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mercoledì 10 gennaio 2018

liriche Lina Arianna Jenna - colourfulshare



liriche
Lina Arianna Jenna



frammenti


I

parole stampate

Le mie parole stampate
sopra la carta bianca
piccoli segni neri
con sotto il mio nome più in grande
così come il nome e le date dei morti
sulle lapidi dei cimiteri.
Le parole che avrei mormorate
dopo un silenzio d'amore
e sarebbero passate
dal mio cuore nel tuo cuore
dolci come i nomi delle fate.
Punteggiate dai tuoi baci,
soffocate dai singhiozzi,
prolungate dallo sguardo
come la nota del piano-forte
entro l'eco del pedale.
Che t'avrebbero donato
tutto il bene e tutto il male
s'io ti avessi amato...
Le mie parole stampate.
Sopra la carta bianca
piccoli segni neri
con sotto il mio nome più in grande
così come i nomi e le date
dei morti
sulle lapidi dei cimiteri.


nell'atelier d'una sarta torinese

Prova e riprova: ecco la mia figura!
Sono una cosa lieve,
perduta in un turbine di seta oscura,
in una spuma di merletti.
Ecco, sono una serpe di giri ristretti
che ascendono a spirale.
Ora sono la dama
di un settecento un poco
beffardo e come un gioco
di minuetto ineguale.
Ora sono severa,
grave, sacerdotale,
come un'immagine a lutto:
tutta una cosa nera:
se la guardo, mi fa male!

Sono una cosa piccina
leggiera,
perduta nel flutto azzurrino che sale
sino a lambirmi le orecchie.
Prova e riprova!
Sono la cosa sempre nuova.
Verità! Lo specchio mi dice
che ogni veste mi si addice:
o bruna, o bianca, o roggia
ogni foggia è una rima
diversa che si bacia
con qualche cosa di me
che non avevo prima.
Ma la mia veste non c'è.
Orgoglio!
La veste
perchè io sia, come voglio,
per chi mi ama!
Non so come si chiama il suo modo...
La veste mia!
Orgoglio! E forse non sono
che un mannequin elegante
cui adornano tutte quante
le fogge bizzarre, diverse.

Disperse,
forse, ho mille anime in cuore,
e... non si trova un colore
– o di tenebre o di scintille –
che le sposi tutte mille.
Ah questo mondo triste
dove quello che è più certo,
nostro Spirito e nostro Corpo,
non esiste
che per essere mentito
da un pensiero, da un vestito,
come s'usa; e ad ogni costo!
Gonna corta. Leggiadretta. Pare
fatta per danzare.
E un corpino che ci serra;
e un collare alla De Medici:
moda dell'anno di guerra
millenovecentosedici..


stelle

E un giorno morirò senza sapere
se le stelle hanno i mari ed i giardini,
i vecchi, i giovani, i bambini:
granellini di sabbia delle nostre esistenze
per la clepsidra dell'Eternità.
E sarà come s'io non fossi nata
con le mie folli lagrime e il mio cuore.


s’io fossi nata…

S'io fossi nata
in una piccola isola abbandonata,
laggiù,
in mezzo ai selvaggi,
e non mi avessero insegnato nulla,
sarei stata una piccola fanciulla
dai capelli incolti:
Avrei veduto il sole
spuntare, levarsi, sparire,
e la luna come una divinità.
Nella notte paurosa
le avrei inalzata la mia preghiera,
cantando, davanti al suo fantasma bianco.
Finché una sera,
lungi dalla capanna di bambù,
mi avresti incontrata – Tu! –
in un tramonto, in mezzo alla prateria selvaggia,
e mi avresti protetta dalle fiere.
Senza chiedermi che cosa è l'amore
mi sarei lasciata cogliere da te, come un fiore,
senza dimandare perché.
E poi avrei
cantata la ninna nanna
al mio bambino:
«Boccio di rosa, fiore di gelsomino...»
pregando la Luna e le Stelle
di proteggerlo dalle fiere – insieme a te.
Sarei stata il tuo dolce dattero d'oro
senza dimandare perché.
Ma sono nata
in una culla di noce intagliato
foderata di raso turchino.
E più tardi mi hanno insegnato
che il paradiso terrestre era un giardino
dove Eva incontrò il serpente.
E mi hanno insegnato che cosa è il sole
e come gli uomini uccidano più delle fiere;
e mi hanno insegnato che furono costruite le siepi
per poterle varcare;
la teoria delle cose proibite
che fa la legge inesorabile;
e la complicazione dell'abile tradimento...
Così che quando ti ho incontrato,
nel salotto più raffinato,
non fu come sarebbe stato
fuori dalla capanna di bambù,
nel tramonto sulla prateria selvaggia,
ove mi avresti protetta dalle fiere.
Ci siamo incontrati «io» e «tu»,
e nulla più:
forse hai tentato un complimento
che molti hanno detto senza sentire:
io ne avrò riso, senza ardire
di piangere un segreto tormento;
perché mi insegnarono troppe cose
che vorrei dimenticare.
Non sapere più nulla di ciò che m'hanno detto;
guardare il cielo con lo stupore
dell'occhio ingenuo d'un bambinetto;
scrutare l'infinità azzurrina
che nessuno misurò con parole!
E che importa a me di sapere
che la terra girevole
s'affanni intorno al sole?


