SPIRITUALITÀ
LE VIE NON ORIENTABILI DELL’ ASCOLTO
SPIRITUALITÀ
LE
VIE NON ORIENTABILI DELL’ASCOLTO
©
2023 Michele Vitti
Data
di pubblicazione : 05.01.2023
Quest’opera
è protetta dalla legge sul diritto d’autore.
È
vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
ISBN
: 9798372722101
Casa
editrice: Independently published
INDICE
COMPONIMENTI AUTOGRAFI
CAPITOLO PRIMO
IL
LIBRO DEI GERMOGLI
IL SOGNO DI ARCADIA
Le
parole germoglio e la magia della scrittura
La
bilancia delle volontà
L’ambiente
iridescente libero
Il
germoglio relazionale
Le
cartine di sigarette
Fenici
risorte
Il
passo relazionale
Relieve
Inner
universe e outside universe
Il
gesto di una carezza dal vuoto all’universo
CAPITOLO SECONDO
LO
SCRITTORE SCIAMANO
Lo
scrittore sciamano
Le
acque nelle acque
La
proattività della creatività
La
via ti detta il segno. Butterfly effect about creativity
L‘elisir
della giovinezza
L’istintivismo
letterario
La
scrittura istintiva
Pedagogia
della imperfezione e del fallimento.
L’istintivismo
letterario e la scrittura di un libro
La
dignità universale creativa
La
promozione del talento potenziale
La
marginalità, la gratuità e la variabilità
Il
vero successo
Il paradosso di Moravec e la attribuzione di dignità universale
La nonchalance e la sprezzatura universale
L’equilibrio di rilevanze dialogico-fattuali
Il derivatismo
L’egoismo non esiste
CAPITOLO TERZO
La via non orientabile dell’ascolto della trasmigrazione
Le 21 vie trarmigrative
Il sonno di Dio
Animismo
Il pre-sentimento futuro
CAPITOLO QUARTO
La via non orientabile dell’ascolto
La orientabilità uditiva e la non orientabilità uditiva
Om e meditazione
Percettività multisistemica
La sinestesia
L’aenoster universale: Il poliamore, il tatto e la premura
La vulnerabilità è il valore della ferita
La catarsi della alchemia percettiva sensoriale
Il multiverso intellettivo
L’ascolto dell’inner universe e dell’outside universe
Il valore del silenzio e del vuoto
COMPONIMENTI AUTOGRAFI BIBLIOGRAFICI
Le conclusioni funzionali
CAPITOLO PRIMO
L’unipatia del Noi
CAPITOLO SECONDO
La cura della relazione
COMPONIMENTI AUTOGRAFI
CAPITOLO PRIMO
IL
LIBRO DEI GERMOGLI
Le
parole germoglio e la magia della scrittura
Ciascuna
parola è uno spunto di riflessione, è un germoglio diverso per ciascun lettore.
Il
lettore opera una riscrittura.
Se
miriadi di persone leggessero queste parole simbolo, le parole germoglio; dai
germogli di queste parole crescerebbe una foresta.
Allora
abbiamo capito che noi stessi siamo la nascita, la cura e la crescita, siamo i
creatori del germoglio, e l’acqua, l’anidride carbonica, l’energia solare per
fare crescere il germoglio - E ne siamo altresì la cura.
La
implementazione della scrittura.
La
magia della scrittura è che è implementabile.
Un
testo scritto sono miriadi di germogli, miriadi di spunti di riflessione –
Perché è importante riflettere? Perché la riflessione è una polimerizzazione –
proviamo a disporci tra molti specchi chirali – La nostra immagine si
replicherà miriadi di volte – Pertanto in tal modo otterremo il riconoscimento
della nostra complessità plurale, potremo vedere la verità del nostro icosaedro
psicologico. La riflessione ci avvicina all’infinitudine della nostra spiritualità.
LA
BILANCIA DELLE VOLONTÀ
Ascesi
spirituale
La
libertà dalla volontà
Quando
la sottrazione è un incremento.
Gli
angeli non vogliono, non desiderano non sono vittime come gli animali della
bramosia del possesso, e soprattutto non sono vittime della privazione di ciò
che vogliono e della abitudine alla volontà, ovvero del non accontentarsi,
tanto che quando si raggiunge la realtà che si vuole, non la si vuole più.
Perché?
Poiché
ciascuna realtà è complessa, diveniente, nel tempo e nello spazio - pertanto
Amiamo alcune peculiarità di una realtà, ma esse mutano nel tempo o si plasmano
nello spazio, facendo sì che la ontologia di ciò che amavamo non è, ed allora
non Amiamo la differente ontologia della realtà stessa. Perché solitamente
generalizziamo la parte verso il tutto.
Pertanto
la via della felicità è l’amore verso il divenire differente.
Paradossalmente
tuttavia pensiamo a questo:
Gli
angeli ascendono al cielo - tuttavia il cielo è sempre irenico e celestiale?
No, in cielo sussistono le bufere, i fulmini, i tuoni, le tempeste, le piogge.
Pertanto concludiamo che l’abitudine alla non volontà può condurre a dover
trovarsi ad affrontare calamità che imperversano. Quali sarebbero
metaforicamente queste calamità? Le volontà altrui ovviamente.
