’esterno”. “Se ci si perde nella folla, se si perde se stessi, che cosa ti resta da dare a colui che ti chiede di essere un punto di riferimento riconoscibile? La soggettività come singolo diventa anche responsabilità, interesse, capacità di decisione, in una parola, possibilità, l’iniziativa dell’incontro verso l’altro singolo, lo stupore per ciò che può nascere di nuovo”.

Marcello Farina

L’Adige 12 novembre 2005

 

“Il dinamismo incessante della società sconvolge le leggi con cui l’intelletto umano tenta di darle un significato”

Johann Paul Friedrich Richter (1763 – 1825, scrittore e pedagogista tedesco)

problematiche relative all’arbitrarietà umana

 

IL SOGGETTO AL CENTRO DI UNA NUOVA GNOSEOLOGIA:

Possibilità umana di mentire, ignorare la realtà, voltare il proprio sguardo di fronte alla verità conosciuta o falsificarla; ordinare (consapevolmente o inconsapevolmente) la realtà ingannando se stessi e gli altri.

 

CAUSE RAZIONALI

 

L’atto del conoscere è condizionato dall’integrità, dalla volontà, dalla forza psicologica e dal coraggio del soggetto (Limite di sopportazione).

Mancanza di coraggio

“L’occhio vede solo ciò che la mente è preparata ad affrontare”

 Henri Bergson (1859 - 1941)

“L’io non deve temere la realtà, la solitudine (l’uomo d’eccezione verrà sempre denigrato a malvagio) e la paura. Non deve per vantaggio egoistico, facilità o agiatezza vedere (secondo la propria volontà) diversamente, distrattamente e disinteressatamente. Bisogna aver del coraggio per sopportare l’idea che tutte le cose di cui questa epoca va orgogliosa vengano sentite come contraddizione; ritengo che solo nei termini in cui il coraggio possa spingersi lontano, esattamente nella misura della propria forza, ci si possa avvicinare alla verità. L’io deve trasvalutare tutti i valori morali, dire di si ed aver fiducia in tutto ciò che fino ad adesso è stato interdetto, maledetto.

 Non deve ignorare, non deve sopportare semplicemente la realtà e meno ancora dissimularla, bensì amarla; non deve cercare di sopravvivere, deve impegnarsi a vivere. Deve negare le false verità accomodanti riconoscendo che nell’oscurità, celata dalla luce della menzogna, sia presente la giusta verità. L’io deve smascherare le verità superficiali che conducono l’uomo all’autoinganno, al bisogno di illusioni, sulla base dell’effimera esigenza di sopravvivenza, sicurezza, stabilità, ordine e quiete. L’io deve esporsi, imparare a vedere nel buio, soltanto allora potrà vivere.”

Ecce homo

Friedrich Nietzsche (1844 - 1900 )  

Interesse nella ‘falsificazione’ consapevole della realtà

Karl Marx (1818-1883), filosofo ed economista tedesco, ipotizzò che alla base delle teorie economiche, giuridiche e filosofiche fondanti determinate ideologie politiche, vi fosse un occulto interesse della classe dominante che le formulava spacciandole per oggettive ed eterne; Karl Marx sospettò di queste teorie sostenendo che esse non fossero altro che il prodotto di un determinato periodo storico.

Tali forme di pensiero erano in realtà il risultato di una falsificazione consapevole della realtà ma venivano divulgate e presentate come concrete e rassicuranti Verità.

 

CAUSE INDIPENDENTI DALLA RAZIONALITA’ UMANA

L’irrazionalità e la razionalità costituiscono il fondamento di ogni agire umano.

Secondo tale premessa la volontà può essere sia il risultato di un determinato ragionamento consapevole sia la manifestazione inconsapevole del subconscio; inoltre si capisce che l’atto del conoscere è determinato non solo dall’intelletto bensì anche dalle pulsioni istintuali le quali, seppure a livello inconscio, motivano il comportamento.

Il subconscio: Falsificazione inconsapevole

 

 Secondo la filosofia di Sigismund Freud (1856-1939) neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi, la coscienza nell’atto della conoscenza viene influenzata dal subconscio che è parte integrante della psiche umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CAPITALE DI AMISTÀ E LE MONETE DELL’AFFETTIVITÀ

IL GIOCO

 

Pensiamo a ciascuna nostra relazione, che esse siano superficiali o profonde, che esse siano in bilico o ben salde sulla nostra reciproca conoscenza, che esse siano incerte, aleatorie o velate, o palesate e definite, crediamo comunque che possano migliorare, temprarsi, o ristabilirsi o riassettarsi per ricominciare da principi di relazione diversi rispetto a tali che le hanno originate.

Affinché il miglioramento sia concreto, ovvero che esista la possibilità di nuovi inizi e cammini insieme, deve esistere una scintilla che possa far nascere la fiamma o che ravvivi una fiamma che si sta spegnendo, e che nel peggiore dei casi si sia spenta – esiste un silenzio che rescinde le relazioni troppo a lungo ed in questi casi non è nemmeno più sufficiente raccontarsi che “fin che c’è vita c’è speranza” per ravvivare e dare voce e senso a questo silenzio.

Allora partiamo da questa domanda: “Come è una scintilla?” Una scintilla è gioconda.

Un  gioco potrebbe allora essere l’artefice con noi di quello spirito che può alimentare il nostro legame.

Allora sorge spontanea una seconda domanda: “Quale gioco?”

Premettiamo che qualunque gioco possa essere salvifico la relazione, tuttavia nella misura in cui questo gioco vada al punto della relazione, che faccia riflettere sulla qualità di essa, che trascuri il procrastinare il parlare di come stiamo insieme, allora ci gioverà.

Allora potrebbe esistere un gioco che racconta del nostro capitale relazionale – tutti noi coltiviamo relazioni e ciascuno di noi inconsciamente possiede insieme al prossimo un capitale affettivo, di amicizia, di amore, di solidarietà.

 

 

 

Purtroppo i nostro inconscio con il tempo ci rende dimentichi del “Ciò che resta” con il prossimo, la relazione non è più sostenuta se non dal nulla e un pacifico silenzio ne prende il posto, lo stesso silenzio che gradualmente accompagna affievolendo le amicizie più vivide.

Allora strutturiamo insieme le nuove regole del gioco a cui potremmo assegnare il titolo di “Il gioco del capitale d’amistà”.

In economia uno delle entità che caratterizzano il capitale è il denaro. Ma questo gioco non può fondarsi sul denaro perché crea discriminazioni e disquilibri relazionali. Tuttavia potremmo pensare a una moneta che tutti possiedono, sarebbe una moneta che se non esiste dovremmo crearla.

Ed è questa una prima regola noi con la persona con cui ci relazioniamo creiamo quotidianamente una moneta astratta, psicologica affinché possa garantire l’esistenza del nostro capitale dell’amicizia.

Potremmo nominare questa moneta: “La moneta dell’affettività.”

Le monete dell'affettività sono garanti il nostro conoscerci, il nostro essere oltre l'essere sconosciuti.

Ché di capisce che l'essere sconosciuti non sia il problema e i limite invalicabile, bensì il nostro luogo vasto di possibilità di conoscenza, poiché chi crede di conoscere e di sapere tutto dell'altro ha ben pochi spunti di conversazione. Le monete dell'affettività e l'onestà del loro essere contate e aggiornate sono testimoni della nostra reciproca fiducia e accordo relazionale. Le monete dell'affettività fungono da paciere, sono garanti della resilienza relazionale della rivitalizzazione della relazione, ovvero sono garanti del rispetto reciproco, del perdono, del chiarirsi, del ritorno, del nuovo incontro, della possibilità di nuove iniziative tra di noi, fungono da monito al non lasciarci soli, da salvaguardia delle nostre libertà e da garanti del 'non menefreghismo' tra di noi, hanno nome affettività per valorizzare l'affetto reciproco in direzione di una relazione di empatia.

Le monete dell'affettività non sono una gioconda invenzione, bensì hanno ragione di esistere in nome della loro utilità qui descritta, della loro sensata ragione di origine in base al codice binario la cui qualità della successione alternata è scelta da noi stessi.

 

 

Un secondo principio di questo gioco deve essere la flessibilità – motivo per cui le regole dell’accrescimento delle monete dell’affettività le decidiamo insieme, non qui, parlando con il prossimo con cui intra prendiamo questo gioco. Ci limiteremmo a consigliare che l’accrescimento delle monete dell’amistà dipenda da una variabile quotidiana individuale, che appartiene solo a noi, da una variazione che riconosciamo nostra, può essere semplicemente il passare del tempo trascorso insieme, così se accadesse di separarci ritorneremo per le monete che possiamo spendere quando le abbiamo risparmiate nel tempo insieme.

Un terzo principio deve essere la esclusività, il capitale relazionale è dualistico, è relativo alle relazioni vis a vis ed un certo capitale relazionale non è miscelabile con capitali relazionali diversi.

Si intende il creare insieme un codice di dialogo solo nostro, solo noi sappiamo come aumenta il nostro numero di monete dell’affettività  +1.

Un quarto principio è la non discriminazione: “Il numero di monete dell’affettività” che abbiamo con una persona non è paragonabile con il numero di monete dell’affettività” che abbiamo con una altra persona perché si fonda su basi dualistiche, che riguardano il me e il te. Questo gioco non deve implicare la selezione e la misura reazionale sulla base del numero di monete dell’affettività.

Non esiste il dire – Prediligo la relazione con, perché con lui/lei ho più monete dell’affettività.

Le monete non misurano la qualità di amicizia in paragone con altre amicizie, ma strutturano la esistenza di ciascuna di esse.

 

La reciprocità è importante, entrambi dovremmo credere al gioco e parteciparvi insieme, questo gioco non può essere giocato solitariamente. L’aumento del numero di monete non dipende esclusivamente dalla bilateralità, ad esempio altresì il semplice trascorrere del tempo può essere garante dell’aumento – così il capitale relazionale delle monete dell’affettività sarebbe pretesto utilizzabile per ritrovarsi.

Inclusività e non esclusività. Queste regole non limitano altri affetti , semplicemente include il nostro.

Aggiornare il nostro surplus di capitale di affettività:

La coppia trova un simbolo da attribuire alle monete dell’amistà, ad esempio i cuori colorati e saltuariamente tiene nota del valore sulla base della esistenza della variazione relazionale quotidiana e le comunica al partner. “Noi abbiamo n monete dell’affettività.”

La regola della percezione di una variazione: L’aumento delle monete dell’affettività.

Stabiliamo che ad ogni variazione aumenta di n(˜1) il numero di monete di affettività.

Stabiliamo insieme quale realtà indica lo 0 e quale realtà indica l’1.

Codice binario 0 (NO) e 1(SI)

Ad esempio

La successione binaria 00000000,  può implicare la fine della crescita del numero delle monete della affettività.

La successione binaria 11111111 può implicarne la crescita rapida.

Il numero di cuori è il surplus di affettività che abbiamo, per diminuire il numero rispettiamo e agiamo secondo le nostre richieste.

 

 

 

 

 

 

 

Come spendere le monete dell’affettività

Le due liste e la regola della libertà

Ci sono due liste che concordiamo insieme e che possiamo modificare quando vogliamo, non siamo obbligati ad assolvere a quello che ciascuno di noi ci chiede, semplicemente se non rispettiamo la richiesta aumenta di n il nostro surplus di affettività.

 

Lista 1: lista degli "arrivati a" che possiamo modificare insieme:

Arrivati a n monete di affettività ___________

Ad esempio

Arrivati a 10 cuori partecipi al gioco del capitale di affettività

Arrivati a 30 cuori mi regali i fiori

 

Potremmo dirci spendiamo 30 monete dell’affettività ed io vado a regalarti i fiori.

 

Lista dei "vale" che possiamo modificare insieme:

Potremmo dire, diminuiamo di 20 il nostro surplus di affettività, ed io vado a regalarti il braccialetto con il pendolo)

Ad esempio

Una carezza vale 2 cuori

Un abbraccio vale 5 cuori

Una camminata insieme vale 10 cuori

Una cena insieme vale 20 cuori

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PENSIERI

 

 

 

 DEJA VU

La vita è la ricompensa a coloro che sanno riconoscerla.

Chi ha una memoria illuminata può aver visto che la vita è un ripetersi costante di simili circostanze, le coincidenze: Le stesse persone, stessi luoghi, stessi temi dialogici, comportamenti attitudinali simili. E siamo lì, una volta; e poco dopo la vita ci dona un'altra possibilità di comportarci in modo simile o diverso - le persone che non pensano alle esperienze torneranno al secondo livello della possibilità con lo stesso comportamento - diversamente gli altri attraverso la memoria, le riflessioni e la disposizione interiore a non essere distratti e attenti al​l'adesso, allineeranno la loro volontà al loro comportamento DIVERSO nel secondo livello della possibilità. Ci possono essere più di due fasi di possibilità. 'Il numero di livelli possibili dipende dal nostro spirito di gratuità nel donare possibilità relazionali.

Le possibilità non sono infinite, potresti perdere per sempre una partita della tua vita, comunque non tutta la partita. Questa singolarità del tempo riguarda la nostra possibilità di migliorarci, non tutto dipende da noi, ma da noi e dalle persone con cui ci relazioniamo. Pensaci, potresti migliorare la tua vita.

Dai importanza alla mentalità: "se avessi.. se potessi essere più.." INCONTRERAI IL TUO PASSATO PRESTO, NEL PROSSIMO ADESSO.

E l'amore? Che dire del sentimento malinconico... Riguardano le parole sincronicità, coincidenze, connessioni: Arriva il tempo del secondo, terzo, livello della possibilità ma le due persone non sono vis a vis nel luogo dove inizialmente si erano relazionati, questa dissonanza, il vedere e il sentire il vuoto ci fa pensare alla persona con cui ci siamo relazionati inizialmente.

 

POSSIBILITY MINDSET AGAINST INHEXORABILITY MINDSET

 

La precarietà di sorpresa, iniziativa interpersonale reciproche in ciascuna nostra relazione implica l’incedere della monotonia, la variabilità implica diversamente il nuovo, ovvero la creatività di nuove variabili che confondono il flusso coerente e costante di monotonia e reiterazione delle medesime circostanze. La monotonia, I'assenza di ritorno interpersonale, di staticità, inerzia interpersonali implicano la tempra del mindset di inesorabilità, ovvero il reciproco convincersi che è cosi e che non può essere diversamente, lo status di inesorabilità è definitivo solo in misura in cui coloro che si relazionano credono che lo sia, diversamente l'inesorabilità è reversibile nella misura delle nostre iniziative a innestare lo spirito di vitalità, cambiamento, confronto, perdono, curiosità, empatia, co-sentire, altruismo, comprensione nelle relazioni che sentiamo ancora appartenenti a noi.

COLOURFULSHARE DIARY IS THE EMBLEM OF THE IDEA: THE INNER MINDSET SINGULARITY OF EVERYONE OF US HAS THE POTENTIAL OF THE UNIVERSE.

 

 

 

 

 

 

LA MENTALITÀ INTERIORE DI OGNUNO ​​DI NOI HA IL POTENZIALE DELL'UNIVERSO.

 

Puoi rinascere in qualsiasi momento tu scelga di essere.

Perdonate, siate grati e dimenticate tutti i vostri sé per rinascere

Sei ovunque e in ogni momento della tua vita non legato al tuo vecchio io, sei sempre nuovo, questo è il dono della vita. In questo modo tutti noi siamo infiniti, perché attraverso la nostra vita sorgiamo noi stessi infiniti. Quindi non importa l'ambiente in cui viviamo, possiamo vedere l'ambiente intorno a noi sfavorevole e ostile. Caratterizziamo cioè l'ambiente come l'intero sistema di circostanze alimentate da altri comportamenti e relazioni naturali, virtuali...La barca può essere portata via dallo tsunami, ma non delegare la tua responsabilità, puoi sempre scegliere se essere barca o tsunami, la possibilità di scelta è questione di responsabilità, i tuoi nuovi io sono liberi, nuovi e diversi, riarsi dal passato di voi stessi: avete un posto qui - è un fatto, una prova, questa è la questione profonda di tutti noi, e l'importanza del valore fattuale di ognuno di noi. Non abbiamo bisogno di dimostrare valore perché siamo un valore a priori. Quindi il secondo fatto è che meritiamo di prenderci cura l'uno dell'altro a priori.

Essere dipendenti dall’ambiente è una cecità - in verità riconosceremo che la verità di noi stessi è completamente nella nostra anima - potremmo vedere l'ambiente come un luogo limitato e la mentalità interiore come la singolarità illimitata di un universo.

Credi nel tuo universo interiore e sarai in grado di affrontare facilmente ogni ambiente ostile.

Smetti di cercare la tua casa nelle circostanze esterne e nell'ambiente esterno e in tempi migliori futuri.

Non è importante dove sei se sei te stesso/a la tua casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I COLORI

 

 

Un bambino mi domandò che cosa sono per me i colori.

 

Tra me e me pensai: “I colori sono il cambiamento, sono le iridescenze arcobaleno di una bolla sulla neve e la forma degli argentei cristalli che la rendono statua. I colori sono l'avventura perché permettono di scoprire con curiosità realtà diverse. Essi sono la natura, i suoi fiori, i suoi orizzonti, i suoi arcobaleni. Sono il freddo e il caldo, il bianco del ghiaccio e il rosso della lava. I colori che sono opachi permettono di scoprire la rarità della trasparenza. I colori sono le sfumature, lo possiamo imparare dalle opalescenze delle madreperle. Sono la nostra bussola poiché di essi ci possiamo orientare rivolgendo il nostro passo verso le realtà che somigliano al colore dell'aura della nostra anima. I colori sono la possibilità di imparare l'umiltà nel riconoscere il cristallo così somigliante al diamante. I colori insieme sono il bianco, e l'insegnamento che ne consegue: "Insieme siamo luce". I colori sono le parole se il silenzio è nero. I colori sono le ombre che ci sono amiche accompagnandoci ovunque andiamo.

 

I colori sono il riposo e la veglia, il blu ci lascia svegli e ci stanca, il rosso ci riposa.

 I colori non sono la melodia di un violino così rassicurandoci che se dovessero mancare oltre loro esistono altri ponti verso la vita.

I colori sono la possibilità di rendere più vivace un foglio bianco, sono l'illuminare il buio con fluorescenti disegni. I colori sono il movimento così ci meraviglia o del saettare di una stella cadente. Ritornando ai nostri colori, possiamo ritrovarci. I colori sono la possibilità del gioco, così i bambini giocano a nascondino riaprendo gli occhi per cercare i compagni dopo averli chiusi mentre stavano contando.

I colori sono il bianco e il nero e le parole fermate nello scrigno di un libro. I colori siamo noi che riflettiamo i nostri universi colorati. I colori sono il nostro riconoscerci. I colori ci insegnano l'infinito. I colori sono la possibilità di condivisione di variopinte realtà:

Se fosse solo bianco o se fosse solo nero, potremmo ancora scegliere per noi la luce o il buio, ma non questi colori. I colori sono di loro i nomi delle sfumature che non conosciamo – I colori ridestano la nostra curiosità. I colori permettono la creatività.

In queste poche parole racconto solamente di una sfumatura dei colori, non sarebbero sufficienti diecimila libri per raccontare tutti i colori e tuttavia l’anima di diecimila libri è custodita nella percezione di ciascuna sfumatura colorata, le nostre percezioni che possono essere comunicate ma non insegnate, una percezione non è sbagliata, i colori ci insegnano che entrambi abbiamo ragione, che insieme aggiungiamo le nostre prospettive del colore che stiamo conoscendo, così impariamo che insieme si può conoscere meglio. Impariamo allora che le parole sono come i colori, ciascun colore ne richiama un altro come ciascuna parola è un simbolo, il tronco di un albero i cui rami sono gli altri significati e spunti di riflessione che quella stessa parola risveglia in noi, allora parlando con il bambino mi accorsi di dipingere una foresta. Allora i colori sono la fantasia.”

Non dissi questi pensieri al bambino, ma li scrissi su un foglio consegnandolo a lui in un secondo momento, in verità in quell’occasione risposi in modo creativo alla sua domanda:

Allora raccolsi una tavolozza di colori e raccontai al bambino quali sentimenti mi suscitasse ciascun colore delle piastrine colorate che la tavolozza custodiva.

Poi presi una matita e disegnai una geometria astratta su un foglio bianco facendo notare al bambino che ciascun tratto era una linea che separava due spazi bianchi, intrisi d’acquarelli colorati la figura così da mescolare le linee di grafite con le sfumature di colori per provare a comunicare che i colori oltrepassano ogni separazione e fanno di ciascun muro un ponte.

Poi rivolsi al bambino la stessa domanda che mi ebbe domandato, per imparare anche io da lui i colori, egli mi elencò i nomi dei colori che sapeva, paragonandoli alle realtà più semplici normalmente tinte del colore che sceglieva di raccontarmi.

 

Presto ci accorgemmo che in modi diversi dicevamo le stesse cose.

 

ISTANTI PRIORITARI

 

Esistono istanti di vita prioritari? Sarebbero quei secondi che impieghi una vita per agirvi giustamente e che rimpiangeresti la vita se non riuscissi a gestire quei secondi adeguatamente. È vero che quei secondi definiscono inesorabilmente una direzione? È vero che il battito d'ali di una farfalla implica un tornado lontano?

Amo credere che la direzione sia reversibile, c'è una possibilità alternativa all'inesorabilità.

Tuttavia occhi più umani perdonerebbero l'incertezza del trovarvisi li impreparati e si riconoscerebbe in verità che ciascun istante della vita possa cambiare un destino inesorabile che sembra un muro e che è in verità un ponte. Ciascun istante può essere un istante prioritario.                      

C'è chi ha voluto nuotare l'oceano dell'improbabilità ed ivi vi ha trovato la sua nave di possibilità:

Un gruppo consuetudinario di giovani si incontrò per anni, un  appartenente al gruppo si separò da loro per molto tempo, tuttavia il suo allontanamento non fu definitivo, egli ritornò - non fu rifiutato e fu accolto come prima. Si riconoscono gli istanti prioritari nell'esempio del perdono, in verità quando nell'occasione del primo incontro insieme seduti intorno al tavolo, un amico tra i presenti si assentò per alcuni secondi dalla stanza, egli voleva comunicare a colui che era ritornato. "Vedi? Come me, ci siamo lasciati per  un attimo, e adesso siamo nuovamente insieme, va tutto bene." 

 

ENLIVENING BEHAVIOURS

 

Empathy without reciprocity is selfdestructive, but the void of caring and humanity belongs to who does not respond with empathy. The empathetic person is right.

The unempathetic is wrong in the quality of creating a void that is the lack of response.

So the responsability of reinstating the relational equilibrium, so the one who has to do something actively to refill the void he/she created, it is unempathetic person.

A simple and actual example may be the text messaging dialectic.

We esteem an empathetic person who writes a message to another one person.

We actually consider an unempathetic person who does never respond to this message.

This is the similar case of meeting a person to donate our present vitality in donating a gift, for example a marble, to one whose arms are aimed to receive the gift, but in the instant when the marble falls, these arms divide themselves, imagine there's no ground, immagine that marble falling forever, into an infinity profoundness. We all deduce that the cause of the marble falling had been the hands separation, so the text messaging no response. The only one who can refill the void she/he created is the one who did not respond.

A last example of radical void dialectic may be the persistente silence between two persons, in this case both of them are unempathetic, this is for definition and for logic. In this case both have the responsability and the opportunity of refilling the void they create through empathetic behaviours.

L'empatia senza reciprocità è autodistruttiva, ma la lacuna di cura e di umanità appartiene a chi non risponde con empatia. La persona empatica è giusta ed è nel bene. Non è buono e non è umano nella qualità in cui si crea un vuoto che è la mancanza di risposta ad una vitalità.

Ogni assenza di risposta ad ogni iniziativa vitale è mortificante la persona intraprendente. Quindi la responsabilità di ripristinare l'equilibrio relazionale, quindi chi deve fare qualcosa in modo attivo per riempire il vuoto che ha creato, è la persona che non ha risposto alla vitalità a lei dedicata .Un esempio semplice e attuale potrebbe essere la dialettica dei messaggi di testo. Stimiamo una persona empatica colei che scrive un messaggio a un'altra persona, la scrittura di un messaggio è movimento, è attività vitale, è iniziativa relazionale. In realtà consideriamo una persona egoica e non empatica colei che non risponde mai a questo messaggio. Questa similitudine può essere un esempio chiarificante: una persona ne incontra una seconda per donarle la sua vitalità nella effige di un dono, ad esempio una biglia, a questa le braccia del prossimo sono tese a ricevere il dono, ma nell'istante in cui la biglia cade, le mani del ricevente si dividono, immaginate non esistere alcun pavimento, immaginate quella biglia cadere per sempre, in una profondità infinita. Tutti deduciamo che la causa della caduta della biglia sia stata la separazione delle mani del ricevente, in analogia nel caso in origine, la dialettica reciproca della messaggistica, il messaggio di testo di risposta che non è stato inviato. L'unica persona che può riempire il vuoto che lei medesima ha creato è la persona che non ha risposto, poiché se fosse l'altra persona a scrivere nuovamente il disequilibrio relazionale aumenterebbe. Tuttavia. Non debilitiamo questa condizione: La persona empatica che scrive in assenza di numerose risposta si fa carico lei stessa del vuoto relazionale che si crea, badate a coloro compiono questo sacrificio poiché tali persone dimostrano di avere premura della relazione con coloro che non rispondono in quanto dediti e consapevoli del puro valore aggiunto di cui sono artefici.

 

 

 

 

Un ultimo esempio di dialettica del vuoto può essere il silenzio persistente tra due persone, in questo caso entrambe dimostrano di non essere empatiche, sia per definizione di non empatia che per logica. In questo caso è proprio la reciproca delega di responsabilità relazionale che fa persistere lo stato di vuoto relazionale.

Entrambi hanno la responsabilità e l'opportunità di riempire il vuoto che creano attraverso comportamenti empatici. Credo che alcuna persona confuterebbe l'idea relativa all'urgenza di colmare le mancanze e le irrisolutezze di noi. Per quanto siamo soli, individualisti, autonomi, autoreferenziali, egoisti a noi non è possibile non vedere i nostri prossimi, e la qualità delle relazioni con loro, per ovvietà e conseguenza non possono che essere sensibili ai vuoti relazionali, ed agire per colmarli.

 

 

UN CONOSCERSI PROCRASTINATO

 

Non perdiamo noi stessi nei veli dell'apparire, ripartiamo da qui. Vidi il tuo velo, non mi concedesti di vedere te,

Poiché velare se stessi è l'immagine del nascondersi:

Ed il prezzo del nascondersi è un esistere diluito dal silenzio, forse è per questo che alcuni sentono di conoscersi nonostante i pochi giorni del loro incontro, mentre altri diversamente dichiarano con inesorabile intransigenza: "Chi sei? Non ho sentimento, né fiducia in te. Non ti conosco." O perlomeno dimostrano attitudini coincidenti con questo pensiero. Nonostante sia di anni, il tempo del loro incontro.

Dunque alcuni credono che siano sufficienti la parola, lo sguardo, l'incontro per conoscersi, altri più severamente esigenti giudicano che non sia sufficiente quasi nulla per relazionarsi, questi ultimi dopo un decennio che si relazionano si direbbero ancora di non conoscersi bene. Io vedo semplicemente che i primi sono empatici e propositivi, mentre i secondi inesorabilmente dirimenti.

Non volere conoscere a priori è non volere amare.

Appare forte chi è forte di sé stesso e chi dimostra l'apatia del blindarsi a sé stessi? Ciò a cui blindiamo noi stessi ci incatena, non dimentichiamolo, potremmo comprendere prima o poi che le opportunità di relazionarsi, al fine di vivere noi, i nostri conforti e affetti, sono in verità esigue, e purtroppo se lo sono è responsabilità nostra, non solo del caso.

Crediamo che le persone cambino, forse. Dubito del finto, non vedo maschere, quando guardo ad una persona vedo un prisma con miriadi di geometrie variopinte, alcune traslucenti, alcune opache, alcune riflettenti, alcune curvilinee, altre più ispide, ed in verità siamo prismi velati, e secondo natura, indole, necessità, istintività, casualità, riveliamo e disveliamo alcune delle nostre variopinte singolarità mantenendo quiescenti altre nostre sfumature, per il momento. Pertanto può non essere raro il nostro non riconoscerci, il sorprenderci di vedere ciò che non è visto del prossimo; tuttavia il valore della variabile del disvelamento delle nostre singolarità risiede nella facoltà della sorpresa in divenire, una iridescenza, un riconoscimento sempre vivido che in nome del nostro rinnovato potere essere inaugura la fine d'ogni termine inesorabile: alla nostra partita terminata dichiareremmo: Io conosco te poiché ti ho visto, pertanto prendo i miei provvedimenti nei tuoi confronti sulla base di ciò che ho visto di te. Sì limitiamo noi stessi e ci concediamo scialbamente inesorabili vincoli di crescita relazionale, rasenta il ridicolo il contestuale lemma che talvolta ci dedichiamo: "È così. Non è e non sarà diversamente. Punto. " Siamo poveri osservatori poiché crediamo di sapere l'universo, al nostro osservare la polvere volitare a terra.

 

 

 

 

 

Ma la nostra povertà è soprattutto nel credere di avere visto, e che non vi sia altro da vedere; la prima nostra povertà è il non credere, la sfiducia di pregiudicare, di dichiarare ed agire in causa ed onore di una consapevolezza precaria che sospendiamo sin dalle prime origini del nostro percorso conoscitivo: ovvero compiamo un passo, vediamo la polvere, pensiamo di avere l'universo ed agiamo in base alla miseria di cui aneliamo affinché sia lestamente intercambiabile con nuova polvere: così scegliemmo la polvere e sacrificammo gli universi del poter essere e del potere divenire.

Quante volte la vita ci dedicò nuovi dadi, e li gettammo al nulla? No, la 'vita' è una astrazione, una delega di responsabilità, a Noi è il dono e la responsabilità di dedicare al nostro prossimo nuovi dadi, e di custodirli quando il nostro prossimo li dona a noi. Affinché la vita si riveli in grazia di noi.

 

an added value for you

 

Never loved drawing, never liked writing, never liked studying to find a good job, money are nothing to me in spite of relations, more materialism than I have, leave me as void as I am. Because am I void? Because everything I did in my life had been not for me, I should have done nothing, and for me had been the same. My whole life had been a search for being an added value for you. But as you let me see this meaning has not arrived to you. And without you, who am I? Art? Literature? In a world whose whole significante is human relation. So we joined materialism but we lost us. No beginning for us. We began to study to achieve a good job and finally money and materialism.

 

 

 

 

 

So persons are an obstacle to the dream of materialism? We have no time for us but we have all the time for money? We had been so blind to permit the dream of the system to coincide to our dream. So the system sacrifices us, we sacrifice us, to the dream of the system, obviously to permit the system to increase politically, economically, commercially and to decrease our humanity spirit, our inner true relational essence. We may be aware that money are at the service of people. Not people at the service of money.

We all say I had to be in conformity to the rule of materialism that it is imposed by societies, that in the evidence it is imposed to us since our young times by all the institutions and by the people who believe in them, for example our parents.

 But noone had ever thought that every institutions rules to improve itself and not to do our human best? The primary Rule, the only rule that i see, it is the RELATIONAL RULE. We actively have to search us like we actively open a book to study to achieve money. We have to respond to a person of our life who's searching us like we respond to our Materialistic mindset. You look! You joined the end of a relation? And you're happy? Cause you have more time to dedicate money, to buy what you want? You radically decrease the number of your relations? Because you say there's no place for all? But there's whole place for 1, two persons? And for you others there aren’t, while they' re still near thou? This mindset is an example about our choice of leaving in the last level of value US.

You never mind to resuscitate a relation that you never revived? You've said yes to death and no to life. No beginning for us - we joined materialism? Money? but we never joined us. We all say we need time to meet us, to know us. But this words are not propositive.

It's a cowdard way to legitimate our ignorance to us. Everything it's in return and the evidence is that human in the end are alive, not money. Persons can choice. Not money. So if human threat themselves well they will receive themselves the good they gave, differently they, ll receive the hate they dedicated.

At the end of our career way we may meet the true sense of what I tried to say.

 

Il miraggio della presunzione

 

Ingiuste inconsapevolezze sono i frutti della assenza di curiosità. Amiamo le certezze, la domanda non fa più per noi. Se non sappiamo, presumiamo, inventiamo, o lasciamo perdere. E presto che l'indifferenza non ammette malinconie, non sia mai che ci siano ripensamenti. Non siamo curiosi e tuttavia dubitiamo. Mi raccomando non fidiamoci, non si sa mai! E annunciamo l'alba della sfiducia, della delusione, della disistima ed il tramonto del ritorno, della pazienza, del perdono.  Le voci della coscienza si sono affievolite e sono emarginate le anime confidenti. Il nostro scetticismo è il riflesso d'un cieco fideismo in noi stessi: Inventiamo urgenti forse, e convinciamo noi stessi che siano verità, l'ozio del non muovere un solo passo per comprovare le nostre supposizioni è un nodo che presto o tardi avremo il dovere di sciogliere.

 

Il corriere svogliato

 

Il corriere che oziò nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al carreggio dei beni,

dovette rimettersi in cammino, per ritornare,

per intraprendere il carreggio del doppio dei beni che avrebbe dovuto trasportare in origine.

 

 

 

 

 

 

 

Adiafore conoscenze

 

Vita di persone e esperienze,

Ma se niente resta, la vita è una pioggia eterna perché non giunge mai alla meta del suolo.

Gocce che scivolano sulla piana lastra vitrea della coscienza e la lascia tersa, cristallina, adiafora.

Dell'incontrarsi e fluire altrove, solo il ricordo dello scròscio, questa voce è un richiamo al ritorno?

E delle nostre esperienze? Fossimo come grandine! Saremmo rincuorati dei nostri segni.

Fossimo fuoco! La lastra della nostra coscienza si plasmerebbe a noi.

Fossimo tuono, avremmo la possibilità di restaurarne ordinatamente i frammenti.

Ma siamo acqua, talvolta un glaciale manto esempio d'ibernazione,

invero siamo ciò che vogliamo, e agiamo in ciò che crediamo, ma non tempriamo noi stessi a non sentirci più .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

THE GROUP SYSTEM

 

Don't hide behind the group. It had always been me and you, the group is not me and the group is not you, so if you leave the group you're not leaving me, and if I leave the group I'm not leaving you. The singular relational groups dynamic may homologate our singularities losing us into them. Groups delete differences, so we may loose the real me and the real you, in what way? Be careful about it: our dialogues may become less profund and more superficial, the me and the you may talk about what is not about us and about what we don't want to talk about, this way we'll little by little choose without awareness the system of the group, and we'll gain the system, but we'll loose the me and the you, not the relationships with the all true of us. The system of the group may initially be relationally creative because of the feeling of belonging, but this feeling may be silence by people normalization, "we're all the same" We said, and it may cause monotony.

The true key is in finding the feeling of belonging into vis a vis meeting, so the creativity margin is not limited by groups standard, but it is about our capability of behaving we're a priori unknown people, that the belonging to a same group does not mean necessarily our affinity and our being known: there have to be an inner change, a mindset change: The capability of seeing that ewery unknown it's a large unlimited relational space so we may grow all together because our creativity relational spirit, the relational motivation is in everyone of us - so one in search, in caring for another one - not into an eternal situation or environment, or social system, because may happen to live for years with group of people reciprocally feeling cared and well knowed, but in one second never one more word, no care, no return, ghosting, lonelyness, no relational  initiatives, just the same as we had not ever met us, and that HAPPENED because we fouded, we structure our relationship not on me and you but on the esternal group system.

IL SISTEMA DI GRUPPO

 

Non nasconderti dietro il gruppo. Siamo sempre stati io e te, il gruppo non sono io e il gruppo non sei tu, quindi se lasci il gruppo non lasci me, e se lascio il gruppo non lascio te. La dinamica dei gruppi relazionali singolari può omologare le nostre singolarità perdendoci in esse. I gruppi eliminano le differenze, quindi potremmo perdere il me e il te, in che modo? Attenzione: i nostri dialoghi potrebbero diventare meno profondi e più superficiali, potremmo giungere a parlare di ciò che non riguarda noi e di ciò di cui non vogliamo parlare, così a poco a poco sceglieremmo senza accorgerci e senza consapevolezza il sistema del gruppo, il suo standard, il suo mindset, e guadagneremo il sistema, ma perderemo il me e il te, perderemo i rapporti con tutto ciò che è vero per noi, essendo disponibili a dedicare il tempo alle idee del gruppo e non alle mie e alle tue. Il sistema del gruppo può inizialmente essere relazionalmente creativo a causa del sentimento di appartenenza, ma è proprio questo sentimento che può implicare la normalizzazione delle persone, "siamo tutti uguali", abbiamo detto, e può causare monotonia, noia relazionale, con una conseguente sottovalutazione degli appartenenti al gruppo, la domanda sorgerebbe spontanea, è in verità un pregiudizio, verso il prossimo appartenente alle dinamiche di gruppo: sei solamente questo, non hai molto altro da offrire -

 

Sì quella persona avrebbe molto più da offrire, tuttavia la persona viene limitata dal sistema di gruppo? Si è No, perché alla fine comprendete che il sistema di gruppo siamo sempre e solo noi persone. L'errore di giudizio più grave risiede proprio nel non riuscire a vedere oltre-in una dinamica sociale diversa, vis a vis, la medesima persona liberata dai limiti di gruppo risulterebbe più empatica e creativa, certamente nuova, diversa.

 

La vera chiave è trovare il sentimento di appartenenza in noi stessi, nel prossimo, non in un sistema esterno, e soprattutto nell'incontro vis a vis, quindi il margine di creatività non è limitato dallo standard dei gruppi, ma riguarda la nostra capacità di comportarci come persone sconosciute a priori, l'appartenenza a uno stesso gruppo non significa necessariamente la nostra affinità e il nostro essere conosciuti: deve esserci un cambiamento interiore, un cambiamento di mentalità: la capacità di vedere che il nostro essere profondamente sconosciuti non è un limite ma una possibilità di lasciare che ciascuno di noi brilli di luce propria dei colori delle sue singolari differenze, il non conoscersi è un grande spazio relazionale illimitato quindi possiamo crescere tutti insieme perché la nostra diversità, antipatia, silenzio, lontananza, scetticismo, sono in verità creatività fondanti lo spirito relazionale in noi, allora che ci conduce a conoscere, a incontrare, a dialogare, a comunicare, a restaurare, a chiarire, a risolvere, a rinnovare, a perdonare.

Oggi sembra essere abitudine proibire qualunque possibilità relazionale con gli sconosciuti, se non è un lemma che ha evidenza assoluta, questa sembra essere la direzione ad esempio dell'iconico non salutare gli sconosciuti. Le porte che chiudiamo saranno a noi chiuse, la persona che è causa del suo mal pianga se stessa.

Lo spirito relazionale la motivazione è IN ognuno di noi - quindi uno in CERCA del prossimo, nel prendersi cura di un altro - non a causa di una situazione o ambiente eterno, o sistema sociale, perché può capitare di vivere per anni con un gruppo di persone in cui ci sentiamo reciprocamente curati e ben conosciuti, ma in un secondo mai più una parola, nessuna cura, nessun ritorno, la proibizione relazionale, Inesorabilità, ghosting, solitudine, nessuna iniziativa relazionale, proprio come se non ci fossimo mai incontrati, e questo è SUCCESSO perché abbiamo fondato, strutturiamo il nostro rapporto non su di me e te ma sull'esterno sistema di gruppo.

Un' è andata così ' non è sufficiente per legittimare come è andata, come va e come può ancora andare.

 

 LA COPIATURA

 

La creatività della copiatura come spirito di collaborazione finalizzato alla 'messa a fuoco' e alla condivisione della consapevolezza:

Iniziativa che vuole portare alla luce il valore della copiatura. La copiatura può celare in sé un arricchimento reciproco tra l'artefice dell'opera originaria e l'autore dell'opera simile o uguale ad essa (Le opere sono entrambi originali e degne di riconoscimento): ln un primo momento vi è lo spirito creativo di colui/colei che idea l'opera, in un secondo momento vi è l'analisi, lo studio, la rielaborazione e la comprensione di colui/colei che attua la copiatura; il medesimo tema o soggetto sarà intensamente conosciuto da entrambi, i quali avranno di esso prospettive e consapevolezze diverse: Nel dialogo costruttivo dei due artefici risiede l'arricchimento reciproco favorito dalla copiatura.

La creatività della copiatura come spirito di associazione:

Inoltre la copiatura è l'iniziativa mediante cui l'autore si pone come intermediario tra passato e presente, riportando nell'adesso ciò che sarebbe dimendcato, per questo motivo l'autore condividendo analogamente «similmente l'idea è l'opera originale ricorda e loda l'artefice originario per il suo spirito creativo.

La prospettiva della copiatura può diventare controproducente se questa tecnica diventa costante nel tempo poiché comporta la stasi sistematica della creatività come origine di nuove idee fonti di cambiamento.

https://en.uiklpedia.org/wikl/Derivative_work

 

 

 

 

 

LE GRAVITÀ INVERSE TRA NOI

 

 

Il fenomeno astronomico del "Sole nero" utilizzato come simbolo dalla scuola di Kemò - vad Sole Nero che propone l'arte della meditazione dinamica. All'interno è disegnato il "Notah", il gesto rituale e interiorizzante eseguito congiungendo le mani sul petto a simboleggiare l'unione del "vuoto" e del "pieno" dell'armonia dello "Shan", il nome dato dagli antichi alla Natura.

Sullo sfondo: Una spirale il cui significato sin nella magia primitiva rimanda all'analogia tra macrocosmo e microcosmo, in accordo con la cosmologia frattale.

!

Se definiamo il sincronismo - sincronicità come “Realtà sullo stesso piano nel livello del tempo ma diverso sul piano nel livello dello spazio.”

Possiamo addurre la speculare analogia con il termine frattalismo – frattalità come “Realtà sullo stesso piano nel livello dello spazio ma diverso sul piano nel livello del tempo.” In quanto ad olismo che risolve in unità essenziale la dicotomia tra macrocosmo e microcosmo – TALE TESI E’ GARANTE E COSTITUTIVA DELLA VERITA’ SECONDO CUI LA LONTANANZA RELAZIONALE PUO’ ESSERE CONCEPITA COME RELAZIONALITA’ VICINA, QUI PRESENTE.

L'utilizzo di questi due termini serve a chiarificare, sul piano filosofico, il tipo di relazione intercorrente tra l'Uno e i molti, che non è di semplice alterità o diversità, cioè di differenza quantitativa, ma di sostanziale identità, vigendo un'analogia qualitativa tra il macrocosmo, contenente in sé ogni parte, e il microcosmo, che a sua volta contiene in piccolo il tutto.

In astrofisica la cosmologia frattale è una classe di teorie cosmologiche in cui la distribuzione della materia nell'Universo o la sua stessa struttura è frattale.

 Questione centrale in questo campo è l'identica distribuzione della materia misurata a grandi o piccole scale.

L'alternanza di pieni e vuoti è esempio di universo frattale.

Sincronicità, frattalità, simpatia, contiguità (Due oggetti rimasti a lungo in contatto continuano a interagire anche a distanza).

Materia oscura? Energia oscura?

 

Segno della carica elettrica delle particelle elettrone, protone e neutrone (a sinistra), e delle rispettive antiparticelle (a destra).

Ipotesi della gravità inversa: Nel mondo scientifico si ritiene possibile anche un'altra ipotesi: la gravità inversa. Secondo alcune teorie la quantità di materia e di antimateria prodotta all'origine dell'universo era perfettamente bilanciata, ma la materia e l'antimateria presto si allontanarono a causa di una sorta di “repulsione gravitazionale” (vedi Interazione gravitazionale dell'antimateria). Per comprendere questo fenomeno possiamo prendere una formula di fisica classica ben nota, la legge della gravitazione universale di Newton. Se assumiamo che l'antimateria possieda una massa negativa e la materia una massa positiva si capisce come nel caso di gravitazione tra due corpi o due anti-corpi la forza gravitazionale risulti positiva, ossia attrattiva, ma quando si ha una gravitazione tra un corpo e un anti-corpo il prodotto tra le due masse sarà negativo e dunque la forza gravitazionale provocherà una repulsione reciproca.

UNA RIFLESSIONE PERSONALE,

secondo frattalità, sincronia, sincronicità, coincidenza tra microcosmi e macrocosmi

Causalità — materia

Sincronicità — antimateria.

L’inconscio e l’interiorità sono in relazione alla sincronicità.

Le relazioni tra noi potrebbero seguire le leggi di gravità inversa poiché gli enti che compartecipano alla relazione sono la realtà materica dell’attitudine manifesta e il velato pensiero, subconscio velati dell’osservatore.

Relazione tra alfa e Ω

Relazione Matericità - introspezione    

Azione manifesta di alfa – Osservazione e intima rielaborazione di Ω - reazione riflessiva o istintiva di Ω

La matericità dell’attitudine manifesta, si relazione con l’antimatericità del subconscio, dell’istintività, della voce intuitiva.

Due esempi:

Ad esempio il manifestamente proibito non implica in noi indifferenza, bensì attrazione.

“Chi è troppo amato amore non dà.” Teorema - Marco Ferradini

«Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori:

1) un'immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento;

2) un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.»

C.G. Jung, La sincronicità come principio di nessi acausali.

