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sabato 7 gennaio 2023

IL SESTO LIBRO DELL' AUTORE MICHELE VITTI "SPIRITUALITÀ"

 

 

 


 

 

SPIRITUALITÀ

 

 

LE VIE NON ORIENTABILI DELL’ ASCOLTO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPIRITUALITÀ

LE VIE NON ORIENTABILI DELL’ASCOLTO

 

© 2023 Michele Vitti

 

Data di pubblicazione : 05.01.2023

 

Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

 

ISBN : 9798372722101

Casa editrice: Independently published

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

COMPONIMENTI AUTOGRAFI


CAPITOLO PRIMO

IL LIBRO DEI GERMOGLI

IL SOGNO DI ARCADIA 

Le parole germoglio e la magia della scrittura                                        

La bilancia delle volontà                                                                            

L’ambiente iridescente libero                                                                   

Il germoglio relazionale                                                                          

Le cartine di sigarette                                                                              

Fenici risorte                                                                                               

Il passo relazionale                                                                                     

Relieve                                                                                                          

Inner universe e outside universe                                                         

Il gesto di una carezza dal vuoto all’universo                                     

 

CAPITOLO SECONDO

LO SCRITTORE SCIAMANO

Lo scrittore sciamano                                                                                

Le acque nelle acque                                                                                

La proattività della creatività                                                                 

La via ti detta il segno. Butterfly effect about creativity                  

L‘elisir della giovinezza                                                            

L’istintivismo letterario                                                            

La scrittura istintiva                                                                

Pedagogia della imperfezione e del fallimento.                                 

L’istintivismo letterario e la scrittura di un libro                              

La dignità universale creativa

La promozione del talento potenziale                                         

La marginalità, la gratuità e la variabilità                                 

Il vero successo                                                                                       

Il paradosso di Moravec e la attribuzione di dignità universale    

La nonchalance e la sprezzatura universale                             

L’equilibrio di rilevanze dialogico-fattuali                     

Il derivatismo                                                                                            

L’egoismo non esiste                                                                            


CAPITOLO TERZO


La via non orientabile dell’ascolto della trasmigrazione

Le 21 vie trarmigrative                                                             

Il sonno di Dio                                                                                 

Animismo                                                                                             

Il pre-sentimento futuro                                                        

CAPITOLO QUARTO

La via non orientabile dell’ascolto                                                   

La orientabilità uditiva e la non orientabilità uditiva                 

Om e meditazione

Percettività multisistemica 

La sinestesia                                                                                         

L’aenoster universale: Il poliamore, il tatto e la premura          

La vulnerabilità è il valore della ferita                                           

La catarsi della alchemia percettiva sensoriale                    

Il multiverso intellettivo

L’ascolto dell’inner universe e dell’outside universe               

Il valore del silenzio e del vuoto                                                         

COMPONIMENTI AUTOGRAFI BIBLIOGRAFICI

Le conclusioni funzionali                                                   

CAPITOLO PRIMO 

L’unipatia del Noi                                                                    

CAPITOLO SECONDO

La cura della relazione                                                                       

 

COMPONIMENTI AUTOGRAFI

 

CAPITOLO PRIMO

 

IL LIBRO DEI GERMOGLI

 

Le parole germoglio e la magia della scrittura

 

 

Ciascuna parola è uno spunto di riflessione, è un germoglio diverso per ciascun lettore.

Il lettore opera una riscrittura.

Se miriadi di persone leggessero queste parole simbolo, le parole germoglio; dai germogli di queste parole crescerebbe una foresta.

Allora abbiamo capito che noi stessi siamo la nascita, la cura e la crescita, siamo i creatori del germoglio, e l’acqua, l’anidride carbonica, l’energia solare per fare crescere il germoglio - E ne siamo altresì la cura.

La implementazione della scrittura.

La magia della scrittura è che è implementabile.

Un testo scritto sono miriadi di germogli, miriadi di spunti di riflessione – Perché è importante riflettere? Perché la riflessione è una polimerizzazione – proviamo a disporci tra molti specchi chirali – La nostra immagine si replicherà miriadi di volte – Pertanto in tal modo otterremo il riconoscimento della nostra complessità plurale, potremo vedere la verità del nostro icosaedro psicologico. La riflessione ci avvicina all’infinitudine della nostra spiritualità.

 

 

 







 

 

 

LA BILANCIA DELLE VOLONTÀ

Ascesi spirituale

La libertà dalla volontà

Quando la sottrazione è un incremento.

Gli angeli non vogliono, non desiderano non sono vittime come gli animali della bramosia del possesso, e soprattutto non sono vittime della privazione di ciò che vogliono e della abitudine alla volontà, ovvero del non accontentarsi, tanto che quando si raggiunge la realtà che si vuole, non la si vuole più. Perché?

Poiché ciascuna realtà è complessa, diveniente, nel tempo e nello spazio - pertanto Amiamo alcune peculiarità di una realtà, ma esse mutano nel tempo o si plasmano nello spazio, facendo sì che la ontologia di ciò che amavamo non è, ed allora non Amiamo la differente ontologia della realtà stessa. Perché solitamente generalizziamo la parte verso il tutto.

Pertanto la via della felicità è l’amore verso il divenire differente.

Paradossalmente tuttavia pensiamo a questo:

Gli angeli ascendono al cielo - tuttavia il cielo è sempre irenico e celestiale? No, in cielo sussistono le bufere, i fulmini, i tuoni, le tempeste, le piogge. Pertanto concludiamo che l’abitudine alla non volontà può condurre a dover trovarsi ad affrontare calamità che imperversano. Quali sarebbero metaforicamente queste calamità? Le volontà altrui ovviamente.

La bilancia delle volontà è reciproca - pertanto nell’equilibrio di volontà in una dinamica relazionale tra due persone, ad uno status minorativo di una volontà coesiste uno status maggiorativo di volontà della seconda persona.

LA BILANCIA DELLE VOLONTÀ DEVE ESSERE EQUILIBRATA. Perché? Perché non è corretto insegnare il non volere ai bambini? Perché la volontà è un indice della integrità e della identità personali - il principio è che dobbiamo essere autonomi, non eteronomi, nell’ etica, la eteronomia è infatti la condizione in cui un soggetto agente riceve da fuori di sé la norma della propria azione. Pertanto se insegniamo ai bambini la non volontà lì destiniamo ad essere assoggettati all’ambiente, chi è l’ambiente? Sono le realtà eteronomizzanti, ovvero gli adulti - si palesa qui la dinamica di discriminazione di età in cui:

Le età maggiori discriminano le età inferiori.

Questa è una dinamica infondata, poiché anche qui generalizziamo la parte verso il tutto quando non vogliamo riconoscere che i bambini sono migliori degli adulti in miriadi di contesti relazionali e esperienziali. La libertà è imparare autonomamente. Perché gli scrittori sono importanti? Perché liberano i lettori - lo scrittore non è eteronomizzante - tanto che il lettore quando legge il libro dello scrittore pone in parallelo ciò che legge dello scritto dello scrittore con la idea alternativa ed il lettore è libero di farsi una idea ed ovviamente di concludere che il lettore la pensa diversamente, ma il valore dello scrittore non degenera se il lettore la pensa diversamente perché è proprio l’imput del messaggio dello scrittore che implica il ragionamento del lettore e l’output della idea diversa del lettore rispetto alla idea dello scrittore.

Allora convinceremmo i bambini che sia un bene perdere sé stessi, la loro identità in ottemperanza di un sacrificio minorativo della loro identità in onore della salvaguardia e tutela della facoltà decisionale della parte eteronomizzante. Perché eteronomizzare?,

Per condurre a compimento la propria volontà autonoma. E qui si rivela una miserevolezza umana - se per ottenere il fine della nostra volontà sacrifichiamo non solo la volontà delle altre persone, bensì le altre persone medesime, ricordando la relazione ambivalente tra identità e volontà.

Solitamente nelle dinamiche di eteronomizzazione sussistono il misconoscimento e i giudizi minorativi- si accompagna la codardia di non riconoscere coloro che usiamo per il nostro volere solitamente altresì mediante le dinamiche dialogiche della ironia e della retorica.

Premettiamo che il nostro valore personale è garantito dalla nostra volontà e disponibilità a valorizzare coloro che non possono fare nulla per noi. Poiché la valorizzazione personale è puro valore aggiunto esulante dalla dinamica del baratto - “io dono a te se (o ciò) tu doni a me”.

È fondamentale pertanto un bilanciamento:

Non dobbiamo sacrificare né la nostra volontà né la volontà del prossimo.

Allora raggiungiamo la conclusione che la non eteronomizzabilità esiste se esiste la libertà dell’accoglimento della idea diversa che essenzialmente è un arricchimento reciproco per entrambe le persone che si relazionano e per la relazione stessa.

Evidentemente sussiste la evidenza secondo cui per eteronomizzare si sminuisce, si trascura, si annichilisce la volontà del prossimo. Non dobbiamo permetter a nessuno di addurre a noi il “nolo” il “Non sapere cosa vogliamo.” E parallelamente il nostro volere non deve essere distopico verso il volere del prossimo  (Altresì il non volere è un volere)

Il ricatto è una seconda ovvia dinamica di eteronomizzabilità – nell’ottica di una minorazione delle proprietà valoriali e reali della persona eteronomizzata se questa non rispetta la volontà dell’eteronimizzante. Tuttavia riconosciamo che la privazione e l’impoverimento è sempre e comunque una autoprivazione ed un auto impoverimento – comunque sia il danno relazionale è reciproco. Ricordiamo comunque che sulla base del rendimento universale: Se danneggiamo il nostro prossimo il danno si riversa su noi stessi in quanto alla manifestazione del danno del/della danneggiato/a verso noi. Aggiungiamo che il danneggiamento della parte offesa non è analogo al danneggiamento della parte che in principio lede. Perché? Perché il danneggiamento della parte offendente in principio è volontario, calcolato, utilitaristico – Mentre il danneggiamento della parte lesa non è volontario, è atto puro di cui la parte lesa non è colpevole e nemmeno responsabile poiché lei è normale manifestazione della ferita, la parte lesa non vorrebbe sanguinare, ma il suo sangue è manifestazione della ferita. La statica immaginativa è questa : “Il ferire implica una ferita, la parte lesiva realizza la ferita e qualunque ferita duole sempre e comunque sia fisicamente, sia psicologicamente, sia spiritualmente, sia relazionalmente.”

Non comportiamoci come se il ferire non comportasse una ferita.

La percezione della ferita è soggettiva _

 – Trattiamoci bene se no ci perdiamo.

Qualunque attitudine minorativa verso le altre persone è idiota perché è minorativa per noi e per le atre persone _

Istituiamo la valorizzazione altrui che non deve sottendere la nostra svalutazione ma analogamente all’esempio della ferita la valorizzazione è una autovalorizzazione –

Come si comporterà una persona verso di noi se ne curiamo una ferita?

Ne otterremo un ritorno in qualità di baratto buono, il riconoscimento e la riconoscenza.

Quante pagnotte di pane e quanti litri di acqua sono un diamante che è un ciottolino vitreo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’AMBIENTE IRIDESCENTE LIBERO

 

1.La oppressività locale.

Ciascun luogo ambiente e suscettibile a conformismo.

Pertanto diversità di modalità di linguaggio non vengono accettate. Ciascuno dei partecipanti all’ambiente deve sottostare ai dettami dialogico-disciplinari dell’ambiente che circoscrive i mindset singolari.

Proibendo la diversità di modalità di linguaggio l’ambiente annichilisce la persona che adotta modalità di linguaggio diverse per conservare e preservare la modalità di linguaggio dominante. Voltairine de cleyre l’idea dominante.

 

2.La libertà locale

 

I sistemi dialogico-disciplinari non sono dicotomici, non sono settoriali, non esistono persone le cui qualità dialogico-attitudinali sono o bianche o nere.

Pertanto il luogo libero è oltre i limiti della dicotomia.

Pertanto in un luogo oppressivo vige la dicotomia, ovvero plasma il sistema affinché riconosca e distingua le qualità dialogico-disciplinari di ciascuno – le settorializza, le scinde in bianco e in nero, in blu, in giallo, in magenta… perché? Al fine della possibilità di accogliere e di proibire/negare/rifiutare – perché? Al fine di mantenere la supremazia decisionale dell’ambiente ( pluralità conformista?) sullo spirito individuale.

Allora ad esempio vi saranno accolte le qualità dialogico-disciplinari bianche, nere e blu e saranno negate, proibite le qualità dialogico-disciplinari gialle e magenta.

 

Tuttavia si assumono i limiti del sistema locale oppressivo. Primariamente la tradizionalità del sistema locale oppressivo, la tradizionalità è statica e severa, non coevolutiva, non disponibile al cambiamento, proprio al fine di mantenere la supremazia del sistema, in secondo luogo vi è il limite della oppressività, ovvero la libertà del singolo viene sacrificata alla libertà comunitaria conformista. Pertanto una persona che vuole esperire e adottare attitudini gialle e magenta nel sistema di oppressività locale che le proibisce sarà emarginata, punita, discriminati, coartamente corretta.

Un limite importante del sistema oppressivo è che è un sistema non ottimale poiché perde la diversità.

 

Ma quale è la profonda verità – LA VERITÀ DELLA IRIDESCENZA DELLE QUALITÀ DIALOGICO DISCIPLINARI NEL TEMPO E NELLO SPAZIO.

 

Chiariamo dunque che le qualità dialogico-disciplinari non sono dicotomiche, non sono categorie selezionabili ma sono un connubio di diversità iridescenti e variabili nel tempo e nello spazio, latenti e espresse.

Pertanto ritornando all’esempio precedente la verità è che Ciascuna persona partecipante al sistema oppressivo è bianca, nera, blu, gialla e magenta, o può latentemente divenire uno tra questi colori o risultare in colori diversi coincidenti con le sfumature tra questi colori.

Pertanto un sistema oppressivo costringe alla finzione. Allora per partecipare ed essere rappresentanti degni del sistema oppressivo e per salvaguardare la identità, la riconoscibilità e la Rispettabilità nel sistema, tutte le persone che sappiamo possedere latenti i colori magenta e giallo proibiti dal sistema fingono di non possederli, o li manifestano quando non ci sono gli sguardi comunitari.

 

Ma noi ci vogliamo liberi.

Allora istituiamo il sistema ambientale libero in cui ciascuno possa manifestare le proprie singolarità attitudinali devianti dai dettami del sistema senza fingere, senza soffocarle nello inner latent spirit. Allora il sistema ambientale libero deve non essere in errore come il sistema ambientale oppressivo: le diversità sono accolte con curiosità e domanda, c’è sempre un motivo soggettivo per cui le persone scelgono una via attitudinale alternativa libera “da”. Il sistema libero predilige il singolo, ciascun singolo partecipante al sistema libero, il sistema libero è ottimale perché non perde la diversità ma la accoglie. Il sistema libero non è statico ma è proattivo, ovvero le persone che riconosceranno attitudini devianti dallo spirito comunitario vorranno imparare ed accrescersi dei colori diversi.

 

La coevolutività abbraccia la plasmabilità – pertanto si potrà realizzare la resurrezione dal diverso : se prima si riconosce la ostilità come odiosa e avversa verso il diverso, ora si ama il diverso.

Ama ciò che odi – sono i termini per la felicità.

FIND THE WAY TO SEE IT’S BETTER SO. YOU DESERVED BETTER.

Ove e quando non dovessimo essere accolti o non sentirci accolti saremmo destinati a paradisi migliori.

Tuttavia.

Potrebbe accadere che qualcuno non sia mai accolto in nessun luogo!? Sì è possibile. Questa realtà abbraccerebbe l’olismo della perdita, del fallimento, in relazione alla questione:

Come si fa ad essere sicuri di sé e felici senza una relazione?

Chi vi riuscirebbe desterebbe l’ammirazione comune.

Qui approfondiamo i termini della solitudine  globale, dell’eremitismo – vi è una unica risposta.

 

Una buona parola sull’eremitismo:

“C’è della gente su questo pianeta molto interessante ma nessuno lo sa. Molto molto interessante che ha fatto scelte rigorosissime. Che si sacrifica anche per gli altri. Scelte meditative, spirituali. Sono eccezionali le persone che si isolano. L’eremitismo è la cosa massima. E quelle persone stupide che dicono che si allontanano dalla società non hanno capito niente di questo genere di strada. Quelli sono i veri caposaldi del nostro pianeta.”

“Ma cosa ci danno, cosa ci da un eremita che in questo momento sta pensando e meditando.”

“Tantissimo. Tantissimo. Molto più di quello che tu possa immaginare. È gente che ha fatto una scelta così rigorosa, soffrono talmente tanto nello stato in cui si trovano che questa loro ascesi è una ascesi di tutta la umanità. Ogni volta che uno di loro raggiunge una elevazione spirituale la raggiunge tutta l’umanità. Ma non lo si sa ed è anche giusto così.”

“Mi stai comunicando che essi comunicano telepatia ente con tutti? “

“No, non è telepatia, è scienza, è un’altra cosa. È energia. Sai che il sole è un tipo di energia, la luna è un altro tipo. La gente pensa magari che il sole sia una cosa così che ci riscalda. Invece è energia.”

“Quindi tu comunichi che l’eremitismo è su un piano superiore ai medici che studiano nuovi vaccini. “

“Non c’è paragone. Perché la gente che arriva a vedere come è composto l’universo e come si muovono le cose la sa molto più lunga di uno che è in ricerca. La Cabala ebraica 4000 anni fa aveva scoperto la scissione dell’atomo,  noi ci siamo arrivati da pochissimo. Ma quando loro lo dicevano, gli scienziati dicevano loro che erano scemi.”

“Quindi deduco che tu metti la meditazione avanti mille anni luce alle conquiste spaziali. “

“Senza dubbio.”

“Perché con la meditazione sai già cosa c’è nella galassia. “

“Esattamente. La vita è l’energia che c’è nell’universo.”

“sei uno molto riservato, sei uno che sta molto chiuso in sé stesso?.”

“Sì.”

“Leggi molto?”

“Sono un contemplativo. Un imbrunire. Tempo non si perde. “

“Ma non è completamente fuori dai ritmi di questa società? “

“Assolutamente fuori. Ma se non si fa così non ci si salva più. Non c’è più speranza. La società è andata in una direzione completamente sbagliata. Bisogna fare qualcosa per riparare.”

“tu scrivi canzoni. Ma una persona che ti sta ascoltando che cosa può fare adesso, domani.? “

“Chi cerca, trova. Non ci sono dubbi. È questo il problema che la gente si dimentica che la morte arriverà, è inevitabile. Inutile che cerchiamo di esorcizzarla. Quello è il momento più importante, se durante la vita non fai delle cose che ti rapportano con la morte hai sprecato una esistenza. “

“perché secondo te esiste qualcosa al di là della morte. “

“Si.”

“Che non ha nulla a che fare con i dogmi che ci danno e le dottrine che ci danno. “

Franco Battiato, intervista.

Franco Battiato parla di spiritualità e del Sacro. You tube.

 

È la risposta è “Sii te stesso/a le tue relazioni, non andare cercando la tua casa nelle esteriorità, gli ambienti ontologici relazionali esteriori sono suscettibili alla caducità e se poni le tue fondamenta sulle caducità esteriori anche la tua integrità decadrà. Allora sii te stesso la tua casa. Tuttavia come è possibile non una o l’altra resilienza, ma LA RESILIENZA? La risposta va ricercata nella onniscienza, nella onnipotenza e nella infinità che abbraccia tutte le possibilità – in una parola l’universo. Allora se saprai implodere l’intero universo nella tua anima sarai invincibile.

La felicità si realizza quando ami ciò che ami e ami ciò che odi.

È fondamentale assumere la eccezione di questo principio.

Gli olismi relativi alle categorie violenza e dispotismo non sono da amare.

 

Trova la prospettiva per riconoscere non solo che tu sia resiliente alla situazione negativa, che tu possa infatti sopravvivervi, ma che tu la ami, che la nuova situazione negativa sia migliore della situazione gemella che percepisti positiva.

LA REALTÀ È IRIDESCENTE e l’unico sistema che è garante della fluidità variabile della iridescenza è il sistema ambientale libero.

 

Allora istituiamo il privilegio del singolo, della persona, sull’ambiente, perché? Perché la persona è ontologicamente esistente e perdere la ontologia esistenziale è inammissibile, (la tutela degli outsider) e perché l’ambiente conformista è una pluralità astrattiva – pertanto una astrazione non deve dominare sulla ontologia esistenziale.

Allora diffidiamo del sistema ambientale oppressivo per i motivi suddetti e perché perde le singolari ontologie essenziali facendo delle attitudini le persone, ovvero dell’erba un fascio.

Ed accogliamo il sistema ambientale libero che è coevolutivo e plasmabile sulla base degli stampi di ciascuna singolarità complessa ontologica personale _ ovvero il sistema libero è coevolutivo ed iridescente poiché ciascuno di noi è coevolutivo ed iridescente.

La iridescenza onnisciente si può esemplificare in questo esempio.

Un bambino nacque con una intelligenza singolare innata, al primo decennio di vita fu condotto alle cattedre dei maggiori professori universitari in materia relativa alla sua onniscienza. Il bambino dimostrò che non solo i professori erano in errore mentre provavano a confutare la sua teoria, bensì che lo limitavano. Le il bambino non avesse avuto oltre alla sua intelligenza, l’intelligenza di essere oltre ai professori, l’intelligenza del non dire avete ragione voi e io ho tolto, il bambino non avrebbe rivoluzionato la cultura scientifica universale, ma sarebbero tutti rimasti al limite di mentalità culturale dei professori.

 

IL GERMOGLIO RELAZIONALE

 

Una foglia è labile, è caratterizzata da caducità, un uragano la sposterebbe, la frammenterebbe.

Allora la foglia diviene ancor più fragile seppur più resiliente al sistema del vento, diviene polvere leggera fino a divenire fievole come vento: ovvero invincibile all’uragano, poiché, essendo vento, è uragano.

Verso che cosa non può nulla un uragano? Verso sé medesimo, ovvero verso il vento.

Come una fiammella non può essere scottata da un incendio poiché essi sono fuoco, come una goccia non può essere bagnata da uno tzunami, poiché la goccia è oceano come lo tzunami è oceano, è acqua.

Allora i fragili si innalzano alla resilienza dei titani. Ma cosa accadrebbe ad una goccia d’acqua in un incendio? La goccia diviene vapore. Allora la goccia si innalza alla maestosità del vento grazie all’ incendio. L’incendio non annichilisce la goccia, bensì lei risorge a nuova ontologia.

Ma siamo davvero sicuri che la goccia non influisca sull’incendio? Inizialmente la goccia spegne una fiammella dell’incendio.

La goccia divenuta vento, è allora uragano che può spegnere l’incendio.

La brezza possiede sentimento di appartenenza verso l’uragano, così come la fiammella verso l’incendio e così come la goccia verso lo tzunami. Ma non sussiste solo questa trilogia. Infatti: la fiammella e la goccia sono la brezza, la brezza si manifesta nella fiammella nel giocondo elevarsi delle variopinte fiamme e nel fluire della goccia sulle impermeabilità delle foglie. La goccia è la fiammella:

L’acqua è già il risultato della combustione fra ossigeno e idrogeno.

Questa parabola degli elementi naturali custodisce una logica di resilienza verso le gravi avversità, bensì anche un paragone metaforico con la dinamica relazionale tra sconosciuti.

Gli sconosciuti sono innatamente ed ancestralmente conosciuti.

Pensiamo della persona sconosciuta la fragilità della foglia, è fragile, dovremmo prendercene cura. La aggettivazione di fragilità è la prima premessa della cura proattiva.

Allora assimiliamo l’aleatorietà e la volatilità delle idee alla realtà del vento, che può essere zefiro o uragano per le foglie.

 

La attitudine verso la realtà sconosciuta è allora sul piano ideale – è sulla qualità della nostra mentalità sulla sconosciutezza.

-           Se avremmo timore della sconosciutezza, si innesterà una mentalità sulla difensiva che ha valore proattivo di aggressività attiva verso la realtà sconosciuta – il vento delle nostre idee si tradurrà in attitudini uragano verso la foglia, la persona sconosciuta, che dovrà resistervi.

 

-           Se avremmo amore verso la sconosciutezza si innesterà una mentalità amicale di appartenenza verso la realtà sconosciuta – il vento delle nostre idee si tradurrà in attitudini zefiro verso la foglia, lo zefiro culla la foglia, le vuol bene e se ne prende cura.

 

Abbiamo già argomentato la resilienza delle foglie, in atto il paragone con la resilienza delle persone che si sanno rendere vento per esistere all’uragano.

 

Attribuire profondo valore e rispetto alla realtà della sconosciutezza, dell’ignoto in noi al fine di attribuire profondo valore e rispetto alla realtà sconosciuta, alla persona sconosciuta.

Perché rifiutiamo le persone sconosciute? Poiché temiamo la sconosciutezza.

Se amassimo la sconosciutezza vorremmo bene alla persona sconosciuta.

Avventurarsi nell’io ignoto per accogliere l’ignoto altrui.

 

Sentirsi in sé stessi sconosciuti per rispettare coloro che sono sconosciuti.

 

NON SIAMO SCONOSCIUTI

Paradossalmente gli sconosciuti sono sconosciuti superficialmente ma profondamente si conoscono.

Profonda Analogia strutturale di mindset idiosincratico.

La profondità della umanità è accessibile a ciascuno in grazia della cultura –

In altre parole la mia profondità ontologica e la profondità ontologica del turista che incontro in città, del giocoliere del fuoco che mi domanda alcuni centesimi, della giovane che in biblioteca legge un libro, dell’anziana che ancora forte a sé stessa lascia sedere la ragazza sull’autobus, nonostante la giovane le ebbe offerto il suo posto. Sono accessibili a ciascuno in grazia della cultura.

 

IL BENE DEGLI SCONOSCIUTI

Basti solamente pensare che la maggior parte del nostro tempo relazionale è insieme alle persone sconosciute – Pensiamo ai mondi della musica, della cultura, dell’arte, del cinema. In misura di probabilità la maggior parte delle realtà buone che incontriamo quotidianamente sono realizzate da persone sconosciute.

NESSUNO ESULA DAI MASSIMI SISTEMI ONTOLOGICI.

Non è un assurdo il conoscersi prima di incontrarsi.

Non è un assurdo il conoscersi prima di conoscersi.

Tant’è che è di questo assurdo di cui alimentiamo la diffidenza

e la sfiducia aprioristiche verso le realtà sconosciute.

Ma altresì lo spirito di curiosità verso i quali destano la nostra curiosità –

 

 

 

 

Il fare ha valenza proattiva relazionale – pertanto è maggiore la probabilità di instaurare una relazione con coloro i quali ci dimostrano qualità di intraprendenza attitudinale creativa. Siamo condotti a conoscere l’artista di strada maggiormente rispetto al turista poiché siamo ammaliati dall’arte creativa dell’artista di strada.

Tuttavia.

 

 

TRATTARE GLI SCONOSCIUTI AMICHEVOLMENTE

Tale dinamica conoscitiva rischia di degenerare nelle indifferenze verso coloro che non dimostrano vivacità interpersonali – Iconica è la situazione del giovane che si dispone fermo in piedi al centro di una piazza e vede saettare dinanzi a lui centinaia di persone, nessuno si ferma per dialogare con lui. Egli si porrebbe come focus dell’attenzione e di self-reflection – monito di auto – coscienza delle persone che lo incontrano – Si istituisce il consiglio della regola aurea – Agire verso il prossimo il bene che si desidererebbe fosse agito verso noi stessi – Il giovane si dispone come specchio riflesso delle persone – Egli agisce dialogicamente come loro –

Being your own mirror i am showing you the decadence of your own mindset.

Tuttavia adduce la buona disposizione dialogica – ovvero l”Io resto fermo qui, attendo il vostro fermarvi insieme a me.”

Comprenderete che dopo due ore di stasi durante le quali egli riconosce l’indifferenza in percentuale quasi totale l’indifferenza delle persone che gli sono camminate vicine – La sua è una prova di resilienza non comune – Ma per qual fine? Per insegnare la relazionalità –

 

 

 

 

Il dono della sua esperienzialità al prossimo affinché gli osservatori si immedesimino in lui ed innestino nel loro mindset il ragionamento:

“Se fossi io lì, amerei che qualcuno venisse a parlare con me, vorrei che qualcuno si distinguesse secondo l’etica della non indifferenza oltrepassando il limite della sconosciutezza.”

È pertanto in ottemperanza di questo ragionamento che rare persone andarono verso di lui a parlargli – Essi cosa scoprirono – Scoprirono in lui mirabili qualità dialogiche, di intraprendenza comunicativa di apertura relazionale che la sua statuaria esibizione sembravano velare.

LA MANO RASSICURANTE DELL’AMBIENTE RELAZIONALE

Assurdo è che le persone rimangano blindate a sé stesse se non in esistenza delle istituzioni culturali-mediative-relazionali.

I bambini si parlano a scuola, per il sentimento di appartenenza al gruppo sociale della classe – appena superato il limite della classe, la relazionalità decresce – tant’è che la relazionalità decresce tra bambini di classi diverse.

Finita la scuola? Cosa accade? Ognuno per la sua strada –

Ma quali sarebbero queste strade? Sono ovviamente le strade solitarie non relazionali, in relazione al locus relazionale che si è lasciato – ma attenzione sarebbe proprio la non relazionalità e le dissonanze cognitive sorte dallo sbilanciamento relazionalità / non relazionalità, luogo relazionale / non luogo relazionale ad indurre in alcune persone più fragili il sentimento di cinetosi – di un vero e proprio mal di viaggio della vita, che possono altresì condurre a scegliere nuove strade sbagliate –  le strade degli eccessi, dell’alcool, delle droghe.

La esperienza iconica del/della turista solitario/a della propria città natale.

Allora vi è il processo di relazionalità in un nuovo locus relazionale in cui si possono reiterare le medesime statiche di caducità relazionale.

La decadenza del locus relazionale implica in vaste probabilità la decadenza della relazionalità –

I locus relazionali sono sempre più rari, più esclusivi, sempre più discriminanti.

I casi eclatanti di illustri biblioteche cittadine che negano gli accessi ai non studenti dell’università e ai non professori.

 

 

DOBBIAMO GIUNGERE ALLA PROFONDA COMPRENSIONE CHE CIASCUN LUOGO È IL NOSTRO LOCUS RELAZIONALE.

L’inner mindset relazionale deve essere il valore proattivo dell’incontro,  non il locus relazionale – poiché se il locus relazionale fosse l’unico valore proattivo relazionale: è quando venissero a mancare i locus relazionali, il che è sempre più vero e probabile, verrebbero meno le relazioni.

 

SIAMO NOI STESSI A DEDICARCI LA NOSTRA PROFONDA CONOSCIBILITÀ. DOVREMMO ALLORA IMPARARE A MATURARE DAI BAMBINI I QUALI SIAMO QUANDO NECESSITIAMO DI UNA MANO RASSICURANTE ESTERIORE PER INTRAPRENDERE LE INIZIATIVE RELAZIONALI.

 

La confutazione dell’unwelcoming

Si argomenta di una lacuna di volontà, di iniziativa innovativa relazionale. Indisponibilità di creare ciò che non è, di realizzare il nuovo.

Assumiamo il precetto:

Non c’è niente tra noi. (il punto indica che manca la voglia, che siamo relazionalmente annoiati. Accettiamo questa situazione e la trascuriamo lasciandola uguale a se stessa)

 

Ma il mindset corretto creativo dovrebbe essere:

Poiché non c’è niente tra noi, allora realizziamo la nostra relazione.

Il “Poiché” indica che si pone attenzione alla realtà del “non sussistere nessuna relazione e nessun sentimento” come causa proattiva di un germoglio relazionale – l “Allora” indica la nostra intraprendenza relazionale, la nostra disponibilità al cambiamento/miglioramento della relazione.

 

La misura della nostra ricchezza d’animo consiste nel puro valore aggiunto relazionale, ovvero nella qualità di magnanimità che dimostriamo nei confronti di coloro che non possono fare nulla per noi, o nei confronti di coloro che secondo la nostra percettività non possano fare nulla per noi – sovente coloro i quali verso cui concediamo la possibilità di dimostrare di essere un valore aggiunto per noi, lo dimostrano.

Così siamo primariamente valevoli e ricchi nella misura in cui sappiamo e possiamo volere bene agli sconosciuti. I ricchi sono tali poiché permettono alle esteriorità di arricchirli.

 

Non siamo dicotomicamente solamente sconosciuti o conosciuti.

È fondamentale acquisire una adeguata consapevolezza e cultura sulla sconosciutezza poiché: quando i conoscenti avranno attitudini iconiche di sconosciutezza nei nostri confronti sapremmo agire creativamente verso di loro e salvaguardare la nostra relazione di conoscenza; se non sapremmo gestire queste attitudini di sconosciutezza verso i conoscenti le rispecchieremmo verso di loro e si innesterà nella relazione la decadenza che ha una influenza minorativa della relazione: da conoscenti si diverrà lontani sconosciuti, talvolta inesorabilmente.

La consapevolezza della complessità della sconosciutezza implica proattività relazionale, in atto la dimostrazione del puro valore aggiunto in situazioni di aridità relazionale che rimette in movimento la catena delle buone reciprocità.

 

Il primo passo per divenire conoscenti è l’incontro del nostro essere sconosciuti, pertanto imparare a gestire le dinamiche sociali relazionali della non conoscenza è fondamentale, poiché sono sconosciute la maggior parte delle persone con cui entriamo in relazione. In verità non è così, in verità siamo conosciuti.

 

LA ATTITUDINE PROATTIVA ETERONOMA È SIMULTANEAMENTE ATTITUDINE AUTOINDOTTA AUTONOMA

L’esempio della defideizzazione:

Coloro che aggettivano il prossimo non credente, defideizzando hanno smesso di credere, essi sono come il bambino che non riconosce il valore dell’oro, il bambino non riconosce la pietra poiché non crede nel suo valore; tuttavia l’oro è di valore, l’oro non perde il suo valore perché il bambino non crede nel suo valore, così è per le persone sconosciute, esse non perdono valore perché non vengono riconosciute, sono piuttosto coloro che non ne riconoscono il valore che perdono valore, esse perdono il valore delle persone sconosciute, così come coloro i quali adducono ad altre persone di non essere credenti, essi perdono il valore della fede spirituale di queste persone – poiché il credo è una facoltà innata umana, ed a nostro modo tutti siamo credenti.

 

Il sole riscalda e illumina:

Il sole non prega per una gentile concessione di possibilità per riscaldare e illuminare.

IL VALORE DEL NON CONOSCERSI

Il valore del “Non c’è”

La sconosciutezza è mancanza di conoscenza, tuttavia:

La assenza non deve essere la premessa ostacolante alla creatività relazionale. Ma la conoscibilità latente deve essere lo spirito proattivo di volontà di conoscenza – La teoria della marginalità.

 

L’unica stasi è l’onnipresente movimento, poiché il movimento è costantemente ugualmente variabile.

Siamo come il flusso del filo d’acqua proveniente da una fontana.

Il flusso di particelle d’acqua è costantemente in movimento, tuttavia olisticamente il filo d’acqua è esteriormente caratterizzato da una staticità glaciale.

Così è per le persone – Il flusso aleatorio di idee è cristallizzato dalle parole.

 

Sulla ricchezza latente delle realtà sconosciute

Se insegniamo a un bambino che non conosce il valore dell’oro (l’oro per il bambino è sconosciuto)

Quando il bambino crescendo troverà una pepita d’oro vi starà lontano e non la raccoglierà come se fosse cinta di fuoco incandescente.

In tal modo chi consiglia al bambino di diffidare della pietra sconosciuta oro, ne ostacola il suo arricchimento. Chi allora si arricchirà dell’oro? Non il bambino, bensì coloro che hanno insegnato al bambino di diffidarne.

Oro possono essere le realtà che non conosciamo.

 

Ma se vedessimo nella mente delle persone sconosciute a priori un Eldorado di idee.

Allora vi porremmo aprioristicamente ed egoisticamente rispetto – vizi privati pubbliche virtù. Poiché faremmo dono di rispetto e riconoscimento al prossimo e dono di arricchimento a noi stessi.

Ma il saggio cercatore d’oro non scialacqua decenni nelle terre vergini d’oro e parallelamente non si rifiuta di scavare. Vaglia il terreno, l’oro non sempre è manifesto, non sempre è in superficie.

 

 

 

Tuttavia cosa è più prezioso dell’oro? L’oro è una mediazione di baratto per i beni primari – il cibo e l’acqua. In verità siamo più plasmabili dell’oro, la pepita d’oro è uguale a sé stessa e resilientemente immutata a sé stessa se non per gravi calamità naturali. Allora pensiamoci plasmabili come un frutto, o come il ghiaccio, ci penseremo allora fragili, e caratterizzati dal diritto della dignità di cura e di tutela. Perché se siamo ghiaccio, rifiutiamo il ghiaccio poiché di esso non possiamo dissetarci.

 

IL SOGNO RELAZIONALE

Il sonno è un ingente recupero di energie, tuttavia importanti studi concludono che chi è seriamente privo di energie non riesce a dormire poiché non riesce ad addormentarsi.

Allora comprendiamo che altresì per addormentarsi, per prendere sonno servono energie.

Approfondiamo.

Pertanto per avere un ingente guadagno dobbiamo investire un imput di tempo, di energie, di fiducia, di pazienza.

Nell’esempio del sonno investiamo il minimum di energie atte ad innestare la quiete nel nostro corpo e nella nostra mente, raggiunto questo ambiente irenico di serenità allora possiamo prendere sonno, raggiungere il sonno ed in grazia di questo giovarci del totum di energie recuperabili dal sonno.

Così è analogamente per il ghiaccio e per il frutto.

Chi non dorme rinuncia al sonno, come chi non beve e non mangia rinunciano al ghiaccio ed al frutto acerbo, poiché il ghiaccio può divenire acqua ed il frutto acerbo può divenire frutto maturo, come?

Come per il sonno investendo la nostra aprioristica iniziativa fiduciosa, un minimum di credo. Così invece di rifiutare il ghiaccio perché non utile nell’immediato, lo avvolgiamo in una coperta, il ghiaccio si scioglierà e potremmo abbeverarci del ghiaccio, è analogamente per il frutto acerbo che può divenire frutto maturo commestibile.

Infine assimiliamo gli esempi precedenti all’etica relazionale. Se la persona sconosciuta è per noi come il ghiaccio o come il frutto acerbo, la rifiuteremmo perdendo la latente opportunità di arricchimento relazionale – il messaggio è che se non investiamo il nostro minimum di fiducia e credo aprioristici, prima dell’esperienza, prima di conoscere cosa ne diverrà dall’atto di relazionalità, nella nostra reciproca relazionalità non vi raccoglieremo i frutti come coloro che si rassegnano alla insonnia, - vi è una preziosa verità qui custodita – la sconosciutezza del sogno: ovvero, durante ciascuna sera, nei minuti di fase NREM di addormentamento coscienzioso la persona affronta la sconosciutezza della diversità del riposo – ogni notte sogniamo universi di sogni diversi: Non è per paura di sognare un incubo che non dormiamo mai. Così è nella prima fase di relazionalità tra due sconosciuti, i due sconosciuti incontrano reciprocamente le sconosciute variabili dei loro universi – allora ciò in cui vogliamo credere è che FARE AMICIZIA SIA COME PERMETTERCI DI SOGNARE – dato che sussiste questo assurdo metaforico paragone: Se il sogno fosse coscienziente – il sogno non sognato, si sentirebbe in soggezione, come annichilito poiché privato della possibilità di arricchire la persona delle sue eteree surrealtà.

Amore è fiducia aprioristica

Sapere vedere l’innoquità del bambino nello sconosciuto

Illustri pensatori consigliano di conoscere le attitudini dell’io bambino’/a’ di una persona adulta per giungere ad avvicinarsi alla conoscenza della sua profondità olistico-ontologica. Pertanto un universale valore di reciproca immedesimazione e identificazione tra sconosciuti sussiste nella mistificazione della sua realtà generazionale di bambino-adulto o anziano nella sua ancestralità infantile.

I bambini non sono ontologicamente totalmente buoni, i bambini possono essere cattivi, tuttavia i bambini sono docili, non capaci di gravi violenze o di meditate compromissioni.

 

Comprendere la innoquità e la docilità del bambino in ciascuno di noi per riconoscerne somiglianze nel prossimo sconosciuto.

Premessa – la difficoltà di conoscibilità olistico-ontologica – Raggiungere la conoscenza della complessa verità dell’universo del prossimo è difficile – Pertanto la assunzione dei termini “Ci conosciamo.” È labile.

 

Se la conoscenza è ostacolante la relazionalità /affettività, la sconosciutezza può agevolare la relazionalità /affettività, tanto è che le consapevolezze della persona con cui siamo in relazione possono essere ostacolanti la relazione medesima.

 

Se ci conoscevamo da bambini ci conosciamo ora

Se si risponde “No”, e questa risposta duole a chi ha posto la domanda – da un canto simboleggia che la relazione ancora sussiste, poiché una delle due persone ci tiene ancora, d’altro canto si manifesta il cambiamento, il nostro divenire.

Pertanto la nostra relazione non parte dallo zero relazionale ma da una comune familiarità che ci avvale della nostra possibilità di decontestualizzazione temporale, adducendo ai valori passati ed alle nostre memorie le presenti qualità di riconoscimento – Per poi riconoscere di non riconoscersi – E quindi di potere aggiungere alle memorie passate le nostre presenti eccentricità.

 

Amore è il pretesto della possibilità del non amore. Wherever we say love we allow us to do not love.

La concettualizzazione contestuale è dicotomica – pertanto se dialogicamente assumiamo “amore”, abbracciamo subconsciamente la possibilità del “non amore”. Se assumiamo la amicizia – pensiamo subconsciamente alle realtà di inimicizia. AGIRE SENZA CONCETTUALIZZARE

 

Il non sense del valore di inestimabilità

Poiché coloro che attribuiscono ad una realtà il valore di inestimabilità velano con la parvenza di valore infinito la loro verità di giudizio sulla realtà – ovvero il valore nullo della realtà – che è parimenti impossibile del valore infinito della realtà – la realtà non può avere valore infinito perché è finita e circoscritta e la realtà non può avere valore nullo poiché la realtà compendia della sua quantità e qualità il nulla.

La non stimabilità premette disinteresse, annichilimento, non riconoscimento, dobbiamo riconoscerci e  stimarci. La stima è il valore del livello oltre la dignità – La dignità indica il riconoscimento dell’avere luogo di una realtà, sicché una realtà ha valore non nullo, la stima indica il come qualitativo , ovvero la qualità e la quantità di valore di una realtà.

 

 

 

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La tendenza verso lo 0 relazionale-affettivo

Se i conoscenti divengono sconosciuti e gli sconosciuti restano sconosciuti.

 

Non c’è dono di iniziativa relazionale

Non volontà relazionale

No esigenza relazionale pertanto rifiuto del dono relazionale

 

Il valore del non conoscersi è dell’essere sconosciuti: LA PRESENZA DEL NON ESSERE. È GARANTE DELLA POSSIBILITA’ DELLA ESISTENZA DELLE QUALITA’ PROATTIVE RELAZIONALI DELLA CURIOSITA’ DELLA FIDUCIA E DELLA SORPRESA.

 

 

UNA RIVOLUZIONE NELLE DINAMICHE INTERPERSONALI

1.         Ci incontriamo per conoscerci:

Se l’incontrarsi è il passo

E il conoscersi è la meta

2.         Non: Ci conosciamo per incontrarci.

Se l’incontrarsi è la meta reiterativa

E il conoscersi è il passo

 

Metafora sul pellegrinaggio

Raggiunge mete immensamente valevoli lontane e degne chi ama camminare rispetto a chi ama la lontana meta.

Perché i pellegrini che raggiungono la lontana meta si fermano, se non possiedono la meta non camminano.

La meta del passo deve essere l’atto diveniente.

 

I conoscenti sono comunque sconosciuti

Tra conoscenti c’è un margine

Di Sconosciutezza

Di Inconoscibilità

Di Misconoscimento

 

La realtà della dinamica relazionale dell’approccio come pretesto al fine di non conoscersi.

Pensiamo ad una persona timida, non intraprendente, non esuberante che prova a relazionarsi con una seconda persona cercando il dialogo con lei pronunciando semplicemente: “Ciao, come stai?” .

La seconda persona attende la prima persona.

La prima persona non assume l’iniziativa dialogica.

La seconda persona si annoia, abbassa lo sguardo e si allontana congeda do la prima persona senza salutare.

 

Allora è vero che la prima persona dimostra nulla destrezza di approccio.

Tuttavia osserviamo la attitudine della seconda persona.

Comprendiamo che è analoga alla prima: Silenzio, pretesa, noia, disaffettività… Pertanto, analogamente alla prima persona, la seconda persona dimostra inabilità di approccio relazionale.

 

Ed è evidente che seppur apparentemente si vuol discriminare la prima persona di avere difficoltà approcciative – si dimostra evidente che la prima persona è più relazionalmrnte approcciativa della seconda perché nella dinamica relazionale basilare

-           Iniziativa relazionale

La prima persona cerca la seconda persona.

-           Contatto visivo ed iniziativa dialogica

La prima persona trova la seconda persona, la vede, la guarda ed instaura il dialogo con lei domandando “ come stai?”

-           Resilienza relazionale

È la seconda persona ad andarsene dalla prima con attitudini derisorie/deludenti – la prima persona resta nel luogo relazionale.

 

Solitamente coloro che adducono la pretesa relazionale non sono alla altezza della qualità relazionale che pretendono in più adducendo la medesima loro responsabilità di colpevolezza di non relazionabilità al prossimo.

 

L’ambizione ostacolante

La proiezione futura dell’ideale relazionale è ostacolante la presente dinamicità relazionale.

Proviamo a pensare: NON SIAMO SCONOSCIUTI O CONOSCENTI, NOI SIAMO.

 

La filosofia dell’approccio

Fraintendimento, pregiudizio, iperpercettività

La dinamica relazionale speculare e la delega di responsabilità.

L’ironia dello “Scusa se esisto”.

 

AI – L’intelligenza artificiale e la virtualità – agevolano la relazionalità umana e le relazioni affettive?

Possono agevolarle, sovente sono ostacolanti la relazionalità umana e le relazioni affettive, non devono sostituirsi alla relazionalità umana e alle relazioni affettive.

 

Letture integrative ai miei pensieri relativi al tema della sconosciutezza

FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO di P. D. OUSPENSKY

Il dilemma dello sconosciuto. Perché è così difficile capire chi non conosciamo.

Talking to Strangers: What We Should Know about the People We Don’t Know. Malcolm Gladwell

LA QUARTA VIA di P. D. O u s p e n s k y

L’uomo, questo sconosciuto. Alexis Carrel

https://www.vallesabbianews.it/notizie-it/(Pillole-di-Psicologia)-Lo-sconosciuto-che-abita-in-noi-20421.html

Ennio Flaiano

LO SCONOSCIUTO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE CARTINE DI SIGARETTE

 

Un giorno primaverile un ragazzo creativo passeggiò lungo le vie cittadine, il vento zefiro spolverava i sampietrini mosaicati della via dai petali di ciliegio che volitando s’innalzavano fino a ritornare ai rami dei ciliegi.

Il creativo camminò per condividere la sua arte con dei biglietti da visita.

Il creativo approcciò un giovane con il gesto del consegnare il proprio biglietto. Il creativo disse al giovane: “ Qui è il frutto di anni del mio lavoro, la creatività di anni, alcuni libri che puoi consultare gratuitamente e centinaia di dipinti e disegni.”

Il giovane aveva uno sguardo disinteressato, tetro, glaciale, colse il biglietto con la mano destra mentre con la sinistra prese un accendino, una busta di tabacco e un filtro per sigarette. Sbadatamente il giovane raccogliendo dalla tasca l’accendino, la busta di tabacco e il filtro per sigarette, fece cadere a terra una confezione di cartine per sigarette, allora istintivamente le raccolse, sorrise e vi soffiò per spolverarle dalla polvere dei sampietrini. Allora mi disse. “Le ho raccolte, fortunatamente non si sono rovinate, si possono ancora usare.”

Il giovane non guardò cosa vi fosse scritto sul biglietto da visita, lo voltò presto così da riconoscerne il retro bianco. Il giovane piegò leggermente la carta del biglietto da visita, al limite inferiore del foglio vi posò il filtro, infine dispose il tabacco raccolto dalla busta di tabacco sul bianco del retro del foglio del biglietto da visita, infine rollò il biglietto da visita, le scritte del biglietto da visita furono inintelligibili, non riconoscibili dai lati curvilinei della sigaretta. Il giovane accese la sigaretta e la fumò. Il giovane creativo allibì, ebbe un momento di debilitazione ma riprese subito cognizione.

Il giovane creativo non disse nulla, entrò nell’adiacente tabacchino rispetto al luogo dove si incontrarono lui ed il giovane.

Il giovane creativo acquistò nel tabacchino un accendino, una bustina per tabacco, un economico portasigarette e i filtri per sigarette.

Il tabaccaio notando l’eccentricità del giovane creativo dell’acquistare tutto l’occorrente per non fumare tranne le cartine, gli domandò: “desideri anche delle cartine?” con tranquillità accostandosi all’uscio della porta del tabacchino rispose al tabaccaio, “No, la ringrazio, ho già le cartine.”

Dopo alcuni minuti di assenza uscito dal tabacchino il giovane creativo riconobbe il giovane a cui ebbe donato il biglietto da visita seduto sulla panchina pubblica a fumare la medesima sigaretta che fumava prima che il creativo entrasse nel tabacchino, la sua sigaretta era quasi finita, restava ancora un quarto del tabacco fumabile.