La
bilancia delle volontà è reciproca - pertanto nell’equilibrio di volontà in una
dinamica relazionale tra due persone, ad uno status minorativo di una volontà
coesiste uno status maggiorativo di volontà della seconda persona.
LA
BILANCIA DELLE VOLONTÀ DEVE ESSERE EQUILIBRATA. Perché? Perché non è corretto
insegnare il non volere ai bambini? Perché la volontà è un indice della
integrità e della identità personali - il principio è che dobbiamo essere
autonomi, non eteronomi, nell’ etica, la eteronomia è infatti la condizione in
cui un soggetto agente riceve da fuori di sé la norma della propria azione.
Pertanto se insegniamo ai bambini la non volontà lì destiniamo ad essere
assoggettati all’ambiente, chi è l’ambiente? Sono le realtà eteronomizzanti,
ovvero gli adulti - si palesa qui la dinamica di discriminazione di età in cui:
Le
età maggiori discriminano le età inferiori.
Questa
è una dinamica infondata, poiché anche qui generalizziamo la parte verso il
tutto quando non vogliamo riconoscere che i bambini sono migliori degli adulti
in miriadi di contesti relazionali e esperienziali. La libertà è imparare
autonomamente. Perché gli scrittori sono importanti? Perché liberano i lettori
- lo scrittore non è eteronomizzante - tanto che il lettore quando legge il
libro dello scrittore pone in parallelo ciò che legge dello scritto dello
scrittore con la idea alternativa ed il lettore è libero di farsi una idea ed
ovviamente di concludere che il lettore la pensa diversamente, ma il valore
dello scrittore non degenera se il lettore la pensa diversamente perché è
proprio l’imput del messaggio dello scrittore che implica il ragionamento del
lettore e l’output della idea diversa del lettore rispetto alla idea dello
scrittore.
Allora
convinceremmo i bambini che sia un bene perdere sé stessi, la loro identità in
ottemperanza di un sacrificio minorativo della loro identità in onore della
salvaguardia e tutela della facoltà decisionale della parte eteronomizzante.
Perché eteronomizzare?,
Per
condurre a compimento la propria volontà autonoma. E qui si rivela una
miserevolezza umana - se per ottenere il fine della nostra volontà
sacrifichiamo non solo la volontà delle altre persone, bensì le altre persone
medesime, ricordando la relazione ambivalente tra identità e volontà.
Solitamente
nelle dinamiche di eteronomizzazione sussistono il misconoscimento e i giudizi
minorativi- si accompagna la codardia di non riconoscere coloro che usiamo per
il nostro volere solitamente altresì mediante le dinamiche dialogiche della
ironia e della retorica.
Premettiamo
che il nostro valore personale è garantito dalla nostra volontà e disponibilità
a valorizzare coloro che non possono fare nulla per noi. Poiché la
valorizzazione personale è puro valore aggiunto esulante dalla dinamica del
baratto - “io dono a te se (o ciò) tu doni a me”.
È
fondamentale pertanto un bilanciamento:
Non
dobbiamo sacrificare né la nostra volontà né la volontà del prossimo.
Allora
raggiungiamo la conclusione che la non eteronomizzabilità esiste se esiste la
libertà dell’accoglimento della idea diversa che essenzialmente è un
arricchimento reciproco per entrambe le persone che si relazionano e per la
relazione stessa.
Evidentemente
sussiste la evidenza secondo cui per eteronomizzare si sminuisce, si trascura,
si annichilisce la volontà del prossimo. Non dobbiamo permetter a nessuno di
addurre a noi il “nolo” il “Non sapere cosa vogliamo.” E parallelamente il
nostro volere non deve essere distopico verso il volere del prossimo (Altresì il non volere è un volere)
Il
ricatto è una seconda ovvia dinamica di eteronomizzabilità – nell’ottica di una
minorazione delle proprietà valoriali e reali della persona eteronomizzata se
questa non rispetta la volontà dell’eteronimizzante. Tuttavia riconosciamo che
la privazione e l’impoverimento è sempre e comunque una autoprivazione ed un
auto impoverimento – comunque sia il danno relazionale è reciproco. Ricordiamo
comunque che sulla base del rendimento universale: Se danneggiamo il nostro
prossimo il danno si riversa su noi stessi in quanto alla manifestazione del
danno del/della danneggiato/a verso noi. Aggiungiamo che il danneggiamento
della parte offesa non è analogo al danneggiamento della parte che in principio
lede. Perché? Perché il danneggiamento della parte offendente in principio è
volontario, calcolato, utilitaristico – Mentre il danneggiamento della parte
lesa non è volontario, è atto puro di cui la parte lesa non è colpevole e
nemmeno responsabile poiché lei è normale manifestazione della ferita, la parte
lesa non vorrebbe sanguinare, ma il suo sangue è manifestazione della ferita.
La statica immaginativa è questa : “Il ferire implica una ferita, la parte
lesiva realizza la ferita e qualunque ferita duole sempre e comunque sia
fisicamente, sia psicologicamente, sia spiritualmente, sia relazionalmente.”
Non
comportiamoci come se il ferire non comportasse una ferita.