La sincronicità si rivelava così essere il modello ideale per sciogliere molti dei dubbi innescati anche nel modello di triade in fisica classica: Tempo, spazio, causalità; al "quarto escluso" è stato appunto dato il nome di sincronicità.

 

 

In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo e mette in connessione fenomeni che accadono nello stesso spazio ma in istanti diversi, viene ipotizzata l'esistenza di un principio che mette in connessione fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi diversi. Viene cioè ipotizzato che oltre lo svolgimento di un atto conforme al principio in cui in tempi diversi accadono avvenimenti provocati da una medesima causa, ne esista un altro in cui accadono avvenimenti nello stesso tempo ma in due spazi differenti perché, essendo casuali, non sono direttamente provocati da un effetto, risultando così aderenti a un principio di a-temporalità.

La coincidenza.

Per Jung, il fenomeno della sincronicità spiega le pratiche rituali ancestrali come primo il metodo di consultazione de I Ching che si basa su questa ipotesi di una corrispondenza tra interno ed esterno, tra psiche e materiale.

«L'Oriente fonda il suo pensiero e la sua valutazione dei fatti su un altro principio. Non c'è nemmeno una parola che rifletta questo principio. L'Oriente ha certo una parola per questo, ma noi non la comprendiamo. La parola orientale è Tao... Io utilizzo un'altra parola per nominarla ma è abbastanza povera. Io la chiamo sincronicità.»

IL SOGNO LUCIDO

Per sogno lucido si intende quel sogno avuto in coscienza del fatto di stare dormendo, onde la capacità di muoversi in maniera deliberata entro di esso. Con la pratica, il sognatore «lucido»[1] può arrivare ad esplorare e modificare le situazioni del sogno a proprio piacimento.

Secondo gli analisti junghiani, i sogni forniscono immagini e scenari che sono fondamentali nella ricerca dell'inconscio. Prestare attenzione ai sogni e incoraggiare l'attenzione mentale per i dettagli della loro esistenza aiuta a integrare i messaggi inconsci col vissuto consciente[42], e quindi favorisce l'attenzione alle coincidenze e sincronicità. Si tratta di una consapevolezza legata alla nozione junghiana d'individuazione.

Nel 1916 Carl Jung pubblica Allgemeine Gesichtspunkte zur Psicologia Traumes (Punti di vista generali della psicologia del sogno), dove ha sviluppato la sua propria comprensione dei sogni che differiscono molto da quella di Freud. Per lui, i sogni sono anche un portale per l'inconscio, ma allarga le loro funzioni in relazione a Freud. Secondo Jung, una delle principali funzioni del sogno è quello di contribuire all'equilibrio mentale. Lavorando sui suoi sogni così si promuoverebbero le sincronicità. (Tavistock Lectures del 1935[63])

Sitografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Sogno_lucido

https://it.wikipedia.org/wiki/Sincronicit%C3%A0

https://it.wikipedia.org/wiki/Pensiero_magico

https://it.wikipedia.org/wiki/Macrocosmo_e_microcosmo

https://it.wikipedia.org/wiki/Cosmologia_frattale

https://it.wikipedia.org/wiki/Antimateria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN SECONDO IN PIU

La desuetudine del giudizio

UN FATTO

Una persona A stava dinanzi al suo bicchiere e ad una caraffa ricolma di vino rosso, lei accennò a prendere la caraffa e subito, non appena una seconda persona B vide il gesto, la fermò dicendole: "No! Non versarlo nel tuo bicchiere, non è buon vino, è vino stantio!"

La prima persona, a priori consapevole del lungo periodo di quiescenza della bevanda riconobbe tra sé e sé che non avrebbe mai avuto intenzione di bere il vino della caraffa, allora colse la caraffa e ne versò il vino rosso in una acetiera vitrea affinché potesse fermentare e diventare aceto.

UNA BREVE RIFLESSIONE

La seconda persona dipinse alla prima una intenzione diversa rispettivamente al suo gesto del prendere la caraffa di vino e in relazione ai suoi reali propositi e orientamento d'animo. Il suo pregiudizio fu il frutto di una sua bontà poiché B non avrebbe voluto che A bevesse il vino stantio che avrebbe potuto avvelenarlo.

La desuetudine al pregiudizio

Il prevedere di B , possibilmente non vero ed ingiusto, potrebbe dipingere del prossimo singolarità che in lui ancora non esistono e intenzionalità che ancora non gli appartengono e che tuttavia divengono reali esclusivamente per il pregiudicare di B. Allora B realizza del suo prossimo ciò che desidera gli sia identità e comunicandolo alle persone accanto B, la persona che idealizza e pregiudica secondo un tipo, misurato e limitato dai limiti qualitativi del suo mindset, Innesta nuove sovrastrutture di identità - prospettive soggettive pregiudicanti, sovente ingiuste e non vere, tuttavia pur sempre prospettive pericolose, giudizi prima del tempo, che pregiudicano, appunto la realtà dell'osservato:

L'attitudine del pregiudicato è influenzata dal pregiudizio, il nome che ci è predetto è oracolo di ciò che saremmo: nella misura in cui sia più temprato il nostro carattere delle circostanze esteriori, il lieve zeflro non sfiorerà il maestoso vascello; diversamente le circostanze esteriori saranno per il carattere gracile come il mulinello che implode la leggera barca a vela.

Solo un secondo in più, l'attesa al giudicare, è l'oro del vedere la realtà di coloro che stanno dinanzi a noi, nella misura in cui poniamo in secondo livello conoscitivo il nostro IO, Ego giudicante possiamo accedere alla verità del prossimo.

La domanda: Vogliamo conoscere l'essere del prossimo o la nostra idea di lui/lei. Consapevoli del fatto che il nostro pregiudicare può compromettere, limitare, falsificare, velare d' ideali sovrastrutture la vera realtà dell'essere del prossimo.

Gli occhi che videro oltre sanno quanto sia importante guardare con prudenza, attesa e misura. Non credere a coloro che sostengono di averti già visto, essi sono coloro che non sanno vedere nulla d'altro rispetto a loro stessi.

           

QUESTO ESEMPIO E' CARATTERIZZANTE LA REALTA' DEL SINCRONISMO - In quanto a relazione con l'esempio del litigio nell'esempio della persona che tornando per scusarsi trova la prima persona che non la lascia accedere chiudendo la porta a chiave.

 

 

CHANGE WITH BETTER COLORS

 

 

Things that are happening are meant to happen.

The path, the fate, isn’t a straight line; it’s a spiral. You continually come back to things you thought you understood and see deeper truths about these same realities.

We see the same days over and over again:

The iterative relations of coincidences has the shape of the Maori symbol Koru, and the spiral is the image of the return: the limit of circumstances.

We can overcome this limit digging deep within ourselves cause our imagination, our sentiments, our memories, and reflections are chaotic, subjective, limitless, creative and jocund with space and time:

Through our memory and our ideas we can see the reiterative realities with different and more intelligent and conscious eyes, and change with better colors the spiral of our life and the reality of creatures.

 

Divenire con colori migliori

 

Le cose che stanno accadendo erano destinate ad accadere.

Il percorso, il destino, non è una linea retta; è una spirale. Ritorniamo continuamente alle cose che credevamo di aver capito e riconosciamo verità più profonde su queste stesse realtà.

Vediamo gli stessi giorni più e più volte:

Le relazioni iterative delle coincidenze hanno la forma del simbolo Maori Koru, e la spirale è l'immagine del ritorno: il limite delle circostanze.

Possiamo superare questo limite riflettendo nel profondo di noi stessi perché la nostra immaginazione, i nostri sentimenti, i nostri ricordi e le nostre riflessioni sono caotici, soggettivi, senza limiti, creativi e giocosi con lo spazio e il tempo:

Attraverso la nostra memoria e le nostre idee possiamo vedere le realtà ripetitive con occhi diversi e più intelligenti e consapevoli, e cambiare con colori migliori la spirale della nostra vita e la realtà delle creature.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE TELE DELLA LIBERTA'

 

 

 

Se la tela è la libertà, il suo disegno è la  volontà e la grafite è la intenzionalità, ovvero le attitudini che permettono alla volontà di rendersi manifesta. Proprio come la grafite è garante della possibilità e della qualità del disegno.

 

Il dono di libertà è il più elevato livello di altruismo.

 

La domanda "Che cosa vuoi?"  resta importante poiché sposta il nostro sguardo da noi stessi al prossimo.

Ora si comprende che nella relazionalità dialogano vicendevolmente attività e passività - proprio come nell'esempio del pittore che attivamente screzia la tela che si lascia imporporire di sfumature di grafite.

Tuttavia è bene chiarire che nella relazione tra due persone non dovrebbe esistere solamente una attività e una passività, otterremmo che una persona sia solamente attiva (iniziativa) e che la seconda sia solamente passiva (indolente) creando un disequilibrio di creatività, di volontà e di responsabilità.

Il "Va bene così"

Se da una parte implica attitudini passive e remissive dall'altra sono proprio questi 'sacrifici' ad essere garanti della libertà del prossimo nella misura in cui l'adempimento di un carattere riconosciuto e interpretato sia coerente e conciliante con la onesta volontà del prossimo.

Tuttavia questo 'andar bene così' non è sano se adempie al compimento di una sola delle due volontà.

 

 

 

Allora il 'va bene così' deve essere il risultato delle due curiosità reciproche, del vicendevole ascolto e chiarimento e soprattutto deve essere il risultato di un impegno attivo e creativo di entrambi al fine della realizzazione delle due volontà - solo in tal modo è possibile che entrambe le persone abbiano il sentimento di riconoscenza reciproca che da senso alle loro parole pronunciate con sincronicità:'Va tutto bene'

Allora l'andar bene è un impegno biunivoco, non un sacrificio univoco.

Se questo mindset 'altruistico' non è unilaterale, bensì reciproco vi è creatività relazionale, due candele che alimentano vicendevolmente le loro fiamme.

La reciprocità agevola il dialogo e dunque il chiarimento, pertanto implicando realizzazione reciproca delle volontà di benessere.

Tuttavia il 'sacrificio' parziale della volontà individuale in onore del conformarsi della volontà del prossimo se non è la meta è strumentale alla meta in quanto compartecipa all'aiuto, ovvero alla realizzazione della volontà del prossimo in grazia del contributo di una persona diversa dal prossimo.

La chiave della riflessione é il confronto,

Poiché il confronto è garante dell'equilibrio di misura tra egoismo ed altruismo individuali e relazionali - Il confronto appunto risolve il possibile instaurarsi di una relazionalità bianconera in cui una prima persona 'vince' e la seconda 'perde'.

Una relazionalità bianconera sbilanciata può essere esemplificata dalla delega di responsabilità.

Allora è evidente in primo luogo l'impasse del non dialogo, dell'incomprensione e del non chiarimento ed in secondo luogo la eventualità che una delle due persone abbia elevato eccessivamente la sua disposizione all'altruismo, annichilendo la sua volontà.

Avresti desiderato diversamente?

Avresti agito diversamente.

 

Che io stesso ho dedicato ciò che hai dimostrato di desiderare.

Una relazionalità bilanciata prevede l'equilibrio tra domanda e dono. Non inventiamo il pensiero altrui poiché è sovente dissimile dalla nostra interpretazione. Tra ascolto (Silenzio) e parola. Tra dono di libertà e sacrificio di libertà.

Tra attività e passività, tra egoismo e altruismo, queste relazioni dovrebbero essere individuali (Ovvero singlolarità caratteriali gemelle che coesistono in noi e che intimamente dobbiamo ridimensionare, equilibrare)ed insieme equilibrate proiezioni verso il prossimo (Le attitudini che coincidono con il risultato del bilanciamento delle nostre singolarità caratteriali) così da garantire l'equilibrio relazionale.

 

(Vi sono la 'libertà di' e la 'libertà da')

 

Sarebbe importante non assolutizzare il valore della Libertà. Poiché così facendo realizzeremmo uno sbilanciamento: I valori di libertà da (ostacolo,altresì persone) e di libertà di (meta,fine attitudinale)andrebbero a annichilire mediante il nostro egoismo l'intenzionalità della persona che si relaziona insieme a noi, creando unilateralità e fine relazionale.

Ho già osservato che il dono di libertà possa essere il più elevato livello di altruismo nel senso di dono e realizzazione della felicità del prossimo. Tuttavia è importante non promuovere la solitudine come prima garante di felicità. Affinché la relazionalità e la socialità non decadano in solitudini e separazioni è bene attribuire misura alla nostra intenzionalità di volontà libera dosandola grazie al riconoscimento che altresì il prossimo parimenti a noi ha il diritto di avere degli spazi di volontà libera che boi stessi dobbiamo rispettare e promuovere.

Il 'no' radicale ed immotivato è un impasse grave che decade la relazione verso l' unilateralità.

 

Il 'no' contestuale, motivato,misurato e reversibile può garantire la bidirezionalità della relazione in quanto manifestazione della volontà individuale.

Unilateralità relazionale è il ponte verso la fine della relazione, Inesorabilmente? Forse.

Tuttavia riconosciamo che l’inesorabilità iberna il tempo, ovvero che l’inesorabilità sia somigliante all’idea di fine, la fine non ha orizzonti, è un muro vincolante che non diviene, resta e punto. La libertà ha dinanzi a se la vastità di praterie e di orizzonti marini, possiamo concludele che la libertà è essenzialmente libera fin quando non è finita e inesorabile, il viandante è libero nella vastità dei prati e non è libero ché il vasto prato è finito, limitato, definitivamente delimitato,allora: Inesorabile. Lo sconforto del viandante giunge quando incontra non la libertà di pellegrinare nei vasti prati, bensì egli è triste quando incontra l’inesorabilità di non potere procedere il suo passo, la tristezza nell’incontro con la stasi.

Allora confutiamo l'esempio del pittore e della sua tela in quanto esempio di attività - passività univoche che implicano unilateralità e rischio di fine relazionale.

E adottiamo l'esempio di due persone che dipingono ognuno la tela dell'altro -  costantemente dialogando ad ogni tratto di grafite sul come il prossimo volesse che divenisse il dipinto finale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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THE EMBLEM OF LIFE

 

The symbols (0) and ( - ) are the veiled manifestation of the symbol ( + ), is it always true? Maybe it isn’t always true. But anyway the self-deception that is well-fouded on the faith that the symbols (0) and ( - ) are always the veiled manifestation of the symbol ( + ), eases our capability of disregarding the revenge attitudes; so when we’ll have to live and be subjected to belittling contingences (The manifestations of the symbols -, 0 and ÷) we’ll purify them and we’ll be able to recognize the veiled symbol (+) hided by the negative or by the stagnant behaviours.

The knowledge of the reality of nonsense and of his characteristics let you gain a rare level of mindset, the highest levels of mindset aren’t simply achievable, (Resilient thought structures, immune to debilitation, free from alterations in their natural consistency. They are also refractory to any attempt of corruption, characterized by the values of justice, honesty, integrity.) These mindset all are about depth, about the voyages in the dark abyss, about the undying researches carried by the winds of curiosity, patience, freedom, humility, gratuity, magnanimity, persistence, dedication, the evidence is that who will see the limit of an abysmal nightmare, the infinite and perfect night of this reality and who will survive to it will be able to love of an immense love every infinitesimal light of this reality, to dedicate confidence in the growth of apparently hopeless realities *;

the value of every now of the life is assimilable to the diamond Koh-i-Noor;  will be able to see the invisible, to perceive veiled truth focalizing their existence, (The allusion is a focalization indeed), will be able to go beyond with serenity to every diriment impediment of the outward appearance, the surface walls will be recognized like a nothingness in front of the impasse of the nightmare that had been overcome.

The future will be seen as the infinite generosity of life that give us opportunities to change and to actualize a ieratic and irenic daily reality for everyone; because the time of life, it is the time of the symbol ( + ); the time of reality is not an eternal now, the symbol of virtual abstraction, of the inesorability of maybe, of the alienation of reality, may be not the circle of reiteration where we all return to care about the realities we had chosen to avoid, if we act well, we’ll not spare time in correcting us, and we’ll live the miracle of the rainbow of variability; may be not a burial mind-surface where lay the syncopated lines or our abandoned relations. The time of life is the opportunity to become yourself the human fulfillment of the symbol (+), when you choose to behave in the name of the symbols ( -,0, ÷) in your relations, you are an example of them that reflect itself into others behaviour, so you're asphyxiating not only your spirit of creativity, but the course of becoming of the people you are in relation with and the realization of the whole reality. The whole nature is an example of the increase of vitality, but we're able to choose differently, the choice of denying the creativity is a deviance by our nature and by our responsabilities. So the human ego is converting the ancestral rule of creativity: we can simply see it in the contingence of the relation between two or more egoes; every one of them will deceive the others to increase the value of himself; the result is the common denigration and the general decrease of the latent creativities of all the egoes. The truth is that everyone cares about the mirror of the ones who stands in front of them, we call it identification, this is agood property if we intend it through the perspective of the magnanimity: “put yourself in somebody else's shoes.” But the attitude of identification could become hazardous when it degenerate in homogenisation ( that impoverish the individual rarity) or in conformism, the power of attorney the thought.

 

A priori we deny the contamination of thought in honor of the mindset of non-violence, in this way we annihilate the differences in thought, we disaccustom us to the variety, to the creative variability and to the attitudes of ‘change mind’ and of ‘think twice’.

We're all influenceable, like a little plant is dying because you're not giving her water, the people you'll not care will leave you, but think about it: The plant that died because of carelessness had been isolated by her natural atmosphere and inset in a vase. The Natural atmosphere provides to the reciprocal nutriment, to the autonomous safety, cure and survival course of every creature that live in the biosystem. What could we learn by the imagine of the ‘dead nature’ and generally by Nature?

We should not forcefully tear anyone from his environment to adapt it to ours if we do not plan to take care of it.

The act of caring is always compensated: If we daily donate a little plant some drops of water and if we let her receive the rays of sunlight, this plant will donate the beauty of her flowers shapes, the shades of her colors and te nuances of her scents.

We may remember that that the growth and the vitality of plant is in change of only daily drops of water and rays of sunlight: we should not demand more of what is vital for us, we are destined to be subject to our excesses.

The symbols (0, -, ÷) are not the responsibility of life, these inexorable symbols are immensely outside our human right, they are affairs of death, however we are responsible for them if we choose to act in their name and if men in life choose these symbols (0, -, ÷) for their life or for te life of others they will pay the consequences.

 

 

 

 

 

 

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Cause - Effect

Perspectives that confute the principle of causality.

The ideas, and the prejudices, according to which a defined past necessarily follow a defined present and a defined future can imply a habitual attitude towards inexorability; these severe attitudes unaccustomed to the belief in the possibility of a present being and a future becoming better or anyway different from the past observed.

Similarly, the presumption of judging a reality accomplished and the result of a fully knowledge,

can imply the stasis of curiosity and therefore the underestimation of the observed reality resulting from partial knowledge of it. (The will to blindness).

 

According to this perspective, the faith in the possibility of the fulfillment of the aim, not the cause, is the spirit of initiative, it is the first engine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il due è più vicino dell’uno all’infinito e il cuore dorato

 

Un famoso artista spagnolo realizzò un’opera eccentrica, misteriosa, certamente degna di considerazione, il titolo di questa opera è ‘Espansione’; in questa opera il momento del compimento dell’opera assume pari rilevanza rispetto all’opera stessa. In origine l’artista Mareo Rodriguez decorò una tela di lino avoriata con un motivo geometrico regolare: Furono rispettivamente dipinti con precisione millimetrica due rettangoli concentrici, un rettangolo fu dipinto con la tempera ad olio nera, uno dorato.

Questa è l’opera originaria:

Successivamente l’artista Mareo Rodriguez colse della vernice acrilica nera e la scagliò sulLa tela “geometricamente perfetta”.

 

Questa opera artistica potrebbe esemplificare una idea: Vada in cenere ogni attesa e aspettativa di perfezione, ogni congettura di eccellenza, che divampi il rogo dei giudizi mendicanti di volontà egoistiche, di valenze superne, di esigenze di qualità superiori rispetto alle attuali realtà, siano le braci i pregiudizi, gli inesorabili negativi congedi, i no, poiché non è eccellente, poiché non va mai bene, poiché non è sufficiente è non potrà esser diversamente! Guardiamo con sguardi umili, misuriamo le pretese di qualità. L’abitudine del cieco sacrificio del poco e del meno (poiché, si desidera, si ambisce, si presuppone il tutto, il più, il perfetto, il matematico, il divino) non può che risolversi in una miriade di vittime non accolte da un sistema che di umano non ha nulla, in verità un sistema che è il Noi che accoglie le regole di questo sistema, talvolta delegando la responsabilità ad una idea di realtà. Quante volte pronunciamo le parole, “Così è, ed è quel che è, rendiamone ragione!”. Se dunque insieme giungiamo alla conclusione che una definita realtà “è quel che è”, ovvero lontana da noi e dal nostro sogno, abbiamo la pazienza di stravolgere i dadi della casualità?

 

Il cambiamento buono è difficile, è in verità impossibile se la nostra mano nemmeno sfiora i dadi della casualità.

Il sistema del “negare” del “sacrificare” del “rinunciare” è evidentemente un sistema privo di intelligenza in misura ed in qualità in cui pone come meta:

A livello interpersonale la volontà egoistica, che secondo scelte di inesorabilità nega la reciprocità relazionale, la relazione diviene univoca, ovvero non relazione.

A livello sociale l’ottimizzazione del rendimento del sistema premettendo talvolta come metodi per giungervi, non la collaborazione e la valorizzazione di ciascun singolo, bensì la perdita aprioristica di potenziale creativo di molti che non dimostrano i requisiti di creatività standardizzata richiesti, e l’inflessibilità, (poiché si dimostra in evidenza statico e inesorabile, ovvero estraneo all’accoglimento del meno, del divenire, del diverso e del cambiamento. La limitatezza del sistema riguarda la cecità del riconoscimento che vi possano essere forme di intelligenza creative alternative rispetto a tale presupposte, e che queste dissimili forme di creatività e coloro che le possiedono porterebbero al sistema stesso frutti similmente o maggiormente buoni, se solo il sistema li accogliesse e li sostenesse); un sistema che in verità può plasmarsi soggettivamente in ciascun individuo in iconiche realtà caratteriali e attitudinali caratterizzate da severità, inesorabilità, inflessibilità, diniego,    ghosting,          relentless apriori blocking.

Il sistema “purista” esige che la tela sia di lino avoriata con due motivi geometrici regolari e che mai divenga diversa, nessun bambino, alcun uomo o donna osi cambiarla: due rettangoli concentrici, un rettangolo nero, uno dorato. 

 

 

 

 

 

È palese  che questo sistema è radicale e dispotico, antidemocratico e nichilista in quanto annienta ed elimina spietatamente ogni possibilità di voce alternativa e creativa rispetto alla pretesa ‘perfezione’ già data, questo sistema assume che una volta che si giunge all’ottenimento di un dato livello di bontà o di perfezione, ciascuna realtà dissimile e avversa a questa debba essere allontanata e eliminata; altresì nel mentre del processo di realizzazione di realtà coerenti al sistema esso si dimostra dispotico poiché esige che ciascun artefice della realtà desiderata compia esattamente la sua parte utile al raggiungimento della meta perfetta; il sistema dunque non ammette nessuna devianza di pensiero, nessuno spirito di originalità individuale.

In tal modo imperversa la stasi eterna, un’immobilità più forte di noi stessi che abitua al sacrificio della diversità alternativa al modello di perfezione, del modello di movimento e di cambiamento esteriore strutturante il pensiero, la stasi che purtroppo talvolta assume il nome di inesorabilità. La parola ‘inesorabilità’ assume senso logico in gemellanza con la parola ‘fine’, non dimentichiamo che la vera fine della vita altresì relazionale e interpersonale non può che esistere una sola volta.

La mentalità purista può degenerare in una forma di psicosi di non contaminazione del pensiero, del sentimento, dell’affettività questa struttura mentale ha come strumenti la severa selettività, l’atto del diniego a priori, ovvero in assenza di rilevanti cause, talvolta accompagnati dal mood caratteriale di ‘essere sulla difensiva ‘ e la ‘nonviolenza a priori’ con inclinazioni di egocentrismo e autocommiserazione a priori e paura ingiustificate, maligne poiché sconvolgono e travolgono l’equilibrio di reciprocità relazionale ponendo come polo positivo estremo sé stessi e come estremo polo negativo il prossimo, talvolta in mancanza di provate e consistenti premesse, la mentalità di ‘nonviolenza’  implica assenza di creatività relazionale, di curiosità e di iniziativa verso il prossimo, queste attitudini si rifrangono in coloro in cui è ancora vivido lo spirito creativo di apertura interpersonale a poco a poco affievolendolo.

La mentalità purista può implicare precarietà culturale e interpersonale in quanto inflessibilità, staticità, indisponibilità di arricchire se stessi in grazia della relazione con realtà devianti rispetto alla mentalità personale: La presunzione di unicità di pensiero e di coincidenza del proprio pensiero con la verità (Che talvolta può ritenersi coincidente con la verità ‘perfetta’ proposta o imposta dal sistema purista) è inesorabile, è cieca di sé stessa, e dispotica nella misura in cui soffoca prospettive più umili, essa inoltre è sterile, non può che fermarsi a sé stessa poiché non ha confronto, non ha relazione.

Ne possiamo riconoscere due chiavi di volta e di lettura nello spirito di originalità individuale e nel confronto interpersonale.

“È probabilmente vero in linea di massima che nella storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai punti di interferenza tra due diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in tempi diversi e in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni religiose; perciò, se esse veramente si incontrano, cioè se vengono a trovarsi in rapporti sufficientemente stretti da dare origine a un’effettiva interazione, si può allora sperare che possano seguirne nuovi e interessanti sviluppi.”

Werner Heisenberg

 

I nostri limiti sono la nostra opportunità di vivere in questi limiti e di rivalutare noi stessi per cambiarli in meglio o per abbracciarli. Perché abbracciare i nostri limiti o differenze (anche di pensiero) è l'opportunità di abbracciarci e soprattutto di elevarci reciprocamente attraverso diverse conoscenze e realtà. L’imperfezione di una realtà può velare la sua perfezione e compiutezza, così come la devianza può velare la normalità.

 

 

“Se la devianza è il prodotto della tensione tra autonomia dell'individuo e la costruzione sociale, ne consegue che per Durkheim.

Non ci sarà mai una società senza devianza. Anche laddove la costrizione è più forte, ci sarà sempre qualcuno che si comporterà in modo difforme rispetto alle regole socialmente condivise, proprio perché non potranno mai essere cancellate le duplicità della coscienza (individuale - collettiva. Intima e esteriore. Autoreferenziale e relazionale. Attiva, libera e passiva, autoritariamente subita). Inoltre, la devianza, oltre ad essere un fenomeno ineliminabile e quindi normale, può essere utile alla società: Senza devianza infatti, non ci sarebbe cambiamento sociale. Se tutti si comportassero sempre in modo conforme, le rappresentazioni collettive non subirebbero alcun cambiamento. Ma perché ciò non avvenga, occorre che l'originalità individuale abbia la possibilità di emergere.”

Alla fine la premessa è quella di avere la pazienza di conoscere la verità della realtà con cui siamo in relazione, questa non è un'aspettativa passiva ma deve essere un'iniziativa attiva di incontro, di domanda e curiosità; mai definire le realtà che incontriamo, non pensiamo mai "è così" e "non può cambiare", o "Non può essere diverso rispetto al mio modo di vedere", non crediamo ciecamente ai nostri occhi, la verità è ancora lontana; un passo in più verso di lei ci avvicinerà.

Il cuore d’oro, nella piramide di marmo, nel cubo di legno.

Disveliamo forme non comuni della realtà.

L’umiltà di non sapere è lo spirito della curiosità, la curiosità è altruistica in quanto volontà attiva di incontro di realtà altre rispetto a noi stessi. Riflettiamo sulle possibilità presenti e future di cambiamento, sii come uno scultore che guardando un cubo in legno non pensa: "È un cubo, è solo un povero cubo di legno, mi è indifferente, dunque non esiste, non cambierò mai idea su di esso".

 

Uno scultore che guarda un cubo farà tutto il possibile per creare una statua - Immagina, il processo di scultura è lento: All'inizio i materiali saranno ispidi, lentamente lo scultore scoprirà il marmo che nasconde il legno, quindi il marmo attraverso l'iniziativa creativa dello scultore mostrerà le sue forme raffinate: alla fine egli potrà vedere del fu cubo di legno una piramide di marmo in verità soltanto per la sua accogliente e plasmante volontà. Della piramide di marmo lo scultore volle farne una sfera e nel mentre dello scolpire scorse le venature marmoree celare una dorata luminescenza, in grazia d’uno spirito di curiosità egli perseverò nell’atto dello scolpire, egli vide un prezioso lingotto d’oro che foggiò nella forma di un cuore.

Vivere significa altresì non sopportare o negare la contraddizione tra noi e la diversità, poiché ciascuna realtà che nella nostra vita è in relazione con noi non può che essere diversità e somiglianza, mai analogia essenziale, rispetto all’unità dell’io che vede, che ascolta, che tocca, che sente le variopinte, cangianti e esteriori contingenze della realtà. Abbracciamo le differenze: Non sono realtà da curare e da conformare, ma le differenze hanno lo stesso valore delle realtà che caratterizziamo normali. La realtà è una.

Non pronunciamo mai a priori NO alle realtà che incontriamo, non pensiamo mai che la nostra prospettiva sia la compiuta verità della realtà, non fermiamo noi stessi mai alla nostra prima percezione, potremmo morire precocemente, dunque non rinunciamo né alla nostra seconda idea, né alla terza, in questo modo nel frattempo raggiungeremo la verità della realtà che stiamo cercando, la realtà sarà più chiara, meno confusa, meno caotica poiché la avremo messa a fuoco. 

Se la prospettiva che si vede si percepisce come flebile e sfocata non significa che non esista! La ferma credenza della labilità altrui e la seguente certezza della propria unicità e correttezza di pensiero è la prima ignoranza.

 

Siamo umani, siamo animali, non macchine; quando ci incontriamo, nessuno di noi risponde automaticamente a un comando: diamo il tempo di lasciare che le nostre mentalità si abbraccino attraverso la curiosità e l'ascolto.

Nel frattempo guardiamo il presente della realtà che sta cambiando con noi, mentre ascoltiamo, questa realtà ci sta parlando, non può che essere così poiché il tempo della vita è il tempo della relazione: il fiore sboccia anche in silenzio, anche se non ne siamo a conoscenza, l’incontro è un istante solo, tuttavia può essere la possibilità dell’irenico ritorno, la possibilità di avvicinarsi all’eterno, poiché il due è più vicino dell’uno all’infinito.

Il dono della natura risiede altresì nella parola possibilità di realizzare noi stessi ciò che è pensabile e ciò che non può essere pensato, le realtà oniriche. Permettendo che la vita non può che essere onnipresente relazionalità, L’atto del dare è l’imprescindibile premessa del vivere di ciascuno, la vita non può che essere dono: questa idea non può che condurci a riconoscere un velato significato della metafora del fiore che sboccia anche in silenzio: Ad esempio l’apparenza di una attitudine di inesorabilità può celare un dono di libertà. Siamo curiosi di ciò che non è e saremo ricchi della conoscenza di ciò che può essere – Le realtà velate oniriche ed ireniche sono in potenza reali, e divengono realtà nella misura in cui crediamo nella loro esistenza: La speranza è la lente che rende le realtà invisibili, visibili e le realtà definite, finite, inesorabili; cangianti, risorte, vive. La fede, la fiducia sono dunque le premesse, non le conseguenze dell’avverarsi dei nostri sogni.

 

 

 

 

 

 

 

Tcāj e simbiosi mutualistica micorriza

s. thai

Sincere kindness and care, goodwill and a spirit of initiative and creativity towards others, liaisons, nature,

 without expecting anything originally and without expecting anything in return.

Sincera gentilezza e premura, buona volontà e spirito d’iniziativa e di creatività verso gli altri, verso le amistà, verso l’ambiente naturale; senza pretendere nulla in origine e senza aspettarsi nulla in cambio.

 

Disapproval about the blameworthy act of delegating responsibility and initiative:

{ • ( I’m ‘awared’ and I want others to know that someone cares. I do not care, but someone may care.) } = { 0 Persons who care} = { Not a soul cares , stasis , decadence.}

Critica dell'atto di delega di responsabilità e di iniziativa:

{ • (Sono 'certo/a' e  voglio che gli altri sappiano che qualcuno vi dedica le sue premure. Non io, ma altre persone potrebbero averne cura.) } = { 0 Persone ne hanno cura, stasi, decadenza.}

Non crediamo che la Natura, di cui noi siamo parte, sia un mero strumento privo di merito, di riconoscimento del suo valore. Non crediamo che la Natura stessa non abbia alcunché da insegnarci. Ad esempio la Natura ci insegna il valore dell’equilibrio altruistico tra l’elemento donato e il dono ricevuto:

Le simbiosi mutualistiche sono fenomeni naturali per cui le orchidee, le querce, i coralli portano avanti il loro ciclo vitale vivendo a stretto contatto e traendo benefici reciproci, sia di natura nutrizionale che di altro tipo, in questo equilibrio la misura della decadenza di un primo elemento naturale coincide con la misura dell’impegno del secondo elemento affinché questa povertà e limitatezza sia sanata, in questa sistema non vi è perdita:

 

Allorquando il secondo elemento vivrà un periodo di decadenza il primo elemento sarà florido di vitalità e vi dedicherà le sue cure. In un sistema egoistico – competitivo, diversamente, vi è danno e perdita: le perdite si verificano allorquando un primo elemento sacrifica, abbandona o denigra un secondo elemento (in onore di pregiudizi di inutilità, povertà, inabilità, ignoranza, scarsità). La seconda prospettiva di perdita interessa la probabilità (Questa è una probabilità ingente considerando le varietà e la variabilità dei tipi di cure e di necessità di cui la natura è madre) del primo elemento di necessitare in un secondo momento delle ipotetiche cure del secondo elemento: In assenza delle passate cure del primo elemento le povertà, le inabilità, le ignoranze, le scarsità del secondo elemento si saranno nel tempo radicate indebolendo ed impoverendo l’ente che avrebbe potuto in futuro giovare al primo elemento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anime velate

 

Ciascuna persona appare ai nostri occhi un nonsense nella misura in cui non le dedichiamo le nostre gratuità e cure disinteressate, lo abbiamo visto:

L'apertura interpersonale nei confronti di coloro che non dimostrano la volontà di incontrare e di conoscere è sempre più rara, questa eventualità è purtroppo definita nella relazione tra sconosciuti e dirimente e prima causa di decadenza nella relazione tra conoscenti: Le pagine dei libri non si disvelano a coloro che non hanno cura di sfogliarli; quanto costa caro l'ozio dell'indifferenza!

Semplicemente sacrifichiamo gli universi del nostro prossimo credendo nell'illusione di potere compiere il nostro universo in assenza del valore dell'immedesimazione, il senso ultimo del riconoscimento della nostra singolarità come identità appartenente e integrante una molteplicità. Allora siamo assuefatti dall'assurdo miraggio secondo cui la nostra esperienza non possa divenire un racconto fruttuoso per la vita del nostro prossimo, il racconto della nostra esperienza è la nostra gratuità, è la nostra testimonianza, è la nostra eredità, è il senso primo del nostro vivere insieme, non è una moneta che uno solo può spendere, è secondo questa mentalità che la superficie della nostra coscienza diviene opaca, si scherma dei veli del nichilismo, le anime non si riflettono vicendevolmente ed infine non si riconoscono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L' equilibrio della conoscenza è sensibilmente dipendente dalla fede aprioristica che dedichiamo e dal contributo o passo di un cammino condiviso che doniamo ed auguratamente riceviamo in dono; è inoltre fondamentale il coraggio reciproco d'incontro con le verità che ancora si scorgono essere in latente nebulosità, la nostra magnanimità nella ridefinizione dei nostri valori; l' urgenza della domanda, della curiosità e del chiarimento, nonché l'inesistenza delle intimidazioni di inesorabilità, indifferenza, noncuranza e saccenza in quando riconoscimento della vitalità in divenire nuova in ogni adesso della relazione. Il compimento in divenire della vicendevole conoscenza è uno dei principi della catena della relazionalità, il valore fondante la fraterna creatività.

 

Approfondimento

Principio biblico avverso alla selettività relazionale

 

Lc 14, 25-27

«Siccome1 molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.2 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.3 Chi ha orecchi per intendere, intenda».

1 –

Molta gente seguiva il signore a priori (poiché in grazia delle sue opere egli aveva raggiunto la ‘fama’ di colui che compie i miracoli, non perché avessero realmente inteso il valore del suo messaggio rivolto al valore della fede.) La parola ‘Siccome’ è immagine del fatto che egli non desidera essere seguito per la sua attuale notorietà, bensì da coloro, i pochi che provano ad accogliere la sua parola e con fiducia e responsabilità aiutandolo a portarla a compimento.

 

 

Dal testo sacro si evince infatti che da questo momento in poi, egli sarà accompagnato da un numero sempre minore di persone, egli sarà infine solo, sulla croce. Queste interpretazioni e queste parole rivelano l’importante tema della libertà di pensiero, egli non impone dispoticamente i suoi pensieri e la sua persona rispetto alle altre persone, egli piuttosto consiglia di ascoltare, di scegliere consapevolmente ed eventualmente altresì di allontanarsi da lui.

2 -

Il tema: Equilibrio relazionale

L’identità del Signore che questo verso esprime è il suo essere uno sconosciuto. Ed in nome della sua identità di sconosciuto egli consiglia: Amate coloro che non sono conosciuti ancor più di coloro che sono conosciuti ed ancor più della vostra stessa vita.

Egli è esempio di una mentalità che si rivela secondo livelli inconsueti di consapevolezza, egli non consiglia di non amare la famiglia, e non consiglia di non amare la vita, egli nega il pregiudizio aprioristico secondo cui coloro che sono sconosciuti siano privi dei valori umani, affettivi, e caritatevoli di cui si crede siano esempi la famiglia, si riconosce che nella misura in cui si pone in rilievo l’io e le realtà che si riconoscono come sue proprietà (La famiglia e la vita), automaticamente decade nell’atto di giudizio, il valore dedicato alle realtà che non vi appartengono, ovvero le persone sconosciute che secondo la logica dell’esclusività relazionale saranno ora e sempre destinate a restare sconosciute poiché la relazione tra persone sconosciute è labile a causa della assenza di riconoscimento di valore umano e di apertura interpersonale.

Dunque solo nella misura in cui a priori si dedicano al prossimo non conosciuto le opportunità del riconoscimento in lui/lei dei valori umani che riconosciamo in noi e nella nostra famiglia, nella misura in cui riconosciamo nel prossimo nostro, non uno sconosciuto, bensì una realtà che è in divenire realtà di compagnia con noi, ovvero la nostra famiglia;

 

allora avranno in verità senso nuovo le parole: creatività relazionale (Il margine di possibilità di conoscenza tra due sconosciuti è diametralmente superiore rispetto al margine di possibilità di conoscenza tra due persone che giudicano di conoscersi), novità, sorpresa, fiducia.

Che senso può avere il concetto di fiducia nella condizione in cui esista reciproca consapevolezza e coscienza dell’agire del prossimo, potremmo forse parlare di previsione del verificarsi di una ovvietà di cui avevamo consapevolezza delle variabili originarie. La proprietà del dono di fiducia assume più merito, più significato, responsabilità e valori nella misura in cui ci relazioniamo con realtà che non sono conosciute e che sono chiamate ad accogliere e a relazionarsi con la fiducia donata: La fiducia è un atto di fede di gratuità e di speranza dedicato al prossimo, nell’augurio secondo cui ammettiamo che i suoi valori ed i suoi disvalori trovino compimento in una attitudine condivisibilmente accolta.

Vivere le relazioni secondo il valore della vicendevole libertà, non di reciproche obbligazioni.

In una relazione compartecipano due persone:

Ad un dono di amistà e di amore non può che corrispondere la disponibilità di accoglimento e di gestione dell’altro del dono ricevuto:

Il dono di amistà e di amore può decadere secondo le variabili della ascendenza del tempo e della non libertà in eventualità in cui si delega un carico di tempo, di responsabilità, di energie e vitalità, eccedente.

Tuttavia questo pensiero non deve decadere nel suo radicale opposto: La non volontà aprioristica di dedicare o accogliere atti di amistà e amore.

Il tema della fiducia relazionale aprioristica e non esclusiva.

 

 

 

UN PASSO IN PIU'

Il paradosso del nulla

Il nulla è buio ed altresì luce; poiché noi siamo i lumi che il nulla illuminano.

“Quando guardi nell’abisso, l’abisso guarda in te.”

Friedrich Nietzsche

Nulla in essere e nulla in divenire.

Il nulla in divenire è origine, inizio, ponte di vitalità, poiché ciascuna creatività e novità è compimento di una realtà velata o non esistente, di cui noi stessi possiamo essere artefici; il nulla in essere è fine, stasi, inanità, eterna e vana attesa, per il raggiungimento di un fine che non si distingue dal principio, è per definizione nichilismo, simbolo della perdita di ogni punto di riferimento e della risposta 'non sense' alla domanda di senso della realtà.

Il nulla in divenire, non il nulla in essere è la meta da raggiungere. Temere il nulla in essere o abituarsi ad esso implica le nostre paralisi, di cui alcune manifestazioni sono l'indifferenza, l'odio, l'inesorabilità, l'annichilimento del prossimo; e queste paralisi significano le nostre inattività, apatie, inerzie: Le nostre paralisi implicano il nostro non esistere nell'adesso ed il reiterarsi del nulla in essere a causa della nostra attitudine di astensione o di delega. Tuttavia comprendiamo che il nulla in essere è inesorabile sino al tempo limite in cui noi stessi lo cambiamo, il nulla in essere è altresì la nostra opportunità di dare noi stessi significato ad una realtà che percepiamo come vuota ed insensata: Dunque se l'inazione è la scelta del nulla in essere, l'iniziativa è la nostra scelta di cangiare noi stessi il nulla in essere affinché sia in grazia del nostro esistere attivo nulla in divenire, la scelta della vitalità in onore del dono della vita, il nulla può dunque manifestarsi come addio, tetro incubo d'inanità, di nonsense, di inesorabilità mai cangianti, oppure come il lume del principio di divenire concordi alle nostre idealità;

 

 

il lume onirico della realtà che desidereremmo vedere sostituirsi al nulla e le nostre attitudini, il nostro esempio conseguenti al nostro pensiero sono i ponti fondanti il significato del nostro aver luogo ed aver tempo poiché in grazia di essi il nostro essere talvolta sospende il nulla, talvolta si avvicenda ad esso o talvolta crea un connubio con esso.

In grazia della nostra opera il colore unico dell'aura nostra vincerà le oscure ombre del nulla in essere tingendole e ravvivandole delle nostre tinte che meriteranno, in grazia delle nostre illuminanti iniziative, d'aver luogo e senso tra le ombre dell'eterno.

Essendo l'osservazione e il pensiero (memoria, immaginazione creativi) essi stessi attività plasmanti, secondo una intima e individuale variazione di priorità e di ordine di valore della realtà possiamo stimare una realtà in origine riconosciuta come nulla, di valore e qualità in grado e livello superiori nonostante fattualmente non la abbiamo noi stessi modificata con la nostra iniziativa:

 

NULLA È TUTTO, CON UNA TORSIONE (= attività.)

Kurt Vonnegut

I drew the Earthling symbol for nothingness, which was This:

o

I drew the Earthling symbol for everything, which was This:

APPROFONDIMENTO

 

Nella filosofia orientale, il caos sembra coincidere con l’“energia primordiale” che, “causando” il movimento o la fluttuazione della “luminosità oscura” (il black hole), origina la “visione delle forme”.

Il suono KA riporta anche al termine causa quale “causalità dell’apparente casualità del Caos”. Inoltre i valori semantici della radice sanscrita KA e del suono AU (O) conducono a identificare il caos come la manifestazione infinita dell’Assoluto.

 

KA

Il NULLA è FONDAMENTO NECESSARIO E PRINCIPIO DELLA CREATIVITà

In sanscrito KA è rappresentato dal simbolo dell’infinito (un otto rovesciato) aperto a destra, con una linea retta che passa perpendicolarmente per il punto centrale dell’infinito, dividendolo idealmente in modo simmetrico. Nella grafia della consonante troviamo quindi rappresentato il concetto di creazione: la vibrazione che a cavallo della linea di continuità, tra fenomeno e noumeno, guida il processo di creazione dal vuoto al manifesto. La K nello spazio dà forma all’opera.

 

Questi principi sono affini al concetto espresso dal termine ebraico [pargod] (Cortina o Velo cosmico, sipario, specchio), inteso come lo schermo inafferrabile sul quale compaiono le forme illusorie che ingannano l’essere. È il simbolo dello “specchio di Dio”, della sua auto-ricettività creatrice.

Ogni creazione diviene proiezione illusoria, apparente inganno che, nel suo duplice aspetto, conduce alla saggezza espressa nella māyā induista, il cui significato originario era quello di “creazione” e solo in seguito ha acquisito il significato di “illusione”.

 

 

Termini ebraici derivanti dalla radice “ka”

KAV = linea, corda, stringa, raggio, cerchio, zona; “parola che si verifica”, voce, chiamata; “raggio di illuminazione divina”.

KOL  = suono, voce, rumore, tuono, segnale.