Il giovane creativo si sedette a terra con mestizia sui sampietrini mosaicati della cittadina piazzuola, incrociò le gambe, quasi in atto religiosamente meditativo, mistico e spirituale, conciliativo.

Il giovane dapprima lo scrutò con circospezione,  ma i suoi occhi glaciali risultarono ora in uno sguardo temperato e curioso verso l’eccentrico comportamento del giovane creativo.

Dopo alcuni istanti pronunciò altre due parole che scandì con espressività rivolta a comunicare subconsciamente il suo reale interesse verso ciò che pronunciava e verso la risposta del giovane. “Come ti senti adesso?”

In seguito a queste parole, il giovane creativo dimostrò curiosità verso il giovane che  si apprestava a terminare la sigaretta: intraprese con lui un florido dialogo di reciproca conoscenza. La diffidenza del giovane si plasmò presto in conciliante apertura interpersonale, la sua gelida indifferenza divenne sorpresa, quando?

Non appena il giovane creativo smise di parlare, raccolse i filtri per sigarette, la busta di tabacco, e due dei suoi biglietti da visita.

Con metodica attenzione il giovane creativo, prese il primo biglietto da visita - rivolse il lato stampato verso il suo sguardo, lo ammantò di tabacco, mise alla estremità il filtro e rollò il foglio.

Egli ripose per il momento la sigaretta nell’economico portasigarette. Intrattenne l’attenzione del giovane mentre realizzava la seconda sigaretta con il secondo biglietto da visita dicendogli: “Non ho mai fumato. Intendo fumare due sigarette con te.” raccolse allora la sigaretta dal portasigarette e la poggiò alle labbra, il giovane fu sorpreso.

La sorpresa del giovane fu custode d’un sommovimento d’animo in comunione ad un riconoscimento comprensivo.

 

Il giovane creativo disse al giovane:

“Ai passanti questa sigaretta dal dorso bianco appaiono come semplici sigarette.”

Il giovane creativo avvicendava le inalazioni di fumo alle parole amichevoli di concordia e conoscenza con il giovane.

Terminata la prima sigaretta il creativo accese la seconda sigaretta, e nuovamente avvicendava le inalazioni di fumo alle parole amichevoli di concordia e conoscenza con il giovane.

Terminata la seconda sigaretta, il giovane creativo disse al giovane: “Il fumo fa male.”

Il giovane creativo prese il proprio accendino, e bruciò i filtri per sigarette, la busta di tabacco, ed il portasigarette, guastò l’accendino bagnandolo nella fontana della piazzuola, non bruciò le cartine.

Il giovane si congedò.

Il giovane creativo raccogliendo dalla tasca centinaia dei suoi biglietti da visita, fece cadere distrattamente il plicco di biglietti da visita sui sanpietrini, il vento disordinò il plicco di biglietti da visita e li elevò al cielo come lo zefiro per i petali di ciliegio.

Il giovane allontanandosi si voltò sorprendendosi del vortice di biglietti che si stava realizzando, egli raccolse uno dei biglietti da visita dove vi erano intelligibili i libri del creativo, visualizzabili le sue opere artistiche e il suo contatto. Il giovane congedandosi dal creativo lo ammirò con sguardo pensieroso.

 

Alcune persone si sorpresero del vortice di biglietti che si creò e con curiosità, ne raccolsero alcuni.

Il creativo che ancora restava a pochi passi dal giovane che si allontanava si voltò verso di lui e gli disse: “Le ho raccolte, fortunatamente non si sono rovinate, si possono ancora usare.” Ed aggiunse:” Il tempo della nostra relazione è del tempo di poche sigarette.” Il creativo quel giorno poté realizzare la sua ambizione carrieristica, in quanto accadde che tra le persone che quel giorno raccolsero uno dei suoi biglietti da visita caduti sui sanpietrini vi fu una influente critica d’arte che contattò il giovane per realizzare con lui e con rinomati artisti numerose collaborazioni creative.

Alcune ore dopo il creativo ritornò nella piazza da cui si congedò ed alcuni biglietti erano rimasti nel medesimo luogo in cui furono lasciati.

Egli incontrò una giovane ragazza, lui si chinò e raccolse uno dei biglietti dicendole, “Mi è caduto distrattamente questo biglietto che ti regalo.”

La ragazza rispose: “Non mi interessa”.

Il giovane allora lasciò il biglietto da visita nello stesso preciso luogo in cui lo zefiro lo ebbe condotto. Alcuni giorni dopo una giovane ragazza approcciò il giovane creativo al tavolo del ristorante della piazzuola cittadina mentre faceva un origami con una cartina di sigaretta: “Ho con contentezza visto le tue opere d’arte e leggerò le scritture che hai regalato, sei una persona rinomata in questa cittadella, ho potuto riconoscerti poiché una mia amica mi ha raccontato di te, alcuni giorni orsono mi raccontò di uno sconosciuto a cui ebbe rifiutato il regalo di un biglietto da visita, lei mi ha detto di farti sapere di avere raccolto il biglietto che riponesti sui sanpietrini.” Il giovane creativo nel tempo del monologo della ragazza, realizzò due origami. Regalandole un origami le domandò di regalare il secondo origami alla sua amica dicendole: “Ho imparato a fare gli origami con le cartine di sigaretta per il suo disinteresse verso la mia creatività.”

La giovane ragazza ringraziò il giovane creativo per il regalo degli origami e se ne andò.

Il giovane creativo: “La nostra relazione è del tempo di due origami“.

La giovane ragazza, ora donna, si presentò al tavolo del ristorante ove ebbe incontrato il giovane creativo alcuni anni or sono, e scoprì che egli era stato un consuetudinario, ovvero una persona che durante le sue quotidianità si presentava nei medesimi luoghi in orari somiglianti.

Lui: “È più del tempo di due origami.“

La donna ricordò: ”Il tempo della nostra relazione.”

Il giovane con lo sguardo glaciale, incontrò casualmente il creativo alcuni mesi dopo il loro primo incontro, quando lo incontrò il creativo gli riconobbe un nuovo sguardo mansueto, più sereno, fu il giovane a intraprendere il dialogo con il creativo, dicendogli: “Grazie a te ho smesso di fumare”

Il giovane creativo rispose.

 “È più del tempo di poche sigarette.“

Il giovane ricordò: ”Il tempo della nostra relazione.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FENICI RISORTE

Dei pensieri che feriscono

 

Vi fu un tempo in cui i pensanti pensarono male le fenici.

I pensanti non potevano ben pensare le fenici, poiché i pensanti, osservando le fenici, pensavano i loro pensieri, non le fenici: Allora i pensanti erano ben pensanti di loro stessi e mal pensanti delle fenici.

Poiché i pensieri dei pensanti non sono le fenici. Le fenici sono le fenici.

(In ottemperanza della metafora mitologica) I pensieri dei pensanti non sono “più” le fenici. “Ora” le fenici sono eternamente le fenici.

Allora vi fu un tempo in cui i pensieri dei mal pensanti furono le fenici: poiché i pensieri dei mal pensanti compendiarono l’essenza delle fenici, le fenici furono un tempo ferite dai mal pensieri dei mal pensanti, i mal pensieri dei mal pensanti erano come fiaccole lanciate verso le fenici dai mal pensanti le cui fiammelle ardevano le piume delle fenici.

Allora le fenici divennero ciò che non sono, le fenici divennero “le fenici ferite” : “le fenici mal pensate dai pensanti.”

I pensieri dei mal pensanti furono dapprima le fiaccole che ferirono le fenici. Raccontiamo dei pensieri che bruciano, ed i pensieri dei mal pensanti realizzarono le ceneri delle fenici. 

Tuttavia fu in grazia del fuoco che dalle loro ceneri le “fenici ferite” risorsero ad essere eternamente rinnovate “fenici ri-sorte”.

Fu dal risorgimento delle fenici ferite, che le fenici non furono più sfiorate dalle fiaccole dei mal-pensieri dei mal pensanti.

Il fuoco è ora catartico per le fiamme delle fenici risorte.

E del fuoco che divampa dal lancio delle loro fiaccole ora i mal – pensanti ne rispondono, pertanto il lancio di una fiaccola alimenta il fuoco delle fenici che avvampando ferisce i mal-pensanti.

Tuttavia le fenici sono buone, innocenti, innocue; sono il mal-pensanti che sono causa del loro male e che piangono loro stessi.

Le fenici realizzarono compiutamente la loro innata essenza in grazia di loro stesse ed in grazia delle fiaccole. *¹

Le fenici sono le fenici.

Poiché rinate uguali a sé stesse dai pensieri maligni ora e per sempre restano sé stesse.

Le fenici sono ontologicamente “fenici risorte” (in ottemperanza della metafora mitologica)

Allora “le fenici” se non fossero state “fenici ferite” *, non avrebbero realizzato loro stesse (“fenici risorte” nuovamente risorte uguali a sé stesse.), ovvero esseri la cui sola innata essenza è il risorgimento.

 

Io non sono il tuo pensiero.

Non sfiorarmi

Con il tuo pensiero,

ti bruceresti.

 

PS

Rispetto alla metafora mitologica vi sono due variabili.

Le fiaccole che feriscono le fenici sono nella originale mitologia i raggi solari.

La fenice sceglie lei stessa di esporsi ai raggi solari.

 

Secondo una versione del mito, l’Araba Fenice dopo aver vissuto per 500 anni, prima di morire costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma, accatastava piante balsamiche e si adagiava al sole, lasciando che quest’ultimo la bruciasse. Dal cumulo di cenere emergeva poi un embrione la cui metamorfosi in nuova fenice era permessa dai somiglianti raggi solari che avevano ferito la fenice originaria. La nuova Fenice nell’arco di tre giorni volava ad Eliopoli e si posava sopra l’albero sacro.

 

Il METTERE IN BUONA/CATTIVA LUCE È UN NONSENSE

Il pensiero non è l’essenza pensata,

La fiaccola non è la fenice.

 

La fenice è illuminata dalla fiaccola.

La fenice non è la sua illuminazione.

La fenice non è la realtà che lei subisce.

La fenice è la fenice.

Il pensiero non può influire sulla realtà pensata nella misura in cui la realtà pensata è pensante del mindset che le permette di riconoscere che la sua essenza è illibata, impermeabile dalle piogge dei pensieri e di giudizi esteriori, semplicemente perché sono percezioni esteriori che ontologica ente non sono la sua essenza.

 

Comprendiamo allora che le percettività esteriori, seppur non abbiano coincidenza ontologica con la nostra essenza, possono essere una realtà che ha rilevanza per noi, è ciascuno di noi nella qualità della sua saggezza a plasmare le percettività esteriori secondo i valori della indifferenza, del danno o del l’arricchimento: Le medesime fiaccole ebbero effetti dissonanti nel tempo sulle fenici.

 

LA DIGNITA’ DELL’ OROLOGIO GUASTO

 

È più importante la superficialità esteriore o l’inner soul/mindset?

 

La fenice è la fenice ed un orologio è un orologio.

Un orologio non è il suo meccanismo. Poiché l’orologio è parzialmente il suo meccanismo.

Un orologio non sono le sue lancette. Poiché  l’orologio è parzialmente le sue lancette.

 

Se il meccanismo dell’orologio è labile o assente, vediamo le lancette ma sono ferme.

Se il meccanismo dell’orologio è presente, ma non vi sono le lancette, non possiamo leggere l’ora.

Tuttavia:

Il valore essenziale di una realtà non è il suo ottemperare ad una attività e funzionalità. *³

 

 

 

 

 

 

L’ ARCOBALENO ORIZZONTALE

 

L’arcobaleno orizzontale – Impariamo a scorgere in previsione il valore del poi.

 

La natura è così altruista e florida: Alle torrenziali piogge d’ottobre guardammo il cielo per vederne un arcobaleno, ma ci annoiammo presto e mentre voltammo lo sguardo verso il cemento il cielo si tinse di due arcobaleni concentrici. Magicamente fu l’arcobaleno a cercare il nostro sguardo: le fluorescenti e cangianti iridescenze della luce sula pietra bagnata realizzò sulla tela mosaicata di sampietrini della piazza un arcobaleno orizzontale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

*¹IL NOSCI TE IPSUM È FONDANTE LA RESILIENZA, LA INDIFFERENZA, IL RICONOSCIMENTO DI ONTOLOGICA ILLIBATEZZA DELLA NOSTRA ESSENZA RISPETTO ALLE ESTERIORITÀ DI GIUDIZIO E DI PENSIERO ALTRUI.

*²Non sono ora ad avvalorare il “ferimento” – si premette la ricerca della “buona prospettiva percettiva” delle negatività subite ove è quando dovessero accadere, ma è ovviamente bene e meglio che le negatività non sussistano.

Esulando la metafora mitologica della fenice, si argomenta qui il valore negativo del mal pensiero come fonte di mal-comportamento che può ferire, ed il ferimento non è ammissibile.

Allora scindiamo i mal-comportamenti ed i mal-pensieri nei due fuochi: il fuoco incandescente delle aggressività attive ed il fuoco fatuo delle aggressività passive. La passività è solitamente caratterizzata da una inesorabilità eterea, dalla nebulosa della procrastinazione delegante “laissez faire, laissez passer”

Che disorienta, dall’annichilimento, le negazioni iperdifensive sono proibizionismo attivo.

In relazione al mal-pensiero come falsificazione esteriore adduciamo la mancanza di rispetto come arteficio arbitrario dell’osservatore che cortocircuita, confonde, veste d’abiti di matrioska la prima verità essenziale, quella di un neonato in fasce, che le superficialità delle bambole cave custodiscono.

*³ Il fine del giudizio del valore essenziale di una realtà è la realizzazione( non della funzionalità che è una meta secondaria ottenibile con il raggiungimento della prima meta) della dignità del valore essenziale della realtà.

 

 

 

 

Pertanto – se la realtà orologio è priva di una sua facoltà – la superficialità delle lancette o privo della inner-reality del meccanismo – non dobbiamo lasciarci guidare dal Flow della inutilità – che addurrebbe il sacrificio della realtà sacrificata, l’impoverimento della realtà impoverita: elimino l’orologio con il meccanismo e privo di lancette o l’orologio con le lancette e privo del meccanismo.

La valorizzazione è in itinere, è il compimento delle latenti potenzialità della realtà – allora non si dirà di questi orologi (“hanno solamente il meccanismo o la lancetta” , oppure “mancano le lancette o il meccanismo, con tono di voce rassegnato) ma si dirà :”questi orologi hanno già il meccanismo o la lancetta.”, vi si avvaloreranno le qualità delle lancette (vi si riconosca che sono d’oro) o si riconosca il meraviglioso matematico funzionamento del meccanismo che fa ruotare correttamente i perni. Se il meccanismo fosse guasto vi si riconoscerebbe che esiste la complessità del meccanismo che è il 99 % della facoltà latente essenziale della realtà, vi basterà cambiare di posizione il vecchio ingranaggio, restaurarlo o sostituirlo con un ingranaggio nuovo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PASSO RELAZIONALE

 

Suggerimenti sul sapere se una relazione durerà.

Se consideriamo la misura del tempo di una relazione come nostra meta non andiamo molto lontani, perché potremmo non raggiungere la meta, nemmeno iniziare a intraprendere il percorso per raggiungerla, potremmo non aver voglia di compiere il primo passo. Potremmo annoiarci vedendo la meta troppo lontana, o interessarci solo della meta mentre i nostri passi non sono resilienti, audaci, avventurosi, ovvero basando il nostro focus sulla durata della relazione ci dimentichiamo della sua qualità ovvero potremmo vivere relazioni durevoli nel tempo ma povere di dialogo, di confronto, povere di litigio costruttivo, di affetto, di riconoscimenti. Allora dovremmo porre il principio che non vi sia il focus della meta del vasto tempo di relazione la cui probabilità d’avverarsi è aprioristicamente incerta, bensì che vi siano miriadi di focus relazionali – ovvero privilegiamo il passo alla meta e raggiungeremo l’infinito, poiché anche se raggiungessimo la meta che stimiamo essere la nostra meta lì ci fermeremo, mentre se valorizzassimo il passo, qualora raggiungessimo una meta incederemo il nostro passo verso altre vie. Allora valorizziamo il presentismo non il futurismo, la futura meta lontana del tempo vasto di relazione è un lontano panorama del sole sorgente che non ci è dato di raggiungere, vista la aleatorietà delle onde e degli scogli e dei venti che ci separano dal sole, mi capite bene, anche attraversando l’oceano che il sole sfiorava non raggiungeremo il sole che ci ha abbandonati alla notte mentre attracchiamo il nostro vascello al porto della città oltre oceano, se le onde non dovessero rovinare il nostro viaggio intendo. Allora non manchiamo la carezza agli sconosciuti, poiché ciascuno è sconosciuto prima di conoscersi e la sconosciutezza è il primo passo relazionale – pensiamo al tempo di relazione di relazioni che nemmeno intraprenderemmo?

 

Allora comprendiamo che amore è fiducia aprioristica perché il primo passo è il passo nuovo, avventuroso verso l’incerto, e spesso non muoviamo il primo passo perché siamo viziati di certezze e temiamo l’incertezza. L’amore è anche litigio è il passo in versi opposti ma sottesi non dal silenzio, bensì dal litigio poiché litigando correggiamo i nostri passi verso di noi. Ma perché sogniamo il vasto tempo di relazione? Perché vorremmo che le relazioni durassero nonostante dimostriamo attitudini presenti dissonanti con il nostro sogno futuro. Quanto durerà la nostra relazione? Mi avvalgo d’un realismo severo, perché siamo noi stessi la nostra relazione e noi stessi i medesimi ad essere severi. Allora non illudiamo e non illudiamoci di ambizioni relazionali sponsali quando non sappiamo sfiorarci con un abbraccio, quando non sappiamo ricambiare un saluto, quando non sappiamo rispondere ad un messaggio, quando ci misconosciamo, quando non vogliamo intraprendere l’iniziativa di conoscenza o quando siamo asettici ai sentimenti altrui – il passo è il valore aggiunto – se non compiamo il passo la meta della resilienza relazionale non la raggiungiamo. Allora comprendiamo il valore delle iniziative relazionali quotidiane, che sono puri valori aggiunti – sono regali, doni, ovvero attitudini indifferenti alla qualità attitudinale della persona con cui ci relazioniamo – le iniziative sono l’innesto proattivo del sempre nuovo – la innovazione relazionale. Perché la innovazione è la premessa della resilienza e della durata relazionale? Primo perché la innovazione, il puro dono relazionale inizia la relazione indipendentemente se sussiste carenza di reciprocità creativo relazionale, secondo perché la innovazione è proattiva, ovvero perché funge da restauro relazionale, ovvero, nella possibilità in cui vi sia decadenza relazionale, nasce il germoglio sul ghiaccio, ovvero vi è rimarginazione della ferita, non acutizzazione della ferita relazionale. Allora baciamo nonostante sia fuori luogo, l’assurdo è innovativo e creativo, l’affetto è il vasto passo relazionale. Non ci si conosce solo parlando.

Ci annoiamo? Sì. Allora cortocircuitiamo il sistema relazionale strutturato sulla noia e rivoluzioniamo il foglio bianco con i nostri colori diversi – qualcuno segnerà sul bianco il celeste, qualcuno segnerà il verde giada, altri colori – ma sapete chi non aggiungerà colori? Gli stessi che diranno di coloro che hanno aggiunto i loro colori che sono noiosi – ma capirete che i veri noiosi sono coloro che hanno giudicato malamente senza aggiungere nulla alla noia se non il loro noioso sdegno verso i creativi. Di chi sto parlando? Dei tradizionalisti. Il tradizionalismo non è proattivo, è anacronistico. Ovvero è fuori dal tempo, quale tempo? Il presente. Il presentismo è fluido, il futurismo è irenico, il tradizionalismo è marmoreo. Il marmo è statico, il fluido è in persistente movimento, il sogno è virtuale. Il tradizionalismo non è coevolutivo, ovvero non è flessibile al cambiamento.

 

Allora fondiamo le nostre speranze relazionali ai tempi morti del passato e del futuro – le statiche relazionali tradizionaliste cristallizzano un tempo presente che è non cristallizzabile, il tradizionalismo vuole gelare il flusso delle acque del ruscello relazionale, mi capite che non si va avanti!

 

Nonché fondiamo la resilienza relazionale sulla fumosità del futuro che è una nube aleatoria lontana che non sappiamo gestire e che compromette la nostra lucentezza attitudinale del passo presente – la previsionalità – nella tua domanda anteponi come prevalente la previsionalità, ma questa non esiste, non è reale, è un sogno, la realtà è la esistenza presente della relazione ed insieme la qualità del passo relazionale che adesso intraprendiamo insieme. All’assurdo della dilatazione temporale nei tempi morti del passato e del futuro si accompagna l’assurdo del luogo morto relazionale, ovvero la virtualità – la virtualità è caratterizzata da entrambe le problematicità del passato e del futuro, ovvero è aleatoriamente irenica come il futuro ed è statica come il passato ma è caratterizzata da una staticità paradossale.

Da una cinesi statica, la virtualità è come il flusso di acqua di una fontana, sembra fermo, glaciale, nonostante le miriadi di gocce siano tutte in costante movimento, un movimento follemente caotico in cui le relazioni vis a vis si scindono. In due parole allora strutturiamo le nostre relazioni sul qui e adesso reale e conduciamo le nostre relazioni che sono sui livelli di assurdità spazio temporale anacronistici e irenici verso il qui e adesso reale. Allora ai nostri messaggi dobbiamo rispondere, dobbiamo visualizzare il messaggio, perché ciò significa che ci riconosciamo nel luogo relazionale virtuale e rispondendoci trasliamo la nostra relazione dal livello virtuale al livello reale. Allora se non è naturale la dinamica di conoscenza reale meno naturale è la statica di conoscenza virtuale. Non procrastiniamo la relazione dialogica virtuale nella statica dell’online unwelcoming e di green silent far lights. Compiamo il primo passo, io o te. Perché avvaloriamo il passo e non la lontana meta. Ed infine argomentiamo del blocking che si rivela essere la inesorabile fine relazionale e il segno della più evidente severità relazionale, non vediamo la meta e annichiliamo la meta, il passo, noi stessi. Bloccando le altre persone blocchiamo noi stessi nella filosofia secondo cui la attitudine è autoattitudine indotta. Qui argomentiamo del valore del sogno, della facoltà relazionale latente, della possibilità. Ho già argomentato nei miei libri quanto la decontestualizzazione temporale di un pensiero che è precedente alla realtà attitudinale possa implicare attitudini sulla difensiva aventi effetti di aggressività passiva verso i quali si inventa saranno artefici anacronisticamente di negatività attitudinali. Allora la mentalità stolta è questa, stolta perché caratterizzata da un sistema non ottimale, ovvero che perde e perché agisce fattualmente aggressività in ottemperanza del pensiero di una negatività non esistente poiché proiettata nel tempo. La dinamica è questa : ti annichilisco perché forse in futuro potresti recarmi noia.

 

 

Allora il “ti annichilisco” è il danno reale presente, mentre il “forse in futuro potresti recarmi noia” è una proiezione inesistente. Allora il prevenire non è la prioritaria cura di una ferita che non esiste ma è la causa del ferimento. Ed arriviamo al punto cruciale : il fondamento della relazionabilità è la coevoluzione, questa realtà è talmente forte da essere garante della relazionalità altresì tra sconosciuti – perché la tradizionalità non perdona – perché non perdona? Perché non ammette il divenire, perché è statica, perché si dice di una persona o di una relazione che è così e punto, che è marmorea, cicatrizzata. Allora la tradizionalità è in comunione con la severità non solo del perdonare e della non redenzione, ma anche del pregiudicare, abbiamo visto come il pregiudizio è ostacolante la resilienza relazionale. Mentre la coevoluzione instaura la possibilità e la accoglienza come motori relazionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RELIEVE

 

“Mi sento davvero schiacciato e sovraccarico dalla vita, mi puoi dare un consiglio su come superare questo momento? “

Dalla tua domanda:

La vita, il tempo della vita è vasto, ricchissimo di esperienze, di felicità e sofferenze, di riconoscimenti e di delusioni, di speranze raggiunte e disattese. La vastità temporale è esperienziale del tempo della vita comporta ovviamente un carico emotivo, intellettivo, mnemonico, sentimentale come dici te insopportabile, difficilmente gestibile nell’istante presente. Il nostro obiettivo è di alleggerire questo carico. Come? Cambiando mentalità, semplificando e riducendo il carico psicologico.

Pensiamo allora al Sole. Ogni giorno risorge “leggero” e rinnovato. Il Sole è nella sua essenza ontologica ciò che è stato. Tuttavia ciò che è stato non inficia la sua qualità resiliente quotidiana.

Pertanto in ambito temporale trasla la tua mentalità dalla vastità dei decenni di vita alla quotidianità dell’oggi, ed ancor più alla semplicità del l’adesso, ma non cancellando il tuo passato o le ambizioni del tuo futuro – ma gestendo i macrotempi del passato e del futuro come visione di senso olistico, come percezione istintiva d’insieme, leggera e serena, come buon consiglio per le tue attitudini presenti. Non applicare ai macrotempi del passato e del futuro il ragionamento di giudizio critico, poiché aggravano il carico di pensiero presente in quanto si attua una self-responsibility che implica il tuo dovere appunto gestire e risolvere razionalmente miriadi di singolarità (tra cui molte non risolvibili).

Tuttavia nel tempo sincronistico dell’adesso vi può sussistere una gravità locale, non temporale, il tempo è la costante dell’adesso, il luogo è la variabile di pluralità esperienziali. Come gestire la frenesia dell’adesso? Prioritariamente riconoscendo la tua unicità e la tua umanità. La ubiquità non è umana. Pertanto si svolge una attività alla volta, in ottemperanza di una gerarchia soggettiva. È importante semplificare e non problematizzare. Let it be. È fondamentale ricordare che sussiste la responsabilizzazione biunivoca tra ambiente e persona che agisce in quell’ambiente. Proviamo a riflettere. Che cosa aggrava il carico psicologico di una persona? È il carico di responsabilità. È importante assimilare il concetto “non tutto dipende da noi stessi” “la responsabilità della realtà non è solamente della persona” ma appunto la responsabilità olistica è scissa tra ambiente (pluralità di persone) e persona. Un terzo consiglio è relativo ai concetti di multicontestualità e di “finzione” nella accezione di elusione creativa: pertanto se percepisci una realtà contestuale presente soffocante e alienante – applica una astrazione, una decontestualizzazione. Ovvero riassetta il tuo carico psicologico osservando la medesima realtà da una altra prospettiva – PIÙ LEGGERA. La immaginazione è caratterizzata da flessibilità – applica allora la tua immaginazione alla inflessibilità e inesorabilità del reale – (ALLORA pensa “È se non fosse così, come sarebbe?” questo pensiero è valevole per due punti: il primo è che ha un valore minorativo sul carico che la realtà impone sulla tua persona – e in secondo luogo vi aggiunge un immediato collegamento psicologico tra te e il reale – questo collegamento è la valorizzazione del tuo sé volenteroso) . e mediante il tuo pensiero creativo realizzerà il “Potrebbe essere diversamente” che hai immaginato. Un ultimo consiglio ha luogo nella dicotomia locale tra il qui e il lì. Riflettiamo. Il tuo carico psicologico sussiste nel luogo “qui” che tu nomini “vita” – pertanto rifletti logicamente. Se non vuoi il carico psicologico che caratterizza il luogo del qui. Vai cercando ciò che non è carico psicologico- cerca il “non qui”, il non luogo rispetto al luogo che ti stabilizza. Allora cercherai prima psicologicamente, poi realmente il luogo del “lì” semplificando se il conformismo e la matematici della consuetudine ti ostacola. Oltre il limite di mentalità locale.

 

 

Liberati, varca il limite esperienziale del dover essere indotto verso di te per realizzare nel luogo contestuale “qui” il dovere essere “lì” che hai immaginato. O diversamente divieni outsider, ovvero varca realmente il limite reale locale del “qui”.  Michele_vitti 23 Novembre 2022

Se una penna per magia dovesse cadere inesorabilmente eternamente con insistenza replicativo su un foglio fino a stropicciare, graffiare, strappare, ledere il foglio. L’unica cosa che può fare il foglio è spostare sé stesso. O cortocircuitare la magia che obbliga la penna a muoversi replicativamente ugualmente, il ché non è impossibile, ma è molto complicato e complesso.

È da attribuire al foglio la responsabilità di restare fermo nel luogo dove la penna insiste.

È da attribuire alla penna la responsabilità di non liberarsi dalla magia che implica il danneggiare il foglio.

Metaforicamente:

Il foglio: Persona che si trova in un luogo ostacolante.

La penna: la pluralità di persone che compendia o l’olismo della pluralità di persone che intervengono relazionalmente con il foglio.

La magia. Le deleghe di responsabilità delle persone dell’ambiente e le costruzioni conformiste del dovere essere oggettivizzante.

Come stimare il valore di una realtà? Ebbene se dopo avere lasciato il luogo reale del “qui” ovvero essendovi outsider di tua iniziativa o Emarginato per repulsione e esclusione del “qui” (la esclusione e attitudini consonanti è un primo esempio di disvalore del sistema “qui” poiché agisce al fine di perdere.

Espulso (da chi?) dall’ambiente, come vedi è contestuale la responsabilizzazione del sistema ambientale “qui”.)

 verso te Osserva come si comporta il luogo relazionale del “qui” se vi ritornerai. Se non verrai accolto/a il “qui” non ha valore perché un sistema che rifiuta è un sistema carente, non ottimale, perdente, poiché questo sistema perderebbe te.

Michele_vitti 23 Novembre 2022

LA PAROLA ALTERNATIVA

 

Se la verità è una sfera e le prospettive sono gli osservatori infiniti le cui rispettive prospettive riconoscono ciascuna delle sue dimensioni variopinte del tempo e dello spazio, sii ciascuno di essi – immedesimati nella loro singolarità e fa si che queste persone entrino in dialogo tra loro nella tua fantasia relaziona tutte le diverse prospettive che puoi gestire, come? Immagina di entrare in contatto con un numero infinito di te stessi – così i puzzle della sfera della verità saranno conciliabili nella misura in cui vi saranno coincidenze di pensiero – allora rivela la tua sfera di pensiero incompleta ad una seconda persona e donate vicendevolmente i puzzle mancanti con curiosità camminando insieme verso la verità.

Perché?

Per uscire dalla nostra culla.

In ciascuno di noi resta una parola indecifrata ma intelligibilmente avvolta dal mistero – è lo 0,01 % della nostra volontà che può confutare il 99,9% della realtà che è inesorabile, destinata – in una alternativa la possibilità di essere il nostro destino – poni il tuo sguardo verso l’impensabile, e riconoscendo lo realizzerà, sii il compositore del futuro che è ancora da scrivere – ci sono dei segni simboli del percorso della novità – il silenzio e il “No”, dell’inconsueto si ha paura, se il consuetudinario è la culla, esci dalla culla, non ripetere il consuetudinario. Quando inizierai a sentire il silenzio e il “No” significa che ti stai avventurando verso il mai visto, verso il non pensabile, verso il nuovo, sarai il germoglio del cambiamento.

 

 

 

 

 

 

INNER UNIVERSE AND OUTSIDE UNIVERSE

 

 

Quanti libri riusciresti a leggere nel periodo di un mese? La lettura non insegna a competere. Esistono parole che hanno più valore di miriadi di libri, sono le parole simbolo, sono parole che nel loro significato custodiscono tutte le altre, solitamente sono parole ancestrali, come le lingue ancestrali, profonde, come il greco e i latino da cui sorgono le altre lingue. Il gioco è cercare e trovare le parole simbolo. Pertanto la quantità della lettura non sempre è accompagnata dalla qualità di ricchezza culturale e di intelletto, considerando altresì che la stoltezza è povertà culturali possono implicare migliori proattività attitudinali creative dell’intelletto culturale In più considerando che l’innovazione culturale presuppone il valore aggiunto puro, l’ininfluenzabilità dalle culture preesistenti è la causa prima del compimento del nuovo – il nuovo è la nascita del diverso ‘non c’ è ‘- si può avere innovazione altresì in grazia del valore aggiunto “somigliante” ovvero la creazione di valori somiglianti rispetto ai valori presenti, questo a contesto della realtà che nessuno può astrarsi  al 100% dal reale, poiché ciascuna persona è nel tempo della sua vita in relazione con l’ambiente reale. Si può nella misura in cui si vuole. Se ciascuno di noi è in latenza un universo – è sufficiente la volontà per realizzare le qualità dell ‘ “inner universe” nell’ “outside universe”, pertanto l’avverarsi che l’universo personale individuale sia rivoluzionario dell’universo mondiale non è un assurdo. Semplicemente perché l’inner mindset possiede le vastità di complessità iconiche della realtà esteriore universale. Gli universi (inner ed outside) hanno diritto e dignità di reciproco cambiamento, in quanto entrambi universi costituiti ontologicamente da complessità sistemiche uguali.

 

 

 

IL GESTO DI UNA CAREZZA DAL VUOTO ALL’UNIVERSO

La storia di una carezza: Quando siamo lontani anni luce ci sfioriamo con il pensiero e già siamo qui.

Oltre il limite la forza di gravità ascende le sabbie della clessidra, alla soglia degli estremi le sabbie volitano gioconde vibrando i cristalli del tempo rendendo somiglianti gli opposti e esistente ciò che non è.

Il passo dopo avere scritto l’ultima lettera non è la fine dello scrivere ma il rileggere, il ritorno alle scritture per assimilarle e riordinarle, se ciò che scrivesti anni fa ha ancora senso sei ancora in tempo, così è per le relazioni il ricordo ed il pensiero di noi conquistano ordine grazie allo spazio della solitudine e senso in grazia al nuovo tempo del ritorno.

Michele Vitti 17 dicembre 2021

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO SECONDO

 

LO SCRITTORE SCIAMANO

 

 

PER REALIZZARE QUESTA TESINA VI HO ASCOLTATI

NON AVREI POTUTO NON ASCOLTARVI.

UN ELOGIO ALLA SPIRITUALITA’

LA LOGICIZZAZIONE METAFISICA

 

 

LA ATTITUDINE INDIVIDUALE È LA MANIFESTAZIONE DELL’OLISMO DEL NOI

La valorizzazione e dignità reciproca dell’io e del non-io (del prossimo)

L’INFLUENZA SUBCONSCIA

Siamo destinati ad essere influenzati da chi non è presente semplicemente poiché abbiamo avuto relazione con chi non è presente, siamo influenzati altresì da coloro con cui non abbiamo avuto relazione reale ma con i quali abbiamo avuto contatto esperienziale culturale passivo, pensiamo alle nostre letture culturali di pensatori passati.

Noi e le nostre attitudini Siamo medium mistico-sciamanici delle persone con cui siamo entrati in relazione - secondo tale prospettiva la nostra fine è inesistente. Di qui una reale prospettiva della verità esistenziale della immortalità. Invero la nostra finitudine è limitata alla nostra facoltà mnemonico-fideista.

Chi non ha fede non ricorda - è fondamentale la attenzione proattiva al ricordo.

Sciamano:

https://www.treccani.it/vocabolario/sciamano

 

 

Sì. LO SCRITTORE È INFLUENZATO DALLE PERSONALI LETTURE E INCONTRI RELAZIONALI PASSATI E PRESENTI.

UNO SCRITTORE È UN INTERLOCUTORE COME GLI ALTRI INTERLOCUTORI, UNO SCRITTORE È UNO SCULTORE.

Lo scrittore ferma sul foglio il flusso multidimensionale di idee, il fiume oceanico della memoria, come lo scultore ferma sul marmo la sua idea tridimensionale.

 

Il fatto che io sia ora, qui, a questo punto della mia vita, a scrivere questa lettera, non la lettera cartacea, ma proprio questa lettera, la ultima lettera di questa parola, (la scelta presente di questa parola e la conseguente direzione tematico-discorsiva e non di una altra non è solamente grazie a me, bensì grazie a noi) che continua a variare secondo dopo secondo mentre la linea verticale di scrittura intermittentemente incede sul foglio bianco al ritmo musicale del fluire dei miei pensieri, è grazie a me, ma soprattutto grazie a tutti voi, a chiunque io abbia incontrato, alla qualità di esperienze e dei sentimenti che ho vissuto insieme a voi, agli scrittori che ho letto.

Gli argomenti di queste riflessioni sono i nostri argomenti, le tematiche che ci interessano.

I sentimenti mnemonici hanno valore di comunione che compendia il luogo solitario.

 

SOSTENERE CHE CHIUNQUE SIA SCIAMANO SIGNIFICA ESPRIMERE CHE NESSUNO È MAI SOLO, COMUNQUE SIA QUALSIASI ATTITUDINE NON È MAI AUTOGRAFA CIASCUNA NOSTRA ATTITUDINE PRESENTA PERTANTO MIRIADI DI AUTORI E AUTRICI E DI CONSEGUENZA MIRIADI DI FIRME - RISULTANTI DALLA INFLUENZA ONNISCIENTE ED ONNIPRESENTE.

CHIUNQUE E’ SIMUTANEAMENTE MEDIUM SCIAMANO E MANO INVISIBILE PER ALTRI MEDIUM SCIAMANI

We’re the electromagnetic medium between heaven and earth.

Le mani invisibili sono le influenze passive, attive, subconscie e consapevoli di qualunque persona con cui abbiamo avuto relazione, e di qualunque persona con cui non abbiamo avuto relazione – poiché esistono e ci influenza no le persone a noi sconosciute con cui non entriamo in relazione. E noi siamo i medium di essi – sicché la nostra attitudine è integrata, influenzata dalla loro esistenza attitudinale.

La fatuità e la spiriticità delle influenze qui caratterizzate permette al medium sciamano la libertà attitudinale di confutare i consigli delle anime influenzanti. Possiamo opporci alle nostre mani invisibili, le mani invisibili sono come gli scrittori di cui leggiamo i libri dei quali siamo liberi di raccoglierne i consigli, ma anche di scegliervi mentalità alternative

Diamo al mondo le nostre idee. Il pensiero puro quasi non esiste, poiché il pensiero puro è la complessa qualità del nostro primo istante di vita. Dal primo istante di vita in poi il pensiero è relazionale, plasmato dalla nostra molteplicità relazionale e dalla complessità dell’ambiente.

La influenzabilità non è una possibilità ma è una verità realmente onnipresente, ovvero non è possibile non influenzarci.

Il connubio del pensiero di cui lo scrittore si rende messaggero rende onore a lui stesso ed alla molteplicità pensante di cui è influenzato.

LA VALENZA ISPIRATIVA DELLE INFLUENZE RELAZIONALI ESPERITE.

LE RELAZIONI CONCORRONO A REALIZZARE L’OUTSIDE UNIVERSE, LE RIMEMBRANZE RELAZIONALI, LE MANI INVISIBILI CONCORRONO A REALIZZARE L’INNER UNIVERSE.

LA ONNISCENZA CI È GIÀ DATA, SIAMO INNATAMENTE ONNISCIENTI - LA NOSTRA ATTITUDINE È MANIFESTAZIONE DI CIÒ CHE DELLA ONNISCENZA NOI VI COGLIAMO.

Citazione

Intelligenza mistico-intuitiva innata appartenente a ciascuno di noi che assume le sue qualità nelle rare verità simboliche ancestrali implementabili:

https://www.fattistrani.it/post/laszlo-polgar-figlie-geni-scacchi

 

 

SIAMO ALTRESI’ GRAZIE A CIÒ CHE SIAMO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE ACQUE NELLE ACQUE

 

Primariamente all’agire ed al reagire deve essere la realtà essenziale che agisce e che reagisce.

Pertanto la domanda ancestrale è “chi siamo”.

Una prima risposta è che non siamo ciò che sembriamo, per il motivo che la parvenza è una astrazione esteriorizzante di noi, la prova di questa affermazione è nella affermazione stessa.

Studiamo la frase “Non siamo ciò che sembriamo”

La parola “siamo” è la associazione ontologica e contenutiva della nostra pura essenza.

La parola “ciò” è la realtà “contenutiva ontologica” della astrazione della parola “sembriamo”

Allora concludiamo che la negazione “non” è vera e giusta. Perché “Siamo” non è “ciò”.

Giudichiamo erroneamente La parvenza di essenza, la essenza.

La parvenza di essenza non è l’essenza poiché è il risultato della parvenza, ovvero di una rielaborazione verso la nostra essenza dello sguardo esteriore dell’osservatore.

Pertanto non è vero che la pura essenza ontologica si compie nell’ambiente della solitudine, è vero che si compie altresì nel luogo della solitudine in assenza di osservatori ed altresì nei luoghi relazionali - tuttavia semplicemente si adduce che la astrazione della percettività esteriore ed esteriorizzante della prospettiva degli osservatori non è la essenza reale essenziale osservata.

Derivativismo, simulazione ed imitazione.

Tuttavia è vero altresì che la relazione ha un valore interiorizzante, ovvero che rendiamo delle nostre percettività interiorizzante una realtà compendiante la nostra realtà ontologica attitudinale.

 

 

 

 

Sicché non possiamo non essere relazionali, la nostra essenza ontologica non può che essere influenzata dalle nostre relazionalità. Pertanto secondo i massimi sistemi attitudinali gli infanti simulano i genitori, per questo motivo i genitori sono primariamente responsabili. Tuttavia la realtà simulativa relazionale non termina nei primi mesi di età ma in verità sottende l’intero arco della esistenza - proprio perché non possiamo non essere relazionali - allora implementeremo il nostro mindset con le nostre letture, la penseremo come i più profondi pensatori esistenti, simuleremo gli attori, e ciascuna persona con cui instauriamo relazione nella nostra quotidianità. È qui in atto una reincarnazione psicologica - in quanto la medesima realtà ideale spirituale si reitera grazie al medium della persona che crede nell’idea psicologica o nella attitudine di una altra persona e le dona nuova realtà dialogico-attitudinale. Tuttavia seppur siamo la sommatoria olistica delle nostre reazioni non siamo solamente e semplicemente la sommatoria olistica delle nostre relazioni - il sistema CAS coevolutivo imitativo è solamente un universo del nostro Multiverso ontologico. Una idea della nostra complessità in relazione con il mondo naturale sono i fiumi dell’oceano. “The water in the water”, le somiglianze ontologiche tra realtà marina e celeste, le nuvole sembrano onde dell’oceano. Instabilità di kelvin – helmotz, il nostro DNA MULTIDIMENSIONALE.

https://www.fisicaquantistica.it/scienza-di-confine/il-ruolo-del-dna-nella-ascensione

 

Pluridimensionalità naturale oceanica

 

https://www.lastampa.it/viaggi/mondo/2017/03/09/news/un-fiume-che-scorre-sotto-il-mare-il-miracolo-della-chimica-nella-penisola-dello-yucatan-1.34631915/

 

 

Il riconoscimento esteriore di moralità, spiritualità e di giustizia e la relativa onorificenza e facoltà di autorevolezza decisionale eteronomizzante può non coincidere con la essenza ontologica morale, giusta e spirituale del/della riconosciuto/a onorifico/a. Mentre potrebbe essere pienamente morale, spirituale e giusto l’innominato, il povero vagabondo che chiunque trascura.

 

LA PROATTIVITA’ DELLA CREATIVITA’

La rarità dell’indeterminatezza è lo spirito di curiosità.

https://www.greelane.com/it/humanities/inglese/indeterminacy-language-term-1691054/

Un/a infante commossa pronunciò tra le sue prime parole “una verità” – nella semplicità di lui/lei era custodita una complessità universale catartica – tuttavia la infante stessa non si rese conto del valore fondamentale delle sue parole, nemmeno le persone che intravvisero la sua attitudine, non ne riconobbero alcuna rilevanza e urgenza conoscitiva. Tuttavia, seppur non ricordando la qualità di ciò che ebbe valore, la/il infante ebbe custodia della reminiscenza dell’aver vissuto e dell’essere stato/a simbolo rivelativo di una realtà fondamentale. Pertanto le sue azioni dalla sua infanzia in poi furono condotte dalla ricerca, dal sogno di ritrovare ciò che ebbe vissuto e che intuì importante per lei e per le altre persone. Talvolta nel corso della sua vita lei/lui visse risonanze percettive in esperienze che razionalmente secondo lei e secondo le altre persone parvero essere scontate, irrilevanti – tuttavia in sé lui/lei percepì una subconscia dissonanza valoriale, un tinnìo di risonanza in quelle quotidianità delle sue idee originali-ancestrali.

 

 

 

 

 

 

Al culmine della sua senilità pronunciò con commozione le medesime parole che ebbe pronunciato nel momento della sua infanzia – tuttavia egli non ricordò e non si accorse che fu il secondo momento che ebbe pronunciato la perfetta sequenza di quelle parole, come se una intera vita esperienziale riconducesse alle origini, tuttavia intuì nella sua commozione un senso di urgente rilevanza. Allora le scrisse e le consegnò alle persone comunicando loro di avere intuito che fossero fondamentali e che per questo motivo fossero degne di essere conosciute e condivise.

 

 

LA VIA CI DETTA IL SEGNO

Butterfly effect about creativity.

Fato, destino.

La mano invisibile della creatività

15% about the writer to realize the book

85% the way the novel it is the dictation for the writer.

The writer it is self influenced by his creativity and by his literal creature.

15% La foglia muove lo zefiro

85%L’uragano muove la foglia

 

“La natura ha donato a tutti ali secondo necessità.

Dispiegale per solcare e vincere quell’aria per volare non meno di quanto sembri opporsi a essere solcata.

Dopo che con fatica l’avrai vinta, questa, non ingrata, ti spingerà avanti sostenendoti. “

Giordano Bruno

 

La forza potenziale creativa è direttamente proporzionale alla resilienza implosiva. La implementazione creativa è la conseguenza alla reazione resiliente ad una minorazione.

 

 “La ricerca tensionale verso il significato, questo senso di desiderio, ci indica sempre che tutti i fenomeni psicologici contengono un movimento che parte da un sentimento di inferiorità e arriva verso l’alto, il sentimento di inferiorità ci eleva. La teoria della Psicologia Individuale della compensazione psicologica afferma che quanto più forte è il sentimento di inferiorità, tanto più alto è l’obiettivo per il potere personale.”

Alfred Adler From “A new translation of Individual Psychology”  1923

 

“Essere creativi significa aprire le pesanti porte della vita. Non è un compito facile. Può essere addirittura una sfida improba. Aprire le porte della propria vita in realtà è più difficile che aprire le porte sui misteri dell’universo. Ma è questo il modo di vivere che manifesta sintonia con le verità più profonde della vita stessa; solo così possiamo rivendicare il nostro diritto di essere umani. Agendo in tal senso ci rendiamo degni del dono della vita che abbiamo ricevuto. Non c’è modo di vivere più misero di quello delle persone che ignorano la gioia profonda che scaturisce dalla sfida volta a rigenerare la vita da dentro noi stessi. Il significato autentico della nostra umanità si trova nella capacità di attingere alle fonti creative della vita.”

DAISAKU IKEDA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I livelli di ordine superno di creatività sono raggiungibili mediante l’illusione di invariabilità delle creatività raggiunte - il raggiungimento della realizzazione di una importante creatività deve essere funzionale alla realizzazione di creatività di ordine superiore. Allora la creatività raggiunta, una volta raggiunta non deve essere ritenuta la meta raggiunta dove si ritiene corretto fermarsi, bensì un semplice passo verso mete di livello di ordine superiore. Pertanto se ritengo una realtà non finale ma funzionale, e se ritengo una realtà illusoriamente invariabile (nonostante sia reale il beneficio catartico della creatività realizzata) sarò disponibile verso un nuovo spirito proattivo ed a una eventuale iniziativa di miglioramento o di implemento con altre nuove creatività della creatività raggiunta ora percepita come strumento meditativo di creatività superne e non come finalità inerte. La bontà di questa riflessione si avvale della mentalità di pluricontestualità.

 

L’ASTRAZIONE CREATIVA

Astrazione non è indifferenza all’ambiente ma è riconoscenza e gratuità verso di esso in quanto iniziativa di colui/colei che abita l’ambiente di integrarlo di lui/lei migliorandolo. L’outsider intraprende con curiosità  l’avventura verso la sconosciutezza dell’oltre al fine di arricchire l’ambiente delle sue origini delle diverse conoscenze che ha incontrato durante il suo viaggio.

Astrazione si contrappone alla facoltà del riflettere - del brillare di luce riflessa, il riflettere presuppone la acquisizione di vitalità dall’ambiente, se l’ambiente non è vitale, se siamo supportati solamente dalla facoltà della riflessione, ci affievoliamo e spegniamo l’ambiente.

Concludiamo allora che ciascuno di noi può essere ambiente colorato, vitale e rivitalizzante di ambienti esteriori se privi di colori. Essere imperturbabili dal luogo e dal tempo è possibilità della manifestazione della nostra identità riconoscibile come novità rispetto al luogo e al tempo.

L’astrazione, l’imperturbabilità e la vitalità in noi       

L’astrazione è la facoltà garante del ‘brillare di luce propria’.

L’astrazione è l’ambiente che germoglia la resilienza e la creatività, secondo questo principio il calore di un fiore potrebbe sciogliere la neve che lo cristallizza. Il Sole non brilla perché è riflesso dalla Luna, il Sole non riscalda per essere riscaldato e non desiste dall’illuminare perché è circondato dal buio. Secondo l’astrazione ogni luogo ambiente, i più avversi, sono ideali; così ad esempio il luogo della solitudine presenta analoghe possibilità creative rispetto al luogo della compagnia, il luogo della fine è il più ampio spazio di possibilità di iniziare nuovamente, i luoghi negativi sono luoghi vasti di incremento, di miglioramento, la qualità illuminante del Sole è più rilevante proprio perché il Sole è circondato dal buio.