La
percezione della ferita è soggettiva _
– Trattiamoci bene se no ci perdiamo.
Qualunque
attitudine minorativa verso le altre persone è idiota perché è minorativa per
noi e per le atre persone _
Istituiamo
la valorizzazione altrui che non deve sottendere la nostra svalutazione ma
analogamente all’esempio della ferita la valorizzazione è una
autovalorizzazione –
Come
si comporterà una persona verso di noi se ne curiamo una ferita?
Ne
otterremo un ritorno in qualità di baratto buono, il riconoscimento e la
riconoscenza.
Quante
pagnotte di pane e quanti litri di acqua sono un diamante che è un ciottolino
vitreo?
L’AMBIENTE
IRIDESCENTE LIBERO
1.La
oppressività locale.
Ciascun
luogo ambiente e suscettibile a conformismo.
Pertanto
diversità di modalità di linguaggio non vengono accettate. Ciascuno dei
partecipanti all’ambiente deve sottostare ai dettami dialogico-disciplinari
dell’ambiente che circoscrive i mindset singolari.
Proibendo
la diversità di modalità di linguaggio l’ambiente annichilisce la persona che
adotta modalità di linguaggio diverse per conservare e preservare la modalità
di linguaggio dominante. Voltairine de cleyre l’idea dominante.
2.La
libertà locale
I
sistemi dialogico-disciplinari non sono dicotomici, non sono settoriali, non
esistono persone le cui qualità dialogico-attitudinali sono o bianche o nere.
Pertanto
il luogo libero è oltre i limiti della dicotomia.
Pertanto
in un luogo oppressivo vige la dicotomia, ovvero plasma il sistema affinché
riconosca e distingua le qualità dialogico-disciplinari di ciascuno – le
settorializza, le scinde in bianco e in nero, in blu, in giallo, in magenta…
perché? Al fine della possibilità di accogliere e di proibire/negare/rifiutare
– perché? Al fine di mantenere la supremazia decisionale dell’ambiente (
pluralità conformista?) sullo spirito individuale.
Allora
ad esempio vi saranno accolte le qualità dialogico-disciplinari bianche, nere e
blu e saranno negate, proibite le qualità dialogico-disciplinari gialle e
magenta.
Tuttavia
si assumono i limiti del sistema locale oppressivo. Primariamente la
tradizionalità del sistema locale oppressivo, la tradizionalità è statica e
severa, non coevolutiva, non disponibile al cambiamento, proprio al fine di
mantenere la supremazia del sistema, in secondo luogo vi è il limite della
oppressività, ovvero la libertà del singolo viene sacrificata alla libertà
comunitaria conformista. Pertanto una persona che vuole esperire e adottare
attitudini gialle e magenta nel sistema di oppressività locale che le proibisce
sarà emarginata, punita, discriminati, coartamente corretta.
Un
limite importante del sistema oppressivo è che è un sistema non ottimale poiché
perde la diversità.
Ma
quale è la profonda verità – LA VERITÀ DELLA IRIDESCENZA DELLE QUALITÀ
DIALOGICO DISCIPLINARI NEL TEMPO E NELLO SPAZIO.
Chiariamo
dunque che le qualità dialogico-disciplinari non sono dicotomiche, non sono
categorie selezionabili ma sono un connubio di diversità iridescenti e
variabili nel tempo e nello spazio, latenti e espresse.
Pertanto
ritornando all’esempio precedente la verità è che Ciascuna persona partecipante
al sistema oppressivo è bianca, nera, blu, gialla e magenta, o può latentemente
divenire uno tra questi colori o risultare in colori diversi coincidenti con le
sfumature tra questi colori.
Pertanto
un sistema oppressivo costringe alla finzione. Allora per partecipare ed essere
rappresentanti degni del sistema oppressivo e per salvaguardare la identità, la
riconoscibilità e la Rispettabilità nel sistema, tutte le persone che sappiamo
possedere latenti i colori magenta e giallo proibiti dal sistema fingono di non
possederli, o li manifestano quando non ci sono gli sguardi comunitari.
Ma
noi ci vogliamo liberi.
Allora
istituiamo il sistema ambientale libero in cui ciascuno possa manifestare le
proprie singolarità attitudinali devianti dai dettami del sistema senza
fingere, senza soffocarle nello inner latent spirit. Allora il sistema
ambientale libero deve non essere in errore come il sistema ambientale
oppressivo: le diversità sono accolte con curiosità e domanda, c’è sempre un
motivo soggettivo per cui le persone scelgono una via attitudinale alternativa
libera “da”. Il sistema libero predilige il singolo, ciascun singolo
partecipante al sistema libero, il sistema libero è ottimale perché non perde
la diversità ma la accoglie. Il sistema libero non è statico ma è proattivo,
ovvero le persone che riconosceranno attitudini devianti dallo spirito
comunitario vorranno imparare ed accrescersi dei colori diversi.
La
coevolutività abbraccia la plasmabilità – pertanto si potrà realizzare la
resurrezione dal diverso : se prima si riconosce la ostilità come odiosa e
avversa verso il diverso, ora si ama il diverso.
Ama
ciò che odi – sono i termini per la felicità.