KHOL =muoversi in circolo, vortice, mulinello, gorgo, vuoto primordiale; girare, rotazione, danza; verificarsi, avvenire.

KHALAL = iniziare, aprire; profanare, rompere, perforare, penetrare, trapassare; taglio; essere vuoto, svuotare; pertugio, cavità, tana, varco, luce, pozzo.

 

Vuoto Primordiale; vacuo, nullo, privo, assente; spazio, intervallo, luogo, arco, lo spazio esterno, universo; gola, abbraccio; flauto.

Khalal è inteso come vuoto, spazio e luogo:

 vuoto, in quanto in esso non vi fu niente;

 spazio, prima condizione che segue il momento in cui esisteva solo Dio con la propria Luce;

 luogo, in quanto condizione di espressione, seppur limitata, della Creazione.

Dio permise al Khalal di formarsi, e poi vi infuse una luce limitata attraverso una linea retta (kav) formando così la Creazione dotata di specifiche peculiarità, gradi e livelli. Il kav in questo modo ne costituì anche la condizione di limite e confine.

kōan

«Se intraprendete lo studio di un kōan e vi ci dedicate senza interrompervi, scompariranno i vostri pensieri e svaniranno i bisogni dell'io. Un abisso privo di fondo vi si aprirà davanti e nessun appiglio sarà a portata della vostra mano e su nessun appoggio si potrà posare il vostro piede. La morte vi è di fronte mentre il vostro cuore è incendiato. Allora, improvvisamente sarete una sola cosa con il kōan e il corpo-mente si separerà. ... Ciò è vedere la propria natura.»                                                                          Hakuin, Orategama

Il carattere che indica il Wú! (in giapponese: Mu), ovvero la risposta del maestro Zhàozhōu riportata nel primo caso del Bìyán lù, la cui corretta interpretazione è il tema della meditazione sul kōan. Da notare che questo carattere è composto dal carattere  "fuoco" posto sotto un covone di grano . Ciò indicherebbe la non esistenza di qualcosa, ma in ambito della dottrina buddhista zen la sua più corretta accezione è "né esistenza, né non-esistenza".

La parola “Nulla” in lingua gujarati

https://progettocoscienza.hyst.eu/dal-caos-un-percorso-verso-il-nulla-1/

https://it.m.wikipedia.org/wiki/K%C5%8Dan

 

 

VEILED TRANSCENDENCES

                       

'' L'albero è di fronte alla finestra della sala. Lo interrogo tutte le mattine: '' Cosa c'è di nuovo oggi?" ka risposta giunge senza esitazione, portata da centinaia di foglie:" Tutto ".

 

Trascendenza, antitetico al concetto di immanenza, deriva dal latino ("trans" + "ascendere" = salire al di là) e  indica la qualità di una realtà concepita come ulteriore, "al di là",  "esterna a...", "non riconducibile a..." rispetto ad una realtà, al quale si contrappone  una visione dualistica.

Secondo Edmund Husserl, la coscienza è intenzionale, cioè si rivolge a oggetti che sono trascendenti rispetto ai vissuti della coscienza medesima, ovvero sono al di là di essi: in questo senso, trascendente è l'oggetto, il contenuto dell'atto che compie la coscienza.

Karl Jaspers, il teorico dell'esistenzialismo assume l'impossibilità per l'uomo di raggiungere l'essere in sé, che rimane sempre al di là delle sue possibilità, tuttavia la coscienza della realtà è una immagine speculare, rifratta e cangiante della realtà stessa come l'immagine di una realtà riflessa sulle tenui e brillanti oscillazioni di uno specchio d'acqua ravvivato dai lumi solari.  La luce, i cambiamenti ambientali come l'intensità dello zefiro che riverbera la superficie dello specchio d'acqua, la qualità delle diverse realtà (acqua e materia) sono le variabili che in questo esempio intervengono. Noi siamo cangianti come lo specchio d'acqua plasmato dall'ambiente, dallo spazio, dal tempo, tuttavia in noi intervengono altresì le singolarità della memoria, del sentimento, delle emozioni, dei sensi...

 

 

 

 

 Simultaneamente siamo osservatori di noi stessi e di realtà esterne che non possiamo conoscere nella qualità che è in essere, bensì nelle qualità di immagini riflesse sullo specchio della nostra coscienza plasmate dalle nostre singolarità. La trascendenza dell'essere si rivela per l'uomo nelle situazioni-limite (Di profonda sensibilità) in cui le nostre singolarità, il nostro pensiero, ogni nostro dualismo si risolvono in olismo del reale, poiché in esse esperiamo lo scacco che subiamo nel tentativo di superarle e di comprenderle. La trascendenza non è esistenza. L'esistenza infatti sussiste solo in quanto c'è comunicazione e relazione; la trascendenza invece è se stessa senza bisogno d'altro, è possibile la conoscenza della trascendenza poiché si è trascendenza. NOSCE TE IPSVM.

Il/la Trascendente, participio presente di "trascendere", nel significato originario latino può essere riferito a "colui che trascende", che "passa il limite. ''

Assumere che la coscienza sia intenzionale implica che senza volontà di coscienza, non può esservi coscienza.

Secondo questa logica assumono valore di senso i significati di incoscienza e follia. In onore di una mentalità dualistica siamo abituati a definire la razionalità positiva e la follia negativa, in verità al di là di questo giudizio di valore, la follia è in verità una alternativa struttura mentale, la follia è la seconda struttura mentale gemella della razionalità , è un mindset alternativo, un sistema di valori dissimili e lontani rispetto ad altri, se una possibilità di valori è dissimile rispetto ad un sistema di valori comunitariamente accolto e strutturato, questo non implica che questi ulteriori valori possibili siano negativi: inoltre considerando che la possibilità di diversità dei valori è fondante la libertà di pensiero.

 

 

 

 

 

Coloro che viaggiano molto sia nel tempo con la lettura, sia nello spazio (Incontro di nuove culture) hanno forse riconosciuto il limite di pensiero locale e nella loro coscienza lo hanno superato, incrementando i loro valori con altri dissimili sino, forse, ad ottenere l'abilità di usufruire al bisogno di più di un unico sistema di valori, ovvero di più di una struttura mentale.

La consapevolezza del bene agire è fortemente dipendente dalla ricchezza di valori acquisiti e dalla loro dissimilarità in quanto nell'atto di volontà si realizza un aumento di possibilità di confronto tra valori, di ragionamento.

La ricchezza di valori influenza la superficie della coscienza, la consapevolezza, tuttavia questa variazione di limite di coscienza non può che avere altresì implicazioni più profonde, incidendo sulle qualità di subconscio e istinto, incrementando la sensibilità del singolo.

Concludiamo che la follia, nella sua accezione di struttura mentale caratterizzata da valori dissimili può essere utile in relazione con la razionalità, la struttura mentale caratterizzata dai valori primari, (i valori dell'infanzia, della tradizione familiare e comunitaria) e fonte di creatività buona.

Abbiamo assunto che senza volontà di coscienza, non può esservi coscienza.

 Coloro che non vogliono vedere, non vedono, coloro che non vogliono ascoltare, non odono, coloro che non vogliono parlare, tacciono: Sé stessi e gli altri, mai una azione è unilaterale, non possiamo che essere sempre in relazione.

La volontà è una abilità soggettiva e individuale caratterizzata pertanto dalla responsabilità delle implicazioni della volontà.

Qualunque abilità individuale è soggettivamente e intimamente plasmabile sin dalle sue origini a priori, nel tempo nella sua velata elaborazione e a posteriori:

Evoluzione, stasi o involuzione di volontà.

 

Essendo la coscienza un atto intenzionale è il singolo a predefinire i limiti e le qualità dei sistemi che originano la volontà.

Il bianco non è il nero, secondo la singolarità del pigmento.

In termini di frequenze di luce, il bianco è la presenza di tutti i colori ed è quindi un colore. Il nero è al contrario la completa assenza di colori. In termini di pigmenti invece il bianco è la completa assenza di un qualsiasi colore mentre il nero è la somma di tutti quanti.

La possibilità di contestualizzare ogni dualismo, ovvero caratterizzarlo secondo una singolarità o un'altra è un valore aggiunto di utilità non indifferente. Prendiamo il caso del bianco che non è il nero.

In verità è possibile affermare che il bianco non solo sia simile al nero, bensì che il bianco sia uguale al nero.

Prendiamo ad esempio queste due texture 2D caratterizzanti le entità di bianco e di nero: siamo noi a definire i limiti di volontà di coscienza.

Il giudizio è psicologicamente relativo:

Semplicemente associando al nostro giudizio di valore una singolarità dissimile rispetto a quella del pigmento.

Come ad esempio:

Omogeneità, traslucenza, trasparenza, luminanza, metallicità, opacità, rilievo, sensibilità alla desatuzazione, struttura spaziale 3d, intensità e rarefazione, sfocatura, nebulosità, regolarità ...

 

 

Possiamo attribuire al bianco e al nero il giudizio di somiglianza o analogia.

Dire che il nero è simile o uguale al bianco è vano?

Sì se arrestiamo qui il nostro passo.

Dualismo, dicotomia, antagonismo, dissidio, rivalità, implicano attitudini in cui necessariamente una parte della realtà sarà sacrificata, con le conseguenze che il sacrificio comporta: Nell'ideogramma jin - yang, lo jin e lo yang coesistono.

Tuttavia generalizzando questa mentalità che è al di là del limite del dualismo vincolato e limitato da una singolarità. Giungiamo ai primi albori dell'olismo hòlos, cioè «totale», «globale». Il termine olismo pone come chiave di volta il simbolo: concordia.

Quanti furono gli scrittori che in passato consigliarono a noi di 'vedere con gli occhi del cuore?' tra i molti Antoine de Saint-Exupéry.

Ken Wilber ed i teorici della Spiral Dynamics considerano l'olismo come un particolare livello transpersonale dello sviluppo umano, conseguente al livello sistemico o integrale. Nella teoria della Spiral Dynamics, l'olismo è il livello più avanzato di sviluppo umano finora documentato. Wilber vede anche livelli più elevati, mistici.

Il riconoscimento di una singolarità buona, una lente che permetta di vedere oltre il limite del 'non può essere diversamente' è una chiave etica che può aiutare ad affrontare con resilienza e fiducia le realtà negative della vita in quanto abilità di riconoscere il lume del buono e del bene in ciò che ci appare in qualità oscure. Ad esempio soffriamo di una situazione di vita in quanto attribuiamo una misura di valore estrema ad una singolarità della situazione, rispetto alle altre di cui sovente nemmeno riconosciamo l'esistenza. Ritornando all'esempio del bianco e del nero, giudichiamo la distinzione tra bianco e nero in quanto attribuiamo il 100 per cento di rilevanza alla singolarità del pigmento e lo 0 per cento alle singolarità alternative che inizialmente non riconosciamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esemplifichiamo la mentalità olistica:

La mentalità dualistica ha implicato l'abitudine alla competizione; poniamo attenzione a coloro i quali  limitano le proprie abilità in onore delle attitudini altrui, essi sono coloro i quali sacrificano il loro spazio di azione affinché le altrui iniziative possano simultaneamente fiorire.

Così comprendiamo che il silenzio di una persona è la possibilità di parola per una seconda, la timidezza di una persona è una occasione di relazionalità per una seconda persona, l'abbaglio di una persona è l'opportunità di una seconda di mostrarle fiducia o la sua disposizione al giudizio e al tradimento.

Il consiglio: "Ascolta il silenzio. " non è insensato, è in realtà una frase benefica, poiché implica il dialogo con la coscienza di sé, ed una attività purificatrice dell'io, come accade grazie alla lettura. La trascendenza può essere acquisita in quanto consapevolezza autoreferenziale  o "senza pensieri" (Il potere di adesso. Eckhart Tolle)

'' If one wants to abide in the thought free state, a strugge is inevitabile. If o è succeeds in the fight and reaches the goal, the enemy, namely the thoughts, will all subside in the Self and e isappear entirely. ''

Ramana Maharshi

 

Le attitudini olistiche vanno in direzione della concordia, sono sovente altruiste e magnanime in quanto pongono come valore principe la relazione, insieme agli enti che la costituiscono: Olismo è pertanto volontà di incontro e accoglienza, iniziative di apertura e curiosità.

È assolutamente rilevante l'origine e la qualità dell'oro fluido del kintsugi affinché saldi con resilienza i frammenti della ceramica, insieme ai singoli elementi del sistema, le scaglie di ceramica che per quanto siano smussate, resterebbero separate e disgiunte.

 

In onore delle parole di Aldo Masullo si crede ad una realtà che disapprovi l'omologazione in quanto peculiarità limitante la libertà di pensiero e attitudinale individuale, si crede alle opportunità di relazione tra diversità in quanto spirito attivo di creatività:

 

"Il sentire, il mio vissuto è costitutivamente incomunicabile, perciò io lo dico incomunicativo, non fatto per essere comunicato. Ma ciò che dà senso all’umano vivere, è la cultura, l’operare insieme dei viventi, il comunicare tra loro con le opere, a cominciare dalle lingue. Così le nostre solitudini si fanno compagne.

In un celebre testo teatrale di Sartre, l’uomo dice alla sua donna: “vorrei proprio che fossimo uno”; e la donna risponde: “se fossimo uno, come potremmo amarci?”. L’insuperabile solitudine fa di ognuno un individuo. Così ci sono tante teste, tante idee, tante passioni, tante volontà, tutte diverse. È il gioco del mondo e la condizione della libertà. Altrimenti saremmo un tutto unico."

 

Aldo Masullo autore di “L’arcisenso. Dialettica della solitudine"

La variabilità delle singolarità è la chiave per comprendere che in verità il dualismo è una prospettiva limitata e limitante. Credete a coloro i quali sostengono che vi sia sempre una possibilità.

Il tempo è una singolarità fondamentale, una opportunità vasta che talvolta non sappiamo riconoscere e cogliere. Ad esempio quanti istanti di possibilità future sono il costo di una scelta inesorabile e dualistica in grazia della quale vincoliamo e condanniamo noi stessi e talvolta le altre persone ad una decisione che non saremo 'mai più' disposti a confutare e rinnovare?

La verità è fluida, cangiante secondo gradienti e forme diverse nello spazio e nel tempo.

"La fine è l'inizio, e l'inizio è il primo passo in divenire, il primo passo è il cangiante flusso: il passo unicamente esistente. ''

Jiddu Krishnamurti

 

ELOGIO DELLA FLEBILITA’

Per un mondo più umano

 

 

A poor, weary, feeble, humble, unpretentious aptitudes, up to the compliant silence and the quiet simple existence may all be the result of an immense inner strenght, a resiliente that is singular and subjective, in truth self - referential, and because of it this inner aura is not comparable to others.

 

Never commit the mistake to say, I'm Better than - I could do Better than - for instance if you had to practise an activity, the same activity of the one you're judging - but with the weight of his/her mindset and resilience measure to memories, present circumstances, or future dreams, you probably would not be able to walk one step, an intolerable drowsiness, or a deviant lunary would make you behave in a worse way than the one you're judging.

 

So look at these simple aptitudes, they deserve go be noticed and evalued, not only the most impetuous, valiant, evident, pure and ideal aptitudes deserve to be accepted and rewarded.

Un'attitudine povera, stanca, debole, umile, senza maestosità, fino al silenzio accondiscendente e alla quieta e semplice esistenza ascetica, libera dall’ ambizione o da volontà alcuna ; può essere il risultato di un'immensa forza interiore, una resilienza velata, incomunicabile, che è singolare e soggettiva, in verità autoreferenziale, ed è in motivo di questa verità che nessuna aura interiore ed in generale nessuna persona è paragonabile ad altre nell’ottica del rendimento individuale.

 

 

Non commettere mai l'errore di dire, sono meglio di ________ potrei fare meglio di ________, merito più di ________: Per esempio, se dovessi praticare un'attività, la stessa attività della persona che stai giudicando _ Tuttavia in compagnia del peso della sua mentalità ed avendo in carico la sua labilità in misura della sua resilienza ai ricordi, alle circostanze presenti o ai sogni futuri, probabilmente non saresti in grado di fare un passo:

| In relazione a questa tematica: La premessa secondo cui, nessuno stato di interiorità legittima una attitudine dannosa nei confronti del prossimo. |

Un'intollerabile sonnolenza o paralisi o una deviante follia e cieco abbaglio ti farebbero comportare in un modo peggiore di colui/colei che stai giudicando.

 

Quindi dedica la tua attenzione alle semplici attitudini tue e del tuo prossimo, meritano di essere notate e valorizzate, non solo le attitudini più impetuose, maestose, impeccabili, valorose, evidenti, pure e ideali meritano di essere accettate e premiate.

 

 

VEILED HOPES

 

Come può influenzarti così tanto ciò che non esiste o che non è mai esistito?

 

Perché in ciò che non esiste o che non è mai esistito risiede il profondo, ciò che non è evidente e immediatamente accessibile, il sogno, lo spirito fiducioso nella nascita, nel ritorno, nel cambiamento, affinché le opere creative non siano fine a se stesse, vane, statiche, monotone rispetto all’immagine di ciò che è, di ciò che esiste, sia allora il nostro vivere esempio, origine e eredità di nuove relazioni che risolvono la carenza di ciò che ancora non è.

 

 

 

Le catene della libertà

 

Le catene della libertà esprimono una eventualità di vita, favorevolmente accolta o subita (o accolta in seguito ad essere stata subita) in cui il singolo è vincolato in una stasi di creatività relazionale, il fatto stesso che i legami relazionali si scindano può al meglio implicare in lui due meravigliose potenzialità reattive (non consideriamo in questo breve scritto le reazioni negative conseguenti allo stato di emarginazione): la consapevolezza olistica e la creatività originale e anticonvenzionale. Definiamo consapevolezza olistica la capacità di scorgere il senso riassuntivo della realtà, la consapevolezza olistica è una capacità donata a coloro il cui sguardo è lontano dalla realtà che si osserva, ( colui che da un faro osserva all'orizzonte le onde della realtà) così da averne una visione d'insieme consapevole di tutte le relazioni che la compongono, il contrario di consapevolezza olistica è la consapevolezza imminente, in questo caso l'osservatore è egli/ lei stesso/a una delle miriadi di relazioni che compongono quel microcosmo di realtà, (colui che vive le onde dell'oceano del reale) secondo questa premessa non è possibile la comprensione di senso generale necessaria all'agire consapevole. Poiché gli outsider sono carenti di relazionalità, essi non sono dipendenti da esse, ne consegue che la loro qualità di creatività non sia conforme ai rigidi principi dei sistemi relazionali di cui non sono parte, la loro prospettiva, se viene riconosciuta ed accolta, si può dunque ritenere il simbolo della fonte di possibilità del cambiamento, in più è probabile che questo cambiamento sia in nome dei valori della relazionalità, uguaglianza, (poiché sono state conosciute le conseguenze della disuguaglianza) magnanimità (in grazia della consapevolezza olistica si riconosce la propria umile limitatezza) altruismo:

È naturale che la persona emarginata senta la necessità di divenire una utilità sociale al fine di emendare i legami che furono scissi, a modo loro coloro che ebbero esperienza di questa realtà vi riuscirono: gli outsider, i più memorabili scrittori, matematici, artisti ebbero consapevolezza del significato della parola emarginazione. Inoltre nella dialettica del reale l’emarginato emargina, questa è una tra le cause

dell’ impasse dell’istaurarsi di nuove relazionalità tra l’emarginato e la realtà emarginante.

 

Outsider

Chi opera in campo letterario, artistico e sim. Al di fuori di ogni scuola o movimento.

 

Emarginato

Chi, per condizioni sociali, economiche, fisiche, o per costume di vita, è o si sente messo al margine dalla società, o escluso da una comunità, da un gruppo, dal suo prossimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GIOCONDI CON I DADI DEL DESTINO

 

Il rassegnarsi è l'intelligenza di restare,

 di non affrontare un oceano in tempesta,

il ritornare al tranquillo porto a poche flebili onde dalla nostra riva.

Il rassegnarsi all'ambiente non significa il rassegnarsi a sé medesimi: il seme forte sa germogliare nel terreno avverso. Ma non siamo folli o allucinati! Poiché dobbiamo vedere e distinguere se un luogo che ci custodisce e circoscrivere sia buona terra o cemento al nostro germogliare! Così in tempo vedremo i lontani tsunami o la bonaccia per le nostre vele, così prima di morirne cambieremo la rotta al nostro porto familiare:

Così le onde che avrebbero voluto offenderci e inabissarci lì non ci troveranno e proseguiranno il suo corso sino a umiliare i più stoltamente audaci. Così non patiremo l'aridità della stasi senza iniziativa dell'ambiente.

Chi cerca l'oro alla riva lontana può rischiare d'affrontare l' oceano per nulla poiché partendo

già l'oro predestinato ebbe abbandonato.

Nessun oracolo ebbe mai dichiarato che la semplicità è l'umiltà non siano fonti di ricchezza,

O ché l'attitudine eroica e gloriosa sia unica fonte di merito!

 

Allora riposiamo, procrastiniamo, sogniamo, poiché non crediamo che ai più vanagloriosi, ambiziosi ed egocentrici spetti di più che ai più poveri e mansueti! Siamo quieti e siamo intraprendenti: Viviamo entrambe queste realtà e potremo comprenderlo da noi. Siamo giocondi con i dadi del destino, questo è tutto ciò che esiste! Ma dedichiamo la nostra pura essenza qualunque essa sia poiché è già persa la partita della vita di coloro che ricevendo i dadi dal prossimo che dice - è il tuo turno - li scaglia via lasciandoli a terra lontano dal tavolo di gioco.

Attendere il turno è tutt'altra cosa, può essere un'attitudine benefica - lode a chi attende con pazienza il buon zefiro e il mare calmo che saranno garanti della curiosità profittevole ma biasimevoli siano coloro che riconoscendo il buon momento per navigare non lo coglieranno!

Ed allora sarà il vero peccato Pronunciare loro la parola Inesorabilità - ché siamo tutti perdonati e rincuorati nel ritorno ai viaggi sospesi, mai abbandonati?!

Allora questo è altresì un inno ai più timidi e magnanimi affinché essi siano rivalorizzati del loro amore per il poco o per il nulla che rende il nulla il tutto ed il poco, il tanto:

A loro la vita dedicherà la qualità della sorpresa! Ché non saranno loro ad andare all'oro, bensì l'oro ad andare da loro forse affrontando per loro qualsiasi incertezza e calamità.

L'universo vede anche se noi non vediamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TRASFIGURAZIONI E DEREALIZZAZIONI

 

I creatori sono custodi in cuor loro di una sfera intensamente implosiva e sensibilmente delicata.

Uno scrittore che scrive, ai lettori del suo libro ne risulterebbe una voce paterna e rivolta al bene comunitario di uno sguardo che vide ciò che non è stato benefico affinché altri occhi non debbano vedere ripetersi gli stessi mali.

Tutto si trasforma, la manifestazione di una realtà non è necessariamente la genesi reiterata della medesima realtà, questa realtà in forme parallele potrebbe esistere dalla notte dei tempi, lo scrittore vive, assimila, custodisce, purifica e ritorna al mondo la propria esperienza affinché non sia dannosa, bensì un monito, uno spirito istitutivo di nuovi valori o tempra di valori forse dimenticati.

Pertanto intelligenza emotiva è premura e gratuità a priori, la parola Inesorabilità è da ricusare severamente nel nostro vocabolario relazionale, che questa parola sia sostituita dalla parole curiosità e sorpresa. Impariamo infine il dono del vedere oltre, non nel senso del trascurare, dell'evitare andando oltre, bensì nel senso del Co-sentimento e dell'immedesimazione.

LA TRASFIGURAZIONE

Io non vedo Caso, Destino, Dio, Caos, io vedo te, me stesso, e il nostro istante di vita. (Attribuire premessa valoriale al prossimo piuttosto che a noi stessi, lo sguardo verso noi stessi come esame coscienzioso e mai verso il prossimo come motivo di pregiudizio)

Ogni diniego è una chiave che scegliamo di gettare in un lago dopo averne chiuso la porta. Porte in verità metaforiche e tuttavia reali. Non dovrebbero esistere istanti prioritari - istanti in cui è in dubbio il nostro sereno pellegrinare. Poiché la fine non siamo che noi stesse persone a sceglierla per noi stessi e per gli altri. Allora trasfigureremmo ogni caso, ogni destino, ogni dio, ogni inerzia, eteronomie che vogliono decidere per noi.

 

Coloro che saranno bendati non potranno mai divenire le bussole per i loro bendanti.

 

Coloro che saranno taciuti non parleranno in custodia e tutela dei loro osteggianti.      

UN METODO PER IL PERDONO E L’ATTO PURO                                          

L’invariabilità percettiva relativa come forma di cecità purificativa buona al riconoscimento una negatività subita è relazionalmente creativa. La non influenzabilità in relazione a percezione di attitudini negative subite.

La dinamica della purificazione attitudinale relazionale

I FOGLI RELAZIONALI

Immaginiamo la dinamica di relazione come la dinamica di scrittura di un libro da parte di due persone.

Se il foglio è bianco – l’inizio relazionale

Ad un tratto una delle due persone fa cadere volontariamente il calamaio d’inchiostro sulla pagina di scrittura  -  La seconda persona mette nel dimenticatoio il foglio d’inchiostro, la prova del misfatto relazionale, e la memoria dell’atto di misfatto. Prende un foglio bianco ed invita la prima persona a scrivere con lei nuove parole relazionali

Se il foglio non è bianco – La maturità relazionale

Ma immaginiamo – queste due persone hanno trascorso mesi di tempo nella scrittura di un romanzo insieme – il fil rouge della loro vita relazionale – ed una di esse come nel primo esempio fa cadere volontariamente il calamaio d’inchiosto sul libro rovinando la unica copia del loro manoscritto – (Il caso di attitudine radicalmente negativa e distruttiva in seguito a costanti attitudini buone e costruttive nel lungo periodo)

 

 

 

 

La seconda persona (Che possiede il mindset purificativo relazionale) non reagisce sulla base di uno spirito negativo – vendicativo, in questo caso non mette nel dimenticatoio il libro d’inchiostro, in quanto l’essenza del libro annette altresì il periodo di relazionalità buona e creativa delle due persone che lo hanno trascritto insieme, bensì lo abbraccia, lo porta al cuore, la istintività razionale in seguito a percepita dissonanza cognitiva (Vasto periodo creativo/tuonante periodo distruttivo) avrebbe indotto lei ad attribuire maggiore rilevanza essenziale e valoriale alla negatività della essenza presente del libro, ovvero di essere un inintelligibile cumulo di fogli neri – Ma portando al cuore l’oggetto lei comunica alla altra persona, “questo oggetto è molto più di un cumulo di fogli neri”, allora secondo il mindset emotivo del perdono purificativo assume maggiore valore essenziale la essenza dell’oggetto l’esser stato loro storia relazionale intelligibile allora mediante lo strumento della memoria – Allora la persona che ebbe abbracciato il cumulo di fogli neri comunica alla altra persona – La storia la ricordiamo, riscriviamola. Allora si ritorna al primo caso in cui la catena della reciprocità buone destrutturata da attitudine negativa, viene sostituita da nuovi fogli bianchi in connubio psicologico con la coscienza mnemonico – relazionale, la creatività relazionale nuova, proprio in onore della reciproca memoria, sarà più fluida e agevole – in forza altresì della tempra relazionale conseguente a percezione di negativa si istituirà relazionalmente un flow di positività creative.

 IL METODO

Si recide la catena delle reciprocità negative nel momento percettivo di una negatività attitudinale subita, si realizza una tabula rasa del sistema delle reciproche negatività (Dinamica causa attitudinale negativa implica effetto attitudinale negativo) e si istituisce una nuova catena delle recipriocità basata sulle attitudini buone

 (Negatività di A - Negatività di B - Negatività di A - Negatività di B || Positività di A  => Flow attitudinale reciproco di positività)

– Nel momento di avvicendamento delle due catene relazionali può accadere un nonsense relazionale – una attitudine di perdono disattesa – una profonda rivoluzione relazionalmente impensabile – ad esempio una persona che possiede questo mindset di purificazione potrebbe reagire con un abbraccio ad uno schiaffo.

La positività di A nei confronti di B è un atto puro, in quanto a non effetto di una causa attitudinale percepita. Una bianca pagina, un reiterato inizio, allora non essendo specchio riflettente le tue eventuali negatività non potrò mai agire a te negativamente, indifferentemente dalla tua attitudine: allora io abbraccio il tuo abbandono, io accarezzo il tuo odio. Resuscito la tua Inesorabilità. Allora il nostro non più esser è ora l’esistere di Noi.

A me la trasfigurazione di realizzare l'impossibile, l'impensabile.

Allora quando il silenzio rischia di essere parola di fine qualunque parola diviene simbolo di resurrezione. Avrei potuto scrivere una singola parola, qualunque semplice parola casuale insensata, ed avrei cortocircuitato il sistema del silenzio come una goccia di rugiada che vibra uno specchio d'acqua.

LA DEREALIZZAZIONE

Prova la vita, non fuggirla mai, stai. Ed affronta l'adesso e tuttavia ritorna a ciò che tergiversasti. Così incontrerai che la vita ha sempre un'infinità arduamente conoscibile. Uno spazio ed un tempo vasti per poter credere. La vita sana non circoscrive mai nulla, fino altresì ad abbracciare nel suo senso profondo interiore emozioni mistico-intuitive, ed oltre ancora la spiritualità, la misticità: Derealizzazioni fuori dallo spazio, fuori dal tempo. Sii curioso, respira, come respira la natura, poiché ogni istante della tua vita è la vastità dell'universo, l'eternità tipica di ogni unità, di ogni olismo. Sii riflessivo, libero! Comprenderai e incontrerai le mie parole.

Therefore. The time of consciousness is awareness, the time of life is limited, do not make it unconscious to a greater extent. Therefore, deny all alcohol and drugs. Invest your time in healthy, non-virtual relationships, in curiosity, in reading, in creativity.

You may come across some priority moments and if you know how to manage them at best you will revolutionize the level of your future life enormously.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE STELLE CADENTI E LE BUGIE BIANCHE

 

Un gruppo di giovani ragazzi si riunirono per andare tutti in chiesa. Terminata la celebrazione uscirono dalla chiesa. Nessuno di loro lasciò presto la piazzetta prospiciente la umile facciata della chiesa. Tutti restarono per condividere alcuni minuti di amistà.

Uno di loro improvvisamente chiamò con la contentezza di un bambino: una stella cadente! Ho visto una stella cadente! Chi di voi la ha vista?! Alcuni voltarono gli occhi al cielo.

Presto una seconda persona chiamò con gioia, "io!" e ripeté 'Io la ho vista!".

Tutti voltato o gli occhi al cielo.

Una terza persona richiamò con sospetto questa seconda persona dicendo lei:"Non può essere vero quello che dici, hai mentito!". Gli istanti in cui egli vide la stella cadente te stavi parlando con me, il tuo sguardo non era al cielo.

Con pazienza la seconda persona disse alla terza:

Hai ragione, sai; quando ero piccolo la mia nonna mi raccontò che ogni stella cadente è missiva di un dono per tutti, anche per coloro che non la vedevano passare. Ad esempio alcune notti, la nonna mi chiamava alla finestra per osservare le stelle. Talvolta lei diceva, ho visto una stella cadente! - la sua parola, la sua intonazione e il suo sguardo assorto verso il cielo ridestava in me gli stessi sentimenti di speranza. La sua attitudine era magnetica per me, a tal punto da invogliarmi a guardare io stesso il cielo nel sogno di poterne vedere una io stesso. Lei mi confidava non raramente di vedere le stelle cadenti, lo faceva sempre nella stessa maniera con la stessa gioia e sorpresa - sicché io mi avvicinassi alla finestra per guardare il cielo.

Accadde il giorno, quando io stesso ebbi il dono di assistere al saettare luminoso di una stella cadente. Ovviamente confidai a lei l'evento.

Quando divenni adulto e lei, anziana, mi confidò un segreto. "Caro nipote, le mie furono per te bugie bianche. Te che sei così giovane hai avuto il dono di vedere più di quanto io abbia mai visto. In verità io non vidi mai alcuna stella cadente, come te mi accostai ai lumi delle stelle nell'attesa di vederne una ma questo mai accadde. Tuttavia sono serena di esserti stata esempio di speranza - se non avessi mai osservato il cielo, se non avessi mai detto a te con gioia, ecco! Una stella cadente! Non avresti avuto mai la volontà e la tenacia di osservare il cielo - Sono grata di averti donato la mia stella cadente."

 

ln un mondo che obbliga all’eccellenza definita in ciascun contesto e attitudine, dedicare spazio, tempo e valore alle realtà limitate, mediocri e modeste è un atto rivoluzionario, riconoscendo Che questi valori, insieme ad altri, non necessariamente appartengono in totum ad un singolo e ad una categoria sociale; queste realtà sono variabili e variopinte nello spazio e nel tempo: L'essere poveri di una qualità non significa esservi per la vita e non significa essere carenti di ogni qualità. La limitatezza può caratterizzare la vita di ciascuno in contesti e ambiti diversi in un periodo definito dell’esistenza.

Per questo motivo dedicare valore alla magnanimità è un atto condivisibilmente buono e avverso al sacrificio della varietà e delle qualità peculiari del singolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SINCRONICITÀ

Al caldeggiare del primo sole, alla riva le onde del mare, brillando d'iridescenti tra-sparenze, si avvicendavano ritmate dal leggiadro vento Orchestrante. Lo scoscio del-le onde, il sibilìo del flebile vento quietavano i caos di parole, di pensieri e di memo-rie: si la mente plasmava la mia realtà: d'un irenico mattino tra le onde d'una riva che quiete cullavano le candide sabbie rendeva un ammaraggio, l'oscillare tra tsuna-mi 0 1'inabissarsi in viscose sabbie mobili. Giungendo al faro, al cospetto delle cele-sti sfumature del cielo e del mare, la realtà si compiva nella semplice linea dell'oriz-zonte ed il silenzio e l'immensità della realtà dinanzi a me, quietando l'immensa cao-tica illusione dell'universo della mia mente, annichili il mio ego donandomi una im-pensabile sensazione di serena leggerezza: Sì decaddero i valori delle distrazioni, del-le vuote parole, delle indifferenze, dei diabolici sentimenti d'astio, d'abbandono, d'e-goismo, di malpensiero e di utilitarismo. Il pensiero si purificò, rischiarandosi di perlacee luminescenze similmente ai lumi solari che si rifrangevano sul mare, dedi-cando alle magnanime e rispettose iniziative un valore inimmaginabile. Si mi ine-briavo del profumo dell'aiuola floreale di magnolie e lavanda che di sfumature d'a-metista inghirlandava la base del faro; h scorsi il senso dell'essenza del mio vivere nel vicendevole connubio tra me e la Natura.

I malinconici frammenti di memorie Or più non ledono l'animo, bensì lo temprano e lo consolano in ogni adesso in grazia di meravigliose sincronicità, altresì ora al quie-to cadere della prima neve.

 

 

 

 

 

 

F A C O L T À  V E L A T E

 

Un bambino provò a leggere il brano d’un canto dimostrando i problemi di lettura tipici della dislessia; i compagni di classe derisero la sua esibizione. Dopo aver acquietato il tenore della classe la maestra cantò il brano. Una volta che lei ebbe concluso il canto il bambino dislessico le chiese di poter cantare lo stesso brano che non aveva potuto leggere.

La maestra non previde come il bambino avesse cantato, tuttavia credette nel bambino e non gli negò la possibilità del canto.

Il bambino cantò il brano eccellentemente dimostrando una memoria incredibile. Ora tutti videro e gli applaudirono.

03.11.2019

Argomento dei racconti

 

Gesù diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni5 che vengo a cercare frutti su questo albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque!1 Perché deve sfruttare il terreno? Ma quello gli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli avrò zappato attorno e vi avrò messo il concime2. Vedremo se3 porterà frutto per l'avvenire4; se no, lo taglierai.» Lc 13, 7 – 9

L’ etica della selezione non è creativa poiché sacrifica al nulla la possibilità di divenire frutto o del manifestarsi dei frutti ‘velati’. L'aura materna di fede che non sceglie ma accoglie, poiché la scelta presuppone l’annichilimento delle realtà non scelte.

Il frutto, assume valore poiché è creatività e simbolo della vita di colui che si dedica alla nascita del frutto (Intima e autonoma creatività) e della vita di coloro (il prossimo) che dedicano gratuitamente il loro conforto e supporto affinché il frutto sia realtà compiuta. L’albero da solo, privo di ogni contributo umano è simbolo del nonsense, il nichilismo fine a sé stesso.

L’iniziativa del prossimo (analogamente alla nostra disponibilità alla creatività) è importante poiché è garante del nostro divenire frutto. Riconoscimento ed accoglimento dell’aver cura di noi del nostro prossimo.

L’attesa, il dono di tempo dilatato, la fiducia e la speranza del prossimo (e nostra) è importante poiché è garante del nostro divenire frutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

creatività complessa e intuitiva

Tesina antìgrafo-bibliografica con argomenti personali autografi

 

Indice concettuale

                                                                                                                                                            

Il pensiero complesso ed il ragionamento                                                                                        

I sistemi                                                                                                                                                 

I sistemi complessi adattivi CAS                                                                                                         

Il fenomeno della co – evoluzione                                                                                                   

La co – evoluzione sociale: il pensiero adorniano                                                                           

L’approccio sistemico – costruttivista e la co – evoluzione:                                                            

Approfondimento: Emotional short-circuits, the intelligence behind mistakes                                        

I processi della conoscenza                                                                                                            

I sistemi di memoria                                                                                                                             

La natura multisistemica della memoria                                                                                          

Il ricordo: l’interazione dei sistemi di memoria                                                                                 

I sistemi di memoria                                                                                                                             

Ia memoria sensoriale, la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine                        

Gli eventi e i significati: memoria episodica e memoria semantica, ricordare e sapere                    

L’importanza della memoria episodica, la sua assoluta autonomia e unicità                                  

La memoria semantica: il ragionamento                                                                                        

La consapevolezza: memoria dichiarativa e memoria procedurale                                                  

Le tre fasi del ricordo: codifica, ritenzione e recupero                                                                    

Il paradigma di identificazione percettiva                                                                                       

 

 

Considerazioni pedagogiche: La reciproca relazionalità delle discipline                                       

Il poter “essere bene”, il pensiero intuitivo                                                                                       

Il peso opprimente delle apparenze del reale                                                                                 

Intuito e creatività                                                                                                                              

L’ intuito (innsaei) ed il sentimento                                                                                                   

Il concetto di reciprocità e l atomizzazione sociale       

“Un’etica del dialogo”

Edgar Morin

Conflitto e reciprocità                                                                                                                          

Antropologia della reciprocità                                                                                                            

Il pensiero adorniano                                                                                                                            

Tre categorie sociali sensibili ai contesti contemporanei                                                                 

Il concetto di atomizzazione e il regime totalitario                                                                            

Il concetto di privatismo                                                                                                                          

Le possibili implicazioni dell’ atomizzazione sociale                                                                            

Persona e Natura  , Nédoncelle                                                                                                             

Un nuovo paradigma: Considerazioni etiche e pedagogiche conclusive                                         

 

bibliografia, filmografia e sitografia                            

Tesi affrontate

 

Tesi prima

 

L’atomizzazione culturale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

 

principi fondamentali, argomenti delle tesi:

complessità, , assimilazione, nodo concettuale fondamentale . . .

 

Tesi seconda

 

L’atomizzazione sociale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

 

principi fondamentali, argomenti delle tesi:

intuito (innsaei), reciprocità

 

Prologo

Gratuità, creatività, umanità, vitalità. La gratuità è pura addizione, la pura addizione è creazione, la creazione è vitalità, la vitalità è umanità.

del cammino del creatore

"Simile all'oro risplende lo sguardo di chi dona. Lo splendore dell'oro conclude la pace tra il sole e la luna.

Rara ed inutile è la più alta virtù, essa risplende e con dolce bagliore: una virtù che dona è la virtù sublime. Ditemi, fratelli: che cosa significa per noi cattivo e pessimo? Non è forse questa degenerazione? E noi sospettiamo la degenerazione dove manca l'anima che dona."

Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

 

 

La gratuità si compie nella reciprocità del dono, l’atto di prendere senza rapire, senza rubare; l’atto di prendere, un ricevere come dono esorta a bene – dire, non aver parole d’ odio sulla vita poiché la vita si percepisce come dono ricevuto. L’atto di spezzare il pane: La vita è vita donata, spezzata per gli altri, Questo crea comunione.

Un solo pane sazia tutti se condiviso, un solo calice, fa alleanza. E infine lo offre a tutti.

Le azioni dell’eucarestia sono le azioni di una vita che diventa veramente umana; solo così è umana!

 

onerosità

 

L’atto oneroso implica logicamente assenza di gratuità, assenza di novità, ed assenza di vitalità insita nella relazione intersoggettiva. L’onerosità si pone come ostacolo al “ ritorno “ dell’ altro con me. L’onerosità è fondamento di relazioni intersoggettive labili che esistono come entità scisse nel tempo lineare.

“Potei sperimentare che l'uomo, quando soffre, si fa una particolare idea del bene e del male, e cioè del bene che gli altri dovrebbero fargli e a cui egli pretende, come se dalle proprie sofferenze gli derivasse un diritto al compenso, e del male che egli può fare a gli altri, come se parimenti dalle proprie sofferenze vi fosse abilitato. E se gli altri non gli fanno il bene quasi per dovere, egli li accusa, e di tutto il male ch'egli fa quasi per diritto, facilmente si scusa. “

 

  Luigi Pirandello

 

Onerosità: definizione

Che costituisce un peso, un obbligo gravoso. Che comporta un onere Contrapposto a gratuito: Quello in cui il vantaggio perseguito da un soggetto è ottenuto non gratuitamente, ma contro un equivalente.

"Non reagire è una reazione: siamo altrettanto responsabili di ciò che non facciamo."

Jonathan Safran Foer

 

"Ci si sente cacciati via ogni volta che si sente chiudere la porta a chiave. Perché qui si muore tranquillamente senza che nessuno si accorga.

L'altro dov'è? Vuol l'equivalente di quello che ti dà. E non ha mai pensato, che per esempio, dà una cosa, e riceve in cambio amore? Questo non interessa. Dice molto bene Madre Teresa di Calcutta: L'indifferenza è peggiore della colpevolezza. È più giustificabile l'assassino di colui che fa finta di non vedere, di non capire e lascia morire in un disagio d'amore, in un disagio d'ambiente, una persona che vorrebbe creare qualcosa di bello nella vita. "

Alda Merini

 “Quando era triste, diceva sempre: “Tanto morirò, tanto morirò.” Ora penso di capire cosa intendesse dire. “Tanto morirò.” Secondo te cosa significa? Perché sono nato?”                                                                  

“Noi a cui fu donata la vita, noi, riflettiamo a ciò che potremmo dare di meglio in cambio! "

FriedrichNietzsche, Così parlò Zarathustra

“Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te” è uno dei principi etici più fondamentali. Ma sarebbe ugualmente giustificabile asserire: tutto ciò che fai agli altri lo fai pure a te stesso”

 Erich From

 

L’atto gratuito è creativo e rivitalizza le relazioni intersoggettive. La gratuità si pone come ponte al “ ritorno “ dell’ altro con me. La gratuità è fondamento di relazioni intersoggettive non labili che co-esistono come unità, ardendo si consumano e ri – sorgono rammendandosi ed elevandosi nel tempo reiterativo.

"La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera."

Fëdor Dostoevskij

"La compassione è intelligenza etica, capacità di fare collegamenti e conseguente desiderio di agire per alleviare la sofferenza altrui."

Will Tuttle

Tutte le cose sono concatenate insieme, congiunte dall'amore. Voleste mai che una volta venisse due volte, diceste mai «tu mi piaci, gioia! momento, istante!» voleste allora che tutto tornasse! Tutto di nuovo, tutto eternamente, tutto concatenato, annodato insieme, congiunto d'amore, così voi amaste il mondo,  voi eterni, e l'amate in eterno e per sempre: e voi dite pure al dolore: passa, ma torna di nuovo: giacché ogni gioia vuole l'Eternità!"

Friedrich Nietzsche,  Così parlò Zarathustra

 

“In questa frase è contenuta tutta la condanna dell’uomo: Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere Felice, perché la Felicità è desiderio di ripetizione.”

 

 Milan Kundera

Chiamiamo tempo reiterativo il tempo umano percepito come “ritorno e ripetizione. Chiamiamo tempo lineare percepito come “non ritorno e non ripetizione.

In tal senso :

"I personaggi del mio romanzo sono le mie proprie possibilità che non si sono realizzate. Per questo voglio bene a tutti allo stesso modo e tutti allo stesso modo mi spaventano: ciascuno di essi ha superato un confine che io ho solo aggirato. È proprio questo confine superato (il confine oltre il quale finisce il mio io) che mi attrae. Al di là di esso incomincia il mistero sul quale il romanzo si interroga. Un romanzo non è una confessione dell’autore, ma un’esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato."

 

 Milan Kundera

 

La felicità è desiderio di ripetizione: Si intenda ripetizione come possibilità ulteriore e nuova di realizzare ciò che si avrebbe voluto realizzare. La possibilità di compiere ciò che non è avvenuto.

 

"L'uomo è qualcosa che dev'essere superata, l'uomo è un ponte"

Friedrich Nietzsche Così parlò Zarathustra

 

"La distinzione tra passato, presente e futuro è solo un'illusione ostinatamente persistente."