Sun everywhere begins lightly rising always new and enlightened by the reminiscence of his ancestral flames

Il Sole ovunque inizia risorgendo leggiadro sempre nuovo e illuminato (Ispirato) dalla reminiscenza delle sue fiamme ancestrali.

No matter where you l re while there your inner self is the enlivening place, you already have life, need life

 Realize it — share it by your inner soul to the place you enliven.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ELISIR DELLA GIOVINEZZA

L’elisir della giovinezza è una mentalità complessa diveniente, fiorente, animata dallo spirito di curiosità e di onnipresente incompletezza in destino tensionale di completarsi.

 

La crescita è un miglioramento creativo.

L’avanzamento del procedere del tempo, l’incremento della età in relazione all’invecchiamento non è lineare, bensì è un divenire ontologico pluricontestuale complesso. In verità l’avanzamento del procedere del tempo può coincidere con il compimento del nostro ringiovanire ad esempio considerando il paradosso in relazione alla associazione di un aspetto di senescenza immatura che possediamo nella età infantile in relazione alla nostra verginità di potenzialità latente, l’infante è in atto ed in potenziale di conoscere il significato della sua realizzazione e di portarla a compimento, i bambini prodigi si realizzano già all’età della prima giovinezza. Un primo significato di gioventù può essere ricondotto alla comprensione del senso della nostra passione creativa, il secondo livello di gioventù accadrà dinanzi negli anni e risulta la realizzazione fattuale della passione creativa che abbiamo focalizzato nella nostra prima fase di curiosità fiduciosa. Pertanto la nostra crescita temporale verrebbe a coincidere con la nostra evoluzione, con la nostra rivoluzione, con il nostro impegno nel compiere in realtà le nostre potenzialità latenti, pertanto la nostra graduale realizzazione esprime puramente il nostro ringiovanimento.

La neuro-flessibilità infantile può essere implementata nelle età successive, realizzando la possibilità che le realtà con cui ci relazioniamo siano una occasione implementativa delle nostre facoltà ed una energia funzionale alla espressione delle nostre facoltà latenti.

 

 

 

UNA DEFINIZIONE DI ISTINTIVISMO

L’Istintivismo ha importanti relazioni con il derivatismo. In quanto la instintività è frutto della influenza derivativa.

Istintivismo – una direzione basata sull’idea che la vita è la somma dei comportamenti e delle attività delle persone che sono guidate da una serie di istinti innati ed ereditari. Il principale rappresentante dell’I. era l’inglese W. McDougall, che pubblicò le sue opinioni principalmente nelle opere An Introduction to Social Psychology (1908) e The Group Mind (1920). Si basava sul presupposto che gli istinti fossero le fonti o le motivazioni decisive di tutti gli individui.

Egli ha basato la sua teoria del comportamento essenzialmente naturalistico, sottolineando le connessioni tra psicologia umana e psicologia animale e consentendo la spiegazione di psiche fenomenologiche più complesse. Egli considerava l’istinto una disposizione psicofisiologica ereditaria o innata, che induce l’individuo che ne è dotato a percepire oggetti di un certo tipo particolare e a focalizzarsi su di essi, sentendo una specifica commozione che replicativamente, reciprocamente e biunivocamente induce e conduce la persona a svolgere determinate attività consonanti con le fonti attitudineli che hanno implicato questa commozione e con la commozione stessa. Secondo McDougall, il progresso nella comprensione dei complessi sentimenti e impulsi che sono alla base del pensiero e dell’azione delle persone e delle società è la capacità di distinguere e descrivere ogni istinto umano elementare e gli sforzi emotivi e volontari che corrispondono agli istinti. McDougall ha distinto 7 di base istinti: fuga, resistenza, curiosità, combattività, autoaffermazione, autoumiliazione e genitorialità.

I 7 principi corrispondono alle loro emozioni: Paura, antipatia, sorpresa, rabbia, fiducia, inferiorità e sensibilità. Questo autore ha gradualmente ampliato il repertorio fenomenico degli istinti per includere gli istinti sessuali, di gruppo, di raccolta, di costruzione, di risata, di graffio, di starnuto, di tosse. Per esempio la religione è stata ridotta all’istinto di fuga, alla curiosità e all’autodegradazione, il capitalismo all’istinto collezionista, l’urbanizzazione all’istinto del gruppo, ecc.

Altri rappresentanti di i., influenzati dalle opinioni di McDougall:

G. Wallas, cercando di applicare I. alla politica. Tra gli istintivisti c’è anche S. Freud, la cui dottrina si basa, tra l’altro, sul dualismo dell’istinto di vita e di morte.

L’influenza della i. fin dalla sua nascita fu oggetto di numerose critiche. Tuttavia, si basava sul requisito che la scienza fosse costruita su scienze esatte. L’istintivismo portato a semplificazioni estreme, soffriva di tutte le carenze dello psicologismo e del riduzionismo. Il concetto stesso di istinto era problematico e ambiguo, in base al quale diversi rappresentanti I. intendevano cose diverse, ad esempio atteggiamenti, abitudini, bisogni, affetti, ecc. L’istintivismo mancava di un convincente empirismo.

 

Istintivismo creativo e la nonviolenza di Gandhi (Il No all’istintivismo distruttivo violento)

 

Il percorso dell’intelligibilità istintiva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SCRITTURA ISTINTIVA.

 

Lo scrittore illetterato – una nuova pedagogia della imperfezione e del fallimento.

 

Vi fu un tempo in cui uno scrittore fu bandito dagli albori degli scrittura illustri. Perché?

Perché era cinto da una convincente critica – i suoi critici implicarono la sua decadenza accusandolo di ignoranza grammaticale, dicevano che “non sapeva farsi intendere poiché i suoi scritti erano inghirlandati da errori grammaticali gravi che inficiavano la bontà olistica dei suoi componimenti.” Lo scrittore si perse d’animo, smise di scrivere, si spense per sempre la sua creatività. Quale fu la sua verità? Egli era un rivoluzionario, la sua scrittura istintiva oltrepassava i limiti del perfezionismo art-nouveauista del tempo – vi fu un critico che a sua insaputa gli rese nuovamente dignità creativa come il nuovo scrittore libertario padre del nuovo Flow dell’ ISTINTIVISMO LETTERARIO – Tutti infatti riconobbero in passato che la sua energia, precocità e resilienza creativa era innatamente superiore agli altri – il critico letterario tutelò la sua dignità creativa parallelizzando il suo operato con l’astrattismo artistico – alludendo all’errore non come fallimento creativo da ripudiare bensì come monito libertario di pluralizzazione creativa – il critico infatti dimostrò che i suoi errori grammaticali non incidevano sulla comunicazione di senso olistico delle sue scritture. Il critico disse queste parole:”Noi non ammoniamo i bambini verso l’errore, l’errore non deve essere un blocco creativo, bensì un ambiente transitorio di riflessione correttiva attitudinale, transitiamo l’errore, assimiliamolo, poiché le note errate fungono al riconoscimento ed alla esistenza ontologica stessa delle note buone.

L’errore inoltre ha un valore libertario – irenico-pacificativo – poiché la deviazione dalla normalità ha una fattibilità probabile verso cui ciascuno prima o poi incappa. Il critico inoltre studiò la qualità degli errori grammaticali del poeta, e vi intravvise la loro qualità semplicistica, banale – ed istituì il valore del banale, del semplice come valori libertari sostenendo, tutti, anche i bambini disegnano malamente linee non perfettamente armoniche e sinusoidali, bensì incerte, interrotte spezzate – pertanto istituì la imperfezione comunicativa come un valore implementativo in atto di valorizzazione interculturale di dignità comunitaria, proprio come gli artisti astrattivo-semplicisti furono in grado di realizzare. Una ultima onorificenza che il critico affermò verso lo scrittore fu che lo descrisse come un riscrittore innovatore etimologico, infatti il suo apparente limite grammaticale consisteva e struttura a lo spirito di innovazione culturale, come? Egli sbagliando le parole, realizzava nuove parole per ‘farsi intendere’ ed il critico dimostrò che nonostante le parole prima di lui non esistevano nel dizionario, le sue parole comunicavano sonoramente secondo valori onomatopeici significati consonanti con la complessità del suo volere comunicare, ovvero la parola si comprendeva in grazia altresì della complessità fraseologica custode della parola. Il critico laureò lo scrittore come innovatore della complessità letteraria contemporanea sulla base delle onorificenze di creatore di neologismi e di dinamiche dialogiche inclusive, non esclusive, pertanto di un sistema comunicativo – relazionale ottimale, accogliente – apparentemente limitato e fallimentare poiché in apparenza erroneo ma realmente ottimale e perfetto proprio in grazia del valore irenico-conciliativo- relazionale dei suoi errori.

 

 

 

 

 

 

 

L’ISTINTIVISMO LETTERARIO E LA REALIZZAZIONE DI UN LIBRO

IL METODO CREATIVO EURISTICO

La serendipità e il mind-fluttering

La fluttuazione del pensiero.

Il fascino fuggevole della stampa “Mondo fluttuante” di Ukiyo-e.

The golden thought it is like a  butterfly.

La fluttuazione non è incostanza né inconsistenza. Fluttuare è non immobilizzarsi, la tensione del fluttuare è ovunque e sempre pluridirezionale. La alternanza della fluttuazione è una rapida intermittenza tra flusso e riflusso. Il riflusso è il richiamo, la implicazione del flusso, si realizza che nella fluttuazione l’effetto essendo immediata causa, l’effetto è causale, la fine è l’inizio. La fluttuazione è ottimale, non spreca energie e si impone alle resistenze come un ciottolo incandescente piombante oltre le lastre di ghiaccio puro evaporandole, così si realizza la lieve nebulosità della tempra solida. La fluttuazione elimina il pensiero della finalità, della meta, della destinazione rendendo la primaria rilevanza del passo puro. L’aspirazione è un traguardo vicino, è l’ispirazione immediatamente attigua. La fluttuazione è la leggiadria di una piuma. La fluttuazione non è esitazione, non è ondeggiamento, non è tentennamento, non è oscillamento, poiché l’ ondeggiamento, il tentennamento e l’ oscillamento implicano immobilità, il ritorno è prevedivile è frequente, mentre la fluttuazione è avanzamento, il ritorno della fluttuazione è possibile ma raro. La fluttuazione è avventurosa, allora ravviva e smuove, vibra la monotonia dell’ambiente che custodisce l’anima fluttuante. La fluttuazione non è passività, l’anima fluttuante non subisce passivamente il suo ambiente, l’ipersensibilità ispirativa della fluttuazione è una risonanza che rivoluziona l’ambiente, lo sfioramento di una piuma su un ghiacciaio può implicare il cedere rovinoso del ghiacciaio.

 

 

La fluttuazione è resiliente: Così la piuma toccando lo specchio d’acqua plasma la sua forma. La piuma affiora sia alle acque quiete sia ai maremoti.

 

Applicare l’istintivismo pittorico di e di Pollock e Kandinskij e Mondrian alla dinamica creativa-letteraria. non è casuale in quanto descrivo qui il passaggio da un caos creativo istintivo verso una geometrizzazione logico-istintiva.

Pertanto alludo qui alla dinamica della stesura di un manoscritto.

L’incipit è istintivo come nei dipinti di Pollock – nei dipinti di Pollock sussiste caoticità istintiva allo stato puro, tutti i colori coesistono, non è un caso ciò che ora ho scritto in quanto altresì il nero ha dignità esistenziale nei dipinti di Pollock. Pertanto L’incipit istintivo letterario annette la stesura calligrafia di ogni qualità di pensiero – l’ottica progressiva e di valore qualitativo  ordinativo-purificativo.

L’arte di Pollock valorizza sia il percorso creativo, sia la meta, la meta è il dipinto concluso, mentre il percorso è come il pittore realizza l’opera ed è noto che la componente subconscia ed irrazionale è una componente fondamentale delle opere di Pollock – applichiamo allora questa dinamica attitudinale alla complessità dell’incipit realizzativo – attitudinale letterario – semplicemente lasciamo fluire il Flow dei nostri pensieri e trascriviamo sul foglio ciò che stiamo pensando al momento liberamente se ci aiuta scriviamo parole simboliche diverse con colori diversi, significati mistico-distopici ed utopici intellegibili soltanto a noi, un caos di parole come il caos di segni di Pollock. Le successive due fasi creative costituiscono la intelligibilità e la possibilità comunicativa del nostro codice letterario soggettivo.

 

 

 

 

La istintività logica esiste, la istintività è la modalità del flow creativo – la logicità è la geometrizzazione sono gli strumenti che accompagnano la dinamica creativa istintiva.

La seconda fase è l’istintivismo di Kandinskij, ovvero operiamo una prima istintiva geometrizzazione di significati – ovvero allineiamo significati consonanti, ritrascriviamo paragrafando, creiamo i primi collegamenti contestuali soggettivi, proviamo ad ordinare e categorizzare i simboli semantici sparsi sul foglio.

La terza ed ultima fase è l’istintivismo di Mondrian – iconico e il suo selettivismo e semplicismo omologativo cromatico–

Allora letterariamente semplifichiamo, selezioniamo, impaginiamo, risulterebbe che immediatamente si riconosce che ciascun paragrafo abbia il suo colore, che il lettore comprenda, in questo paragrafo lo scrittore mi comunica questo significato – il risultato è consonante con il geometrismo di Mondrian – il libro, lo scrigno del nostro percorso creativo comunicabile poiché intellegibile.

 

Il risultato non è sentimentale? Allora sostituiamo alla seconda e terza fase creativa la sentimentalizzazione istintiva – pertanto non applichiamo la logicità selettivo-astrattiva geometrica bensì applichiamo le sfumature del nostro intuito comunicativo olistico, ascoltiamo il nostro cuore per far sorgere dal caos inintelligibile di pensieri un equilibrio comprensibile di sfumature di senso implementative e implementabili , non selettive, ovvero che permettano al lettore la libertà percettiva, l’incanto, il mistero, la curiosità, il germoglio, il sogno irenico.

 

 

 

 

 

 

 

LA DIGNITA’ UNIVERSALE CREATIVA

IL PASSO CREATIVO

 

LA PROMOZIONE DEL TALENTO POTENZIALE

La calma creativa dei già realizzati.

 

Se non hai ancora realizzato esteriorizzato un traguardo ritenuto di valore - credi fermamente nel fatto che coloro che non sono realizzati sono in verità realizzati, perché la realizzazione dei non realizzati esteriormente è una realtà latente, diveniente, esistente - every senseless it is about to get significance - la realizzazione latente è una reale esistenza - poichè una realtà appartenga al l’inner becoming universe crediamo erroneamente che non esista.

Crediamo in questo paradosso: “Il seme è il germoglio, e il germoglio è il fiore, il seme è il fiore. Il seme è il profumo del fiore. “

Chiunque mi risponderebbe che “”Il seme non è il germoglio, e il germoglio non è il fiore, il seme non è il fiore. Il seme non è il profumo del fiore. “

Ed io risponderei che è una prospettiva vera. Tuttavia guardiamo queste relazioni da una prospettiva alternativa.

La proiezione anticipante.

A livello relazionale la fiducia nel compimento delle facoltà latenti evolutive del seme implicano uno spirito proattivo facoltoso dell’osservatore di compartecipare e di promuovere la realizzazione della evoluzione del seme.

Allora se ci fermiamo alla percezione inerte del seme che è solamente seme. Noi non faremo nulla affinché il seme sia altro rispetto alla realtà statuaria che vi determiniamo.

 

Allora ad esempio non sposteremo il seme dal tavolo alla terra, e non abbevereremo il seme.

 

 

Diversamente il nostro spirito associativo implica la nostra iniziativa curiosa nel riconoscimento dell’evoluzione del seme.

Allora istintivamente agiremo in valore di promuovere il divenire del seme poiché proiettiamo che quel seme se ci relazioniamo con lui in una certa maniera, secondo un metodo catartico proattivo, il seme sarà fiore che ci ricompenserà con i suoi colori, le rare forme dei petali, il suo profumo.

Allora saremo condotti (Il nostro singolare mindset creativo ci conduce) a riporre il seme nella terra e ad abbeverarlo - e riconosciamo che in un istante diveniente vi è analogia tra seme e germoglio. Appena vedremo il nascente germoglio - ci sorprenderemo nel vedere che la nostra attitudine fiduciosa non sia una invariante. Allora proseguiremo secondo questo spirito creativo, e sposteremo il germoglio affinché sia illuminato dai raggi solari., persevereremo nell’abbeverare il germoglio.

Il germoglio grazie a noi diviene fiore. Il germoglio in un istante diveniente è fiore.

Ne percepiamo il profumo e vi riconduciamo giovamento, la ricompensa che ci fa bene.

Ciò che credevamo assurdo in realtà è veramente reale. In quanto riconsiderando le nostre originarie percezioni del seme in relazione alle percezioni olfattive che possiamo adesso sentire del fiore.

Scopriamo che il profumo del seme somiglia, richiama il profumo del fiore che tuttavia ora è più intenso, risonante.

Allora giungiamo alla veridicità del Paradosso secondo cui il seme è il profumo del fiore.

 

La realizzazione del nostro talento latente e di quello del prossimo è promossa dalla nostra vicendevole previsionalità buona e benefica.

La promozione non è una gentile concessione di un timido riconoscimento ricompensivo che forse dedicheremmo in un aleatorio, possibile, improbabile futuro in cui una persona riuscirà non grazie a noi, ma nonostante il nostro costante dubbio di compimento nelle fasi del percorso di questa persona. La pro-mozione è il sommovimento verso, è la pro-pulsione proiettiva graduale che accompagna ogni fase del percorso creativo del prossimo. È l’acqua la terra e la luce per il seme. Ed il prossimo si realizza gradualmente grazie a noi. E della realizzazione del prossimo noi gioveremo come del profumo del fiore, poiché vedemmo il seme già essere il fiore profumato. E noi ci realizziamo gradualmente grazie al prossimo se il prossimo possiede questa mentalità pro-positiva, positivizzante.

Allora il bambino che raggiunge il risultato corretto di una semplice operazione è un illustre matematico, la bambina che collega fantasiosamente due frasi è una famosa scrittrice.

La giovane che bene cura una ferita è una stimata cardiologa.

Un bambino che fa sorridere una bambina che piange è un eminente psicologo.

 

È lo spirito materno che tutti possediamo ad esempio a realizzare queste verità.

Alla bambina che collegò fantasiosamente due frasi la persona che la vide relazionare queste due frasi, gettò via il diario, dicendole “Queste parole sono insensate e inutili, non perdere tempo in questi controsensi.”.

La bambina ascoltò le parole di questa persona e smise di scrivere - presto o tardi divenne soggetto di scherno per la sua svogliatezza e incompetenza nella scrittura.

Diversamente.

Alla bambina che collegò fantasiosamente due frasi la persona che la vide relazionare queste due frasi, la persona ri-conobbe le sue parole, le con-divise con molte persone, tra cui molti pensatori illustri - la bambina fu presto riconosciuta molto talentuosa. In relazione a questo Flow creativo, alla bambina fu permesso di frequentare importanti eccellenti corsi di formazione nell’ambito letterario.

La bambina portò a termine gli studi con voti eccellenti. I primi studi le diedero una borsa di studio, la condussero e la orientarono verso una università letteraria importante - la giovane si laureò con voti eccellenti, in seguito alla laurea realizzò delle opere letterarie, la persona che lesse le prime parole quando la giovane fu bambina, lesse le sue opere letterarie e confortata dalla fiducia materna che sempre ebbe scorto in lei la orientò verso alcune importanti case editrici che promossero le sue opere che furono acquistate e lette da miriadi di persone, la bambina che relazionò fantasiosamente due frasi è ora una importante scrittrice nazionale.

La focalizzazione creativa è una astrazione orientata contestualizzata. I contesti alternativi rispetto al contesto del focus creativo sono invarianti.

L’eclettismo invece è una creatività non orientabile e premette lo spirito di adattamento verso la pluricontestualità, ovvero la esistenza della complessità diveniente di contesti che si avvicendano e che si sovrappongono.

Allora un matematico è in facoltà di essere un pianista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA MARGINALITÀ, LA GRATUITÀ E LA VARIABILITÀ

 

“La teoria della marginalità

 

Le variazioni delle grandezze valoriali delle realtà non dipendono dalla dimensione assoluta delle grandezze ma da fattori che influenzano i loro incrementi o decrementi, ovvero che le influenzano al margine.

La teoria del valore

Il valore di un bene esiste in quanto il bene è utile.

Questo valore è tanto più elevato quanto maggiore è la scarsità dei beni e più intenso il loro bisogno.

Il ruolo della utilità marginale. Soddisfiamole nostre necessità in maniera decrescente. Secondo questa prospettiva (Ne esistono altre), il valore di un bene, non è dato dalla soddisfazione totale conseguente a suo possesso, ma dalla soddisfazione conseguente alla ultima aggiunta.

L’esempio dell’assetato in un deserto

Per un assetato, il primo bicchiere d’acqua avrà un valore infinito perché gli garantisce la sopravvivenza. Un valore vasto (tuttavia non più infinito) avrà il secondo bicchiere di acqua, ed ancora molto meno importanti saranno i successivi bicchieri, fino ad arrivare ad uno stato di soddisfazione totale in cui il valore aggiunto si percepisce come superfluo e eccessivo (Il valore di utilità è uguale – Vi è percettività di indifferenza nella presenza o assenza del bene) ed infine uno stato di soddisfazione eccedente in cui il valore di utilità è negativo, ovvero le situazioni in cui il valore aggiunto del bene è un danno, pensiamo alla assunzione di miriadi di litri di acqua che implicano gravi danni fisici.

È l’utilità dell’unità marginale fissa il valore del tutto. Il prezzo è ciò che gli uomini sono disposti a pagare per l’ultimo incremento, quello meno desiderato.

L’ultima dose marginale.

La vera misura della soddisfazione del bisogno è ottenuta dalla acquisizione dell’ultima dose, è in questo momento in cui il bisogno è soddisfatto.

Il valore della ultima dose marginale.

Positivo, se la qualità disponibile è insufficiente ad appagare completamente il bisogno.

È di valore zero, se il bisogno viene completamente soddisfatto.

Negativo, se la ultima dose marginale è superiore rispetto a quella necessaria per il completo soddisfacimento della necessità.”

Bibliografia

Boffito C.,(1983),Economia Politica, Loescher Editore, Torino.

Galbraith J.K., (1988), Storia della Economia, Rizzoli, Milano.

 

La teoria della marginalità, la relazione e la invariabilità

Il puro valore aggiunto relazionale, la gratuità, è il reciproco dono della relazione nella relazione.

Se il valore della ultima dose marginale nel contesto della relazione è positivo – esiste la marginalità relazionale e si realizza un ambiente relazionale florido garante della resilienza relazionale e del “Sarà” della relazione in tensione creativa verso il reciproco raggiungimento delle relative necessità.

Se il valore della ultima dose marginale nel contesto della relazione è zero possono sussistere sia la noia sia il riconoscimento. La percezione di noia si relaziona con il sentimento di fine relazionale nelle mentalità che valorizzano come fine della relazione (Da notare il duplice significato del termine “Fine” di termine e di finalità) il raggiungimento delle vicendevoli necessità e non come passo relazionale.

 

La relazione e la invariabilità

DOVREMMO RICONOSCERE I GRAVI LITIGI E LE GRAVI INCOMPRENSIONI COME INVARIABILI DELLA BONTÀ RELAZIONALE

 

 

La teoria della marginalità, la creatività, la variabilità della opera creativa e la attribuzione di dignità.

Ciascun fatto creativo deve essere ricompensato e deve avere un prezzo.

La attribuzione di dignità è in relazione con la variabilità della opera creativa. Ovvero il riconoscimento che l’opera creativa esiste ed implica una variazione, un cambiamento, un implemento della realtà.

Di contro il giudizio di invariabilità e la concorde indifferenza (Non differenza, non variazione) verso una opera è in-differenza nei confronti della essenza ontologica della persona creativa, il giudizio dell’osservatore di invariabilità della opera e della persona creativa ha pertanto senso di misconoscimento e di annichilimento. Valorizziamo le opere altrui poiché non vorremmo provare il sentimento conseguente al misconoscimento delle nostre opere creative (Di non riconoscimento e di non ricompensa).

 

In atto di indifferenza e di giudizio di invariabilità, l’osservatore è invariabile, è motore immobile, poiché il suo atto osservativo non è creativo, non essendo riconoscente non implica variabilità. L’osservatore non riconoscente passivo è non degno.

 

La persona creativa esiste in quanto motore non immobile, in quanto ontologicamente non invariabile –

Pertanto la persona creativa è degna in essere, non in senso di un riconoscimento esteriore.

La dignità umana essenziale che prescrive la utilità e il valore intrinseco all’atto creativo come essenziale motore non immobile e ontologicamente causa di una variabilità è il criterio di giudizio valoriale superno e pertanto di ordine superiore rispetto al sub-criterio valoriale della marginalità -

La opera creativa è utile, ha valore, deve avere prezzo, riconoscimento e deve essere ricompensata in causa prima della dignità della persona creativa in onore essenziale di essere motore non immobile.

 

La esistenza del margine è garanzia del divenire: La marginalità confuta la inesorabilità.

 

LA VARIABILITA’ E IL MOTORE NON IMMOBILE

Per comprendere i significati di “variabilità” e di “Motore non immobile” approfondiamo i significati dei loro contrari.

Si ottiene Equivalenza in seguito ad una invariabilità.

https://www.treccani.it/vocabolario/invariante

https://it.wikipedia.org/wiki/Invarianza_(matematica)

 

La addizione è una variabile, è un motore non immobile.

 

La addizione è una implementazione limitativa

La addizione ha una influenza di addizione minorativa – implementativa

Esempio semantico

 

Aggettiviamo la parola “Ω” con l’aggettivo “infinito”.

Pertanto limitiamo la essenza “Ω” a non essere finita.

Allora la aggiunta della parola “infinito” ha una influenza costrittiva-limitativa-minorativa relativamente al contesto della finitudine.

Il limite dell’infinito è insito nella sua infinitudine. L’infinito è gravemente limitato nel contesto della finitudine.

Ciascuna aggettivazione è una limitazione della parola aggettivata ed è una minorazione di libertà.

 

VIVERE “Ω”, ESSERE “Ω”,

 

ESSERE RELAZIONALI, AMOREVOLI, PACIFICI, COM-PASSIONEVOLI,

VIVERE LA RELAZIONE, ESSERE LA RELAZIONE,

VIVERE L’AMORE, ESSERE L’AMORE,

VIVERE LA PACE, ESSERE LA PACE

VIVERE LA COM-PASSIONE, ESSERE LA COM-PASSIONE

Il compimento da parte di “Ω” delle latenti potenzialità di “Ω” è limitato dalle qualificazioni esteriori interiorizzanti degli osservatori di “Ω”.

La limitazione fattuale osservativa dell’osservatore verso la realtà osservata consiste nel fatto che l’atto osservativo è di tipo riconoscitivo-fotografico-ultimativo – La fotografia delimita all’istante presente la realtà. La esistenza di una immagine fotografica realizza, compie la dissonanza cognitiva tra essenza fotografica ed essenza reale del/della realtà protagonista della fotografia.

La fotografia è il non essere della realtà protagonista che nel momento immediatamente successivo allo scatto fotografico è diversamente rispetto alla qualità essenziale della realtà nel momento della fotografia – L’osservatore realizza il danno esistenziale nella misura in cui si focalizza sul valore superiore della fotografia, della sua osservazione ultimativa ed implementativa della inesorabilità rispetto al valore della reale essenza diveniente della realtà.

Possiamo dichiarare allora che l’atto osservativo se e quando è di tipo riconoscitivo-fotografico-ultimativo è una forma di cecità e di danno.

 

 

 

 

 

L’atto osservativo se e quando è di tipo riconoscitivo-fotografico-ultimativo e di tipo uni-contestuale conduce a ultimazioni inesorabili che implicano l’attitudine di statuizione (Statua) e di immediato provvedimento adducendo la qualità di severità ambientale che limita e influenza negativamente la realtà osservata. Di quale contesto è povera la immagine fotografica? Della potenzialità latente.

Primo esempio – L’osservatore osserva un fiore in un vaso dall’obiettivo di una reflex – Scatta una foto. Conosce che il fiore non è sano, i petali sono incanutiti e increspati. L’osservatore abbandona il fiore.

Nel tempo di alcune ore questo fiore in grazia dei raggi solari riacquista calore cromatico ed i petali, resilienti a sé medesimi, riacquistano tempra ed energia.

L’osservatore che abbandonò il fiore è lontano dal fiore reale e osserva la fotografia del fiore nel momento in cui furono in relazione. L’osservatore della fotografia critica, mal-pensa e male-dice, dimentica il fiore poiché dalla immagine fotografica risulta inutile, l’osservatore vede della fotografia del fiore, i petali incanutiti ed increspati, mentre il fiore reale è vitale, sano, meraviglioso, ricco di colori – L’osservatore perde le ricchezze di cui nuovi osservatori adesso possono giovarsi.

Una seconda possibilità –

Poiché l’osservatore abbandona il fiore, il fiore svilisce definitivamente – Tuttavia è l’attitudine definitiva dell’osservatore ad addurre la qualificazione di definitività ambientale che ha implicato la fine del fiore.

Se l’osservatore in principio avesse intravisto la resilienza latente del fiore, poche gocce d’acqua dell’osservatore verso il fiore sarebbero state sufficienti ad implicare la rivitalizzazione del fiore, e la riconoscenza del fiore verso l’osservatore. (Il profumo ed il belvedere)

 

Pertanto le nostre ultimazioni verso i nostri prossimi implicano l’incremento della probabilità della manifestazione delle limitazioni che vi adduciamo, e la responsabilità dell’avverarsi delle ultimazioni è sia della persona pregiudicata, sia dell’ambiente negativamente influenzante.

 

L’Ambiente creativo, lo spazio di iniziativa creativa volontaria diveniente, è la marginalità.

Il valore della gratuità

La misura della proattività di variabilità buona è in misura della nostra gratuità, ovvero in misura della nostra volontà di donare.

Il dono è puro valore aggiunto, non è spurio valore aggiunto.

Il dono è causa prima di iniziativa relazionale bene-volente, pertanto si dedica iniziativa relazionale indipendentemente dalla qualità essenziale-attitudinale del prossimo osservato.

Il perdono è un esempio di dono. Il perdono non è allora solamente ciò che è in contrasto con la mentalità di ri-vendicazione – Ma è una abitudine attitudinale creativa – il per-donare – ovvero l’iniziativa attitudinale che in sua essenza realizza variabilità, miglioramento, il passo attitudinale relazionale che abbraccia nel suo significato il “donare per” ovvero la meta relazionale e il senso, il perché del fare in valore di variabile che realizza ri-compensa – La realtà neuro-biologicamente catartica.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL VERO SUCCESSO

 

 

In ottemperanza di una mentalità futurista intendiamo il successo nella qualità di riconoscimento che sarà dato, dedicato da una molteplicità di persone esterne.

Tuttavia questa realtà è rara a verificarsi ed è una dissonanza cognitiva temporale tra ciò che non è presente e ciò che dovrà essere futuro, pertanto causa dispiacere e sofferenza, questa traduzione può ottenersi con il termine inglese “success”.

Tuttavia esiste una prospettiva più riconoscente e più allietante, che ci arricchisce maggiormente e che ci fa più bene adesso è la prospettiva presentista del termine successo. Ovvero semplicemente “SUCCEDERE” Accadere, pertanto il valore di una passione è intrinseco al puro atto che è interiorizzante non esteriori Zante, autonomo, non eteronomo, indipendente dal riconoscimento esteriore ed è proattivo, poiché l’atto futuro resiliente non è limitato dalla possibile assenza di riconoscimento esteriore. Secondo questa via il riconoscimento esteriore sarà un effetto involontario della resilienza creativa.

Allora traduciamo la prospettiva creativa del concetto di successo con il termine inglese “TO happen”.

Accade infatti che a causa della lungimiranza verso ciò che dovrà essere futuro non ci accorgiamo di ciò che è.

Questa dinamica può essere applicata all’amore.  Una persona comunica ad una seconda:” amerai me, saremo insieme, ci ameremo”

Ma la seconda persona risponde “il nostro amore è, questo adesso è il nostro luogo amoroso ”

La prima  persona ripete, “amerai me, saremo insieme, ci ameremo”

È la seconda se ne va poiché la prima le chiede di donarle una verità che già donava e che già aveva realizzato, lei non ha riconosciuto l’amore presente che già stavano vivendo.

L’amore è adesso – il nostro incontro è già amore.

È la seconda persona è in errore quanto la prima perché fa finire l’amore in ottemperanza della finitudine del passato in quanto il suo pensiero decade nel “già non è amore. “

 

Ed il focus l’obiettivo è l’amore puro presente è il “To happen” creativo, non il to success futuro.

 

 

 

Allora siamo già compiutamente realizzati, non occorre aggiungere alcunché al nostro pellegrinaggio se non il nostro successo, ovvero il riconoscimento del succedere dei nostri passi.

 

UN PRIMO TRAGUARDO

L’aver camminato molti passi lungo la via creativa artistico letteraria mi rassicura d’esservi giunto lontano scoprendo che non esiste meta se non la gratitudine e l’orgoglio del compimento dei passi passati e la resilienza e perseveranza nel compiere oggi stesso un nuovo passo creativo.

Secondariamente ho intravisto che il luogo del lontano non sia dissimile all’umiltà del luogo vicino così come un castello di sabbia non è che la paziente composizione d’ogni suo granello di sabbia, ogni grande riconoscimento può rivelarsi somigliante alla creatività d’ogni timida iniziativa che è custodita in esso.

 

 

 

NON DOVREMMO DOMANDARCI QUANDO SIA

IL MOMENTO IN CUI IL FIORE È SBOCCIATO

MA PIUTTOSTO QUANDO SIANO I MOMENTI DELLO SBOCCIARE DEL FIORE.

 

IL VALORE DELLA DELUSIONE

 

 

“Ci saranno forse cose

Cui

Non credevo

Fino ad oggi

Con cui potrei inaspettatamente entrare in contatto.”

Kawasaki Hiroshi

 

- Abbassa le tue aspettative verso le persone, la causa della tua delusione sono le tue elevate aspettative verso le persone, non le persone e le loro attitudini verso di te.

- Sai chi fu il fondamentale ultimo maestro del superuomo?

- No.

 

- Si narra degli incontri di un giovane ambizioso con il suo maestro di vita.

Durante il primo incontro il maestro consegnò al suo allievo l’insegnamento eclettico. Il maestro si dimostrò conciliante, buono, confortante, emotivo, empatico, curioso, generoso.

 

Durante il secondo incontro il maestro consegnò  all’allievo la resilienza reminiscente.

Il maestro mise severamente alla prova l’allievo, si realizzò un esame in cui l’allievo dimostrò di avere assimilato ogni complessità eclettica che il maestro gli ebbe consegnato. Il maestro disse all’allievo le ultime parole di congedo, addio, sei libero. Tuttavia, sono ancora deluso da te.

 

Il discepolo ebbe un colpo al cuore. Non poteva esistere la delusione del suo maestro. Egli fu eccelso, superò bene qualunque prova.

 

Questa questione rimase nel discepolo senza risposte, incerta, irrisolta per decenni.

 

Tuttavia si realizzò un terzo incontro alcuni decenni dopo il secondo incontro tra il maestro e l’allievo.

Il maestro della umile scuola spirituale che ebbe frequentato il bambino era in verità altresì uno tra i Superni, uno tra le guide spirituali eccelse, ovvero il mandante di tutte le avversità che il suo discepolo dovette affrontare durante il corso dell’intera vita per elevarsi spiritualmente e per giungere fino a lui.

Il maestro durante il terzo incontro disse al discepolo.

Il tuo primo e migliore maestro sarà il tuo ultimo temibile avversario.

Il maestro domandò al discepolo.

“Sai che il tuo primo maestro ti ha tradito, poiché è stato mandante delle avversità che hai dovuto affrontare durante il corso della tua vita. So che negli anni della tua giovinezza fosti riconoscente al tuo maestro, ora che sai, mi sei ancora riconoscente oppure odi il tuo maestro? “

Il discepolo rispose.

“Sono riconoscente a te per-dono.”

Il maestro congedò il suo discepolo concludendo:

“Il discepolo è maestro per il suo maestro.”

In un nuovo momento, dopo essersi congedato dal maestro. Il fu-discepolo incontrò nuovamente un bambino, il viso del bambino gli fu familiare.

Era stato il bambino in fasce nella neve cui salvò la vita anni or sono.

La vita è una ascesi, in seguito all’ultimo incontro con il suo maestro il fu discepolo fu chiamato in una prestigiosa cattedrale da un bambino. In verità l’eminenza superna, l’ultimo stadio elettivo spirituale che tutti pregano. Il fu discepolo riconobbe il bambino, originariamente nelle vesti di un povero fragile, indifeso bambino in fasce, che lui salvò dal freddo della neve.

Grazie a quell’atto salvifico, il fu-discepolo raggiunse il lumen spirituale, la facoltà che gli permise di affrontare con calma e perdono il suo primo maestro che lo ebbe tradito.

 

Accadde una magia ulteriore, altresì l’eminente bambino, ora cinto da veli vellutati, sembrò riconoscere il fu-discepolo, quando lo incontrò si spogliò dei veli e si abbracciò incrociando le mani indicando il suo essere infreddolito, poi - comunicò alle personalità spirituali di condurre verso lui l’uomo ospite, il fu discepolo.

L’eminente bambino ringraziò l’uomo, nessuno capiva nulla, nessuno ebbe mai notizia della relazione tra loro. E gli domandò. “Potresti abbracciarmi? Sento freddo.”

Una attitudine di questo tipo, un tale privilegio non fu mai dedicato a nessuno dall’emittente bambino.

Il fu-discepolo abbracciò il bambino.

È l’eminente bambino nominò l’uomo suo primo antecessore spirituale che ora chiunque venera.

 

Il fondamentale ultimo maestro del superuomo fu il bambino indifeso in fasce nella neve.

 

- Non è possibile, replicò la persona che seguiva con attenzione lo scandire del racconto.

Il tempo avanza per chiunque, il bambino che il fu-discepolo ebbe incontrato nella cattedrale dovrebbe essere adulto.

 

La magia della vita reale è la sua complessità.

Il fu-discepolo incontrò in sogno il bambino in fasce, ed in sogno lo salvò dalla neve.

Nella realtà incontrò il medesimo bambino che ora lo inaugura il nuovo eletto spirituale.

 

 

 

Il bambino nel sogno pianse, rispose tutte le sue speranze fiduciose nell’uomo che lo salvò, nonostante fosse probabile che lo salvasse poiché miriadi persone lo ebbero trascurato, mentre era nella neve e piangeva ed aveva freddo. La rassegnazione del bambino verso l’uomo, il bambino non avrebbe pianto e l’uomo non lo avrebbe salvato.

Come il secondo importante maestro ripongo elevate attese e aspettative verso il prossimo poiché l’aspettativa eleva è in facoltà di innalzare, di migliorare proattivamente.

La delusione è paradossalmente un grande dono di stima, staremmo comunicando all’altra persona hai un vastissimo potenziale, riconosco che esiste in te un potere latente che tuttavia non stai esprimendo - La comunicazione “Puoi realizzare, compiere di più.” È in atto il dono della proiezione destinante verso la reale elevazione della persona verso cui siamo delusi.

Se ripongo elevate aspettative, attesa fiduciosa, in te e te lo dimostro mediante giudizio di delusione, ci proiettiamo insieme verso il miglioramento.

Diversamente se ripongo un vasto limite di aspettativa, se non ho alcuna fiducia, e lodo il tuo limite - oriento te a non elevarti, a giacere in una limitatezza, se dovessi un giorno averne percezione e coscienza.

 

Considerazione ulteriore.

Nonostante la intenzionalità buona e benefica delle attitudini di delusione, queste possono implicare reazioni di demoralizzazione, non di creatività attitudinale.

La premessa ulteriore del miglioramento consiste nel fatto del chiarimento del motivo della attitudine di delusione.

 

 

 

“Sono deluso/a poiché ho elevate aspettative verso di te e so che puoi essere migliore. “ è diverso rispetto al comunicare:”Sei deludente. “.

Una ulteriore possibilità che premette la creatività relazionale è il comportamento di non delusione – il valore del conforto, del supporto, della fiducia speranzosa del successo, nonostante non siano già manifesti i germogli.

 

ESSERE, NONAPPARIRE DI ESSERE

 

A volte quando sei in un posto buio

pensi di essere stato sepolto

ma in realtà

sei un seme che è stato seminato

destinato a germogliare.

 

Essere, non sembrare di essere, la dissonanza della consapevolezza della coscienza di noi e la diversa percezione che il prossimo ha di noi può realizzare in noi un senso di vertigine. La vertigine è in misura della vastità della dissonanza tra la nostra consapevolezza di noi e la diversa percezione che hanno le altre persone di noi. Per alcune persone questa dissonanza può essere della vastità di un abisso, per altre persone questa dissonanza è quasi inesistente, il passo tra la loro consapevolezza del sé e la percettività del prossimo è sul piano come il passo nell’ambiente psicologico della loro introspezione consapevole e come il passo nell’ambiente psicologico del riconoscimento percettivo esteriore. Come può avverarsi questo allineamento _ Solamente se non esiste la dissonanza tra la consapevolezza della coscienza di noi e la percezione che il prossimo ha di noi – ovvero se la nostra consapevolezza di noi è in relazione di uguaglianza e coincidenza con la percezione che il prossimo ha di noi –

 

E questa relazione di uguaglianza si può ottenere solo mediante LA ONESTÀ – se l’essere è l’apparire.

È in misura della onestà verso noi stessi e verso il prossimo che può compiersi l’allineamento dell’universo interiore con l’universo esteriore. Diversamente la simulazione, la finzione realizza la dissonanza che abbiamo descritto. Il bilanciamento sano è il livellamento del livello dell’apparire verso l’essere che viene influenzato, vibrato dal livello dell’apparire, non rivoluzionato – Questa relazione (essere <- apparire) è indice di integrità e di tempra personale. Se l’essere si lascia stravolgere dall’apparire, questa relazione è indice di fatuità personale, una limitatezza di immaturità, di immaturità diveniente, il germoglio è destinato a diventare fiore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INCONTRO CON UN ARTISTA

 

Incontro con un artista che racconti ai giovani la sua esperienza, la narrazione dovrà concentrarsi sul processo attraverso cui prende corpo un’opera d’arte e sulle emozioni e le esperienze che lo accompagnano.

Temi

L’importanza di sentirsi grandi, del fare, dell’unicità.

Conoscere qualcuno che fa qualcosa di “grande”, che crea.

 

Domande

 

Quando un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?

Come vive l’unicità di ciò che ha creato?

 

 

 

Un giorno un giovane ricevette una lettera inattesa:

“Sei invitato ad incontrarti con alcuni giovani per raccontare le tue esperienze di Artista, la narrazione dovrà concentrarsi sul processo attraverso cui prende corpo un’opera d’arte e sulle emozioni e le esperienze che lo accompagnano. L’importanza di sentirsi grandi, del fare, dell’unicità. La conoscenza di qualcuno che fa qualcosa di “grande”, che crea, rappresentano i temi che dovresti affrontare in questo incontro. Inoltre le domande che ti presentiamo a priori sono: Quando un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro? Come vive l’unicità di ciò che ha creato?”

Il giovane accolse l’invito ed il giorno seguente scrisse alcuni pensieri che colse come fonti di riflessione, li dispose sulla carta confusamente; in un secondo momento riscrisse questi pensieri cercando di renderli ordinati e comprensibili; queste furono le scritture che il giorno dell’incontro il giovane consegnò a ciascuno degli adolescenti presenti:

L’importanza di sentirsi grandi, del fare, dell’unicità.

Il giovane crede che la stima in sé stessi, la fiducia nella propria personalità e la capacità di farla valere sono le premesse valide a garantire la maturità personale e a dare spessore alla stessa capacità creativa e relazionale, creando circostanze sociali di empatia.

A mio avviso il fatto di ritenere una persona Artista Unico o Scrittore Unico o colui che crea qualcosa di grande possa porre l’unicità di tale persona ad un livello privilegiato rispetto all’unicità di altre persone.

In realtà il giovane non ha mai attribuito importanza al fatto d’essere ritenuto Artista, al fatto d’essere ritenuto Scrittore, egli semplicemente è un uomo che dipinge, è un uomo che scrive, è un uomo che esprime la propria unicità attraverso la scelta dell’arte e della scrittura.

L’attitudine volta all’accoglienza è fondamentale poiché è espressione della volontà d’incontrare e di valorizzare la diversità, è assenza di comparazione selettiva ed insieme assenza di spirito di competizione:

Immaginiamo un luogo in cui ci sono alcuni bambini ed alcune bambine. A loro è dato il compito di realizzare un’opera fortemente vincolata secondo criteri estetici: Al disegno esteticamente più “bello” verrà assegnato un riconoscimento.

Immaginar che in questo luogo non può che crearsi un clima di competizione, di comparazione, (esser più d’un altro oppure esser meno d’un altro) di giudizio, d’invidia, di reciproca svalutazione, di privilegio, a danno di coloro che non sono privilegiati ed a danno di coloro che sono privilegiati.

“L’affermazione di sé come di un io che vuole conoscere, rendere visibili e far valere le proprie potenzialità.

La stima in sé, la fiducia nella propria personalità e la capacità di farla valere sono premessa valida a garantire la maturità personale e a dare spessore alla stessa capacità reazionale di una persona creando circostanze sociali di empatia”

In realtà il giovane non ha mai attribuito importanza al fatto d’essere ritenuto Artista, al fatto d’essere ritenuto Scrittore, egli semplicemente è un uomo che dipinge, è un uomo che scrive, è un uomo che esprime la propria unicità attraverso la scelta dell’arte e della scrittura.

 

“Si giunge ad un momento in cui non si ha più la libertà della scelta, non per aver scelto ma per non averlo fatto.

Si perde se stessi nella misura in cui gli altri scelgono per noi”

 

 

Il giovane, grazie all’arte, riconosce d’aver appreso che l’unicità risiede nell’atto stesso di creare e grazie all’arte immagina di poterlo dimostrare:

Immaginiamo d’incontrare altre persone e di dir loro:

“Siate Artisti Unici, create insieme, siate liberi di pensare ed esprimere la vostra unicità dalla scelta degli strumenti che utilizzerete alla scelta delle gestualità nella realizzazione della vostra opera. Quando avrete terminato conoscete ciascuna persona presente ora in questo luogo con voi, sappiate che ha creato qualcosa di grande, unico, incommensurabile. Ciascuno di noi potrà condividere con le altre persone alcune parole, e ciascuno ascolterà.”

Con-dividere non significa fare le stesse cose, pensare alla stessa maniera, ma cercare di avere un solo spirito, un noi da costruire in una realtà di reciprocità che rappresenti la lotta all’egoismo.

Il processo attraverso cui prende corpo un’opera d’arte.

Emozioni ed esperienze soggettive che accompagnano la realizzazione di un’opera.

Il cuore è la fonte essenziale della creatività. L’indole libera dei fanciulli lo testimonia.

La tela bianca: Nessuna tempera variopinta animava di stati d’animo la tela.

La bianca pergamena: Nessun segno di china vi infondeva senso.

Il Nihil della tela bianca è ostile alla creatività. La volontà di respingere la mancanza di senso e l’incomunicabilità rappresenta la principale causa e stimolo alla realizzazione di ciascuna opera del giovane.

La creatività non è soltanto una meta, la creatività è inoltre il percorso che una persona definisce in grazia delle sue scelte passo dopo passo.

Due possibili scelte artistiche.

Secondo il giovane l’arte contemporanea concettuale insegna che vi è valore nel minimalism, nell’imperfetto e nel non immediatamente comprensibile; l’arte contemporanea non offre immediate risposte bensì pone domande:

L’ arte figurativa:

Il dipinto figurativo risveglia sentimenti, emozioni; vincola il riconoscimento dell’oggetto rappresentato.

L’ arte concettuale:

L’opera concettuale è meno vincolante agli occhi dell’osservatore, dunque ravviva l’immaginazione di poter vedere diversamente, la curiosità di veder altro, di veder oltre: ciascun osservatore forse vede diversamente un’opera concettuale contemporanea rispetto ad un altro osservatore semplicemente perché ciascun osservatore è unico e diverso.

Un Artista come vIve l’unicità di ciò che ha creato?

In molte occasioni il giovane provò odio nei confronti di ciò che creava poiché le proprie opere non avevano implicazioni reali nella sua realtà che rimaneva indifferente alla creazione ed all’esistenza dell’opera: Il giovane pensava che questa assente risposta del mondo esterno fosse provocata dall’ imperfezione della propria creazione, proprio ricercando la perfezione estetica il giovane era irrequieto: Spesso rovinava alcune opere che aveva realizzato ne scialacquava altre. Di esse ne rimase soltanto il ricordo in una fotografia. Il giovane dunque era raramente soddisfatto della propria opera.

Egli riteneva che il valore della propria opera dipendesse esclusivamente dalla misura del riconoscimento conseguito, fin quando non comprese che, la propria opera non valeva nella misura di un apprezzamento esterno, non valeva in seguito ad una approvazione estetico – qualitativa e soggettiva d’un’altra persona.

La propria opera ha valore in sé. Non ha valore in misura della quantità o della qualità delle valutazioni conseguite.

Dal momento in cui il giovane comprese questa prospettiva iniziò non solo ad avvalorare ciò che creava, egli amava la propria opera riconoscendo in essa la realizzazione unica di sé come importante strumento di comunicazione.