FIND
THE WAY TO SEE IT’S BETTER SO. YOU DESERVED BETTER.
Ove
e quando non dovessimo essere accolti o non sentirci accolti saremmo destinati
a paradisi migliori.
Tuttavia.
Potrebbe
accadere che qualcuno non sia mai accolto in nessun luogo!? Sì è possibile.
Questa realtà abbraccerebbe l’olismo della perdita, del fallimento, in
relazione alla questione:
Come
si fa ad essere sicuri di sé e felici senza una relazione?
Chi
vi riuscirebbe desterebbe l’ammirazione comune.
Qui
approfondiamo i termini della solitudine
globale, dell’eremitismo – vi è una unica risposta.
Una
buona parola sull’eremitismo:
“C’è
della gente su questo pianeta molto interessante ma nessuno lo sa. Molto molto
interessante che ha fatto scelte rigorosissime. Che si sacrifica anche per gli
altri. Scelte meditative, spirituali. Sono eccezionali le persone che si
isolano. L’eremitismo è la cosa massima. E quelle persone stupide che dicono
che si allontanano dalla società non hanno capito niente di questo genere di
strada. Quelli sono i veri caposaldi del nostro pianeta.”
“Ma
cosa ci danno, cosa ci da un eremita che in questo momento sta pensando e
meditando.”
“Tantissimo.
Tantissimo. Molto più di quello che tu possa immaginare. È gente che ha fatto
una scelta così rigorosa, soffrono talmente tanto nello stato in cui si trovano
che questa loro ascesi è una ascesi di tutta la umanità. Ogni volta che uno di
loro raggiunge una elevazione spirituale la raggiunge tutta l’umanità. Ma non
lo si sa ed è anche giusto così.”
“Mi
stai comunicando che essi comunicano telepatia ente con tutti? “
“No,
non è telepatia, è scienza, è un’altra cosa. È energia. Sai che il sole è un
tipo di energia, la luna è un altro tipo. La gente pensa magari che il sole sia
una cosa così che ci riscalda. Invece è energia.”
“Quindi
tu comunichi che l’eremitismo è su un piano superiore ai medici che studiano
nuovi vaccini. “
“Non
c’è paragone. Perché la gente che arriva a vedere come è composto l’universo e
come si muovono le cose la sa molto più lunga di uno che è in ricerca. La
Cabala ebraica 4000 anni fa aveva scoperto la scissione dell’atomo, noi ci siamo arrivati da pochissimo. Ma
quando loro lo dicevano, gli scienziati dicevano loro che erano scemi.”
“Quindi
deduco che tu metti la meditazione avanti mille anni luce alle conquiste
spaziali. “
“Senza
dubbio.”
“Perché
con la meditazione sai già cosa c’è nella galassia. “
“Esattamente.
La vita è l’energia che c’è nell’universo.”
“sei
uno molto riservato, sei uno che sta molto chiuso in sé stesso?.”
“Sì.”
“Leggi
molto?”
“Sono
un contemplativo. Un imbrunire. Tempo non si perde. “
“Ma
non è completamente fuori dai ritmi di questa società? “
“Assolutamente
fuori. Ma se non si fa così non ci si salva più. Non c’è più speranza. La
società è andata in una direzione completamente sbagliata. Bisogna fare
qualcosa per riparare.”
“tu
scrivi canzoni. Ma una persona che ti sta ascoltando che cosa può fare adesso,
domani.? “
“Chi
cerca, trova. Non ci sono dubbi. È questo il problema che la gente si dimentica
che la morte arriverà, è inevitabile. Inutile che cerchiamo di esorcizzarla.
Quello è il momento più importante, se durante la vita non fai delle cose che
ti rapportano con la morte hai sprecato una esistenza. “
“perché
secondo te esiste qualcosa al di là della morte. “
“Si.”
“Che
non ha nulla a che fare con i dogmi che ci danno e le dottrine che ci danno. “
Franco
Battiato, intervista.
Franco
Battiato parla di spiritualità e del Sacro. You tube.
È
la risposta è “Sii te stesso/a le tue relazioni, non andare cercando la tua
casa nelle esteriorità, gli ambienti ontologici relazionali esteriori sono
suscettibili alla caducità e se poni le tue fondamenta sulle caducità esteriori
anche la tua integrità decadrà. Allora sii te stesso la tua casa. Tuttavia come
è possibile non una o l’altra resilienza, ma LA RESILIENZA? La risposta va
ricercata nella onniscienza, nella onnipotenza e nella infinità che abbraccia
tutte le possibilità – in una parola l’universo. Allora se saprai implodere
l’intero universo nella tua anima sarai invincibile.
La
felicità si realizza quando ami ciò che ami e ami ciò che odi.
È
fondamentale assumere la eccezione di questo principio.
Gli
olismi relativi alle categorie violenza e dispotismo non sono da amare.
Trova
la prospettiva per riconoscere non solo che tu sia resiliente alla situazione
negativa, che tu possa infatti sopravvivervi, ma che tu la ami, che la nuova
situazione negativa sia migliore della situazione gemella che percepisti
positiva.
LA
REALTÀ È IRIDESCENTE e l’unico sistema che è garante della fluidità variabile
della iridescenza è il sistema ambientale libero.