Albert Einstein

La natura è reiterativa:

“Generazione che va, generazione che viene

e la terra nel suo ciclo rimane.

E sorge il sole e il sole tramonta,

anelando al suo luogo dov' egli risorge.

Soffia a mezzogiorno poi gira a tramontana

e volgendo, volgendo il vento se ne va

e sopra le sue spire ritorna il vento.

Tutti i fiumi se ne vanno al mare

e il mare non si piena:

la donde scorrono i fiumi,

là essi ritornano a scorrere.”

Ecclesiaste, I, 4-7

 

 

 

"Sì, l'uomo fu un tentativo. Ah, quanta ignoranza e quanti errori divennero eredità nostra! Non soltanto la ragione dei millenni – anche la loro follia influisce su di noi.  È pericoloso essere eredi. Noi combattiamo ancora, a passo a passo, col gigante Caso, e sopra l'intera umanità dominò finora l'assurdo e il senza senso."

Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

 

L'amnesia :  condanna all' eterna reiterazione del tentativo irrisolto dell' uomo.

"Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo."

                                                                                                 Primo Levi

La memoria :

La memoria delle relazioni causa - effetto avvenute fondano possibilità di reagire consapevolmente ove e quando si intuiscono presenti analogie con le relazioni causa - effetto ricordate.

"Ogni lettore, quando legge, è il lettore di se stesso. L'opera dello scrittore è solo una specie di strumento ottico offerto al lettore per consentirgli di discernere ciò che forse, senza quel libro, non avrebbe potuto intravedere in se stesso."

Marcel Proust

Chiediti che cosa puoi fare.

"Comunque la si voglia vedere noi siamo nati per creare ponti verso gli altri, non per creare guerre. Non è retorica, è neurobiologia pura. "

Piero Barbanti

Neurologia - istituto scientifico San Raffaele - Pisana , Roma

“Tutto è in costante cambiamento. Ma il modo in cui avanziamo è molto aperto all’ interpretazione e possiamo definirlo in modi diversi, come artisti, creatori, scrittori, pensatori, oratori. Quando si immette qualcosa nel mondo, se abbastanza persone iniziano a credere nelle cose che immetti nel mondo, quelle cose probabilmente si realizzeranno. D’altro canto, ci sono molte persone che presentano visioni del futuro basate su illusioni o disgregazioni. E questa è una visione del futuro a cui si può credere, ma allo stesso tempo si può credere a una visione diversa e credo che sia importante radunare quante più persone possibili che la pensino così perché contribuirà a realizzarla.”

Jonathan Harris, Digital Artist

Il concetto di assimilazione

assimilazióne s. f. [dal lat. assimilatio (o assimulatio) -onis, der. di assimilare «assimilare»]. – Processo di apprendimento, in cui ciò che è studiato diventa parte di sé stessi, facoltà di far proprî, col ragionamento e col sentimento, concetti, nozioni, opinioni, o anche dottrine, linguaggi, tecniche, forme d’espressione altrui. | Processo di percezione o di appercezione in cui un contenuto nuovo è talmente simile a un contenuto famigliare che i due sembrano quasi identici.

Il pensiero complesso ed il ragionamento

Tesi prima

L’atomizzazione culturale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

Rilevare le incertezze:

“Nei sistemi complessi l'imprevedibilità e il paradosso sono sempre presenti ed alcune cose rimarranno sconosciute"

Edgar Morin

Dunque, il pensiero complesso, pur sapendo di non poter conoscere completamente tutto, di non poter essere onnisciente, ambisce a ricollegare le tipologie di saperi e ad aiutare a pensare la complessità  seguendo tre principi:

Il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano: La saggezza, che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali).

Il principio ricorsivo, secondo il quale il feedback rompe l’idea di linearità e introduce a causalità circolare, per cui le cause producono effetti e gli effetti sono ause di altri effetti: La relazione causa – effetto, che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) .

Il principio ologrammatico, secondo il quale il tutto è iscritto nella parte e la parte nel tutto, superando così la visione riduzionistica, che vede solo le parti e la visione olistica che vede solo il tutto: La relazione di familiarità , che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali).

"La complessità è una parola problema e non una parola soluzione" Edgar Morin

Definizione di complessità :

Le parti e il tutto, il tutto e le parti tra di loro, la complessità è perciò il legame tra l’unità e la molteplicità.

L’ Epistemologia della complessità, branca della Filosofia della Scienza, si occupa dei sistemi complessi e dei fenomeni ad essi connessi, del rapporto tra le relazioni interdisciplinari tra scienze di natura diversa; del rapporto tra scienza e filosofia; del rapporto tra Pedagogia e scienza e delle implicazioni derivanti da questo rapporto in ambito educativo. In realtà non esiste una teoria della complessità in senso compiuto del termine, ma diversi sono gli approcci teorici che usano il concetto di sistema in diversi ambiti disciplinari, perciò fondamentali divengono gli apporti degli studi delle Scienze Umane e dell’ Educazione, come l’Antropologia, la Psicologia, la Sociologia, la Filosofia e la Pedagogia, dato che queste discipline hanno acquisito, ormai, scientificità, e non sono più considerate scienze deboli, nonché gli apporti delle discipline scientifiche, quali la Matematica, l’ingegneria, la Fisica, la Chimica, la Biologia, la Fisiologia, la Cibernetica – termine coniato da Norbert Wiener, nel 1948, riferito all’ambito scientifico inerente lo studio dei comandi dati ai computer che ha introdotto il concetto di feedback, cioè retroazione, ovvero reazione prodotta da un effetto di una causa che introduce un processo di relazione complessa tra il tutto e i suoi componenti – e degli apporti di altre discipline, grazie ai quali si è potuto dimostrare che dette scienze si fondano su interazioni complesse afferenti alla Teoria del caos, fondata su criteri di disequilibrio, di dissimmetria, di disarmonia, di disorganicità, di disordine; alla Teoria generale dei sistemi; alla termodinamica dei sistemi dissipativi.

Tali dimostrazioni hanno avuto principalmente due grandi effetti, quello di mettere in discussione l’oggettività della scienza, conquistata nel Seicento con il Metodo di Cartesio, le scoperte scientifiche di Newton, il Metodo scientifico di Galilei e riaffermata nel periodo del Positivismo, con il primato della conoscenza scientifica sulla conoscenza umanistica fondata su fatti evidenti e certi e sulle leggi che regolano i fenomeni; e quello di ampliare gli ambiti scientifici per stabilire nuovi orizzonti di ricerca, nuovi obiettivi da raggiungere per nuove scoperte.

Secondo Morin un fenomeno complesso non può essere compreso soltanto scomponendolo nelle sue parti essenziali, per la sua comprensione è necessario cogliere l’interazione tra le singole parti e la visione d’insieme del fenomeno e tra il tutto e le parti. Si deve studiare il fenomeno o sistema come si presenta e le relazioni che i componenti stabiliscono tra loro.

La teoria dei sistemi si è diffusa immediatamente in Ingegneria, ambito in cui, ormai, è consolidata, infatti, cerca di ridurre il funzionamento dei fenomeni fisici complessi alle interazioni di sistemi più strutturati, componendo unità semplici. L’ingegnere si interessa di sistemi fisici dinamici che descrivono molti processi e fenomeni basandosi soprattutto sula relazione causa – effetto.

 

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La relazione causa – effetto è una delle interazioni fondamentali ( nodi concettuali fondamentali):

La saggezza è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) ed è il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano;

La relazione causa – effetto è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) ed è il principio ricorsivo, secondo il quale il feedback rompe l’idea di linearità e introduce a causalità circolare, per cui le cause producono effetti e gli effetti sono ause di altri effetti;

La relazione di familiarità è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) ed è il principio ologrammatico, secondo il quale il tutto è iscritto nella parte e la parte nel tutto, superando così la visione riduzionistica, che vede solo le parti e la visione olistica che vede solo il tutto.

Diversi approcci scientifici hanno spiegato la relazione interdisciplinare non lineare tra le componenti dei sistemi complessi, in fenomeni di auto – organizzazione ed eco – organizzazione, come quelli viventi, dei quali molto ha scritto Morin, considerato lo studioso che ha dato la sistemizzazione del pensiero complesso in ambito filosofico, tra questi l’approccio sistemico – costruttivista, scuola di pensiero filosofica ed epistemologica, sviluppatasi intorno agli anni Settanta del Novecento, che considera i processi mentali fenomeni attivi e non passivi, i quali permettono l’ interazione del soggetto nel sistema in cui si trova.

Il concetto introdotto dalla fisica moderna “variabile” è simbolo del ruolo costruttivista dell’osservatore. La parola chiave dell’  Epistemologia della Complessità  : il sistema.

i sistemi

Insieme di oggetti, elementi o componenti, ovvero sistemi che interagiscono tra loro e, più approssimativamente nell’interazione, il comportamento dell’uno influenza quello dell’altro, attraverso scambi di energia, funzionalità diverse, come in un circuito elettronico o informazioni come nei sistemi sociali.

E il suo aggettivo “sistemico”, cioè che concerne un sistema, termine che si rifà alla Teoria generale dei sistemi definita tale da Von Bertalanffy, che si occupa della costituzione e delle parti di un sistema.

Esistono sistemi non autonomi e sistemi autonomi.

Nei sistemi non autonomi i componenti smettono di interagire, ad esempio per mancanza di energia in un sistema elettrico, e degenerano in insiemi. Le proprietà degli insiemi sono il risultato di interazioni poi mantenute, come accade nei processi di miscelazione: l’acqua colorata ne è un esempio.

La stabilità delle proprietà dei sistemi autonomi, invece, è dovuta all’ interazione continua.

Importante:  Se si deve fare un intervento in un sistema non si può fare sugli elementi, ma si deve fare sulle interazioni per evitare che smettano di interagire e degenerino in insiemi. I sistemi autonomi sono dotati di sistemi cognitivi, nei quali si deve agire sull’apprendimento, sul modello cognitivo, sulle informazioni disponibili, le rappresentazioni e la memoria alea – dal latino, significa dado ed è riferito al lancio del dado, perciò è inerente al calcolo applicato alla Sistemica, ovvero al calcolo delle probabilità. La teoria dei sistemi è nata nei primi anni del XX secolo e ha fatto nascere la scuola del pensiero organicista che si oppone a quella del pensiero meccanicista del XIX secolo.

Ross Harrison è stato il primo a studiare il concetto di organizzazione e ha individuato tra i componenti di un sistema:

Una configurazione, cioè una natura gerarchica; l’esistenza di più livelli di sistemi all’interno di un sistema più grande.

Una relazione, ad esempio l’interazione tra gruppi formanti sistemi sociali o l’interazione tra persone.

Da questi studi è risultato evidente che esistono diversi livelli di complessità e i fenomeni presenti ad ogni livello, mostrano proprietà che non esistono al livello inferiore. Dette proprietà sono state chiamate dal filosofo Broad, nei primi anni Venti del Novecento proprietà emergenti. Queste proprietà, le proprietà emergenti, sono, nel senso che a partire dalle interazioni tra i singoli componenti del sistema emerge un "comportamento globale" non previsto dallo studio delle singole parti.

La concezione organicista

La nuova concezione organicista non è più conciliabile con l’approccio analitico degli scienziati, usato fino a quel momento, che rimandava al paradigma cartesiano, secondo cui era possibile studiare il comportamento del tutto dalla proprietà delle parti. Morin usa il termine complexus, cioè ciò che è tessuto insieme per indicare il concetto di complessità, che si ha quando sono inseparabili i differenti elementi che costituiscono un tutto, quando vi è tessuto interdipendente, interattivo, inter – retroattivo tra l’oggetto di conoscenza e il suo contesto.

I sistemi complessi adattivi CAS

Esistono sistemi complessi adattativi  (CAS – Complex Adaptive Systems), cioè sistemi complessi in grado di adattarsi e cambiare in seguito all'esperienza. Il sistema umano è considerato un "sistema complesso adattativo" (CAS) ed è definito "sistema Io-soggetto”. Di centrale importanza in questo contesto è il concetto di linearità, che non va confuso con l'omonimo concetto colloquiale, ma va inteso nel senso della teoria dei sistemi. In generale un problema è lineare se lo si può scomporre in un insieme di sotto-problemi indipendenti tra loro. Quando, invece, i vari componenti/aspetti di un problema interagiscono gli uni con gli altri così da renderne impossibile la separazione per risolvere il problema passo-passo e “a blocchi”, allora si parla di non-linearità. “Il biologo americano Kauffman (2001) sostiene che i sistemi complessi adattativi si muovono in paesaggi adattabili, o elastici, (fitness landscape), in continua deformazione per l'azione congiunta dei sistemi stessi, di altri sistemi, e di elementi esogeni.

("Prede o ragni. Uomini e organizzazioni nella ragnatela della complessità", De Toni e Comello (2005))

Lo spazio delle possibilità è la situazione in cui sistemi complessi adattativi possono scegliere tra più comportamenti e configurazioni alternative. È in questo particolare stato, infatti, che questi sistemi agiscono in maniera più creativa, operando eventuali evoluzioni sfruttando le proprie peculiari capacità di apprendimento e adattamento.

“Un CAS può essere descritto come un instabile aggregato di agenti e connessioni, auto-organizzati per garantirsi l'adattamento. Secondo Holland (1995), un CAS è un sistema che emerge nel tempo in forma coerente, e si adatta ed organizza senza una qualche entità singolare atta a gestirlo o controllarlo deliberatamente. Il fenomeno della co – evoluzione.” ("Prede o ragni. Uomini e organizzazioni nella ragnatela della complessità", De Toni e Comello (2005))

Il fenomeno della co – evoluzione

“L'adattamento è raggiunto mediante la costante ridefinizione del rapporto tra il sistema e il suo ambiente.”

 Prede o ragni. Uomini e organizzazioni nella ragnatela della complessità", De Toni e Comello (2005)

“Le rocce, i campi, i boschi, i corsi d'acqua, le case, i beni, la carne, il sangue, le ossa, i nervi – queste sono realtà da interpretare, con caratteri essenziali che permangono a tutti i cambiamenti, ma il mio Ego non perdura; è fabbricato di nuovo ad ogni cambiamento di queste. E innanzitutto, contro l'accettata formula del Materialismo moderno, "Gli uomini sono ciò che le condizioni producono", io stabilisco un'affermazione opposta, "Le condizioni sono ciò che gli uomini producono".

In altre parole, la mia concezione della mente, o del carattere, non è che sia un inefficace riflesso di una momentanea condizione di materia e forma, ma un agente modificatore attivo, che reagisce sul suo ambiente e trasforma le condizioni qualche volta lievemente, qualche volta molto, qualche volta, sebbene non spesso, totalmente.”

L’idea dominante, Voltarine de Cleyre

 

La co – evoluzione sociale: il pensiero adorniano

Si differenzia sia dal pensiero Heideggeriano che da quello Lévinassiana in quanto la definizione dell’identità non coincide con un processo finalizzato all’espressione dell’autenticità dell’io, né tantomeno con uno sbilanciamento etico in favore di un appello che mi viene rivolto dall’esterno. Priorità: Permettere la ridefinizione del concetto.

Premessa: Rigenerabilità delle definizioni concettuali.

L’uomo come ordinatore

La razionalità risiede nella capacità di identificare e ordinare i concetti coinvolti nella riflessione. La definizione di concetti risponde alla necessità umana di mettere ordine nel molteplice mondo degli enti e degli eventi naturali e sociali. Chi mette ordine è colui che stabilisce le differenze, in ultima istanza, colui che, disponendo, crea.

Il pensiero identificante è un pensiero che pone l’identità, che definisce la stabilità di una idea, che garantisce confini e consistenza del concetto mediante l’esclusione di ciò che il concetto non è.

È hybris (sinonimo di ideale:http://www.treccani.it/vocabolario/hybris/) che ci sia identità, che la cosa in sé corrisponda al suo concetto. Ma il suo ideale non sarebbe semplicemente da gettare via: nel rimprovero che a cosa non è identica al concetto vive anche la brama che lo possa diventare, in tal senso la coscienza dell’identità contiene identità. Sostenere che l’identità non c’è ancora, non equivale a dire che è impossibile definirla concettualmente nella sua concretezza storica, ma che la cifra essenziale dell’ identità risiede nella sua processualità storica. L’identificazione  formale e concettuale, nel momento in cui circoscrive e delimita un oggetto deve anche creare le condizioni per cui diventi altro rispetto a ciò che è. Si potrebbe sostenere che la teoria Adorniana dell’identificazione sia tutt’uno con una teoria del Nuovo, ovvero con una teoria delle condizioni di possibilità dell’insorgere del Nuovo e del Non Ancora. Nei processi costitutivi dell’individualità, l’istanza di ridefinizione si traduce nella negazione di tutte quelle pratiche di identificazione che, nello stabilire ciò che il soggetto è in un dato momento, pongono vincoli e limiti a ciò ce il soggetto potrà diventare. Il Nuovo, ovvero il semplice mutamento di una situazione attuale è necessario ma non sufficiente:  Cosa altrettanto fondamentale è che la Novità diventi trasformazione, sia cioè anche argomentabile. Il Nuovo, per esser veramente tale deve poter essere valutato e considerato più giusto rispetto a ciò che lo ha preceduto.

la comprovabilità e la discutibilità argomentativa dei concetti

Il giudizio identificante non è mai limitato e limitabile all’azione esclusivamente individuale di un soggetto su di un altro. La dimensione intersoggettiva dell’identificazione è rinvenibile nelle osservazioni adorniane riguardanti la natura dialettica della identità.

Definizione di dialettica: http://www.treccani.it/enciclopedia/dialettica_%28Dizionario-di-filosofia%29/

Sinonimo di dialettica: http://www.treccani.it/vocabolario/dialettica_%28Sinonimi-e-Contrari%29/

Una corretta teoria della identificazione soggettiva è concepibile solo come teoria della trasformazione pubblica dei concetti identificanti, ovvero come studio delle condizioni di possibilità della loro ridefinizione intersoggettiva.

“La conoscenza oggettiva del mondo esterno è conseguibile solo in maniera intersoggettiva, cioè da un numero di persone che si trovano fra loro in uno scambio reciproco di conoscenze”

Edmund Husserl

E’ necessario ora specificare quale rapporto intercorre tra il concetto di identità e quello di dialettica:

La contraddizione dialettica è una qualità propria del pensiero identificante: il pensiero dialettico rappresenta il superamento o la messa in movimento del pensiero di identità. La contraddizione dialettica si esplica nell’incapacità del concetto di contenere nella sua totalità e plurivocità la magmatica e incoerente essenza della cosa.

“Le parole non rendono un buon servigio al significato segreto, tutto risulta sempre un po’ diverso quando lo si esprime a parole, un po’ falsato, un po’ folle, sì, e anche questo è assai bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ folle alle orecchie altrui.”

“Devo confessarti, mio caro, che non faccio una gran distinzione tra pensieri e parole. Per dirtela schietta, neanche i pensieri tengo in gran conto. Apprezzo più le cose. Le cose si possono amare. Ma le parole non le posso amare. Ecco perché le dottrine non contano nulla per me. Forse è questo ciò che ti impedisce di trovare la pace: le troppe parole.”

La continuità tra il pensiero identificante e quello dialettico sta, invece, nella struttura stessa del pensiero e della logica identificante. La dialettica è esclusivamente l’autocontraddizione dell’identità, la dimostrazione dell’ incapacità del pensiero identificante di tener fede a se stesso. Applicando queste considerazioni alla teoria della costituzione e della coscienza dell’individualità soggettiva, si approda ad una concezione del soggetto che potremmo chiamare dialettico – agonica. Con tale definizione intendo sostenere la visione di un soggetto i quale non si definisce o non si percepisce mai e esclusivamente come colui che pone l’identico, ma anche e soprattutto come colui che riconosce il non-identico in sé stesso. L’io si percepisce come altro dall’altro. Sostenere una visione dialettico – agonica del soggetto equivale a dire che l’identità soggettiva non può esprimersi se non mediante un apparato categorico concettuale i cui termini si contraddicono inevitabilmente nel momento stesso in cui si pongono.

La dicotomia della parola

“Ho trovato un pensiero, il migliore di tutti i miei pensieri. Ed è questo: D’ogni verità anche il suo contrario è vero! In altri termini: una verità si lascia enunciare e tradurre in parole soltanto quando è unilaterale. E unilaterale è tutto ciò che può essere concepito in pensieri ed espresso in parole, tutto unilaterale, tutto dimidiato, tutto privo di totalità, di sfericità, di unità. Non si può far diversamente, non c’è altra via per chi vuol insegnare. Ma il mondo naturale in sé, ciò che esiste intorno a noi e in noi, non è mai unilaterale, è reciproco. Mai un uomo è interamente santo o interamente peccatore. Sembra così, perché noi siamo soggetti all’illusione che il tempo sia qualcosa di reale. Il tempo non è reale. E se il tempo non è reale, allora anche la discontinuità che sembra esservi tra il mondo e l’eternità, tra il dolore e la beatitudine, tra il male e il bene, è un’illusione.”

L’atto di identificazione non risponde mai esclusivamente a una logica di definizione o di determinazione di una identità, infatti se lo stesso pensiero identificante vuole continuare a sussistere, vuole perciò progredire nella sua opera di ordine e creazione, deve continuare a tener viva e aperta la possibilità che, le identità da lui poste, possano trasformarsi in qualcosa d’altro rispetto al modo con cui vengono espresse. Se una determinata individualità soggettiva viene definita mediante un apparato categoriale che la racchiude, avvolgendola completamente, non solo verrà spogliata di tutte le contraddizioni interne e esterne alle implicazioni storico- sociali dell’individuo, ma lo stesso pensiero identificante, privandosi della possibilità che l’identico soggettivo possa trasformarsi e assumere nuove conformazioni storiche, priverà anche sé stesso della propria azione ri-definitrice.

La necessità di identificare è dunque tutt’uno con la necessità di trasformare. Tutelare e salvaguardare la possibilità di ridefinire i concetti è un’azione possibile solo in un contesto discorsivamente e intersoggettivamente allargato, che si apra all’argomentazione di tutti, non solo sulla correttezza espressiva dei significati, ma anche sulla comparabilità ed equivalenza tra il significato attribuito alla realtà da un singolo ed il significato conseguente allo scambio intersoggettivo di conoscenze della medesima realtà tra persone tenendo dunque aperta la ridefinibilità ti tali significati. La mancanza (spesso utilitaristica) di obiettività può divenire causa di pregiudizi, la mancanza (spesso utilitaristica) di criticità può divenire causa di consenso al pregiudizio. Tali mancanze costituiscono un limite alla definizione intersoggettiva di una identità; tale limite si può risolvere nella misura in cui le persone coinvolte nel reciproco scambio di idee sono aperte alla ri-definizione di tale identità.Trasponendo le precedenti osservazioni sul piano della teoria sociale , è necessario leggerle alla luce di quella trasformazione che ha portato a considerare l’individuo, persona. L’individuo è persona nel senso che non è più una forma astratta e indipendente della singolarità rispetto alla totalità sociale ma il soggetto di pratiche reciproche ed intersoggettive di identificazione.

 

 

Secondo il modello di teoria sociale di Adorno il pensiero dell’identità deve essere ricondotto a una teoria dell’uso dialettico e intersoggettivo delle categorie identificanti che tenga conto sia della relativa oggettivabilità dell’individuo, sia della possibilità di trasformazione e ridefinizione di esso. L’antropologia sociale adorniana guarda a una soggettività inevitabilmente sospesa tra un non più  e un non ancora. Ciò che conta non è tanto la permanenza e la continuità di un proprium antropologico soggettivo, ma la costitutiva sospensione antropologica tra una dimensione identitaria dell’io, che chiede di essere espressa e una tensione alla riconfigurazione e alla trasformazione soggettiva che deve essere messa nelle condizioni di svilupparsi. In quest’orizzonte la concezione di identità personale non può intendersi ponendo attenzione al permanere costante dell’individuo nel continuum storico, quanto al momento storico presente in cui il soggetto si rivela sempre costitutivamente premessa e promessa.

“Ascolta, caro, ascolta bene! Il peccatore non è in cammino per diventare un giorno una persona migliore. E ora vedi: Questo “un giorno” è illusione, è mero simbolo! Il peccatore non è coinvolto in un processo evolutivo, sebbene il nostro pensiero non sappia rappresentarsi le cose diversamente. No, nel peccatore è, già ora, oggi stesso, il futuro santo, il suo avvenire è già tutto presente, tu devi venerare in lui, in te, in ognuno il santo potenziale, il santo in divenire, il santo nascosto. Il mondo, caro, non è imperfetto, o impegnato in una lunga via verso la perfezione: no, è perfetto in ogni istante. La meditazione profonda consente la possibilità di abolire il tempo, di vedere in contemporaneità tutto ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà.”

La sociologia contemporanea ha fatto propria l’esigenza di leggere e interpretare l’identità dando notevole rilievo all’inoggettivabilità della storia biografica del soggetto. In quest’ottica il soggetto è identificabile in base a processi di riconoscimento intersoggettivi.

L’approccio sistemico – costruttivista e la co – evoluzione:

L’approccio sistemico – costruttivista si riferisce alla metodologia generale della Sistemica, cioè ai concetti, ai principi, alle applicazioni e ai metodi basati sul concetto di sistema, alle proprietà sistemiche, all’interazione riferiti alla scienza della complessità, fondata negli anni Sessanta del XX secolo da un gruppo di studiosi, tra i quali Prigogine, Gell-Mann, Shannon, Weaver, Wiener, Ashby, von Foerster, Atlan, von Neumann, Bateson, von Glasersfeld, Maturana, Varela, Morin, per cui considerando un fenomeno e usando l’approccio sistemico è valutata l’efficacia di modellare, identificando il livello di descrizione più adeguato, come: i componenti, le interazioni, il ruolo costruttivista dell’osservatore che inventa variabili, in seguito alle quali fa e verifica esperimenti e gli esperimenti si profilano come domande alla natura, che risponde facendoli accadere, dunque, risponde alle domande poste.

Se non si pongono domande non si hanno risposte

“La dialettica si attua come domandare e rispondere, o meglio come passaggio di ogni sapere attraverso il domandare.”

Gadamer



Maestro è chi sa trasmettere, ma anche chi sa farsi allievo degli allievi"                                                         Otto Wagner

"Una rosa. Non semplicemente una rosa che sta in giardino, che oscilla al vento. Una rosa. La gioia che il suo profumo risveglia. L’abbandonarsi al suo rosso splendore. Heidegger (1889 -  1976) (Fenomenologia e teologia)

 

 





Tuttavia è con il modello cognitivo – costruttivista che il soggetto viene inteso non solo come colui che è re – attivo, ma attivo nel sistema in cui si trova. Ciò vale anche per l’uomo considerato da Morin un cosmo ricco di personalità e definisce l’identità umana. L’unitas multiplex, ovvero l’unità molteplice composta di molte dimensioni: biologica, antropologica, sociologica, psicologica ed essendo un’unità molteplice questa è intrisa e tessuta, presa e compresa nella realtà anch’essa complessa e multidimensionale, difficile da penetrare e comprendere.

Conoscere i problemi

“Nel regno del Kitsch totalitario, le risposte sono già date in precedenza ed escludono qualsivoglia domanda. Ne deriva che il vero antagonista del Kitsch totalitario è l’uomo che pone delle domande. Una domanda è come un coltello che squarcia la tela di fondale dipinto per permetterci di dare un’occhiata a ciò che si nasconde dietro. Davanti c’è la menzogna comprensibile e dietro, intravista, l’incomprensibile verità. Quello che c’è sotto la superficie è un mondo estraneo.”

L‘ insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

Emotional short-circuits: the intelligence behind mistakes

“Mi ci vuole un respiro, per parlare di cortocircuiti emozionali; potrei chiedervi di venire qui e guardarvi e il cortocircuito partirebbe. Mi occupo di bimbi che non ce la fanno e di bimbi che fanno fatica a scuola, di bimbi che fanno fatica a crescere, di bimbi che non si sentono capiti, di bimbi che soffrono. E questo ha modificato la mia storia, la mia storia di scienziato. L’altro giorno ero in un polo apprendimento, dove aiuto questi bimbi. In questo polo apprendimento una di queste bimbe mi guardava perché io ero preoccupata su come avrei potuto iniziare oggi a parlarvi in pochissimi minuti, di cosa facciamo noi e di perché sono qui. O guardato questa bimba e le ho detto: Sai; non so da dove cominciare. Lei mi ha sorriso e mi ha detto: “Dall’inizio devi cominciare, si inizia sempre dall’inizio.” Il mio inizio di scienziato e la mia partenza per andare a studiare e a capire ciò che per moltissimo tempo mi ha affascinato: Il rapporto tra il cervello e la mente, tra il cervello e l’anima. Tra ciò che sentiamo e come è possibile che sentiamo così. Quindi ho passato anni ad affascinarmi di questa struttura straordinaria; il cervello è una struttura straordinaria. In millesimi di secondo, in questo momento, voi avete milioni di miliardi di connessioni che mettono in moto una serie di trasformazioni di ciò che siete stati e di ciò che sarete e a modificare tutto questo sono le informazioni che stanno entrando e che seminano il nuovo che determina potature in ciò che voi siete stati fino ad adesso e nuove gemmazioni. Questo miracolo che misura un meccanismo che si chiama zona di sviluppo prossimale, è uno dei processi più affascinanti della vita, è quello che rappresenta l’essere vivente che ciascuno di noi, momento dopo momento sceglie di essere. Quindi, dopo avere studiato questi meccanismi sono tornata in Italia. Ho incontrato un bimbo, lo ho incontrato in un corridoio verde di ospedale, le mura erano, veramente, terribili e davano l’idea di qualche cosa che non curava ma opprimeva. Ciò che io ho fatto, è stato un gesto da lontano, in fondo al corridoio: mi sono abbassata e gli ho sorriso. Questo gesto ha fatto sì che lui sia corso verso di me, mi abbia preso per il camice e mi abbia detto la parola “aiutami”. Ora, io di questo bambino non so più niente, ma so che ha cambiato la traiettoria della mia storia da scienziato, perché ho pensato che se tutto quello che sapevamo non aiutava un bambino e se una comunità intera che si muoveva al punto di dargli otto adulti, non lo stava aiutando perché lui chiedeva aiuto ad un estraneo in camice in un corridoio verde d’ospedale. Qualcosa in tutto questo nostro sistema, non aiutava. E quindi ho nuovamente dedicato tempo allo studio, ho conosciuto l’esistenza del concetto di neuroplasticità, e in termini educativi si chiama potenziamento della zona di sviluppo possibile. Cioè ho cominciato a studiare come si potessero esercitare i domini cerebrali nel determinare miglioramenti nel linguaggio, nella capacità di concentrazione, di memoria, di attenzione, di intelligenza numerica. In seguito a tali ricerche applicate ho potuto riconoscere che i bimbi cambiavano. A livello di ricerca sperimentale quello che ottenevamo era quello che si chiama potenziale migliore della struttura neuropsicologica individuale. Se posso offrirvi un esempio: Il cervello gemma in millesimi di secondo, le memorie che noi imprimiamo attraverso le informazioni che riceviamo. Quindi se vogliamo capire, per esempio, che cosa fa la vita a scuola in un bambino, basta che facciamo un calcolo, un calcolo che io diedi al ministero tanti anni fa:  Millesimi di secondo per centesimi di secondo per decimi di secondo per secondi per minuti per ore per giorni per mesi per anni che un bimbo sta a scuola; otterrete un numero che tende all’infinito. Quel numero misura ciò che ciascuno degli adulti che incontrerà determina nel suo connettoma: la trasformazione del suo sé; è un potere immenso. Mio figlio in un tema in seconda elementare ha scritto che sua madre quando ha finito di imparare di fare lo scienziato è diventata la maestra delle maestre perché io ho cominciato a spiegare agli insegnanti che cosa si determinava nella neuroplasticità e nel potenziale umano. Ed ero convinta di aver portato a compimento questo compito ma non è stata così perché qualche tempo dopo incontro un altro bimbo, un bimbo di cui avevamo ottenuto un cambiamento in termini di profilo cognitivo straordinario perché aveva recuperato una deviazione standard e mezzo da quello che si chiama genericamente quoziente di intelligenza generale. Questo bimbo ad un certo punto alluse a tale problema : “Adesso che hai eliminato in me gli errori, puoi sanare in me anche le sofferenze derivate da tali errori?” Io non ero preparata a capire il rapporto tra l’errore della mente e il dolore nella mente. E soprattutto non avevo riflettuto su che cosa fosse il meccanismo del dolore. Se adesso io chiedessi a voi, mille persone adulte, di ricordarvi della vostra vita e dei vostri errori, e non intendo gli errori a scuola, del leggere, dello scrivere e del far di conto, ma gli errori della vita, e vi chiedessi se hanno una traccia più importante nella vostra storia gli errori che avete commesso o il dolore che vi han provocato, e che cosa sia ciò che determina la reazione in voi; penso che la risposta sarebbe unanime: è il dolore che determina la risposta.

La fonte fisiologica del dolore, di qualunque natura esso sia, manda informazioni neuro-elettriche: Attraverso il sistema nervoso periferico, giunge al cervello l’informazione : alert! Ti duole. Perché l’informazione neuro-elettrica assume il significato di dolore: Perché dobbiamo ricordare che non dobbiamo più ricorrere a quel determinato tipo di situazione, perché ci fa male. L’informazione neuro elettrica “alert! Ti duole.” Traccia la memoria, divenendo parte di essa. Ogni atto psichico volontario implica un network circuitale. Lo stimolo viene elaborato in prima istanza dai centri dell’encefalo, in particolare l’amigdala. Queste emozioni straordinarie sono processi incredibili a livello neuro-funzionale : Quando dormiamo produciamo tre Hz, quando siamo svegli ne produciamo nove; ma basta un’emozione, una goccia qualunque d’emozione, Questa emozione è talmente potente che sebbene il cervello sia molto addestrato, il lieve tremore inintenzionale della voce la manifesta. Io non riesco a controllare la voce perché l’emozione è più potente del sistema cognitivo, è il grande decisore, ed è un decisore intelligente che ha solo due risposte: mi duole o mi fa bene. Le emozioni nascono nel nostro sistema evolutivo per dir noi:  Se duole: Allontanati! Se ti fa bene: Tieni e cerca! Come lo dice?  Ci avvisa attraverso un meccanismo straordinario, di tipo Hertziale: Se noi abbiamo un momento di gioia, abbiamo un picco Hertziale in cui l’onda che si manifesta, è un’onda ad elevata intensità ma breve perché deve tracciare la memoria di gioia. Poiché la gioia fa bene, il cervello lo deve cercare ancora: La brevità del momento di gioia, innesca il meccanismo della ricerca della gioia.  Se invece della gioia, noi proviamo angoscia, ansia, paura. . . allora l’onda è molto diversa, è a bassa intensità e non breve (costante), è sottostante alla soglia della coscienza, non si fa vedere dalla mente. Poiché le informazioni neuro - elettriche : “alert! Ti duole!” e  “Se duole: Allontanati!”

Devono essere sempre presenti nella memoria mediante la costante reiterazione della reminiscenza : Ricorda che ciò ti duole ! Dunque allontanati da ciò ! Ed ecco che i nostri circuiti vengono percorsi da onde che dicono: “poiché ti duole, allontanati! “ L’energia stessa che produciamo ne è la traduzione. Sembra che non ci sia via d’uscita. Invece c’è. Non è la mente che controlla le emozioni; questa è una grandissima illusione. Non possiamo accendere la luce con la forza del pensiero, dobbiamo andare all’interruttore giusto. L’interruttore delle emozioni: Ad esempio, se vi chiedo:  “Per piacere guardatevi negli occhi, l’un con l’altro; con intesa.” “Per piacere abbracciatevi trenta secondi. Coraggio.” “Per piacere fatevi una carezza, una carezza di conforto.” Se adesso noi misurassimo il battito cardiaco, la temperatura, guardassimo indicatori come il colore della pelle, noi avremmo il cambio dei relativi indici, perché noi ne abbiamo rivitalizzato i circuiti neuro-elettrici. Questi sono gli interruttori, pensate che trenta secondi di abbraccio comanda all’amigdala di produrre l’ossitocina che è l’ormone che determina nel momento del parto la possibilità per una donna di resistere al dolore. Rimparare a guardare i bambini negli occhi, rimparare ad abbracciarli, rimparare ad accarezzarli, implica mettere nel circuito delle memorie permanenti che sono di emozioni che creano ben – essere e non mal – essere; è acqua e pane, la scienza è ritornata all’acqua e pane.

cortocircuito emozionale :

Se noi, imparando, studiando consumando energia , sperimentiamo ansia, (ciò che sempre accade); la memoria mette in memoria ciò che studio, ma anche l’ ansia, la paura… che lo studio ha provocato;

Tale processo conduce alla reminiscenza delle emozioni relative all’ansia, alla paura… che si traducono nell’ informazione neuro - elettrica  : “alert! Ti duole!” e  “Se duole: Allontanati!” Che ricordiamo essere subconscia (benché esistente) e costantemente presente nel tempo. I ricordi e le emozioni concorrono entrambi alla qualità dell’informazione neuro elettrica. La permanente esistenza nel tempo dell’informazione neuro - elettrica relativa al dolore implica la possibilità che si attivino processi di tipo associativo mediante i quali siano rammentati episodi di vita (errori) e le relative emozioni “negative” (ansia, paura. . .) che concorrono ad alimentare la gravità della reminiscenza che deve essere sostenuta e ad aumentare la probabilità dell’incedere del cortocircuito emozionale .

 Dunque, dal recipiente della memoria coglierò non soltanto le informazioni risultanti dallo studio bensì necessariamente anche le emozioni con cui lo ho tracciato; dunque l’ansia entra nel circuito e diviene un’informazione che lo manda in corto – circuito. Se apprendo con paura, recupererò la paura. Se apprendo con senso di disistima, io riprenderò la disistima. Ma se io apprendo con sfida a me stesso, io riprenderò la sfida a me stesso.E questo, per millesimi di secondo, fino ad anni di tempo in cui il sistema educante può determinare inquinamento nei circuiti mentali o pandemia di guarigione. Io sono per questa pandemia di guarigione perché da persona di scienza, quello che devo leggere sono anche le scienze a fianco: Le ricerche sull’ epigenetica concludono che le memorie del dolore (le informazioni neuro – elettriche) non sono soltanto individuali ma transgenerazionali. Questo significa che noi tramandiamo, per proteggere i nostri figli, ciò da cui si devono proteggere. Quali sono le due emozioni più preoccupanti, tali che preoccupano più me : Il senso di colpa e la paura.

Di queste non vi posso parlare, ma vi posso parlare, ma vi posso dire quali sono le emozioni antagoniste : Al senso di colpa, il grande antagonista è il diritto all’errore : Se noi ci mettiamo in questa consapevolezza che dobbiamo far crescere i nostri figli nel diritto all’errore, nell’errore come processo di modifica e di miglioramento continuo (il principio della co - evoluzione), cambia il livello di consapevolezza. Abbiamo detto ‘sussurri e voci’ : Se noi pronunciamo la parola: “bravo” con tonalità di voce diverse noi diamo informazioni completamente differenti perché è l’emozione che facciamo transitare attraverso l’indicatore che stiamo utilizzando che influenza quel grande decisore che dice “proteggiti” o “sii senza timore” . L’ultimo bimbo di cui vorrei parlare con voi è un bimbo con la sindrome di Asperger, ad altissimo funzionamento cognitivo: parla quattro lingue, risolve problemi di matematica complessi come se fosse al secondo anno di università, disegna il duomo di Milano senza errori ma basta guardarlo e dimostra comportamenti tipici, prototipici delle sindromi autistiche importanti. Non avevo mai provato ad aiutare un bimbo in quella che è la zona di sviluppo prossimale delle emozioni. Ma ho pensato che in questo intelletto straordinario, se le due strutture sono strutture che sincronicamente collaborano, io potevo aiutare le emozioni con la cognizione:

Gli ho chiesto di segnare su un quaderno tutte le cose che lui riteneva fargli paura, angoscia, metterlo in vulnerabilità e ad ognuna di queste collegare la strategia con cui vincerla questa vulnerabilità. Lui ha compilato molti quaderni di queste sue soluzioni ed è venuto a presentarlo ad un congresso di insegnanti. Avevamo addestrato, lui a non avere momenti di reazione e tutte le insegnanti a non comportarsi in maniera di agitarlo. Ma ad un certo momento, mentre lui parlava, una delle insegnanti si emoziona, piange ed applaude; quindi tutte le insegnanti si emozionano, piangono ed applaudono. Il bimbo va in panico e si nasconde.

In seguito il bambino mi disse queste parole: C’erano cento insegnanti, alcuni giovani, alcuni non tanto, quindi in media, resteranno altri venticinque anni a scuola; ognuno di loro avrà almeno venticinque alunni in classe. Quindi con questa ora di lezione, io ho aiutato nella mia vita 62500 bambini. E io sono qui per questo. Sono qui perché voi ci aiutiate a fare della scienza servizievole, ed a fare in modo che si possano servire anche più di 65500 persone.“

Daniela Lucangeli

I processi della conoscenza

tesi prima

L’atomizzazione culturale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

 

I sistemi di memoria

Premessa: L’aleatorietà della memoria

La memoria alea – dal latino, significa dado ed è riferito al lancio del dado, perciò è inerente al calcolo applicato alla Sistemica, ovvero al calcolo delle probabilità.

La natura multisistemica della memoria

La dimostrazione della natura multisistemica della memoria:

L’esperimento  di Sperling

Uno dei fattori che favorirono la visione multisistemica della memoria fu la convincente spiegazione dei risultati delle ricerche di Sperling. Nel 1960, George Sperling tentò di rispondere alla domanda «Quanto possiamo ricordare con un solo sguardo?» presentando ai soggetti tre gruppi di quattro lettere per soli 50 millisecondi e chiedendo loro di rievocare quante più lettere possibile. Con un tempo di presentazione così breve, Sperling voleva assicurarsi che i soggetti dessero appena un veloce sguardo alle lettere. Con questa tecnica (cosiddetta del resoconto totale) le persone riuscivano a rievocare non più di 4 o 5 delle 12 lettere presentate, ma dichiaravano di aver visto più lettere di quante ne potessero recuperare. Sperling, perciò, decise di utilizzare la tecnica del resoconto parziale, con la quale si chiedeva ai soggetti di riportare solo una parte delle lettere. La variazione interessante era che, dopo la presentazione dei tre gruppi di lettere, i soggetti udivano un suono. Questo suono poteva avere tre tonalità: alta, media o bassa. A seconda della tonalità, i soggetti dovevano riportare le quattro lettere del primo (tono alto) del secondo (tono medio) o del terzo (tono basso) gruppo. Con questa tecnica, le persone erano in grado di riportare almeno tre delle quattro lettere di ogni gruppo, il che indicava che essi erano riusciti a vedere almeno 9 lettere in un colpo d’occhio, circa il doppio del numero di lettere che erano in grado di riportare con la tecnica del resoconto totale.

Il ricordo: l’interazione dei sistemi di memoria

Lo psicologo americano Endel Tulving ha sostenuto di recente che ricordare significa viaggiare nel tempo, un tempo mentale ovviamente, che segna il trascorrere della nostra vita e determina la continuità della nostra identità personale.

L’idea del ricordo come «viaggio mentale nel tempo» mette in luce un aspetto fondamentale del funzionamento della memoria umana:

Ciò che chiamiamo «ricordo» è fatto di elementi diversi che derivano dal funzionamento di sistemi mnestici differenti ma in interazione tra di loro. Psicologi e i neuroscienziati che studiano la memoria usano la parola «sistema» per riferirsi ad un insieme di elementi in stretto rapporto tra di loro destinati a determinate funzioni mnestiche, elementi connessi in un tutto organico e funzionalmente unitario. Ciascun sistema dipende da una particolare costellazione di reti cerebrali che coinvolgono specifiche strutture neurali le quali, a loro volta, sostengono specifici processi mnestici. Ogni struttura neurale svolge un ruolo specializzato all’interno del sistema.

I sistemi di memoria

Il sistema di memoria semantica, che ci fornisce la conoscenza concettuale,

Il sistema di memoria episodica, che ci fa ricordare il tempo e il luogo in cui l’episodio è avvenuto,

Il sistema di memoria visiva, che ci dice come sono fatte le cose che abbiamo incontrato,

Il sistema di memoria procedurale, che ci dice come si fa una cosa,

Il sistema di memoria verbale, che ci permette di tradurre i pensieri in parole,

Il sistema di memoria autobiografica, che ci fa riferire a noi stessi l’evento rievocato.

 

 

La memoria sensoriale, la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine

In un certo senso, tutta la memoria potrebbe essere divisa in due grandi entità: una che ci permette di ricordare un’informazione per un tempo molto breve ed una che – sotto varie forme – ci permette di conservare informazioni per tutta la vita. Nella psicologia scientifica, l’idea di una memoria dicotomica non è nuova. William James, alla fine dell’ottocento, distingueva tra una memoria primaria, transitoria e fragile (la memoria a breve termine), che consisteva dei contenuti della coscienza, e una memoria secondaria, permanente (la memoria a lungo termine), che conteneva informazioni che non erano presenti alla coscienza, ma che potevano essere riattivate all’occorrenza.