Quando un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?

Il giovane inoltre crede che la creatività sia la preziosa oasi della condivisione che il privatismo può insabbiare. La creatività può divenire un servizio pubblico, accendere un dibattito, dare voce a delle preoccupazioni, forgiare identità.

Esistono numerosi modi d’appartenere alla vita:

Possiamo influire con dignità sulle qualità del giorno; imparando, in nome della condivisa creatività, per illuminarci l’un l’altro. Possiamo privilegiare la saggezza di osservare e di non giudicare, di intuire le latenti qualità dell’inettitudine per una vita parsimoniosa ed avversa allo scialo forse più ricca delle vite che conducevano prima. Oppur possiamo non reagire, consapevoli d’essere altrettanto responsabili di ciò che eludiamo.

 

Poiché accoglienza è contrario logico di rifiuto l’accoglienza nega il rifiuto.

Volontà d’incontrare la diversità, accoglienza e valorizzazione della diversità, assenza di comparazione tra diversi, assenza di competizione con la diversità.

 

“La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare.“

 Jiddu Krishnamurti

 

Il giovane pensò che in questo luogo non può che crearsi un clima di competizione, di comparazione, (esser più d’un altro oppure esser meno d’un altro) di giudizio, d’invidia, di reciproca svalutazione, di privilegio:

 

-           Il privilegio a danno di coloro che non sono privilegiati

-           Il privilegio a danno di coloro che sono privilegiati:

Lettera a una professoressa, 1967

Scritto da alcuni ragazzi (Insieme a Don Lorenzo Milani)

 

“Così è stato il nostro primo incontro con voi. Attraverso i ragazzi che non volete. L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati.”

“La scuola ha un problema solo: I ragazzi che perde.”

 

 

 

 

“Il danno più profondo lo fate agli scelti:

 

Ogni volta ha visto la sua pagella migliore di quella dei compagni che ha perso.

I professori che hanno scritto quelle pagelle gli hanno impresso nell’anima che gli altri 99 sono di cultura inferiore.

A questo punto sarebbe un miracolo se la sua anima non ne sortisse malata.”

 

“Una scuola che seleziona distrugge la cultura.”

 

-           Il processo attraverso cui prende corpo un’opera d’arte

-           Emozioni ed esperienze soggettive che accompagnano la realizzazione di un’opera

-           Quando un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?

-           Come vive l’unicità di ciò che ha creato.

 

 

Il processo attraverso cui prende corpo:

-           La tela bianca: Nessuna tempera variopinta animava di stati d’animo la tela.

-           La bianca pergamena: Nessun segno di china vi infondeva senso.

-           La volontà di respingere la mancanza di senso e l’incomunicabilità rappresenta la principale causa e stimolo alla realizzazione di ciascuna opera del giovane.

 

David Simpson, l’arte contemporanea concettuale e l’esistenza del Nihil: LA TELA BIANCA

 

“Non reagire è una reazione: siamo altrettanto responsabili di ciò che non facciamo.”

Jonathan Safran Foer

 

Secondo il giovane l’arte contemporanea concettuale insegna che vi è valore nel minimalism, nell’imperfetto e nel non immediatamente comprensibile; l’arte contemporanea non offre immediate risposte bensì pone domande:

-           L’ arte figurativa:

Il dipinto figurativo risveglia sentimenti, emozioni; vincola il riconoscimento dell’oggetto rappresentato affievolendo l’immaginazione di poter vedere diversamente, la curiosità di veder altro, di veder oltre.

-           L’ arte concettuale:

L’opera concettuale è meno vincolante agi occhi dell’osservatore: ciascun osservatore forse vede diversamente un’opera concettuale contemporanea rispetto ad un altro osservatore semplicemente perché ciascun osservatore è unico e diverso.

 

-           Quando un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?

-           Come vive l’unicità di ciò che ha creato?

 

In molte occasioni il giovane provò disprezzo nei confronti di ciò che creava poiché le proprie opere non avevano implicazioni reali nella sua realtà che rimaneva indifferente alla creazione ed all’esistenza dell’opera: Il giovane pensava che questa assente risposta del mondo esterno fosse provocata dall’ imperfezione estetica della propria creazione, proprio ricercando la perfezione estetica il giovane era irrequieto: Spesso rovinava alcune opere che aveva realizzato ne scialacquava altre. Di esse ne rimase soltanto il ricordo in una fotografia.

 

Il giovane dunque era raramente soddisfatto della propria opera: Paradossalmente questa insoddisfazione era parte del suo spirito creativo

Egli riteneva che il valore della propria opera dipendesse esclusivamente dalla misura del riconoscimento conseguito.

Fin quando non comprese che, la propria opera non valeva nella misura di un riconoscimento conseguito, non valeva in seguito ad una approvazione estetico – qualitativa e soggettiva d’un’altra persona.

La propria opera ha valore in sé.

 

 

 

Dal momento in cui il giovane comprese questa prospettiva iniziò non solo ad avvalorare ciò che creava, egli amava la propria opera riconoscendo in essa realizzazione unica di sé e importante strumento di comunicazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SOLE NOTTURNO

L’ACCORGIMENTO

 

 

Esiste una candela che vivace brucia nella notte,

lei sente riscaldarsi e illuminarsi,

lei sente di viversi e sente di svanirsi,

Piange la sua cera di goccia in goccia.

 

Tuttavia nonostante sia notte la candela sola sa di non illuminare e di non riscaldare.

Allora lei avvampa, la sua fiamma incendia, gli aloni di calore e di luce giungono più lontano,

Tuttavia non ancora sufficientemente lontano.

 

Imperversa l’alba e la candela sola è illuminata ed è riscaldata dal Sole, la candela superna.

La candela sola sogna d’essere il sole, per ringraziare il sole d’averle donato l’aura solare.

Affinché i suoi tiepidi lumi possano regalare luce e calore al Sole.

In mancanza dei lumi del Sole che avvivarono la candela sola, lei si sarebbe spenta.

Grazie al Sole la candela sola divenne la candela illuminata dal Sole.

 

Allora, in grazia della reminiscenza dell’esempio del Sole, la seconda notte la candela non desiste il suo rilucere.

Ed il suo sogno, la sua preghiera fu ascoltata:

Allora lei avvampa, la sua fiamma incendia, gli aloni di calore e di luce giungono più lontano, ora sufficientemente lontano da destare l’accorgimento di alcuni pellegrini che entrarono nel santuario vuoto dove sola la candela ancora riluceva.

I pellegrini si cinsero attorno la candela come i pianeti per il sole.

La candela nel santuario si spegne, ma i pellegrini la riaccendono.

Così per i pellegrini la candela fu il sole notturno.

Se la candela è sola, nessuna realtà è illuminata dalla sua luce, la candela sola rilucerà e la sua aura desterà l’accorgimento delle realtà più lontane, come il sole per le stelle e per i pianeti. E le realtà riluceranno dei medesimi lumi della candela originale, come la luna per il sole, quando la candela più non potrà illuminare, la reminiscenza del tenore dell’aura della candela risorgerà, ripresenterà il miracolo della con-divisione.

Sì incontreremo una nuova candela, ed il pellegrino reminiscente tra noi ricorderà la ri-compensa al loro pellegrinaggio verso di lei della candela sola, il suo illuminarli e riscaldarli, l’essere per loro il sole notturno.

Ed il pellegrino reminiscente sia l’oracolo della metempsicosi della candela sola, la candela sola divenne eterna quando la sua preghiera di essere il Sole fu accolta dall’accorgimento dei pellegrini.

La cera di questa candela rinnovata non lacrima al calore della sua fiamma, non si dissipa, il suo fuoco esanima miriadi di volte a causa di un vento variopinto che ha molti nomi, ma il suo fuoco sempre si riaccende, la resilienza è una candela riaccesa, noi possiamo la resilienza se lo vogliamo, se riaccendiamo la candela, chi di noi è il pellegrino reminiscente?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SE (SIAMO SOLI)

Si disimpara a scrivere se non si scrive, ma perché si scrive? Quale è il significato dello scrivere se non il comunicare un messaggio, il punto è a chi? Tuttavia può accadere che il chi smetta di esistere. E se l’interlocutore non esiste non ha più senso scrivere, non si ha nulla da comunicare. Ad esempio dopo anni di non scrittura si disimparerebbe a scrivere. Ma quale è la causa di questa perdita di facoltà, l’assenza della relazione, la non esistenza dell’interlocutore; se dovessimo non essere più vicendevoli scrittori, nella scrittura di lettere ci dovrebbe essere uno scambio reciproco di lettere. La reciprocità è una parola sempre più rara e preziosa perché tende a mancare. Se la lettera non è letta, la mancata risposta del lettore/lettrice significa un vuoto il cui senso deve essere assimilato e colmato dallo scrittore/dalla scrittrice stesso/a. È il senso mancante il luogo della intuizione telepatica.

La noia esiste ed è una delle cause per cui l’interlocutore mancherebbe inesorabilmente allo scrittore/scrittrice - la noia può abbracciare tutte le negatività - tuttavia il nostro limite risiede nella resistenza al cambiamento - la noia può divenire? Secondo l’interlocutore no. E della sua presa di posizione non se ne prende la responsabilità. La risposta è che la noia può divenire diversamente solo se ci impegniamo insieme per cambiarla - dovremmo riuscire a intravedere lo spiraglio di vita nella fine.

Prima disimpariamo a scrivere - ma lo stesso discorso si ripercuoterebbe sulla parola e su molte altre nostre facoltà - allora l’oratore diventerebbe timidamente muto perché ha disimparato a parlare dopo che i suoi ascoltatori smisero di ascoltarlo/a e di interloquire con lui/lei togliendogli/le la parola? Forse, chiariamo tuttavia che muti sarebbero realmente stati coloro che restarono in silenzio quando la persona che fu loquace interloquì con loro.  

 

 

 

Tuttavia la persona sola non è più debole e non è meno intelligente, né meno noiosa, ad esempio noi se siamo soli non parliamo e non scriviamo ma pensiamo molto, e pensando molto a nostro modo esprimiamo nella qualità del nostro carattere la nostra percezione della vita, tuttavia esprimeremmo a chi?

 Ricordiamo che la candela si sarebbe spenta definitivamente se i pellegrini non la avessero riaccesa.

Spentasi la candela sola, la persona sola si avvilirebbe, ad esempio disimparerebbe ad ascoltare, chi ascolterebbe? Ad una ad una la persona sola avrebbe perso ogni sua abilità fino ad incontrare il nulla, la perdita di ogni collegamento relazionale sostanziale con la realtà, il non sapere ciò che accade, il non capire ciò che potrebbe accadere, la rivalutazione del tempo che diviene più pesante perché ci si accorge che ciascuna realtà personale e relazionale accade simultaneamente secondo dopo secondo - la vita è relazionalità - la relazionalità termina con il termine della vita, non prima.

Allora la persona sola non scriverebbe perché non sa più scrivere, non parlerebbe perché non sa più parlare, non penserebbe perché non avrebbe più alcun senso il pensiero e l’atto del pensare, non ricorderebbe per-ché avrebbe imparato a dimenticare. E gradualmente la persona sola si sentirebbe più debole perché? Per le sue numerose iniziative non accolte e non ricambiate - anche nei momenti in cui sentiva di non potere continuare, lei continuava per una innata energia che possedeva, lei era la sola predestinata a conoscere il profondo senso della resurrezione.

Così la memoria della persona sola non è solamente una povera consolazione di ciò che è stato e di ciò che non è più - ma la memoria è l’oracolo di ciò che è in destino di ritornare. Infatti non ricorda solo la persona sola bensì tutte le persone che lei ha incontrato ricordano - il problema sussisterebbe nella nostra preferenza nel dimenticare.

 

 

Fu in quel momento che la persona sola acquisì un livello superiore, ulteriore di consapevolezza - ogni secondo di vita è possibilità - e il suo atto nella relazione con le altre persone è resurrezione - oltre il limite che cristallizza ogni sistema di dialogo e di relazione, la realizzazione dell’assurdo è rivoluzionaria, sblocca ciò che è latente, è sorpresa, realizza ciò che è disatteso, realizza l’impossibilità, crede nella vita perché è oltre il limite della negazione. Avrebbe avuto molto da insegnare ma era sola, a chi insegnava?

“La seconda notte la candela non desiste il suo rilucere.”

 

Il sole è la candela che irradia la sua aura luminosa verso i pellegrini.

 

Allora la persona sola non si abbandonò alla abulia eclettica, imparò nuovamente a scrivere a parlare a pensare a ricordare, e per-donò le persone, le incontrò, lei incontrando la fine di molte relazioni aveva compreso la varietà della vita e l’importanza del dono di libertà. Alcune persone la incontrarono e videro in lei una luce in-consueta, rara, il suo ascolto era saturo di co-sentimento e di uni patia, lei accettava, abbracciava e capiva ogni loro realtà.

Se la solitudine può implicare abulia eclettica, la stasi creativa, la relazione realizza le varietà multi-contestuali, è la catarsi creativa che consiste nel dono di senso del fare che non è più un ciottolo consegnato e caduto in un baratro e perso, ma è un ciottolo consegnato e raccolto.

 

SE SIAMO SOLI CI INNALZIAMO AD ESSERE LE CANDELE SUPERNE, IL SOLE NOTTURNO PER NOI.

 

 

 

 

 

 

NONCHALANCE

 

 

IL PARADOSSO DI MORAVEC E LA ATTRIBUZIONE DI DIGNITÀ UNIVERSALE

Il paradosso di Moravec è la scoperta da parte dei ricercatori di intelligenza artificiale e robotica che, contrariamente alle ipotesi tradizionali, il ragionamento di alto livello richiede pochissimo calcolo, ma le capacità sensomotorie di basso livello richiedono enormi risorse computazionali.

 

Il principio è stato articolato da Hans Moravec, Rodney Brooks, Marvin Minsky e altri negli anni ottanta. Come scrive Moravec, “è relativamente facile fare in modo che i computer mostrino prestazioni di livello adulto nei test di intelligenza o nel giocare a dama, e difficile o impossibile dare loro le competenze di bambino di un anno quando si tratta di percezione e mobilità”.

 

Allo stesso modo, Minsky ha sottolineato che le abilità umane più difficili da decodificare sono quelle che sono inconsce. “In generale, siamo meno consapevoli di ciò che le nostre menti sanno fare meglio”, ha scritto, e ha aggiunto “siamo più consapevoli dei processi semplici che non funzionano bene che di quelli complessi che funzionano perfettamente”.

https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Moravec

 

 

 

 

 

 

 

 

La “SPREZZATURA UNIVERSALE ONTOLOGICA”

L’agire attitudini di elevata difficoltà – manifestando la potenzialità di riuscirvi con semplicità.

In ottemperanza delle riflessioni di Moravec si adduce un motivo di riconoscimento valoriale comunitario universale sulla base della accoglienza ontologica delle persone sulla base della universale comune sprezzatura nelle capacità di chiunque di gestire ed affrontare quelle che erroneamente riteniamo le low_graded-level-aptitudes.

“Sono tutti in grado di.” Nella consuetudinaria accezione di valenza ontologica svalutativa e subordinante – Mentre le ricerche di Moravec e di Steven Pinker – Attribuiscono alle facoltà umane più semplici il valore di complessità.

Pertanto qualunque essere umano deve essere riconosciuto degno e valevole in quanto abile di realizzare la complessità delle attitudini quotidiane – Allora l’ottica di giudizio del prossimo non è la valorizzazione fondata sulla sua facoltà realizzativa-gestionale di

up-graded-level-aptitudes, uno spirito valorizzativo sempre più severo che istituisce la selezione ontologica tra coloro la cui predisposizione è conciliante con le complessità di ordini diversi rispetto alle complessità di cui argomentano Moravec e Pinker e coloro i quali non possono accedervi per loro peculiare essenza o per la loro situazione di vita. La complessità è relativa poiché Moravec e Pinker hanno dimostrato che le up-graded-level-aptitudes sono low-graded-level-aptitudes e che le low-graded-level-aptitudes sono up-graded-level-aptitudes.

 

 

Attribuzione di Dignità universale non è omologazione universale.

Non è un surplus valoriale verso coloro che dimostrano la facoltà attitudinale di ottemperare al compimento di up-grade-aptitudes, ma è la valorizzazione di una persona per una complessità dissimile rispetto alle complessità che le altre persone sanno ottemperare.

Le up-grade-aptitudes non sono migliori delle low-grade-aptitudes sono semplicemente diverse ed hanno analoga dignità – ed analoga dignità è attribuita ed è in ontologico possesso delle persone agenti le facoltà olistiche che abbracciano il dualismo up-grade-aptitudes e low -grade-aptitudes: Le nonchalance-universal-aptitudes.

Tutte le vie hanno uguale dignità.

 

UN MINDSET DI MINORAZIONE VALORIALE

Un mindset di minorazione valoriale e di minorazione di dignità attitudinale-creativa si può avvalere del giudizio di inutilità attitudinale.

 

Tuttavia la pura invariabilità attitudinale non esiste.

 

“I vuoti di oblio non esistono. Nessuna cosa umana può essere cancellata completamente e al mondo c’è troppa gente perché certi fatti non si risappiano: Qualcuno resterà sempre in vita per raccontare. E perciò nulla può essere <<praticamente inutile>>, almeno non a lunga scadenza.”

Hannah Arendt

 

Altresì non esiste la pura invariabilità dialogica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’EQUILIBRIO DI RILEVANZE DIALOGICO-FATTUALI

Una donna o un uomo avente la propria prospettiva, espressione della propria identità (dunque un ‘vero’)  se dialoga con altri (‘ veri’) può ‘vedere’  prospettive a lui/lei celate.

Le verità sarebbero secondo questo pensiero il risultato di un arricchimento reciproco in grazia del dialogo tra prospettive, identità:

 

Vi è dunque relazione tra la pace e le verità:

Il reciproco ascolto e la coesistenza delle prospettive* ovvero l’istaurarsi di un clima relazionale pacifico e aperto alla ridefinizione delle idee e dei giudizi in seno alle idee (risultanti dalla domanda, dall’ascolto e dalla parola) agevola la ‘messa a fuoco’ della conoscenza della verità soggetto del dialogo. 

“La conoscenza oggettiva del mondo esterno è conseguibile solo in maniera intersoggettiva, cioè da un numero di individui che si trovano fra loro in uno scambio reciproco di conoscenze.”

                                                                                                          

 Edmund Husserl

 

*Affinché vi sia coesistenza di prospettive deve esistere l’equilibrio di rilevanze fattuali che dispone che ciascuna prospettiva partecipante al dialogo abbia diritto di parola, di essere ascoltata ed accolta come esistente e compartecipante in quanto sfumatura di senso della verità, soggetto del dialogo, ricercata e esaminata confrontando opinioni diverse.

 

 

 

 

 

 

 

La premessa dell’equilibrio di rilevanze fattuali tra due persone consiste nella analogia di dignità di realizzabilità delle proposte espresse da queste due persone, ovvero che il risultato attuativo conseguente al dialogo di queste due persone sia un connubio delle loro intenzionalità – pertanto questa prospettiva si avvale di una etica della non autorevolezza decisionale di una persona sulla seconda: Le variabili di parola e ascolto devono pertanto essere biunivoche, bilaterali, reciproche, qualitativamente e quantitativamente equilibrate tra le due persone.

Al tempo di parola della prima persona deve coincidere o somigliare il tempo di parola della seconda persona.

Il tempo di parola della prima persona deve essere accompagnato dal sincronistico tempo di ascolto curioso e coscienzioso della seconda persona.

Il tempo di parola della seconda persona deve essere accompagnato dal sincronistico tempo di ascolto curioso e coscienzioso della prima persona.

La priorità dialogica non è indice della maggiore rilevanza ontologico-discorsiva di una persona rispetto ad una altra persona e non è indice del maggiore diritto di parola di una persona rispetto al diritto di parola di una altra persona.

La pluri – contestualità esperienziale delle persone e la pluri – prospettività ontologica della realtà relativizzano i criteri di determinatezza di giudizio di gerarchizzazione di valore ontologico – facoltoso – discorsivo.

Siamo vicendevolmente una complessità ontologicamente in facoltà di essere un valore per noi stessi e per il prossimo. In ottemperanza del valore della mentalità della reciprocità equilibrata di rilevanze comunicative e fattuali accogliamo un modello risolutivo (L’epilogo, l’esito sintetico della nostra argomentazione) di tipo consultivo coevolutivo e non di tipo deliberativo-subordinante-definitivo –

 

 

Pertanto la qualità della meta decisionale dialogica si avvale di essere l’olismo della compresenza delle diverse intenzionalità, esigenze, volontà, creatività delle parti che sono in relazione dialogica (No indifferenza, no under-evaluation.) – La seconda qualità è la ridimensionalità e la flessibilità della meta decisionale – abbiamo allora premesso che le parti restino in relazione dialogica successivamente alla pronuncia concorde della meta risolutiva.

Il rispetto reciproco e la prova del reciproco ascolto si compie nella misura in cui il dialogo non sia fine a sé medesimo, ovvero che la interrelazione dialogica implichi una variazione fattuale, un cambiamento, un implemento sia relazionale, creando maggiore complicità tra le parti che si sono relazionate, sia progettuale, creativo, proiettivo, fattuale ovvero che nasca e cresca una nuova complessità del fare sin dalla prima interazione.

È in nostra facoltà la possibilità di essere i medium del compimento della verità che qualunque iniziativa dialogico-comunicativa non sia invariabile, ovvero che sia un valore diveniente.

La pura invariabilità dialogica non esiste.

“La convinzione che vi sia una sola verità e che qualcuno sia in possesso di questa è la fonte di tutti i mali del mondo.”

Max Born

 

“La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà esistente è la più pericolosa di tutte le illusioni”

Paul Watzlawick

 

“Il modo più sicuro per corrompere il giovane è istruirlo a tenere in maggiore considerazione coloro che la pensano allo stesso modo rispetto a quelli che la pensano in modo diverso”.

Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

 

 

Friedrich Nietzsche mostra quanto sia pericoloso impedire alle persone di pensare in modo creativo e indipendente. Avere una mente aperta ed essere onesti quando si sentono punti di vista diversi, è fondamentale. Se vogliamo creare un ambiente che incoraggi la creatività, l’accoglimento culturale della diversità e la crescita intellettuale, significa che questi valori non sono ancora presenti o sono raramente presenti secondo le loro sfumature più timide, dobbiamo allora imparare a insegnare ai giovani a rispettare chi la pensa diversamente ed a considerare la iniziativa di comunicazione non conformista un valore di nuova possibilità di autoriflessione ed un imput argomentativo e relazionale.

 

 

IL DERIVATISMO

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:All_Creative_Work_Is_Derivative.webm

 

 

 

 

 

L’EGOISMO NON ESISTE

“Tu non appartieni a te. Tu appartieni all’universo. Il tuo significato rimarrà per sempre oscuro per te, ma puoi presumere che stai adempiendo al tuo ruolo se ti applichi a convertire le tue esperienze a massimo vantaggio degli altri.”

Queste parole giunsero a Buckminster Fuller e gli salvarono la vita.

 

 

 

 

 

 

LA RICOMPENSA DEL DONO

LA RI-CONOSCENZA

“Spesso ho fatto il poco che potevo per correggere la vecchia abitudine di dare le cose per scontate: soprattutto perché non si tratta neanche di darle propriamente per scontate.

È prenderle senza gratitudine, ovvero disconoscerne il dono.”

G. K. Chesterton

 

Dovremmo essere come candele che non si spengono vicendevolmente ciascuna depauperando d’ossigeno le sue vicine , la candela più luminescente resterà al buio se terrà per sé stessa ogni fonte vitale privando le sue compagne. E saremmo come candele che si mantengono accese ciascuna riardendo dal filo di fumo della fiammella vicina che illuminerà dei colori della candela originaria. Il fumo delle candele spente non assopisce mai i vivaci lumi delle candele accese, è un sottile e flebile filo di fumo che ascendendo al cielo incontra le nuove fiammelle, non è un anelito di fine ma è l’inizio di una preghiera raccolta da chi sceglie di illuminare essendo custode di vita e luce. Illuminare è l’opportunità di permettere che altri illuminino della nostra stessa luce, il germogliare del nostro unico e raro colore, che sarà riflesso più intensamente, questa è la ricompensa del dono.

 

 

L’egoismo non esiste.

L’ambivalenza biunivoca tra vita ricevuta = vita donata.

L’egoismo non esiste perché ogni istante di vita è dono comunitario puro valore aggiunto relazionale.

La vita a noi è un dono che ricambiamo con il dono comunitario -del nostro vivere. Valore aggiunto nell’uguaglianza del ritorno del valore aggiunto comunitario della nostra esistenza ontologico-attitudinale.

Siamo donati dal mondo e donanti di noi stessi verso il mondo.

CAPITOLO TERZO

 

 

LA VIA NON ORIENTABILE

DELL’ASCOLTO DELLA TRASMIGRAZIONE

 

 

LE 21 VIE DELLA TRASMIGRAZIONE

 

 

Tutte le VIE TRASMIGRATORIE hanno uguale dignità

La trasmigrazione È una facoltà innata implementabile multisistemica coevolutiva CAS Ottimale

Spiritualità singolare = plurale

La singolarità è uguale alla pluralità

Il tradizionalismo e la innovazione della trasmigrazione.

La qualità innovativa della trasmigrazione ha valore implementativo aggiungendo il nuovo passo  del percorso conoscitivo spirituale

Tuttavia il nuovo passo non è puro valore aggiunto – è spurio valore aggiunto plasmato e plasmabile reiteratamente dalle qualità tradizionali dei passi antecedenti al nuovo passo.

 

La genealogia trasmigratoria – l’albero genealogico spirituale delle anime che fioriscono quando le ricordiamo e quando comunque onnipresentemente influiscono il nostro subconscio e conseguentemente in ciascuna nostra attitudine.

 

Ritorno e karma

Into the stillness within

Documentario innsaei

Allineamento mistico

The universe gives you exactly what you need to live a life aligned with the frequency of what you focus your attention on.

1

REMINISCENZA, METEMPSICOSI O INNIZIAZIONE

https://www.treccani.it/enciclopedia/iniziazione

(relig.) [passaggio dell’anima da un corpo all’altro] ≈ metempsicosi,…

La reminiscenza è una via trasmigrativa.

La reminiscenza è il portale del divino

La memoria risolve la solitudine poiché è il ponte con il mondo spirituale.

 

 

 

REMINISCENZA, NOSTALGIA

RICORDARE

Dal latino RE-CORDIS:

Ritornare al cuore, rincuorare.

 

VIZI PRIVATI PUBBLICHE VIRTÙ

Ciascuna altra persona da noi è un frammento del cuor nostro:

Ove e quando siamo disinteressati ai cuor altrui,

badiamo a non ferir alcun frammento del nostro.

 

Il colpo di fulmine, l’innamoramento immediato, istintivo soggettivo è in relazione al fenomeno della reminiscenza, ognuno di noi ha un immaginario che risale all’età infantile, il quale viene impresso da determinati fenomeni, immagini, colori, odori, sapori ecc. che noi conserviamo in maniera inconscia e che la visione di una determinata persona risveglia.

 

 

 

 

 

 

Per cui quando persona risveglia quell’immaginario che risale all’età evolutiva è come se fosse un campanello che bussa alla porta e quindi questo giustifica questa reazione chimica ed evolutiva.

“Dejavù”, ognuno di noi nell’arco dell’età evolutiva si crea un proprio immaginario.

 

NOSTALGIA

ln spagnolo, “anoranza’ viene dal verbo “anorar” (“provare nostalgia”), che viene dal catalano “enyorar”, a sua volta derivato dal latino “ignorare”. Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell’ignoranza”.

 

In greco “ritorno” si dice nòstos. Âlgos significa

“sofferenza”.

La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.

“Tornare a casa e dai propri cari” da cui “nostalgia”, il dolore malinconico dovuto alla voglia, appunto, di tornare indietro.

“Nostos” ch’era un viaggio compiuto per tornare a casa. Mi dissero che non era per me, che ne sarei naufragato. Credo che “Nostos” sia incontrarti.

 

2

LA QUINTESSENZIAZIONE

La quintessenzazione è una seconda via trasmigrativa poiché rende manifesto il principio spirituale insito e custodito nelle realtà “ponte”tra reale e spirituale in quanto «ri-fonde» ed «ex-fonde» alchemicamente le entità spirituali rendendole compartecipanti alla compiutezza attitudinale del reale.

Un esempio di quintessenzazione è la transustanziazione cristiana del pane e del vino.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Quintessenza_(fisica)

https://www.treccani.it/vocabolario/quintessenza/

3

LA CONTEMPLAZIONE MEDITATIVA

La contemplazione meditativa è una terza via trasmigrativa – in quanto osservazione è atto avente rilevanza fattuale sull’osservato – la influenza osservativa ha qualità dialogiche spiritico-sacrali, l’osservazione è un dialogo tra anime – tra noi e l’ambiente animato, di qui il legame spirituale tra noi e la natura in ontologia le consonanze ontologiche tra noi e natura sulla base delle complessità frattali, matematiche e metafisico-spirituali. Noi siamo naturali.

4

IL PENSIERO MISTICO ALCHEMICO

Il pensiero mistico-alchemico è una quarta via trasmigrativa

Diversi sono i grandi obiettivi che si proponevano gli alchimisti: conquistare l’onniscienza, raggiungendo il massimo della conoscenza in tutti i campi del sapere; creare la panacea universale

L’Elisir di lunga vita è una leggendaria pozione o elisir capace di donare l’immortalità a chiunque lo beva, di riportarlo in gioventù, oppure semplicemente di rafforzare e prolungare la vitalità di una persona, guarendone le malattie.

 

Il pensiero alchemico ha valore irenico-pacificativo:

Le mani invisibili si intrecciano reciprocamente per condurre alla pace dei diversi.

Il termine alchimia deriva dall’arabo al-khīmiyya o al-kīmiyya composto dell’articolo determinativo al- e della parola kīmiyya che significa «chimica», e che a sua volta sembrerebbe discendere dal termine greco khymeia dal significato di «fondere», «colare insieme», «saldare», «allegare», ecc. (da khumatos, «che è stato colato», di un lingotto).

 

 

 

 

5

LA DIVINAZIONE

La divinazione è una quinta via trasmigrativa

La divinazione è una metafisicizzazione del reale, pertanto è il percorso elettivo che conduce alla reciproca relazione tra gli spiriti individuali oltrepassando il limite della finitudine vitale ed elevandoci alle infinitudini multiversiche.

Amuleto e totemismo

La percettività spirituale è in relazione con la complessità fisiologica celebrale , pertanto associamo alle dinamiche elettromagnetiche che circolano nelle cose ed in noi i sintomi di questa forza spirituale impersonale che si designa di solito col termine mana (v.).

 

La magia si basa sopra due postulati fondamentali: 1. Il simile agisce sul simile; 2. Il contiguo agisce sul contiguo. Il primo postulato dà origine alla magia imitativa o mimetica, detta anche simbolica, in quanto l’atto magico significa, e riproduce in piccolo, ciò che deve essere operato in realtà; e omeopatica, in quanto vale a operare un effetto eguale a quello da essa raffigurato. Il secondo postulato dà origine alla magia detta simpatica, in quanto è fondata su una connessione o affinità delle cose, sia per contiguità sia in quanto sono parti rispetto al tutto, connessione che resta sempre anche dopo la separazione e le obbliga a subire la stessa sorte; e contagiosa, in quanto l’atto compiuto su una parte, integrante o contigua, diffonde il suo effetto sul tutto.

Nome. – Il nome è parte integrante della persona, anzi è la sua anima; cosicché chi è in possesso di quello e lo pronunzia o evoca al momento opportuno ha in sua mano la persona.

 

 

 

 

 

 Così si spiega la ripugnanza di tutti i primitivi a rivelare il proprio nome, l’uso dei nomignoli o dei nomi segreti, tutta quella categoria di fiabe in cui la soluzione è data dalla conoscenza del nome; così si spiega il ritegno che ha il popolino di nominare le cose di cui ha terrore, specialmente il fulmine e il terremoto designandoli con un epiteto o una circonlocuzione, quasiché nominarli sia suscitarli; e il rito romano dell’evocazione delle divinità di una città vinta, perché venissero a far parte del pantheon romano; e il segreto col quale il sacerdozio celava il nome vero di Roma affinché nessun nemico, evocandola, potesse provocarne la caduta.

 

Parola. – La parola detta con l’intonazione giusta ha un valore magico di prim’ordine. Essa può essere o una formula sacra (v. formula, XV, p. 708) capace di produrre ogni buon effetto; o una parola possente, che apre ogni porta, abbatte ogni ostacolo, come quelle che aprivano le porte dell’oltretomba al defunto egiziano e all’iniziato orfico; o uno scongiuro fatto con formule ed epiteti tanto più efficaci quanto più misteriosi e con modulazione ritmica (carmen, incantesimo, charme).

https://www.treccani.it/enciclopedia/magia_%28Enciclopedia-Italiana%29/

 

6

IL PENSIERO ONIRICO E IL SOGNO SUBCONSCIO

Il pensiero onirico, o più profondamente la follia del delirio onirico – il sogno subconscio è una sesta via trasmigrativa

7

SENTIMENTALISMO

Il sentimentalismo è una settima via trasmigrativa.

L’amore implica concentrazione sensoriale mnemonica altresì verso le realtà assenti – questa dinamica annuncia che l’amore è un ponte tra reale e spirituale

 

 

8

L’I CHING

L’I CHING è una ottava via teasmigrativa

 

La solitudine è l’ambiente relazionale che consente l’accesso alle vie trasmigrativa.

9

L’EREMITISMO

Pertanto la nona via trasmigrativa è l’eremitismo.

 

10

LA RELAZIONE REALE

La decima via trasmigrativa è il secondo macrocosmo relazionale gemello all’eremitismo, ovvero la relazione reale.

La relazione adiacente reale è sostanzialmente spiritualmente fondamentale poiché come abbiamo predetto è la relazione che connubia le qualità conformanti della assenza futura rispetto alla presenza relazionale – la spiritualità futura è una risonanza sonora della spiritualità reale relazionale presente.

 

11

LA LETTURA

La undicesima via trasmigrativa è la lettura.

 

12

LA CONTINGIBIITA’

La dodicesima via trasmigrativa è la contingibilità

contingìbile agg. [der. del lat. contingĕre «toccare; succedere», con diretto riferimento semantico a contingente nel sign. 3]. - Propr., che può accadere imprevedibilmente; è termine in uso nel diritto pubblico, di solito in unione con l’agg. urgente, per qualificare situazioni e circostanze di grave ed eccezionale necessità

Il sentimento di urgente spirito di necessaria sopravvivenza ci relaziona con la nostra ancestralità spirituale-religiosa. Come l’amore, la contingibilità implica concentrazione sensoriale mnemonica altresì verso le realtà assenti – questa dinamica annuncia che l’amore è un ponte tra reale e spirituale.

 

13

LA VIA NON ORIENTABILE DELL’ASCOLTO

La tredicesima via trasmigrativa è la via non orientabile dell’ascolto.

 

14

LA MALINCONIA

La quattordicesima via trasmigrativa è la Malinconia.

La percezione di una mancanza, la percezione della nostra incompiutezza ci pone in relazione con la spiritualità esteriorizzante

 

15

OD-ORISON

Od- Orison

Il mite giuramento della preghiera

è la quindicesima via trasmigrativa.

 

16

POSY

Posy-

un verso iscritto all’interno di un anello

È la sedicesima via trasmigrativa che è in relazione con l’avventurismo e con l’occulto – poiché la profondità dell’universo spirituale non sempre coincide con l’illuminata superficialità esperienziale, tanto è che l’illuminazione spirituale è permessa dalla esistenza di una qualità ambientale adombrata, occulta da disvelare.

 

La quattordicesima e la quindicesima via trasmigrative sono in fondamentale relazione con le dinamiche del ritorno e della resurrezione spirituale relazionale.

 

17

RACK

Rack (di una nuvola)-essere guidato dal vento è la diciassettesima via trasmigrativa

La leggerezza è ben complice della aleatorietà fievole della spiritualità.

 

18

IL PERCORSO INDIVIDUALE AUTONOMO PURIFICATIVO-ASSOLUTIVO

Il percorso individuale autonomo purificativo-assolutivo è la diciottesima via trasmigrativa

 

19

WHITHERSOEVER E WHOSOEVER

La diciannovesima via trasmigrativa è il Multiverso, è multisistemica, è il whithersoever, in qualsiasi luogo è la ubiquità ed è il whosoever (ogni persona che) – la diciannovesima via trasmigrativa è in relazione con la tredicesima via trasmigrativa e con il concetto di sincronismo trattato nei miei recenti libri.

20

 

YOKE

La ventesima via trasmigrativa è lo Yoke-la quantità di terra che una coppia di buoi potrebbe arare in un giorno.

L’impegno di realizzare tutto ciò che esiste nelle nostre latenti facoltà affinché possiamo percorrere una o più vie trasmigrative. – la volontà.

 

21

IL TATTO E LA PREMURA

La ventunesima via trasmigrativa è paradossalmente la realtà che realizza e che non trascende, che non trasmigra. Ovvero il tatto, il contatto adiacente reale, il macrocosmo relazionale affettivo.  La Spiritualità è la implementazione della realtà relazionale – la realtà relazionale è un contenuto della Spiritualità.

La relazione adiacente reale del tatto è sostanzialmente spiritualmente fondamentale poiché come abbiamo predetto è la relazione che connubia le qualità conformanti della assenza futura rispetto alla presenza relazionale – la spiritualità futura è una risonanza sonora della spiritualità reale relazionale presente.

 

CIASCUNA VIA HA UGUALE DIGNITA’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA SESTA VIA TRASMIGRATIVA

 

IL PENSIERO ONIRICO E IL SOGNO SUBCONSCIO

 

L’ANIMISMO E IL DIO QUIESCENTE

Mindfullness è accettazione non è rassegnazione.

 

IL SONNO DI DIO

 

LA FACOLTÀ IRENICA DIVINA

 

DIO è per ciascuno è onnipresente, è onnisciente, è libertario, è innatamente conciliativo –

Dio esiste per supportare la nostra resilienza, per connubiare la nostra precarietà, caducità, disequilibrio di senso, tuttavia non esiste per obbligarci alla sua influenza. Dio mindset it is about:

 “ Ma Solitude est un condition necessaire de ta liberté.”

Sartre Jean Paul

Elaborazione dormiente.

Il sonno è sogno ispirativo.

Il sonno è purificativo.

 

 

La preghiera è la evocazione divina.

Il sogno divino è la quintessenza onniscente.

DIO vive a coloro che lo pregano

La marginalità spirituale-divinatorria delle persone: I divin dormienti.

“ Dove è l’altro?” Scriveva Alda Merini realisticamente alludendo alla statica dell’abbandono relazionale.

Io risponderei, è con noi, ma è dormiente, le sue facoltà attitudinali relazionali reciproche con noi sono latenti, ovvero attendono la rivelazione a noi. Immaginiamo, realizziamo l’altro dormiente.

La metafora allegorica relativa a questa idea è questa: Nessuna porta si apre senza che noi cingiamo le dita sulla maniglia, premiamo verso il basso la maniglia e incediamo i muscoli motori del nostro braccio e del nostro passo.

Ora, particolarizziamo questo esempio – perché vogliamo aprire la porta? Poiché l’ambiente oltre la porta è vitale o vivifico per noi, in poche parole l’ambiente oltre la porta ci fa più bene dell’ambiente antecedente alla nostra porta.

DIO e l’altro sono gli ambienti che ci vogliono più bene.

Seguiamo il percorso della complessità tra noi e  la realtà spirituale di Dio e del prossimo.

Allora immaginiamoli come scrigni – le ricchezze interne a questi scrigni sono dormienti, latenti, non è vero che non ci sono.

Tuttavia per accedere alla loro complessità multisistemica vi sono diversi meccanismi di sbloccaggio della serratura degli scrigni.

Perché gli scrigni sono blindati, la loro blindatura è coevolutiva, si adatta al divenire reciproco tra ambiente ed individuo, tra noi e loro sicché solo noi stessi se lo scegliamo potremo accedervi nel momento giusto per ottenersi le ricchezze giuste.

Allora al nostro imput dell’imparare il metodo di accesso allo scrigno otterremo l’output della evocazione personale dell’altro e della evocazione spirituale di Dio, abbiamo già citato che vi sussistono molteplicità unisistemiche divine nelle persone.

 

Tuttavia qui vi sussiste un paradosso. È proprio quando ciascuno di noi sente di dovere curarsi da un ambiente per accedere alle cure dell’ambiente oltre la porta o all’interno degli scrigni che potremmo rischiare di non avere le forze di adoperare il nostro imput di mettere la mano sulla maniglia per aprire la porta o per imparare il meccanismo per aprire gli scrigni.

 

Ma il paradosso si risolve con la realtà della reciprocità – Dio è Dio per noi, ed il prossimo è il prossimo per noi, ma è vero altresì l’inverso, ovvero che noi siamo noi per Dio e che noi siamo il prossimo per il prossimo.

Allora si realizza la magia che sia l’ambiente a cercare noi – una porta sembra aprirsi magicamente e la magia è che è il prossimo che dal secondo ambiente ad aprire la porta ed a creare il ponte tra i multisistemi che ci permette di accedere all’ambiente più curativo di quello precedente, così è per Dio – e Dio è la natura e dio è l’altro, è l’aleatorietà – Sarebbe allora la nuvola che adombra chi non può discostarsi dai raggi solari.

 

 

 

 

ANIMISMO E IMMORTALITÀ

La fine è l’inizio, e l’inizio è il primo passo in divenire. Il passo è il cangiante flusso, il passo unicamente esistente.

Animismo

Animato e inanimato

Animismo percezione, comprensione, fede.

Non esiste il non – vivo, la vita è ovunque onnipresente, Ciascuna realtà vive, la fine di una realtà non esiste poiché la fine è uno status mutativo in analogia agli altri status mutativi che quella realtà vive.

Tutto in questo luogo è vivo.

La singolarità reale è parte dell’olismo presente e di ciò che l’olismo fu e la inner latenza di ciò ce il reale diverrà.

Non sussiste creatività e nemmeno distruzione. Poiché creatività e distruzione sono le due dicotomie manifestazioni della compplessità del flusso diveniente che è una miscela complessa di creatività, distruttività e resurrezioni.

Non c’è vita, non c’è finitudine, non c’è inizio e non c’è fine c’è onnipresente il costante flusso ciclico irenico del cambiamento.

Inner sense of peace unione e comunione con il tutto.

 

IL PRESENTIMENTO FUTURO

 

La intuizione è aprioristica, è antecedente alla rivelazione della verità

La sincronicità simbolico-culturale è la coincidenza rivelativa risonante dell’outside universe rispetto alla verità intuita nell’inner mindset.

Lo spirito previsionale ed il presentimento del futuro.

Si possono intuire alcune singolarità future sulla base della assenza di sorpresa, ovvero sulla qualità del flow monotono del divenire passato – questa idea in ottemperanza della teoria caotica del butterfly effect- il cui andamento diveniente non presenta singolarità divergenti.

Allora la ipotesi precedentemente trascritta è confutata dalla realtà della esistenza della sorpresa medesima, ovvero del raro ma possibile verificarsi di singolarità divergenti rispetto al flow monotono diveniente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO QUARTO

 

LA VIA NON ORIENTABILE DELL’ ASCOLTO

 

 

Una definizione di Orientabilità

 

 

Una varietà (ad esempio, una curva o una superficie) è un oggetto che è localmente simile ad uno spazio euclideo. La nozione di orientazione esiste quindi localmente: questa non è però sempre estendibile dal locale al globale. Quando questo è possibile, la varietà è detta orientabile: in questo caso le “basi” centrate in tutti i punti della varietà sono effettivamente suddivise in due classi, e si può scegliere una orientazione, cioè assegnare il termine “positivo” ad una di queste, e “negativo” all’altra.

 

La possibilità di estendere globalmente questa proprietà locale è collegata al fatto seguente: esiste la possibilità che un oggetto che effettua un viaggio lungo un percorso all’interno della varietà si ritrovi con un’orientazione invertita al suo ritorno al punto di partenza? Se esiste questa possibilità, è impossibile assegnare una orientazione globale, e quindi la varietà è detta non orientabile. Viceversa, se questa possibilità non esiste è possibile assegnare un’orientazione alla varietà, e quindi distinguere globalmente fra “basi” positive e negative.

La orientabilità presuppone la dicotomia, la positivizzazione e la negativizzazione.

Esempi

Per una curva, l’orientazione è semplicemente la scelta di una direzione di percorrenza della curva. Una scelta di questo tipo è sempre possibile, in altre parole una curva è sempre orientabile.

 

Superfici come la sfera ed il toro sono orientabili. L’esempio più noto di superficie non orientabile è il nastro di Möbius: disegnando una mano destra sul nastro, e facendo fare un giro completo al disegno, si ottiene come risultato una mano sinistra! Per questo motivo è materialmente impossibile distinguere mani destre da mani sinistre, ovvero suddividere le basi in positive e negative.

 

Questa proprietà del nastro di Möbius è collegata al fatto seguente: un osservatore che cammini lungo il nastro, dopo un giro completo si ritroverà a testa in giù, dalla parte opposta.

Sitografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Orientazione

https://it.wikipedia.org/wiki/Nastro_di_M%C3%B6bius

Applichiamo il principio di orientabilità geometrica

- alla complessità sensoriale unisistemica dell’udito

- alla complessità multisistemica dei sensi.

 

 

 

 

 

LA ORIENTABILITA’ UDITIVA

 

Quando l’udito è orientabile? Nella dinamica dell’ascolto orientativo.

Nella dinamica dell’ascolto orientativo si riconosce l’ambiente essere una varietà plurale categorizzabile, nominabile, e orientabile.

La razionalizzazione dell’ascolto – focus uditivo discreto –

La direzione uditiva è distintiva-gerarchica e uni-versale, è in relazione ad un aumento della concentrazione verso uno dei poli dicotomici - nullità-positività-negatività - la direzione uditiva è uni-versale.

 

 

Esempio – nullità di suono (Silenzio), Verso positività di suono (Parola)

L’ascolto di una persona in compagnia di numerose persone è un esempio di ascolto uni-versale e di orientazione uditiva. Si privilegia qui la parola della singola parola dell’interlocutore e si trascurano le parole della molteplicità relazionale. Pertanto la orientabilità uditiva è una parziale sordità in quanto ad astrazione da una molteplicità in onore dell’ascolto di una singolarità.

 

LA NON ORIENTABILITA’ UDITIVA

La non orientabilità uditiva non è privilegiativa e non è selettiva.

Quando l’udito è non orientabile? Nella dinamica dell’ascolto non orientativo.

Nella dinamica dell’ascolto non orientativo si riconosce l’ambiente essere una varietà di univoca complessità plurale non scindibile, non categorizzabile, innominabile, non orientabile, non selezionabile.

La risoluzione delle contraddizioni è pacifica.

La misticizzazione e la intuibilità dell’ascolto. Il focus uditivo è costantemente continuo, non presenta picchi di variazione discreta locale e temporale di variazione di attenzione.

Tutte le vie uditive hanno uguale dignità.

OM E MEDITAZIONE

Percezione del magnetismo relazionale.

Magnetismo. È la capacità di percepire campi magnetici.

Multiverso

La direzione uditiva è multi-versale.

Il negativo si positivizza ed il positivo si negativizza _ Il dualismo negativo – positivo si risolve nell’olismo uditivo.

L’ascolto simultaneo della complessità plurale dei suoni della natura in una immersione spirituale in un paesaggio è un esempio di percettività uditiva olistica che è funzionale ad una comprensione di senso olistico –

Questa proattività intuitiva è fondamentale per comprendere, intuire le dinamiche relazionali in situazioni di molteplicità relazionale.

 

IL FRUSCIO DELLE FOGLIE È LA MAGIA DELL’ONNIPRESENTE NOVITÀ CHE È ISPIRAZIONE ALLA CURIOSITÀ.

Il suono del vento tra le foglie degli alberi e tra i petali dei fiori.

 

PSITHURISM deriva dalla parola greca psithuros, che significa sussurrare.

Questo è un suono che tutti conosciamo e sentiamo. Ispirando le anime di molti dall’inizio dei tempi.

John Muir ha scritto che gli alberi sono

 “Ancestrali verghe d’oro ondeggianti che suonano intonate e suonando scrivono musica per fiati per tutta la loro lunga vita centenaria.”

 

 

SIAMO IL LOCUS AMOENUS

LA COMPLESSITA’ MULTISISTEMICA DEI SENSI

Può essere sia orientabile, sia non orientabile e le dinamiche di riflessione sono analoghe ai principi che abbracciano il senso udito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PERCETTIVITA’ MULTISISTEMICA

 LA SINESTESIA

sinesteṡìa s. f. [dalla voce prec.]. – 1. Nel linguaggio medico, termine abitualmente adoperato per designare il fenomeno psichico consistente nell’insorgenza di una sensazione (auditiva, visiva, ecc.) in concomitanza con una percezione di natura sensoriale diversa e, più in partic., nell’insorgenza di una immagine visiva in seguito a uno stimolo generalm. acustico (audizione colorata), ma anche tattile, dolorifico, termico; tale fenomeno può verificarsi in condizioni di normalità. Con lo stesso termine si indica anche un disturbo neurologico, dovuto a lesioni cerebrali o delle strutture nervose periferiche, consistente nella percezione di una stimolazione in una zona lontana dal punto ove questa viene esercitata. 2. Nel linguaggio della stilistica e della semantica, particolare tipo di metafora per cui si uniscono in stretto rapporto due parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse (per es., silenzio verde nel sonetto «Il bove» di Carducci, colore squillante, voce calda); quando l’accostamento non è occasionale ma tende a ripetersi (per varie contingenze storico-culturali e stilistiche) può determinarsi un mutamento semantico, può nascere cioè una nuova accezione della parola (per es., il lat. clarus, etimologicamente appartenente alla sfera sensoriale auditiva, è passato alla sfera visiva, e tale è il suo valore fondamentale nel latino classico e nelle lingue romanze, nelle quali, a partire dal linguaggio musicale, ha nuovamente assunto una accezione acustica, come in suoni chiari, voce chiara).