il palcoscenico
frammento

L'anima diverrà un groviglio
di finzioni di vita
in cui perderò il cuore
– come un fiore – per la via.
Tutta l'anima mia vaporerà – come un grano
d'incenso .


una piega

Trovare qualcuno che mi ami
come sono. Come sono:
Ogni modo dell'anima mia
non ha la sua bellezza?
E non per un'esile piega fittizia
che è alla superficie del mio spirito
più vana di quella che s'inizia
al collare
che borda la mia veste di parata.
La vacua piega inamidata
che basta un'ora di pioggia a sfaldare
così come basta alla piega del cuore
quest'ora di grigia tristezza.


nell’ arena

L'ultimo rudere in alto
non pare lavoro umano
ma scoglio di roccia viva
proteso nel mare del cielo.
Tenendoci per mano
saliamo, di corsa, la scala – argenteo, bruna –
quasi a pescarvi, con rete di sogno,
le stelle e la luna...


la prima volta

La prima volta
che ò sognato di baciarti – Amore –
sapevo che Romeo
era salito a Giulietta
sopra la scala di seta... («Avvinti, tremanti»)
gli «amanti» vuol dire anche questo;
Ma non sapevo che i baci
vi sono donne che li vendono...
E tu ne avevi già comprati tanti!
Ché «amanti» vuol dire anche questo.


lagrime

Lagrime, sapor di salsedine
sopra le labbra taciturne...
Io penso che il mare sia il grande
l'infinito pianto d'Iddio
che la Terra raccolse nelle sue Urne.

rappresentazioni continuate

Nel crepuscolo mattutino
la città pare di fiaba.
Le rondini ànno acuti flautati di violino
e la contrada è una scena
sulla quale il sipario s'è alzato appena
(sipario di tenebre e velluti blù,
oscuro cobalto,
con qualche punto d'oro trapunto sull'alto).
Passa una pattuglia: – passi in cadenza –,
un uomo soletto rasenta il muro
che il gran riflettore illumina sempre più:
Per te non è che un personaggio secondario
che non prende parte diretta all'azione
– comparsa senza nome nella lunga lista –
di questa farsa di riso o dramma di passione
di cui ognuno si crede protagonista.
A sera
(imprecazione o preghiera)
scende il sipario di velluto blù.
Qualche vecchio attore in meno...
qualche nuovo attore in più...


se

«Se!» la piccola parola
che assieme al «ma» vuol combattere la negazione
che grida, ostinatamente, il suo «no».
Anima mia... allora!
Osi tu pensare solamente a questa gioia?
«Se» tu osi,
la tua speranza grida: certamente!
E tu credi con fede alla speranza!
Anche quando la chiami: bugiarda:
anche quando la chiudi
fuori dal tuo castello e – trepidando –
senti che batte (nocche di smeraldo)
nella notte che è fuori del tuo nido?
e della notte non hai più paura
Perché...
«se»...

II

la coppa d’oro

C'è una canzone del tempo di già
che parla d'amore e di rose:
«In coppa d'oro liquore ci sta
che mai niun veleno corrose».
Caddero i merli del tempo di già
e morte son vergini e spose:
«L'acqua del fiume si volge alla foce».
Dormon nell'arche le antiche beltà;
nell'arche le braccia hanno in croce.
Solo l'intatta armonia sempre sta
né il veleno del tempo corrose
quella canzone del tempo di già
che parla d'amore e di rose...


il salice

In riva al mare
un salice piange.
All'onda che si frange egli dice:
«Perché non mi posso spezzare?
Tre volte la tempesta
sconvolse la pendice;
piegai solamente
tre volte; e tu ti frangi,
una sola volta tu soffri;
io mille volte risorgo dal male!
E queste mie chiome,
che sanno gli strazî del vento,
ti direbbero come
sia grande il mio tormento
e infinito il mio pianto,
come il pianto del mare:
poiché non c'è dolore
che mi possa spezzare!»