La memoria sensoriale

I risultati di Sperling sembrarono subito molto interessanti perché fornivano la prima prova sperimentale dell’esistenza di un recipiente di memoria di natura sensoriale, di grande capacità, ma nel quale le informazioni decadono molto più rapidamente che nella memoria a breve termine.

La rappresentazione ecoica

Si tratta di sistemi di memoria visiva e uditiva a brevissimo termine, distinti dai sistemi di memoria a breve termine.

La memoria a breve termine e la memoria a lungo termine

La memoria a breve termine esprime il ricordo temporaneamente presente alla coscienza, la «presente consapevolezza» che mantiene ed elabora le informazioni durante l’esecuzione di compiti cognitivi. Essa inoltre ci aiuta a trasformare il passato in presente (riportando i ricordi ad uno stato attivo) e ad integrare il vecchio con il nuovo. Questa struttura di memoria ha però una capacità limitata e può mantenere l’informazione solo per un breve periodo di tempo.

Un’interpretazione «letterale» della distinzione in memoria sensoriale, MBT e MLT non è del tutto corretta, in quanto cattura soltanto la dimensione della durata temporale del ricordo, senza tener conto di altre importanti dimensioni come ad esempio il sistema coinvolto nel ricordo, il tipo di meccanismo sottostante e la natura della rappresentazione.

Sistemi di memoria visiva e uditiva

La distinzione tra memoria visiva e memoria uditiva si applica sia al sistema di memoria a breve termine che a quello di memoria a lungo termine. Tradizionalmente, come abbiamo già visto, si distinguono anche sistemi di memoria visiva e uditiva a brevissimo termine. Tuttavia, data la natura periferica (sensoriale) di questi recipienti e la durata (brevissima) della traccia, molti non li considerano veri e propri sistemi di memoria, quanto piuttosto sistemi di registrazione finalizzati ad una elaborazione primaria che «nutrono» i sistemi di memoria più duraturi.

Memoria  a  breve termine visiva

Le prove più convincenti a favore dell’esistenza di un sistema di memoria a breve termine visiva sono quelle prodotte dagli studi di Posner e collaboratori. In uno di questi studi, i partecipanti vedevano coppie di lettere e dovevano decidere se le due lettere avevano lo stesso nome. I risultati dimostrarono che il tempo di risposta era significativamente minore se le lettere avevano lo stesso nome ed erano anche visivamente identiche (ad esempio, AA) rispetto a quando avevano lo stesso nome ma non erano visivamente identiche (ad esempio, Aa). Inoltre, se si presentavano le lettere una per volta e si variava l’intervallo di tempo tra la presentazione della prima lettera e quella della seconda, il vantaggio in termini di tempo impiegato per la risposta scompariva dopo un intervallo di 2 secondi. Posner e collaboratori interpretarono questo risultato come una prova dell’esistenza di un recipiente visivo a breve termine in cui la traccia dura circa 2 secondi.

La buona prestazione che le persone mostrano nei compiti di riconoscimento significa forse che la memoria a lungo termine visiva conserva le tracce in modo inalterato e permanente? Secondo un certo numero di studiosi, gli esperimenti sul riconoscimento di figure suggeriscono che la memoria di figure è praticamente perfetta e che il riconoscimento si basa su qualche tipo di rappresentazione in memoria che viene mantenuta senza bisogno di ricorrere ad etichette verbali e senza ripetizione. Non tutti, però, sono d’accordo con questa interpretazione. Innanzitutto, bisogna ricordare che un compito di riconoscimento – al contrario di uno di rievocazione – non comporta il problema di dover decidere «dove» andare a cercare il bersaglio nella memoria. Lo stimolo al test funge sempre da suggerimento (cue) che dirige la ricerca verso il giusto contesto, aumentando così la probabilità di una buona prestazione. Secondariamente, un compito di riconoscimento comporta sempre una ripresentazione dello stimolo o di una sua parte, il che rende difficile stabilire quanto dell’input originario era presente nella memoria visiva.

Infine, ci sono esempi della vita quotidiana che contrastano fortemente con questa visione idilliaca della memoria visiva. Ad esempio, si sa che la testimonianza oculare è spesso inaffidabile. Buona parte del riconoscimento della scena alla quale si è assistito è frutto di processi di ricostruzione. Elisabeth Loftus ha indagato estesamente questo problema ed ha concluso che la ricodifica verbale cui spesso è soggetto il ricordo visivo e la riorganizzazione dell’informazione visiva con l’aggiunta di nuovi elementi alterano il ricordo originario.

Gli eventi e i significati: memoria episodica e memoria semantica, ricordare e sapere

La memoria episodica si riferisce a specifici eventi ed esperienze della vita di ognuno (memoria autobiografica) e contiene informazioni spazio-temporali che definiscono «dove» e «quando» il sistema ha acquisito la nuova informazione. Avere accesso ad importanti esperienze autobiografiche è essenziale per condurre una vita normale. Per sapere chi siamo o immaginare chi diventeremo è necessario che tempo e memoria si intreccino in una dinamica che integri passato e presente e dia forma al futuro. Molte persone che soffrono di forme di amnesia non sono in grado di rievocare larga parte del proprio passato e la loro vita quotidiana risulta seriamente compromessa. Con il concetto di memoria autobiografica ci si riferisce comunemente al ricordo di informazioni legate al sé. Questa generica definizione, però, non rende giustizia al concetto di ricordo autobiografico. Per molti versi, infatti, i ricordi personali assomigliano a un complicato e ricchissimo mosaico che contiene una varietà di «pezzi» di esperienza, nonché le loro ricostruzioni. I ricordi sono costellazioni, costruzioni o composizioni di conoscenze e sono identificabili come tali solo se riferiti alla persona che ricorda. Tre livelli di struttura sembrano contribuire alla costruzione dei ricordi autobiografici e sono organizzati gerarchicamente. Il primo livello si riferisce ad estesi periodi della vita di un individuo, si tratta di un livello astratto della conoscenza autobiografica, che incorpora conoscenze che investono periodi lunghi della vita. Il secondo livello, nonostante la denominazione (livello degli eventi generali), è più specifico; esso si riferisce ad episodi ampi ed eterogenei misurati in giorni o settimane e non in periodi lunghi. Gli «eventi generali» prendono la forma di riassunti di eventi  ripetuti.

Infine, il terzo livello – la conoscenza di eventi specifici – rappresenta la conoscenza percettiva e sensoriale che può durare da alcuni secondi ad alcune ore. La «memoria autobiografica» è il risultato della confluenza di questi tre livelli in una struttura unica. Accuratezza dei ricordi autobiografici e il loro carattere ricostruttivo. È stato dimostrato che il senso generale di un ricordo autobiografico è di solito accurato.

A lungo termine ciò che va incontro ad amnesia e a distorsioni sistematiche è il ricordo dei dettagli più fini.

La memoria conserva a lungo termine il semplice senso generale.

I ricordi umani hanno questa natura ricostruttiva: Le persone apprendono presto ad usare degli schemi, cioè delle conoscenze reciprocamente relazionate, dei modelli mentali della realtà, i quali, una volta consolidati, aiutano a comportarsi in modo appropriato e forniscono la base per organizzare e conservare i ricordi che hanno caratteristiche comuni.

Negli anni ottanta è stato coniato il termine memoria riepisodica (repisodic memory) per riferirsi a situazioni nelle quali la rievocazione di alcuni eventi non è altro che lintegrazione di dettagli estratti da molti episodi simili.

La memoria semantica trascende le condizioni in cui la traccia è stata formata ed è sganciata dal contesto dell’originale episodio d’apprendimento. La memoria episodica sarebbe organizzata cronologicamente, quella semantica in modo tassonomico e associativo.

L’importanza della memoria episodica, la sua assoluta autonomia e unicità:

La memoria episodica è ciò che contraddistingue gli esseri umani, capaci di «viaggiare nel tempo» rimanendo consapevoli che si tratta solo di un viaggio mentale e non della realtà. Qualsiasi analisi della memoria episodica deve quindi tener conto dell’esperienza soggettiva della persona che ricorda.

La memoria semantica: il ragionamento

Quel che ricordiamo e quel che sappiamo

Molte teorie contemporanee assegnano una struttura multifunzionale e multidimensionale alla memoria, che viene perciò vista come una architettura complessa in grado di rappresentare, contemporaneamente, tipi diversi di informazioni sulle quali possono agire tipi diversi di operazioni.

In questa prospettiva, una delle tradizionali suddivisioni riguarda la rappresentazione da un lato di specifici riferimenti spazio-temporali e personali (i ricordi) e dall’altro lato la rappresentazione di informazioni di carattere generale, linguistico-simboliche ma anche di natura non linguistica (le conoscenze).

Seguendo la denominazione tradizionale, il primo sistema di rappresentazione è chiamato memoria episodica e il secondo memoria semantica. È opportuno notare che la distinzione è enfatizzata anche a livello linguistico. Infatti, le informazioni relative alla memoria semantica implicano il verbo sapere, mentre le informazioni relative alla memoria episodica, implicano il verbo ricordare. Formato e organizzazione delle conoscenze nella memoria semantica

Nella concezione originaria, la memoria semantica costituisce il repertorio di concetti – e il vocabolario linguistico e non linguistico che li esprime – posseduti da ciascuna persona. In quanto tale, essa è la base di conoscenze che ci permette di agire in modo funzionale nel mondo che ci circonda. Tali conoscenze sono create a partire dal mondo sensoriale, attraverso l’esperienza, sia diretta sia mediata dal linguaggio, e sono rappresentate in un formato che ne permette l’uso sia nel riconoscimento.

Il ragionamento

I meccanismi coinvolti nel riconoscimento e nella produzione sono, almeno in parte, diversi, in quanto sottendono meccanismi finalizzati a operazioni di decodifica (dalle forme – visive o linguistiche – ai concetti) o, invece, di codifica (dai concetti alle forme – linguistiche o grafiche).

Le conoscenze sono organizzate in modo tale da riflettere le relazioni che esistono fra i concetti stessi: ciascun concetto sarà semanticamente legato a un certo numero di concetti.

Andando a formare in questo modo delle categorie semantiche, se la relazione è su base categoriale (relazioni tassonomiche), o dei campi semantici, se la relazione è determinata dalle nostre conoscenze enciclopediche di ciò che accade nel mondo (relazioni associative).

Considerazione pedagogica:

Alla luce di tali considerazioni la settorializzazione e la conseguente iperspecializzazione e complicatezza delle discipline risulta insensata.

Sulla base di quanto detto, possiamo pensare che le conoscenze rappresentate nella mente riguardanti i concetti includano informazioni astratte sulle funzioni degli oggetti, informazioni percettive legate alle diverse modalità, e informazioni sulle relazioni fra oggetti: Ovviamente, data la varietà e la diversità anche qualitativa dei concetti rappresentati, alcuni elementi saranno maggiormente caratterizzati da alcune di queste proprietà, altri da altre. Così, concetti astratti come «giustizia» e «infinito» sono caratterizzati più da proprietà funzionali che da proprietà percettive. Invece, per gli elementi delle categorie semantiche riferibili agli esseri viventi, è cruciale l’informazione percettiva nella rappresentazione e nei processi di riconoscimento. Le proprietà funzionali e i modelli della rappresentazione astratta, nell’ambito della conoscenza del mondo che ci circonda, hanno assunto nel tempo maggior rilievo rispetto alle proprietà percettive: Lettura dei capitoli:

Intuito (innsaei)

Il concetto di  reciprocità e latomizzazione sociale

I modelli della memoria semantica: Rappresentazione astratta, per esemplari, e approccio connessionista.

 

Riguardo al formato della rappresentazione, possiamo distinguere almeno tre grossi gruppi di modelli: rappresentazione astratta, per esemplari, e approccio connessionista.

Secondo i modelli della rappresentazione astratta, le informazioni sono mantenute in memoria semantica in un formato amodale, slegato cioè dalle informazioni sensoriali delle entità rappresentate.

Inoltre, secondo tali modelli, la rappresentazione prescinde dalla particolare situazione in cui l’elemento può trovarsi nel mondo reale. Le variazioni contestuali costituiscono informazione aggiuntiva che può facilitare, se congruente, od ostacolare, se incongruente, il riconoscimento, ma che nulla aggiunge al contenuto concettuale.

Secondo i modelli per esemplari, invece, il sistema concettuale è costituito dalle memorie (o tracce mnestiche) degli esemplari che sono stati codificati nel tempo. In altre parole, la rappresentazione del concetto è costituita dalle tracce mnestiche di tutte le situazioni che ho codificato una realtà in cui la stessa realtà era presente.

Poiché i diversi esemplari sono codificati in situazioni diverse, in cui risaltano particolari diversi, questi modelli attribuiscono un ruolo rilevante al contesto in cui si ha esperienza dei concetti – o, meglio, delle loro varie occorrenze. Tali modelli si possono inserire nella più generale tendenza, definita in inglese situated cognition, cioè, letteralmente, «cognizione situata», secondo la quale il contesto, ovvero la specifica situazione in cui la persona e il mondo in cui (inter)agisce si trovano, svolge un ruolo fondamentale nel determinare i processi cognitivi.

 Concetti di reiterazione e di familiarità

I modelli connessionisti della rappresentazione delle conoscenze postulano nella maggior parte dei casi una architettura distribuita in cui la rappresentazione di un concetto viene distribuita su diversi sottosistemi. Pertanto, secondo questo approccio, non esiste un  nodo concettuale, una traccia mnestica, corrispondente ad un concetto e neppure l’insieme di esemplari del medesimo concetto. Esistono invece insiemi di attributi di base, condivisi da un numero variabile di elementi, che si attiveranno in configurazioni appropriate in riferimento al concetto rilevante. Così, semplificando notevolmente, possiamo dire che un concetto sarà disponibile, identificabile e nominabile quando sarà attivata una configurazione che comprenderà le caratteristiche relative allo stesso concetto.

Inoltre, è interessante notare che in questi modelli la strutturazione in categorie non è un principio organizzativo della rappresentazione ma una proprietà emergente: Le categorie «emergono» dalla somiglianza degli insiemi di caratteristiche relative ai diversi concetti.

Concetto di associazione con le generalità

Il modello connessionista ed il modello per esemplari esprimono modalità di conoscenza coerenti con il pensiero complesso ed il pensiero intuitivo:

Il pensiero complesso, pur sapendo di non poter conoscere completamente tutto, di non poter essere onnisciente, ambisce a ricollegare le tipologie di saperi e ad aiutare a pensare la complessità seguendo tre principi:

Il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano: La saggezza,  che è una delle interazioni fondamentali  (nodi concettuali fondamentali) .

“La saggezza è motrice e guida nell’insegnare l’arte di vivere” Edgar Morin

Il principio ricorsivo, secondo il quale il feedback rompe l’idea di linearità e introduce a causalità circolare, per cui le cause producono effetti e gli effetti sono ause di altri effetti: La relazione causa – effetto, che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali).

Il principio ologrammatico, secondo il quale il tutto è iscritto nella parte e la parte nel tutto, superando così la visione riduzionistica, che vede solo le parti e la visione olistica che vede solo il tutto: La relazione di familiarità, che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali).

 

Lettura dei capitoli

Intuito (innsaei)

Il concetto di reciprocità e l atomizzazione sociale

Secondo tali prospettive essi rappresentano concezioni della rappresentazione delle conoscenze che mettono maggiormente a frutto il contributo della memoria semantica, (il ragionamento umano) rispetto ai modelli della rappresentazione astratta. Inoltre è bene ricordare che l’approccio sistemico – costruttivista ricusa i modelli della rappresentazione astratta in quanto considera i processi mentali fenomeni attivi e non passivi, i quali permettono l’ interazione del soggetto nel sistema in cui si trova.

I processi di categorizzazione

La memoria semantica è organizzata su base categoriale:

Di fatto, le categorie rivestono un ruolo importante sia come principio di organizzazione che struttura il sistema di rappresentazione, sia come chiave di recupero delle informazioni e come fonte di inferenze.

Dal primo punto di vista, la categorizzazione è un meccanismo mentale particolarmente potente perché permette di dare origine a insiemi più o meno ampi di elementi sulla base di uno o più principi di organizzazione.

Sulla base di una dimensione o di un criterio si possono distinguere classi di elementi che si differenziano per quella particolare dimensione o in relazione a quel particolare criterio.

Chiamiamo categorie la costituzione di insiemi o classi di elementi.

La capacità di classificare e rappresentare elementi in classi, ovvero il processo di categorizzazione, assolve diverse funzioni.

Una prima funzione della categorizzazione è quella di rendere possibile l’esecuzione di risposte comportamentali riferite a una classe di oggetti cognitivamente equivalenti (piuttosto che considerare singolarmente ciascun oggetto). Ovviamente, a volte è importante prendere in considerazione il singolo elemento, anche in riferimento alle specifiche azioni che si devono eseguire, ma frequentemente una classe di elementi richiede risposte analoghe.

Una seconda funzione della categorizzazione è quella di permettere di rilevare analogie e differenze fra oggetti a diversi livelli di astrazione.

La terza funzione della categorizzazione che è quella di permettere di semplificare l’analisi dell’input ambientale.

La dimensione verticale delle categorie

La psicologa statunitense Eleanor Rosch ha proposto di analizzare le capacità categoriali umane sulla base di due dimensioni, quella verticale e quella orizzontale. Nella dimensione verticale, le categorie si strutturano su base gerarchica in funzione dell’inclusione di classe. Sono tre le caratteristiche interessanti da un punto di vista psicologico della struttura gerarchica delle categorie:

La natura sempre più astratta delle relazioni fra gli elementi quando si passa dai livelli bassi a quelli alti della gerarchia;

Il diverso «peso» cognitivo dei livelli;

I meccanismi che permettono di mettere in relazione i diversi livelli.

Le informazioni sono rappresentate il più in alto possibile

La mente umana utilizza un meccanismo di bilanciamento fra quantità di informazione rappresentata e quantità di elaborazione chiamato principio di economia cognitiva.

Se una certa proprietà di alcuni concetti venisse rappresentata in tutti i possibili livelli della gerarchia categoriale, essa dovrebbe essere duplicata numerose volte, con un evidente peso di immagazzinamento.

Secondo il principio di economia cognitiva, invece, le proprietà dei concetti sono rappresentate al livello più alto possibile della gerarchia, e vengono recuperate quando necessarie mediante processi inferenziali.

Inferenza

Per quanto riguarda la salienza cognitiva dei livelli, all’interno dei livelli gerarchicamente ordinati ve ne è uno che è «privilegiato» dal punto di vista cognitivo, e che Rosch ha denominato livello di base.

Il livello di base è quello che fornisce l’«entrata» cognitivamente più economica nella memoria semantica, è cioè il livello in cui in genere avviene l’identificazione di un elemento a seguito dell’interazione fra informazioni messe a disposizione dai meccanismi sensoriali (l’informazione in entrata) e le conoscenze pregresse rappresentate nella memoria a lungo termine. Tale identificazione potrebbe avvenire, in via di principio, a uno qualsiasi fra i possibili livelli, dal più generale al più specifico. Tuttavia, il livello di base è cognitivamente saliente perché è il livello in cui vengono rappresentati gli attributi più distintivi. Infatti, a livello subordinato la differenza negli attributi distintivi è molto piccola.

La struttura interna delle categorie è orizzontale

Anche per quanto riguarda la dimensione orizzontale,  ovvero la rappresentazione interna a – o propria di – ciascuno dei livelli che caratterizzano la struttura gerarchica, il modello di Rosch identifica due aspetti rilevanti dal punto di vista cognitivo.

La struttura sfuocata della categorie

Il primo aspetto fa riferimento alla struttura sfuocata delle categorie. Nella tradizione filosofica aristotelica, fatta propria da molti studi psicologici, l’appartenenza a una categoria è di tipo dicotomico, «tutto o niente». In altre parole, secondo questa tradizione, un elemento possiede tutte e sole le caratteristiche della categoria, e allora è un membro di tale categoria, o non le possiede, e allora non è un membro della categoria. Ciò è sicuramente vero per alcune categorie. Possedere le proprietà «figura geometrica piana con 4 lati e 4 angoli uguali» identifica in maniera univoca la categoria dei quadrati. Ma la maggior parte delle categorie semantiche in cui suddividiamo il mondo non sono di questo tipo. Ciò che caratterizza le categorie semantiche di tipo non dicotomico è invece un’appartenenza graduata basata sul possedere in grado diverso caratteristiche comuni anche ad altri membri di quella categoria. Questo fenomeno, chiamato da Wittgenstein «somiglianza di famiglia».

Pertanto, non tutti gli esemplari delle categorie semantiche hanno lo stesso grado di appartenenza. Alcuni sono elementi centrali, in quanto condividono molti attributi con gli esemplari della categoria e pochi attributi con esemplari di altre categorie. Altri sono invece elementi periferici, in quanto condividono pochi attributi con gli esemplari della categoria e tendono a condividere attributi con esemplari di altre categorie. Fra questi due estremi si situano, con gradi intermedi di appartenenza categoriale, gli altri esemplari.

La nozione di prototipo

Se il grado di appartenenza categoriale è diverso per i diversi membri, com’è possibile acquisire e possedere poi una rappresentazione univoca delle categorie? Alcuni psicologi hanno proposto la nozione di prototipo, che corrisponde a un membro, anche non esistente nel mondo reale, che si caratterizza per possedere il valore «medio» sulla maggior parte delle caratteristiche dei membri della categoria. In questo senso, il prototipo è il miglior esemplare della categoria, quello che funge da punto di riferimento per gli altri esemplari: quanto più simili tali esemplari saranno al prototipo, tanto più centrali essi saranno rispetto alla categoria. Possiamo pensare al prototipo come a uno schema, cioè come ad una struttura per la rappresentazione di conoscenza con variabili.

 

La distinzione  tra nucleo concettuale e funzione di identificazione

L’ipotesi che le categorie siano insiemi sfuocati, interessante e produttiva per le numerose ricerche che ne sono scaturite, presenta però un punto debole. Le persone infatti tendono ad attribuire una struttura sfuocata, e quindi gradi diversi di appartenenza, anche categorie ben definite. Ad esempio, consideriamo i numeri pari (o i numeri dispari). In casi come questo, esiste un criterio che permette di decidere l’appartenenza categoriale (il numero è divisibile per 2?) e, pertanto, non dovrebbero esserci differenze di appartenenza per i diversi elementi della categoria: i numeri 4 e 36 sono pari «allo stesso modo». Si è scoperto, però, che le persone tendono a giudicare 4 un miglior esemplare della categoria dei numeri pari rispetto a 36. Sulla base di questi risultati, è stato proposto che le categorie, tutte le categorie, siano rappresentate mentalmente sulla base di un duplice meccanismo: il nucleo concettuale e la funzione di identificazione. Il nucleo concettuale è costituito dall’insieme dei criteri, necessari e sufficienti, che determinano l’appartenenza categoriale, mentre la funzione di identificazione è costituita dall’insieme di procedure che permettono di attribuire, su base probabilistica, un certo elemento a una certa categoria.

 

Importante conclusione:  Il processo di assimilazione ed il processo di categorizzazione sono equivalenti:

 

assimilazione, definizione

assimilazióne s. f. [dal lat. assimilatio (o assimulatio) -onis, der. di assimilare «assimilare»]. – Processo di apprendimento, in cui ciò che è studiato diventa parte di sé stessi, facoltà di far proprî, col ragionamento e col sentimento, concetti, nozioni, opinioni, o anche dottrine, linguaggi, tecniche, forme d’espressione altrui. | Processo di percezione o di appercezione in cui un contenuto nuovo è talmente simile a un contenuto famigliare che i due sembrano quasi identici.

 

Ovviamente, quanto più la funzione di identificazione può basarsi su attributi condivisi, tanto maggiore è la facilità e la velocità di identificare un elemento come appartenente a una categoria.

Quanto meno condivisi sono gli attributi, come nel caso di elementi periferici, compartimentati, disgiunti più difficile e più lento sarà il processo di categorizzazione.

Tale processo identificativo avvalora l’ipotesi secondo cui l’ assimilazione di una conoscenza sia conseguibile solo in maniera associativa, reiterativa ed interconnettiva, cioè nella correlazione reciproca tra prospettive diverse dello stesso oggetto di conoscenza.”

 

Gli attributi non sono dati a priori

 

Il processo di assimilazione è fondamento della Conoscenza attiva:

È interessante ricordare che gli attributi utilizzati nella identificazione dei concetti non sono necessariamente dati a priori, ma possono essere «creati» in risposta alle esigenze di categorizzazione poste dalla situazione.

 

Importante conclusione:

I principi organizzativi della memoria semantica, in particolare la sua struttura tassonomica e associativa, rendono flessibile il sistema di rappresentazione delle conoscenze perché creano una rete di interrelazioni fra i concetti e aumentano le potenzialità di recupero delle informazioni. La somiglianza e la diversità delle proprietà e degli attributi dei concetti danno origine a categorie che sono rappresentate mentalmente come insiemi sfuocati, caratterizzati da gradi diversi di appartenenza e/o diverse procedure di identificazione. Le proprietà e gli attributi che, di fatto, sono usati nel processo di riconoscimento e di categorizzazione dipendono non solo dall’organizzazione mentale delle categorie ma anche dal contesto e dall’esperienza di categorizzazione che vincolano il tipo di attributi a cui prestare attenzione.

La consapevolezza: memoria dichiarativa e memoria procedurale

Non ci sarebbe altro modo di dimostrare di sapere se non fare. Gli studiosi di memoria parlano in questi casi di memoria procedurale, cioè di una memoria legata alla reale attuazione del compito e accessibile e valutabile solo attraverso l’esecuzione di un’azione.

Si tratta di un insieme di abilità difficilmente traducibili in proposizioni. Per questo motivo, la memoria procedurale viene distinta da quella dichiarativa che si riferisce, invece, alla conoscenza di fatti che possono essere acquisiti in un unico tentativo e che sono direttamente accessibili alla coscienza, come, ad esempio, la conoscenza della definizione di una nuova parola. Per facilitare la comprensione di questa distinzione, i ricercatori spesso ricorrono alla distinzione proposta dal filosofo inglese Gilbert Ryle (1900-1976) tra il «sapere cosa» (knowing that) e il «sapere come» (knowing how). La risoluzione di problemi spesso richiede l’intervento di una forma di memoria che permette di recuperare «modi di procedere» e «sequenze di azioni» dei quali la persona non è consapevole. In altri termini, laddove vi è una qualche manifestazione di «apprendimento senza ricordo» di come si fa una cosa si parla di memoria procedurale.

Lettura dei capitoli:   Intuito (innsaei)      Il concetto di reciprocità e l’atomizzazione sociale

Le tre fasi del ricordo: codifica, ritenzione e recupero

Considerazioni pedagogiche, introduzione

Lo studio mnemonico che spesso viene richiesto al discente limita l’assimilazione e la comprensione di ciò che il discente sta affrontando.

La fase di codifica: Si riferisce al modo in cui la nuova informazione viene inserita in un contesto di informazioni precedenti. La forza della traccia di memoria dipende dalla profondità della codifica: più profondo è il livello di elaborazione dello stimolo più è probabile che la traccia che si forma sia duratura. La codifica semantica richiede un’analisi del significato che genera una traccia più ricca ed elaborata.

Il meccanismo della diffusione dell’attivazione: Secondo questo principio quando un nodo concettuale (la traccia) viene attivato, l’attivazione non riguarda solo tale nodo. Al contrario, si assume che l’attivazione si propaghi agli altri nodi in funzione del tempo e della vicinanza. L’attivazione, dopo aver raggiunto un picco, decresce col trascorrere del tempo; inoltre, essa influenza in modo diverso i nodi a cui si propaga: i nodi più vicini saranno maggiormente preattivati dei nodi più lontani.

La memoria semantica si basa sul ragionamento.

Il ragionamento si basa su principi quali associazione, ripetizione ed interconnettività. Perché ci possa essere un ricordo, deve verificarsi una qualche forma di apprendimento.

La Ritenzione: le strategie per assimilare l’informazione

La qualità della ritenzione dipende dalla ripetizione (tecnicamente, reiterazione), la rielaborazione della struttura integra l’informazione nuova con conoscenze già possedute.

L’Associazione:

Un punto di vista teorico proposto da Tulving, vede le tracce mnestiche come semplici «disposizioni» o «potenzialità». Ne esistono a migliaia nella nostra memoria senza che esse abbiano alcun effetto sulla nostra attività mentale; diventano efficaci solo in certe condizioni speciali, denominate collettivamente recupero.

Il principio di specificità della codifica, il Recupero

Perché il recupero avvenga è necessario che sia presente un appropriato suggerimento che in qualche modo «riattivi» gli elementi focali dell’evento da ricordare. Non sono le caratteristiche della traccia in quanto tali a determinare il ricordo, ma piuttosto la compatibilità tra le proprietà della traccia e le caratteristiche dell’informazione fornita al recupero. Questo principio, noto come principio di specificità della codifica, pone l’accento sull’interazione tra informazione immagazzinata e informazione presente al recupero. La traccia di un evento ed il suggerimento presente durante il recupero devono essere compatibili perché il ricordo si verifichi.  Compatibilità può significare che tra i due esiste una relazione di tipo associativo, che le loro caratteristiche di superficie sono simili o che vi è sovrapposizione di informazioni (quando lo stimolo al recupero è identico allo stimolo così come è stato codificato, come nel riconoscimento). In ogni caso, il concetto di specificità della codifica implica che la traccia, (il nodo concettuale) le caratteristiche del contesto di recupero e la natura dei suggerimenti nell’ambiente siano collegati affinché la potenzialità della traccia sia convertita nell’attualità del ricordo.

Il paradigma di identificazione percettiva

Premessa: La memoria esplicita e la memoria  implicita

Chi studia la differenza tra memoria esplicita e memoria  implicita cerca di comprendere come le persone rispondono a differenti tipi di test, denominati, per l’appunto, espliciti e impliciti. Nei test espliciti, le istruzioni fanno specifico riferimento al recupero cosciente dell’informazione, come quando in un compito di riconoscimento si chiede alla persona di dire se lo stimolo che ha davanti è vecchio (già visto) o nuovo (mai visto). Si può dire, perciò, che l’oggetto di studio dei test espliciti sia la memoria stessa. Nei test impliciti, invece, la memoria è uno strumento per lo svolgimento di un compito che non è connesso con il recupero cosciente dell’informazione. In uno dei più noti paradigmi della memoria implicita, noto come identificazione percettiva, i partecipanti, in una prima fase, detta fase di studio, vedono su uno schermo di computer una lista di parole, presentate una per volta. In una seconda fase, detta fase di test, i partecipanti devono identificare una serie di parole presentate, una per volta, su uno schermo di computer per un tempo così breve (una manciata di millisecondi) che è difficile persino vederle (cfr. cap. 9). Alcune delle parole presentate in questa seconda fase sono state presentate anche in fase di studio (parole primed, cioè «attivate», dal verbo inglese to prime, cioè «preparare, attivare»), altre sono del tutto nuove (parole unprimed, cioè «non attivate»). Il risultato è che i soggetti identificano più facilmente le parole primed rispetto alle parole unprimed.

È come se la sola esperienza di avere incontrato prima alcune parole sia sufficiente ad influenzare il comportamento successivo (l’identificazione) senza che la persona abbia mai tentato di recuperare consapevolmente quella informazione. Va notato, infatti, che durante la presentazione iniziale della lista i soggetti non sanno che tipo di compito dovranno svolgere di lì a poco e quindi non compiono alcuno sforzo per memorizzare le parole della lista mentre le guardano. Questi effetti, conosciuti come effetti di facilitazione (priming), riflettono, secondo un certo numero di studiosi, il funzionamento di un sistema di memoria speciale, separabile dal sistema della memoria esplicita, che influenza i nostri comportamenti al di fuori della nostra consapevolezza.

Considerazioni pedagogiche: La  reciproca relazionalità delle discipline

Perché ci possa essere un ricordo, deve verificarsi una qualche forma di apprendimento.

“Ci sono stati dati cinque sensi perché dobbiamo avere molteplici visioni del mondo in una volta, sempre.”

Anziano Dagara

“Einmal ist keinmal” : Quello che avviene soltanto una volta è come se non fosse mai avvenuto. Se l'uomo può vivere solo una vita, è come se non vivesse affatto.”

Milan Kundera, Insostenibile leggerezza dell’essere

"Discenti che facciano propria la modalità esistenziale dell'avere udiranno le parole dell'insegnante, afferrandone la struttura logica e il significato, facendo del loro meglio per trascrivere ognuna delle parole stesse nel loro quaderno d'appunti, in modo da poter poi mandare a memoria le annotazioni. Ma il contenuto non diviene parte del loro personale sistema di pensiero, arricchendolo e dilatandolo; al contrario, essi trasformano le parole che odono in categorie di idee cristallizzate o in complicate teorie che comunque immagazzinano passivamente. I discenti che fanno propria la modalità dell'avere si prefiggono un'unica meta: Mantenere ciò che hanno sentito, registrandolo esattamente nella propria memoria oppure conservandone accuratamente le annotazioni. Tali discenti e quanto viene loro insegnato rimangono estranei, a parte il fatto che ciascuno di essi è divenuto il proprietario di un insieme di affermazioni fatte da qualcun altro. Essi sono abituati a non creare qualcosa di nuovo e mostrano la tendenza a sentirsi turbati da nuovi pensieri o idee su questo o quell'argomento. Per una persona agli occhi della quale l'avere costituisce la forma principale di relazione con il mondo, idee che non possano venire facilmente registrate sono preoccupanti poiché difficilmente gestibili: Il nuovo mette in questione l'insieme cristallizzato di informazioni che già possiedono. I discenti che fanno propria la modalità di rapporto con il mondo incentrata sull'essere anziché essere passivi recipienti di parole e idee, ascoltano, odono e, cosa della massima importanza, ricevono e rispondono in maniera attiva, produttiva. Ciò che ascoltano stimola gli autonomi processi di elaborazione mentale, provocando in loro il sorgere di nuove domande, di nuove idee, di nuove prospettive.

Il loro ascoltare è un processo vitale. Odono davvero quel che l'insegnante dice, spontaneamente si rivitalizzano in risposta a ciò che ascoltano. Non acquistano semplicemente conoscenze, un bagaglio da portarsi a casa e mandare a mente. Ognuno di loro è stato coinvolto ed è mutato. Naturalmente, questa modalità di apprendimento può imporsi solo qualora l'insegnante offra argomenti stimolanti: vuote chiacchiere non possono trovare, come risposta, la modalità dell'essere."

                                                       Erich Fromm, Avere o essere?, pp. 60-61 

La settorializzazione e l’iperspecializzazione delle discipline ostacolano l’ associazione, la reiterazione e l’interconnettività:

"La conoscenza oggettiva del mondo esterno è conseguibile solo in maniera intersoggettiva, cioè da un numero di individui che si trovano fra loro in uno scambio reciproco di conoscenze."                                                                                                                                                         

Edmund Husserl

Traslitterazione ed adattamento del pensiero di Edmund Russerl alla tematica della memoria :

“L’ assimilazione di una conoscenza è conseguibile solo in maniera  associativa , reiterativa ed interconnettiva, cioè nella correlazione reciproca tra prospettive diverse dello stesso oggetto di conoscenza.”

Secondo questa teoria ciascuna prospettiva costituisce il suggerimento, nodo concettuale, che agevola il ricordo.

Ciascuna disciplina offre la propria prospettiva su un oggetto di conoscenza. L’interconnessione tra le discipline, non la compartimentazione, non la disgiunzione delle discipline, permette l’assimilazione. La matematica e l’informatica sono le discipline icastiche della complessità:

Le parti e il tutto, il tutto e le parti tra di loro, la  complessità è perciò il legame tra lunità e la molteplicità.

La matematica e l’informatica sono scienze fondate su principi logici astratti di associazioni di identità di simboli.

La fisica, la chimica . . .  sono scienze fondate su principi (non astratti, poiché tali scienze si relazionano non con l’astratto simbolico, teorico, ideale bensì con il reale pragmatico) di associazione tra simbolo astratto ed il relativo significato lessicale fisico, chimico . . .

Le discipline umanistiche sono scienze fondate su principi (non astratti, poiché tali scienze si relazionano non con l’astratto simbolico, teorico, ideale bensì con il reale pragmatico) di associazione di identità di concetti lessicali (le parole).

La letteratura, e la musica si distinguono in quanto fondanti un legame di conoscenza sensibile tra l’uomo ed il reale:

La letteratura esprime la relazione di associazione di identità di concetti lessicali (le parole) e la memoria olfattiva, visiva, uditiva. Esempi:

"Vi sono profumi freschi come carni di bambini, dolci come oboi, verdi come prati, e altri, corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno l'espansione delle cose infinite, come l'ambra, il muschio, il benzoino e l'incenso, che cantano i trasporti dello spirito e dei sensi"

Charles Baudelaire

Non dimentichiamo che la lettura del titolo di una melodia che è familiare, implica la memoria uditiva dei suoni associati. Una composizione musicale esprime la relazione di associazione di simboli astratti (le note musicali) decodificanti melodie accessibili mediante il senso dell’udito. La lettura di uno spartito musicale può implicare la relazione di associazione di simboli astratti (le note musicali) con il ricordo di note ascoltate. (memoria uditiva) L’osservatore deve comprendere il significato delle note che vede per decodificarne il ricordo del suono.

La voce di dizionario esprime tale caratteristica:

Esempio : assimilazióne

=

Processo di apprendimento, in cui ciò che è studiato diventa parte di sé stessi, facoltà di far proprî, col ragionamento e col sentimento, concetti, nozioni, opinioni, o anche dottrine, linguaggi, tecniche, forme d’espressione altrui. | Processo di percezione o di appercezione in cui un contenuto nuovo è talmente simile a un contenuto famigliare che i due sembrano quasi identici. All’elemento lessicale “ assimilazione “ si associa l’elemento lessicale

“Processo di apprendimento, in cui ciò che è studiato diventa parte di sé stessi, facoltà di far proprî, col ragionamento e col sentimento, concetti, nozioni, opinioni, o anche dottrine, linguaggi, tecniche, forme d’espressione altrui. | Processo di percezione o di appercezione in cui un contenuto nuovo è talmente simile a un contenuto famigliare che i due sembrano quasi identici.” L’opera Oceano mare, un romanzo di Alessandro Baricco, è un esempio complesso di questo principio.

! Le relazioni tra simboli astratti, concetti lessicali sono biunivoche e reciproche.

Importante:

Tali evidenze, esprimendo la compresenza del medesimo nodo mnemonico concettuale (l’associazione) tra le numerose discipline, sostengono l’ ipotesi di conciliabilità tra discipline. L’atomizzazione culturale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana. Tali questioni esprimono l’inconciliabilità tra la natura della memoria umana ed un sistema gnoseologico - pedagogico fondato sull’atomizzazione culturale:

Tale sistema non valorizza l’intelligenza se con essa si intende l’abilità di creare idee, relazionare le conoscenze (il ragionamento); esso non valorizza memoria riepisodica e la memoria procedurale.

 

Sacrifica il ragionamento promuovendo ampiamente una gnoseologia-pedagogia fondata sulla semplice ed immediata dislocazione di concetti dettagliati:

 

lettura => ascolto =>memoria dei dettagli =>scrittura dettagliata=>precoce amnesia

In tale processo i concetti letti, ascoltati, ricordati, trascritti ed inesorabilmente dimenticati sono i medesimi :

Tale processo è limitato in quanto esso nega la mediazione del discente, la rielaborazione, la codifica e la decodifica, la composizione creativa dei concetti conosciuti, ovvero ciò che ne permetterebbe l’assimilazione.

Tale processo culmina con l’amnesia dei contenuti affrontati in quanto al discente viene richiesta la scrittura dettagliata dei molteplici concetti dettagliati offerti, viene richiesta la vana memoria dei dettagli.

A lungo termine ciò che va incontro ad amnesia e a distorsioni sistematiche è il ricordo dei dettagli più fini.

La memoria conserva a lungo termine il semplice senso generale. Ricordiamo che le categorie rivestono un ruolo importante sia come principio di organizzazione che struttura il sistema di rappresentazione, sia come chiave di recupero delle informazioni e come fonte di inferenze.

Inferenza (sinonimo di illazione)

Nel linguaggio filosofico indica ogni forma di ragionamento con cui si dimostri il logico conseguire di una verità da un’altra. Le regole d’inferenza in un sistema deduttivo costituiscono l’insieme delle regole secondo le quali le proposizioni possono essere dedotte dai postulati.

Sacrifica la rappresentazione di informazioni di carattere generale, linguistico-simboliche ma anche di natura non linguistica (le conoscenze) valorizzando estremamente la rappresentazione di specifici e dettagliati riferimenti spazio-temporali (i ricordi).

Sacrifica il senso generale (duraturo) promuovendo ampiamente ed esaminando i discenti secondo abilità mnemoniche d’un elevata quantità di dettagli, che naturalmente vengono immediatamente dimenticati in seguito all’esame di valutazione. Il ricordo del dettaglio è fragile perché temporaneo.

 

conclusione

Tutto quello di cui abbiamo bisogno è un quadro abbastanza coerente ed accurato delle caratteristiche generali.

Se fossimo continuamente travolti da un’infinità di ricordi sarebbe altrettanto impossibile vivere che se non avessimo alcun ricordo.

Un sistema gnoseologico - pedagogico fondato sull’ atomizzazione culturale attribuisce valore al discente come “dotto” :

Il pensiero di Friedrich Nietzsce: Il dotto

Importante argomento a favore della tesi prima

“Il dotto, che in fondo si limita a compulsare i libri perde alla fine completamente la capacità di pensare da solo. Se non compulsa, non pensa. Quando pensa risponde a uno stimolo (un pensiero letto). Alla fine non fa che reagire passivamente.”

Friedrich Nietzsche

Come un calcolatore:

Il sistema numerico binario è un sistema numerico posizionale in base 2. Esso utilizza solo due simboli, di solito indicati con 0 e 1. In informatica il sistema binario è utilizzato per la rappresentazione interna dell'informazione dalla quasi totalità degli elaboratori elettronici, in quanto le caratteristiche fisiche dei circuiti digitali rendono molto conveniente la gestione di due soli valori, rappresentati fisicamente da due diversi livelli di tensione elettrica. Tali valori assumono convenzionalmente il significato numerico di 0 e 1 o quelli di vero e falso della logica booleana.

“Il dotto pone tutta la sua energia nel dire sì e no, nella critica del già pensato, - egli stesso non pensa più.

Il dotto – un décadent. – l’ho visto con i miei occhi: nature dotate, ricche e nate per essere libere “ammazzate dalla lettura” ridotte ormai a fiammiferi, che bisogna strofinare perché diano scintille – “pensieri” -.

Del resto trovo quasi sempre scampo negli stessi libri, pochi in fondo, i libri che hanno dimostrato di essere per me.”

Friedrich Nietzsche

 

“Un buon lettore, un grande lettore, un lettore attivo è un "rilettore".” Vladimir Nabokov

"I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere" Plutarco

Un sistema pedagogico fondato sull’ atomizzazione culturale  essendo finalizzato alla selezione di promettenti discenti abili a divenire membri della realtà economico – lavorativa iperspecializzata diviene in realtà una sorgente d’esempio di competizione ed umiliazione; un rovinoso veicolo di atomizzazione sociale e culturale:

Atomizzazione sociale

"Così è stato il nostro primo incontro con voi. Attraverso i ragazzi che non volete. L'abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro la scuola non è più scuola. E' un ospedale che cura i sani e respinge i malati."

"La scuola ha un problema solo: I ragazzi che perde."

"Il danno più profondo lo fate agli scelti.  Ogni volta ha visto la sua pagella migliore di quella dei compagni che ha perso. I professori che hanno scritto quelle pagelle gli hanno impresso nell'anima che gli altri 99 sono di cultura inferiore. A questo punto sarebbe un miracolo se la sua anima non ne sortisse malata."

"Voi volete i poveri muti. Una scuola che seleziona distrugge la cultura."

Lettera a una professoressa, 1967

Scritto da alcuni ragazzi (Insieme a Don Lorenzo Milani)

“Vi sono tante Aurore che non hanno ancora brillato”

iscrizione indiana

L’atomizzazione culturale

Un modello pedagogico fondato esclusivamente sul metodo logico - analitico che implica la frammentarietà dei saperi è limitato.

La frammentarietà dei saperi implica l’indebolimento della percezione della realtà, l’assopimento dell’ intuito del discente :

Lettura del capitolo:

L’intuito (innsaei) ed il sentimento

 

L’insegnamento della storia (l’insegnamento della condizione umana)

La teoria dell’inconfrontabilità dell’esperienza

“Alla fine si disse che in realtà era del tutto naturale non sapere quel che voleva.

Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future.

Non esiste alcun modo di stabilire quale decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone. L'uomo vive ogni cosa subito per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza aver mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa? Per questo la vita somiglia sempre a uno schizzo. Ma nemmeno “schizzo” è la parola giusta, perché uno schizzo è sempre un abbozzo di qualcosa, la preparazione di un quadro, mentre lo schizzo che è la nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro.

“Einmal ist keinmal” : Quello che avviene soltanto una volta è come se non fosse mai avvenuto. Se l'uomo può vivere solo una vita, è come se non vivesse affatto.”

Insostenibile leggerezza dell’essere

La possibilità dell’assimilazione del passato è la confutazione della teoria dell’inconfrontabilità dell’esperienza:

“Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.”