Allora
istituiamo il privilegio del singolo, della persona, sull’ambiente, perché?
Perché la persona è ontologicamente esistente e perdere la ontologia
esistenziale è inammissibile, (la tutela degli outsider) e perché l’ambiente
conformista è una pluralità astrattiva – pertanto una astrazione non deve
dominare sulla ontologia esistenziale.
Allora
diffidiamo del sistema ambientale oppressivo per i motivi suddetti e perché
perde le singolari ontologie essenziali facendo delle attitudini le persone,
ovvero dell’erba un fascio.
Ed
accogliamo il sistema ambientale libero che è coevolutivo e plasmabile sulla
base degli stampi di ciascuna singolarità complessa ontologica personale _
ovvero il sistema libero è coevolutivo ed iridescente poiché ciascuno di noi è
coevolutivo ed iridescente.
La
iridescenza onnisciente si può esemplificare in questo esempio.
Un
bambino nacque con una intelligenza singolare innata, al primo decennio di vita
fu condotto alle cattedre dei maggiori professori universitari in materia
relativa alla sua onniscienza. Il bambino dimostrò che non solo i professori
erano in errore mentre provavano a confutare la sua teoria, bensì che lo
limitavano. Le il bambino non avesse avuto oltre alla sua intelligenza,
l’intelligenza di essere oltre ai professori, l’intelligenza del non dire avete
ragione voi e io ho tolto, il bambino non avrebbe rivoluzionato la cultura
scientifica universale, ma sarebbero tutti rimasti al limite di mentalità
culturale dei professori.
IL
GERMOGLIO RELAZIONALE
Una
foglia è labile, è caratterizzata da caducità, un uragano la sposterebbe, la
frammenterebbe.
Allora
la foglia diviene ancor più fragile seppur più resiliente al sistema del vento,
diviene polvere leggera fino a divenire fievole come vento: ovvero invincibile
all’uragano, poiché, essendo vento, è uragano.
Verso
che cosa non può nulla un uragano? Verso sé medesimo, ovvero verso il vento.
Come
una fiammella non può essere scottata da un incendio poiché essi sono fuoco,
come una goccia non può essere bagnata da uno tzunami, poiché la goccia è
oceano come lo tzunami è oceano, è acqua.
Allora
i fragili si innalzano alla resilienza dei titani. Ma cosa accadrebbe ad una
goccia d’acqua in un incendio? La goccia diviene vapore. Allora la goccia si
innalza alla maestosità del vento grazie all’ incendio. L’incendio non
annichilisce la goccia, bensì lei risorge a nuova ontologia.
Ma
siamo davvero sicuri che la goccia non influisca sull’incendio? Inizialmente la
goccia spegne una fiammella dell’incendio.
La
goccia divenuta vento, è allora uragano che può spegnere l’incendio.
La
brezza possiede sentimento di appartenenza verso l’uragano, così come la
fiammella verso l’incendio e così come la goccia verso lo tzunami. Ma non
sussiste solo questa trilogia. Infatti: la fiammella e la goccia sono la brezza,
la brezza si manifesta nella fiammella nel giocondo elevarsi delle variopinte
fiamme e nel fluire della goccia sulle impermeabilità delle foglie. La goccia è
la fiammella:
L’acqua
è già il risultato della combustione fra ossigeno e idrogeno.
Questa
parabola degli elementi naturali custodisce una logica di resilienza verso le
gravi avversità, bensì anche un paragone metaforico con la dinamica relazionale
tra sconosciuti.
Gli
sconosciuti sono innatamente ed ancestralmente conosciuti.
Pensiamo
della persona sconosciuta la fragilità della foglia, è fragile, dovremmo
prendercene cura. La aggettivazione di fragilità è la prima premessa della cura
proattiva.
Allora
assimiliamo l’aleatorietà e la volatilità delle idee alla realtà del vento, che
può essere zefiro o uragano per le foglie.
La
attitudine verso la realtà sconosciuta è allora sul piano ideale – è sulla
qualità della nostra mentalità sulla sconosciutezza.
- Se avremmo timore della
sconosciutezza, si innesterà una mentalità sulla difensiva che ha valore
proattivo di aggressività attiva verso la realtà sconosciuta – il vento delle
nostre idee si tradurrà in attitudini uragano verso la foglia, la persona
sconosciuta, che dovrà resistervi.
- Se avremmo amore verso la sconosciutezza
si innesterà una mentalità amicale di appartenenza verso la realtà sconosciuta
– il vento delle nostre idee si tradurrà in attitudini zefiro verso la foglia,
lo zefiro culla la foglia, le vuol bene e se ne prende cura.
Abbiamo
già argomentato la resilienza delle foglie, in atto il paragone con la
resilienza delle persone che si sanno rendere vento per esistere all’uragano.
Attribuire
profondo valore e rispetto alla realtà della sconosciutezza, dell’ignoto in noi
al fine di attribuire profondo valore e rispetto alla realtà sconosciuta, alla
persona sconosciuta.
Perché
rifiutiamo le persone sconosciute? Poiché temiamo la sconosciutezza.
Se
amassimo la sconosciutezza vorremmo bene alla persona sconosciuta.