i sei viandanti

Erano tre figure in riva al mare:
La Monaca – la Donna – la Sirena:
Una buia tonaca, un bianco mantello nel vento,
l'argenteo corruscare delle squame d'argento.
Nel silenzio tre passi in riva al mare.
Passò un Satiro, – un Frate, – un Cavaliere:
battere di zampe caprine,
strisciare di sandali lento,
il lieto risonare degli speroni d'argento.
Non s'avvide la Monaca dei tre;
la Sirena sorrise a tutti e tre...
la Donna il Cavaliere guardò
in fondo agli occhi disperatamente.
Il Frate non s'avvide delle tre;
il Satiro sorrise a tutte tre;
il Cavaliere la Donna guardò
in fondo agli occhi disperatamente!


annunciazione

Mandorli in fiore.
Violette, d'un dolce profumo, d'un dolce colore,
come certi «allegri» di sonate in minore
che ci strazierebbero il cuore
in chiave di sol.
Passa una nuvola bianca nel cielo,
passa un'ombra sul velluto del prato:
– l'ombra azzurra di tutte le cose chiare –
L'ombra delle ali bianche dell'Angelo
recante l'Annunzio a Maria.
E l'ombra dell'Angelo in volo
disegna sul prato una Croce.

III


nostalgia

«Bianca la Luna sorgeva alla sera
dietro una grande Cattedrale nera».
Ero malata di nostalgia
in un lontano paese straniero...
Volli tornare a casa mia.
La vecchia servente mi venne ad aprire,
il mio cane si abbatté su di me come un'onda.
Mio padre mi baciò sulla fronte.
Mia madre mi strinse al suo cuore.
Ma non mi parve d'esser tornata.
Ma non mi parve la mia casa.
Ma non mi parve la mamma mia.
Sperduta mi avviai per le sale:
sulle pareti, le donne degli affreschi
compivano sempre i medesimi gesti.
Mi cercai nelle specchiere verdi
come un'annegata da salvare.
Dove volevo tornare
non sono tornata mai più.


nothung

Se un giorno dalla mia pianta
un fiore dovesse fiorire,
voglio che le più oscure
forze che soffrono in me,
come perle disciolte
d'una collana d'oro,
siano riunite
con la loro più fervida essenza.
Che vi brilli luminoso
e finito in belle forme
quel sogno ch'io vigilo informe
e infinito nell'anima mia
come le schegge di Nothung
che a Siglinda donò la Walkiria!
Sarà la spada d'oro
ch'io sacro alla bella vittoria.
Voglio ch'egli abbia il mio sguardo
e il mio cuore;
il fiore del mio sogno:
Ma gli voglio una più lieta
primavera per fiorire!
Voglio far vivere in lui
più bella, più grande, l'inquieta
parte ardente di me
che non vuole morire.
Voglio ch'Egli sia il fiore
d'un amore bello e forte.
Implacabile come la Morte
e la necessità del Destino.


l’antenna

L'antenna della radio
erta sulla mia casa
sotto le stelle.
Tutto il giorno
fu l'istesso giro di cose
che annunziano il tedioso:
«abbiamo trasmesso»...
ma nella notte profonda
interferenze strane.
Forse voci di stelle lontane
senza misura d'onda?


nascondimi

Desiderare una cosa vuol dire
possederla nel sogno col pensiero.
Per questo, amor mio,
io non voglio che mi guardi così
quell'uomo grande, vestito di nero.
Nascondimi tutta tra le tue braccia!
gli occhi la faccia i capelli
ch'egli trova belli!
Non voglio ch'egli mi guardi così!
Perché
desiderare una cosa vuol dire
possederla nel sogno con la fantasia.
Ne soffro. Si direbbe ch'io sia
gelosa di me stessa per te...


forse... domani...

Oh quanti frutti, quanti, a questa mia sete così ardente
che, nell'avidità, non sa mordere
che le labbra sue sanguinanti!
Poiché non possono essere raccolti tutti nelle mie mani,
Albero della vita, fa che con tutto
– tutto il mio cuore – io voglia un solo frutto;
fa che si chiami oggi:
(oggi sonoro e splendente)
quel giorno che ha nome: domani,
e che io nomino sorridente;
ad occhi chiusi:
domani...
...e, forse, mai!


oro

Il mercante rapace
vilipende l'oro per barattare.
Io lo amo per il suo luccicare
come le stelle.


commiato

Non compiangere, lettore,
il mio dolore
– la mia passione –
Perché, malgrado tutto, io adoro la vita
anche nell'infinita sofferenza;
anche nell'Esasperazione
che, domani, può maledire
ciò per cui – ieri – gioiva.
Felice di sentire
che, soffrendo, – sin quasi a morire –
io sono, malgrado tutto, così viva.