Primo Levi

"I principi essenziali dei maestri di vita sono semplici:

 Scopo supremo della vita di un uomo, dal quale derivano tutti gli altri, è quello di sviluppare appieno la propria umanità. Questo processo, nel corso del quale l'uomo partorisce se stesso, porta al benessere ed è accompagnato da gioia di vivere. L'uomo può raggiungere questo obiettivo solo nella misura in cui supera l'odio, l'ignoranza, l'avidità e l'egoismo, e cresce nella propria capacità di amore, solidarietà, razionalità e coraggio. Non è sufficiente conoscere queste mete: l'uomo deve cercare di raggiungerle praticamente in ogni stadio della sua vita.

Che senso ha attribuire tutta quest'importanza ai maestri di vita - qualcuno potrebbe obiettare - quando le attuali condizioni dimostrano quanto inefficaci siano stati i loro insegnamenti?

Certo, è vero che si è dato troppo poco ascolto alla loro voce; eppure, senza di loro, forse l'umanità sarebbe perita da tempo per mancanza di una guida. La risoluzione del nostro dilemma dipenderà in larga misura dalla possibilità di ricominciare a imparare da questi maestri di vita; e non perché essi «incarnino la tradizione», ma perché rappresentano il sapere consolidato, la saggezza, le conoscenze dell'umanità. Se prendiamo sul serio il loro punto di vista, ebbene, questo risulta rivoluzionario e radicale.

La saggezza è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) ed è il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano;

Io non sostengo che sia necessario sottoporsi alle autorità religiose e filosofiche del passato, ma che da loro bisogna trarre insegnamento.  Io esorto a pensare criticamente, a ridestarsi, a riconoscere che siamo condizionati da cattivi maestri."

                                                                            Erich Fromm, (Dal libro L'arte Di Vivere)

"Chi non legge, avrà vissuto una sola vita, la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito, perché la lettura è un'immortalità all'indietro."

                                                                                                                                    Umberto Eco

"Solo quelli che si dedicano al conseguimento della Saggezza fanno buon uso del loro tempo e sono gli unici che vivono veramente perché non solo spendono bene la propria vita ma vi aggiungono pure l'eternità: infatti oltre agli anni vissuti in prima persona acquisiscono anche tutto il tempo passato prima della loro nascita. Se non vogliamo peccare d'ingratitudine verso di loro, dobbiamo riconoscere che i grandi fondatori di nobili dottrine sono nati per noi, nel senso che ci hanno preparato la vita. E' merito loro se possiamo pervenire alle più alte verità, emerse dalle tenebre alla luce."

                                                     Seneca , L'Arte Di Vivere A lungo

Il poter “essere bene”, il pensiero intuitivo

 

Tesi seconda

L’atomizzazione sociale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

“L’obiettivo è la base della vita umana su questo piano. Ciò che fa è cancellare il senso di casualità. E così facendo, fornisce una sorta di significato più profondo e di identificazione dell’essere umano in quanto tale. E in realtà serve a tenere vivo l’ intuito, perché se ho un obiettivo allora so che non è stato qualcun altro, la scuola o un’istituzione a dirmi che ho un obiettivo. Il mondo intero mi sta guardando come un’entità che ha determinazione. Le nostre esperienze danno una risposta profonda fino alle ossa e se ci allontanassimo momentaneamente dalla distrazione di questo mondo e da tutte le verità scritte e che portano agitazione, associate con il mondo esterno, scopriremo delle risposte impercettibili, sussurrate al nostro orecchio interno e trasportate dai nostri canali intuitivi. Pertanto, devo entrare in me stesso, attivare il mio intuito, così che possa formulare l’obiettivo per me.”

Malidoma Somé, anziano dei Dagara

 “Poter compiere le proprie inclinazioni, i propri talenti e le proprie attitudini. Tendere al ben-essere, a patto di superare la concezione del termine così come genericamente inteso che lo vede identificato con il molto avere, spesso foriero di mal-essere, per recuperare una riflessione intorno all’ “arte di vivere” sempre da rinnovare e reinventare.”

“co – evoluzione sociale”

“La tranquillità dell’animo ci è procurata dalla misura nei godimenti e dalla moderazione in generale nella vita: Il troppo e il poco son facili a mutare e quindi a produrre grandi turbamenti nell’animo. E quegli animi che sono sempre sballottati tra gli estremi opposti non sono ben fermi né tranquilli. Si deve, dunque, rivolger la mente alle cose possibili e contentarci di quello che si ha, poco curandoci delle persone che vediamo invidiate e ammirate e senza sempre il pensiero dietro a loro; e si deve guardare piuttosto alla vita che conducono quelli che son carichi di guai, riflettendo seriamente a quel che essi sopportano, e allora quel tanto che possediamo presentemente ci apparirà grande ed invidiabile, e non ci accadrà più di soffrire in cuor nostro per il desiderio di beni maggiori. Difatti, se uno ammira i ricchi e tutti quelli che dagli altri uomini son stimati fortunati e ad ogni momento il suo pensiero è rivolto a loro, sarà costretto a cacciarsi continuamente in cerca del nuovo, e persino a desiderare di compiere qualche azione irrimediabile, una di quelle azioni che son proibite dalle leggi. Perciò bisogna non cercare tutto quel che vediamo, ma concentrarci di quel che abbiamo noi, paragonando la nostra vita con quella di coloro che si trovano in condizioni peggiori, e stimarci fortunati pensando quanto sopportano essi e quanto migliore del loro è il nostro stato. E se tu effettivamente ti atterrai a questo modo di considerare le cose, vivrai con animo veramente tranquillo.e respingerai da te durante la vita non poche funeste ispiratrici, come l’invidia,l’ambizione e la malevolenza.”  I Presocratici, Diogene Laerzio

"In una cultura nella quale la meta suprema sia l'avere - e anzi l'avere sempre più e in cui sia possibile parlare di qualcuno come una persona che vale unicamente per ciò che possiede, come può esserci un'alternativa tra avere ed essere? In una cultura nella quale la meta suprema sia l'avere si direbbe che l'essenza vera dell'essere sia l'avere; che, se uno non ha nulla, non è nulla. Il Buddha insegna che, per giungere allo stadio supremo dello sviluppo umano, non dobbiamo aspirare ai possessi. E Gesù: «Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per me, colui la salverà. Infatti, che giova all'uomo l'aver guadagnato il mondo intero, se poi ha perduto o rovinato se stesso?»

                                                                                                (Lc IX, 24-25)

Meister Eckhart insegnava che non avere nulla e rendersi aperti e «vuoti», fare cioè in modo che il proprio ego non ostacoli il cammino, costituisce la condizione per il raggiungimento di ricchezza e forza spirituali.

Marx affermava che il lusso è un vizio esattamente come la povertà e che dovremmo proporci come meta quella di essere molto, non già di avere molto. (Mi riferisco qui al vero Marx, all'umanista radicale, non alla sua volgare contraffazione costituita dal «comunismo» sovietico). Per molti anni sono rimasto profondamente colpito da questa differenziazione, e sono andato alla ricerca dei suoi fondamenti e quel che ho visto mi ha indotto alla conclusione che la differenza in questione, unita a quella tra amore per la vita e amore per la morte, costituisce il problema assolutamente fondamentale dell'esistenza:

I dati antropologici e psicoanalitici sembrano dimostrare che avere ed essere sono due modalità fondamentali dell'esperienza, il rispettivo vigore delle quali determina le differenze tra i caratteri degli individui e i vari tipi di carattere sociale."

                                                          Erich Fromm, Avere o essere?, pp. 39-40

Il peso opprimente delle apparenze del reale

L’apparire come confronto e competizione esclude il riconoscimento dell’unicità della persona e valorizza l’intercambiabilità delle relazioni interpersonali.

Talvolta le persone prediligendo lo spazio al tempo, avvertono la necessità di imporsi come luogo esistente mettendosi in vetrina, pubblicizzandosi, ponendosi come prodotto.

Evangelii gaudium

Il tempo è superiore allo spazio:

{

“Vi è una tensione bipolare tra la pienezza e il limite. La pienezza provoca la volontà di possedere tutto e il limite è la parete che ci si pone davanti. Il “tempo”, considerato in senso ampio, fa riferimento alla pienezza come espressione dell’orizzonte che ci si apre dinanzi, e il momento è espressione del limite che si vive in uno spazio circoscritto. I cittadini vivono in tensione tra la congiuntura del momento e la luce del tempo, dell’orizzonte più grande, dell’utopia che ci apre al futuro come causa finale che attrae. Da qui emerge un primo principio per progredire: il tempo è superiore allo spazio. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. Uno dei peccati che a volte si riscontrano consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci. A volte mi domando chi sono quelli che nel mondo attuale si preoccupano realmente di dar vita a processi, più che ottenere risultati immediati che producano una rendita facile, rapida ed effimera, ma che non costruiscono la pienezza umana. La storia forse li giudicherà con quel criterio che enunciava Romano Guardini: « L’unico modello per valutare con successo un’epoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge un’autentica ragion d’essere la pienezza dell’esistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca. Non  facciamoci  rubare  la  speranza,  non  permettiamo  che  sia  vanificata  con soluzioni  e  proposte  immediate  che  ci  bloccano  nel  cammino,  che  «frammentano»  il  tempo,  trasformandolo  in  spazio.  Il  tempo  è  sempre  superiore allo  spazio.  Lo  spazio  cristallizza  i  processi,  il  tempo  proietta  invece  verso  il futuro  e  spinge  a  camminare  con  speranza. Non essere ristretti dallo spazio più grande, ma essere in grado di stare nello spazio  più  ristretto.  Questa  virtù  è  la  magnanimità, che  dalla  posizione  in  cui  siamo  ci  fa  guardare  sempre  l’orizzonte.  È  fare le  cose  piccole  di  ogni  giorno  con  un  cuore  grande  e  aperto agli altri.  È  valorizzare  le  cose  piccole  all’interno  di  grandi  orizzonti.”

}

padre Francesco, evangelii gaudium

 

 

Tale necessità dipende dall’esigenza di autoaffermarsi e di ottenere acclamazione immediata, secondo questo pensiero l’oggetto, l’immagine, diviene l’alter-ego sacrificabile. L’oggetto come immagine e prodotto è stabile, è più semplicemente vendibile della persona che richiede tempo e pazienza per essere conosciuta.  E’ un fatto che la misura in cui si immette nella realtà l’immagine abbia influenze considerevoli sul valore che viene socialmente attribuito all’apparenza superficiale. Il valore e l’importanza attribuiti all’apparenza superficiale accreditano la concezione di persona come immagine, come prodotto e oggetto promuovendo la superficialità e l’interscambiabilità delle relazioni interpersonali.

Ci si abitua  alla realtà che si vede e miserevolmente si crede che sia giusta. “La dottrina del Determinismo Materialistico ha prodotto mutevoli, autogiustificanti, indegni caratteri che sono questo oggi e saranno quello in un altro momento, qualsiasi cosa e niente per principio. "Le mie condizioni mi hanno fatto così", piangono, e non c'è di più da dire; povere immagini riflesse!

E innanzitutto, contro l'accettata formula del Materialismo moderno, "Gli uomini sono ciò che le condizioni producono", io stabilisco un'affermazione opposta, "Le condizioni sono ciò che gli uomini producono". In altre parole, la mia concezione della mente, o del carattere, non è che sia un inefficace riflesso di una momentanea condizione di materia e forma, ma un agente modificatore attivo, che reagisce sul suo ambiente e trasforma le condizioni qualche volta lievemente, qualche volta molto, qualche volta, sebbene non spesso, totalmente.

È veramente possibile che il lato esteriore di una creatura umana valga di più del lato interiore?“

Voltairine de Cleyre, L’idea dominante

All’interno di un ospedale ho avuto modo di leggere l’iscrizione: “L’apparenza non inganna.”

Di ciò che si rappresenta, di ciò che si è e di ciò che si ha

{

"Di ciò che si rappresenta, dell’ opinione altrui. Ciò che rappresentiamo, o, in altri termini, la nostra esistenza nell’opinione altrui non ha importanza alcuna per la nostra felicità. Servendo di base al sentimento dell’onore, questa proprietà può avere un’influenza salutare sulla buona condotta di moltissime persone, a guisa di succedaneo della loro moralità; ma in quanto alla sua azione sulla felicità reale dell’uomo, e soprattutto sulla quiete dell’animo e sull’indipendenza, le due condizioni sì necessarie alla felicità, essa è piuttosto perturbatrice e dannosa che favorevole. Si è per questo, che, dal nostro punto di vista, è prudente metterle un limite e, con saggie riflessioni, moderare questa grande sensibilità riguardo l’opinione altrui tanto nel caso che carezzi quanto nel caso che ferisca, in tutti e due pende dal medesimo filo. Altrimenti restiamo schiavi dell’opinione e del sentimento degli altri:

Sic leve, sic parvum est, animum quod laudis avarum subruit ac reficit.

 (Talmente tenue, talmente piccolo è ciò che perturba e riconforta un’anima avida di lode).

Per conseguenza un giusto apprezzamento del valore di ciò che si e in sé stesso e per sé stesso confrontato con ciò che si è solamente agli occhi altrui contribuirà molto alla nostra felicità. Il primo termine del confronto comprende quanto riempie il tempo della nostra esistenza, il contenuto intimo di questa.

Di ciò che si è e di ciò che si ha

Il luogo dove si trova la sfera d’azione di tutto questo è proprio la coscienza dell’uomo. Invece il luogo di tutto ciò che siamo per gli altri è la coscienza altrui; è la figura sotto la quale noi vi appariamo, come pure le nozioni che vi si riferiscono. Ora queste sono cose che, direttamente, non esistono affatto per noi; tutto ciò non esiste che indirettamente, vale a dire se non in quanto stabilisce la condotta degli altri verso di noi. Ed anche questo non entra realmente in considerazione che in quanto influisce su ciò che potrebbe modificare quello che siamo in noi e per noi stessi. Ciò posto, quanto succede in una coscienza straniera ci è, a tal titolo, perfettamente indifferente, e, a nostra volta, noi vi diverremo indifferenti a misura che conosceremo abbastanza la superficialità e la futilità dei pensieri, i ristretti limiti delle nozioni, la piccolezza dei sentimenti, l’assurdità delle opinioni e il numero considerevole di errori che s’incontra a misura che impareremo per esperienza con qual disprezzo si parla, all’occasione, di ciascuno di noi quando non si teme o non si crede che lo sapremo — ma soprattutto allorquando avremo inteso una sol volta con qual disdegno si parla dell’uomo, il più degno di stima. Comprenderemo allora che attribuire un alto valore all’opinione degli uomini è far loro troppo onore. In ogni caso, è proprio esser ridotti ad una meschina risorsa il non trovare la felicità in ciò che si è non realmente, ma nell’immaginazione altrui. In tesi generale è la nostra natura che costituisce la base del nostro essere, e per conseguenza anche della nostra felicità. Sarà dunque molto utile per la nostra felicità il conoscere per tempo questo fatto così semplice che ognuno vive anzitutto ed effettivamente nella sua propria coscienza e non nell’opinione degli altri, e che allora naturalmente la nostra condizione reale e personale, quale la determinano la salute, il temperamento, le facoltà intellettuali, è cento volte più importante per la nostra felicita di ciò che piace agli altri fare di noi.

L’illusione contraria rende infelice. Esclamare con enfasi:

«L’onore vale più della vita» è dire realmente: «La vita e la salute sono niente; ciò che gli altri pensano di noi, ecco l’importante». Tutt’al più questa massima può esser considerata come una iperbole in fondo alla quale si trova la prosaica verità che per mantenersi e per andar avanti fra gli nomini, l’onore, vale a dire la loro opinione a nostro riguardo, è spesso d’un’utilità indispensabile. Quando si vede invece come quasi tutto ciò che gli uomini cercano durante l’intera loro vita, a prezzo di sforzi incessanti, di mille pericoli e di mille amarezze, ha per scopo finale di elevarli nell’opinione altrui; quando si vede che il risultato definitivo a cui si tende è di ottenere più rispetto da parte degli altri, tutto ciò non prova, ahimè! se non la grandezza dell’umana follia. Annettere troppo valore all’opinione altrui è una superstizione universalmente dominante; che essa abbia le sue radici nella nostra stessa natura, o che abbia seguito la nascita della società e della civiltà, egli è certo che esercita in ogni caso sulla nostra condotta un’influenza smisurata ed ostile alla nostra felicità. Possiamo seguire tale influenza dal punto in cui si mostra sotto la forma d’una deferenza ansiosa e servile per il che se ne dirà? Il precetto d’aver da tenere svegliato o stimolato il sentimento dell’onore occupa il posto principale in ogni ramo dell’arte dell’educazione; ma riguardo alla felicità dell’individuo, ed è questo che qui ci occupa, succede tutt’altra cosa, e noi dobbiamo dunque dissuaderci dall’attribuire un valore troppo alto all’opinione altrui. Se nondimeno, come ce lo insegna l’esperienza, il fatto si presenta ogni giorno; se ciò che la maggior parte degli uomini stima di più si è precisamente l’opinione altrui a loro riguardo, e se essi se ne preoccupano più che di quanto, succedendo nella loro propria coscienza, esiste immediatamente per loro; se dunque, per un rovesciamento dell’ordine naturale, si è l’opinione altrui che sembra loro esser la parte reale dell’esistenza, l’altra non apparendo esserne che la parte ideale; se fanno di ciò che è derivato e secondario l’oggetto principale, e se l’immagine del loro essere nella testa degli altri sta loro più a cuore che il loro essere stesso; tale apprezzamento diretto di ciò che direttamente non esiste per alcuno costituisce quella follia a cui si è dato il nome di vanità, «vanitas» per indicare con questa parola il vuoto ed il chimerico di tale tendenza. Si può facilmente comprendere che essa appartiene alla categoria di quegli errori che consistono nell’obliare lo scopo per i mezzi, come l’avarizia. Infatti il prezzo che noi annettiamo all’opinione altrui e la nostra costante preoccupazione a questo riguardo passano quasi ogni limite ragionevole, talmente che tale preoccupazione può esser considerata come una specie di mania generalmente diffusa, o piuttosto innata. In tutto ciò che facciamo, come in tutto ciò che ci asteniamo di fare, noi prendiamo in considerazione l’opinione altrui quasi prima d’ogni altra cosa, e si è da una tal cura che in seguito ad un esame profondo vedremo nascere la metà circa dei tormenti e delle angosce che abbiamo provato. E quante vittime non fa di frequente! Essa si mostra già nel fanciullo poi in ogni stadio della vita.

Per noi tutti, ben di sovente, le nostre preoccupazioni, i nostri affanni, le cure angosciose, le nostre collere, le nostre inquietudini, i nostri sforzi, ecc., hanno in vista quasi interamente l’opinione altrui.

"Non puoi giudicare nessuno al di là di quanto conosci di lui; ed è ben poco quel che tu ne conosci."

Khalil Gibran

"Avendo meditato la dolcezza e la pietà, ho dimenticato la differenza tra me e gli altri."

                                                                                                   Milarepa

"La maldicenza rende peggiore chi la usa,  chi la ascolta, e talora anche chi n'è l'oggetto. "

                                                                Cesare Cantù

"Vi diranno che non siete abbastanza. Non fatevi ingannare, siete molto meglio di quello che vi vogliono far credere."

"Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro"

                                                      Papa Giovanni Paolo II

L’invidia e l’odio partono egualmente, in gran parte, dalla stessa radice. Il solo mezzo di liberarci da questa follia universale sarebbe di riconoscerla distintamente per una follia, e, a tale scopo, renderci conto ben chiaramente fino a qual punto le opinioni, nelle teste degli uomini, siano in massima parte e molto di frequente false, storte, erronee ed assurde; quanto l’opinione altrui abbia poca influenza reale su noi nella maggior parte dei casi e delle cose; quanto in generale essa sia cattiva, talmente che non vi sarebbe chi non si ammalerebbe dalla collera se sentisse in che tono si parla e cosa si dice di lui; quanto infine l’onore istesso non abbia, propriamente parlando, che un valore indiretto e non immediato.. Se potremo riuscire ad ottenere la guarigione di questa pazzia generale, guadagneremo infinitamente in calma di spirito ed in soddisfazione, ed acquisteremo nel tempo stesso un contegno più fermo e più sicuro, e un portamento molto più sciolto e più naturale. L’influenza affatto benefica d’una vita ritirata sulla nostra tranquillità d’animo e sulla nostra soddisfazione proviene in gran parte perché essa ci sottrae all’obbligo di vivere costantemente sotto lo sguardo altrui e, per conseguenza, ci toglie la preoccupazione incessante sulla loro possibile opinione: ciò che ha per effetto di renderci a noi stessi. In tal maniera sfuggiremo egualmente a molti mali effettivi la cui causa unica è questa aspirazione puramente ideale, o, per dire più correttamente, questa deplorabile demenza; ci resterà pure la facoltà di prestare maggior cura ai beni reali. Dalla follia della natura umana or ora descritta, germogliano ambizione, la vanità e l’orgoglio. Tra i due ultimi la differenza consiste in ciò che l’orgoglio è la convinzione già fermamente acquistata del nostro alto valore sotto ogni rapporto; la vanità invece è il desiderio di far nascere questa convinzione negli altri e, d’ordinario, colla secreta speranza di poter in seguito appropriarsela. Così l’orgoglio è l’alta stima di sé, procedente dall’interno, dunque diretta; la vanità invece è la tendenza ad acquistarla dal di fuori, dunque indirettamente. Per ciò la vanità rende loquaci, l’orgoglio taciturni. È  una gran pazzia perdere all’interno per guadagnare all’esterno. Noi dobbiamo stimare felici coloro che, guadagnando sé stessi, guadagnano cosa che ha prezzo. Inoltre come è più felice quel paese che ha meno bisogno o non ha affatto bisogno d’importazione, così è felice l’uomo a cui basta la ricchezza interna, e che per la sua felicità non domanda che poco, od anche nulla, al mondo esterno, non dobbiamo, a nessun titolo, aspettarci gran cosa dagli altri, e in generale dal di fuori. Ciascuno finisce col restar solo, e chi è solo? diventa allora la grande questione. Goethe ha detto in proposito, parlando in modo generale, che in ogni cosa ciascuno, in conclusione, è ridotto a sé stesso.

(Poesia e verità, vol. III).

Oliviero Goldsmith dice egualmente: Intanto da per tutto, ridotti a noi stessi, siamo noi che facciamo o troviamo la nostra propria felicità. (Il Viaggiatore, v. 431 e seg.) Ognuno deve adunque essere e fornire a sé stesso ciò che v’ha di migliore e di più importante. Quanto più succederà così, tanto più per conseguenza l’individuo troverà in sé stesso le sorgenti dei suoi piaceri, e tanto più sarà felice. Si è quindi con ragione che Aristotele ha detto: La felicità appartiene a chi basta a sé stesso (Mor. ad Eudemo, VII, 2).

Colui che coltiva l’interiorità avrà molto da donare al prossimo.

Tutte le sorgenti esterne della felicità e del piacere sono di lor natura eminentemente incerte, equivoche, fuggevoli, aleatorie, quindi soggette ad arrestarsi facilmente pur anche nelle circostanze più favorevoli, e questo è pure inevitabile, atteso che noi non possiamo averle sempre alla mano. Anzi, con l’età, quasi tutte fatalmente si esauriscono. A questo momento, più che mai, è importante sapere ciò che si ha da sé stessi. Non v’ha che questo, infatti, che resisterà più lungamente. Intanto in ogni età, senza differenza, ciò è e resta la sorgente vera, e sola permanente della felicità. Poiché non vi è molto da guadagnare a questo mondo: la miseria ed il dolore lo empiono, e per quelli che hanno sfuggiti questi mali, la noia è là che li insidia. Inoltre d’ordinario è la perversità che regna, e la stoltezza che parla più forte. Il destino è crudele, e gli uomini sono miserabili. In un mondo siffatto colui che ha molto in sé stesso è simile ad una camera dell’albero di Natale, illuminata, calda, gaia, in mezzo alle nevi ed ai ghiacci d’una notte di dicembre. La saggezza è buona e ci aiuta a rallegrarci alla vista del sole (7, 12).

“La saggezza nella vita, cioè intendo con ciò l’arte di rendere la vita quanto meglio è possibile piacevole e felice agli altri ed a noi stessi.

Questa potrebbe a sua volta essere definita una esistenza che, considerata dal punto di vista puramente esteriore, preferibile alla non-esistenza.”

Arthur Schopenhauer

La saggezza è una delle interazioni fondamentali ed è il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano;

“Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te” è uno dei principi etici più fondamentali. Ma sarebbe ugualmente giustificabile asserire: tutto ciò che fai agli altri lo fai pure a te stesso”

 Erich Fromm

È una gran pazzia perdere all’interno per guadagnare all’esterno.

La felicità consiste nell’esercitare le proprie facoltà in lavori capaci di risultato; egli spiega pure che si indica ogni facoltà non comune.

La sensibilità, forza fisiologica fondamentale si esercita senza scopo.

I piaceri della sensibilità sono gli atti del contemplare, pensare, sentire, creare nella poesia o nell’arte plastica, far musica, studiare, leggere, meditare, inventare.

Ciascuno comprenderà che il piacere nostro, motivato costantemente dall’impiego delle nostre proprie forze, come pure la nostra felicità, risultato del frequente rinnovarsi di questo piacere, saranno tanto più grandi quanto più la forza produttrice sarà di nobile specie. Il primo posto, sotto questo rapporto, tocchi alla sensibilità il cui predominio deciso stabilisce la distinzione tra l’uomo e le altre specie animali. Alla sensibilità appartengono le nostre forze intellettuali; ed è per ciò che il suo predominio ci rende atti a gustare i piaceri che hanno sede nell’intelletto, i piaceri dello spirito; piaceri che sono tanto più grandi quanto il predominio della sensibilità è più accentuato. L’uomo normale, l’uomo ordinario non può prendere vivo interesse ad una cosa se questa non eccita la sua volontà, se non gli presenta un interesse personale. Ora ogni eccitamento persistente della volontà è, per lo meno, di natura mista, quindi combinato col dolore.”

Arthur Schopenhauer

Il concetto di assimilazione

assimilazióne s. f. [dal lat. assimilatio (o assimulatio) -onis, der. di assimilare «assimilare»]. – Processo di apprendimento, in cui ciò che è studiato diventa parte di sé stessi, facoltà di far proprî, col ragionamento e col sentimento, concetti, nozioni, opinioni, o anche dottrine, linguaggi, tecniche, forme d’espressione altrui. | Processo di percezione o di appercezione in cui un contenuto nuovo è talmente simile a un contenuto famigliare che i due sembrano quasi identici.

“La mente umana è un prodigio. Una volta che ha assimilato una nuova idea si estende per sempre e non tornerà più alle sue originali dimensioni. Non ha limiti. Nessuno è riuscito a indovinare il potenziale massimo. Ciò nonostante molti passano l'intera loro vita a tracciarne i confini e a porvi limiti. I bambini in tutta la loro innocenza non hanno ancora imparato a limitarsi e quindi si protendono istintivamente e allegramente per imparare, e così dovremmo fare tutti.”

Leo Buscaglia

 

La relazione di familiarità è una delle interazioni fondamentali:

La saggezza è una delle interazioni fondamentali ed è il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano;

il principio ricorsivo, secondo il quale il feedback rompe l’idea di linearità e introduce a causalità circolare, per cui le cause producono effetti e gli effetti sono ause di altri effetti;

La relazione di familiarità è una delle interazioni fondamentali ed è il principio ologrammatico, secondo il quale il tutto è iscritto nella parte e la parte nel tutto, superando così la visione riduzionistica, che vede solo le parti e la visione olistica che vede solo il tutto.

Il metodo sintetico è il fondamento dell’ assimilazione.

Perché fino ad oggi hanno insegnato agi uomini a compartimentare, a disgiungere, a separare, a non collegare le conoscenze dei vari ambiti disciplinari, sia umanistici e artistici che offrono una riflessione sull’uomo, il suo destino, i suoi problemi, sia scientifici, rivolti alle continue scoperte, a nuove teorie, al continuo sviluppo della scienza. Il continuo separare i saperi porta alla specializzazione e la specializzazione rompe la relazione tra il tutto e la parte e la parte e il tutto, quindi limita la visione della realtà complessa e alimenta l’iperspecializzazione conseguenza della specializzazione. L’ iperspecializzazione e la compartimentazione implicano l’analisi della realtà che si vuole conoscere; L’atomizzazione, l’iperspecializzazione e la compartimentazione e la selezione analizzano assiduamente le relazioni della realtà e, logicamente, escludono la sintesi della realtà che si vuole conoscere;  ne consegue una unica  conoscenza superficiale, frammentata, caotica della realtà, la realtà si percepisce come un non – sense caotico;  ne consegue la cecità nei confronti della possibilità di vedere l’esistenza del sense della realtà; ne conseguono la paralisi, l’adattamento sistematico e l’alimentazione delle dinamiche analitiche.

La corruzione della memoria :

Il vile atto interessato di ingannare, inquinare coltivando l’altrui campo con non – verità (verità false o parziali), coloro che non possiedono gli strumenti per diffidare (riconoscere l’illusione dietro al dono dell’oro), per riconoscere il danno subìto e per sanarlo:

esempi:

Il lavoro rende liberi : Il messaggio posto all'ingresso di numerosi campi di concentramento.

La scritta assunse nel tempo un forte significato simbolico, sintetizzando e falsità dei campi di concentramento, nei quali i lavori forzati, la condizione disumana di privazione dei prigionieri e sovente il destino finale di morte, contrastavano con il significato opposto del messaggio stesso. La frase è tratta dal titolo di un romanzo del 1872 dello scrittore tedesco Lorenz Diefenbach, e venne usata per la prima volta a Dachau, nel 1933, nel campo di concentramento che vi fu costruito.

    "Perché è così facile darci una pistola e così difficile darci un libro?

Che sia l'ultima volta che una bambina è costretta a sposarsi. Che sia l'ultima volta che un bambino innocente muore in guerra. Che sia l'ultima volta che una classe resta vuota. Che sia l'ultima volta che a una bambina viene detto che l'istruzione è un  crimine, non un diritto. Che sia l'ultima volta che un bambino non può andare a scuola. Diamo inizio a questa fine. Che finisca con noi. Costruiamo un futuro migliore proprio qui, proprio ora."

Malala Yousafzai

diàvolo s. m. [dal lat. tardo, eccles., » («gettare attraverso, separare, porre barriera, porre frattura, calunniare»), adoperato nel gr. crist. per tradurre l’ebr. śāān «contraddittore, oppositore»].

La sintesi ordinata dei frammenti della realtà è la risoluzione del non – sense della realtà.

Ricordiamo che la stabilità delle proprietà dei sistemi, è dovuta all’ interazione continua, perciò se si deve fare un intervento in un sistema non si può fare sugli elementi, ma si deve fare sulle interazioni per evitare che smettano di interagire e diventino insiemi.

Intuito e creatività

La concezione organicista è definita da un approccio sistemico (complesso)– intuitivo ed implica Creatività.

Il concetto introdotto dalla fisica moderna “variabile” è simbolo del ruolo costruttivista dell’osservatore.

 “E innanzitutto, contro l'accettata formula del Materialismo moderno, "Gli uomini sono ciò che le condizioni producono", io stabilisco un'affermazione opposta, "Le condizioni sono ciò che gli uomini producono".

In altre parole, la mia concezione della mente, o del carattere, non è che sia un inefficace riflesso di una momentanea condizione di materia e forma, ma un agente modificatore attivo, che reagisce sul suo ambiente e trasforma le condizioni qualche volta lievemente, qualche volta molto, qualche volta, sebbene non spesso, totalmente.”

L’idea dominante, Voltarine de Cleyre

La concezione meccanicista è definita da un approccio logico - analitico ed implica frammentarietà.

“Il nostro moderno insegnamento è che le idee sono solo fenomeni contingenti, impotenti a determinare le azioni o le relazioni della vita, come l'immagine nel vetro che dicesse al corpo che riflette: "Io modellerò te". In verità sappiamo che non appena il corpo si allontana dallo specchio, l'immagine passeggera è inesistenza; ma il corpo reale ha la sua esistenza da vivere, e vuole viverla, noncurante delle svanite illusioni di sé, in risposta alla pressione sempre mutevole di cose esterne. È così che la cosiddetta Concezione Materialistica ci fa guardare al mondo delle idee – mutevoli, irreali immagini riflesse, aventi niente a che fare con la determinazione della vita degli Uomini, ma come molte parvenze totalmente inefficaci ad intervenire sul corso delle cose materiali. La mente per essa è in se stessa uno specchio vuoto. Io penso che questo categorico determinismo della materia sia un grande e deplorevole errore.

I nostri giovani, animati dallo spirito degli antichi maestri che credevano nella supremazia delle idee nel loro entusiasmo anticipano il vangelo delle Condizioni per significare che molto presto la pressione dello sviluppo materiale deve abbattere il sistema sociale – essi danno la cosa corrotta al punto da durare solo pochi anni, e allora essi stessi saranno testimoni della trasformazione, parteciperanno delle sue gioie. Tale è la mia utopia.  I pochi anni svaniscono e niente accade; l'entusiasmo si raffredda. Guardate i nostri giovani, questi stessi idealisti, ora sono intelligenti uomini d'affari di successo, professionisti, possessori di proprietà, leader finanziari, insinuatisi nei ceti sociali che una volta disprezzavano, stare miserabilmente, spregevolmente dietro a qualche personaggio senza denaro cui avevano prestato dei soldi, o fatto qualche servigio professionale gratis; guardateli mentire, truffare, adulare, comprare e vendere se stessi per qualsiasi cianfrusaglia, qualsiasi piccola pretesa a buon mercato. L'Idea Sociale Dominante si è impadronita di loro, le loro vite in essa sono inghiottite; e quando chiedete per quale ragione, vi dicono che le Condizioni li hanno costretti a fare così. Se gli citate le loro menzogne, sorridono con tranquilla compiacenza di sé, ti assicurano che quando le Condizioni pretendono menzogne, le menzogne sono molto di più rispetto la verità, che gli espedienti sono qualche volta più efficaci che la condotta onesta, che l'adulazione e l'inganno non importano se lo scopo da ottenere è allettante, e che nelle attuali Condizioni la vita non è possibile senza tutto questo; che si è sul punto di rendere possibile che in qualsiasi momento le Condizioni facciano più facile dire la verità che mentire, ma fino a quel momento un uomo deve fare attenzione a se stesso, sicuro! E così il cancro va avanti a corrompere e l'uomo diventa incarnazione della bancarotta morale generata dal Culto delle Cose. Tale è la realtà, la forza e l’influenza corruttrice delle Condizioni. Sono sicura che nel mezzo di tutto ciò che la viva intelligenza della storia ha creato, ci fossero quelli che andavano in giro con occhi bassi, non gradendo niente di tutto ciò che vedevano, cercando qualche più elevata rivelazione, disponibili ad abbandonare le gioie della vita, pur di avvicinarsi a qualche lontana e sconosciuta perfezione di cui i loro compagni non sapevano. Sono certa che nei secoli bui, quando la maggior parte degli uomini pregava e si umiliava, cercavano di ottenere le risposte dell'universo ai loro interrogativi, con la perseverante, quieta ricerca che divenne la Scienza Moderna. Sono sicura che c'erano centinaia di migliaia di loro, di cui noi non abbiamo mai sentito parlare. I nostri giovani, fossero cresciuti con una concezione della vita meno materiale, non fosse stata corrotta la loro volontà dal ragionamento intellettuale su ciò che è fuori della loro esistenza, dalla loro accettazione della loro propria inesistenza, le aspirazioni altruiste dei loro anni giovani si sarebbero sviluppate e sarebbero state rafforzate dall'esercizio e dall'abitudine; e la loro protesta contro l'epoca poteva essere scritta durevolmente, e per qualche scopo.” Cosa, allora, avrei? voi chiedete. Avrei uomini che investono se stessi con la dignità di uno scopo più alto della caccia alla ricchezza, che scelgono una cosa da fare nella vita al di fuori della produzione di cose, e se ne ricordano – non per un giorno, non per un anno, ma per tutta la vita. E allora tengono fede a se stessi! Voi uomini onesti e benevolenti che avete il coraggio di investire in voi stessi, voi che avvalorate il lato interiore delle creature umane, voi che state andando per la retta via predicate la retta e stretta via. Voi uomini onesti e benevolenti che avete il coraggio di investire in voi stessi, voi che avvalorate il lato interiore delle creature umane, voi che state andando per la retta via predicate la retta e stretta via. Alla fine della vita potrete chiudere gli occhi dicendo: "Io non sono stato dominato dall'Idea Dominante della mia Epoca; ho scelto la mia propria fedeltà e l'ho servita. Ho dimostrato con una vita che c'è in un uomo ciò che lo salva dalla tirannia assoluta delle Condizioni, che infine conquista e rimodella le Condizioni, il fuoco immortale della Volontà Individuale, che è la salvezza del Futuro".

Abbiamo Uomini, Uomini che vogliano dire una parola alle loro anime e mantenerla – mantenerla non quando è facile, ma mantenerla quando è difficile – mantenerla quando la tempesta imperversa e c'è un cielo venato di bianco e prima un tuono azzurro, e gli occhi sono accecati e le orecchie assordate dalla guerra di cose contrarie; e mantenerla sotto il cielo a lungo plumbeo e la grigia depressione che mai si dirada. Resistete fino all'ultimo: è ciò che significa avere un'Idea Dominante, che le Condizioni non possono spezzare. E tali uomini create e annientate le Condizioni. “

L’idea dominante, Voltarine de Cleyre

 Intuito (innsaei) ed il sentimento

“Viviamo nelle nostre teste e non con le emozioni? E se così, in che modo influenza le nostre vite?”

Hrund Gunnsteinsdottir

“Guardati, guarda intorno a noi. Ci sono persone infelici, siamo totalmente sconnessi dal cervello e dal corpo. Così tante persone vivono nelle loro teste e non vivono con le emozioni. E dev’esserci qualcosa di profondamente sbagliato.”

Marina Abramovic

“Diedi tutto ciò che avevo. Ma il mio problema era che non conoscevo i miei limiti. Non sapevo come gestire i traumi e la sofferenza che mi circondavano. Repressi quelle emozioni e continuai a costringermi a fare meglio. Se a quel tempo mi avessero detto che vivevo solo nella mia testa e non con le mie emozioni non avrei saputo di cosa si parlava. E onestamente, non avrei ascoltato. Raggiunsi uno stato in cui ero totalmente disconnessa da me stessa, da essere costretta a pensare di nuovo. Mi sentivo come un’osservatrice esterna della mia vita. Sentivo come se non riuscissi più a respirare.

Il mondo sta cambiando così velocemente. E siamo bloccati nei nostri modi vecchi di fare le cose.”

Hrund Gunnsteinsdottir

“Siamo degli esseri complicati. Siamo mente, corpo, spirito. E quando sentiamo la pressione, tendiamo a focalizzarci solo sulla mente razionale e ci chiudiamo in noi stessi. Se non riusciamo a vedere dentro noi stessi, non possiamo usare le nostre grandi capacità e non lasceremo mai fluire il nostro intuito. Credo che al più alto livello, tutte le decisioni siano intuitive. Negli ultimi 20, 25 anni abbiamo visto l’influenza del pensiero razionale che ha dominato le nostre istituzioni accademiche, ha dominato i media e ha allontanato la capacità di migliorare veramente le abilità intuitive. Ma penso che ora, per la prima volta, stiamo iniziando a capire che i problemi non migliorano affatto, perciò si deve fare un passo indietro e usare un approccio nuovo per questi problemi. Una delle recenti sfide che abbiamo dovuto affrontare è che se si usa interamente questo lato razionale concentrando tutto su valutazioni a breve termine e usando strumenti analitici, in questo modo eliminiamo, cancelliamo la creatività dalle nostre società.”

Noi pensiamo molto con l’emisfero sinistro, con la parte logica. Ma l’intuito è costruito su una base di esperienze, quindi cresce nel tempo. L’ intuito permette al lato creativo del cervello di fluire, così da pensare in modo creativo riguardo al mondo e al modo di vedere le cose, così da essere in grato di gestire una serie di pensieri disparati e metterli insieme in una sorta di luogo integrativo. Ed è da qui che penso che derivino le grandi decisioni e le grandi idee. Oggigiorno affrontiamo le sfide della povertà, della sovrappopolazione, del nostro ambiente, dell’energia, dell’istruzione, della guerra, della salute globale. Questi problemi sono ingestibili ed esistono da molto tempo. Perché? Perché non abbiamo messo insieme idee di discipline diverse. Se si cerca di risolvere il problema nello stesso modo in cui si è fallito, la storia si  ripete . Se si prova a eliminare la guerra facendo tutto ciò che si è fatto negli ultimi 200 anni, si continueranno ad avere altre guerre.”                                                        Bill George, Harvard University, Boston

“I nostri cervelli si evolvono di continuo a seconda di come ci sentiamo, pensiamo e sulla base delle nostre esperienze. Questo influisce su come costruiamo la nostra conoscenza e sul nostro comportamento. Ma oggi siamo bombardati da informazioni e distrazioni in continuazione. Come può l’ intuito aiutarci a percepire il mondo e i nostri posti più saggiamente?”                                                                             Hrund Gunnsteinsdottir

I pensieri seguenti rappresentano importanti argomenti a sostegno della tesi prima

“Il nostro mondo è un insieme di frammenti ed è difficile vederne una logica d’insieme. Abbiamo perso quella comprensione che ci permetteva di vedere il significato delle cose, perciò quella saggezza è stata sostituita e frammentata in conoscenza e la conoscenza è stata sostituita e frammentata in informazione, da pezzi di dati, pezzettini di dati.”

  Iain McGilchrist

! A lungo termine ciò che va incontro ad amnesia e a distorsioni sistematiche è il ricordo dei dettagli più fini.

La memoria conserva a lungo termine il semplice senso generale. Se fossimo continuamente travolti da un’infinità di ricordi sarebbe altrettanto impossibile vivere che se non avessimo alcun ricordo.

La proposizione 1. dimostra che la proposizione 2. non è ipotetica bensì reale ed attuale.

L’atomizzazione culturale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana perché inibisce il sistema psichico umano.

Definizione psicanalitica di inibizione:

Fenomeno che ostacola la normale esplicazione delle funzioni psichiche blocco.

Le funzioni psichiche sono l'attenzione, la percezione, la coscienza, il pensiero, la critica, il ragionamento, la memoria, l'intelligenza, l'affettività, l'istintualità, la volontà, l'inconscio.

“La saggezza è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) ed è il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano;

Per ragioni di evoluzione, abbiamo dovuto essere in grado di prendere parte al mondo in due modi diversi. Ci relazioniamo col mondo in generale… ma allo stesso tempo dobbiamo manipolarlo. E ci servono entrambi questi approcci al mondo, quello ristretto e quello generale, aperto, costante e vigile. Queste sono le differenze basilari tra l’emisfero sinistro e l’emisfero destro. Credo che, nel corso del tempo, il problema sia stato che l’approccio mirato e ristretto, che in realtà non vede il quadro completo abbia iniziato a prendere il controllo e abbiamo cominciato a credere che fosse l’unico modo di guardare il mondo.”                                                                                      Iain McGilchrist, London

“Amo ciò che dicono gli anziani Dagara, dicono che ci sono stati dati cinque sensi perché dobbiamo avere molteplici visioni del mondo in una volta, sempre. 

È la consapevolezza qui e ora nel mondo ed è tutto.

In generale, le persone moderne, non sono affatto in contatto con l’intuito. Non sono in contatto con il modo in cui conosciamo le cose. Ci siamo dimenticati come avere consapevolezza del mondo che ci circonda, dei sensi e di tante altre dimensioni della vita. Il 98 percento del nostro cervello non usa il linguaggio, la logica, la fede o la strategia. Crea queste cose per noi ma non le usa. I neuroscienziati la chiamano ‘mente razionale’, la quale è in relazione e crea relazioni tra i dati. L’altro 2 percento, la mente lineare, riceve ciò che crea quel 98 percento ed agisce. Sempre ed ovunque è possibile portare la consapevolezza alla propria intelligenza percettiva, percepire veramente il mondo.”                                              Marti Spiegelman

“L’intuito è la consapevolezza delle sottigliezze che risiedono fuori dal centro dell’attenzione. Le sottigliezze di cui siamo consapevoli subconsciamente, inconsciamente. E se passiamo troppo tempo in questo stato in cui la nostra mente cosciente è molto concentrata non capiremo perché l’intuito dovrebbe essere importante. Non sembra essere presente, non sembra essere importante, pertanto viene eliminato. Ma nel fare così eliminiamo molto di ciò che sappiamo perché una minima parte dei nostri processi sono consci, la maggior parte, almeno il 95 percento, forse persino il 99 percento, non sono affatto consci. Agiscono per avvertirci di cose di cui la nostra mente cosciente, la quale è piuttosto lenta, non si accorgerebbe. Pertanto, spesso, implicano sottigliezze, piccolezze. Ad esempio si può incontrare una persona senza sapere il perché. Questa persona sembra incredibilmente amichevole, dà messaggi che invitano a fidarsi di lei, ma a un certo punto si pensa: “C’è qualcosa che non va”. Non si può sapere esattamente cosa sia. E, naturalmente, ci si può sbagliare. Molto spesso si percepisce qualcosa di molto importante perché quando comunichiamo, molta della nostra comunicazione non è affatto esplicita. Nel tono della voce, nei significati impliciti, nelle gestualità, negli sguardi e nella scelta delle parole, nelle metafore, nell’umorismo, nell’ironia, e così via. Quindi l’intuito è in contatto con queste cose, ed escluderlo, significa perdersi, molte cose  sagge che potremmo conoscere.”