Tuttavia la sinestesia, essendo in evidente relazione con la complessità mutisistemica simultanea dei sensi, ha evidenti relazioni con il significato di non orientabilità, in ottemperanza di una disposizione mistico-olistica e contemplativa verso il sentimento continuo delle molteplicità dell’ambiente.

 

 

LA VALENZA ISPIRATIVA DELLA SINESTESIA

Un esempio può essere questo, il locus amoenus: “Mi trovo in una foresta con fiori, cascate, frutti di ciliegio; Simultaneamente ascolto il fruscìo delle acque della cascata e delle foglie mosse dal vento, mentre osservo la complessità naturale della foresta, mentre assaporo una ciliegia, mentre sento il profumo di un fiore, mentre bagno la mia mano delle acque precipitose della cascata e sfioro con l’altra mano la ruvidezza della pietra attigua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA ORIENTABIITA’ TATTILE

L’AENOSTTER UNIVERSALE : IL POLIAMORE, IL TATTO E LA PREMURA.

Il Tatto nella accezione di raccoglimento è per sua ontologica essenza una facoltà orientabile – in quanto privilegio ciò che raccolgo.

Tuttavia il tatto può essere non orientabile nella possibilità della immersione volontaria in complessità fluide – Pensiamo alla nostra immersione nelle acque marine – Lì siamo toccati simultaneamente dalla caoticità pluriessenziale della molteplicità marina.

 

LA NON ORIENTAZIONE DELLA PREMURA

 

Se la premura è attitudinalmente rara, questa rarità è sintomo di precarietà di intelligenza emotiva – Impariamo l’intelligenza emotiva come abbiamo imparato l’intelligenza razionale.

La reciproca premura ovvero cura, sollecitudine magnanima verso persona che sta molto a cuore, atto di attenzione affettuosa con cui tale sollecitudine si manifesta, il carattere urgente della premura altresì e soprattutto nei confronti di chi non si conosce.

La premura deve avere il carattere di non orientabilità, ovvero non deve essere oggetto di scelta privilegiativa, poiché qualunque scelta privilegiativa è una scelta degradativa, se scegliamo di bene agire verso coloro che abbiamo a cuore, i nostri cari, (non indico di non voler bene e di non bene agire verso coloro che abbiamo a cuore, i nostri cari.) esistono secondo questa mentalità proattiva coloro che non sono a cuore, tra essi vi sono coloro che non conosciamo. Si induce allora il dubbio attitudinale verso coloro che non sono a noi “a cuore”. Ed è questa incertezza attitudinale che è l’ambiente flessibile che può implicare malcontento attitudinale.

Allora dobbiamo rispondere a questa incertezza attitudinale. Il presupposto è riconoscere “a cuore”, “caro/a” coloro verso i quali pregiudicheremmo non “a cuore”. Solitamente le categorie di coloro che sono percepibili come non “a cuore” possono essere ritenuti coloro che sono a noi non conosciuti e coloro che sono a noi anti-patici.

Pertanto altresì la sconosciutezza deve essere fonte funzionale garante dell’atto premuroso.

 

Ma perché stimiamo “a cuore” qualcuno/a e non qualcun altro/a? Per il nostro sentimento di appartenenza e famigliarità – pensiamo alla dinamica familiare che è il cosmo della reciproca appartenenza.

La anti-patia e la sim-patia sono il dualismo appartenente all’olismo patia. Pertanto possiamo ricondurre il nostro universale spirito di riconoscimento e di appartenenza nella nostra innata facoltà “patia”. Pertanto proviamo a pensare questa analogia, la anti-patia è la sim-patia, poiché sono entrambe patie e poiché non sussiste mai la dicotomia sezionata tra anti-alfa e sim-alfa poiché in alfa sono presenti sia qualità essenziali ontologiche anti sia qualità essenziali ontologiche sim. In qualunque positività esiste negatività ed in qualunque negatività esiste positività.

 

L’AENOSTER UNIVERSALE

Aenoster àenoster s.n. Lit. aenoster(n), di orig. indeur.; ave 20161. - L’insieme degli elementi costitutivi di un determinato ambiente che arricchiscono il soggetto, a un punto tale da convincerlo di essere parte di quello stesso ambiente, tanto quanto esso è parte del soggetto; (per es. luoghi, incontri, sensazioni, ecc.): Mi porto via l’a, di questo posto.

 

Il focus emotivo emozionale “a cuore” è non orientabile e non selettivo nel sistema dell’aenoster universale.

 

 

 

 

LA NON ORIENTAZIONE DELL’AMORE: IL POLIAMORE

LA PREMURA E LA VARIOPINTICITA’

Il poliamore è un sistema ottimale perché è non selettivo e non si fonda sulla dinamica del rifiuto che è una perdita a priori.

Su quale mentalità si fonda la giustizia della non selettività amorosa – Su due verità. La prima è che le persone sono polirelazionali, non unirelazionali. La seconda è che la natura del sentimento relazionale è poliriconoscitivo – ovvero il sentimento è fondato sul riconoscimento delle diversità di singolarità personali. Pertanto premettendo la complessità ontologica di ciascuna persona, la evidenza della variabile iridescente variopinticità delle singolarità di diverse persone – può accadere ed è consuetudine che accada, che proviamo sentimento per singolarità diverse di persone diverse – Ed è in ottemperanza del rispetto per talune singolarità che è doveroso accogliere ciascuna di esse. In una molteplicità variopinta non ha alcun senso il non raccoglimento della essenza ontologica della molteplicità variopinta – non ha senso il sacrificio di alcune tinte a privilegio di altre tinte – Tutte le vie hanno uguale dignità. L’amore non è esclusivo – o meglio la esclusività è un nonsense. Allora se ad esempio di diversi arcobaleni riconosco e amo molti dei loro colori e delle loro sfumature. Non ha senso che mi sia detto “Poiché ami un arcobaleno, non puoi o non è giusto che ami l’arcobaleno compresente”, oppure non ha senso che mi sia detto “Poiché ami l’indaco di un arcobaleno, non puoi o non è giusto che ami il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu, il violetto di questo e d’altri arcobaleni.” Questa verità è garantita dalla soggettività del sentimento.

 

La chiralità psicologica

Ogni volta che creo un pensiero positivo nella mia mente creo parallelamente il suo pensiero di negatività. Io creo positivo e negativo.

 

Questo mindset culminerebbe con il pensiero di essere in balia della dicotomia “It’s which one I give more attention that is powerful.”

Questo pensiero tuttavia presuppone la nostra unidimensionalità – pertanto se istituiamo la esistenza degli ambienti positive-negative – necessariamente esisteranno gli ambienti unidimensionali “Qui” e “lì”. Pertanto secondo il mindset unidimensionale se mi trovo “Qui”, non sono “lì” e perdo le potenzialità latenti del “lì”- la medesima verità unidimensionale è il nostro dovere prendere posizione. Allora istintivamente intuitivamente ci sposteremmo e resteremmo tutti nell’ambiente del “Positivo” – Secondo una idea di allineamento di realtà tra ambiente e persona – Il nostro andare verso l’ambiente positivo implica positivizzazione, ed il nostro andare verso l’ambiente negativo implica negativizzazione.

If you create rarity, of your creatività mindset it is rare the reality will realize you in return the rare.

It is about the charcoal color you choose to use – come risposta otterrai il segno colorato del colore del carboncino colorato che hai scelto.

 

Ed in realtà reciproca sono gli ambienti positivo|negativo che giungono a noi, pertanto la nostra realtà si ridurrebbe alla nostra reattività. Secondo il mindset: “I do not have any choice about what my life it is my possibility it is about how I react to it.” Allora se saremo nell’ambiente positivo temeremo l’avvento del negativo.

Ed adotteremo una delega astrattiva di responsabilità per sopravvivere alle sofferenze indotte dal negativo – La delega astrattiva catartica di responsabilità principale è il mindset “That is life”.

Allora impariamo una nuova dimensionalità reale: il movimento ambientale – e già confutiamo la unidimensionalità reale della nostra essenza e della assenza ambientale. Sia l’ambiente positivo, sia l’ambiente positivo possono incorrere a noi.

 

Tuttavia. La chiralità dicotomica dei diversi è una manifestazione esteriorizzante di una realtà che è veramente più complessa.

Potremmo dire che ciascuna persona si trova nel “Qui” e nel “lì” divenienti, ovvero “non qui|lì” mentre le stesse persone sono ontologicamente “Qui”, “lì” e nell’ambiente del “Qui|lì divenienti” ovvero nell’ambiente del “non qui|lì”. Ennesimi livelli del reale sono i “qui|lì spirituali” ed i “qui|lì virtuali” entrambi divenienti.

 

Stiamo parlando della simultaneità percettiva multisistemica caotica.

Perché è utile questa riflessione? Perché la complessità è maggiorativa e libertaria del nostro spazio e del nostro tempo. Pensiamo al valore della alternativa “Ci deve essere una possibilità”. Questa riflessione non è un consiglio alla evasione, è bensì un monito alla implementazione della nostra consapevolezza del reale nell’ottica della onestà e del coraggio dell’affrontare la verità della complessità.

Ritornando alle tre parole di delega astrattiva “That is life” – Perché esse hanno il valore catartico e curativo verso le ferite del negativo? Perché sono la invocazione, il richiamo della profonda complessità implementativa della superficiale semplificazione dualistica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA VULNERABILITÀ È IL VALORE DELLA FERITA

 

La condivisione e la riflessione sono catartiche

L’isolamento emozionale causa stress. La salvezza è la presenza di connessione. La minaccia è la assenza di connessione. Se sussiste la mancanza di relazione esiste la mancanza di relazione.

La domanda esteriore “Come stai? Come ti senti?” Ha un effetto minorativo, un alleviamento del livello dello stress.

La salvezza nella riflessione.

 

 

 

Una salvezza è trovare o realizzare le tue connessioni nel tuo stesso inner universe, nel tuo stesso inner sound.

Il livello di cortisolo se resta elevato per un lungo periodo sopprime il sistema immunitario.

 

The Sufference Unshareability psicological short circuit

Sufference Unshareability causes emotional short circuits with a implementation of Sufference Unshareability causes emotional short circuits with a implementation of Sufference Unshareability causes emotional short circuits with a implementation of Sufference…

 

 

Meccanismo di autodifesa della mentalità interiore

Il mindset di autodifesa nasce nella prima età infantile, come reazione di una necessità di autogenerare autonomamente i sistemi difensivi nella possibilità in cui i genitori non insegnino tutti i sistemi difensivi di cui l’infante soggettivamente necessita. Quindi gli infanti riconducono la loro sicurezza in questo sistema mentale che auto realizzano. Essi trovano autonomamente le risposte se l’ambiente non dona loro le risposte di cui necessitano. Tuttavia questo mindset infantile preseta una lacuna, ovvero che è completamente sbilanciato verso la risposta e non abituato alla esistenza della domanda, della incertezza, proprio perché gli infanti si proteggono autonomamente dalla avversità delle domande.

E così la mente umana, la normale mente umana egoica, è fondamentalmente una struttura difensiva. È in modo significativo una risposta al dolore, non completamente, ma è in modo significativo una risposta al dolore. È un destino di dolore. Ed è un mindset autoindotto progettato per impedirti di provare dolore, quindi non appena sfioriamo una realtà sconosciuta, incerta, questa realtà la riconosciamo come inconcepibile, perché non siamo abituati a concepire le realtà incerte, allora ci dimostriamo preoccupati, ansiosi e sulla difensiva, sempre e ovunque in quanto la radicalizzazione del nostro polo intellettivo positivo della certezza e della risposta è inconciliabile con la realtà incerta e questionante del reale. Quindi, quando si tratta di cambiamento e di vulnerabilità, la mente vuole difendersi da essi e quindi questo sentimento nasce dalla paura che deriva dall’esperienza infantile quando il dolore che avevi era ANESTETIZZATO.

Per questo quando si parla di tempra caratteriale e di integrità personale si adduce il significato di “Growing pains” in atto la nostra disponibilità ad affrontare l’ignoto, la domanda, l’incertezza, l’avversità, la gestione del “duole”, non la “ricerca del “duole”. Perché chi si relaziona con la propria vulnerabilità, chi la esteriorizza – si pone come realtà plasmabile ed in facoltà di interiorizzare il mindset gestionale- curativo della realtà dolente che ha dovuto incontrare e che ha affrontato, innestando nella sua mentalità una elevazione proattiva che sulla base dei sistemi affrontativi che ha imparato rendono questa persona abile nell’affrontare ciò che ha già affrontato.

Questa mentalità della vulnerabilità non è autolesiva, né avvalora la autolesione – Non consiglia la ricerca del “Duole”, bensì annette un mindset creativo nei confronti della possibilità di iniziativa proattiva verso le aleatorie calamità che possono dolere. Pertanto la distinzione di crescita interpersonale è tra coloro che, nel caso in cui dovessero subire un “duole”, vi reagiscono con spirito ricreativo e risolutivo e coloro che evitano il “duole”. Allora quando i primi dovranno incontrare nuovamente un “duole” simile sapranno gestirlo, assimilarlo e risolverlo senza soffrirne, mentre i secondi vi soffriranno nuovamente in quanto percepiranno il “duole simile” come un “duole” nuovo, mai visto, poiché precedentemente evitato.

La sensibilità porta altresì ad una maggiore creatività. Le persone più creative sentono anche più dolore. Le persone creative cercano di sfuggire al loro dolore. C’è un legame reale tra sensibilità creativa e sofferenza allo stesso tempo.

Concludiamo che la vulnerabilità è essenziale per la crescita.

Vulnerabilità. Quindi la vulnerabilità è la nostra capacità reattiva e proattiva di rimarginabilità verso il ferimento. Ora. la realtà è che come esseri umani siamo tutti vulnerabili dal concepimento fino alla morte.

Tutto in natura cresce a causa della Vulnerabilità, la crescita è un potenziamento, è un cambiamento, è un movimento, è un rinforzo – ma non può esistere un rinforzo senza un’influenza minorativa.

 

L’ideogramma cinese che significa “crisi” è composto di due caratteri wēi e jī

– uno significa “Pericolo”, l’altro “momento cruciale”

 

La sillaba jī di wēijī significa “momento cruciale”, ossia ‘quando comincia o cambia qualcosa’. Pertanto il momento di crisi è un istante prioritario. È la nostra modalità di relazione con la realtà critica che implica la possibilità che la nostra relazione con il pericolo possa essere per noi un “Enhancing change” – Una presupposta qualità è già presente – ovvero lo status di cambiamento che eleva ed evolve lo status monotonico del non cambiamento.

 

“Sai”

I più importanti e illustri scrittiori e pensatori – durante i loro monologhi o nelle loro opere culturali letterarie pronunciano sovente la parola “Sai”. Ad indicare che la onniscienza è innata e che il germoglio della complessità dialogica che l’ascoltatore o che il lettore sta cogliendo è già in lui latente, allora giungiamo alla conclusione che la relazione ci desta dal sonno e risveglia le nostre consapevolezze più ancestrali e profonde.

“Ora”

I più importanti e illustri scrittiori e pensatori – durante i loro monologhi o nelle loro opere culturali letterarie pronunciano sovente la parola “Ora”. La attualizzazione, ciò che andiamo cercando è nell’adesso, nel presentismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA CATARSI DELLA ALCHEMIA PERCETTIVA SENSORIALE

Esempio il ghiaccio che brucia

Fusione alchemico-psicologica dei contrari

La dicotomia concettuale caldo – freddo è una astrazione razionale

In verità sensorialmente percepiamo il continuum di variazione di temperatura –

Tuttavia la complessità percettivo-sensoriale annette che quando percepiamo il freddo, percepiamo il caldo – in quanto il caldo è la marginalità integrativa dell’olismo variabile temperatura insieme al freddo – pertanto prrcettivamente di avvera la percezione locale di temperatura dissonante rispetto alla percezione generale – pensiamo di essere circondati dal ghiaccio in un igloo – semplicisticamente l’igloo è un ambiente relativamente caldo rispetto all’ambiente artico generale. Se nell’igloo raccogliamo una lastra di ghiaccio, immediatamente percepiremo che il dualismo radicale – caldo e freddo – è instabile – tanto è che sul palmo della nostra mano percepiremo una sensazione di calura, in casi radicali il ghiaccio può ustionare.

In un ambiente artico esiste calore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

https://www.esa.int/SPECIALS/Eduspace_Global_IT/SEMUGZVWVUG_0.html

Tuttavia, non limitiamoci al ragionamento sulla percettività sensoriale, estendiamo il limite del ragionamento sulla percettività psicologica – andremo allora a riconoscere che può realizzarsi l’assurdo ed il Paradosso secondo cui la realtà che duole può esser percepitasi come realtà curativa, vediamo perché.

Perché la realtà del dolore è una realtà multisistemica che annette nella sua complessità il – non dolore – ovvero un valore curativo. Proviamo a Sensibilizzare questa mentalità in paragone con l’esempio precedente – il ghiaccio può implicare la percettività calorosa – come accadrebbe nel luogo artico – se il freddo glaciale mi duole, allora raccolgo del ghiaccio poiché paradossalmente sensorialmente mi induce la sensazione del calore. Allora il ghiaccio è sia glaciale che focoso.

Il metodo curativo del dolore è di astrarvi, dedurvi ( la deduzione è il passaggio dal generale al particolare)

Del dolore le sue qualità non solamente non dolorose, bensì altresì curative e catartiche per noi – applicando una astrazione ontologica.

In più ci è data la facoltà della fusione alchemico – psicologica – ovvero la possibilità percettiva del riconoscimento multi-prospettico di una realtà complessa – vediamo un esempio iconico – la oasi nel deserto. Sappiamo allora che il deserto non è solo arido ma è altresì acquatico.

Approfondiamo.

Nelle dinamiche percettive sia sensoriali che psicologiche vi deve essere un luogo temporale in cui i diversi si uguagliano – nell’esempio del ghiaccio – stiamo pensando all’istante percettivo del tiepido.

 

 

 

 

 

Pertanto abbiamo trovato un aspetto alleviante della radicalizzazione dolorosa, ovvero non percepire il dolore radicalmente nella sua parzialità totalmente dolorosa – e la risposta ci è data proprio dall’esempio del ghiaccio – se del ghiaccio percepiamo l’istante qualitativo tiepido – riconduciamo alla tiepidezza il ponte che ci permette di liberarci dalla radicalizzazione percettiva del freddo per accedere allo status del calore.

Così è per il dolore – la Rimarginazione della ferita psicologica o fisica dolorosa è nell’ambiente della quiescenza, della latenza, ovvero della equilibrizzazione dello sbilanciamento percettivo del dolore radicale verso l’equilibrio allievante che ci può condurre allo status ambientale psicologico curativo.

Vediamo un esempio psicologico – relazionale:

Se percepiamo come totalmente arida, avversa e dolorosa la situazione della non relazione, vi sarà una dissonanza cognitiva tra il nostro sogno relazionale ( il necessitare del caldo e dell’acqua degli esempi precedenti) e la reale situazione del trovarsi o nel deserto tra le sabbie o tra i ghiacciai artici. Tuttavia. Come possiamo guarire dalla ferita della non relazionalità, riconoscendo che la medesima realtà (la solitudine) che è ferita, può essere altresì curativa – cambiamo prospettiva, ovvero ad esempio la solitudine è un ambiente maggiorativo di libertà. Pertanto avremmo trovato una oasi nel deserto, un aspetto contestuale della realtà che ci doleva ora ci allieta.

Vediamo qui una abilità importante del nostro pensiero – che è una forma di telecinesi ovvero il teletrasporto psicologico.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Psicocinesi

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Poltergeist

 

 

 

 

 

Quale sarebbe l’entità garante del nostro movimento psicologicamente locale e temporale, nel tempo e nello spazio reali del nostro essere fermi? La memoria – pertanto nel passato abbiamo già camminato le aride sabbie desertiche ed insieme già vi abbiamo trovato le oasi nel deserto – allora se dovessimo trovarci realmente in un ambiente psicologico arido, mnemonicamente saremo in grado di abbeverarci di acque risultanti dalla nostra astrazione mnemonica, acque che non esistono realmente nell’ambiente psicologico reale che stiamo vivendo ma che realizziamo nel nostro Inner mindset – pertanto ipoteticamente coloro che stanno condividendo con te un ambiente arido ed in cui vi stanno soffrendo, non comprenderanno la tua dissonanza attitudinale rispetto alla loro. Sicché potrai insegnare loro questo metodo catartico.

 

IL MULTIVERSO INTELLETTIVO

L’ASCOLTO DELL’INNER UNIVERSE “Una costellazione di pensieri”

E DELL’OUTSIDE UNIVERSE

 

LE QUALITA’ DELL’INNER SOUND E DELL’OUTSIDE SOUND

 

L’overthinking è un esempio dello status di baraonda di inner chaotic sound nell’inner universe.

Può essere una implicazione della percettività del sincronismo della realtà.

Per questo motivo l’overthinking implica distrazione, ovvero una riduzione della attenzione sia orientabile, sia non orientabile.

Per allievare il caos dell’ inner overthinking, che può realizzarsi altresì in un ambiente silenzioso, si deve credere e riconoscere che il silenzio è semplicemente puro e semplice silenzio.

La trascuratezza dell’ascolto esteriore

Se ascoltiamo solo noi stessi siamo sordi alla ricchezza universale.

Se non ci ascoltiamo, attribuiamo all’inner sound il privilegio valoriale sull’outside sound.

La tragedia dei beni comuni

La trascurabilità dello spazio comune.

L’essere umano singolare differenzia anche in termini di comportamento il proprio spazio individuale rispetto allo spazio comune solitamente ponendo lo spazio comune, l’outside universe e l’outside sound in secondo ordine valoriale.

La responsabilità della decadenza dell’outside universe, se dovesse esistere, è comune.

 

L’inner sound silenzioso è la premessa dell’ascolto attento proattivo sia orientabile, sia non orientabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL VALORE DEL SILENZIO E DEL VUOTO.

 

 

Lettura di approfondimento

relativamente al tema del valore del silenzio.

 

www.openstarts.units.it/bitstream/10077/5752/1/Stecchina_inTigor5.pdf

 

 

IL VALORE DEL VUOTO NULLA

NOTHING IT IS SOMETHING

All’importante consiglio del ricondurre valore nella magnanimità del poco io rifletto sul tentativo del ricondurre valore nel nulla.

 

 

Resurrection environment it is the void:

La meraviglia è la iperplasmabilità del nulla.

 

Perché ogni gesto presente, un punto nell’olimpo esperienziale, in questo secondo è la complessità del tutto: nella frattalità il microcosmo è il macrocosmo.

Nella complessità dell’immagine del frattale di mandelbrot cambiando prospettiva si riconosce che un punto quasi impercettibile è ontologicamente uguale alla immagine iconica del frattale di mandelbrot.

 

 

 

 

 

 

 

‘Vediamo, è meravigliosa questa immagine del frattale di mandelbrot.’

‘vedi!? In disparte c’ è un punto’

‘Un punto è niente. Non c’ è niente di più noioso del nulla ‘

‘proviamo ad aggiungere al nulla la curiosità e già il nulla è curiosità. La magia del nulla è la sua iperplasmabilità. andiamo a vedere’

Cambiando prospettiva, avvicinando la telecamera al punto fu scoperta dalla entità che era percepita come punto la medesima figura meravigliosa del frattale di mandelbrot.

 

https://m.youtube.com/watch?v=0jGaio87u3A

 

 

Raccogli ciò che è ora, nonostante possa sembrarti banale, insufficiente, avverso, chi raccoglie non trascura, dedica attenzione e valore.

 

The power of the now mindset.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PARAGONE CON IL NULLA VALORIZZA LA REALTA’ PARAGONATA CON IL NULLA

 

L’EMPIMENTO

In the environment of the nothing the new existance of something it is perceived as the existance of everything.

The immersive experience in the environment of the nothing – and the feeling of the presence of one connection between you and something in the pure white or in the pure black environment of nothing, it is an immediate fusion between you and that reality and simultaneously a dilation of all yourself, the reality you’re related with and the void environment value – it realizes your perception of the union (of the link-yourself-yourpairedreality-the Nothingness environment) to be Everything and almighty.

Nell’ambiente del nulla la nuova esistenza di qualcosa è percepita come l’esistenza di tutto.

L’esperienza immersiva nell’ambiente del nulla – e la sensazione della presenza di una connessione tra te e il bianco puro o il nero puro dell’ambiente del nulla, è un’immediata fusione tra te e l’ambiente vuoto  e contemporaneamente una implementazione valoriale, una fusione dilatante di te stesso/a con l’ambiente vuoto –

La fusione tra te e il vuoto non è premessa – poiché può non essere vero che il nulla aggiunge a te il niente. Procediamo – Qualcosa, qualsiasi cosa, è esattamente, totalmente la medesima realtà in relazione con l’ambiente “Niente”. Tuttavia in questo passaggio si realizza una rivoluzione – La totalizzazione è l’influenza del nulla sulla realtà contenuta nell’ambiente vuoto. La realtà presente nell’ambiente “Niente”

 subisce la elevazione di essere l’unico “Tutto”. La tua percezione dell’unione (del legame-te stesso-l’ambiente del Nulla) per riconoscerti il “Tutto”.

 

I bambini chiudono gli occhi quando giocano a “Il gioco del niente”. E quando si accorgono che l’oggetto che vedevano prima di chiudere gli occhi – non c’è più – Per quei bambini l’oggetto che non c’è più diviene straordinariamente importante. La malinconia ispira la nuova ricerca. Così accadrebbe a chiunque ed il nostro chiudere gli occhi sarebbe il nostro riposare. La pluricontestualità testimonia che viviamo “Il gioco del niente” molto più di quanto crediamo.

 

Le realtà “Mancano” poiché realizzano un “vacuum”, La realizzazione del vacuum è la situazione opposta all’empimento.

Tuttavia abbiamo già descritto la prospettiva secondo cui il vacuum può suscitare empimento.

Vi sono diversi livelli di vuoto – La implosività è la nostra resilienza alla relazione tra i due universi ambientali esteriore reale e interiore psichico-spirituale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ultima opera

Sapete cosa può eternizzare una vita di capolavori?

Quale sarebbe l’unico valore aggiunto puro che può migliorare la perfezione non migliorabile? Un consiglio è già presente nella domanda.

Un artista già rinomato e valorizzato cristallizzò il suo maestoso operato di miriadi di opere artistiche con una ultima opera, quale?

Una tela puramente bianca. Molti non compresero il senso della sua ultima opera tuttavia i più avveduti giunsero alla corretta conclusione. Affinché fossero eternizzare le sue opere l’artista pose il pubblico nella posizione del paragone tra i suoi miriadi di dipinti ed il nulla.

Accadde ciò che l’artista si attese:

Il valore ed i riconoscimenti verso i suoi dipinti aumentarono ingentemente.

 

If you are looking for forever.

I’ll take the battery out of my clocks – so we will be stuck inside this moment as if the time had really stopped.

I would tell you I love you every second, except here where seconds do not exist.

So I’ll say I love you through each breath, through each smile in our non existing time place. And when I die, you can crank your watch, restart your clocks, begin the time. And know we were infinite in the moment that you are mine.

Se stai cercando il per sempre.

Toglierò la batteria dai miei orologi, così rimarremo bloccati in questo momento come se il tempo si fosse davvero fermato.

Ti direi che ti amo ogni secondo, tranne qui dove i secondi non esistono.

Quindi qui ti dirò che ti amo attraverso ogni respiro, attraverso ogni sorriso nel nostro spazio temporale inesistente. E quando muoio, puoi far girare l’orologio, riavviare i tuoi orologi, iniziare il tempo.

E sappi che eravamo infiniti nel momento in cui sei mio/a.

 

 

A silence full of noises: The aural environment in a miner’s life history

ABSTRACT: 4’33” John Cage’s work can be read as an attempt to desacrate the mindful

listening of classical music by the elimination of the “sound” in a place programmatically

aimed at removing the “noise”. The setting of life histories is conceived

like a “place of silence”, in which technical tools and ethnographer’s skills contribute

to reduce the background noises. However, in ethnography, “silence” can be read

not only as absence of communication – although that could also be assumed as significant

(Basso 1970) –, but as an aural field to explore, with its soundscapes and

corporeal signals. Starting from Michael Herzfeld’s challenge (2006), who suggests

to re-think the sensory ethnography in order to «resensitize» anthropology as a

whole, this article proposes a tranche de vie of Giovanni, an elderly miner from Sardinia.

The ethnographic description focuses on the voice of Giovanni, and the aural

spectrum of the place and the bodies involved, recording them by a videocamera.

The «silence full of noise» (Cage 1977: 221) that emerges during the “deferred listening”

of the video allows to extend the thick description of Giovanni’s remembrance.

Il suono spettrale del vuoto

Il buco nero

 

https://www.rainews.it/articoli/2022/05/--nasa-il-suono-del-buco-nero--961f026b-314d-4b1a-93bb-02118bb8e793.html

 

Le musiche dei fiori

 

La musica della natura – Plantwave – Puoi ascoltare le variazioni negli impulsi elettrici di qualsiasi elemento floreale tradotti in suoni.

 

It seemed that the void had not energy

 

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Energia_del_vuoto

 

Ipersensibilizzazione sensoriale

All the things that could happen before and next

La amistà si riconosce nel luogo temporale della non amistà antecedente (sconosciutezza) e successiva all’amistà (inimicizia e fine di amistà)

 

DON’T SPARE THE NOW

 

BELIEVE IN THE APPARENT NOTHINGNESS OF THE NOW, IIN THE INNER INFINITESIMAL PLACE OF NOW IT IS KEPT IN SECRET THE COMPLEXITY OF EVERYTHING.

 

 

 

 

 

COMPONIMENTI AUTOGRAFI BIBLIOGRAFICI

 

LE CONCLUSIONI FUNZIONALI

 

Il più elevato livello gnoseologico è raggiungibile mediante la funzionalizzazione delle conclusioni. Vi sono termini aprioristici che conducono alle conclusioni di una teoria, di un pensiero.

La idea è che le conclusioni divengano i termini aprioristici compendianti un mindset elevato, esaustivo e pragmaticamente ideale.

Che gli ultimi link logici culturali compendianti la complessità di numerosi ragionamenti siano i primi link logici strutturanti un up-grade-mindset.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO PRIMO

 

 

L’ UNIPATIA

DEL NOI

 

 

MENTALIZZAZIONE

EMPATIA

SUBLIMINALITÀ

TELEPATIA

 

 

Una definizione di unipatia

L’unipatia è uno stato d’animo fusionale, consiste nell’«unificazione o fusione affettiva del proprio io con quello di un altro soggetto»; nell’unipatia non solo l’emozione dell’altra persona viene ritenuta come propria, ma l’io dell’altro viene sia identificato che interiorizzato.

 

Una definizione di com-passione

Nelle lingue che formano la parola compassione non dalla radice «sofferenza» (passio) bensì dal sostantivo « sentimento », la parola viene usata con un significato quasi identico, ma non si può dire che indichi un senti-mento cattivo o mediocre. La forza nascosta della sua etimologia bagna la parola di una luce diversa e le dà un senso più ampio: avere compassione (co-sentimento) significa vivere insieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia, angoscia, felicità, dolore. Questa compassione (nel senso di soucit, Mitgefühl, medkänsla) designa quindi la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni. Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo.

La consapevolezza vitale e rivitalizzante si fonda sulla attenzione, sul ri-conoscimento del valore delle realtà che incontriamo, il nostro valore self-evaluating e di rivitalizzazione si implementa nella misura della nostra ri-conoscenza, della nostra volontà di raccoglimento – della nostra lungimiranza e chiaroveggenza che premet-tono l’accorgimento della non invariabilità di qualunque realtà – La comprensione della rilevanza delle realtà di essere realtà meritevoli. Ri-conoscenza aggiunge alla conoscenza il valore della ulteriorità nella prossimità al fine del raggiungimento del senso.

ln greco antico la parola (aleetheia) viene generalmente tradotta come “verità” ma ha un significato più interes-sante:

Deriva infatti da (alpha privativa che indica “senza”) più una sostantivizzazione dal verbo eludo, nascondo.

 [colei] che non è nascosta, che non elude. Traducibile anche con “svelata”.

Il disvelamento è l’approfondimento che implica la rivoluzione del nostro passaggio conoscitivo da realtà sco-nosciuta a realtà conosciuta.

Lettura di approfondimento

Prossimità  e ulteriorità. Una ricerca ontologica per una filosofia prima. Armando Rigobello. 2009.

 

La ulteriorità ha inoltre valenza di curiosità creativa – è la nostra percezione della esistenza di uteriorità che ci conduce a volere conoscere, e che ci conduce a volere incontrare per ri-conoscere.

 

Il miracolo catartico dello sguardo.

NON TRAS - CURARE

Osserva le realtà che incontri come se il tuo sguardo potesse salvarle.

La priorità è il più bel modo di dimostrare un sentimento.

Il verbo tras-curare allude all’evitamento della volontà di curare.

 

Le verità ancestrali olistico-simboliche sono innate.

“E vanità voler andare alla ricerca di cose nuove da dire.

Non vi sono verità nuove, le verità sono sempre esistite ed immutabili; e non sono patrimonio del singolo, ma di tutti.”

Pensieri, Piero Parisi

Visione di senso olistico: Consider the essence of every single drop.

La comprensione iniziale compendia il sentimento globale , la direzionalità e la orientazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA MENTALIZZAZIONE

 

 

“Quando desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio”

Paulo Coelho

“Noi siamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’autocoscienza. “

Carl Sagan

 

La lettura del pensiero

 

Lo spirito di Mentalizzazione premette il valore strutturale del “Nosce te ipsum” come strumento di coscien-za-pre-veggente della mentalità del prossimo.

 

La frase:”comprendo ciò che intendi.”

Non è analoga alla frase “comprendo ciò che dici”

Nell’intendimento sussiste la facoltà di lettura di pensiero - in quanto intendimento è la comprensione risul-tante dal non sussistere dell’analogia tra parole comunicate e comprensione delle parole comunicate poiché vi è una componente maggiorati a che diversifica e colora il significato delle parole comunicate che non comuni-cano ciò che sono, bensì comunicano altro rispetto a quello che sono. Tanto è che talvolta non servono parole per intendersi, alcune persone si intendono con uno sguardo. Tuttavia i molti credono di intendersi e non si in-tendono, ovvero credono di potere accedere alla verità del pensiero altrui ma intendono erroneamente. Sussi-ste allora una necessità di profonda conoscenza per avverare la verità della comunicazione subliminale, che nominiamo complicità.

 

 

Il femminino nel mindset maschile ed il masculino  nel mindset femminile.

Pertanto possediamo mindset strutturalmente analoghi. La controparte non appartiene all’io cosciente ma al subconscio alla follia all’irrazionale.

 

 

Le percezioni sono causali ovvero implicano una variazione, la variabilità della realtà non è indipendente dal pensiero, il pensiero ha rilevanza fattuale.

 

LA PROPRIOCEZIONE O CINESTESIA

Propriocezione (o cinestesia): capacità di dire in modo innato e naturale dove si trovano determiante cose. Una sensazione meccanica del cervello in grado di stabilire, senza che qualcuno ci abbia indottrinati, dove sono col-locati certi oggetti.

Chemiopercezione. È la percezione degli stimoli chimici, attivata dagli ormoni.

 

Se questi oggetti sono oggetti psicologici, mentali, allora comprendiamo la nostra facoltà di immedesimazione e di lettura del pensiero,

LA CINESTESIA INTUITIVA, Telepatia e subliminalita (sotto alla soglia dell’attenzione)

La lettura del pensiero (ipersensibilità intuito)

Propriocezione (o cinestesia): capacità di dire in modo innato e naturale dove si trovano determiante cose. Una sensazione meccanica del cervello in grado di stabilire, senza che qualcuno ci abbia indottrinati, dove sono col-locati certi oggetti.

 

 

 

 

Consuetudinarietà reiteratività semplicità ovvietà banalità istintività abitudinarietà dialogica

Stando in solitudine, leggendo letteratura e filosofia conobbi profondamente chiunque

La ovvietà segui i principi di poche categorie cardine e questi sono una costante che basta imparare come si impara qualsiasi altra realtà – Se la verità segue le leggi della complessità si suppone necessaria la onniscienza della complessità per divenire consapevoli della qualità della finità del mindset comunitario.

Rarissime le persone si discostano dalla normalità. La Opinione comune, la mentalità omologativa, ad esempio i medesimi insegnamenti.

 

La manifestazione di intelligenze diverse nella dinamica comunicativa implica che la dissonanza si intenda come follia, la percezione del nonsense implica in noi freezing conoscitivo.

Tuttavia. Se in origine plasmiamo la nostra percezione valoriale della diversità e dei legami divenienti della diversità, allora saremo noi stessi a risolvere il nonsense, il nonsense è semplicemente disordine, ordinandolo a poco a poco ne conosciamo il complesso sistema e lo assimiliamo, questa nostra prospettiva si concilia con la relazione con coloro che sono propriamente non identici a noi, questo fatto è veramente probabile.

 

La facoltà dialogica è una conseguenza e una manifestazione della struttura neuromultisistemica pertanto studiando

 la facoltà unisistemica dialogico-letterale è possibile desumere importanti proprietà strutturali del nostro mindset.

 

 

 

 

 

LA COMPRENSIONE DI UN ORDINE DAL CAOS

 

“Non imorpta in che oridne apapaino le letetre in una paolra, l’uinca csoa imnorptate è che la pimra e la ulimta letetra sinao nel ptoso gituso. Il riustlato può serbmare mloto cnofuso e noonstatne ttuto si può legerge sezna mloti prleobmi. Qesuto si dvee al ftato che la mtene uanma non lgege ongi letetra una ad una, ma la paolra nel suo isineme. cuorsio, no?”

 

Rimuovere le vocali e le ripetute consonanti

I ACCEPT MY BLESSINGS

CCPT M BLSSNGS

CPT M BLSNGS

 

Allora dal caos letterale “CPT M BLSNGS” deduciamo l’ordine sensato delle parole “I ACCEPT MY BLESSINGS”

 

Un esempio letterale del mindset previsionale.

Le prime lettere di una parola sarebbero indici selettivi orientanti verso il pre-sentimento della comoscenza della parola a cui appartengono le prime lettere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.tropismi.it/2014/02/14/preche-reisci-a-lggeere-quetso-tetso/

GLI ASPETTI DINAMICI E STRUTTURALI DELLA PERSONALITÀ

 

La personalità marginale

Schemi cognitivi, emotivi, motivazionali e attitudinali che attiviamo in relazione alla percezione di valore aggiunto presente.

La personalità nella prospettiva di costituzione olistica ontologica.

Modalità di pensiero, sentimento e attitudinale che caratterizza la vita della persona e che risulta dal connubio delle sue relazioni culturali- ambientali.

Lo psicologo americano è riuscito a dimostrare scientificamente che il temperamento innato di un individuo si mantiene tale per tutta la vita, come una sorta di fil rouge della sua esistenza.

Jerome Kagan

È sulla base del limite di mentalità locale e culturale e sulla base degli aspetti strutturali che si rende possibile la mentalizzazione.

La personalità è secondo Freud costituita dall’interazione dell’Io, dall’Es e dal Super-io. L’Es sarebbero l’insieme delle pulsioni naturali che esigono soddisfazione immediata per ottenere piacere per l’individuo oppure per difenderlo dalle aggressioni esterne; il Super-Io è l’insieme, in parte consapevole, di regole, divieti e obblighi che concernono le interazioni della persona con l’ambiente circostante; l’Io è invece la parte della personalità che è responsabile di integrare l’Es ed il Super-Io.

 La interiorizzazione delle relazioni oggettuali sono funzionali alla crescita e alla tempra della personalità.

 

 

 

 

 

 

 

LA TEORIA DELL’ ATTACCAMENTO DI BOWLY

Questa teoria esplicita come le relazioni precoci del bambino con le altre persone possano plasmare la personalità futura del bambino. Pertanto l’ambiente relazionale precoce del bambino, plasmando i suoi comportamenti futuri, è responsabile del futuro attitudinale del bambino.

LA MENTALIZZAZIONE

La mentalizzazione è la capacità di comprendere le azioni proprie e altrui in termini di pensieri, sentimenti, speranze e desideri. La mentalizzazione è la percezione implicita o esplicita o l’interpretazione delle azioni proprie e degli altri come dotate di intenzionalità, ovvero, mediate da stati mentali o processi psichici comprensibili, poiché NOSTRI. Le realtà che appartengono a noi. Il co-sentimento è la con-divisione – Pertanto sento le realtà che il prossimo sente. La previsionalità è garantita dal sentimento comune.

Pertanto risulta un allineamento contestuale nell’ottica dell’aiuto reciproco. Se la nostra iniziazione è allineata, realizziamo un inizio consonante sintonico che implica la consapevolezza comune della futura nota risonante – Nell’esempio di due compositori pertanto l’atto di una persona che pronuncia una verità del pensiero di una altra persona è analogo all’atto di premere un tasto di un pianoforte, il tasto corretto  Colui che preme il tasto di pianoforte pensa “La nota che suoneremo sarà questa.” Non dicendo nulla. Colui che ascolta pronuncia la parola “Sì”.

La mentalizzazione si relaziona ai sentimenti che tendono a riferirsi ad un certo stato delle cose.

La mentalizzazione implicita

La normalità e la familiarità della lettura del pensiero.

La lettura del pensiero non è solamente normale e familiare è una facoltà fondamentale e necessaria alla relazionalità.

La mentalizzazione è funzionale alla resilienza, ovvero nella capacità di affrontare le avversità.

Senza la capacità di mentalizzare non si può pretendere di avere interazioni sociali costruttive, un senso di sé stabile, mutualità nelle relazioni, né il senso di sicurezza personale. La mancanza della capacità di mentalizzare può inibire la creazione di relazioni durature e stabili.

Senza alcuna forma di partecipazione interpersonale non vi può essere alcuna reciproca catarsi relazionale o proattività attuativa e progettuale ed in assenza di mentalizzazione non vi è possibile alcun coinvolgimento sociale.

 

Lo spirito creativo è la collaborazione verso la creazione e la attivazione comune del sistema di attaccamento che contribuisce a realizzare le basi relazionali sicure, le fonti di ogni progressivo miglioramento affinché si determini quel “circolo virtuoso” costituito da una sinergia tra recupero della capacità di mentalizzazione ed esperienza di una base sicura.

 

La mentalizzazione implicita è una funzione procedurale inconscia.

Per fare un esempio noi in ogni istante leggiamo con la mente, senza alcun sforzo ed in modo automatico, quindi per lo più a livello inconscio.

La mentalizzazione a livello esplicito

La mentalizzazione a livello esplicito di livello più elevato sussiste quando un soggetto riflette la propria percezione di quanto un altro pensa circa i suoi stati d’animo.

La moralizzazione non è la mentalizzazione.

La mentalizzazione è il processo preconscio di rappresentazione mentale, ovvero è la trasformazione di una realtà non mentale in realtà mentale.

 

 

 

 

LA SELF-MENTALIZATION aiuta a modulare le esigenze e forti emozioni affinché le percepisca maggiormente sopportabili.

Un esempio di applicazione della mentaizzazione, il pianto.

La mentalizzazione è applicabile ad una situazione dove ad esempio abbiamo un paziente seduto, tranquillo ma visibilmente pensieroso ed improvvisamente scorgiamo le sue lacrime che scendono lungo le guance.

La mentalizzazione è in relazione alla sensibilità ed alla ipersensibilità.

Indagare su ciò che è potuto venire in mente alla persona in quel determinato contesto, ovvero, su quale stato mentale ha provocato quelle lacrime.

LA CONFERMA NELLE ESPERIENZE COMUNI E LA RIDEFINIZIONE RAPPRESENTAZIONALE SULLA BASE DELLA ACQUISIZIONE RECIPROCA DI PLURIME ANGOLAZIONI DI PENSIERO.

L’INTERPRETAZIONE DEL TRANSFERT E IL VALORE DELLA ALTERNATIVA PERCETTIVA.

LA FORMA RAPPRESENTAZIONALE DI SECONDO LIVELLO È DI TIPO RIELABORATIVO PLURICONNETTIVO E PLURIPROSPETTICO – SI RITORNA A RICONOSCERE ED A SCOPRIRE COLLEGAMENTI CONCETTUALI CONTESTUALI DIVERSI DI PROSPETTIVE DIVERSE.

Il valore della alleanza.

La emancipazione dalla conoscenza limitante, il valore della consapevolezza ulteriormente differente.

L a equivalenza psichica con il prossimo può implementare la facoltà percettiva pluriprospettica.

Una risposta comprensiva catartica “Ti capisco, come te ho vissuto questa esperienza, io ho reagito in questa maniera.”

 

 

Questa esperienza di venire compresi provoca un senso di sicurezza che a sua volta favorisce l’esplorazione mentale e l’esplorazione della mente alla ricerca di sé stessi ed il RISPECCHIAMENTO.

LA CON-DIVISIONE DI SOGGETTIVITÀ È FUNZIONALE ALLA CON – VERSIONE. ALL’ “IN AND OUT CAOS TOGHETHER”

 

Vi è un ordine di categorie causali olistiche superne che abbracciano le cause che implicano le tristezze.

Pertanto la persona che piange ottiene grazie alla persona con cui si relaziona e con cui condivide il suo sentimento di tristezza, visualizza una prospettiva attitudinale nuova rispetto alla prospettiva, la propria, che sentiva come unica esistente.

 

LA PLURI PROSPETTIVITÀ CATARTICA

Gli stati mentali ed il comportamento sono indissolubilmente congiunti, ovvero, che questi due siano profondamente legati in modo inseparabile, e l’elemento decisivo affinché vi sia un’efficacia nella comprensione di alcuni gesti sta nella possibilità che il/a ferito/a nell’animo/anima acceda all’esperienza di altre menti che riconoscono ed accolgono l’esistenza della sua mente.

LA MENTALIZZAZIONE E LA CURIOSITÀ

Un principio del mentalizzare che può sempre valere è quello di dimostrarsi curiosi in quanto bisognerebbe sempre avere l’aspettativa che la mente di qualcuno potrebbe essere influenzata, sorpresa, cambiata e illuminata da quello che può apprendere da un’altra mente.

La capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui, consci ed inconsci, è intesa come la capacità di mentalizzare.

L’ATTACCAMENTO SICURO E L’ATTACCAMENTO INSICURO. I CAREGIVER.

 

 

La modalità di relazione di attaccamento sicuro con i caregiver del bambino struttura il meccanismo relazionale del bambino, il medesimo meccanismo relazionale che sarà applicato nelle età adulte.

LA BASE SICURA INFANTILE

Una base sicura, sulla quale il bambino possa partire per esplorare gli svariati aspetti infelici e dolorosi della propria vita, la maggior parte dei quali altresì noi adulti troviamo complesso o forse impossibile riconsiderare senza una figura in cui possiamo avere fiducia.

LA ATTUALIZZAZIONE È UN PROCESSO PURIFICATIVO. LA META È LA MANIFESTAZIONE ATTITUDINALE ED ESSENZIALE ONTOLOGICA PRESENTE PURA, RESILIENTE, PROATTIVA, EFFICACE.

Creare una relazione che possa fornire ad orientare tra quelle che sono le esperienze passate e quello che è il presente.

Oltre all’esplorazione del mondo esterno la base sicura offre al bambino la possibilità di conoscere il mondo interiore.

La madre agisce verso il bambino maternità – Le attitudini materne implicano implementazioni evolutive straordinarie. Pertanto è interesse comune la assimilazione delle modalità attitudinali materne al fine del reciproco bene-essere.

 

L’EVOLUZIONE SI REALIZZA SECONDO INTROSPEZIONE

La mente di ogni persona non si sviluppa unicamente dall’interno, ma bensì per la maggior parte viene sviluppata dall’esterno verso l’interno.

Infatti, lo sviluppo della mente deriva dall’interazione con menti più mature, benigne e sintonizzate, creative, attente verso gli stati d’animo, comprensive, premurose.

L’attaccamento sicuro implica la nostra facoltà di esplorare la mente dell’altro con sicurezza e senza timore.

L’ATTACCAMENTO INSICURO

Le problematiche nella regolazione emotiva, nei processi attentivi e nell’autocontrollo che si vedono nascere da relazioni di attaccamento disfunzionali, si sviluppano mediante un fallimento nell’acquisire adeguate abilità di mentalizzare.

 

LA IRRISOLUTEZZA RELAZIONALE IMPLICA INSTABILITÀ PSICO-RELAZIONALE

La soluzione relazionale è riconducibile alla relazionalità in modalità di attaccamento sicuro con le persone con cui siamo in una situazione di irrisolutezza.

IL PASSATO VICINO O ATTIGUO HA RILEVANZA INFLUENZATIVA ANALOGAMENTE AL PASSATO INFANTILE.

Si crede pertanto che sia le esperienze di aggressività interpersonale, di trascuratezza e minaccia d’abbandono vissute dalle persone in età infantile, sia le esperienze di aggressività interpersonale, di trascuratezza e minaccia d’abbandono vissute in un passato recente potessero in qualche modo spiegare la percezione che quest’ultimi avevano sulle relazioni attuali che percepivano come ostili ed abbandoniche.