Avventurarsi
nell’io ignoto per accogliere l’ignoto altrui.
Sentirsi
in sé stessi sconosciuti per rispettare coloro che sono sconosciuti.
NON
SIAMO SCONOSCIUTI
Paradossalmente
gli sconosciuti sono sconosciuti superficialmente ma profondamente si
conoscono.
Profonda
Analogia strutturale di mindset idiosincratico.
La
profondità della umanità è accessibile a ciascuno in grazia della cultura –
In
altre parole la mia profondità ontologica e la profondità ontologica del
turista che incontro in città, del giocoliere del fuoco che mi domanda alcuni centesimi,
della giovane che in biblioteca legge un libro, dell’anziana che ancora forte a
sé stessa lascia sedere la ragazza sull’autobus, nonostante la giovane le ebbe
offerto il suo posto. Sono accessibili a ciascuno in grazia della cultura.
IL
BENE DEGLI SCONOSCIUTI
Basti
solamente pensare che la maggior parte del nostro tempo relazionale è insieme
alle persone sconosciute – Pensiamo ai mondi della musica, della cultura,
dell’arte, del cinema. In misura di probabilità la maggior parte delle realtà
buone che incontriamo quotidianamente sono realizzate da persone sconosciute.
NESSUNO
ESULA DAI MASSIMI SISTEMI ONTOLOGICI.
Non
è un assurdo il conoscersi prima di incontrarsi.
Non
è un assurdo il conoscersi prima di conoscersi.
Tant’è
che è di questo assurdo di cui alimentiamo la diffidenza
e
la sfiducia aprioristiche verso le realtà sconosciute.
Ma
altresì lo spirito di curiosità verso i quali destano la nostra curiosità –
Il
fare ha valenza proattiva relazionale – pertanto è maggiore la probabilità di
instaurare una relazione con coloro i quali ci dimostrano qualità di
intraprendenza attitudinale creativa. Siamo condotti a conoscere l’artista di
strada maggiormente rispetto al turista poiché siamo ammaliati dall’arte
creativa dell’artista di strada.
Tuttavia.
TRATTARE
GLI SCONOSCIUTI AMICHEVOLMENTE
Tale
dinamica conoscitiva rischia di degenerare nelle indifferenze verso coloro che
non dimostrano vivacità interpersonali – Iconica è la situazione del giovane
che si dispone fermo in piedi al centro di una piazza e vede saettare dinanzi a
lui centinaia di persone, nessuno si ferma per dialogare con lui. Egli si
porrebbe come focus dell’attenzione e di self-reflection – monito di auto –
coscienza delle persone che lo incontrano – Si istituisce il consiglio della
regola aurea – Agire verso il prossimo il bene che si desidererebbe fosse agito
verso noi stessi – Il giovane si dispone come specchio riflesso delle persone –
Egli agisce dialogicamente come loro –
Being
your own mirror i am showing you the decadence of your own mindset.
Tuttavia
adduce la buona disposizione dialogica – ovvero l”Io resto fermo qui, attendo
il vostro fermarvi insieme a me.”
Comprenderete
che dopo due ore di stasi durante le quali egli riconosce l’indifferenza in
percentuale quasi totale l’indifferenza delle persone che gli sono camminate
vicine – La sua è una prova di resilienza non comune – Ma per qual fine? Per
insegnare la relazionalità –
Il
dono della sua esperienzialità al prossimo affinché gli osservatori si
immedesimino in lui ed innestino nel loro mindset il ragionamento:
“Se
fossi io lì, amerei che qualcuno venisse a parlare con me, vorrei che qualcuno
si distinguesse secondo l’etica della non indifferenza oltrepassando il limite
della sconosciutezza.”
È
pertanto in ottemperanza di questo ragionamento che rare persone andarono verso
di lui a parlargli – Essi cosa scoprirono – Scoprirono in lui mirabili qualità
dialogiche, di intraprendenza comunicativa di apertura relazionale che la sua
statuaria esibizione sembravano velare.
LA
MANO RASSICURANTE DELL’AMBIENTE RELAZIONALE
Assurdo
è che le persone rimangano blindate a sé stesse se non in esistenza delle
istituzioni culturali-mediative-relazionali.
I
bambini si parlano a scuola, per il sentimento di appartenenza al gruppo
sociale della classe – appena superato il limite della classe, la relazionalità
decresce – tant’è che la relazionalità decresce tra bambini di classi diverse.
Finita
la scuola? Cosa accade? Ognuno per la sua strada –
Ma
quali sarebbero queste strade? Sono ovviamente le strade solitarie non
relazionali, in relazione al locus relazionale che si è lasciato – ma
attenzione sarebbe proprio la non relazionalità e le dissonanze cognitive sorte
dallo sbilanciamento relazionalità / non relazionalità, luogo relazionale / non
luogo relazionale ad indurre in alcune persone più fragili il sentimento di
cinetosi – di un vero e proprio mal di viaggio della vita, che possono altresì
condurre a scegliere nuove strade sbagliate –
le strade degli eccessi, dell’alcool, delle droghe.
La
esperienza iconica del/della turista solitario/a della propria città natale.