Iain McGilchrist, London

L’iperspecializzazione è una delle cause dell’atomizzazione:

L’iperspecializzazione comporta anche un imperativo etico, in quanto l’uomo limita il proprio senso di responsabilità soltanto a ciò che accade nel proprio specifico ambito scientifico, dato l’indebolimento della percezione della realtà, l’assopimento dell’intuito:

 Così come accade per il senso di responsabilità non più inteso in senso globale:

Apprendere un’etica planetaria

“La Madre Terra è un simbolo dell’utero generoso che offre nutrimento, vita e vitalità a tutti coloro che la abitano. In realtà, la Natura è la testimone silenziosa dell’intuito, la Natura parla tutte le lingue. La Natura è interessata al terzo occhio, all’orecchio interiore, alla capacità interiore di creare senso da qualcosa che la coscienza interna potrebbe considerare caotico. Senza la Natura, non so come possiamo risuscitare il nostro intuito. Cosa succederebbe se gli occidentali dessero un po’ di fiducia al potere dell’intuito? Permettere al loro intuito di essere la piattaforma sulla quale connettersi con il loro passato, con il loro presente e il loro futuro. 

La gente oggigiorno perde il presente: Ciò che blocca la nostra connessione in questo mondo è il rumore – molto rumore. Distrazione. Lo chiamano intrattenimento. Il rumore del mondo esterno ammutolisce il suono del mondo interno, pertanto il nostro intuito ne paga il prezzo. È un dato di fatto. La verità è che la nostra disconnessione con la Terra si traduce in una sorta di mancanza di rispetto verso il sesso femminile.

Quanto si può andare lontano nel violare la madre che ti ha dato la vita? Fintanto che le donne vengono sminuite la connessione tra noi e la terra sarà sempre evidenziata da un grande punto di domanda. Abbiamo abusato talmente tanto della terra che non sappiamo in che direzione andare. Dobbiamo chiederci quale sia la connessione tra questa mascolinità crescente che viene tradotta in termini di violenza ripetuta o di amore per essa.”

Malidoma Somé, anziano dei Dagara

Il concetto di  reciprocità e l’atomizzazione sociale

"Vivere insieme è un'arte." Thích Nht Hnh

La reciprocità dell'esempio etico:

Infatti l’uomo dimentica di essere fragile e di avere bisogno dell’altro e l’altro di lui.

"Ci si sente cacciati via ogni volta che si sente chiudere la porta a chiave. Perché qui si muore tranquillamente senza che nessuno si accorga.

“Ma dov'è la società? L'altro dov'è?

Vogliono denaro, vogliono l'equivalente di quello che ti danno. E non hanno mai pensato, che per esempio, danno una cosa, e ricevono in cambio amore? Questo non interessa.

Dice molto bene Madre Teresa di Calcutta: L'indifferenza è peggiore della colpevolezza. È più giustificabile l'assassino di colui che fa finta di non vedere, di non capire e lascia morire in un disagio d'amore, in un disagio d'ambiente, una persona che vorrebbe fare qualcosa di bello nella vita. "

Alda Merini

“Sfuggire al circolo vizioso delle umiliazioni, per trovare il circolo virtuoso del riconoscimento reciproco.”

Edgar Morin

“Dovunque nell'ossatura delle morte società, come nelle conchiglie del limo marino, vedremo la forza di un'azione che ha uno scopo, di un'intenzione all'interno che sostiene il suo proposito contro gli ostacoli all'esterno.

Io credo che non ci sia uno nel mondo che possa alzare lo sguardo sul volto risoluto, che guarda fisso lontano, di una scultura egizia, o leggere una descrizione dei monumenti dell'Egitto, senza sentire che l'idea dominante di quel popolo in quell'epoca era di essere duraturo, di produrre cose durature, con l'immobilità del loro cielo calmo e silenzioso su di loro e lo sguardo fisso del deserto in loro. Uno deve sentire che, qualunque altra idea li animasse e rappresentasse loro stessi nelle loro vite, questa era l'idea dominante. Ciò che era doveva rimanere. Finché nella pienezza dei tempi sparì: e tuttora la forma di granito di essa guarda fisso con occhi vuoti attraverso il mondo, austero vecchio ricordo della Cosa che fu.

Io credo che nessuno possa alzare lo sguardo sulle sculture marmoree, in cui il genio greco ha elaborato la figurazione della sua anima, senza avvertirne l'idea dominante: L'Attività e la bellezza e la forza di essa. Il Mutamento, rapido, il Mutamento sempre in movimento! La creazione delle cose e il loro scarto, come i bambini gettano via i loro giocattoli, non interessati del fatto che questi dureranno, cosicché essi stessi realizzano un'incessante attività. Piene di potere creativo.

Così c'era una processione senza fine di forme che mutavano nelle loro scuole, nelle loro filosofie, nelle loro tragedie, nei loro poemi, finché non finì in ultimo con l'esaurirsi. Ed il prodigio sparì dal mondo. Ma tuttora le loro sculture in marmo durano per mostrare quale sorta di idee li dominasse.

E se volessimo conoscere quale idea principale regolasse la vita degli uomini quando il periodo medioevale ha avuto il tempo di farla maturare, si dovrebbe soltanto ai giorni nostri vagabondare in qualche pittoresco villaggio inglese fuori mano, dove una possente antica chiesa turrita ancora si erge al centro di piccoli villini coperti di paglia. Dovunque l'esaltazione di Dio e lo sminuire l'Uomo: la chiesa così incombente, la casa così piccola. La ricerca dello spirito, della cosa durevole (non l'insufficiente resistenza del granito che nei secoli si sgretola, ma quell'eterna), l'eterno.

Tale era l'idea dominante dell'età medioevale che è stata troppo maledetta dai modernisti. Perché gli uomini che costruirono i castelli e le cattedrali, erano uomini di imponenti opere, sebbene non abbiano prodotto libri, e sebbene le loro anime stendessero ali menomate, a causa dei loro veri e propri sforzi di elevarsi troppo in alto. Lo spirito della volontaria subordinazione per la realizzazione di una grande opera, che proclamasse l'aspirazione della comune anima – che era lo spirito insito nelle pietre delle cattedrali e che non è totalmente da condannare.

Se ora ci guardiamo attorno per vedere quale idea domina la nostra civiltà, non so se anch'essa sia così attraente.”

L’idea dominante, Voltarine de Cleyre

l’idea che domina la civiltà contemporanea è l’atomizzazione (sociale e culturale)

Ero andata a San Francisco perché non riuscivo a lavorare da mesi, paralizzata dalla convinzione che scrivere fosse un atto irrilevante. Che il mondo che conoscevo non esisteva più e per la prima volta mi ero confrontata in modo diretto ed inequivocabile con la prova tangibile dell'atomizzazione. La dimostrazione che le cose cadono a pezzi.

Joan Didion

 “Voi uomini onesti e benevolenti che avete il coraggio di investire in voi stessi, voi che avvalorate il lato interiore delle creature umane, voi che state andando per la retta via predicate la retta e stretta via.

Alla fine della vita potrete chiudere gli occhi dicendo: "Io non sono stato dominato dall'Idea Dominante della mia Epoca; ho scelto la mia propria fedeltà e l'ho servita. Ho dimostrato con una vita che c'è in un uomo ciò che lo salva dalla tirannia assoluta delle Condizioni, che infine conquista e rimodella le Condizioni, il fuoco immortale della Volontà Individuale, che è la salvezza del Futuro".

Abbiamo Uomini, Uomini che vogliano dire una parola alle loro anime e mantenerla – mantenerla non quando è facile, ma mantenerla quando è difficile – mantenerla quando la tempesta imperversa e c'è un cielo venato di bianco e prima un tuono azzurro, e gli occhi sono accecati e le orecchie assordate dalla guerra di cose contrarie; e mantenerla sotto il cielo a lungo plumbeo e la grigia depressione che mai si dirada. Resistete fino all'ultimo: è ciò che significa avere un'Idea Dominante, che le Condizioni non possono spezzare. E tali uomini create e annientate le Condizioni. “

L’idea dominante, Voltarine de Cleyre

Tesi seconda

L’atomizzazione sociale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

Argomento :

Conflitto e reciprocità

Di Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese

Premessa:

Questo testo si comprende meglio alla luce di quanto sviluppato nei libri di 

Zygmunt Bauman, Àgnes Heller, La bellezza (non) ci salverà, Il Margine, 2015

G.P. Di Nicola, Uguaglianza e differenza. La Reciprocità Uomo Donna, Città Nuova, Roma 1988;  ID., Il Linguaggio della Madre, Città Nuova, Roma 1991. Per quanto riguarda i concetti di persona e personalismo, rimandiamo ad A.Danese, Unità e Pluralità. Mounier e il ritorno della persona, Città Nuova, Roma 1984; ID. (A cura di), La questione personalista, Mounier e Maritain nel dibattito per un nuovo umanesimo, Città Nuova, Roma 1986; ID., Persona e Sviluppo. Dibattito interdisciplinare, Dehoniane, Roma 1991; ID., Persona ed Educazione, Effatà, Torino 2001.

È opinione condivisa che una delle rivoluzioni più significative della nostra epoca sia quella portata avanti dalle donne che hanno cambiato il volto della famiglia e della società, in un iter storico che corre parallelamente al sorgere della modernità. Il movimento, reazione pendolare al rapporto diseguale e maschilista tra i generi, si potrebbe meglio definire come la lotta contro l’antifemminismo.

Il concetto di femminismo:

“Nel mercato delle proposte culturali la parola femminismo, indica la denuncia di una realtà di sfruttamento e oppressione della donna (funzione critica e di denuncia), ma indica anche la volontà di eliminare le cause della marginalità delle donne nel sistema politico, familiare, economico, educativo, e quindi ha un’ambizione costruttiva di condizioni egualitarie (funzione utopica), talaltra esprime una riflessione sul senso del genere femminile in sé (per la costruzione di una identità autopoietica), come nella cosiddetta cultura della differenza. Quando il termine è associato a concetti di ‘liberazione sessuale’, si stabilisce una sorta di identificazione tra femminismo, amore libero e contraccezione. Nelle sue accezioni etiche esso indica la valorizzazione di quei valori umani dapprima considerati secondari perché più tipicamente ‘femminili’ ed oggi al contrario recuperati nel dibattito sull’uomo e sull’ambiente, come rapporto armonico con la natura e con gli altri.”

G.P. Di Nicola, Femminismo, in G. Campanini – E. Berti, Dizionario delle idee politiche, AVE, Roma 1993, 324-337.

L’educazione di Sofia, nell’Emilio di Rousseau, rivela solo il fronte pedagogico più esplicito e più noto di una mentalità in cui la donna era finalizzata all’uomo, modello riassuntivo esemplare dell’umanità.1

“Tutta l’educazione delle donne deve essere in funzione degli uomini. Piacere e rendersi utili a loro, farsene amare e onorare, allevarli da piccoli, averne cura da grandi, consigliarli, consolarli, rendere loro la vita piacevole e dolce: ecco i doveri delle donne in ogni età della vita e questo si deve insegnare loro fin dall’infanzia. ” (J.J.Rosseau, Emilio o dell’Educazione, Armando, Roma 1969, 550.)

L’alterità della donna viene delineata in negativo, a misura dell’uomo, che la definisce specularmente in rapporto a sé. La differenza sottolinea la distanza dal modello ritenuto eccellente (La donna differisce dall’uomo, il nero dal bianco). I movimenti delle donne hanno ripetutamente denunciato gli errori di un’educazione delle fanciulle mirata al solo ruolo di mogli e madri, con l’occultamento dei talenti personali: “ Nel 1687 il sacerdote e nobiluomo di cultura F.Fènelon constatava apertamente: “Nulla è più trascurato che l’educazione delle fanciulle.”

“La scienza delle donne, come quella degli uomini, deve limitarsi a un’istruzione in rapporto alle loro funzioni: La differenza tra le loro attività deve determinare quella dei loro studi. Bisogna dunque limitare l’istruzione delle donne alle cose che abbiamo dette.” Viene fatto un breve cenno ai difetti delle fanciulle che l’educazione deve cercare di correggere: “Le si alleva in una fiacchezza e una timidezza che le rendono incapaci di una condotta ferma e costante. Bisogna reprimere quelle loro paure infondate, quelle lacrime che versano così prodigamente. Bisogna anche reprimere in loro le amicizie troppo tenere, le piccole gelosie, i complimenti eccessivi, le adulazioni, le smancerie. Esse scambiano la facilità del parlare e la vivacità d’immaginazione con l’intelligenza. Non fanno scelte fra i loro pensieri; non vi mettono alcun ordine rispetto alle cose che debbono dire; mettono della passione in quasi tutto quello che dicono e la passione fa parlare molto: quindi non si può sperare molto di bene da una donna, se non la si riduce a riflettere ordinatamente, a sottoporre a critica i propri pensieri, a esprimerli brevemente, a saper poi tacere. Un’altra circostanza contribuisce a far lunghi i discorsi delle donne; ed è che sono per natura astute e che usano lunghi rigiri per venire al loro scopo. Esse hanno naturalezza nell’adattarsi così da poter recitare agevolmente ogni sorta di commedie. Le lacrime a loro non costano nulla. Aggiungi che sono timide e piene di falsa vergogna. Ma nulla è da temere nelle fanciulle quanto la vanità. Esse nascono con un desiderio violento di piacere, le vie che conducono gli uomini al potere e alla gloria essendo chiuse per loro, cercano un compenso nelle attrattive dello spirito e del corpo, da ciò viene la loro viva aspirazione alla bellezza e a tutte le grazie esteriori.”

(F.Fénelon, Sull’educazione delle fanciulle, tr. it. a cura di L. Nutrimento, ed. Canova, Treviso 1963, un’opera che si colloca tra la Didactica Magna di Comenio e i Pensieri sull’educazione di Locke, 1693)

“La donna non può diventare “oggetto” di “dominio” e di “possesso” maschile.”

Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, 15 Agosto 1988

Antropologia della reciprocità

La Mulieris Dignitatem chiarisce che nella relazione tra i coniugi la sottomissione non può essere unilaterale ma reciproca. La reciprocità dovrà estendersi, oltre il matrimonio, a tutte le dimensioni della vita di relazione, a cominciare dalla riformulazione dell’interpretazione simbolica del mondo, perché non si crei una scissione tra la famiglia e gli altri mondi e perché non sembri che solo nel matrimonio sia possibile vivere concretamente l’uguaglianza uomo-donna, in contrasto con le altre istituzioni.

Nella Lettera alle donne (1995), Giovanni Paolo II riconosce che è stato troppo lento il cammino per ottenere il riconoscimento dei diritti e ancora molto c’è da fare per creare concretamente e dovunque condizioni di vita conformi da un lato alla dichiarazione universale dei diritti della persona e dall’altro alla specifica dignità della donna. La lettera è un contributo prezioso a che non venga dimenticata l’opera delle tante donne che hanno lottato per ottenere una ‘ effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra coniugi nel diritto di famiglia, riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino in democrazia.

Tali lotte non possono venire rivendicate unilateralmente da questa o quella appartenenza ideologica o partitica, giacché le donne e non pochi uomini, anche coloro che sono dimenticati e misconosciuti, hanno aggiunto il loro piccolo/grande tassello per la conquista dei diritti di cittadinanza, spesso senza raccoglierne i frutti in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo, e magari un peccato!.

Sarebbe difficile distribuire le oggettive responsabilità nei confronti delle situazioni di ingiustizia in proporzioni eque tra i diversi soggetti sociali, senza tenere conto delle circostanze e dei contesti storici. Si può dire che persino coloro che soffrivano e subivano la cultura dominante abbiano contribuito ad alimentarla anche tramandandone la mentalità nell’educazione delle nuove generazioni. Proprio per questo il gesto di chi ha avuto il “coraggio della memoria” e il “franco riconoscimento delle responsabilità” si presenta come un modello da riproporre a tutte le relazioni tra i generi, tra i popoli e tra i gruppi sociali giacché i tempi nuovi impongono atti di conversione e gesti di giustizia evidenti.

Identità maschile: crisi e rigenerazione

Come sta mutando l’identità maschile in relazione all’emergere della soggettualità femminile?

Gli uomini e le donne come interpretano questo mutamento?

Si sta passando da un’identità maschile “forte” ad una “debole”, dall’ideale dell’eroe, del superuomo, all’uomo fragile o addirittura sconfitto?

È possibile valorizzare la differenza senza gerarchizzare i generi?

Come vivere la reciprocità senza che l’un genere tenti di definire l’altro sia nella vita pratica sia in teoria?

È possibile valorizzare gli elementi di specificità maschile senza tornare alla maschilità oppressiva del passato?

“Può lo stereotipo maschile sopravvivere alla caduta del patriarcato?”

George Mosse

Sono questioni che nascono dalla semplice constatazione che l’identità maschile non può essere rimasta immutata dopo le radicali trasformazioni del mondo familiare e del mondo pubblico. La conferma sulle trasformazioni dell’identità maschile viene dai frammenti di osservazione giornalistica, dalle produzioni letterarie, dalla saggistica, dal cinema: Maggiore corresponsabilità nella gestione della famiglia, recupero del valore umano e affettivo, esigenza di un lavoro soddisfacente, al di là del carrierismo e dell’assorbimento totale del tempo umano nel tempo lavoro. Le ricerche, condotte soprattutto sui giovani, attestano il mutamento dei valori come per esempio la caduta degli ideali politici e delle appartenenze ideologiche. Esse attestano inoltre che non solo per le ragazze, ma anche per i ragazzi la famiglia è un valore primario da conquistare, difendere e privilegiare. (La famiglia vista dagli adolescenti, Demian, Teramo 1994

Di fronte a cambiamenti così significativi non pochi si domandano se si tratti di una patologia della nostra epoca – e quindi una trasgressione della natura umana (inevitabilmente destinata a risolversi) – oppure si tratti di un processo positivo ed inarrestabile. Le opinioni, estremamente diversificate variano in relazione al sesso, all’età, alla cultura, alle appartenenze ideologiche, politiche, religiose.

Forse però proprio il fatto che assistiamo alla crescente presenza di identità maschili disturbate – si pensi all’aumento della violenza, alla sterilità, all’omosessualità, alla crescita dell’offerta della prostituzione femminile e della domanda maschile relativa, alla tendenza a gestire in maniera autarchica la sessualità e la procreazione, facendo a meno dell’altro genere – ci impone una revisione coraggiosa delle categorie mentali tradizionali. Incontriamo qui la fatica di parlare dell’uomo maschio. Infatti di identità femminile si è molto parlato e i Women’s studies hanno ormai una storia accreditata. Di Men’s studies, al contrario non s’è avvertita l’esigenza: coincidevano con gli studi sull’umanità. Troppo spesso gli uomini hanno creduto di sapere ciò che essi erano e ciò che le donne dovevano essere, convinti di fare il “loro bene” ed esaltare la loro “natura”. La giustizia nei rapporti tra un uomo e una donna, così necessaria ad evitare che la relazione degeneri in sentimentalismo o in pura sessualità esige la messa in comune delle risorse come dono reciproco, ciascuno avendo bisogno dell’altro.

Confrontandosi e tenendo conto delle esigenze della famiglia, due sposi assumeranno ciascuno i compiti più confacenti, sapendo bene che essi non possono sommarsi, fondersi in uno, annullarsi nella sintesi. I due restano due, anche nel culmine della loro unità, almeno nel senso che nessuno può riassumere in sé l’altro.

Reciprocità aperta e rispettosa della differenza.

L’esperienza conferma che l’uomo e la donna d’oggi possono vivere più gioiosamente di un tempo la loro differenza perché diffidano di quelle definizioni stereotipate di genere, gerarchicamente strutturate che bloccano la libera espansione della differenza che si vorrebbe proteggere.

Non c’è definizione di sé senza l’intreccio inestricabile con gli altri che costituiscono la storia dell’io, lo chiamano alla sua responsabilità di essere per qualcun altro, gli consentono l’esperienza della reciprocità:

Si è padri in quanto si è sposi di una donna e, con lei, genitori. La natura soccorre distribuendo a modo suo oneri e onori in una circolarità di rapporti: Se è vero che è il padre che rende madre la moglie, è vero anche che questa consente al marito di diventare padre e lo riconosce in quanto tale (mater semper certa). Il padre riconosce i figli, ma anche i figli riconoscono il padre, nel senso che lo rendono tale nel rapporto quotidianamente vissuto, distillato nel tempo. Uomini e donne, padri e madri, benché siano imbevuti di sopravvivenze del passato, di categorie mentali e di comportamenti tradizionali, non possono dipendere dal passato, con il suo peso insostenibile. Non conta quello che faranno, cosa valorizzeranno o rifiuteranno. Conta se cercheranno di farlo nella con-divisione.

Con-dividere non significa fare le stesse cose, pensare alla stessa maniera, ma cercare di avere un solo spirito, un noi da costruire giorno per giorno in un processo di ascesi della Reciprocità che rappresenti la lotta all’egoismo, dunque la Kenosi del matriarcato e del patriarcato.

Etica e reciprocità

E’ indubbio che i due generi offrano all’evidenza, oltre che due corpi diversi anche una diversa tonalità dello stare al mondo e differenti punti di vista sulla realtà. Perciò, affinché non si elevino steccati insuperabili tra i due generi, è opportuno cercare di individuare qualche tratto caratterizzante la femminilità e la mascolinità raccogliendo quanto in esse è simbolico di dimensioni umane universali considerando che la femminilità e la maschilità non coincidono con le donne e con gli uomini concreti, essendo ciascun essere umano unico ed originale.

La intrinseca relazionalità dell’essere umano si manifesta più marcatamente nel corpo della donna. Il processo generativo femminile contiene infatti – come inscritti nella natura – significati paradigmatici della razionalità della persona. Soprattutto la maternità esalta questa caratteristica; si tratta di leggere nel dato fisiologico materno il superamento dell’individualismo, del prometeismo, del delirio di onnipotenza dell’io. Il senso della maternità supera infatti i limiti della natura per divenire indicativa della capacità di ogni persona di accogliere l’altra e poi, lasciarla vivere nella sua autonomia.

La corruzione di questo tratto consiste nella tendenza ad impossessarsi dell’altro, ad imprigionarlo nel proprio amplesso.

L’affermazione di sé: L’affermazione di sé come di un io che vuole conoscere, rendere visibili e far valere le proprie potenzialità (assertiveness) È caratterizzante nel maschio la tendenza più accentuata ad affermare il proprio io, questa tendenza non dev’essere automaticamente intesa in senso egoistico ed oppressivo. Essa costituisce infatti un supporto prezioso per il rapporto con la partner e con i figli, in quanto offre sensazioni di protezione. “Senza autostima, senza accettazione di sé e senza rispetto per se stessi, non c’è identità, può esserci solo crisi di identità, con la conseguente attesa che gli altri intervengano a definirla, offrendo in prestito la loro stima e sorreggendo in tal modo la personale insicurezza e in ciò stesso ratificando e cronicizzando l’eterodipendenza. ” Perciò la stima in sé, la fiducia nella proprie personalità e la capacità di farla valere sono premessa valida a garantire la maturità personale e a dare spessore alla stessa capacità relazionale di una persona creando circostanze sociali di empatia.

Il concetto di empatia "L'empatia è l'intuizione che ha come oggetto gli altri individui"

                                                                                                            Edmund Husserl

«Un amico viene da me e mi dice di aver perduto un fratello e io mi rendo conto del suo dolore» L'empatia consiste nel cogliere il dolore dell'amico, come il suo dolore, cioè come un dolore non originario rispetto al vissuto di colui che lo coglie.

Empatia

Riconoscere il volto e l'espressione emotiva sul volto di qualcuno.

Dirigersi intenzionale dell'attenzione verso lo stato d'animo dell'altro, con il quale ci si immedesima.

Porre attenzione al dolore dell'altro, colto come vissuto altrui. Trarre delle conclusioni a partire dalla conoscenza empatica dell'altro può condurre all'errore. Il metodo per accorgersi dell'errore è proprio l'apertura empirica all'altro.
L'empatia non avviene necessariamente a prescindere dalla comunicazione.

Con-gioire

«Concordo con un amico di compiere un viaggio con lui, dopo che questi abbia superato un esame.» Quando egli lo supera, entrambi gioiamo per lo stesso motivo, ma non si tratta di empatia, piuttosto di un co-sentire, un vissuto egualmente originario in entrambi i soggetti.

Unipatia

L'io scopre nell'altro lo stesso sentimento che egli sperimenta; si forma tra l'Io e il Tu un Noi. È proprio questa forma di unità superiore che manca al co-sentire.

}

Santa Teresa Benedetta della Croce

Corruzioni si questo aspetto, sono l’alterigia, l’egoismo, il narcisismo, la tendenza ad  intendere la relazionalità stessa come competizione.

Una più accentuata consapevolezza del limite riflette il vissuto delle donne, più condizionato dalla sintonia con la natura. Occorre loro una dinamica predisposizione all’accettazione dell’imprevisto (spostamenti del ciclo, gravidanze inattese) e, conseguentemente, una maggiore consapevolezza di non essere in grado di padroneggiare il proprio corpo, piotare la propria vita.

La coscienza del limite implica inoltre la consapevolezza dell’infrangersi di tutti i sistemi di pensiero, di tutte le costruzione umane di fronte alla decadenza e quindi della sostanziale dipendenza umana.

La corruzione di questo tratto sta nella tendenza a delegare ad altri le proprie responsabilità sociali rinchiudendosi nel piccolo mondo della casa, nella rinuncia ad affrontare la realtà, che ha connotato una grande parte della popolazione della storia. (stadio estremo di tale corruzione: Caso hikikomori )

La lotta contro il limite sollecita ad aprire varchi nuovi, a combattere gli ostacoli temuti, nella fiducia di potercela fare. Fa parte dell’immaginario sul maschile il modello di uomo ostinato di fronte a ciò che gli si oppone, egli sente sollecitato ad affrontare le sfide della vita senza indietreggiare di fronte all’opposizione della natura, degli altri, degli eventi, facendo il possibile anche in condizioni avverse.

La lotta in sé non ha un carattere negativo, possiede anzi in sé le qualità dell’ integrità e della tenacia nel tentativo di sconfiggere il male e conquistare nuove frontiere alla vita. La corruzione di questo tratto consiste la tenenza a modulare i rapporti interpersonali sul registro della competizione, con tutte le sue derive negative, come la concorrenza esasperata, l’invidia, l’uso di mezzi illegittimi per raggiungere determinati obiettivi.

Cura della vita: La maternità è una particolare forma di cura della vita, che si manifesta come attitudine a nutrire, a proteggere, a lenire le ferite e alleviare la sofferenza nelle malattie. L’ attitudine a curare caratterizza sia l’uomo che la donna responsabili, ma è pur vero che la chiamata a stare vicino a chi è più fragile si fa sentire in modo più forte nella donna, sino a spingerla ad atti eroici di donazione. Il lato debole di questo tratto, spinto all’eccesso, sta nell’ ossessione dell’altro sino ad annullare la propria vocazione, nella cura pedissequa e materiale dei suoi bisogni, nell’amare troppo, vivendo una prodigalità non sapiente e alla fine insoddisfatta e ricattatoria.

Il dinamismo vitale:

Fa parte forse della maschilità la tendenza a stare di fronte al creato in atteggiamento dinamico trovando gusto nell’avventura e incuriosendosi di ogni cosa. Il tratto della dinamicità presenta il suo aspetto positivo nella tendenza al superamento dell’attaccamento soggettivo all’io, alla propria famiglia, ai propri cari, nella tensione a stabilire quell’equidistanza tra tutti che è fonte della giustizia sociale distributiva. Paul Ricoeur considera proprio l’attenzione a costruire istituzioni una condizione essenziale della triade etica.

La triade etica, Paul Ricoeur: “Stima di sé, sollecitudine per l’altro e istituzioni giuste.” Si può giungere ad un’impersonalità imparziale, che da un lato impedisce il dominio dei forti e degli intelligenti e dall’altro imita il comportamento di un Dio che distribuisce a tutti i frutti del suo amore:

“Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.” ”

La corruzione di questo tratto consiste nel burocraticismo, nel moralismo, nel legalismo e nell’impersonalità di un comportamento obiettivo e freddo, valido per raggiungere tutti, ma penalizzante per chi non rientra nei canoni e se ne sente schiacciato.

La testimonianza del volto positivo del dolore.

Se si pensa alla sofferenza fisica dell’uomo come ad un principio di decadenza, nella donna c’è un segno particolare, nel parto, di una sofferenza fisica strettamente legata alla generazione e quindi alla dimensione positiva della gioia. La natura della donna è testimonianza del legame inscindibile tra dolore e amore, sofferenza e gioia.

La corruzione di questo tratto consiste invece nel vittimismo, nell’accentuazione scomposta della propria sofferenza, ponendosi al centro dell’attenzione altrui.

La capacità di affrontare il rischio.

L’uomo per natura si ribella alla fuga di fronte al pericolo o alla tendenza ad arrendersi. Questa tendenza, attestata da secoli di vissuto maschile, giunge alla donazione di sé, fino a versare il proprio sangue e dare la vita, ammesso che si ritenga che la causa in gioco meriti. In Hegel la capacità di affrontare la morte segna la distanza tra il signore ed il servo, nel senso che quest’ultimo si affida alla protezione dell’altro e gli offre in cambio la sua dipendenza e i suoi servigi.  È una dialettica che può essere applicata nell’analisi del sorgere delle classi sociali come anche nel rapporto uomo – donna, giacché il maschio, che affronta il rischio fuori della casa, acquista in ciò il suo compenso in una signoria sulla donna.

Hegel stesso però mette in evidenza come questa dialettica si capovolga per il fatto che il padrone dipenda dai servigi del suo servo, in una interdipendenza reciproca.

La corruzione di questo tratto consiste nell’ irruenza incosciente della spavalderia che non valuta la proporzione tra ciò che viene messo a rischio e il bene che si vuole ottenere. La vita viene giocata da singoli, sciogliendo le relazioni con le persone vicine.

Ai tatti della femminilità e della maschilità qui proposti si collega bene l’antropologia personalista e comunitaria, dal momento che si tratta di caratteristiche valide in chiave etica per tutti, anche se sono più direttamente ricavabili dal corpo e dal vissuto delle donne e degli uomini.

Si vede in ogni caso che in entrambi, nell’uomo e nella donna, sia pure in forma diversa, si può riscontrare una implicita chiamata a donare la propria vita. Se la differenza si rende evidente a livello fisico e nelle sue implicanze fenomenologiche, i due sono riuniti nella stessa chiamata a vivere l’essere persona, l’essere per come un dono.

Il conflitto come risorsa

Non è bene demonizzare il conflitto, ritenendolo appannaggio di relazioni incapaci e fallimentari.

“Un’esistenza senza conflitto è un’esistenza da avaro.”

                                                                                              René Sitz

Una vita di relazioni senza conflitti è un’utopia pericolosa, legata al sogno di un falso pacifismo di apparenza. Sarebbe come chiudere gli occhi sull’alterità dell’altro, o peggio volerla eliminare perché spaventa e disturba. Un rapporto costantemente e irenicamente riconciliato farebbe pensare all’incapacità di confrontarsi e spendersi con l’altro, ad un’adesione acritica e infantile di una parte all’altra, ad una paralisi della creatività.

È anche vero però che si può fare molto per evitare i conflitti, imparando a gestirli, a decifrare il linguaggio dell’altro, a non urtare contro ostacoli evitabili. (Sul tema si veda: J.E.C. Poujol, I Conflitti. Origini, Evoluzioni, Superamenti, GBU, Roma 1998)

Per non arrendersi all’ incomunicabilità, occorre imparare non solo a conviverci, ma anche a valorizzarne i frutti, volgendoli in positivo. Il conflitto, infatti, può essere una speciale occasione di rilancio della vita di unità di una relazione. Presentiamo dunque alcune valenze positive che si possono individuare – anche se il più delle volte solo ex post – e che, giunte a consapevolezza, possono costituire un elemento di fiducia di fronte a futuri scacchi della comunicazione.

Il conflitto:

Mette in evidenza le differenze di genere:

Risulta che nella coppia il desiderio di comunicare sia più femminile. L’uomo, forse, dà per scontata l’armonia di coppia e preferirebbe limitare il dialogo ai momenti in cui vanno prese decisioni comuni, mentre per lei il dialogo costituisce la modalità principale e costante del vivere insieme. Lui si rifugia nel suo mondo e lei confida avvenimenti ed emozioni. Ciascuno può fare la sua parte per prendere coscienza delle rispettive percezioni della realtà e far sì che le differenze bene orientate concorrano all’unità.

Sollecita al rispetto dell’altro:

 Il conflitto implica il ricordo che l’altro non è “a propria immagine” ma a “sua”. Vi è una differenza ontologica tra due persone che non può essere colmata poiché esige il mantenimento della corretta distanza e la contemplazione della differenza.

Provoca il ristabilimento della giustizia ed invita a rinegoziare le regole dello stare insieme in situazioni di apparente pace in realtà stagnante, costruita sulla prepotenza e sul vittimismo, sull’acquiescenza a situazioni di ingiustizia.

Sollecita a reinterpretare i contenuti della realtà e sé stessi, a riformulare il linguaggio, a ricreare il mondo comune integrando le prospettive sugli avvenimenti. Dura una vita il lavoro creativo del raccontarsi, del presentarsi ciascuno all’altro come una persona disponibile a costruire la storia insieme, tenendo conto, oltre che degli eventi e delle sedimentazioni del tempo, anche delle interpretazioni dell’altro. Tale disponibilità al mutamento è reciproca, nella misura in cui ciascuno cerca di costruire con pari impegno una prospettiva condivisa.

Non ci sono modelli universali da imitare, dal momento che l’equilibrio di volta in volta raggiunto è un unicum. La relazione stessa è una realtà inedita: “Ecco io faccio una cosa nuova.” Non è per ciò possibile copiare un’altra relazione.

Implica lo sviluppo di una maturità che nasce dalla consapevolezza degli errori commessi, dall’umiltà di riconoscerli come tali. Si pensi all’importanza della valorizzazione dell’errore nel caso dell’alunno, aiutato ad apprendere sbagliando, o alla “falsificazione della verità” nel processo di ricerca descritto da Popper. In certa misura nella dialettica delle relazioni tutti sono reciprocamente alunni, esposti ad errori e disposti ad accoglierli e assimilarli, e maestri, disponibili ad insegnare ciò che hanno imparato.

Educa alla fedeltà:

Se di fronte al fallimento della comunicazione si resta fedeli, pur senza vedere la soluzione della crisi, se si continua ad aver fiducia nella resurrezione dell’amore, dopo che era stato dato per morto, si sperimenta che effettivamente il rapporto interpersonale è destinato a passare per dei tunnel e che ciò che ne assicura la qualità nel tempo non sono i tunnel attraversati ma l’attesa vigile e fiduciosa della luce che prepara nuovi bagliori di vita.

Si acuisce dunque la ricerca creativa del modo migliore per superare i momenti bui, di non abbandonare il progetto di unità mantenendo fede alla parola data all’altro e a sé stessi.

Richiama la persona alla sua solitudine ontologica nel senso del non pensare che spetti all’altro cambiare, senza essersi prima fermati a riflettere e riorientare il proprio modo di agire.

Il confronto costruttivo:

Cercare di capire ciò che disturba l’altro, che ostacola la comunicazione, ed evitarlo.

Trovare il tempo per confrontarsi

Delimitare i problemi ed esplicitarli, considerando, alla maniera del chirurgo, solo un aspetto per volta.

Raddoppiare lo sforzo per cercare di capire le ragioni dell’altro e le condizioni ce lo hanno portato ad un determinato comportamento.

Rimandare a questione a momenti migliori, pazientando perché passi il tempo necessario a dissipare il magma di sentimenti negativi.

Quando non si può fare diversamente, tacere.

ll silenzio è una modalità preziosa di comunicazione latente quando si sente che la parola sarebbe solo un pericoloso veicolo d’ira.

Compiere piccoli atti di solidarietà che assicurino della permanente sintonia di fondo, della fedeltà del saper restare nonostante tutto, nell’attesa paziente del momento in cui si sarà capaci di andare oltre quel disaccordo.

Cercare di rivolgere uno sguardo comprensivo verso quei tratti della personalità o quegli atteggiamenti che l’altro vive come negativi.

La parola chiave reciprocità

La coscienza culturale contemporanea non può esulare da una antropologia della reciprocità, proprio per dare esito positivo alla crisi ed evitare il nichilismo dello scacco sartriano della comunicazione.

L’orizzonte della reciprocità si propone come la bussola di orientamento di tutte le relazioni e di quelle tra i generi in particolare, in grado di orientare i rapporti più in alto e più avanti, in senso etico ma anche gratificante, se è vero che l’etica rettamente intesa rende possibile anche la felicità della persona.

Perciò ricongiungere  felicità e dovere è una priorità necessaria per sopprimere la fatuità di una autogratificazione narcisista e la durezza dell’imperativo categorico.

L’ orizzonte della reciprocità contiene in sé una fondamentale dimensione utopica. Evoca il riferimento al perfetto ideale verso cui guardare senza perdere di vista il reale, con la sua incapacità di tenersi al livello del modello.

La reciprocità mira infatti a livelli di ottimizzazione del rapporto, verso la comunione, quando una persona perde l’opacità che la asconde per divenire capace di intuarsi.

Solo le persone possono raggiungere questi livelli di comunicazione senza perdere se stesse, ma anzi ritrovandosi a più alti livelli.

Nella reciprocità conta soprattutto la rispondenza di ciascuno all’altro, la significatività del dire e dell’agire per colei/colui a cui ci si rivolge, piuttosto che l’azione in sé o l’intenzionalità soggettiva di chi la compie. Non si bada solo allo sviluppo delle capacità della persona di uscire da sé (morale ancora individualistica), ma anche al riscontro con un atteggiamento simile nell’altro, che alimenti il rapporto, creando una realtà comune. Del resto aprirsi all’altro senza ottenerne risposta può costituire premessa di nichilismo, se la trascendenza dell’io va verso il vuoto, senza incontrare che il nulla. Intendere la relazionalità come reciprocità significa riconoscere che alla tensione dell’io verso il tu, corrisponde la reciproca, alla trascendenza dell’io la trascendenza dell’altro, al dono il ricambio.

Una relazione può risentire di un’educazione individualistica, in cui la formazione della persona è orientata all’affermazione di sé, al definirsi come individuo sia in ambito sociale che spirituale. La spiritualità della persona è confinata nella zona più nascosta dell’io. La dimensione dello spirito viene in qualche modo separata dal rapporto relazionale: per troppo tempo è stato come se l’aspetto relazionale riguardasse la zona più bassa della persona, mentre quella più alta restasse legata all’individuo, eroe solitario.

Per una spiritualità a due voci

L’ attenzione a conoscersi, amarsi, rendersi reciprocamente la vita più bella.

Un equivoco sulla reciprocità è che essa possa indicare la ricerca di una condizione assolutamente e perennemente riconciliata ed irenica. Sarebbe negare la reciprocità se si volesse ad ogni costo fuggire alla fatica che provoca quella sana dialettica io-tu che dà sapore alla vita di relazione. Nell’essere due è ineliminabile un agonismo, se non si vuole svilire la reciprocità, credendo ingenuamente di far vivere il rapporto in un limbo utopico, in un’identificazione tra i due che sarebbe la mistificazione di una perfetta e impersonale stasi. L’uomo e la donna contemporanei sono più d’un tempo aperti alla contraddizione e alla dialettica feconda. Eros non può essere disgiunto da Thanatos. L’elemento agonico non può essere sottovalutato nella relazione uomo donna.

Per i Greci Agon era il dramma, con lo scambio delle parti, che richiama appunto la possibilità per l’uomo e la donna di alternarsi nella scena e gareggiare rivelandosi e nascondendosi l’un l’altro, come nei giochi dei bambini. Il gioco può farsi drammatico, talvolta tragico, ma anche, altre volte, soave e fonte di gioia per entrambi.

Non si tratta tanto di eliminare o soffocare l’elemento conflittuale, polemos, ma piuttosto di orientarlo, dando senso umano al conflitto.

Si tratta di riconoscere il valore degli antagonismi, senza considerarli come inciampi, come indici di cattivo funzionamento da regolarizzare dolcemente (Con la persuasione) o brutalmente (Con la forza), per arrivare all’equilibrio. Nella linea di Eraclito per cui “tutto ciò che si oppone coopera”, anche l’unità tra un uomo e un donna si costruisce continuamente confrontando le differenze, non perseguendo un’idea, più o meno nobile, o difendendo un assoluto e una identità, ma nella flessibile disponibilità a confrontarsi e, al caso, a saper posporre il proprio progetto, la propria idea, per fare spazio all’altro. Nel concetto di reciprocità la relazione non è diadica perché l’uomo e la donna rimandano ad un Terzo che consente l’armonia della loro dualità-unità. L’uomo e la donna sono indefinibili l’uno rispetto all’altro proprio perché la loro radice è nell’Altro. Del quale portano a vita un’interiore nostalgia. Ogni rapporto interpersonale è connotato da una mancanza , “Penia”, e dunque da una domanda di ulteriorità che si esprime in una naturale ricerca di reciprocità.

Dalla reciprocità è ineliminabile lo sguardo alto, la buona utopia che fa da leva per lo sviluppo della realtà , nella misura in cui entrambi dichiarano la disponibilità a dare la vita l’uno per l’altro: ”Non c’è amore più grande che quello di chi dà la vita per coloro che ama.” Ciascuno si vincola liberamente al dono di sé distillato nel tempo si impegna a spendersi per l’altro e a sapersi ritirare se il dono non è gradito.

Il concetto di individualità

L’ Individualità rappresenta quella componente, che nella relazione dialettica con la soggettività, costituisce il soggetto. La critica di Adorno al pensiero identificante e la critica alla dialettica senza reciprocità .

Adorno vaglia criticamente tutte quelle concezioni che fondano la soggettività su una dialettica del sé e dell’altro da sé, nella quale la reciprocità tra i due viene limitata o soppressa. L’ approccio esistenziale di Heidegger, insieme alla preminenza dell’Altro, propria della riflessione di Emmanuel Lévinas, rappresentano due modelli di pensiero che hanno condotto all’ odierna concezione di individuo la cui individualità implica immediatamente la relazione senza reciprocità. Rispetto a entrambe queste visioni, l’idea adorniana di soggetto è espressione del tentativo di tutelare l’elemento della reciprocità. Concezione espressiva della individualità secondo Heidegger: L’ identità viene concepita come esibizione: l’identità del sé emerge da una distinzione dell’uno rispetto alla totalità l’identificazione soggettiva secondo Heidegger diventa un’esperienza eminentemente solitaria: La dialettica storico-sociale tra gli interagenti viene limitata, mentre perdono d’importanza le forme di reciprocità dell’interpretazione del singolo rispetto a una totalità generalizzata, costituita da altri individui e da norme mediante le quali gli altri individui si autointerpretano. L’individualità Heideggeriana dunque, emerge e si staglia rispetto all’altro da sé mediante la ricerca espressiva  di un’ autenticità originaria. L’ontologia heideggeriana risulta essere dunque alimentata dalla pretesa di attingere a un’origine incorrotta delle cose. Così facendo essa ricade nella sopravvalutazione dell’originario o nell’assolutizzazione dell’autenticità che fonda il soggetto. Il disvelamento espressivo di questo sfondo originario, unita alla sua appropriazione volontaristica, rappresenta la gestualità etica che contraddistingue l’individualità Heideggeriana. Emmanuel Lévinas:

La fenomenologia dell’unico

L’io viene auto-esperito come soggetto di godimento e di proprietà per liberarsi dall’anonimità, dall’atarassia (stato di indifferente serenità ed imperturbabilità di fronte alle vicende del mondo) e dall’infanzia mediante l’autopossedimento ovvero sperimentandosi come proprietà di sé stesso.

Originariamente (Adorno critica il concetto di originario ) il proprio del soggetto è esperito come proprietà e la prima parola dell’io non è io, ma mio e l’io è un effetto del mio.

Questa connotazione possessiva dell’io, viene messa in relazione con l’apparire di un Altro che mi viene incontro come istanza assoluta di alterità, che quindi mi si annuncia mediante la forma del Volto.

È necessario sottolineare la dimensione propriamente etica dell’apparire dell’Altro, il quale si rivela nella sua assoluta indisponibilità.

L’incontro con il volto è dunque sempre l’incontro con la buona violenza che mi si impone come imperativo etico di riconoscerlo nella sua alterità assoluta ed incondizionata. La prima reazione dell’io innanzi al Volto è dunque un atteggiamento di rispettosa e obbediente inattività, non a caso Emmanuel Lévinas rinvia spesso all’immagine di un io che è ostaggio dell’Altro. L’io è dunque eticamente assoggettato all’Altro.

Questa soggezione etica all’indisponibilità dell’Altro, rischia però di tradursi in una mera ratifica della natura dell’Altro, l’io si nega a priori la possibilità di approfondire la relazione con L’Altro escludendo così la possibilità di una compenetrazione esperienziale e critica tra l’io e l’Altro compromettendo la reciprocità della relazione.

Questo silenzio potrebbe inoltre legittimare delle particolari istanze, bisognose di trasformazione.