Il trauma avvenuto in un passato lontano o vicino – realizza il cortocircuito nel meccanismo ricettivo di riconoscimento – Pertanto la diffidenza consisterebbe in una iper-valorizzazione delle qualità attitudinali fievolmente negative – percepite dall’osservatore come gravemente negative – Un altro sistema di falsificazione percettiva – è il cortocircuito percettivo di minorazione valoriale delle positività. Pertanto le palesi e fiorenti manifestazioni attitudinali buone e bene-volenti non vengono riconosciute o vengono de-valorizzate dall’osservatore.

Un terzo cortocircuito è relativo al focus attenzionale verso la rarità di negatività. La concentrazione è allora sul punto nero tra miliardi di punti bianchi.

Il trauma cortocircuita le capacità di regolazione emotiva che migliora il problema – la presente relazione con persone che realizzano un ambiente di attaccamento insicuro implementano questa criticità e costituiscono la destrutturazione delle strutture cognitive negativizzando il contenuto relazionale conoscitivo si realizza il sistema virus destrutturante della maladattività e della rigidità innescando il danno del meccanismo gestionale – regolativo dei sentimenti.

 

LA ORIENTAZIONE NON È SOLAMENTE UNA REALTÀ PEDAGOICA INFANTILE. È UNA ONNIPRESENZA FONDAMENTALE. CHIUNQUE SEMPRE ORIENTA E SI ORIENTA.

MA LA BASE SICURA LA MATERNITÀ È LA PREMESSA ONNIPRESENTE DI CREATIVITÀ RELAZIONALE FATTUALE.

Tuttavia una implementazione di questo esempio è la mentalità secondo cui nelle età adulte non siamo sottoposti alle medesime influenze relazionali rispetto alle esperienze tra caregiver e bambino – si riconosce un implemento di complessità – pertanto il meccanismo evolutivo non deve intendersi come concluso o conclusivo nella età infantile – Bensì estendiamo l’idea secondo cui la medesima dialettica forgiante delle strutture relazionali esista altresì nelle età adulte. E ciascuna persona che incontriamo è in facoltà di essere o non essere verso noi caregiver, in relazione al fatto che noi stessi siamo sempre in facoltà di essere o di non essere caregiver verso il prossimo. Pertanto nelle età adulte saremo portati a relazionarci con ambienti relazionali di tipo di attaccamento sia sicuro, sia insicuro che offendono o evolvono le strutture del nostro mindset relazionale.

 

 

 

Allora giungiamo alla conclusione che la esistenza di motalità attitudinali tipiche dei caregiver nelle età adulte implicano la realizzazione di un reciproco ambiente di attaccamento sicuro in cui vi è evoluzione strutturale del nostro meccanismo relazionale. Diversamente nella misura in cui tutti non praticano le attitudini creative-relazionali tipiche dei caregiver – ci offenderemo – (La attitudine offensiva è una self-offensiveness).

 

LA MINDFULNESS LA ACCETTAZIONE E LA ATTUALIZZAZIONE

Una delle recenti innovazioni del cognitivismo è il training alla mindfulness, quest’ultima non punta a modificare il contenuto del pensiero, ma a differenza cerca di modificare il rapporto che abbiamo con i pensieri e i sentimenti propri, facendo nascere un senso di rappresentazione di pensieri e sentimenti.

La mindfulness viene definita come la capacità di mantenere la consapevolezza nel momento presente . Nel contesto della salute mentale, la mindfulness può aiutare quindi l’individuo a notare e regolare i pensieri maladattativi e la risposta alle emozioni. Siamo incoraggiati a concedere ai sentimenti difficili semplicemente di esserci, per portarli poi alla consapevolezza, ad adottare verso sé stessi un atteggiamento di maggiormente di accoglienza piuttosto che di esigenza di risolverli.

Il termine mindfulness è atto a promuovere la capacità di mentalizzazione in un senso di maggior consapevolezza dei pensieri e dei sentimenti, promuovendo un atteggiamento di mentalizzazione, richiamando sull’incessante flusso di stati mentali. Infatti, entrambi i concetti sottolineano l’integrazione di aspetti cognitivi e affettivi degli stati mentali, incoraggiando il riconoscimento e la partecipazione di questi all’esperienza interna.

 

 

 

IL RINNOVAMENTO

La mentalizzazione è un flusso continuo.

Se la mentalizzazione è intermittente la catarsi cognitiva realizza che la mentalizzazione sia ripristinata nel punto in cui è stata interrotta.

L’obiettivo è quello di scoprire novità sul proprio modo di pensare e percepire sé stesso e gli altri, su come questo fattore sia determinante nel suo modo di relazionarsi e su come alcuni “errori” nella comprensione di sé e rispettivamente degli altri possano portare ad azioni che tendono a mantenere una stabilità mentale e ad alleviare sentimenti che possono risultare incomprensibili.

Lo spirito di coscienzioso riconoscimento dei nostri errori realizza la dimostrazione della nostra capacità di riflessione.

La mentalizzazione insieme, il processo interpretativo comun.

È nella possibilità che il singolo possa accedere all’esperienza di altre menti, che riconoscono esse stesse, e accolgono, l’esistenza della mente del singolo. E reciprocamente è nella possibilità che la pluralità complessa delle unicità possa accedere all’esperienza del singolo, che il singolo riconosca lui stesso, e accoglie, l’esistenza della mente della pluralità complessa delle unicità.

 

L’ALLEANZA DEI RICONOSCENTI

Il conoscimento implica il sentimento del sentirsi conosciuti ed il sentimento del sentirsi conosciuti implica il ri-conoscimento dei conoscenti da parte dei ri-conoscenti. Universalmente il conoscimento è il primo motore immobile relazionale -

Il sentirci riconosciuti genera un sentimento di base sicura che ci incoraggia a osservare noi stessi come siamo rappresentato nella mente di chi ci riconosce, con un aumentato senso di fiducia/appartenenza e con un aumentato senso di sicurezza nell’attaccamento con chi ci riconosce, rafforziamo vicendevolmente un modello operativo sicuro e, come ha rilevato Bowlby, un coerente e reciproco senso di Sé – e la complicità del Noi.

La complicità del Noi può essere raggiunta invariabilmente nel periodo di relazione – è la nostra intensità di volontà relazionale che determina la nostra complicità, comunque si conclude che il raggiungimento della alleanza e complicità è catartico per noi. Concludiamo ce sia la aleanza, sia la complicità, sia la fiducia, sia la fedeltà non sono mete lontane future della lontananza di anni, decenni di relazioni, queste e altre qualità relazionali sono insite in ogni passo relazionale presente. Lo spazio relazionale, il margine relazionale che ci doniamo è la implementazione relazionale presente, lo spazio relazionale non è una “gentile concessione di una persona verso l’altra persona”, non è un eldorado lontano, non è una utopia, è la presente intelligenza del Noi che vuole la nostra libertà creativa, non la libertà da noi, bensì la libertà di noi.

 

È fondamentale dedicare a priori comprensione, non a priori giudizio.

Mentalizzazione e empatia.

 

IL VALORE DELLA RIVALUTAZIONE

 

La rivalutazione, permette di realizzare, sperimentare condividere il cosiddetto perspective taking, uno dei processi alla base dell’empatia.

Il modello processuale di Gross

Il benessere presente e futuro è garantito dalla facoltà di riconoscimento e di regolazione emozionale.

La soppressione e la ruminazione.

 

Il funzionamento dei processi empatici,

 Il modello a tre componenti di Hoffman (2000), il modello multidimensionale di Strayer (1987), il modello che lega cognizione, affetti e relazioni interpersonali di Davis (1980)

 

 e il modello di Vreeke e Van der Mark (2003) che integra i fattori di personalità e relazionali con i contesti comunicativi. il modello processuale di Gross (1998) e il suo recente sviluppo (Gross & McRae, 2020).

Il modello multidimensionale della empatia.

EMPATIA COGNITIVA

La “empatia” è a facoltà di esperire la situazione vissuta da un’altra persona dal punto di vista dell’altro. Mettersi nei panni della persona, uscendo dal proprio punto di vista, per acquisire un’accurata comprensione del mondo interno dell’altro. Le componenti della empatia sono condivisione, comprensione (Le due componenti cognitive sono: il perspective taking, Sympathy (provare dispiacere, preoccupazione, apprensione e interesse per la condizione che vive un’altra persona. Il provare sympathy spinge la persona a intervenire a favore della persona per la quale si prova simpatia. La distinzione clou tra empatia e sympathy sta nella tipo di esperienza emotiva provata: l’empatia può essere descritta meglio come un “sentire come” l’altro; mentre alla sympathy ci si riferisce con l’espressione “sentire per” l’altro.) . (aspetto visivo, cognitivo e affettivo: Sussiste la relazione tra perspective taking e menalizzazione nella prospettiva della lettura del pensiero, il perspective taking cognitivo riguarda l’abilità di identificare e capire cosa l’altro sta pensando in una situazione specifica.) , cioè la capacità di assumere il punto di vista di un’altra persona; e la fantasia, cioè l’inclinazione dell’osservatore a raffigurarsi situazioni immaginarie)

 

 

 

 

 

 

 

EMPATIA AFFETTIVA

LA RI-EVOCAZIONE DELL’EPISODIO PROTOTIPICO NUOVO

Affetto (Le due componenti affettive riguardano la reazione emotiva del soggetto, che può essere orientata alla considerazione empatica, ossia verso la condivisione (vicaria) dell’esperienza emotiva dell’altro). Empatizzare non significa vivere la medesima situazione del prossimo, bensì consiste nella proiezione immaginaria della esperienza altrui ri-vissuta da noi in qualità di “Episodio prototipico”.

La persona che osserva l’esperienza emotiva; la persona che viene osservata sperimentare l’esperienza emotiva in questione; la risposta dell’osservatore.

Il perspective taking affettivo è in relazione con il mirroring emotivo – La condivisione di esperienze re-suscita emozioni consonanti.

La proiezione immaginativa dell’episodio prototipico è conciliato e limitato dal contenuto dei valori, dalle consapevolezze culturali, dalla variopinticità caratteriale dell’ascoltatore percepiente.

 

LA EMPATIA MOTIVAZONALE

La urgenza del fare.

L’esperienza empatica nei riguardi di una persona che sta soffrendo motiverebbe la persona a mettere in atto azioni d’aiuto, portandola a uno stato di benessere. (Sympathy)

LA MATURITÀ EMPATICA

È la privazione dal carattere egocentrico dell’ascoltatore.

Se si vuole rimanere nello stato libero dal pensiero, una lotta è inevitabile... Se si riesce nella lotta e si raggiun-ge l’obiettivo, il nemico, vale a dire i pensieri, si placherà nel Sé e scomparirà del tutto. (Ramana Maharshi)

 

 

 

LA IDENTIFICAZIONE SINCRONICA EMPATICA

Sussiste il legame tra la situazione reale e la sua rappresentazione mentale, infatti, nell’esperienza empatica, c’è la percezione da parte dell’osservatore che l’evento che sta accadendo all’altra persona può

rappresentare un fatto che ha vissuto, vive o potrebbe vivere in prima persona.

 

LA EMPATIA È UNA FACOLTÀ  IMPLEMENTABILE

I sistemi cerebrali alla base dell’empatia affettiva sono attivi e sviluppati completamente durante l’infanzia; mentre le aree alla base dell’empatia cognitiva si sviluppano più lentamente dall’infanzia all’età adulta.

I tratti temperamentali ereditari, come la reattività emozionale e la regolazione sono implementabili.

L’empatia cognitiva si svilupperebbe più lentamente e quindi potrebbe dipendere maggiormente dall’esperienza e dall’esposizione alla cultura di riferimento e, quindi, potrebbe essere simile in individui con simili esperienze e culture di appartenenza.

LA SIMILITUDINE COGNITIVA

La similitudine cognitiva costituita dal limite di mentalità locale è costitutiva della possibilità di reciproca mentalizzazione e lettura del pensiero finalizzata al reciproco aiuto di con-divisione.

 

Una risposta emotiva (affettiva), che dipende dall’interazione tra capacità di tratto e influenze contesto-specifiche. I processi empatici sono generati automaticamente ma sono anche modellati da processi di controllo che vanno dall’alto verso il basso. L’emozione risultante è simile a quella percepita dall’altro (direttamente sperimentata o immaginata) e implica la comprensione (cognitiva) dell’emozione stimolo, riconoscendo che la fonte dell’emozione non è la propria.

 

La decodificazione degli stati cognitivi e emozionali del prossimo. La decodificazione consiste nella variazione della osservazione della originalità originaria della qualità introspettiva del prossimo.

 

IL VALORE DELLA PREOCCUPAZIONE

Un principio causativo della mentalizzazione è la preoccupazione per il vissuto emozionale e la situazione dell’altro. L a preoccupazione denota la relazione con il prossimo di urgenza di riconoscimento del prossimo  e di co-sentimento verso il prossimo.

 

IL VALORE DELL’AIUTO.

L’aiuto è proattivo, è un reciproco arricchimento relazionale, non un impoverimento egoistico – La iuto è imput di relazionalità, favorisce l’implementazione delle strutture metacognitive relazionali, realizza collegamenti funzionali alla creatività, salvaguardia dai danni della solitudine. L’ “HELP” è “EXPERIENCING-SELF-HELP” – L’aiutante “Caregiver” realizza un arricchimento, una catarsi che tempra e migliora le sue facoltà relazionali di mentalizzazione.

Il fatto di domandare aiuto è indice di resilienza e di coraggio di non evitazione, di consapevolezza del sé mediante la coscienza dei limiti del sé.

 

Il comportamento di aiuto è motivato dal desiderio di diminuire un’emozione negativa dell’altra persona

In relazione alla consapevolezza del proprio limite della persona che cerca aiuto sussiste la parallela domanda se sia compito dell’ascoltatore/ascoltatrice offrire l’aiuto che l’altro sta cercando. Il secondo passo dopo la comprensione dell’emozione vissuta dall’altro è viverla con modalità e intensità simili.

 

 

 

Le facoltà di CONFORTO e di SUPPORTO presuppongono che l’ascoltatore possieda inner-abilities tipiche del caregiver – ovvero facoltà di regolazione emotiva e di mentalizzazione e di gestione di duplice livello, il primo livello è la gestione delle proprie dinamiche psicologiche – Il secondo livello è la gestione delle dinamiche psicologiche del prossimo insieme alla dinamica relazionale (la relazione tra le dinamiche proprie e le dinamiche del prossimo), insieme alla proattività urgente di aiuto – La difficoltà non consiste solo nella assimilazione, bensì nella ottimale attitudine atta al miglioramento emotivo strutturale del prossimo, ovvero alla internalizzazione delle strutture metodologiche auto-curative auto-regolative e pro-attive, il self-adaptative-regulation agenti nei sistemi: di attaccamento, di esplorazione, affiliativo e di paura-attenzione di fronte a una situazione minacciosa, la disattivazione del sistema di paura – attenzione è curativo in quanto implica il rilassamnento della tensione iper – attentiva in casi di iper-arousal, ipo-arousal emozionale e di freezing, la omeostasi, la auto-regolazione emozionale)

La curiosità avventurosa è in relazione al substrato cognitivo percettivo di attaccamento sicuro, la presenza mentale della base sicura).

Le strategie di coping sono utili in relazione con le persone che dimostrano attitudini tipiche dei caregiver.

La manifestazione della richiesta di bisogno relazionale _ affettivo non è debolezza, non è fragilità, non è una attitudine non degna o eccessivamente umile, ovvero non è umiliante. È intelligenza relazionale affettiva, è indice di maturità in quanto è una attitudine coerente con i principi catartici della cura relazionale - piuttosto il rifiuto relazionale, non la iniziativa relazionale, è lesivo, il rifiuto di accoglienza di una esigenza è un primo tipo di rifiuto. Un secondo tipo di rifiuto è il gratuity relational refusal che è sintomo di freezing provocato dalla solitudine - consiste nel rifiutare il dono ricevuto di relazionalità dialogico-emozionale-affettiva.

L’UNIVERSO INTROCETTIVO

La introcessione è il processamento dei segnali interni da parte del sistema nervoso.

Connubia le funzioni fisiologiche, quali il battito cardiaco, la temperatura e la respirazione. La consapevolezza interocettiva si riferisce a un’abilità metacognitiva che include quelle dimensioni dell’interocezione che possono essere percepite consciamente e che sono accessibili alla coscienza dell’individuo, permettendo di avvertire le condizioni fisiologiche del corpo, inclusi gli stati emotivi.

Gli individui con una buona consapevolezza interocettiva non ricorrono a strategie di soppressione emotiva, ma a strategie relazionali regolative proattive gestionali di livello creativo ulteriore. LA RIVALUTAZIONE IMPLICA COINCIDENZE ADATTATIVE REITERATIVE – Pertanto si reagisce e si agisce in valore di un aggiornamento ottimale in relazione alla variazione costante dell’ambiente. La rivalutazione implica il non trovarsi impreparati dinanzi al cambiamento. Lo spirito di adattamento presuppone ottimali facoltà previsionali e di mentalizzazione poiché realizzano le basi sicure di adattamento.

Uno stile di attaccamento evitante potesse predire livelli più bassi di empatia, come conseguenza

dell’impiego di strategie di regolazione emotiva meno complesse, come la soppressione o la ruminazione.

Il portale del pensiero altrui è accessibile mediante la facoltà empatica di rivalutazione emozionale.

Gli individui con uno stile di attaccamento evitante sperimentano livelli più bassi di empatia

affettiva a causa dell’utilizzo della soppressione come strategia di regolazione emotiva. Per questo,

queste persone hanno la tendenza a reprimere le proprie emozioni, il che inibisce le loro abilità

mentalistiche ed empatiche.

 

La ansia caratteristica di uno stile relazionale evitante è in relazione alla non flessibilità del sistema  di

regolazione delle emozioni, in relazione a livelli bassi di preoccupazione, in relazione a livelli elevati di autocolpevolizzazione e in relazione alla carenza di facoltà di self-emotional-identification – di empatia affettiva e cognitiva.

La insensibilità implica il cortocircuito del relational-end nel naturale divenire affettivo relazionale.

 

Avere un attaccamento sicuro presuppone anche alti livelli di regolazione emotiva, che porta a sua volta a maggiori capacità empatiche.

 

LA REGOLAZIONE EMOTIVA

L’imprevisionalità è più probabile della previsionalità. Allora potremmo incontrare una reazione dell’altro che non ci aspettavamo, è allora importante la capacità dell’osservatore di modificare la risposta empatica a seconda delle differenze della persona alla quale rispondiamo.

Proviamo un’emozione se c’è più o meno incongruenza tra un evento che avviene nella realtà e ciò che ci immaginiamo accada. La emozione positiva premette una percezione di congruenza, la emozione negativa premette una percezione di incongruenza.

Modulazione delle tendenze di reazione emotiva.

L’affetto primario si riferisce alla rappresentazione somatica, sensomotoria e/o fisiologica, dello stato dell’organismo che produce una sensazione; ha inoltre due dimensioni: il livello di arousal (iperarousal o ipoarousal) e il tono edonico (positivo o negativo).

Il sistema neurale relaziovo alle percezioni di emozioni è multisistemico.

 

 

I processi automatici o controllati, consci o inconsci, possono avere effetti in uno o in più punti nel processo di generazione delle emozioni. Il sistema nervoso è multiplo, formato da sottosistemi, parzialmente indipendenti tra loro, che processano l’informazione intero- ed esterocettiva. Differenti input implicano differenti output. Input medesimi possono implicare differenti output. Input dissimili possono confluire in medesimi output.

La regolazione emotiva è un continuum tra regolazione conscia, controllata, che richiede impegno cognitivo, e regolazione inconscia e automatica.

La regolazione affettiva risulta avere un ordine superiore alla regolazione emotiva. La regolazione affettiva

comprenderebbe i meccanismi di coping e le difese, la regolazione dell’umore e quella emotiva.

 

La “omeostasi” la facoltà di flessibile adattamento proattivo all’iperattivazione o all’ipoattivazione.

Possiamo quindi entrare in stati di alto o basso arousal senza disregolarci, solo se è soddisfatta la seguente condizione fondamentale: trovarsi all’interno delle finestre di tolleranza, che sono proprie a ciascun individuo.

 

Il modello processuale di Gross

Cinque fasi: la selezione della situazione, la modifica della situazione, il dispiegamento dell’attenzione, il cambiamento cognitivo e la modulazione della risposta finale.

 

 

 

 

 

 

 

LA TRAIETTORIETÀ

La scelta “timida” di un passo causalizza, è una determinante non invariabile del percorso futuro.

Lo sviluppo di specifiche traiettorie in base alla situazione scelta. La selezione della situazione si riferisce all’avvicinamento a o all’evitamento di determinate persone, luoghi od oggetti allo scopo di regolare le emozioni. Ad esempio, un giorno potremmo scegliere una strada diversa dalla solita per arrivare a un negozio perché vogliamo evitare una particolare persona. Pertanto la maggioranza delle nostre qualità attitudinali quotidiane si spiega sulla base delle nostre qualità multisistemiche relazionali.

Le strategie del dispiegamento attentivo.

La distrazione, la concentrazione, la ruminazione insieme al meccanismo variabilizzante della “Riconsiderazione”.

 

. La distrazione ha come focus attentivo la parte non emotiva, razionale per così dire, della situazione, allo scopo di allontanare la propria attenzione dall’emozione suscitata dalla situazione proposta. Nella ruminazione l’attenzione si dirige verso i sentimenti e le loro conseguenze, che spesso porta allo sviluppo di forme di ansia più o meno croniche.

La riconsiderazione previsionale

È una strategia di trasformazione della situazione per modificare il suo impatto emotivo sulla persona stessa, prima che le tendenze emotive di risposta appaiano.

“Accettazione”, che si riferisce alla capacità di accogliere le emozioni senza un giudizio valutativo a riguardo

Assunto il valore della riconsiderazione, argomentiamo i suoi limiti. Il limite della riconsiderazione si riconosce nella sua onnipresenza, ovvero, la riconsiderazione può essere limitante se è onnipresente –

 

 

 

La onnipresenza della riconsiderazione implica che la conclusività (Accettazione) sia procrastinata, sempre plasmata, mai assunta, la assenza di pragmaticità fattuale. Pertanto nel percorso il raggiungimento delle realtà importanti, ottimali, catartiche viene trascurato, queste realtà vengono perse perché subito cambiate, non raccolte, non fermate, non assimilate analogamente alle realtà meno importanti che vengono analogamente superate se la riconsiderazione è sempre presente.

 

Una prospettiva diversa della ri- considerazione è la prospettiva del ritorno.

Se ritorniamo alle realtà incontrate ne attribuiamo nuova considerazione, nuovo valore funzionale.

La riconsiderazione è diversa dalla rivalutazione. La riconsiderazione è il semplice riconoscimento della realtà – La rivalutazione ha un secondo livello – il riconoscimento e la nuova modulazione valoriale della realtà.

 

In contrasto alla regolazione emotiva che permette e promuove il flusso emozionale hanno trovato che il sopprimere un’emozione cortocircuita il sistema mnemonico emozionale - compromette la memoria delle informazioni uditive che vengono presentate durante un compito di elicitazione emotiva.

Esiste una relazione tra facoltà e volontà di regolazione emotiva diadica e salute mentale – La psicopatologia è in relazione alla disregolazione emotiva unita ad alti livelli di emozioni negative.

ANTICIPAZIONE E AGENTIVITÀ

Il ruolo attivo, agente appunto, che gli individui hanno nel modellare il proprio comportamento e reagire alla realtà ambientale.

 

 

 

 

Questo discorso apre un dialogo tra la tendenza a silenziare le proprie emozioni ed essere al completo servizio di esse. La cooperazione tra cognizione ed emozione allinea le nostre azioni alle nostre costanti preoccupazioni, motivando e sostenendo le azioni dirette a progetti a lungo termine di fronte a temporanee battute d’arresto, aiutandoci a decidere quali battaglie vale la pena intraprendere e quali evitare. (Batson, Shaw, & Oleson, 1992)

 

Scegliamo la regolazione emotiva più frequentemente quando lo stimolo da regolare è di bassa intensità; al contrario, nel caso di alta intensità degli stimoli, vengono usate maggiormente le strategie di distrazione o di soppressione. La facoltà di regolazione emotiva in relazione a stimoli di elevata intensità è sintomo di ottimali abilità intellettive ed emozionali.

I mediatori della strategia della rivalutazione, vengono considerati sia meccanismi neurobiologici che psicologici.

La regolazione emotiva include sistemi cerebrali che sostengono il controllo cognitivo e l’elaborazione cognitiva, al contrario della distrazione, che presuppone l’utilizzo di sistemi di controllo attentivo esterni, e della soppressione, che implica maggiormente l’uso di sistemi inibitori. Invece, i secondi includono i processi di presa di decisione, i costi cognitivi stimati a seguito dell’utilizzo delle strategie selezionate e il desiderio di affrontare gli aspetti emotivi della situazione da regolare a livello emotivo.

Una maggiore frequenza della rivalutazione è spesso associata con risultati adattivi quali maggiore salute fisica, migliore riuscita accademica, maggiori capacità interpersonali, alto grado di benessere psicologico e minori sintomi psicopatologici. Queste associazioni sono avvalorate dal fatto che la frequenza nella strategia di soppressione è associata spesso a minore benessere socio-psico-fisiologico, maggiori sintomi psicopatologici e minore soddisfazione nelle relazioni sociali.

 

 

Batson afferma che il provare disagio personale possa essere ricondotto solo a motivazioni egoistiche; in questo senso, il prestare aiuto all’altro è la modalità migliore per alleggerire il disagio provato.

Hoffman identifica il disagio personale come iperattivazione empatica (overarousal empatico), descrivendola come un sentimento involontario che entra in gioco quando il sentimento condiviso dall’osservatore è così intollerabile che viene trasformato in disagio personale e che porta la persona ad andarsene da quella situazione.

LA CURA DEL DECENTRAMENTO DEL FOCUS DOLOROSO MEDIANTE CONDIVISIONE RELAZIONALE

L’overarousal empatico possa avere alcune volte delle motivazioni altruistiche, orientando l’azione verso l’altro: l’osservatore quindi, nel caso in cui ci sia un legame affettivo con la persona, è incline a spostare il focus sul dolore dell’altro. Lo spostamento del focus della attenzione dell’osservatore verso il dolore del prossimo implica automaticamente che il focus doloroso del prossimo non sia più solamente introspettivo, si realizza il deflusso del dolore, che implica l’alleviamento del dolore olistico che sente il prossimo, questa è la magia della condivisione. Il rilassamento empatico globale. Nella tesi “La cura della relazione” approfondiamo i danni fisici e psicologici dello stress e pertanto definiamo qui il valore della condivisione emotiva e sentimentale costitutiva della cura del rilassamento.

 

 

 

 

 

 

Il mirroring e i neuroni specchio.

Sussiste una reazione di tipo automatico che porta la persona a reagire all’emozione dell’altro imitando involontariamente tutte le espressioni facciali dell’altro, come fanno soprattutto i bambini.

 

L’empatia è sia una caratteristica interna e disposizionale, propria dell’individuo, è una facoltà di tratto stabile implementabile (La visione del tratto implica che alcuni individui sono più propensi a provare empatia rispetto ad altri, per tutto l’arco della vita.); sia una reazione contesto-specifica condizionata dall’ambiente in cui ci troviamo. L’empatia tende ad aumentare al crescere di cinque caratteristiche: la familiarità con l’altro, la similarità che si percepisce tra sé e l’altro; l’esperienza passata rispetto al fatto che una determinata possa causare distress; l’educazione ricevuta; la salienza dei segnali percepiti. Inoltre, possono entrare in gioco anche altri fattori contesto-specifici, per esempio: l’umore, il potere percepito, il bisogno percepito e il carico cognitivo.

 

La mentalizzazione empatica dell’affetto.

La capacità di leggere la mente è strettamente legata ai pattern emozionale di attaccamento. Le persone con attaccamento sicuro sono maggiormente capaci di riconoscere lo stato mentale proprio e dell’altro, quindi mentalizzare, rispetto a quelle con attaccamento insicuro.

La identificazione affettiva

Associare un nome all’affetto, gli accostiamo anche un significato a livello verbale e cognitivo.

La mentalizzazione consente di corregge il livello di arousal e modificare il tono edonico, quando serve, dell’affetto primario. Per di più, la mentalizzazione presuppone un sistema cosciente di processi verbali eriflessivi che sottopone l’affetto primario a una valutazione cognitiva di ordine superiore.

 

Secondo la teoria della mente, mentalizzare significa fare inferenze sullo stato mentale ed emotivo proprio e dell’altro grazie a differenti fonti, come i segnali non verbali.

“Cosa sta provando questa persona in questo momento?”

Quando le persone predicono una risposta emotiva di un’altra persona, viene generata, internamente all’individuo, una rappresentazione affettiva della risposta emotiva predetta; più forte è questa rappresentazione, maggiore sarà la possibilità di provare empatia. Nonostante non

si possa definire un rapporto causale tra i due processi, una risposta maggiore delle strutture che processano le informazioni emotive può portare all’aumento della probabilità di provare empatia in situazioni interpersonali.

 

IL VALORE DEL “NOSCE TE IPSUM” È LA FONDAMENTALE PREMESSA RELAZIONALE EMPATICA EMOZIONALE.

Un’adeguata rappresentazione interna dell’emozione di un altro, che è possibile solo attraverso la corretta

identificazione delle proprie emozioni, che è uno dei processi fondamentali della capacità di regolazione emotiva, favorisca la comprensione e la condivisione dello stato emotivo dell’altra persona, dando origine a una risposta empatica adeguata alla situazione.

LA IMMEDESIMAZIONE, LA RIVALUTAZIONE, LA AUTOREGOLAZIONE EMOZIONALE E LA BASE RELAZIONALE SICURA SONO LA PREMESSA DELLA MENTALIZZAZIONE E DELLA COSCIENZA INTUITIVA DELLA PENSIERO DEL PROSSIMO, le aree cerebrali implicate in questa capacità sono maggiormente attivate durante compiti di riconoscimento delle emozioni altrui e immedesimazione nell’altro.

 

Uno dei meccanismi di base delle capacità empatiche è il perspective taking affettivo, che comprende anche la capacità di inferire l’emozione dell’altro in un’ipotetica situazione emotiva; si è visto, quindi, che questo meccanismo è implicato anche nella capacità di mentalizzare, mostrando uno stretto legame tra i concetti di empatia e mentalizzazione.

La tendenza a rivalutare i propri stati emotivi e a ripensare alle situazioni attuali conferisce alle persone con un attaccamento sicuro una maggiore abilità di provare empatia, perché nel momento in cui riusciamo a regolare le nostre emozioni, riusciamo anche a capire quelle che provano gli altri e ad immedesimarsi nell’altro più facilmente.

La regolazione emotiva, le strategie regolatorie adattive/disadattive, empatia, la base di attaccamento sicura, la mentalizzazione non sono causali, nel senso che diversità in pattern di attaccamento e strategie regolatorie non determinano da sole differenti reazioni emotive ed empatiche.

La regolazione emotiva è naturalmente influenzata dalle interazioni in cui siamo immersi, Nella misura in cui ci relazioniamo con prototipi attitudinali somiglianti a quelli dei caregivers con i bambini, possiamo implementare le nostre abilità empatiche e relazionali tra cui è fondamentale la auto regolazione emozionale.

Ci sono situazioni in cui un modo di essere empatico ha la massima priorità.

Quando l’altra persona sta male, è confusa, in difficoltà, in ansia, alienata, impaurita o quando dubita del proprio valore, allora c’è bisogno della comprensione empatica. La gentile e sensibile presenza offerta da una persona empatica fornisce chiarezza e guarigione. In queste situazioni, una comprensione profonda è, io credo, il più grande regalo che qualcuno può fare a un altro.

 

 

 

La metarappresentazione degli stati mentali. La capacità di mindreading, o la «comprensione della soggettività»

 

La metacognizione ha come suo strumento il pensiero ricorsivo.

La metarappresentazione, o rappresentazione di una rappresentazione mentale («Io penso (io credo) che tu pensi; Io penso (io credo) che tu desideri; Io penso (io credo) che tu ti senta…»). Pensiero ricorsivo e metaconoscenza costituiscono la base di quell’insieme di concezioni che ogni persona si costruisce sulla modalità di funzionamento della mente e sui suoi nessi con il comportamento, concezioni assimilabili alla cosiddetta «psicologia del senso comune»

Due autori che meritano di essere qui considerati sono Elizabeth Meins e Peter Fonagy.

la Mind-Mindedeness, il concetto bowlbiano di base sicura. E il concetto vygotskijano di zona di sviluppo prossimale.

Per designare la capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui: La funzione riflessiva del Sé e la mentalizzazione.

Il valore della maternità.

Fonagy riprende sia il concetto di rêverie materna di Bion. La capacità di «contenere» le emozioni positive e negative del bambino e di restituirle a esso trasformate ed elaborate, sia la nozione di madre «sufficientemente buona» di Winnicott.

«Mantenere il cuore nella mente e la mente nel cuore» e «vedere sé stessi dall’esterno e gli altri dall’interno»

«La mente rappresenta il mondo e, a loro volta, tali rappresentazioni determinano l’azione»

La predicibilità del comportamento, la spiegazione del comportamento, anche (e soprattutto) per quei comportamenti che, a prima vista strani o poco comprensibili. L’intervento sul comportamento, in quanto conoscere le credenze dell’altro ci consente di intervenire su di esse.

 

In breve: «Se le credenze fossero sempre vere, non ci sarebbe alcun motivo di considerarle»

L’attenzione condivisa e i gesti deittici costituiscono tappe fondamentali dello sviluppo comunicativo e linguistico, «mattoni» costitutivi della comunicazione referenziale e della possibilità di condividere il mondo esterno con l’altro.

Bambino-caregiver-oggetto

I gesti deittici svolgono inizialmente una funzione imperativa o richiestiva. Per esempio, il bambino indica un oggetto lontano (pointing) o alterna lo sguardo tra esso e l’adulto (joint attention) affinché l’adulto a sua volta lo guardi, lo prenda e glielo porga: si tratta del performativo richiestivo. Attirare l’attenzione dell’adulto su qualcosa che è per lui interessante. Il performativo dichiarativo: Quella che muta, quindi, è la finalità del gesto deittico, che non viene più usato esclusivamente per agire meccanicamente sull’altro, bensì per influenzarne lo stato mentale. «agente di azione», ma come a un «agente di contemplazione», individuo dotato di un mondo mentale su cui è possibile influire per condividere interessi e intenzioni. Con agency si intende la comprensione che gli esseri animati agiscono autonomamente, causando a propria volta degli effetti su altri oggetti/agenti

Il gioco di finzione.

La possibilità di agire «come se», dunque alla possibilità di concepire e manipolare un mondo possibile accanto al mondo reale. Per esempio, quando il bambino gioca a «far finta di».

La operazione di disconnessione (decoupling) tra una rappresentazione e il suo referente reale. Il gioco di finzione è stato annoverato tra le abilità psicologiche maggiormente implicate nello sviluppo della capacità di comprensione della mente.

La psicologia della credenza-desiderio.

 

 

 

LA PERCEZIONE E LA PERSUASIONE SUBLIMINALE

 

L’accortezza subliminale risulta ad esempio nell’ascolto mentre le persone credono che tu non le stia ascoltan-do.

La nostra abitudine attenzionale è sui livelli tonali alti della voce.  L’ambiente percettivo subliminale è sui li-velli tonali bassi di voce.

 

Dissonanze attitudinali dialogiche: Le Gestualità

La complessità comunicativa verbale e non verbale.

Dissociazioni pluricontestuali subliminali.

Ad esempio un professore di cattedra universitaria fa una domanda alla classe.

Uno studente si alza ed incede verso la porta di uscita.

Il professore indica alla classe che lo studente che sta uscendo non sa la risposta.

Lo studente uscendo dall’aula pronuncia la risposta corretta.

 

 

Può accadere che pronunciamo una realtà ma gestualmente ne comunichiamo una altra diversa o il contrario, talvolta con significati opposti.

Le persone ascoltano e vedono.

Ed è in questa dicotomia che si viene a creare il cortocircuito comunicativo

Se l’ascoltatore / osservatore è in cortocircuito percettivo, in confusione, sussiste la influenza subliminale.

 

 

 

 

 

 

 

La immissione nel Flow dialogico di parole decontestualizzate e decontestualizzanti rispetto al contesto dialogico seppur rivelando ad esempio di avere sbagliato parola, o immettere la parola dissonante senza rendere manifesta la dissonanza.

AAAAAAAAABAAAAAAAAAAA

Paradossalmente il picco di riconoscimento subconscio percettivo dell’ascoltatore è su A, ovvero sulla parola decontestualizzata - che non c’entra niente con il discorso, ed è proprio perché non c’entra nulla con il discorso che assume valenza mnemonica.

 

La lettera B è percepita come Diversità, variabilità rispetto alle costanti letterali A

La diversità è garante della riconoscibilità

L’esempio della calligrafia

E l’esempio della subliminalità:

Poniamo consciamente più attenzione riconoscitiva al diverso.

 

 

 

Un esempio di subliminalità dialogica è la decontestualizzazione -

Pertanto improntiamo il dialogo su un soggetto A - e nel Flow dialogico pronunciamo una parvenza di inferen-za - ovvero diamo l’impressione di un nesso causale tra A e la complessità fraseologica che comunichiamo - sic-ché il percepiente comprenda consciamente che il soggetto della frase sia A.

Tuttavia l’interlocutore quando pronuncia la frase che l’ascoltatore intende avere come soggetto A, lascia in-tendere subconsciamente che il soggetto della frase non sia A bensì l’ascoltatore stesso.

 

 

 

 

 

UNA IDEA DI MEDITAZIONE

La meditazione è lo svuotamento del contenuto della coscienza. Questo è il significato e la profondità della meditazione, lo svuotamento di tutto il contenuto: il pensiero che giunge al termine.

La meditazione è l’attenzione in cui non c’è registrazione. Normalmente il cervello registra quasi tutto, il ru-more, le parole che vengono usate; sta registrando come un nastro. Ora, è possibile che il cervello non registri se non ciò che è assolutamente necessario? Perché dovrei registrare un insulto? Come mai? Perché dovrei regi-strare l’adulazione? Non è necessario. Perché dovrei registrare eventuali danni? Quindi, registra solo ciò che è necessario per operare nella vita quotidiana - come tecnico, scrittore e così via - ma psicologicamente non regi-strare nulla. Nella meditazione non c’è alcuna registrazione psicologica, nessuna registrazione tranne i fatti pratici della vita. Da ciò deriva il silenzio completo, perché il pensiero è giunto al termine, tranne che per fun-zionare solo dove è assolutamente necessario. Il tempo è giunto al termine e c’è un tipo di movimento comple-tamente diverso, nel silenzio.

 

Quando si parla di processi mentali inconsci ci si riferisce ad una serie di impulsi e contenuti psichici che un individuo non è in grado di controllare in modo consapevole, ma capaci di motivare il comportamento e di determinare persino modificazioni di tipo fisiologico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le sedi neuronali del Sé conscio e del Sè inconscio

Michael Schaefer (PhD, Medical School of Berlin) docente di neuropsicologia, insieme a Georg Northoff (PhD, Ottawa University), docente di neuroscienze, hanno scritto, nel 2017, un articolo relativo ad una serie di ricerche, da loro svolte, al fine di individuare le sedi anatomiche di quelli che noi definiamo il Sé conscio e il Sé Inconscio. Per quanto riguarda il Sé conscio, i due ricercatori hanno individuato una serie di strutture, indicate con CMS (Cortical Midline Structures), che includono la corteccia orbitomediale, la corteccia prefrontale dorsomediale, la corteccia cingolata anteriore e posteriore. Per quanto concerne invece il Sé inconscio, hanno cercato di individuare, anatomicamente, le aree cerebrali che si attivavano quando venivano messe in atto quelle che, nell’ambito della psicodinamica, si definiscono metafore concettuali: la tendenza ad associare la pulizia fisica con la purezza morale rappresenta un esempio.

Tali metafore sarebbero alla base di strutture che possono determinare, inconsciamente, il nostro comportamento. Registrando, tramite tecniche di brain imaging, le aree cerebrali che si attivavano in presenza di queste metafore sono la corteccia motoria primaria e l’area somatosensoriale, le quali sarebbero, secondo una ricerca effettuata da tre studiosi dell’Università di Pittsburgh, le aree cerebrali che esercitano la maggiore influenza sulla midollare del surrene, il più grande effettore del sistema nervoso ortosimpatico. Si può, pertanto, affermare che i processi mentali inconsci hanno la capacità di modulare l’attività del sistema nervoso autonomo.

Descrizione delle due aree corticali deputate ai processi mentali inconsci

 

 

 

 

La corteccia motoria primaria, insieme all’area premotoria ed a quella motoria supplementare, è una componente della corteccia motoria ed è collocata nel lobo frontale, anteriormente al solco centrale. Non controlla direttamente singoli muscoli, ma sembra che controlli singoli movimenti o sequenze di movimenti che richiedono l’attività di molteplici gruppi muscolari. Il sistema motorio è dotato di una organizzazione di tipo gerarchico dove, le informazioni rappresentate a livello della corteccia motoria, costituiscono

il più elevato livello di astrazione. La corteccia motoria primaria codifica i parametri che definiscono singoli movimenti o semplici sequenze di movimenti. I neuroni di tale area si attivano in un arco temporale che va dai 5 fino ai 100 millisecondi prima dell’inizio di un movimento.

“I processi mentali inconsci hanno luogo centinaia di millisecondi prima di quelli consapevoli.”

Heather Berlin, Mount Sinai University di New York. Articolo, pubblicato su Neuropsychoanalysis nel 2011.

L’altra area corticale deputata ai processi mentali inconsci è l’area somatosensoriale, collocata nel lobo

parietale, a livello del giro postcentrale, nella zona immediatamente posteriore al solco centrale. La corteccia somatosensoriale è deputata all’elaborazione delle sensazioni somatiche, ovvero relative al tatto, alla propriocezione ed alla nocicezione.

Quando i recettori situati nel nostro corpo percepiscono queste sensazioni, l’informazione è trasmessa inizialmente al talamo per poi giungere all’area somatosensoriale. Questa area, secondo le ricerche effettuate da un gruppo di neuroscienziati e pubblicate nel maggio del 2018 su Elifescience, pare attivarsi anche quando vengono messi in atto i comportamenti prosociali e sembra giocare un ruolo importante nell’empatia.

 

 

I ricordi rimossi, legati ad eventi traumatici e divenuti inconsci, hanno effettivamente la capacità di guidare e motivare il comportamento, oltre che di generare vere e proprie patologie fisiche. L’intento è di evidenziare che cosa possa verificarsi, a livello comportamentale e fisiologico, quando uno stimolo non viene percepito consapevolmente, ma viene somministrato in modo subliminale, come nel caso di stimoli visivi che vengono proiettati molto velocemente su uno schermo e, l’individuo a cui vengono somministrati, non è consapevole di averli visti. Uno stimolo subliminale può anche essere di tipo uditivo, quando un suono viene riprodotto ad una frequenza tale da risultare impercettibile per chi lo ascolta. Si è iniziato a parlare di questi stimoli a partire dal 1957 quando, Vance Packard, nel suo libro The hidden persuaders, parlò degli stimoli subliminali utilizzati dai pubblicitari per convincere le persone ad acquistare determinati prodotti. Come ha evidenziato la neuroscienziata Heather Berlin, non sempre il nostro sistema nervoso ci permette di sapere quando riceviamo nuovi stimoli. Anche quando le persone non ne sono consapevoli, tali stimoli, raggiungono immediatamente l’inconscio e producono degli effetti, positivi oppure negativi, a seconda dello stimolo somministrato. Il dott. W. Tryon, nel testo Cognitive Neuroscience and Psychotherapy del 2014, ha sottolineato come una stimolazione subliminale possa diffondersi a cascata, automaticamente ed inconsapevolmente, attraverso le reti neurali e come sia in grado di alterare i circuiti che va a coinvolgere grazie alla plasticità di cui sono dotati i neuroni. Inoltre, se la somministrazione dello stimolo viene ripetuta, l’effetto ne risulta rafforzato. Nel 2017 T. J. Baumgarten e colleghi dell’Università H. Heine di Dusserdolf hanno dimostrato che gli stimoli subliminali possono innescare e modulare l’attività neuronale a livello della corteccia somatosensoriale.

 

 

Tale influenza sarà maggiore se entrerà in risonanza con particolari predisposizioni personali (C. Warren, G. Washington University). È stato provato che, questi stimoli, possono essere utilizzati efficacemente per migliorare l’autostima, la padronanza di sé e per recuperare più rapidamente uno stato di salute. I dottori V. Tronnier e D. Rasche hanno confermato che, una stimolazione subliminale in grado di coinvolgere l’area corticale motoria o l’area del linguaggio, dopo un infarto corticale o subcorticale, può veramente migliorare le funzioni di un individuo.

 

Per percezione subliminale si intende la possibilità di recepire informazioni attraverso stimoli sensoriali che risultano al di sotto della soglia percettiva cosciente (sublimen, dal latino, significa appunto sotto soglia).

Uno stimolo non avvertibile in maniera cosciente perché troppo debole, troppo confuso, o troppo rapido, viene comunque percepito. Per quanto riguarda il concetto di soglia, non esiste una soglia sensoriale assoluta ed uguale per tutti.

Non esiste una demarcazione così netta tra area subliminale e area sopraliminare. Distinguere tra soglia oggettiva e soglia soggettiva, tra soglia della percezione e soglia della coscienza, tra informazioni che possono essere percepite, ma alle quali non viene posta attenzione, e informazioni che non possono essere percepite perché esulano dal campo potenziale dell’attenzione.

La conclusione.

La percezione subliminale non è percezione in assenza di sensibilità allo stimolo ma è una dissociazione tra l’oggettiva percezione dello stimolo e la consapevolezza soggettiva della percezione avvenuta. La percezione subliminale è una percezione in assenza di consapevolezza.

 

 

 

L’uomo vede e sente molto di più di quanto egli consapevolmente crede di vedere e sentire, e non solo, ma anche che quanto egli vede e sente “senza saperlo” rimane presente ed agisce nella sua memoria subconscia.

 

In questi primi studi venivano presentati alcuni stimoli da una distanza tale - nel caso di stimoli visivi - o ad un volume talmente basso - nel caso di quelli uditivi - che i soggetti dichiaravano di non riuscire a percepirli.

 

Le risposte corrette risultavano significativamente maggiori rispetto a quelle attese. In altre parole, nonostante i soggetti dichiarassero di non aver percepito gli stimoli, le loro risposte indicavano invece che avevano percepito, se pur non in maniera conscia, sufficienti informazioni da poter rispondere correttamente alle domande sugli stimoli.

Gli stimoli venivano presentati in condizioni di tale confusione o talmente disturbanti da rendere praticamente impossibile per i soggetti distinguere tra gli uni e gli altri.

Il mascheramento retroattivo (backward masking). Questa tecnica consiste essenzialmente nel presentare uno stimolo target e nel mascherare questo stimolo per mezzo di un altro; la differenza temporale che intercorre tra la presentazione del primo stimolo e dello stimolo di mascheramento è detta stimlus onset asynchrony (SOA).

I soggetti dovevano identificare una parola stimolo che veniva presentata brevemente e poi mascherata da un altro pattern. Ebbene, anche quando i soggetti non riuscivano ad identificare correttamente la parola-stimolo, riportavano comunque parole semanticamente correlate ad essa, a testimonianza del fatto - ancora una volta - che una qualche informazione, se pur non in maniera conscia, era comunque stata rilevata.

 

Gli studi successivi confermarono il fatto che il mascheramento dello stimolo, pur impedendone l’accesso alla consapevolezza, non pregiudica la possibilità che lo stimolo venga comunque elaborato.

 

Terstimonianze neurologiche della percezione subliminale

Il neurologo Libet, ad esempio, registrò un’attività corticale simile in risposta a stimoli tattili anche quando questi erano talmente leggeri che il soggetto affermava di non percepirli.

 

A sua volta Weiskrantz, esperto della sindrome della vista cieca (blindsight) – sindrome causata da un danno neurologico alla corteccia visiva primaria che produce una cecità parziale - rilevò in vari esperimenti che i pazienti, pur non riuscendo a vedere gli stimoli collocati nell’area “cieca” del campo visivo, riuscivano comunque a riconoscerne alcune caratteristiche, come la grandezza, la posizione o l’orientamento.

 

Alcuni pazienti in condizione di anestesia totale mantenevano un ricordo degli eventi avvenuti quando erano sotto l’effetto dell’anestesia, e dunque incoscienti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL LIMITE DELLA PERSUASIONE SUBLIMINALE

I recenti studi sull’effetto di mera esposizione rappresentano un ulteriore testimonianza dell’esistenza della percezione subliminale (Knust-Wilson e Zajonc, 1996). Questo studio ha rilevato che i soggetti, dovendo scegliere tra due immagini neutre, preferivano quella a cui erano stati precedentemente esposti in forma subliminale (in questo caso un ottagono). Questo esempio di mera esposizione è una prova della esistenza sia della percezione subliminale, sia della persuasione subliminale.

La persuasione subliminale è in relazione agli effetti che hanno gli stimoli percepiti in maniera subliminale sul comportamento.

 

Il primo tentativo di usare la comunicazione subliminale come tecnica persuasiva.