Allora
vi è il processo di relazionalità in un nuovo locus relazionale in cui si
possono reiterare le medesime statiche di caducità relazionale.
La
decadenza del locus relazionale implica in vaste probabilità la decadenza della
relazionalità –
I
locus relazionali sono sempre più rari, più esclusivi, sempre più
discriminanti.
I
casi eclatanti di illustri biblioteche cittadine che negano gli accessi ai non
studenti dell’università e ai non professori.
DOBBIAMO
GIUNGERE ALLA PROFONDA COMPRENSIONE CHE CIASCUN LUOGO È IL NOSTRO LOCUS
RELAZIONALE.
L’inner
mindset relazionale deve essere il valore proattivo dell’incontro, non il locus relazionale – poiché se il locus
relazionale fosse l’unico valore proattivo relazionale: è quando venissero a
mancare i locus relazionali, il che è sempre più vero e probabile, verrebbero
meno le relazioni.
SIAMO
NOI STESSI A DEDICARCI LA NOSTRA PROFONDA CONOSCIBILITÀ. DOVREMMO ALLORA
IMPARARE A MATURARE DAI BAMBINI I QUALI SIAMO QUANDO NECESSITIAMO DI UNA MANO
RASSICURANTE ESTERIORE PER INTRAPRENDERE LE INIZIATIVE RELAZIONALI.
La
confutazione dell’unwelcoming
Si
argomenta di una lacuna di volontà, di iniziativa innovativa relazionale.
Indisponibilità di creare ciò che non è, di realizzare il nuovo.
Assumiamo
il precetto:
Non
c’è niente tra noi. (il punto indica che manca la voglia, che siamo
relazionalmente annoiati. Accettiamo questa situazione e la trascuriamo
lasciandola uguale a se stessa)
Ma
il mindset corretto creativo dovrebbe essere:
Poiché
non c’è niente tra noi, allora realizziamo la nostra relazione.
Il
“Poiché” indica che si pone attenzione alla realtà del “non sussistere nessuna
relazione e nessun sentimento” come causa proattiva di un germoglio relazionale
– l “Allora” indica la nostra intraprendenza relazionale, la nostra
disponibilità al cambiamento/miglioramento della relazione.
La
misura della nostra ricchezza d’animo consiste nel puro valore aggiunto
relazionale, ovvero nella qualità di magnanimità che dimostriamo nei confronti
di coloro che non possono fare nulla per noi, o nei confronti di coloro che
secondo la nostra percettività non possano fare nulla per noi – sovente coloro
i quali verso cui concediamo la possibilità di dimostrare di essere un valore
aggiunto per noi, lo dimostrano.
Così
siamo primariamente valevoli e ricchi nella misura in cui sappiamo e possiamo
volere bene agli sconosciuti. I ricchi sono tali poiché permettono alle
esteriorità di arricchirli.
Non
siamo dicotomicamente solamente sconosciuti o conosciuti.
È
fondamentale acquisire una adeguata consapevolezza e cultura sulla
sconosciutezza poiché: quando i conoscenti avranno attitudini iconiche di sconosciutezza
nei nostri confronti sapremmo agire creativamente verso di loro e salvaguardare
la nostra relazione di conoscenza; se non sapremmo gestire queste attitudini di
sconosciutezza verso i conoscenti le rispecchieremmo verso di loro e si
innesterà nella relazione la decadenza che ha una influenza minorativa della
relazione: da conoscenti si diverrà lontani sconosciuti, talvolta
inesorabilmente.
La
consapevolezza della complessità della sconosciutezza implica proattività
relazionale, in atto la dimostrazione del puro valore aggiunto in situazioni di
aridità relazionale che rimette in movimento la catena delle buone reciprocità.
Il
primo passo per divenire conoscenti è l’incontro del nostro essere sconosciuti,
pertanto imparare a gestire le dinamiche sociali relazionali della non
conoscenza è fondamentale, poiché sono sconosciute la maggior parte delle
persone con cui entriamo in relazione. In verità non è così, in verità siamo
conosciuti.
LA
ATTITUDINE PROATTIVA ETERONOMA È SIMULTANEAMENTE ATTITUDINE AUTOINDOTTA
AUTONOMA
L’esempio
della defideizzazione:
Coloro
che aggettivano il prossimo non credente, defideizzando hanno smesso di
credere, essi sono come il bambino che non riconosce il valore dell’oro, il
bambino non riconosce la pietra poiché non crede nel suo valore; tuttavia l’oro
è di valore, l’oro non perde il suo valore perché il bambino non crede nel suo
valore, così è per le persone sconosciute, esse non perdono valore perché non
vengono riconosciute, sono piuttosto coloro che non ne riconoscono il valore
che perdono valore, esse perdono il valore delle persone sconosciute, così come
coloro i quali adducono ad altre persone di non essere credenti, essi perdono
il valore della fede spirituale di queste persone – poiché il credo è una
facoltà innata umana, ed a nostro modo tutti siamo credenti.
Il
sole riscalda e illumina:
Il
sole non prega per una gentile concessione di possibilità per riscaldare e
illuminare.