La fenomenologia Lévinassiana dell’individualità, rivela la sua carenza di reciprocità dialettica, non solo nella misura in cui propone indirettamente un annullamento etico dell’io rispetto all’assoluta alterità dell’Altro ma soprattutto perché non apre alla possibilità di istituire una relazione interpersonale nella quale, sia l’io che l’altro possano essere reciprocamente trasformati rispetto a ciò che essi erano prima dell’incontro stesso.

Il pensiero adorniano:

Si differenzia sia dal pensiero Heideggeriano che da quello Lévinassiana in quanto la definizione dell’identità non coincide con un processo finalizzato all’espressione dell’autenticità dell’io, né tantomeno con uno sbilanciamento etico in favore di un appello che mi viene rivolto dall’esterno.

Priorità: Permettere la ridefinizione del concetto.

Premessa: Rigenerabilità delle definizioni concettuali.

L’uomo come ordinatore

La razionalità risiede nella capacità di identificare e ordinare i concetti coinvolti nella riflessione. La definizione di concetti risponde alla necessità umana di mettere ordine nel molteplice mondo degli enti e degli eventi naturali e sociali. Chi mette ordine è colui che stabilisce le differenze, in ultima istanza, colui che, disponendo, crea.

Il pensiero identificante è un pensiero che pone l’identità, che definisce la stabilità di una idea, che garantisce confini e consistenza del concetto mediante l’esclusione di ciò che il concetto non è.

È hybris (sinonimo di ideale:http://www.treccani.it/vocabolario/hybris/) che ci sia identità, che la cosa in sé corrisponda al suo concetto. Ma il suo ideale non sarebbe semplicemente da gettare via: nel rimprovero che a cosa non è identica al concetto vive anche la brama che lo possa diventare, in tal senso la coscienza dell’identità contiene identità. Sostenere che l’identità non c’è ancora, non equivale a dire che è impossibile definirla concettualmente nella sua concretezza storica, ma che la cifra essenziale dell’ identità risiede nella sua processualità storica. L’identificazione  formale e concettuale, nel momento in cui circoscrive e delimita un oggetto deve anche creare le condizioni per cui diventi altro rispetto a ciò che è. Si potrebbe sostenere che la teoria Adorniana dell’identificazione sia tutt’uno con una teoria del Nuovo, ovvero con una teoria delle condizioni di possibilità dell’insorgere del Nuovo e del Non Ancora.  Nei processi costitutivi dell’individualità, l’istanza di ridefinizione si traduce nella negazione di tutte quelle pratiche di identificazione che, nello stabilire ciò che il soggetto è in un dato momento, pongono vincoli e limiti a ciò ce il soggetto potrà diventare.  Il Nuovo, ovvero il semplice mutamento di una situazione attuale è necessario ma non sufficiente:  Cosa altrettanto fondamentale è che la Novità diventi trasformazione, sia cioè anche argomentabile. Il Nuovo, per esser veramente tale deve poter essere valutato e considerato più giusto rispetto a ciò che lo ha preceduto.

La comprovabilità e la discutibilità argomentativa dei concetti

Il giudizio identificante non è mai limitato e limitabile all’azione esclusivamente individuale di un soggetto su di un altro. La dimensione intersoggettiva dell’identificazione è rinvenibile nelle osservazioni adorniane riguardanti la natura dialettica della identità.

Definizione di dialettica: http://www.treccani.it/enciclopedia/dialettica_%28Dizionario-di-filosofia%29/

Sinonimo di dialettica:

http://www.treccani.it/vocabolario/dialettica_%28Sinonimi-e-Contrari%29/

Una corretta teoria della identificazione soggettiva è concepibile solo come teoria della trasformazione pubblica dei concetti identificanti, ovvero come studio delle condizioni di possibilità della loro ridefinizione intersoggettiva.

“La conoscenza oggettiva del mondo esterno è conseguibile solo in maniera intersoggettiva, cioè da un numero di persone che si trovano fra loro in uno scambio reciproco di conoscenze” Edmund Husserl

E’ necessario ora specificare quale rapporto intercorre tra il concetto di identità e quello di dialettica:

La contraddizione dialettica è una qualità propria del pensiero identificante: il pensiero dialettico rappresenta il superamento o la messa in movimento del pensiero di identità. La contraddizione dialettica si esplica nell’incapacità del concetto di contenere nella sua totalità e plurivocità la magmatica e incoerente essenza della cosa.

“Le parole non rendono un buon servigio al significato segreto, tutto risulta sempre un po’ diverso quando lo si esprime a parole, un po’ falsato, un po’ folle, sì, e anche questo è assai bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ folle alle orecchie altrui.”

“Devo confessarti, mio caro, che non faccio una gran distinzione tra pensieri e parole. Per dirtela schietta, neanche i pensieri tengo in gran conto. Apprezzo più le cose. Le cose si possono amare. Ma le parole non le posso amare. Ecco perché le dottrine non contano nulla per me. Forse è questo ciò che ti impedisce di trovare la pace: le troppe parole.”

La continuità tra il pensiero identificante e quello dialettico sta, invece, nella struttura stessa del pensiero e della logica identificante. La dialettica è esclusivamente l’autocontraddizione dell’identità, la dimostrazione dell’ incapacità del pensiero identificante di tener fede a se stesso. Applicando queste considerazioni alla teoria della costituzione e della coscienza dell’individualità soggettiva, si approda ad una concezione del soggetto che potremmo chiamare dialettico – agonica. Con tale definizione intendo sostenere la visione di un soggetto i quale non si definisce o non si percepisce mai e esclusivamente come colui che pone l’identico, ma anche e soprattutto come colui che riconosce il non-identico in sé stesso. L’io si percepisce come altro dall’altro.

Sostenere una visione dialettico – agonica del soggetto equivale a dire che l’identità soggettiva non può esprimersi se non mediante un apparato categorico concettuale i cui termini si contraddicono inevitabilmente nel momento stesso in cui si pongono.

La dicotomia della parola

“Ho trovato un pensiero, il migliore di tutti i miei pensieri. Ed è questo: D’ogni verità anche il suo contrario è vero! In altri termini: una verità si lascia enunciare e tradurre in parole soltanto quando è unilaterale. E unilaterale è tutto ciò che può essere concepito in pensieri ed espresso in parole, tutto unilaterale, tutto dimidiato, tutto privo di totalità, di sfericità, di unità. Non si può far diversamente, non c’è altra via per chi vuol insegnare. Ma il mondo naturale in sé, ciò che esiste intorno a noi e in noi, non è mai unilaterale, è reciproco. Mai un uomo è interamente santo o interamente peccatore. Sembra così, perché noi siamo soggetti all’illusione che il tempo sia qualcosa di reale. Il tempo non è reale. E se il tempo non è reale, allora anche la discontinuità che sembra esservi tra il mondo e l’eternità, tra il dolore e la beatitudine, tra il male e il bene, è un’illusione.”

L’atto di identificazione non risponde mai esclusivamente a una logica di definizione o di determinazione di una identità, infatti se lo stesso pensiero identificante vuole continuare a sussistere, vuole perciò progredire nella sua opera di ordine e creazione, deve continuare a tener viva e aperta la possibilità che, le identità da lui poste, possano trasformarsi in qualcosa d’altro rispetto al modo con cui vengono espresse.

Se una determinata individualità soggettiva viene definita mediante un apparato categoriale che la racchiude, avvolgendola completamente, non solo verrà spogliata di tutte le contraddizioni interne e esterne alle implicazioni storico- sociali dell’individuo, ma lo stesso pensiero identificante, privandosi della possibilità che l’identico soggettivo possa trasformarsi e assumere nuove conformazioni storiche, priverà anche sé stesso della propria azione ri-definitrice.

La necessità di identificare è dunque tutt’uno con la necessità di trasformare. Tutelare e salvaguardare la possibilità di ridefinire i concetti è un’azione possibile solo in un contesto discorsivamente e intersoggettivamente allargato, che si apra all’argomentazione di tutti, non solo sulla correttezza espressiva dei significati, ma anche sulla comparabilità ed equivalenza tra il significato attribuito alla realtà da un singolo ed il significato conseguente allo scambio intersoggettivo di conoscenze della medesima realtà tra persone tenendo dunque aperta la ridefinibilità ti tali significati. La mancanza (spesso utilitaristica) di obiettività può divenire causa di pregiudizi, la mancanza (spesso utilitaristica) di criticità può divenire causa di consenso al pregiudizio. Tali mancanze costituiscono un limite alla definizione intersoggettiva di una identità; tale limite si può risolvere nella misura in cui le persone coinvolte nel reciproco scambio di idee sono aperte alla ri-definizione di tale identità. Trasponendo le precedenti osservazioni sul piano della teoria sociale , è necessario leggerle alla luce di quella trasformazione che ha portato a considerare l’individuo, persona. L’individuo è persona nel senso che non è più una forma astratta e indipendente della singolarità rispetto alla totalità sociale ma il soggetto di pratiche reciproche ed intersoggettive di identificazione.

Secondo il modello di teoria sociale di Adorno il pensiero dell’identità deve essere ricondotto a una teoria dell’uso dialettico e intersoggettivo delle categorie identificanti che tenga conto sia della relativa oggettivabilità dell’individuo, sia della possibilità di trasformazione e ridefinizione di esso. L’antropologia sociale adorniana guarda a una soggettività inevitabilmente sospesa tra un non più  e un non ancora. Ciò che conta non è tanto la permanenza e la continuità di un proprium antropologico soggettivo, ma la costitutiva sospensione antropologica tra una dimensione identitaria dell’io, che chiede di essere espressa e una tensione alla riconfigurazione e alla trasformazione soggettiva che deve essere messa nelle condizioni di svilupparsi. In quest’orizzonte la concezione di identità personale non può intendersi ponendo attenzione al permanere costante dell’individuo nel continuum storico, quanto al momento storico presente in cui il soggetto si rivela sempre costitutivamente premessa e promessa.

“Ascolta,caro, ascolta bene! Il peccatore non è in cammino per diventare un giorno una persona migliore. E ora vedi: Questo “un giorno” è illusione, è mero simbolo! Il peccatore non è coinvolto in un processo evolutivo, sebbene il nostro pensiero non sappia rappresentarsi le cose diversamente. No, nel peccatore è, già ora, oggi stesso, il futuro santo, il suo avvenire è già tutto presente, tu devi venerare in lui, in te, in ognuno il santo potenziale, il santo in divenire, il santo nascosto. Il mondo, caro, non è imperfetto, o impegnato in una lunga via verso la perfezione: no, è perfetto in ogni istante. La meditazione profonda consente la possibilità di abolire il tempo, di vedere in contemporaneità tutto ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà.”

Hermann Hesse

La sociologia contemporanea ha fatto propria l’esigenza di leggere e interpretare l’identità dando notevole rilievo all’inoggettivabilità della storia biografica del soggetto. In quest’ottica il soggetto è identificabile in base a processi di riconoscimento intersoggettivi.

La psicologia sociale di George Herbert Mead propone una visione nella quale la formazione dell’io si articola mediante i processi di selezione ed interiorizzazione dei modelli di conversazione e attraverso i linguaggi diversificati delle comunità di vita o dei gruppi di appartenenza.

In ambito sociologico Erving Goffman rappresenta l’autore maggiormente rappresentativo di quel mutamento che, dalla ricerca sull’ identità, ha condotto alle pratiche di identificazione. Erving Goffman assume che il Self non viene propriamente rinvenuto e creato dall’individuo, ma essenzialmente presupposto e assegnato all’individuo da parte della società in cui vive. Tale processo non deve essere comunque letto come una mera assegnazione dell’identità da parte di una fonte esterna all’individuo stesso. La costituzione del Self, deve necessariamente passare attraverso la progressiva assunzione dei ruoli sociali; l’identità dipende da questi ruoli ma non coincide mai pienamente con essi.

La dialettica dell’identità secondo  Erving Goffman si articola sempre tra due poli; da un lato l’assorbimento del singolo in un ruolo, ovvero la costituzione del soggetto in quanto agente sociale, dall’altro la distanza dal ruolo stesso (role distance), ovvero quella dinamica propria dell’ interazione che apre alla non-coincidenza dell’individuo con le aspettative normative dei ruoli molteplici da lui ricoperti.

La società complessa

Il modello di società complessa si concentra realisticamente, sui meccanismi di interazione sociale tramite i quali gli individui o i gruppi esercitano una reciproca influenza.

Il concetto di atomizzazione culturale e la carenza di reciprocità

Sinonimi di atomizzazione: nebulizzazione, polverizzazione, vaporizzazione.

Charles Margrave Taylor, il “disagio della modernità”

Charles Margrave Taylor riconosce come fondamentale valore raggiunto il riconoscimento della dignità dell’individuo e del suo libero arbitrio.

Il filosofo riconduce al concetto di “disagio della Modernità” l’insieme dei problemi tra loro connessi relativi alla società contemporanea (caratterizzata secondo Charles Margrave Taylor da un “liberalismo dell’indifferenza”):

Nichilismo, alienazione, atomizzazione, l’imporsi di un individualismo privatistico, il rapporto sbilanciato tra Self e collettività (Emmanuel Lévinas: La fenomenologia dell’unico).

Il liberalismo dell’indifferenza è inoltre caratterizzato da un radicale panlogismo che nega l’esistenza dell’irrazionale nella profonda natura umana.

Lettura dei capitoli:

Intuito (innsaei)

I valori del romanticismo possono forse ridimensionare il nichilismo caratterizzante il liberalismo dell’indifferenza.

Sitografia: https://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Taylor_(philosopher)

Nella teoria sociale adorniana l’atomizzazione culturale, in quanto aspetto della massificazione è legata principalmente alla progressiva frammentazione delle istituzioni socio-aggregative quali i gruppi e le classi.

La complessità delle organizzazioni sociali contemporanee è contrassegnata da un inevitabile processo di semplificazione e impoverimento; si sperimenta la crescente scomparsa di soggetti sociali capaci di fornire dimensioni di appartenenza ai propri membri o di avanzare efficaci richieste politiche in un contesto di pluralità.

L’atomizzazione sociale scaturisce dunque da un processo storico che sempre più configura le società complesse come macroaggregati di singoli individui, ovvero come strutture dominate da un dualismo di fondo; al loro interno coesistono, infatti, da un lato i singoli individui atomizzati, dall’altro la complessità anonima e generale della totalità sociale.

Emmanuel Lévinas: L’io è ostaggio dell’Altro.

L’io viene auto-esperito come soggetto di godimento e di proprietà per liberarsi dall’anonimità, dall’atarassia (stato di indifferente serenità ed imperturbabilità di fronte alle vicende del mondo) e dall’infanzia mediante l’autopossedimento ovvero sperimentandosi come proprietà di sé stesso.

Originariamente (Adorno critica il concetto di originario ) il proprio del soggetto è esperito come proprietà e la prima parola dell’io non è io, ma mio e l’io è un effetto del mio.

Questa connotazione possessiva dell’io, viene messa in relazione con l’apparire di un Altro che mi viene incontro come istanza assoluta di alterità, che quindi mi si annuncia mediante la forma del Volto.

È necessario sottolineare la dimensione propriamente etica dell’apparire dell’Altro, il quale si rivela nella sua assoluta indisponibilità. L’incontro con il volto è dunque sempre l’incontro con la buona violenza che mi si impone come imperativo etico di riconoscerlo nella sua alterità assoluta ed incondizionata. La prima reazione dell’io innanzi al Volto è dunque un atteggiamento di rispettosa e obbediente inattività, non a caso Emmanuel Lévinas rinvia spesso all’immagine di un io che è ostaggio dell’Altro. L’io è dunque eticamente assoggettato all’Altro.

Questa soggezione etica all’indisponibilità dell’Altro, rischia però di tradursi in una mera ratifica della natura dell’Altro, l’io si nega a priori la possibilità di approfondire la relazione con l’Altro escludendo così la possibilità di una compenetrazione esperienziale e critica tra l’io e l’Altro compromettendo la reciprocità della relazione e la relazione stessa. Questo silenzio potrebbe inoltre legittimare delle particolari istanze, bisognose di trasformazione.

La fenomenologia Lévinassiana dell’individualità, rivela la sua carenza di reciprocità dialettica, non solo nella misura in cui propone indirettamente un annullamento etico dell’io rispetto all’assoluta alterità dell’Altro ma soprattutto perché non apre alla possibilità di istituire una relazione interpersonale nella quale, sia l’io che l’altro possano essere reciprocamente trasformati rispetto a ciò che essi erano prima dell’incontro stesso.

Il quadro che sembrerebbe fare da sfondo al processo di atomizzazione proposto da Adorno, potrebbe essere sintetizzato nell’immagine eloquente della massa solitaria (einsame Masse). Mediante questa figura, la totalità sociale viene ricondotta alla mera aggregazione di esistenze monadiche e isolate.

L’agire da individuo alimenta l’atomizzazione sociale, un fenomeno che influenza il pensiero della persona che dunque agisce da individuo:

Adorno riconosce infatti che il processo di atomizzazione passa inevitabilmente e paradossalmente attraverso una radicalizzazione e diversificazione delle forme di interazione sociale.

Tre categorie sociali sensibili ai contesti contemporanei

Individui non asociali e non inclini ad una vita appartata, ritirata e separata: La loro solitudine non è identificabile con un oggettivo isolamento delle esistenze individuali, bensì con l’incapacità di restare soli. I soggetti sono immersi in una forma atomizzata di vita, proprio perché proiettati in una rete di comunicazioni, di contatti e di mobilità, che li riduce a funzioni amorfe e omologate di rapporti anonimi e talvolta distruttivi.

La solitudine di tale individuo si interpreta nella sua incapacità di sperimentare la propria solitudine come polo dialettico essenziale di una vita di relazione. Adorno infatti si sofferma sulla progressiva perdita della capacità di stare da soli, la quale non deve essere intesa come un rinserrarsi in uno spazio pre- o anti – sociale, ma come la possibilità di una dimensione dell’esistenza capace di azione critica nei confronti della funzionalizzazione, della strumentalizzazione e dell’omologazione dei rapporti sociali e interpersonali. La solitudine dell’individuo contemporaneo risiede nel rischio di pensare i processi sociali e di costituzione della soggettività, come momenti incentrati su una relazionalità non riflessiva e non reciproca.

L’aggregazione sociale, infatti, non è più ispirata da forme condivise di appartenenza, o dall’elaborazione di fini e pratiche comuni, essa è labilmente sostenuta dalla ben più effimera logica dalla creazione e dalla ricerca di contatti.

Il compito del soggetto: condurre una vita propria, autentica, originale.

Il singolo individuo è il fulcro della riproduzione sociale:

“È l’individualità a divenire l’unità riproduttiva del mondo della vita sociale.” Ulrich Beck

Dunque sia all’interno che all’esterno della famiglia gli individui diventano gli attori della loro esistenza. La stessa biografia diventa un progetto riflessivo.

(Adorno considera esclusivamente questa categoria di individuo come integralmente caratterizzante la massa solitaria.)

Il singolo individuo è artefice della riproduzione sociale se essa ne ha la volontà: Il contesto sociale contemporaneo ammette la possibilità che il singolo viva una vita appartata.

La solitudine di tale individuo si identifica con l’oggettivo isolamento che implica immediatamente l’assenza di relazionalità intersoggettiva reciproca (Nédoncelle : Non vi è reciprocità quando percepiamo qualcuno a sua insaputa, in questo caso non ci è dato di raggiungere il suo essere spirituale.)

La persona:

Il pensiero personalista – altruistico elude il baratro dell’ atomizzazione sociale

Costruendo un ponte tra il tu e l’io:

Persone dedite all’altruismo e al dono sono artefici di una relazionalità fruttuosa. Le persone sono consapevoli della unicità del singolo, dunque essi riconoscono il valore della critica nei confronti della funzionalizzazione, della strumentalizzazione e della omologazione dei rapporti interpersonali, dunque esse sperimentano la propria solitudine come polo dialettico essenziale di una vita di relazione e pensano i processi sociali e di costituzione della soggettività, come momenti incentrati su una relazionalità riflessiva e reciproca.

Uniformazione o livellamento della dimensione sociale e psichica

Le modalità sociali con cui gli individui si rapportano all’ambiente sono omologati ed uniformati. Gli individui secondo questa logica perderebbero la capacità di osservare, di comprendere e di elaborare le differenze di carattere sociale. Adorno sembra legare concettualmente l’idea di uniformazione delle coscienze individuali al concetto sociologico di conflitto, e al processo di formazione , percezione e espressione del dissenso (Il dissenso è ciò che di più versatile, multiforme e mutevole possa esserci nei processi di riproduzione sociale) riconoscendone le contemporanee assenze: L’omologazione e il livellamento delle coscienze è un impoverimento di tutti poiché, in ultima istanza coincide con la rimozione della possibilità dell’insorgenza di conflitti e dissensi. E’ infatti mediante la possibilità di espressione e attraverso la capacità di rielaborazione dei conflitti, che la complessità sociale ha la possibilità di rigenerarsi. Il fenomeno dell’omologazione induce a un assopimento delle capacità percettive e ricettive delle differenze da parte dei singoli che dunque implica insensibilità o fobia nei confronti delle differenze stesse, ciò determina tra l’altro la scomparsa della curiosità , soffio vitale delle relazioni interpersonali.

Le forme dell’insofferenza e del disaccordo sociale, sono intrinsecamente contrassegnate da un alto grado di volubilità. L’omologazione coincide dunque con l’anestetizzazione della capacità, collettiva o individuale, di identificare il conflitto.

L’integrazione non ha fatto scomparire l’antagonismo oggettivo. È stata solo neutralizzata la sua manifestazione nella lotta. Il conformismo mediante le funzioni omologanti dei sistemi di comunicazione di massa, instilla, nelle singole coscienze un assopimento narcotizzante nei confronti delle capacità umane del distinguere, del comparare e del dissentire.

La sociologia contemporanea ha inoltre fatto notare che vi sia una relazione tra il fenomeno dell’omologazione e la frammentazione e pluralizzazione delle possibilità della propria esistenza che causa la progressiva incapacità di percepire le contraddizioni, di vivere il conflitto e di formulare il dissenso.

In ogni caso, è bene considerare che “il principale obiettivo della teoria critica classica era la difesa dell’autonomia umana, della libertà di scelta e di autoaffermazione, strappare la libertà individuale alla morsa ferrea, liberare l’individuo dalla gabbia di ferro, di una società afflitta da appetiti totalitari, incline ufficialmente e concretamente a omogeneizzare e uniformare costituisce l’obiettivo ultimo dell’emancipazione (raggiunto in molti luoghi della contemporaneità) e la fine delle miserie umane.” Zygmunt Bauman

Il concetto di atomizzazione e il regime totalitario:

“L'atomizzazione sociale della società sovietica venne ottenuta con l'abile uso di ripetute epurazioni, che invariabilmente precedevano l'effettiva liquidazione di un gruppo. Per distruggere tutti i legami sociali e familiari, le epurazioni venivano condotte in modo da minacciare della stessa sorte l'accusato e tutta la sua cerchia, dai semplici conoscenti agli amici e ai parenti più stretti. La conseguenza dell'ingegnoso criterio della "colpa per associazione" era che, appena un uomo veniva accusato, i suoi vecchi amici si trasformavano di colpo nei suoi nemici più accaniti... In ultima analisi, fu con l'impiego radicale di questi metodi polizieschi che il regime staliniano riuscì a instaurare una società atomizzata quale non si era mai vista prima, e a creare intorno a ciascun individuo un'imponente solitudine quale neppure una catastrofe da sola avrebbe potuto causare.”

Hannah Arendt

L’atomizzazione è dunque imposta dall’esterno, dal totalitarismo stesso, la resistenza a tale Volontà non può avere implicazioni immediate sulla realtà: Il mutamento della realtà sociale è infatti mediata ed ostacolata dall’autorizzazione al cambiamento (spesso negata) di una Volontà esterna, non coincidente con la volontà dell’individuo.

“La teoria critica classica doveva servire all’obiettivo dell’emancipazione e non doveva guardare al di là della sua realizzazione.” Zygmunt Bauman

La teoria critica contemporanea si dedica dunque alla riflessione sul concetto di atomizzazione in un contesto sociale non totalitario:

L’atomizzazione viene dunque auto-imposta dall’individuo, dalla propria volontà che l’individuo stesso può immediatamente mettere in discussione e ri-definire.

“E’ l’individualità a divenire l’unità riproduttiva del mondo della vita sociale.”

Ulrich Beck

Il concetto di privatismo

Con il concetto di privatismo intendo quell’atteggiamento individuale, atto a considerare la dimensione interiore, personale e solitaria della soggettività come luogo autonomo di riflessione.

Una gestione privatistica della soggettività prevede che lo spazio privato sia percepito come oggettivamente distinto e scisso dallo spazio sociale della gestione comune e pubblica delle questioni riguardanti gli individui.

La distinzione tra una visione della privatezza individuale come interiorità e un’accezione della privatezza in quanto intimità. L’ interiorità richiama un ambito di originalità e autenticità individuali, l’intimità è invece un concetto intrinsecamente relazionale e doppiamente connotabile, in quanto capace di esprimere, allo stesso tempo, intimità di e con sé stessi ed intimità di e con un altro. L’intimità, a differenza dell’ interiorità, non è mai escludente, non traccia cioè alcuna cesura tra una sfera privata dei sentimenti ed il senso comune. Adorno critica serratamente quell’atteggiamento privatistico inteso come dominio e supremazia dell’interiorità ed accoglie la dimensione intima del sentire e del vivere umano. La parte più profonda e personale di un individuo, non è mai rappresentabile nei termini di un’immediatezza nei confronti di sé stessi, bensì come quel luogo personale della riflessione e dell’accoglienza dell’estraneità di sé stessi in relazione all’estraneità degli altri verso sé stessi. L’accezione di intimità aperta e ospitale si comunica nella cordialità di un gesto composto e accogliente. Una privatezza ispirata da una visione della soggettività come intimità, ispirerà, a sua volta una dimensione relazionale capace di far mergere le differenze tra gli interlocutori, essa mirerà ad un approccio non immediato. Di contro, la fisionomia privatistica di una soggettività focalizzata sull’interiorità, tenderà a instaurare rapporti e relazioni dirette, apparentemente immediate e franche, ma in realtà facilmente riconducibili a fortuiti e superficiali contatti.

Le possibili implicazioni dell’ atomizzazione sociale

Carenza di reciprocità :

Nella reciprocità conta soprattutto la rispondenza di ciascuno all’altro, la significatività del dire e dell’agire per colei/colui a cui ci si rivolge, piuttosto che l’azione in sé o l’intenzionalità soggettiva di chi la compie. Non si bada solo allo sviluppo delle capacità della persona di uscire da sé (morale ancora individualistica), ma anche al riscontro con un atteggiamento simile nell’altro, che alimenti il rapporto, creando una realtà comune. Del resto aprirsi all’altro senza ottenerne risposta può costituire premessa di nichilismo, se la trascendenza dell’io va verso il vuoto, senza incontrare che il nulla. Intendere la relazionalità come reciprocità significa riconoscere che alla tensione dell’io verso il tu, corrisponde la reciproca, alla trascendenza dell’io la trascendenza dell’altro, al dono il ricambio.

Carenza di conflitto e paralisi della creatività :

Una vita di relazioni senza conflitti è un’utopia pericolosa, legata al sogno di un falso pacifismo di apparenza. Sarebbe come chiudere gli occhi sull’alterità dell’altro, o peggio volerla eliminare perché spaventa e disturba.

Un rapporto costantemente e irenicamente riconciliato farebbe pensare all’incapacità di confrontarsi e spendersi con l’altro, ad un’adesione acritica e infantile di una parte all’altra, ad una paralisi della creatività .

E’ anche vero però che si può fare molto per evitare i conflitti, imparando a gestirli, a decifrare il linguaggio dell’altro, a non urtare contro ostacoli evitabili. (Sul tema si veda: J.E.C. Poujol, I Conflitti. Origini, Evoluzioni, Superamenti, GBU, Roma 1998)

Paralisi della curiosità.

Resa all’Incomunicabilità.

Fatuità di una autogratificazione narcisista.

Carenza di empatia, congioire, unipatia:

Rinuncia ad affrontare la realtà: caso Hikikomori

Persona e natura  , Nédoncelle

“Chi sono io?”, per Nédoncelle, non è questione concernente solo l’uomo, ma anche la natura.

“Cosa intendiamo dire quando parliamo di natura? Il sodalizio tra natura e persona è enigmatico, ma indissolubile ”

Finché non abbiamo posto la nostra impronta sulle cose, queste ultime ci restano estranee. Un abisso incolmabile permane, se non assimiliamo le qualità della natura e vi esprimiamo una intenzione soggettiva.

L ‘ altruismo dell’  agire umano

 

Ciò che abbiamo rilevato in merito alla nozione nédoncelliana di persona: Si è appreso che la persona si avvera e, quindi si precisa, rispondendo ad una vocazione universale: quella di dirigersi verso il mondo fisico e di aprirsi alle altre persone. La natura dell’uomo è essenzialmente relazionale. Nessun atto umano costituisce eccezione a questa legge, tantomeno l’atto conoscitivo; anche la conoscenza è altruista: essa è necessariamente aperta all’altro. In una simile prospettiva il pensiero è tendenza a comprendere sia il proprio essere sia quello degli altri enti e tendenza a farsi comprendere. Inizialmente, il pensiero è provocato dalle immagini che esso si forma delle cose esteriori; successivamente, la persona avverte il naturale stimolo di trasmettere il proprio pensiero ad altri. Il soddisfacimento di questo bisogno implica una traduzione del pensiero fatto di immagini in un pensiero espresso in parole.

Qui si colloca il processo di simbolizzazione, il quale prevede il passaggio da un iniziale momento interiore, contraddistinto da una associazione di immagini e di idee generali, ad una conseguente proiezione all’esterno. Il linguaggio simbolico manifesta la vocazione all’universalità insita in ogni relazione interpersonale.

In un siffatto dinamismo, Nédoncelle pone come condizione imprescindibile la reciprocità, vale a dire una offerta ed una ricezione vicendevole tra i due soggetti: L’atto per il tramite del quale si conosce una persona è di tipo intuitivo

Esso esula dalla conoscenza sensibile ed esteriore, volgendosi a cogliere la struttura globale ed originale della persona. “L’intuizione, non la riflessione è la logica segreta della percezione. ”

“Quando un incontro ha luogo, la luce che si spande sull’altro, al tempo stesso illumina anche noi. La percezione dell’altro è sempre, nella sua radice coscienza di sé e coscienza dell’altro. Essa fa pensare ad una strada che ne incrocia un’altra. Se non si accetta questa bipolarità dell’intuizione è impossibile pensare il cogito medesimo e, quindi, è impossibile giustificare il rapporto dei soggetti. Resta inteso che si tratta dell’intuizione di un io e di un tu, i quali sono ancora incompiuti e sconosciuti: essi sono semplicemente riconosciuti come un modo irriducibile di essere chiamati a compiersi e a completarsi.”

Il minimum di reciprocità: “Essa tende verso un dialogo, tende a vivificarlo e ad espanderlo, tende verso una relazione intersoggettiva in cui ogni coscienza restituisce al compagno il dono che ha ricevuto, dopo avervi lasciato il proprio segno” “Ogni percezione dell’altro implica un minimum di reciprocità; ogni reciprocità è inizialmente ed essenzialmente legata all’amore ; ogni amore personale è sentimento, conoscenza e volontà di promozione ; infine ogni volontà di promozione trascina una continuità del mondo degli spiriti e anche un’identità eterogenea dell’io e del tu, poiché l’io e il tu si confondono nell’atto amante. Il problema della percezione dell’altro, quindi, si chiarisce soltanto alla luce di una metafisica dell’amore, la sola capace di rendere intellegibile la relazione dell’uno e del multiplo. ”

“L’universo personale non è altrettanto il luogo privilegiato, in cui lo spirito attende che un altro spirito lo desti e lo doni a sé stesso?” Lefèvre

Il metodo della filosofia nédoncelliana riconosce alla coscienza umana la condizione naturale di un dato-donatore : “Non sussiste antinomia fra l’adesione all’essere e l’invenzione ‘dell’essere nell’amore.” Pertanto possiamo affermare che nella percezione della persona è necessariamente presente una attitudine a volersi donare. Allorché una persona accetta di aprire il suo essere dinanzi al mio desiderio di lei, acconsente ad essere voluta da me, ma vuole anche percepire il mio essere personale. (Reciprocità)

La percezione della persona, nel pensiero di Nédoncelle, si configura come la prima tappa della relazione dell’io e del tu. Di conseguenza, l’atto percettivo possiede già tutti i tratti di un amore interpersonale.

La reciprocità è assente nella percezione di una cosa, poiché quest’ultima non ha coscienza. È inconsapevole di essere percepita. Analogamente non vi è reciprocità quando percepiamo qualcuno a sua insaputa, in questo caso non ci è dato di raggiungere il suo essere spirituale.

conclusione della tesi seconda

La natura dell’uomo è essenzialmente incline alla relazionalità reciproca e donatrice,

L’ atomizzazione sociale esclude la reciprocità e il dono; dunque l’atomizzazione sociale è, secondo logica, un fenomeno contro la natura umana.

La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera.

Fëdor Dostoevskij

La compassione è intelligenza etica, capacità di fare collegamenti e conseguente desiderio di agire per alleviare la sofferenza altrui.

Will Tuttle

Un nuovo paradigma

considerazioni etiche e pedagogiche conclusive

Il principio dialogico, permette di vedere la dualità nell’unità, unisce principi che si contrappongono o si integrano: La saggezza, che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali).

“La saggezza è motrice e guida nell’insegnare l’arte di vivere”

Edgar Morin

Il principio ricorsivo, secondo il quale il feedback rompe l’idea di linearità e introduce a causalità circolare, per cui le cause producono effetti e gli effetti sono ause di altri effetti: La relazione causa – effetto, che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali) .

“Noi che siamo stati allevati nella mitologia dell’Antico Testamento, potremmo dire che l’idillio è un’immagine rimasta in noi come ricordo del Paradiso: la vita nel Paradiso non somigliava a una corsa in linea retta che ci conduce verso l’ignoto, non era un’avventura. Essa si muoveva in circolo tra cose conosciute. La sua monotonia non era noia ma felicità.

In Paradiso l’uomo non era ancora scagliato sulla traiettoria dell’uomo. Noi, è già molto che vi siamo stati scagliati e voliamo nel vuoto del tempo che si compie in linea retta. Ma esiste sempre in noi una cordicella sottile che ci lega al lontano e nebuloso Paradiso.

La nostalgia del Paradiso è il desiderio dell’uomo di non esser uomo.

In questa frase è contenuta tutta la condanna dell’uomo: Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è il desiderio di ripetizione . “

l ‘ insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

“Generazione che va, generazione che viene e la terra nel suo ciclo rimane. E sorge il sole e il sole tramonta, anelando al suo luogo dov' egli risorge. Soffia a mezzogiorno poi gira a tramontana e volgendo, volgendo il vento se ne va e sopra le sue spire ritorna il vento. Tutti i fiumi se ne vanno al mare e il mare non si piena: la donde scorrono i fiumi, là essi ritornano a scorrere.” Ecclesiaste, I, 4-7

La quotidianità; forse talvolta si giudica monotona e soffocante, un alienante ripetersi di eventi; amo stimarla per ciò che talvolta dona: L'incontro con la persona. L' opportunità di agire per le felicità in ciascuna situazione in cui si incontrano persone sconosciute o persone conosciute. Nell'istante in cui verranno a noi donate possibilità, se si sarà passivi, non si attribuirà ad esse il valore che meritano; Se si commette un errore, si diventa consapevoli di tale fatto ma con il passare del tempo si dimentica; accade così che si ripetono  continuamente gli stessi errori  e le possibilità donateci inesorabilmente decresceranno.

Pëtr Kropotkin scrisse: "Con che diritto, potremmo chiedere di essere trattati in un certo modo, qualora ci riservassimo di trattare gli altri diversamente?"

Il principio ologrammatico, secondo il quale il tutto è iscritto nella parte e la parte nel tutto, superando così la visione riduzionistica, che vede solo le parti e la visione olistica che vede solo il tutto: La relazione di familiarità , che è una delle interazioni fondamentali (nodi concettuali fondamentali).

Queste considerazioni sono alla base di un nuovo paradigma, di un metodo pedagogico che può essere modificato in itinere, per scegliere la soluzione migliore possibile di un’epistemologia della complessità e dell’ intuitività .

Affinché l’homo accetti di essere l’artefice del cambiamento del proprio futuro, c’è bisogno di una riforma educativa per ogni grado di istruzione: primario, secondario ed universitario.

Insegnare la comprensione: il pensiero intuitivo

“Il mio lavoro riguarda la risoluzione dei conflitti, la negoziazione. C’è un modo diverso di relazionarsi con la gente che si basa sull’intuito, sull’emozione e sulla razionalità, piuttosto che vedere il mondo come un mondo politico in cui il potere è l'unica cosa che conta. Il potere escluso da emozioni e esseri umani. Cosa insegniamo ai nostri figli? La matematica, certamente importante, il linguaggio, certamente importante, ma alla fine, il nostro è un mondo funzionale, dobbiamo agire nel mondo, dobbiamo interagire nel mondo. Ciò richiede una serie di abilità di comprensione di ciò che provano le altre persone, restando consapevoli di ciò che proviamo. Ecco la parte intuitiva e comunque ritengo che debba esserci spazio per questo nei programmi scolastici per gli studenti.”

Daniel Shapiro, Dir. Harvard International Negotiation Program

“La cultura scompare nell’abbondanza della sovrapproduzione, nella valanga dei segni, nella follia della quantità.”

l ‘ insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

“C’era però qualcosa che univa il banchiere e il povero: l’odio per la bellezza.

“Che cos’è la bellezza?”

Parole sempre uguali ritornavano come un pellegrino che non riesce a staccare gli occhi da un paesaggio o come un uomo che non sa dire addio alla vita.

Frammenti di Parole preziose compongono la bellezza, parole sempre uguali, ritornavano, ma nessuno le ha mai ascoltate e nessuno le ascolterà, per questa sordità la bellezza non è che l’infinita vanità di parole preziose, la vanità della cultura, la vanità dell’arte.

La bellezza è un mondo tradito. La possiamo incontrare solo quando i persecutori l’hanno dimenticata per errore da qualche parte. La bellezza è nascosta dietro i fondali della parata del primo maggio. Se la vogliamo trovare dobbiamo strappare la tela dal fondale.”

L ‘ insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera

La responsabilità d’essere d’esempio non grava esclusivamente sul docente di un istituto scolastico bensì su ciascun uomo e ciascuna donna: "L'esempio non è la cosa che influisce di più sugli altri: è l'unica cosa."

                                                                                                                        Albert Scweitzer

“Quale pianeta lasceremo ai nostri figli?”

H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per una civiltà tecnologica, tr. It. Einaudi, Torino, 1997 in Edgar Morin, La testa ben fatta. Op. cit. p. 9

“Mi chiedo come facciano i bambini a plasmarsi con la cultura che li circonda. In che tipo di oceano di informazioni e di stimoli si immergono i bambini? C’è un lato oscuro di tutta questa interconnessione della contemporanea società mediale. Invece di avvicinarci, potrebbe avere l’effetto opposto, facendoci disconnettere maggiormente da noi stessi, dagli altri e dal mondo intorno a noi.”

Hrund Gunnsteinsdottir

“L’esercizio del pensiero può offrire l’opportunità di arrivare a percepire se stessi come soggetti liberi di vedere nella saggezza, nella riflessione e nell’introspezione, gli strumenti per raggiungere l’autonomia e la libertà della mente che rende possibile percorsi di comprensione. Itinerari di comprensione, dunque, sia intellettuale, sia umana, costantemente minacciati dal frastuono che spesso investe la comunicazione e dall'incessante bisogno individuale di “essere riconosciuti”. L'autentica comprensione umana permetterebbe di riconoscere l’altro al contempo simile a me, per la condivisione della medesima umanità, e altro da me riconosciuto nel suo essere unico al mondo, irripetibile nella storia. “Soltanto quando prenderemo coscienza del nostro valore di esseri umani unici potremo allora incominciare a sviluppare un senso di dignità umana e di rispetto per il nostro posto nella vita. Sono così poche le persone che trasmettono questo messaggio. Sempre più spesso veniamo disumanizzati e costretti a sentirci in colpa per le nostre differenze. Siamo sempre più convinti che ci manca la capacità di affrontare la vita. Sono pochi coloro che ci incoraggiano a provare, a rischiare. Troppo raramente ci viene detto quanto siamo speciali o stimolati a confrontarci con il prodigio del nostro io nascosto."                                                                  

E permetterebbe altresì di: “conferendo al prossimo dignità umana; combattere, il male morale più crudele, il più atroce che un essere umano possa fare ad un altro essere umano: l’umiliazione;  E. Morin

“L’incomprensione onnipresente, genera i malintesi, scatena i disprezzi e gli odi, suscita le violenze e accompagna sempre le guerre”

Edgar Morin

“Il tema della musicale che costituiva la vita. Quel tema ritornava in continuazione, e ogni volta con un significato diverso; tutti quei significati scorrevano attraverso il simbolo come l’acqua nel letto di un fiume. Potrei chiamarlo il letto del fiume di Eraclito: “Non si può entrare due volte nello stesso fiume!”. Il simbolo era il letto nel quale si vede scorrere ogni volta un altro fiume, un altro fiume semantico: lo stesso oggetto, la stessa parola risvegliava ogni volta un nuovo significato, ma insieme a quel significato risuonavano (come un’eco, come un corteo di echi) tutti i significati trascorsi. Ogni nuova esperienza risuonava di un’armonia sempre più ricca. Ora, forse, possiamo capire meglio l’abisso che due persone separa: Capivano perfettamente il significato logico delle parole che si dicevano, ma non sentivano il mormorio del fiume semantico che scorreva in quelle parole. Fintanto che le persone sono giovani e la composizione musicale della loro vita è ancora alle prime battute, essi possono scriverla in comune e scambiarsi i temi, ma quando si incontrano in età più matura, la loro composizione musicale è più o meno completa, e ogni parola, ogni oggetto, significano qualcosa di diverso nella composizione di ciascuno: la dissonanza delle parole e dei gesti fraintesi.”

Milan Kundera. l’insostenibile leggerezza dell’essere”

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Mariangela Scarpini

“Vivere è il mestiere che voglio insegnargli.” Jean-Jacques Rousseau

“A quali figli lasceremo il mondo?”

J. Semprun, L’abisso si ripopola, tr. It. Edizioni Colibrì, Paderno Dugnano (MI) 1999 in Edgar Morin, La testa ben fatta. Op. cit. p. 9

“Immaginate per un momento che siamo stati creati con due ritmi. Uno inspira, l’altro espira. Uno riflette, l’altro reagisce. Uno sente, l’altro calcola. Dopo essere stata esposta a tutta questa saggezza e conoscenza, ho capito che mancava un collegamento tra il mio mondo interiore e il mondo intorno a me. Ho scoperto che il collegamento mancante aveva radici nell’antica lingua islandese, nella parola che significa intuito, ossia “InnSaei”. In Islandese InnSaei ha molti significati. InnSaei significa ‘nel mare’. Significa ‘vedere dentro’. E significa anche ‘vedere dall’interno all’esterno’. Il mare è la natura senza confini del nostro mondo interiore. Si muove costantemente. Va oltre le parole. È un mondo di visione. Sentimenti. E immaginazione. Il mare interiore non si può mettere dentro una scatola o cessa di fluire. Vedere all’interno significa conoscere se stessi. Conoscere se stessi abbastanza bene per essere in grado di mettersi nei panni delle altre persone e tirar fuori il meglio di sé.

Infine InnSaei significa vedere il mondo dall’interno all’esterno. Pertanto, significa avere una bussola interiore forte, in modo da navigare a modo proprio nel nostro mondo in costante evoluzione.”

Hrund Gunnsteinsdottir

C H I E D I T I   C O S A   P U O I   F A R E

 

Bibliografia:

 

 

Maria Cipro, 2015, Edgar Morin Il Prometeo del XX secolo, in: Presentazione, Roma, Aracne editrice

E. Morin, “Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l'educazione”, Raffaello Cortina, Milano, 2015

Monica Amadini, Ontologia della reciprocità e riflessione pedagogica. Saggio sulla filosofia dell’amore di Maurice Nédoncelle, Vita e Pensiero, 2001

Angelo Scola,La reciprocità uomo-donna. Via di spiritualità coniugale e familiare, Città Nuova, Roma 2001.

Hermann Hesse, Siddhartha, Adelphi.

Vincenzo Rosito, Espressione e normatività: soggettività e intersoggettività in Theodor W. Adorno, Mimesis filosofie.

Filmografia:

Innsaei, Hrund Gunnsteinsdottir, Kristín Ólafsdóttir, Germany, 30 June 2016

Sitografia:

https://www.youtube.com/watch?v=QuC52IoTczY

https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_della_complessità

https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_complesso

http://math.unife.it/ssis/allegati/indicazioni-programmi/pascali/SSIS.Memoria.pdf

http://www.treccani.it/vocabolario/hybris/

http://www.treccani.it/enciclopedia/dialettica_%28Dizionario-di-filosofia%29/

http://www.treccani.it/vocabolario/dialettica_%28Sinonimi-e-Contrari%29/

Filmografia

InnSæi – the Power of Intuition, Hrund Gunnsteinsdottir and Kristín Ólafsdóttir, 2016