Il pubblicitario James Vicary sottopose per sei settimane il pubblico ignaro di un  cinema di Fort Lee, nel New Jersey, a delle proiezioni subliminali che contenevano i messaggi “Eat Popcorn” e “Drink Coke”. Le frasi apparivano ogni cinque secondi per un terzo di millisecondo, e quindi per un tempo evidentemente troppo breve per poter essere percepite consciamente dagli spettatori. Ciononostante, la cronaca riporta che le vendite di popcorn aumentarono del 58%, mentre quelle di coca-cola salirono del 18%.

L’infondatezza della persuasione subliminale.

Tuttavia i ricercatori e gli studiosi di psicologia si dimostrano scettici riguardo al potere della persuasione subliminale è all’impatto dei messaggi subliminali sulle scelte e i comportamenti delle persone.

Ciò che la ricerca scientifica ci permette di asserire con certezza riguardo al fenomeno della percezione e persuasione subliminale è che i fenomeni esistono ma si presentano soltanto in particolari condizioni controllate. Queste includono, ad esempio, la definizione della soglia percettiva individuale per ciascun soggetto sperimentale e un ambiente controllato e privo di ulteriori forme di stimolazione.

Si è visto inoltre che la percezione subliminale, quando avviene, riflette comunque l’abituale modo di interpretare gli stimoli di ciascun soggetto, e che quindi sia comunque, in qualche modo, filtrata dagli schemi e le credenze degli individui.

 

Sono stati rilevati anche effetti di priming sul giudizio.

Soggetti esposti in forma subliminale a parole connotate positivamente o negativamente tendevano a dare una valutazione distorta in direzione congruente in un successivo compito di giudizio di un episodio neutro.

O ancora, è stato dimostrato che stimoli subliminali possono indurre o alleviare stati motivi come l’ansia.

 

In sintesi sono cinque i fenomeni scientificamente provati legati alla stimolazione subliminale: l’effetto di mera esposizione, per cui l’esposizione ad un immagine senza consapevolezza ci predispone a preferire quella immagine ad altre; il così detto effetto Poetzel, per cui le immagini o le parole percepite in maniera subliminale appaiono successivamente nei sogni, se pur in forma alterata; l’effetto di priming, di cui si parlava sopra; e l’effetto di attivazione

psicodinamica, per cui l’esposizione subliminale a immagini e suggestioni può indurre un particolare stato emotivo, come nello studio di Robles. Sul piano della relazione con il comportamento, che come abbiamo più volte rilevato è il punto critico da risolvere ai fini di dimostrare le potenzialità persuasive della comunicazione subliminale, sono invece poche le ricerche che abbiano riportato risultati significativi. Possiamo citare, ad esempio, quella condott da Bornstein, Leone e Galley (1987), che ha rilevato come soggetti sperimentali si dimostrino maggiormente d’accordo con un complice il cui viso è stato presentato precedentemente in forma subliminale.

 

 

La percezione subliminale di stimoli piò portarci a rispondere correttamente ad alcune domande sugli stimoli stessi o, potremmo aggiungere, a preferire un ottagono piuttosto che un quadrato, o un viso ad un altro, e così via, ma non risultano fondamenti scientifici che indicano che la subliminalità sia in relazione causale con i nostri comportamenti complessi.

Gli studi sull’effetto di priming o di mera esposizione, ad esempio, hanno dimostrato la possibilità di influenzare preferenze e atteggiamenti attraverso la comunicazione subliminale, e, vista la stretta relazione tra atteggiamenti e comportamento, ci viene da chiederci quanto sia realmente lontana da ciò la possibilità di influenzare il comportamento. Vale a dire, se è stata dimostrata la possibilità di influenzare gli atteggiamenti, è realmente così impossibile che ciò arrivi in un certo qual modo a influenzare i comportamenti? Ed estremizzando ancora (nel concreto), determinare una certa preferenza o un atteggiamento positivo verso un qualche stimolo è così distante dal poterci condurre, ad esempio, ad acquistare un prodotto ad esso legato?

Effetto illusory-placebo.

Se i messaggi risultano di difficile comprensione anche quando vengono resi chiaramente udibili, non si comprende come una trasmissione degli stessi per via subliminale potesse addirittura potenziare la loro efficacia percettiva e persuasiva. Uno dei temi più dibattuto riguardo alla percezione subliminale è proprio quello inerente alla questione se la percezione che avviene in condizioni di incoscienza sia o meno in qualche modo più potente a livello persuasivo della percezione che avviene in normali condizioni di consapevolezza e controllo delle informazioni.

Un esperimento confuta la realtà del macrosistema attitudinale della persuasione subliminale

 

https://www.unicog.org/publications/DehaeneS1999La_realta_delle_imaginiNuovaserie.pdf

Una parola presentata troppo brevemente per essere visualizzata coscientemente dal nostro cervello può però divenire oggetto di un trattamento visuale, semantico è motorio del cervello umano.

Studi di psicologia cognitiva,  di immagini cerebrali, la visualizzazione dei circuiti cerebrali del trattamento subliminale delle parole.

Le immagini subliminali influenzano il cervello? – Influenzano le funzioni motorie microsistemiche, non i macrocomportamenti.

La misurazione del trattamento inconscio nel cervello umano agevola la identificazione della nostra coscienza.

I due esperimenti.

Un volontario si accomoda davanti allo schermo di un computer.

Lo si avvisa che al centro dello schermo si mostrerano prima un segnale composto da lettere a caso, poi un numero (in lettere o in cifre). La persona dispone di due pulsanti, uno a destra, uno a sinistra. Gli viene chiesto di premere il prima possibile il pulsante di destra se il numero target è superiore a 5, il pulsante di sinistra se il numero è inferiore a 5.

Il numero esca: A insaputa della persona, ciascun numero target è preceduto da un numero esca invisibile mostrato tra i segnali di lettere a caso.

I risultati concludono che il numero esca ha influenzato la risposta psicomotoria nonostante il numero esca non fosse consciamente riconosciuto, non decifrato e non vi fosse percepita la esistenza consciamente – tuttavia subconsciamente – si percepisce la esistenza del numero esca, e si intende la sua qualità, se maggiore o se minore di 5, diversamente non si spiegherebbe il rallentamento di risposta nei casi di incongruenza.

Il numero esca può essere maggiore o minore di 5, può essere uguale o diverso del numero target.

Risultati congruenti. Se il numero esca e il numero target sono entrambi maggiori o minori di 5.

 

Risultati incongruenti. In cui uno è maggiore ma l’altro è minore di 5.

Se dunque perveniamo a dimostrare un trattamento cerebrale diverso dei casi congruenti e incongruenti, avremo una prova empirica della percezione subliminale della parola esca.

Abbiamo riconosciuto un rallentamento nelle risposte delle persone nei casi incongruenti. Le statistiche indicano che un tale rallentamento aveva meno di una possibilità su 100000 di essere dovuto al caso.

Allora un numero esca totalmente invisibile può essere inconsciamente comparato con un altro numero. E che da questa comparazione ne risulti una risposta psicomotoria singolare, diversa rispetto alla assenza del numero esca.

Il senso, la quantità del numero esca è stata analizzata subconsciamente.

L’influenza inconscia si esercita ad un livello di trattamento semantico delle informazioni che non dipende dalla notazione (Lettera o cifra) utilizzata per presentare il numero.

Come si spiega il rallentamento delle risposte in casi incongruenti

Esiste una competizione delle risposte motrici : I soggetti applicherebbero inconsciamente le istruzioni di risposta al numero esca. Deciderebbero dunque se questo è più grande o più piccolo di 5 e preparerebbero inoltre un inizio di risposta motrice con la mano appropriata – Il sistema motorio entra poi in competizione con il sistema psico-motorio relativo alla percezione conscia della quantità del numero target che ha valenza di superiorità/inferiorità relativamente a numero 5 opposta rispetto al numero esca.

Il rallentamento nel macrosistema attitudinale si spiega nel termine incertezza. Si vede un minimo movimento verso un pulsante ed in seguito un cambio di direzione verso l’altro pulsante che viene premuto.

 

 

Nei casi incongruenti allora la pre-attivazione motrice inconscia e indotta dal numero esca andrebbe nel senso contrario della risposta richiesta dal numero target.

Analogamente vi è una anticipazione percettiva nei casi congruenti, la risposta avviene prima.

La pre-attivazione motoria precoce in direzione della risposta giusta nei casi congruenti.

 

Il metodo sperimentale dei potenziali evocati è sensibile ai livelli deboli di attivazione motrice, può riconoscere le variazioni neurali causali delle manifestazioni micro-comportamentali, o di attitudini assenti.

Abbiamo individuato un segnale di pre-attivazione lateralizzato in direzione della risposta motoria appropriata, non al numero target, bensì al numero esca.

Nei casi incongruenti la preparazione motrice aumentava in direzione opposta alla risposta corretta.

La verifica del fatto che le persone non avevano avuto coscienza del numero esca.

 

È stato domandato loro se avessero avuto coscienza del numero esca.

Risposero di non aver avuto coscienza del numero esca, per loro non è esistito.

Tuttavia questa domanda non è sufficiente a determinare il fatto che le persone non avevano avuto coscienza del numero esca.

“È impossibile sapere se la persona che nega di aver avuto coscienza di una informazione non ne abbia effettivamente mai percepito il contenuto. O s piuttosto non si ricordi più di averne avuto coscienza brevissimamente.”

Daniel Dennett

 

 

È proprio questa verità ad essere fondante la teoria della non consistenza della persuasione subliminale in relazione ai macrocosmi attitudinali.

Il secondo esperimento

Informiamo le persone della esistenza e delle caratteristiche dei numeri esca e domandiamo loro se consciamente riescono ad averne percezione. Se non sussiste percezione conscia in relazione alla consapevolezza/competenza della esistenza del numero esca non sussiste percezione conscia in assenza della consapevolezza/competenza della esistenza del numero esca.

Risposero di non aver avuto coscienza del numero esca, per loro non è esistito nonostante sapessero che dovesse esistere.

Conclusioni

Il nostro cervello ri-costruisce inconsciamente il senso delle parole.

I metodi di neuro-immagine hanno raggiunto una sensibilità straordinaria. Il riconoscimento di mutamenti cerebrali di attitudini esteriori minime, impercettibili.

Un viso impaurito presentato in maniera subliminale attiverebbe una piccola struttura neurale sottocorticale, l’amigdala.

Tale percezione ha influenze sui neuroni specchio che inducono una micro-variazione della nostra espressione e della nostra qualità emotiva. Si riconosce una micro variazione delle espressioni del viso della osservatore verso lo stereotipo della paura ed un senso dichiarato di sensazione di malcontento.

Una catena senso-motoria complessa può attuarsi senza coscienza.

 

I LIMITI RADICALI DELLA PERSUASIONE SUBLIMINALE

La percezione subliminale ha un effetto influenzante debole e interessa solamente i micro-comportamenti.

Sono state necessarie centinaia di prove prima del riconoscimento di un reale effetto esca subliminale di qualche centesimo di secondo.

Nella nostra esperienza macro-attitudinale la attivazione motoria inconscia non dura che un decimo di secondo.

Altre esperienze hanno dimostrato che basta lasciare mezzo secondo dopo la presentazione dell’esca affinché questo sia dimenticato e perché i suoi effetti risultino assenti.

 

Pertanto coloro che sono al cinema e che andrebbero ad acquistare i pop corn durante a pausa di un film – Non vanno ad acquistare i pop corn a causa delle immagini subliminali impercettibili esposte durante il primo tempo del film, poiché se è vero che le immagini vengono percepite è vero altresì che vengono dimenticate.

 

Lo studio dell’inconscio cognitivo.

Allora se gli psicologi ed i neuroscienziati si interessano al mondo della subliminalità non accade nell’ottica di potenziali applicazioni alla manipolazione del comportamento. Bensì all’approfondimento verso il mondo del subconscio ed alla natura della coscienza. Con applicazioni catartiche nel mondo della neurologia, della anestesia o nella gestione degli stati comatosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA TELEPATIA

La solitudine è il telepatico silenzio relazionale.

 

Il rapporto tra psicoanalisi e decostruzione attraverso il soggetto della telepatia, definita da Derrida come “a.b.c. della psicoanalisi”.

“… istantaneamente, e per una sorta di magia telepatica, un influsso a distanza attraverso il vuoto metafisico che separa irriducibilmente due assoluti; la passerella gettata da un universo all’altro in un mondo lacerato; il movimento amoroso…”

V. Jankélévitch, Il puro e l’impuro

Se fai il primo passo… poi tutto il resto segue, nel bene e nel male…

 

Le affermazioni relative alla telepatia di Freud risultano oscillanti: “la bilancia pende a favore…”, “ho l’atteggiamento di chi non è persuaso e tuttavia è disponibile alla persuasione”, “non escludere a priori”, “sarebbe un piacere poter dimostrare…”, “ho tutte le ragioni di voler essere imparziale”. A ragione, bisogna infine che Freud ammetta né di credere né di non credere. Non si tratta però di assumere una posizione agnostica. Piuttosto, dato che il sapere che Freud eredita è costruito in modo tale che la telepatia sia concepita come impossibile, allora siamo spinti a pensare che, se ce n’è, appartiene a un altro genere di sapere.

 

Envois, la a-destinazione.

Il “principio postale”. télégramme, télépathie.

Il tema della tecnica: «un gran numero di mutazioni delle tecno-scienze, mettono in opera la différance la teleferenza

Della spaziatura o del/la temporeggiamento/temporalizzazione (tempor(al)isation)

Non c’è una «tekhné telepathiké». Non si tratta di esperimenti telepatici, perché in questo caso avremmo a disposizione una tecnica per regolare e dominare il rapporto all’altro. Allora che rapporto avrebbe, questo rapporto a distanza.

Freud tiene ferma la distinzione tra “trasmissione di pensiero” e “transfert di pensiero”   La telepatia non è trasmissione di un messaggio, ma aiuta a far luce sul fenomeno psicoanalitico del transfert.

In tal senso non crede al sogno telepatico in quanto tale, anzi precisa che il fenomeno telepatico non accade in quanto “sogno” (Traum), ma che si debba parlare piuttosto di esperienze telepatiche in “stato di sonno” (Schlafzustand).

Non solo la teoria dei sogni, ma, più in generale, la teoria psicanalitica resta ferma: bisogna addentrarsi con coraggio nello studio del fenomeno telepatico consapevoli che non sarà la telepatia a spiegare la psicanalisi, ma la psicoanalisi a gettare luce sulla telepatia.

L’inconscio. La decostruzione non attinge semplicemente categorie o modelli di pensiero dalla psicoanalisi.

Se la telepatia è l’a.b.c. della psicanalisi, la decostruzione avrebbe la pretesa di enunciare quanto di più elementare dica la psicoanalisi; ma la telepatia è esattamente il punto in cui la psicoanalisi esita, il suo punto cieco. Quanto vi è di più semplice, tanto difficile da essere al di là di sapere e non-sapere, credere o non credere: La telepatia è l’interruzione della psicanalisi nell’ambiente psicanalitico. Il corpo estraneo della psicanalisi è l’a b c della psicanalisi.

Non si tratta dell’evocazione. La telepatia non ha relazione con lo spiritismo, con l’occultismo, con l’irrazionalismo di deliri psicologici linguistici. Bensì dell’invocazione, dell’appello che chiede una risposta e della responsabilità di fronte al senza-risposta.

L’incontro tra psicanalisi e decostruzione, “analyse désistentielle”, di-stanziazione.

Un post-scriptum di Freud, poi perduto e ritrovato, o meglio ritornato.

L’unico possibile caso di telepatia che forse sia personalmente accaduto a Freud, stando a Freud, ovvero il caso del Nachtrag volante perduto e ritrovato.

Queste cartoline e queste lettere mi erano divenute inaccessibili, almeno materialmente, e in un modo apparentemente accidentale, in un certo preciso momento. Ora, esse avrebbero dovuto figurare, allo stato di frammenti. Ancora in modo apparentemente fortuito, li ho ritrovati proprio presso di me, ma troppo tardi dato che le bozze del libro erano già state rispedite per la seconda volta.

Che l’inconscio del soggetto sia il discorso dell’altro, è ciò che appare ancor più chiaramente che altrove negli studi che Freud ha consacrato a ciò ch’egli chiama telepatia, quando si manifesti nel contesto di un’esperienza analitica. Coincidenza dei discorsi del soggetto con fatti dei quali non può essere informato, che co-esistono a lui senza che lui ne sia conscio, ma che si muovono sempre nei legami di coerenza contestuale di un’altra persona. L’onnipresenza del discorso umano potrà forse un giorno essere abbracciata a cielo aperto da una onni-comunicazione del suo testo. Ciò non significa che ne risulterà più accordato.

Siamo in Funzione e campo della parola e del linguaggio e sono le parole che chiudono il primo capitolo, quando emerge l’idea dell’inconscio come linguaggio dell’altro.

 

Il cuore del problema della telepatia.

Ovvero se la lettera, come l’invio telepatico, arrivi sempre a destinazione, e se in questo invio all’altro non si debba contemplare, in senso strutturale, una dimensione di a destinazione, il senza-risposta.

 

Sia molto più intelligente di chiunque altro, come ella lo informi - miracolosamente è il termine sottinteso - di tutto ciò che capita a un certo numero di persone e come per lei queste persone non abbiano segreti

Il Sinthomo - consente di tenere insieme le dimensioni dell’Immaginario, del Simbolico e del Reale.

 

La telepatia è una trasmissione psichica diretta. Mezzo originario, arcaico, di comunicazione tra gli individui.

La facoltà mimetica.

In Luhmann il termine “telepatia” non compare, ma il contesto è quello in cui, dopo aver escluso che un sistema-coscienza possa agire direttamente su un altro, per la qual cosa una coscienza dovrebbe inserirsi coscientemente nelle operazioni di un’altra coscienza, nomina i fenomeni parapsicologici (il traduttore italiano scrive “parapsichici”) come possibile smentita empirica, peraltro evolutivamente marginale.

«Mi rivolgo dunque a voi nella notte come se all’inizio fosse il sogno. Cos’è il sogno? E il pensiero del sogno? E la lingua del sogno? La possibilità dell’impossibile può essere soltanto sognata, ma il pensiero, un pensiero totalmente altro del rapporto tra il possibile e l’impossibile, quest’altro pensiero che da così tanto tempo respiro e dietro a cui talvolta perdo il fiato nei miei corsi o nelle mie corse, ha forse maggiore affinità della filosofia con questo sogno.

 

L’episodio è consegnato ad un testo manoscritto, perché non svanisca, intitolato “Une permission”. Questo va perduto e quando sembra tutto perduto, quando pare che non vi sia più nulla da fare, quando sembra essere stata detta l’ultima parola, eccolo tornare. Cixous ha smarrito il manoscritto dove ha segnato questo sogno straordinario, ed eccolo, il 4 luglio 2006.

 

La telepatia è un respiro ulteriore.

Come se il transfert si svolgesse nel prestissimo degli ultimi tempi. Come se tutto precipitasse istantaneamente urgentemente in un punto. Punto d’indecisione, elementare a b c della psicanalisi.

Elenchiamo infine cinque punti:

 

 

 

Futuro

Il fenomeno telepatico non è un incantesimo o affare dell’indovino. Né destinalità, né profezia. Non è premonizione, preveggenza, né previsione del futuro; non lo anticipa, né l’assicura (Forsyth-Forseen-Vorsicht). Senza precauzioni, non si appropria preventivamente della venuta dell’altro, dal futuro (infatti non è un esperimento, né tecnica. È perché ci sarebbe della telepatia che una cartolina postale non può arrivare a destinazione […].

Questo vale per ogni sistema in tele-, quali che siano il contenuto, la forma o il supporto»

Il paradosso è eclatante: rapporto a distanza e tuttavia immediato, interruzione dell’ininterrotto, attraverso il supporto e tuttavia in assenza di mediazione tecnica, arriva senza arrivare a destinazione. l’assicurazione dell’arrivo immediato, del contatto diretto a distanza, in questo caso la telepatia non garantisce l’arrivo e tuttavia, senza arrivare (“destinerranza”), di colpo si produce (“teleodromia istantanea”).

 

Alterità

Questo rapporto all’altro non è regolabile né appropriabile: sarà stato - formula del futuro anteriore - provenendo dall’altra parte. Incorporazione, introiezioni di un corpo estraneo. Accade “al limite” dell’introiezione, quando questa si interrompe per un motivo o per l’altro, ma da ultimo perché è l’alterità dell’altro ad opporsi all’appropriazione, orientata al telos di un recupero attraverso un ampliamento dell’io. Dunque, tra introiezione e incorporazione non c’è opposizione semplice: «Di fronte all’impotenza del processo di introiezione (progressivo, lento, laborioso, mediato, effettivo), l’incorporazione s’impone fantasmatica, immediata, istantanea, magica.

 

 

 

È difficile credere alla non-telepatia: «La verità, ciò che faccio sempre fatica ad accettare: che la non-telepatia

sia possibile. È sempre difficile immaginare che si possa pensare qualcosa in sé, nel proprio foro interiore, senza essere sorpresi dall’altro»

 

Supporto

Derrida afferma di scrivere sul supporto, “attraverso” e “a proposito” del supporto. C’è sempre un supporto alla desistenza del soggetto; ma di quale natura? Volante e aerea, la scrittura, il manoscritto, il lascito. Infine, estremo supporto, la cenere: lì giace e si solleva, si alza. Gravoso materiale leggero, e volante, come la materia dei sogni e di cui fatto il volo telepatico;  materialità  paradossale  della  traccia  che  per  essere  tale,  per  non  essere nient’altro che il tracciarsi della traccia, resta nella forma della cenere, andando in fumo. O forse ‒ questo è il punto ‒ è la stoffa di cui è fatto il reale. Le sommier di Benjamin, la rete del letto volante, il supporto che passa da una generazione all’altra, supporto magico di sogni telepatici. Supporto passivo che la giace: ça gît. Su cui giaccio, passività rispetto alla venuta istantanea, dall’altrimenti, dell’altro. Sul quale dormo sonni agitati: «À qui m’agit. We’ll talk about magic, all this is magic»34. «Magie/m’agit [...] nous magissions»35. Incontro Dove ci troveremo? Ci incontreremo in un sogno. Per Freud lo stato di sonno appare particolarmente favorevole alla ricezione del messaggio telepatico; sarebbe anzi meglio parlare di esperienza telepatica verificatasi durante il sonno. Il punto è esattamente che non  si  tratta  della  comunicazione  di  un  messaggio:  anziché  un’enunciazione  è un’annunciazione. Allora il presunto sogno telepatico non intacca la natura del sogno, quanto piuttosto la stoffa del reale. Ciò che annuncia il fenomeno telepatico si è poi realizzato? È qualcosa di reale, perché annuncia un accadimento reale, corrisponde ad un avvenimento che accade all’esterno?

 

La domanda si dissolve: Or  in  english  that  thay  have  not  to  come  true,  che  sarebbe  ancora  un’altra  cosa, letteralmente,  giacché  io  sostengo  che  qualcosa  può avverarsi,  verificarsi  senza realizzarsi.  Ora,  il  fatto  che  io  insista, wie  wir  uns  ausdrücken,  due  punti: nicht eingetroffen, mette bene in evidenza che qualcosa mi disturba in questa espressione che tuttavia  non  ri-levo  altrimenti.  Esiterei,  per  quel  che  mi  riguarda  a  tradurlo  con “realizzati”. Eintreffen vuol sì dire, in senso lato, “realizzarsi”, ma preferirei tradurre con “verificarsi” [arriver]. “compiersi”, ecc..., senza riferirsi alla realtà, soprattutto (ma non solo) a quella che noi assimiliamo così facilmente alla realtà-esterna. Vedi dove voglio arrivare.  Un’annunciazione  si  può  compiere,  qualcosa  può  arrivare  senza  tuttavia realizzarsi. Può aver luogo un evento che non sia reale. La mia distinzione abituale tra realtà interna e realtà esterna non è forse sufficiente in questo punto. Essa fa segno verso un genere di evento che nessuna idea di “realtà” ci aiuta a pensare37. 32 Derrida (1992), pp. 54-55. Derrida, seguendo Abraham, fa un passo oltre: vi sarebbero due strutture di decentramento che Abraham chiama la “cripta” e il “fantasma”, da non confondere. Nel secondo caso si suggerisce l’ipotesi che il fantasma non è quello dell’altro, incriptato nella cripta, ma che il fantasma ossessiona a partire dall’inconscio di un altro, non per effetto di una rimozione propria, ma di una rimozione “propria” all’inconscio parentale. Si tratterebbe pertanto di un’incorporazione, una “eterocripta”, come «un’eterogeneità, mi sembra, dovuta all’eterogeneità stessa, all’alterità: non l’alterità comunemente accettata dell’Inconscio, ma quella che mi permetterà di definire la cripta come estraneo nell’Io e, soprattutto, il fantasma eterocriptico ritornato dall’Inconscio dell’altro, secondo la legge di un’altra generazione»

 

 

 

 

Visitazione

La morte viene definita da Derrida, con Levinas, il senza-risposta. A meno che non si dia un’eccezione, un permesso.  Mistero  della  respirazione,  riposo  per  un  istante  dell’ininterrotto  e  riprender  fiato dell’interrotto. Intermittente, l’intervallo si fa sempre più lungo, fin quando non c’è più risposta in questo ritmo che resta sospeso...giace nel letto... inspira espira, inspira espira, inspira espira. «Ora, è in quel tempo, nel momento in cui tutto è perduto che ritroverò infine la risposta alla morte, il cammino della felicità nel dolore: è altra-cosa-che-un-sogno, è l’ipersogno [hyperrêve]»38. È tornato per non restare, licenza temporanea. «È un ipersogno. Niente di più violentemente reale»39. D’altra parte, è sempre una faccenda personale. Alfine, tremiamo ed esitiamo. Se parlo, tutti penseranno che ho perso la testa e, in effetti, è un attimo perdere la testa. Come trovare il coraggio di dire? A chi lo dirò?

 

«Cos’è la filosofia, per il filosofo? Lo svegliare e il risvegliarsi» alla domanda se sia possibile parlare del sogno senza risvegliarsi, la risposta dello psicanalista sarebbe invece, a parere di Derrida, “sì, forse, talvolta”.

 

 

Wu-Wei IN AMNESIA

The art of conscious non-action.

La differenza tra un maestro che cammina sulla Terra e un personaggio bloccato nell’amnesia è che quando siamo in amnesia dimentichiamo di avere il potere non solo di influenzare il mondo, ma anche di alterarlo completamente. Questo viene fatto solo a un livello di frequenza che non consente al mondo di trascinarlo nel suo tumulto dove inconsciamente diamo via tutto il nostro vero potere. La differenza tra un maestro e un per-sonaggio addormentato nell’amnesia è che il personaggio reagisce sempre al mondo e il maestro trasforma sempre il mondo.

Susan Hassen

 

Un significato ulteriore

Io so che cosa intendi quando dici così.

«Mi accorgo che correndo verso Y ciò che desidero non è trovare Y al termine della mia corsa: voglio che sia Y a correre verso di me, è questa la risposta di cui ho bisogno, cioè ho bisogno che lei sappia che io sto correndo verso di lei ma nello stesso tempo ho bisogno di sapere che lei sta correndo verso di me».

 Italo Calvino Gli amori difficili

 

Ho paura che un giorno, dopo esserci tanto mancati, ci chiederemo se potevamo fare qualcosa concretamente, invece di mancarci senza fare niente, poiché non esprimendo il nostro mancarci, non ci siamo mancati – So-vente l’espressione di un sentimento è fondamentale quanto il sentimento medesimo.

 

“Ciò che cerchi ti sta cercando.”

Rumi

 

Il cercarsi può essere unilaterale, il cercarsi può essere un cercarti, tuttavia nessun movimento è invariabile, pertanto una iniziativa di ricerca nella complessità della relazione implica necessariamente, se non una reatti-vità fattuale del prossimo verso di noi, un coinvolgimento di coscienza del prossimo con noi. Se il cercarsi non è manifesto, ovvero se non sia comunicato palesemente e pragmaticamente, sussiste comunque il cambiamento nella relazione. Il mancarsi non comunicato è una lettera spedita, non concretamente ricevuta e non leggibile dal/dalla ricevente, eppure spiritualmente il ricevente intuisce, ha il pre-sentimento dell’atto della scrittura della lettera, del senso sintetico – olistico del messaggio insito nella lettera e del fatto che la lettera le/gli sia stata inviata.

La telepatia è la post-veggenza previsionale chiara, la chiaro-veggenza relazionale nei momenti della non-relazione, la risonanza reminiscente che si realizza nel tempo e nei luoghi della lontananza relazionale.

Se non dici quello che pensi, ucciderai il tuo sé non ancora nato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALCUNI SIGNIFICATI GERMOGLIO

 

Telepatia-doppio eterico

Trascendentalismo

La sintonia sincronica è un conforto risonante

La serendipità spirituale

Allineamento mistico con il tutto

La Spiritualità relazionale

La chiaroveggenza è serenità

Karma e ritorno

Il pre-sentimento

Neuroni specchio e Neuroni anticipantI

BibliografiA

Mentalizzazione

SUPSI. Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale, DEASS.

La terapia basata sulla mentalizzazione nel trattamento del paziente con Disturbo Borderline di Personalità.

Corso di Laurea in Cure Infermieristiche, Lavoro di tesi (Bachelor Thesis) Di Calvin Cannavacciuolo e Serafina Tallarico. 31 luglio 2020.

www.unipa.it/persone/docenti/z/carla.zappulla/.content/documenti/La-teoria-della-mente.pdf

 

Mentalizzazione e empatia

Mentalizzazione e stili di attaccamento tra regolazione emotiva ed empatia. Sara Buzzerio. 2022.

 

La percezione subliminale e la persuasione subliminale

www.unimarconi.it/download/attachments/Contributi_articolo_calzoni.pdf

La Persuasione Subliminale, Alessandra Improta, Neuroscienze.net. Journal of Neuroscience, Psychology and Cognitive Science.

 

Dimostrazione di limiti della persuasione subliminale.

https://www.unicog.org/publications/DehaeneS1999La_realta_delle_imaginiNuovaserie.pdf

 

La telepatia

http://www.serena.unina.it/index.php/bolfilos/article/view/8717

Letture consigliate sui temi della telepatia e del doppio eterico.

www.bailey.it/files/Telepatia-ed-il-veicolo-eterico.pdf

www.teosofica.org/all/Audoin_-_Uomo_e_i_suoi_corpi_-Besant.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO SECONDO

 

 

LA CURA DELLA RELAZIONE

NEUROBIOLOGIA DELLA SOLITUDINE

 

 

LA RELAZIONE LIBERATORIA

Questo scritto è relativo e promuove una mentalità di libertà della relazione dalla solitudine, non una mentalità di libertà della solitudine dalla relazione

UNA DEFINIZIONE DI SOLITUDINE

L’isolamento sociale è definito come la realtà di avere contatti di persona poco frequenti con le persone, con familiari, amici o membri della stessa comunità o del gruppo religioso. La solitudine è quando “ti senti solo” o hai meno connessione con gli altri di quanto desideri. Si istituisce una dissonanza cognitiva tra inner need e outside reality. Sebbene l’isolamento sociale e il sentirsi soli siano correlati, non sono la stessa cosa. Gli individui possono condurre una vita relativamente isolata e non sentirsi soli e, al contrario, le persone con molti contatti sociali possono ancora sperimentare la solitudine. I comportamenti sociali sono apprezzati e motivanti, mentre l’isolamento sociale e l’ostracismo sono avversi e stressanti.

Abbiamo scoperto che ciò che conta a livello di espressione genica non è quante persone conosciamo, ma quante persone sentiamo veramente vicine nel tempo.

Gli esseri umani sono una specie sociale e hanno un sistema neurale radicato, meccanismi ormonali e genetici per aiutare a istaurare connessioni. L’assenza di relazioni di qualità minaccia la salute e la riproduzione.

Le dinamiche emarginative.

 

 

I giovani sperimentano l’isolamento sociale e la solitudine. Un sondaggio del progetto Making Caring Common dell’Università di Harvard descrive la “Gen Z” (adulti attualmente di età compresa tra 18 e 22 anni) come la generazione più solitaria. L’aumento dell’isolamento e della solitudine tra i giovani adulti può essere attribuito a un maggiore utilizzo dei social media e a un minore coinvolgimento in attività significative di persona.

La realtà della atomizzazione sociale e culturale è indice di regressione poiché riconosciamo la relazione una importante tappa evolutiva umana per migliorare la sopravvivenza. La percezione della solitudine coincide infatti con una risposta ancestrale naturale della ricerca, neurobiologicamente si realizza l’ipervigilanza e l’aumentare istintivo della motivazione a connettersi con gli altri.

L’atomizzazione è un esempio di avanzamento regressivo.

Il progresso è pluricontestuale e multisistemico non lineare, pertanto l’avanzamento può non coincidere con il progresso e l’avanzamento può coincidere con la regressione.

BIOETICA E CONNETTIVISMO

Se la atomizzazione promuove la solitudine, in relazione a quanto argomenta questa riflessione, la atomizzazione non è catartica per il nostro organismo.

Allora nominiamo bio.eticamente la polimerizzazione sociale e culturale come il contrario della atomizzazione sociale, pertanto, se in “TESI” abbiamo concluso le Implicazioni negative della atomizzazione, sostituiamo alle dinamiche “diaboliche” che implicano atomizzazione socio-culturale le dinamiche relazionali – connettive ovvero quelle dinamiche che realizzano le connessioni e le relazioni catartiche.

LE IMPLICAZIONI NEGATIVE DELLA SOLITUDINE

I modelli animali di isolamento sociale hanno dimostrato alterazioni in neurotrasmettitori, sensibilità dei recettori e livelli di alcuni biomarcatori.

 

Tra i sintomi fisiologici della solitudine c’è l’incremento del cortisolo correlato ad un incremento di stress non condivisibile.

La percezione di solitudine, non è solo l’isolamento fisico dai coetanei o dai propri cari, ma comporta anche aspetti negativi sul sistema di facoltà di interazioni sociali e di interconnessione reazionale implicando la tempra dei sentimenti di isolamento e ansia. Neuropeptidi legati allo stress come i glucocorticoidi e il rilascio di corticotropina (CRH) aumentano durante l’isolamento sociale e l’ostracismo sociale, portando a comportamenti di tipo ansioso e depressivo e alterazione della socialità in vari modi. CRH è considerato l’agente chimico prototipico dell’ansia e dello stress. Anche il volume della materia grigia e bianca nell’insula e nella PFC degli individui solitari è inferiore rispetto al rispettivo volume nelle persone non sole. Il che potrebbe indicare una mielinizzazione ridotta e/o una compromissione del numero di sinapsi che ridurrebbe l’efficacia del segnale emozionale percettivo.

La attivazione delle regioni di attenzione visiva dopo la presentazione di parole sociali negative era maggiore per i solitari rispetto a alla rispettiva attivazione negli individui non soli. Suggerendo una maggiore sensibilità agli stimoli sociali negativi delle persone sole.

 

ALTERAZIONE EMOZIONALE

La percezione alterata del sentirsi soli e isolati può anche essere un fattore di rischio per la reiterazione della solitudine, come la alessitimia (un tratto di personalità caratterizzato da compromissione consapevolezza emotiva e relazionale interpersonale).

La non gratificazione relazionale, ovvero il sentimento di insoddisfazione conseguente alla relazionalità può essere indice di alterazione emozionale da solitudine. La solitudine può essere caratterizzata dalla capacità interrotta di elaborare i segnali sociali e relazionarli allo stato emotivo della ricompensa.

 

La sensazione di insoddisfazione dopo i tentativi di connettersi socialmente incide cortocircuitando il sistema di motivazione relazionale.

 

 

LE NEUROSTRUTTURE IMPLICATE NELLA SOLITUDINE

 

 

 

La solitudine è associata a differenze strutturali e funzionali in PFC (Il PFC media comportamenti di ordine superiore, i comportamenti emotivi e la regolazione e il controllo inibitorio. Il dlPFC è implicato nella memoria di lavoro e nella funzione esecutiva e mPFC è implicato in processi autoreferenziali come l’autocritica in situazioni sociali. ), insula (L’insula riceve e integra le informazioni per creare un “momento emotivo globale” (Visione di senso olistico razionale e visione di senso olistico emozionale). L’insula anteriore svolge un ruolo in vari comportamenti tra cui emozioni, dolore e consapevolezza di sé. Negli studi sulla materia grigia e sulla connettività della materia bianca le implicazioni nella regione insula erano associate alla solitudine. Si riconosce che il rifiuto sociale attivi regioni simili come il dolore fisico, supportato dall’attivazione bilaterale dell’insula anteriore con sentimenti di solitudine.  )

Ippocampo, amigdala (L’amigdala è implicata nel rilevamento della paura, stimoli positivi di elaborazione e dei ricordi emotivi. )

La solitudine attiva regioni cerebrali relative alla percezione emozionale.) e corteccia temporale posteriore superiore.

Lo striato ventrale, che include il nucleo accumbens, costituisce un ruolo centrale nell’implemento della facoltà della ricompensa.

L’isolamento sociale può alterare la facoltà motivazionale della iniziativa e della ricerca di nuove relazioni.

Coerentemente con i risultati che la solitudine altera in modo differenziale lo striato e le strutture ventrali relative alla facoltà di ricompensa.

Il volume dell’amigdala e la connettività funzionale dell’amigdala con la complessità della rete di affiliazione e della rete di percezione sono associati positivamente alla multirelazionalità.

L’ossitocina può essere coinvolta nel rafforzare la connettività negli individui poiché la somministrazione di OT migliora l’accoppiamento funzionale dell’ amigdala con la rete di salienza corticale durante le pluri-interazioni sociali.

La amplificazione della neuroconnettività implica un aumento della percezione che implica la facoltà gestionale del riconoscimento e della plurivalorizzazione degli stimoli carichi di affetti, necessaria per favorire e mantenere un elevato numero di contatti sociali.

L’amigdala risponde altresì agli stimoli realmente minacciosi, pertanto è in relazione alla facoltà di ipervigilanza che possiedono soprattutto le persone sole.

La corteccia temporale superiore posteriore è relativa alla cognizione multirelazionale.

L’ippocampo è noto per il suo ruolo nella memoria, e il cervelletto, noto anche per la coordinazione sensomotoria e per la sua relazione nei processi cognitivi e affettivi.

Le reti attentive sono responsabili del confronto impegnativo della gestione ambientale, guidato dallo stimolo dell’attenzione, e sono localizzate in aree anatomiche distinte con specificità cognitive funzionali. Le reti attentive sono responsabili della facoltà di volontà di riconoscimento.

La solitudine è associata a differenze nell’attenzione ventrale, dorsale attenzionale e nelle reti cingulo-opercolari, in termini di connettività funzionale ed efficace. Le reti possono essere collegate all’ipervigilanza e alla reattività allo stress che sono presumibilmente coinvolti nella solitudine.

I sistemi visivi sono responsabili dell’elaborazione delle informazioni visive.

Gli studi hanno riportato associazioni di solitudine con differenze di corteccia visiva primaria e secondaria in termini di volume, connettività funzionale, flusso causale o attivazione con immagini sociali, a sostegno della teoria dell’ipervigilanza di Cacioppo.

Il DMN è implicato nelle rappresentazioni mentali e nei comportamenti pro-sociali. Tre studi hanno mostrato un’associazione tra solitudine e DMN funzionale. Si riconoscono meno connessioni modulari tra reti attenzionali visive nelle persone sole.

Il DMN può essere attivato in modo differenziale quando pensiamo agli altri; tuttavia, l’attività disfunzionale in DMN può contribuire alla ruminazione e ai sentimenti negativi associati alla solitudine.

Gli studi hanno mostrato che le persone sole avevano ERP più veloci a stimoli negativi o minacciosi, coerenti con la teoria della ipervigilanza, mentre un altro rapporto non ha trovato differenze negli ERP con un compito legato alla nostalgia, in relazione concettuale con la idea di insensibilità sentimentale relazionale nel macrocosmo della premura relazionale. Le persone sole si abituano alla solitudine, solitamente non si dimostrano disponibili ad opporsi al flow non relazionale.

L’estrazione dell’RNA dal cervello ha identificato il differenziale correlato all’AD dell’espressione genica in individui solitari. I risultati relativi all’AD sono in linea con il collegamento delle prove meta-analitiche che conciliano la solitudine ad un aumentato rischio di AD. L’AD è una condizione progressiva e neurodegenerativa in cui gli individui manifestano perdita di memoria, demenza.

La solitudine influisce nei neurotrasmettitori e implica stress ossidativo.

 

LA SOLITUDINE RECA DANNO ALLA SALUTE PSICO-FISICA

L’isolamento sociale cronico ha effetti debilitanti sulla salute mentale.

 

L’ABBANDONO FERISCE

 

Oltre quattro decenni di ricerca hanno chiaramente dimostrato che l’isolamento sociale e la solitudine sono entrambi associati a esiti negativi per la salute.

La solitudine indotta ed autoindotta.

L’abbandono implica isolamento autoindotto – La rassegnazione relazionale.

 

IL SETPOINT OMEOSTATICO DEL LET IT BE - RASSEGNATIVO

 

L’attività DA complessiva è accentuata durante la solitudine e l’isolamento sociale, questo potrebbe contemporaneamente aumentare il desiderio di interagire socialmente.

La ipervigilanza durante la realtà di incontro relazionale può alterare l’esperienza relazionale nel riconoscimento di un valore di ricompensa inferiore.

 La solitudine umana è associata a una ridotta attivazione delle regioni di ricompensa nel cervello sia allo stato di riposo che durante la situazione di incontro relazionale.

IL MIMICKING FAMILIARITY

L’attività in queste regioni è aumentata durante la presentazione di volti familiari.

 

Risulta un deficit di apprendimento relazionale, caratterizzato dall’incapacità di una persona cronicamente sola di trascorrere maggior tempo con una persona sonosciuta, parallelameente si riconoscere la volontà proattiva di minimizzare il tempo relazionale con una persona sconosciuta come custodia e salvaguardia del tempo di solitudine.

Tuttavia si riconosce nella persona sola la maggiore disponibilità a trascorrere maggior tempo relazionale con le persone familiari (famigliari) rispetto alla relazione con le persone sconosciute.

Si potrebbe in alternativa interpretare questo comportamento come una preferenza per la familiarità piuttosto che una preferenza per la mancanza di novità.

Se un individuo è generalmente ansioso per gli incontri sociali, è più propenso a interagire con uno stimolo conosciuto rispetto all’interazione con stimoli sconosciuti. (Ricordiamo che stiamo argomentando della non sanità della solitudine- pertanto consigliamo che si ritenga sanità la buona predisposizione verso gli incontri relazionali nuovi affinché la sconosciutezza si plasmi in conoscenza.)

Dfinizione di omeostasi

In biologia, l’attitudine propria degli organismi viventi a conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite meccanismi di autoregolazione.

Il modello dell’omeostasi sociale postula che dopo aver perseverato in numerosi tentativi di impegnarsi in comportamenti pro-relazionali durante l’isolamento acuto, alla fine risulti il passaggio da una strategia di coping attiva a una passiva, portando ad un aggiustamento del setpoint omeostatico.

 

 

 

 

 

In altre parole, i circuiti neurali che promuovono il comportamento relazionale durante l’isolamento acuto sono gli stessi che promuovono il comportamento anti-relazionale durante l’isolamento acuto consolidati dal convincimento di rassegnazione il cui contenuto mnemonico si fonda sullo sforzo impiegato e sul numero di tentativi relazionali rifiutati.

La iniziale disposizione favorevolmente proattiva verso l’incontro e il contatto affettivo-relazionale diviene disposizione interiorizzante e tutelativa dalle relazioni.

La mancanza di spirito di curiosità in relazione alla assenza di ricerca relazionale e alla ridotta preferenza per le novità relazionali durante l’isolamento può essere il risultato di meccanismi omeostatici orientati verso il mantenimento del nuovo set-point relazionale che ora caratterizza il reale evidente deficit relazionale. (Leti it be - rassegnativo)

La persona abbandonata è persona abbandonica suscettibile ad essere causa di abbandono.

I ricercatori hanno scoperto che l’isolamento cronico porta ad un aumento dell’espressione del gene Tac2 e alla produzione di NkB in tutto il cervello.

Le implicazioni più gravi della solitudine.

L’isolamento sociale e la solitudine aumentano il rischio di morte per infarto, cancro, ictus, demenza, depressione, ideazione suicidaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’isolamento sociale e la solitudine sono associati a un aumento di circa il 30% del rischio di infarto o ictus o morte, secondo una nuova dichiarazione scientifica dell’American Heart Association.

L’evidenza è più consistente in nome di un legame tra isolamento sociale, solitudine e morte per malattie cardiache e ictus, con un aumento del 29% del rischio di infarto e/o morte per malattie cardiache e un aumento del 32% del rischio di ictus e morte per ictus. L’isolamento sociale e la solitudine sono anche associati a una prognosi peggiore nelle persone che hanno già una malattia coronarica o un ictus.

Coloro che sono socialmente isolati, cioè solitari che soffrono di una mortalità più elevata rispetto alle persone che non lo sono.

L’isolamento sociale e la solitudine sono anche associati a comportamenti che hanno un impatto negativo sulla salute cardiovascolare e cerebrale, come livelli più bassi di attività fisica dichiarata, meno assunzione di frutta e verdura e più tempo sedentario. Diversi studi di grandi dimensioni hanno trovato associazioni significative tra la solitudine e una maggiore probabilità di fumare.

Questa realtà argomentativa concilia la solitudine con la sua negatività di essere causa di non relazionalità in associazione con la sua qualità di “Freezing”, ovvero di congelamento, di paralizzabilità intenzionale pluricontestuale.

Abbiamo scoperto che i cambiamenti nell’espressione genica delle cellule immunitarie erano specificamente collegati all’esperienza soggettiva della iniziativa di distanza sociale, di elusione sociale.

 

Gli adulti socialmente isolati con tre o meno contatti sociali al mese possono avere un rischio aumentato del 40% di ictus o infarto ricorrente.

L’isolamento e la solitudine sono associati ai marcatori infiammatori elevati: Gli individui meno connessi socialmente hanno maggiori probabilità di sperimentare sintomi fisiologici di stress cronico.

Nella valutazione dei fattori di rischio per l’isolamento sociale, la relazione tra isolamento sociale e i suoi fattori di rischio va in entrambe le direzioni: La depressione può portare all’isolamento sociale e l’isolamento sociale può aumentare la probabilità di sperimentare la depressione.

L’isolamento sociale durante l’infanzia è associato ad un aumento dei fattori di rischio cardiovascolare in età adulta, come l’obesità, (La tesi secondo cui la solitudine sia uno stato che motiva a cercare l’interazione sociale, proprio come la fame spinge a cercare il cibo.)

 L’ipertensione o ( ipotensione arteriosa nei casi più gravi di freezing attitudinale ) e l’aumento dei livelli di glucosio nel sangue.

L’espressione genica dei leucociti (globuli bianchi) sembra essere rimodellata in individui soli.

I geni sovraespressi in individui solitari includono molti coinvolgimenti nell’attivazione e nell’infiammazione del sistema immunitario.

 

LA SOLITDINE INCATTIVISCE

 

La solitudine è la causa dei comportamenti disadattivi e maladattivi.

La solitudine coopta la paura e infervora circuiti di aggressione.

I periodi della solitudine

La precarietà di connessioni relazionali implica la percezione di insoddisfazione, la percezione di mancanza che implica lo stress di una volontà intenzionale pulsionale non accontentata: L’insoddisfazione e il mal-contento implicano il paradosso della coesistenza tra repulsione relazionale e pulsione relazionale, poiché la cura è la medesima realtà che duole.

Un giorno

24 ore di isolamento è sufficiente per alterare i circuiti cerebrali che regolano il sonno-veglia.

 

 

Due settimane

Due settimane di isolamento sociale producono un robusto fenotipo comportamentale di paura persistente e un ingente aumento dell’aggressività. La solitudine del periodo di due settimane ha implicazioni di incremento di Tac2 mRNA e della proteina NkB nel nucleo centrale dell’amigdala, una regione coinvolta nella gestione dell’ansia e della paura. Si riconosce un analogo incremento provocato dalla solitudine nei neuroni all’interno dell’ipotalamo dorsomediale (DMH).

 

La TAC2 ha relazione sia con la realtà della paura innata, sia con la realtà della paura appresa.

 

Sussiste una relazione biunivoca tra solitudine e incremento neurobiologico degli agenti cortocircuitanti la psiche – In quanto chimicamente gli agenti cortocircuitanti il benessere psicologico implicano reazioni attitudinali atti a replicare lo status della solitudine che nuovamente incrementa gli agenti cortocircuitanti …

L’isolamento sociale prolungato porta a un’ampia gamma di cambiamenti comportamentali. Questi includono una maggiore aggressività nei casi di non familiarità, ovvero verso persone sconosciute o non familiari.

La tachichinina TAC2 ha relazione con la aggressività.

Definizione

La tachichinina è un neuropeptide, una breve molecola proteica che viene rilasciata da alcuni neuroni quando vengono attivati. I neuropeptidi si legano a recettori specifici su altri neuroni, alterando le loro proprietà fisiologiche e influenzando così la funzione del circuito neurale.

 

 

 

La Tac2 codifica un neuropeptide chiamato neurochinina B (NkB). Tac2/NkB è prodotto dai neuroni in regioni specifiche del cervello come l’amigdala e l’ipotalamo, che sono coinvolte nel comportamento emotivo e sociale.

Tac2 agisce a livello globale attraverso il cervello cortocircuitando diverse risposte comportamentali.

Tac1 e Tac2. Tac1 codifica la sostanza peptidica P (SP), così come la neurochinina A (NkA); Tac2 codifica per la neurochinina B (NkB).

Tac1 e Tac2 sono espressi in una varietà di regioni cerebrali implicate nelle emozioni e nel comportamento sociale.

 

Il SIS (Isolamento sociale cronico) ha causato un aumento elevato (~ 3-8 volte) e significativo dei livelli di mRNA di Tac2 nel nucleo del letto dorsale anteriore della stria terminalis (dBNSTa), nel nucleo centrale dell’amigdala (CeA), nell’ipotalamo dorsomediale (DMH), così come nella corteccia e nello striato con tendenze ad un aumento di ACC e dHPC.

È stata dimostrata l’influenza globale della Tac2 mediante il metodo multiplexed approach – mediante il paragone delle medesime perturbazioni neurali in diverse aree neurali. Questo approccio ha rivelato una modalità di azione distribuita in cui la sovraregolazione di Tac2 da parte dello stress regolava diversi effetti comportamentali del SIS in diverse aree. Un tale meccanismo distribuito ricorda quello svolto dal Pigment-Dispersing Factor (PDF) nel controllo dei circuiti circadiani nella Drosophila.

 

 

 

 

 

 

 

LA SOLITUDINE PARALIZZA.

Quando incontriamo uno stimolo minaccioso, i topi che sono stati socialmente isolati rimangono congelati sul posto molto tempo dopo che la minaccia è passata, mentre i topi normali smettono di congelarsi subito dopo che la minaccia è stata rimossa.

Lo stress da immobilizzazione implica il consolidamento di un ricordo di paura.

 

LA NON INTENZIONALITA’ DELLA DISCORDIA RELAZIONALE

L’IMPUT RELAZIONALE E L’OUTPUT RELAZIONALE.

Definiamo imput relazionale la relazionalità indotta, semplifichiamo con il concetto (Le persone ti cercano, cercano l’incontro con te, organizzano l’incontro con te, progettano l’incontro con te) – L’imput relazionale è catartico per una persona in status di solitudine globale e di freezing relazionale, in quanto non è in possibilità di realizzare l’output relazionale, il fatto di essere in status di freezing implica delega di responsabilità relazionale, lo stato di freezing da solitudine può appartenere sia alle donne sia agli uomini. – Definiamo l’output relazionale come relazionalità dedicata, semplifichiamo con il concetto (cercare le persone, cercare l’incontro con le persone, organizzare l’incontro con le persone, progettare l’incontro con le persone. ).

Lo status di freezing, in relazione con lo stato di paura, di ansia, e di aggressività sono tra le cause del rifiuto relazionale.

Il rifiuto relazionale implica un implemento di tutte quattro queste delicate dinamiche della solitudine in relazione a dimostrato ferimento psico-fisico.

 

 

 

 

 

LA SOLITUDINE HA IMPLICAZIONI CORROSIVE SUL SISTEMA MNEMONICO

Duole ricordare – Si instaura una relazione metacognitiva tra la facoltà del ricordare ed il contenuto negativo del ricordo colmo di dissociazioni non relazionali – Si instaura la non volontà di ricordare che implica l’impoverimento mnemonico poiché la statica della solitudine consistendo nel contenuto mnemonico intacca la facoltà della memoria sia alla superficie (La qualità del contenuto) sia strutturalmente cortocircuitando la facoltà cognitiva della memoria. La fattibilità corrosiva della solitudine è di tipo costitutivo e di tipo procedurale –

La fattibilità corrosiva della solitudine è di tipo procedurale poiché incide sulle procedure di acquisizione quotidiana dei ricordi realizzando una povertà mnemonica in quanto fattualmente realizza una aura abitudinaria relazionalmente non variopinta, monotona, ovvero dell’unico colore della univocità monologica del solitario che si relazione a sé stesso, la quotidianità del solitario sarebbe quindi impoverita dalla assenza della variabilità colorata plurirelazionale – e pertanto anche il contenuto dei ricordi del solitario risulterebbe povero, lacunoso dei legami relazionali.

La fattibilità corrosiva della solitudine è di tipo costitutivo poiché è costitutiva della costituzione del connubio dei ricordi passati agendo da corrosivo in relazione ad una connessione mentale tipica dei solitari – Il duole ricordare i ricordi legati alla mancanza di relazioni. Se il ricordare ferisce viene compromessa la intenzionalità mentale consapevole.

LA SOLITUDINE IMPAURISCE

Gli studi su Tac2/NkB nell’amigdala centrale hanno implicato il peptide nel consolidamento della memoria della paura riconoscendo il ruolo della solitudine nel meccanismo di assimilazione e di espressione della paura.

Paura persistente e ipersensibilità agli stimoli minacciosi.

 

La paura si caratterizza come causa della aggressività, il medium tra paura e aggressività è il mindset insano poiché in misura qualitativa di radicalizzazione della self-safeguard – della auto-tutela che implica il blindarsi da qualunque connessione relazionale con la realtà esterna poiché percepita omnipresentemente ed omnicontestualmente potenzialmente lesiva.

Lo stress da solitudine aumenta la paura e l’aggressività orchestrando e agevolando il miglioramento della intercomunicazione neuronale di Tac2 che agisce specificamente pluriregionalmente nel sistema neuronale, implicando altresì disfunzioni cardiovascolari.

 

LA SOLITUDINE IMPLICA STRESS

 

La nostra sintesi dei risultati pubblicati mostra una struttura anormale in relazione alla realtà della solitudine (grigio volume della materia o integrità della materia bianca) e/o attività di risposta piacevoli a immagini di situazioni sociali relazionali e attività di risposta stressful a immagini di situazioni non sociali e non relazionali, nella corteccia prefrontale (in particolare mediale e dorsolaterale), amigdala, ippocampo e corteccia temporale posteriore superiore. Gli studi fMRI hanno riportato collegamenti tra solitudine e attivazione differenziale di reti attenzionali, reti visive e reti in modalità predefinita. La solitudine era anche correlato a marcatori biologici associati alla malattia di Alzheimer (ad esempio, carico di amiloide).

Abbiamo trovato una notevole sovrapposizione nelle regioni coinvolte nella solitudine e nella compassione.

 

Il neuropeptide Tac2 controlla uno stato cerebrale distribuito indotto dallo stress da isolamento sociale cronico.

 

 

 

LA SOLITUDINE IMPLICA FALSIFICAZIONI PERCETTIVE

La negativizzazione percettiva

Le negatività attitudinali risultano maggiormente rilevanti rispetto alle attitudini positive che caratterizziamo nella qualità valoriale valutativa di normalità indegna di considerazione.

La solitudine implica falsificazioni percettive in atto di valutazione maggiorativa valoriale delle qualità attitudinali negative rispetto alle qualità attitudinali positive – In più si riconosce una iper-percezione delle sfumature negative nelle qualità positive.

In atto la percezione di minacciosità generalizzata, altresì ove non sussiste alcuna reale aprioristica evidenza.

 

IL SISTEMA DI ANTICIPAZIONE GNOSEOLOGICA E IL SISTEMA PROCEDURALE DI PREVISIONALITA’ – LA MENTAIZZAZIONE

Il cervello forma rappresentazioni costruite a partire da precedenti esperienze mentre utilizza contemporaneamente informazioni sensoriali raccolte durante le esperienze attuali per anticipare, prevedere una attitudine. Integrazione tra passato e presenti esperienze.

La solitudine può essere descritta come l’annichilimento dei questi processi mentalizzanti e predittivi.

La solitudine negativizza questi processi:

La solitudine è caratterizzata da una forte previsione che i tentativi di connessione sociale finiranno male, l’individuo anticipa questa risposta indipendentemente dalle informazioni sensoriali attualmente raccolte che potrebbero suggerire un risultato diverso. Inoltre, la corteccia insulare può giocare un ruolo chiave in questo processo a causa della sua integrazione di esterocezione (percezione di stimoli sensoriali esterni) e interocezione (percezione del corpo interno). La corteccia insulare contiene “neuroni di previsione” pronti per rispondere a un risultato atteso.

Questi neuroni inviano le loro previsioni sotto forma di segnali chimici che alterano la velocità di attivazione di informazioni sensoriali provenienti dal talamo e dalle regioni motorie del cervello e del corpo. Il segnale sensoriale ricevuto viene confrontato con il segnale di predizione e può venire generato un “errore di predizione”. Se accade i percettori psicomotori cambiano la loro attivazione per accogliere le nuove informazioni sensoriali.

La neurobiologia è consonante con la etica mentalistica che adduce il ripensamento, la coevoluzione, la riqualificazione come valori fondanti la flessibilità resiliente attitudinale.

Il funzionamento appropriato della corteccia insulare può essere cruciale per generare previsioni sull’ambiente sociale.

Negli individui cronicamente soli questo sistema può risultare cortocircuitato e si può riflettere un’incapacità di regolare il risultato previsto in base alla originalità degli stimoli sensoriali percepiti, la consegna di questi segnali alla corteccia insulare potrebbe essere interrotta o indebolita.

 

I NEURONI DI PRECISIONE

Alcuni neuroni (chiamati “neuroni di precisione”) nella corteccia insulare sono anche responsabili della valutazione qualitativa valoriale delle realtà percepite –

Pertanto si realizza una gerarchia valoriale non arbitraria, non innata, bensì neurobiologicamente conscia delle realtà percepite amplificando così alcuni segnali e riducendone altri nel tentativo di dare un senso alla

contributo complessivo. Questi neuroni di precisione, in particolare, potrebbero essere alterati durante la condizione di solitudine, influenzando così segnali che corrispondono alla previsione (ad esempio, ipervigilanza per minaccia sociale) e non incorporando altri che aggiornerebbero una previsione maggiormente fiduciosa verso il miglioramento, l’augurio relazionale.

 

Il rifiuto e l’esclusione sociale sono associati a una ridotta accuratezza interocettiva, che potrebbe essere spiegata da un’alterata funzionalità della corteccia insulare. L’agente neurochimico che nell’insula potrebbe alterare il corretto funzionamento è l’ossitocina (OT). OT è necessario per riconoscere la qualità di intimità affettiva della relazione. Allora un’eccessiva attenzione allo stato intimo-affettivo di una relazione in cui intimità ed affettività sono carenti o assenti portano a una ridotta interazione di questa persona verso questa relazione. Insieme, queste informazioni suggeriscono l’iperattività delle reti attenzionali, tuttavia la paura del rifiuto possono impedire che tali informazioni vengano elaborate e trasformate nell’output comportamentale desiderato (ad esempio, il contatto relazionale, dialogico, affettivo).

Il cervello di individui soli suggerisce una elettro-reattività ridotta al positivo degli stimoli relazionali, ed una maggiore elettro-reattività a stimoli relazionali negativi, e una ridotta capacità della rete di salienza di oltrepassare il limbico iperattività/ipervigilanza ed elevata vigilanza/attenzione.

 

 

 

 

 

IL FENOTIPO ATTITUDINALE DELLA SOLITUDINE

Apprendimento frammentario confusionario spaziale e mnemonico insieme ad una compromessa

nuova discriminazione dell’oggetto osservato, un incremento del valore percepito della qualità della minaccia della realtà osservata, reattività di tipo avversivo o di tipo freezing, evitamento di nuove esperienze/stimoli.

 

 

 

LA RASSEGNAZIONE REAZIONALE E LE LENTI RELAZIONALI

Poiché la solitudine è caratterizzata dal percepito stato di isolamento, non sorprende che le persone sole abbiano percezioni più negative delle interazioni interpersonali quotidiane.

Questa tendenza a visualizzare le interazioni sociali attraverso una lente negativa può essere guidata da precedenti esperienze negative con le relazioni sociali. Ad esempio, relazioni di scarsa qualità o conflittuali

sono fattori di rischio predittivi di sentimenti di solitudine e isolamento. Come di conseguenza, la solitudine è anche correlata a maggiori aspettative di miglioramento o ideale relazionale, e motivazione ad evitare le relazioni che non rispettano l’ideale interiore, con esiti sociali generalmente negativi ed una rinnovata demoralizzazione e/o rassegnazione coincidenti con più deboli aspettative di risultati sociali positivi.

A causa di questa paura del rifiuto sociale, della solitudine è anche associato a una maggiore ipervigilanza alle minacce sociali e, quindi, è più probabile che gli individui soli siano meno fiduciose e più ostili.

Nonostante la tendenza a anticipare il rifiuto sociale che nel presente non sussisterebbe, gli individui solitari desiderano ancora la interazione, pertanto possono comportarsi in modo da promuovere la connessione sociale dimostrando una maggiore sensibilità verso le informazioni sociali rispetto alle persone con un elevato benessere relazionale.

Tuttavia, questa accresciuta sensibilità durante le interazioni sociali in memoria esperienziale della probabile fallimentarità relazionale può alla fine innescare l’aspettativa paurosa di esiti relazionali negativi.

 

 

 

Questa mentalità condurrebbe alla riduzione dell’adempimento ed all’impegno relazionali ed alla sottovalutazione  del riconoscimento di attitudini di ricompensa, dell’affetto positivo a seguito di interazioni sociali positive.

La solitudine può aumentare la sensibilità alla disconnessione sociale.

Lo striato ventrale correlato alla ricompensa ha mostrato una ridotta attivazione in risposta alla visualizzazione risultante dalla percezione di una persona sola di immagini di persone sconosciute rispetto alla percettività nei confronti di immagini di sconosciuti degli individui non soli. Pertanto le persone relazionate sono persone maggiormente abituate e rivolte a relazionarsi rispetto alle persone sole.

 

Le persone sole presentano una maggiore attività nello striato ventrale durante la visualizzazione di immagini di persone familiari rispetto a estranei. A causa dell’aumento delle aspettative negative e della percezione risonante dell’ansia dei risultati sociali, gli individui solitari hanno un pregiudizio contro nuovi incontri sociali ma verso le interazioni con le persone che conoscono rispondono positivamente ai loro tentativi legame sociale. Questa realtà testimonia che la solitudine cortocircuita la creatività relazionale in qualità di innovazione relazionale – Il relational-change è gravemente limitato alla assenza di relazione o alla relazione con un numero estremamente povero di relazioni, dell’ordine della unità, raramente della decina. Il relational-change dovrebbe avvalersi della facoltà della implementazione latente relazionale costituendo la latenza della proprietà di “In itinere relazionale, il conoscersi diveniente” in una molteplicità dell’ordine delle centinaia di relazioni.

 

 

 

La sconosciutezza in una visione sana di relazionalità proattiva diveniente dovrebbe costituirsi come ambiente esplorativo che desta la nostra curiosità tensionale verso la conquista relazionale, non dovrebbe essere percepita come un luogo proibito o proibitivo.

 

 

LA SOLITUDINE IMPLICA OUTWARD BLAME

 

Lo striato ventrale, che include il nucleo accumbens, costituisce un ruolo centrale nell’implemento della facoltà della ricompensa.

Il risentimento e la colpevolizzazione esteriore.

Sentimenti avversivi e rivendicativi che non giovano alla relazionalità.

Mirroring attitudinale Replicativo-vendicativo che si fonda sulla delega di responsabilità relazionale e sul giudizio esteriorizzante di gravosità attitudinale del prossimo in relazione alla caducità e alla flebilità relazionale.

Nonostante sussista la verità della biunivocità della responsabilità tra ambiente di molteplicità di persone e persona.

L’ambiente sociale-relazionale di una persona influisce sulla sua salute – è pertanto doverosamente veritiera la realtà secondo cui la persona solitaria (L’olismo che abbraccia la situazione solitaria) non sia la sola artefice responsabile del suo stato non associato – dissociato. La dissociabilità è infatti la implicazione di uno o di svariati “non accoglimenti esteriori” di associabilità – La inconciliabilità e la non conciliazione non è solamente responsabilità del non conciliato, bensì altresì di coloro che si dimostrano a lui/lei non concilianti.

Il perdono si fonda diversamente su una interiorizzazione delle responsabilità relazionali.

 

 

 

 

La elevatezza intellettiva è oltre la verità.

LA SOLITUDINE INFLUISCE NEGATIVAMENTE SULLE FACOLTA’ ESTROSPETTIVE EMPATIA E MENTALIZZAZIONE/MIRRORING RELAZIONALE CREATIVO. I NEURONI SPECCHIO.

 

La solitudine implica introspezione tuttavia può influire negativamente sulle facoltà estrospettive – sono cortocircuitati le facoltà empatiche del cosentimento, della comprensione sentimentale, della empatia. Le nostre recenti indagini hanno trovato un forte e coerente correlazione inversa tra i tratti della personalità della solitudine e della saggezza, in particolare la componente empatia/compassione della saggezza. In contrasto con la solitudine, la saggezza è associata con una migliore salute mentale e fisica. Il prefrontale la corteccia e lo striato limbico svolgono un ruolo importante nella neurobiologia dell’empatia/compassione e della saggezza.

 

LA SOLITUDINE INFLUISCE NEGATIVAMENTE SULLA MENTALIZZAZIONE/MIRRORING RELAZIONALE CREATIVO.

IL RITORNO RELAZIONALE E LA NOVITÀ RELAZIONALE SONO LA CARTINA TORNASOLE DELLA NOSTRA SANITÀ  RELAZIONALE.

 

La influenzabilità alla solitudine, la misura di debilitazione neuro-comportamentale che la solitudine induce in noi piò essere riconosciuta nell’ esempio della qualità attitudinale nella fase del ritorno relazionale. Se ad esempio assolutamente non intendiamo o non vogliamo che si realizzi il ritorno relazionale, questo mindset è un mindset radicale avente correlazione con lo sbilanciamento di inesorabilità severa –

 

 (Una manifestazione del non cambiamento è sintomo di freezing) allora molto probabilmente i sintomi negativo della solitudine hanno corrotto il nostro sistema di chiaroveggenza relazionale.

Il secondo caso è peggiorativo rispetto al primo – ovvero saremmo disponibili al ritorno relazionale, tuttavia adottando il sistema attitudinale mirroring replicativo negativo della rivendicazione – ci ripresenteremmo in qualità attitudinali ansiose, aggressive, estrospettive, deleganti – questo secondo esempio

Palesa che la solitudine ci ha vinto, che i sintomi della solitudine in noi si sono cronicizzati rendendoci la marionetta della solitudine.

Il terzo esempio al contrario testimonia la nostra salute e sanità relazionale – Pertanto accoglieremmo il nuovo incontro in seguito ad un periodo di solitudine  testimoniando i valori del perdono e mai della rivendicazione creando nella situazione relazionale uno spirito di mindfulness. Questi tre esempi sono ulteriormente scindibili nei casi di familiarità e di sconosciutezza.

Dunque se i tre casi già esposti sono in relazione al nuovo incontro con persone familiari.

Argomentiamo i casi di non familiarità. La novità relazionale.

Se non vogliamo assolutamente il nuovo incontro con le persone sconosciute – Questo mindset può essere sintomo chiaro delle valenze di ansia e di freezing da solitudine con una relativa paralisi motivazionale. Una mentalità sana salvaguarderebbe la possibilità di incontro con la persona sconosciuta come una occasione di novità relazionale, una opportunità di allenamento dello spirito di ricerca, di curiosità e di motivazione.

Il secondo caso diversamente argomenta della sussistenza del SIS – la solitudine della persona risulterebbe cronicizzata in quanto causa prima di attitudini maleducate verso coloro che non conosciamo. La chiaroveggenza sui sintomi della solitudine in noi sono riconoscibili nei nostri pensieri anticipanti – aprioristici che promuovono le devianze attitudinali iperdifensive-aggressive, paralizzanti.

Il terzo esempio manifesta la nostra sanità relazionale in quanto accogliamo proattivamente e in maniera creativa l’incontro con le persone sconosciute, adottando output relazionali e riconoscendo che il nostro buon spirito relazionale sia causa di un implemento della nostra facoltà ricompensiva in relazione al mirroring reale del riconoscimento che le relazioni con le persone sconosciute sono state benefiche per noi ed hanno implicato una variazione dello status originario dalla sconosciutezza alla conoscenza (Sia delle persone sia dello spirito di appartenenza nella relazione).

LE CURE CHIMICHE ALLO SBILANCIAMENTO CHE IMPLICA LA SOLITUDINE

Ossitocina (OT) e vasopressina e neurotrasmettitori come la dopamina (DA) e endorfine, sono criticamente coinvolte nella promozione di comportamenti di affiliazione e di ricerca sociale.

LA OSSITOCINA (O.T.)

OT viene rilasciato dal PVN per facilitare adeguate risposte comportamentali in relazione a imprevedibili minacce.

Un aumento del rilascio di OT durante l’isolamento acuto può essere almeno in parte responsabile dell’aumento del comportamento di ricerca sociale

finalizzato al raggiungimento dell’omeostasi sociale. La esistenza di Ossitocina nella corteccia insulare, una regione nota per essere meno attiva negli esseri umani solitari, è necessaria altresì per riconoscere gli stimoli socio-affettivi.

LA DOPAMINA (D.A.)

DA è criticamente coinvolto nella capacità di ricevere, assegnare valenza e rispondere in modo appropriato a una varietà di stimoli gratificanti e avversi.

I neuroni DA nel nucleo del mesencefalo codifica l’esperienza di solitudine. È stato dimostrato che l’attivazione di questi neuroni DA in un contesto relazionale promuove l’interazione sociale.

I neuroni DA DRN sono coinvolti nella percezione di stimoli salienti che promuovono la vigilanza e il risveglio.

I neuroni DA DRN, l’attività basale di questi neuroni nelle persone socialmente isolate creano un’avversione esperienziale che provoca la ricerca di un contatto sociale per migliorare il spiacevole stato di isolamento.

Se l’isolamento diventasse più cronico e/o più doloroso, l’esperienza del contatto sociale risulterebbe percepita più stressante a causa di una maggiore ipervigilanza e di una eccessiva attenzione ai segnali sociali, e anche meno gratificante. Tuttavia, ci sono prove che a lungo termine, le alterazioni indotte dall’isolamento nella segnalazione DA possono essere invertite dal riconoscimento di successo relazionale, suggerendo che questo passaggio da inflessibilità comportamentale disadattativa a meccanismo di adattamento relazionale può essere possibile.

Oppioidi

Gli oppioidi endogeni sono costituiti da tre gruppi principali: endorfine, encefaline e dinorfina.

Il sistema degli oppioidi è strettamente collegato al sistema DArgico in quanto è altamente coinvolto nel

Comportamento motivazionale. Inoltre, il sistema degli oppioidi è un regolatore chiave della percezione del dolore.

Il dolore fisico è accompagnato dal rilascio di oppioidi endogeni che alleviano

la risposta al dolore. Dal momento che il dolore è avversivo, è possibile che il dispiacere di essere socialmente isolati potrebbe essere elaborato da regioni cerebrali sensibili al dolore che includono il coinvolgimento di oppioidi endogeni. Di fatto, “dolore emotivo” è un termine sempre più usato per descrivere sentimenti di esclusione sociale negli esseri umani.

Il coinvolgimento nell’intimità relazionale eleva la soglia del dolore.

La abitudinarietà alla intimità affettivo-relazionale incide positivamente sulla tempra dei meccanismi recettivi della segnalazione di ricompensa e di dolore.

 

Nella dinamica della soddisfazione del bisogno relazionale dialogico affettivo. Il sistema di ricompensa attiva i recettori degli oppioidi realizzando un imput positivo che allieva o termina la necessità di cercare nuove esperienze piacevoli attraverso i contatti relazionali. Allo stesso modo, il blocco di questi recettori in seguito alla percezione attitudinale freezing provocata da solitudine e assenza di ricompensa implica un output ricreativo di ricerca relazionale, ovvero comportamenti atti a modificare lo status della solitudine, l’impegno in un comportamento di affiliazione. La somministrazione di oppioidi riduce il disagio provato dalla perdita relazionale dalla separazione/isolamento.

TUTTAVIA SI REALIZZA LA VERITA’ GEMELLA, OVVERO CHE LA AFFILIAZIONE RELAZIONALE INCREMENTA IL RILASCIO DI OPPIOIDI ENDOGENI.

Se blocchiamo i recettori degli oppioidi riduciamo i sentimenti di connessione sociale, riduciamo le percezioni di calore emotivo e fisico, e riduciamo l’attività nel striato ventrale.

Gli esseri umani con stili di attaccamento più evitanti hanno una minore sensibilità del recettore degli oppioidi, in particolare nel cingolo anteriore e cortecce insulari, mentre è associata a un attaccamento sicuro una maggiore disponibilità MOR.

Pertanto, il sistema degli oppioidi può integrare la facoltà motivazionale e sensibilizzare i circuiti relativi allo stress per valutare la minaccia, gli stimoli sociali e lo stato motivazionale per avviare una risposta comportamentale più benefica e sana. L’oppioide può modulare ulteriormente la connessione tra stress e

affiliazione sociale agendo direttamente sui sistemi OT e CRH.

 

OT, DA, oppioidi e CRH. Questi quattro sistemi influenzano il comportamento indotto dall’isolamento negli esseri umani.

 

 

 

Ad esempio, OT è stato costantemente dimostrato che influisce sulla relazionalità e sull’affetto attitudinale negli esseri umani, anche in individui soli o esclusi DA e gli oppioidi sono anche noti per essere alla base delle esperienze piacevoli del contatto sociale e altri aspetti gratificanti della connessione sociale,  le attività di connettività di regioni cerebrali ricche di DA e oppioidi come lo striato ventrale, insula, e la corteccia cingolata anteriore sono intermittenti nelle persone sole.

Infine, la reattività dell’HPA (Amigdala e ippocampo) risulta interrotta nelle persone sole.

OT modula la attenzione su entrambe le valenze relazionali attitudinali positive-negative.

Essere in grado di modificare in modo preciso e locale un neuropeptide come Tac2 è un approccio promettente ai trattamenti per la salute mentale.

 

OSANETANT Nk3

L’osanetant bloccando i segnali mediativi di Tac2/NkB riequilibria le variazioni disfunzionali che Tac2 e Nkb hanno provocato, risolvendo gli eccessi di aggressività e di impaurimento.

Nk3 implica la radicale riduzione di aggressività (implementata dal SIS). Nk3 attenua inoltre i sintomi di impaurimento e di freezing (Paralisi emotivo-relazionale, insensibilità) provocati dalla solitudine. Nk3 attenua inoltre la ipersensibilità e iperreattività scomposta e dissociata in risposta ai traumi. Nk3 blocca le manifestazioni sintomatiche del SIS lasciando intatti i meccanismi neurali non influenzati dal SIS.

 

 

 

 

 

 

PSICONEUROIMMUNOLOGIA RELAZIONALE

La limitatezza delle cure chimiche è che non inducono alcun miglioramento a livello relazionale – Pertanto la persona curata da cure chimiche sarà suscettibile e ipersensibile alla malattia della solitudine ed al reiterarsi dei sintomi che le medicine chimiche intendono curare proprio perché resterebbe nello status ambientale della solitudine.

 

 

 

 

 

 

LA CURA DELLA RELAZIONE HA EFFETTI COERENTI CON LE CURE CHIMICHE.

LA AFFILIAZIONE RELAZIONALE INCREMENTA IL RILASCIO DI OPPIOIDI ENDOGENI.

LA RELAZIONE HA IMPLICAZIONI NEUROLOGICHE CURATIVE PIÙ PROFONDE E PERMANENTI RISPETTO ALLE CURE CHIMICO-FARMACOLOGICHE POICHÈ LA RELAZIONALITÀ AGISCE UNA FUNZIONE RIVOLUZIONARIA CATARTICA SULLE STRUTTURE RELAZIONALI AFFINCHÈ L’EQUILIBRIO SOLITUDINE-RELAZIONE SIA RISTABILITO E PERTANTO NON VI SIANO LE RELATIVE IMPLICAZIONI LESIVE DELLO SBILANCIAMENTO RADICALE SOLITUDINE-RELAZIONE VERSO IL POLO DELLA SOLITUDINE.

 

 

 

 

 

 

NEUROBIOLOGIA DELLA AFFETTIVITA’

L’interazione sociale è guidata neurobiologicamente dall’attivazione dei circuiti di ricompensa che coinvolgono il neurotrasmettitore DA sintetizzato dall’area tegmentale ventrale del mesencefalo (VTA) e rilasciato nello striato ventrale (cioè, nucleo accumbens, NAc) e regioni corticali di ordine superiore (cioè corteccia prefrontale, PFC; corteccia insulare, IC; corteccia cingolata anteriore, ACC).

La vasopressina viene rilasciata durante il tocco fisico, il contatto sociale e l’intimità, la vasopressina implica la percezione di gratificazione atta a formare e mantenere le relazioni sociali mediante l’iniziativa di ricompensa.

NELLE PERSONE SOLE LE REGIONI CELEBRALI CORRELATE CON LA PERCETTIVITA’ RICOMPENSIVA RISULTANO MENO ATTIVATE.

Questi recettori rispondono ad una carezza, ad un tocco e ad un abbraccio. Atti affettivi che usiamo come mezzo di espressione e rafforzamento della intimità delle nostre relazioni. Anche comportamenti non tattili come ridere, cantare, danza, ed il racconto emozionale di storie può facilitare il rilascio di oppioidi endogeni. Quindi, mostrare e ricevere l’affetto e l’intimità attivano processi neurobiologici che premiano coloro che manifestano verso di noi queste attitudini promuovendo la nostra manifestazione di tali comportamenti verso di loro. Questa dinamica è la dinamica di mirroring creativo – Tuttavia ancor più sano e relazionale è la creatività di gratuità che ha valore relazionale di puro valore aggiunto.

Il mirroring è una attitudine di spurio valore aggiunto poiché l’osservatore attua iniiative attitutdinali qualitativamnete analoghe all’imput attitudinale che osserva, pertanto il mirroring può essere altresì relazionalmente non creativo istituendo la dinamica mirroring vendicativo come risposta attitudinale negativa ad una percezione di attitudine negativa osservata.

 

La gratuità innesta il valore della compensa – non della ri- compensa – pertanto non si agirebbero attitudini benefiche perché ho subito attitudini benefiche, bensì agisco relazionalmente proattivamente indipendentemente dalla qualità attitudinale del prossimo verso di me.

Essere in relazione con altre persone può anche implicare stress, difficoltà e avversità.

Il mindset di isolamento implica un comportamento iperprotettivo tutelativo avversativo contro le conseguenze di difficoltà e avversità. Il mindset relazionale implica accoglimento e accettazione delle avversità e spirito avventuroso di curiosità verso le diverse molteplicità relazionali divenienti.

La variabilità relazionale implica stati d’animo più positivi, migliore regolazione dell’umore e minore disagio psicologico. Esperienze sociali positive aiutano a plasmare e ad incrementare le nostre percezioni di sé, e quindi avere un grande impatto su come consideriamo noi stessi, i nostri meriti e la nostra capacità di superare il dolore o il fallimento. Al centro di questa idea c’è l’autocompassione, che ha tre componenti principali: (1) gentilezza verso se stessi; (2) comune umanità, o la visione di se stessi come parte di un universo esperienziale relazionale più ampio; e (3) consapevolezza dei propri pensieri e sentimenti.

Perché la nostra autostima e visione di noi stessi dipende dai nostri sentimenti percepiti di valore sociale e di inclusione,  le interazioni sociali positive incoraggiano una persona ad essere più equilibrata e indulgente, una prospettiva che può facilitare un migliore benessere emotivo.

 

 

 

 

 

 

IL SELF-FORGIVING PERSPECTIVE

In supporto a questa tesi, si riconosce che le persone con un alto supporto sociale percepito hanno percezioni di sé più positive e meno negative e credenze conciliative sulle opinioni degli altri su se stessi. Essi dimostrerebbero ottimali abilità relazionali, conciliative, di mentalizzazione, di cosentimento tipiche del caregiver.

Il supporto sociale è anche positivamente associato alla consapevolezza, auto-compassione e inner- feeling Questi tre fattori mediano significativamente la relazione tra la relazionalità percepita e l’incremento neurobiologico-psicologico della umanità relazionale, della resilienza e della proattività relazionali, del cosentimento e del conforto emotivo.

IL MECCANISMO DI TOLLERANZA

TO BE OUR SELF-CARE-GIVER AND TO BE CARE- GIVER TO OTHER PEOPLE

La relazionalità è la cura cognitiva, comportamentale e fisiologica.

 

Una nostra facoltà di disponibilità di affrontare le difficoltà, è l’incremento della nostra facoltà di essere care-giver. Miglioriamo la nostra positiva reattività allo stress quando si sperimenta angoscia. Davvero, la relazionalità equilibra il rilascio di cortisolo, equilibra la reattività cardiovascolare allo stress, aumenta la tolleranza al dolore.

La gestione della paura non è solamente un sistema autonomo, indipendente dall’ambiente relazionale, bensì è altresì eteronomo – In verità l’ambiente relazionale esteriore è il contenuto valutativo che la persona impaurita deve affrontare e gestire – Un ambiente relazionalmente conciliativo, creatico e affettivo implica un decremento della paura costituisce il decremento della aggressività ed un incremento alla premura emotiva rivolta al riconoscimento ed al cosentimento.

 

 

Diversamente ipoteticamente un ambiente dispoticamente passivo o proattivamente aggressivo implica i meccanismi di paura e di automatica autopercezione di iper-self-defensive che possono implicare attitudini di freezing, di aggressività, di isolamento.

La disaffettività la assenza di sfioramento tattile implica eccesso di rilascio di cortisolo.

ADDUCIAMO CHE LA SOLITUDINE PUÒ IMPLICARE AGGRESSIVITÀ

Si riconosce un implemento di aggressività verso le persone sconosciute-non familiari – ed un maggiore spirito tutelativo di salvaguardia verso le persone familiari.

 

NEUROBIOLOGIA RELAZIONALE INFANTILE

Durante l’infanzia, il cervello subisce un’ampia plasticità, inclusa la creazione e la rottura delle connessioni attraverso la crescita dei dendritici, sinaptogenesi e mielinizzazione per rafforzare le connessioni esistenti.

SUSSISTONO MANIFESTAZIONI DI FLESSIBILITÀ NEURALE ANALOGHE ALLA ETÀ INFANTILE NELLE ETÀ ADULTE.

In relazione con la teoria dell’attaccamento sicuro l’ambiente, che consiste principalmente di caregiver e della famiglia, può avere un impatto drastico sullo sviluppo del comportamento sociale precoce e sulla dinamica relazionale-solitaria nel corso della vita.

La quantità e la qualità delle cure materne influenzano il comportamento materno adulto e le interazioni tra pari.

Inoltre, quando il comportamento dei genitori è stabile e prevedibile, i neonati si sviluppano in modo ottimale.

Come estensione, la diade genitore-bambino aiuta i bambini apprendere il repertorio comportamentale della socialità, inclusi legami, cooperazione e competizione per promuovere un quadro a lungo termine per l’affiliazione sociale.

 

L’insensibilità relazionale predice anche una instabilità del sistema nervoso nei bambini - adulti che si riconosce nella insensibilità con il loro partner, indicando che l’ambiente sociale dell’infanzia può avere impatti duraturi sul futuro comportamento sociale. Il sociale

Anche la mancanza di relazioni tra pari di alta qualità è una delle cause le prime fonti di solitudine, soprattutto quando i bambini passano dalla formazione di relazioni basate sulla vicinanza alla possibilità di non mantenimento di queste, la perdita relazionale. L’osservazione presente di relazioni che hanno qualità meno positive. Formare amicizie di alta qualità con i coetanei può essere positivo tuttavia, le amicizie con qualità negative, come il dominio e la rivalità, possono avere un impatto negativo.

L’adolescenza è caratterizzata da un ulteriore cambiamento: Dare la priorità alla qualità all’interno delle relazioni sociali, al desiderio di essere apprezzato all’intero gruppo di pari e a una nuova attenzione all’intimità all’interno delle relazioni sociali.

Mancanza di amicizia, la bassa qualità dell’amicizia e il rifiuto dei pari sono tutti predittori della solitudine nell’adolescenza.

È interessante notare che la stabilità della solitudine attraverso l’infanzia e l’adolescenza è variabile, con alcuni individui i cui livelli di solitudine rimangono alti dai 7 ai 17 anni, alcuni incrementano la solitudine nel tempo, altri decrementano la loro solitudine nel tempo, alcuni mantengono livelli di solitudine bassi e stabili.

La delusione romantica relazionale.

La monogamia è una traiettoria verso la solitudine in quanto adduce alle strutture relazionali universali di una persona il sistema della scelta selettiva che assume il rifiuto relazionale, ovvero la perdita di molteplicità relazionali, il sacrificio della molteplicità relazionale in valore di una unicità relazionale proiettiva futura, che potrebbe non realizzarsi, che potrebbe non sussistere della qualità della resilienza relazionale.

Il valore della fiducia relazionale.

 

LA PERDITA RELAZIONALE

LA PERDITA RELAZIONALE E’ UN COSTRUTTO SOCIALE CONFUTABILE

Se la perdita relazionale non consiste nella perdita della vita delle persone compartecipanti alla relazione la perdita relazionale non esiste. Nella indicazione sotesa che il legame relazionale è sempre esistente fino al momento di fine vitale di una delle persone compartecipanti alla relazione. Ciò che possiamo assimilare alla idea confutabile della fine relazionale è una o più variazioni della relazione considerata in relazione di paragone con le nostre idealità di relazione – Pertanto se la relazione non avesse, superficialmente o profondamente, le qualità ideali che vi adduciamo – decadiamo la resilienza relazionale e vi proiettiamo la idea illusoria di fine relazionale adottando verso noi stessi e verso il prossimo attitudini non conciliative atte a mantenere lo statu s di lontananza relazionale – Tuttavia ricordiamo che nonostante le nostre attitudini dirimenti la percezione subconscia della esistenza relazionale permane onnipresente – Allora le qualità relazionali (La nostalgia, la memoria, la progettualità) permangono in noi coesistenti con le idee dirimenti atte a promuovere la solitudine invece che la relazionalità. Adottando una semplice variazione percettiva-attitudinale riconosceremmo che il nostro pregiudizio di fine relazionale è in larga misura una nostra idealizzazione non coincidente con la realtà – Questa variabilità prospettica sarebbe promotrice della nostra volontà di agire verso coloro con i quali viviamo lontananza relazionale attitudini relazionali poiché ad esempio impariamo ad attribuire maggior valore alla nostalgia rispetto alla rivendicatività – e pertanto agendo nostalgicamente il focus intenzionale è già estroversivo conciliativo di incontro irenico con la persona che percepimmo nella qualità di lontananza relazionale- La idea di rivendicatività è un focus non intenzionale passivo introversivo che ci blinda dall’ambiente relazionale realizzando in noi le avversità di cui questo scritto ha argomentato.

Il dono del tempo relazionale.

A differenza della solitudine – la perdita relazionale ha un valore aggiunto di sofferenza che consiste nella dissonanza cognitiva indotta tra la realtà esteriore e la nostra reale memoria relazionale. Se nella normale dinamica solitaria esiste la solitudine relazionata con una privazione nei confronti di una realtà presente e di cui presentemente non abbiamo proprietà e di cui non abbiamo conoscibilità, bensì sogno conoscitivo – “La solitudine da” nel caso della perdita ha duplice valore – ovvero la mancanza presente della realtà di cui si sente bisogno e la mancanza associata alla perdita delle qualità conoscitive benefiche di cui non possiamo presentemente giovare. Ora, se la fine di vita è unica testimone veritiera della perdita non esiste perdita relazionale se siamo in vita – significa che la vita è relazione ed in particolare che la nostra vita è la nostra relazione.

 

 

 

 

 

NEUROBIOLOGIA DELLA PERDITA RELAZIONALE

I meccanismi coinvolti nel comportamento e la risposta fisiologica alla perdita.

 

Esaminiamo come il cervello si adatta alla perdita e supera le conseguenze negative della perdita per consentire a un individuo di formare di nuovo nuove relazioni –

Esaminiamo la neuro-resilienza al dolore conseguente alla perdita relazionale – (Il lutto)

 

 

 

 

Simile all’isolamento sociale, la perdita sociale è angosciante e porta ad un aumento di stress, ansia e sentimenti di solitudine. Tuttavia, una differenza fondamentale nel caso del lutto è che l’aumento della connessione relazionale arduamente converte i sentimenti di solitudine e isolamento.

A sostegno di questa tesi, le donne sposate con un livello povero di interazioni sociali dichiarano di sentirsi più sole rispetto alle donne ricche di interazioni sociali che dichiarano di non vivere sentimenti di solitudine.

Mentre le donne vedove riferiscono un elevato livello emotivo connesso a sentimenti di solitudine indipendentemente dal loro percepito sostegno sociale-relazionale.

Il lutto e l’isolamento sociale sono analogamente caratterizzati da alterazioni dell’attività cerebrale nelle stesse regioni cerebrali, come ad esempio l’insula e la corteccia cingolata anteriore.

 

La percezione familiare innesca una maggiore percettività neurologica rispetto alla percezione nuova.

Gli individui che visualizzano le immagini di una realtà familiare mostrano una maggiore attivazione dell’insula rispetto a quando visualizzano le immagini di uno sconosciuto. Questi risultati suggeriscono che l’insula può essere più sensibile alla familiarità rispetto alla novità.

L’elaborazione emotiva e empatica si desta nella familiarità e nella dinamica del desiderio relazionale, ovvero nei casi di visualizzazione di immagini di qualcuno familiare e di qualcuno con cui si desidera ardentemente l’interazione sociale.

Il mindwandering ostacola il focus percettivo attenzionale e la cosciente interrelazione dialogico-relazionale.

 

 

 

 

GLI AVOIDING REMINDERS

Si riconosce che l’evitamento della gestione emotiva del lutto è una forma di coping disadattivo implicante freezing attitudinale non catartico per la salute della persona e per la sua nuova creatività relazionale,

Eludere il dolore ripristina il dolore e si ripresenta a noi nella forma di percettività della novità, una ferita trascurata, non curata, che duole non nella forma familiare del medesimo ricordo seppur precedentemente doloroso ora processato, gestito, plasmato, ricodificato. Custodiamo il tempo necessario per guarire dalla perdita. La perdita implica post-traumatic stress disorder.

La decostruzione della complessità del dolore- nella qualità di post-traumatic stress disorder

Decostruzione del dolore in investimento di tempo curativo.

Che il tempo necessario alla gestione del ricordo lesivo sia un avvicendarsi di giudizio critico costruttivo, di self-reflessive mentalizzazione, di spensieratezza, di self-feeling del ferimento.

La vulnerabilità è la tempra e resilienza al ferimento conseguenti dalla complessa consapevolezza che si può assimilare solamente gestendo la complessità del ferimento – e non dall’evitamento del ricordo lesivo – poiché potremmo vivere, incontrare, esperienze allusive, risonanti, coerenti con il nostro ricordo dolente, se avremo affrontato e familiarizzato con il ricordo dolente questa reminiscenza non ci recherà danno, diversamente una possibile percezione reale potrebbe ricondurci al ricordo dolente irrisolto e dovrà essere in quella possibile situazione reale, probabilmente già in essa stessa complicata, che dovremo affrontare sia la realtà percepita sia il ricordo dolente irrisolto che quella realtà ci richiamerà.

 

 

 

 

L’ottica che dovremmo assimilare è che il tempo è opportunità, e la procrastinazione della cura è la perdita di una opportunità curativa che arduamente può ritornare nelle analoghe peculiarità introspettive ed estrospettive ontologiche, vi saranno nuove possibilità curative tuttavia abbracciate da un’aura di complessità dissimili rispetto alla prima possibilità curativa trascurata.

 

 

 

BOND-RELATED NEUROCHEMISTRY

OT e DA sono relazionate alle dinamiche relazionali duali-biunivoche, vis a vis.

Sussiste una diretta influenza dell’OT sul comportamento di coping passivo dello stress.

 

I legami di coppia nonostante siano i più catartici poiché sono più suscettibili alla riconoscenza sono più suscettibili all’ansia della perdita e alla ipersensibilità al dolore dopo la possibile perdita, proprio perché ci donano maggiore gratificazione relazionale.

Questo suggerisce che formare un legame forte e di alta qualità con un altro individuo porta a più angoscia quando quella relazione è persa e conferma i risultati negli che suggeriscono che la qualità della relazione

e il tipo relazionale influenzano le implicazioni percettive del lutto altresì influenzate dalla qualità essenziale ontologica e attitudinale della persona compartecipante alla relazione.

Fisiologicamente, a breve termine la separazione provoca un aumento delle concentrazioni plasmatiche di cortisolo, mentre la separazione a lungo termine non mostra un aumento di cortisolo tuttavia implica concentrazioni plasmatiche di OT più elevate.

Concentrazioni elevate di OT possono essere necessarie per la conservazione della motivazione sociale per l’interazione con il partner durante la separazione.

 

Il mindset per-donativo implica l’eco relazionale. Ad esempio le persone che perdono il/la loro partner continueranno a mostrare una preferenza per Il/la loro partner fino a 2 settimane dopo la perdita.

Tuttavia, entro 4 settimane dalla perdita, questa preferenza del partner non è più valida e queste persone sono in grado di formare nuove associazioni preferenziali relazionali.

A sostegno della teoria secondo cui il cervello si adatta nel tempo alla perdita di una specifica relazione.

La flessibilità neuronale in relazione ai drastici cambiamenti relazionali.

 

La maternità è una facoltà relazionale creativa universale, non appartenente solo alla donna madre.

Il cervello materno subisce una serie di cambiamenti neurochimici che consentono un’elevata motivazione, aggressività tutelativa del figlio verso gli intrusi e lo smussamento della reattività emotiva, sulla base di una minorazione dell’ansia, atto a tutelare e a proattivare un fenotipo comportamentale che garantisca la sopravvivenza del neonato.

 

 

LA SEPARAZIONE IMPLICA IL RISULTATO MOTIVAZIONALE DI INCONTRARSI NUOVAMENTE –

Qui si riconosce la novità nella familiarità – sottendendo che la sconosciutezza sia più probabile della conoscenza familiare e che la familiarità sia maggiormente identificabile come una autonoma ideazione relazionale proiettiva rassicurante, una velo superficiale di cui l’osservatore veste l’osservato che in verità è iperdiveniente e onnipresentemente nuovo.

 

 

Un nuovo approccio per migliorare la qualità della nostra vita.

L’importanza di questo scritto si avvale della realtà della universalità della possibilità esperienziale della solitudine e pertanto si ritiene essere catartica la consapevolezza olistica di senso sul tema della solitudine.

Una meta-analisi indicano che una varietà di interventi psicologici riducono con successo i sentimenti di solitudine.

Tuttavia, un’altra meta-analisi ha rivelato il valore delle iniziative rivolte al focus di curare le qualità cognitive negative disadattive relazionali che responsabilizzano gli individui ad assumere un ruolo più attivo nella rottura del ciclo della solitudine. Il riconoscimento della solitudine come comune esperienza ci rende alleati verso il miglioramento relazionale comune.

Il cambiamento relazionale è strutturale, i cambiamenti neurochimici che si verificano durante la formazione (e successivo mantenimento) di un forte legame/relazione che percepiamo essere più benefico, catartico e gratificante, innesta il sentimento di promozione valoriale della relazione poiché sentiamo che la relazione è migliore della solitudine.

La soggettivazione relazionale consiste nella self-awareness delle nostre caratteristiche e di ciascuna nostra relazione affinché possiamo riconoscere le labilità che ostacolano la relazionalità, che rende più difficile il transfert dialogico-emotivo-comprensivo-affettivo-intimo-empatico-catartico-non lesivo- non emarginativo.

MY INNER ONTOLOGICAL SELF IT IS THE CONSONANT RESONANCE OF THE ONTOLOGICAL ESSENCE OF OTHER PERSONS AND THEIR ESSENCE IT IS THE CONSONANT RESONANCE OF MY ONTOLOGICAL ESSENCE. WE CARE US BECAUSE WE BELONG TO US.

Scoprire perché il prossimo è un dono per me.

Donare una parte del proprio spirito affinché ritorni al donatore. Ci ritroveremo un giorno per ringraziarci.

Il dono del tempo è presentemente funzionale a mantenere una relazione. Il presente non è solamente tempo relazionale ma è indice dell’ esistente relazionale e della essenza, presenza dei relazionanti.

 

ESSERE A NOI CAREGIVER

Essere caregiver è catartico per il prossimo e per noi stessi, in quanto la assimilazione del mindset relazionale del caregiver è funzionale alla cura e alla prevenzione della nostra persona dei sintomi negativi della solitudine.

Se ciascuno fosse caregiver non sussisterebbero più i sintomi gravi della solitudine e non si parlerebbe più dei danni della SIS. Se ciascuno è bisognoso di vivere un Ambiente adattivo sicuro, si testimonia la valenza benefica e creativa del vicendevole incontro tra persone promotrici di attitudini e di mindset analoghe o somiglianti a quelle dei care-giver. La esistenza universale del mindset del caregiver è la premessa affinché si realizzi che ciascun ambiente non solo sia catartico, ovvero curativo dei rintomi di malessere – bensì altresì proattivamente giovevole e arricchente, oltre alla cura c’è il mantenimento e la elevazione degli stadi di benessere – e la relazionalità è fondamentale in questo senso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SITOGRAFIA

https://www.caltech.edu/about/news/how-social-isolation-transforms-brain-82290

https://www.nature.com/articles/s41386-021-01058-7

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9029604/pdf/fnbeh-16-846315.pdf

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5967263/pdf/nihms964019.pdf

https://www.cell.com/action/showPdf?pii=S0092-8674%2818%2930524-5

https://www.sciencedaily.com/releases/2007/09/070913081048.htm

https://www.sciencedaily.com/releases/2022/08/220804102547.htm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Letture consigliate

 

Percezioni. Come il cervello costruisce il mondo -  Beau Lotto

 

Bellezza e verità delle cose. Antonino Anile. Vallecchi Editore.

 

LA QUARTA VIA di P. D. Ouspensky. 1974, Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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