IL
VALORE DEL NON CONOSCERSI
Il
valore del “Non c’è”
La
sconosciutezza è mancanza di conoscenza, tuttavia:
La
assenza non deve essere la premessa ostacolante alla creatività relazionale. Ma
la conoscibilità latente deve essere lo spirito proattivo di volontà di
conoscenza – La teoria della marginalità.
L’unica
stasi è l’onnipresente movimento, poiché il movimento è costantemente
ugualmente variabile.
Siamo
come il flusso del filo d’acqua proveniente da una fontana.
Il
flusso di particelle d’acqua è costantemente in movimento, tuttavia
olisticamente il filo d’acqua è esteriormente caratterizzato da una staticità
glaciale.
Così
è per le persone – Il flusso aleatorio di idee è cristallizzato dalle parole.
Sulla
ricchezza latente delle realtà sconosciute
Se
insegniamo a un bambino che non conosce il valore dell’oro (l’oro per il
bambino è sconosciuto)
Quando
il bambino crescendo troverà una pepita d’oro vi starà lontano e non la
raccoglierà come se fosse cinta di fuoco incandescente.
In
tal modo chi consiglia al bambino di diffidare della pietra sconosciuta oro, ne
ostacola il suo arricchimento. Chi allora si arricchirà dell’oro? Non il
bambino, bensì coloro che hanno insegnato al bambino di diffidarne.
Oro
possono essere le realtà che non conosciamo.
Ma
se vedessimo nella mente delle persone sconosciute a priori un Eldorado di
idee.
Allora
vi porremmo aprioristicamente ed egoisticamente rispetto – vizi privati
pubbliche virtù. Poiché faremmo dono di rispetto e riconoscimento al prossimo e
dono di arricchimento a noi stessi.
Ma
il saggio cercatore d’oro non scialacqua decenni nelle terre vergini d’oro e
parallelamente non si rifiuta di scavare. Vaglia il terreno, l’oro non sempre è
manifesto, non sempre è in superficie.
Tuttavia
cosa è più prezioso dell’oro? L’oro è una mediazione di baratto per i beni
primari – il cibo e l’acqua. In verità siamo più plasmabili dell’oro, la pepita
d’oro è uguale a sé stessa e resilientemente immutata a sé stessa se non per
gravi calamità naturali. Allora pensiamoci plasmabili come un frutto, o come il
ghiaccio, ci penseremo allora fragili, e caratterizzati dal diritto della
dignità di cura e di tutela. Perché se siamo ghiaccio, rifiutiamo il ghiaccio
poiché di esso non possiamo dissetarci.
IL
SOGNO RELAZIONALE
Il
sonno è un ingente recupero di energie, tuttavia importanti studi concludono
che chi è seriamente privo di energie non riesce a dormire poiché non riesce ad
addormentarsi.
Allora
comprendiamo che altresì per addormentarsi, per prendere sonno servono energie.
Approfondiamo.
Pertanto
per avere un ingente guadagno dobbiamo investire un imput di tempo, di energie,
di fiducia, di pazienza.
Nell’esempio
del sonno investiamo il minimum di energie atte ad innestare la quiete nel
nostro corpo e nella nostra mente, raggiunto questo ambiente irenico di
serenità allora possiamo prendere sonno, raggiungere il sonno ed in grazia di
questo giovarci del totum di energie recuperabili dal sonno.
Così
è analogamente per il ghiaccio e per il frutto.
Chi
non dorme rinuncia al sonno, come chi non beve e non mangia rinunciano al
ghiaccio ed al frutto acerbo, poiché il ghiaccio può divenire acqua ed il
frutto acerbo può divenire frutto maturo, come?
Come
per il sonno investendo la nostra aprioristica iniziativa fiduciosa, un minimum
di credo. Così invece di rifiutare il ghiaccio perché non utile nell’immediato,
lo avvolgiamo in una coperta, il ghiaccio si scioglierà e potremmo abbeverarci
del ghiaccio, è analogamente per il frutto acerbo che può divenire frutto
maturo commestibile.
Infine
assimiliamo gli esempi precedenti all’etica relazionale. Se la persona
sconosciuta è per noi come il ghiaccio o come il frutto acerbo, la rifiuteremmo
perdendo la latente opportunità di arricchimento relazionale – il messaggio è
che se non investiamo il nostro minimum di fiducia e credo aprioristici, prima
dell’esperienza, prima di conoscere cosa ne diverrà dall’atto di relazionalità,
nella nostra reciproca relazionalità non vi raccoglieremo i frutti come coloro
che si rassegnano alla insonnia, - vi è una preziosa verità qui custodita – la
sconosciutezza del sogno: ovvero, durante ciascuna sera, nei minuti di fase
NREM di addormentamento coscienzioso la persona affronta la sconosciutezza
della diversità del riposo – ogni notte sogniamo universi di sogni diversi: Non
è per paura di sognare un incubo che non dormiamo mai. Così è nella prima fase
di relazionalità tra due sconosciuti, i due sconosciuti incontrano
reciprocamente le sconosciute variabili dei loro universi – allora ciò in cui
vogliamo credere è che FARE AMICIZIA SIA COME PERMETTERCI DI SOGNARE – dato che
sussiste questo assurdo metaforico paragone: Se il sogno fosse coscienziente –
il sogno non sognato, si sentirebbe in soggezione, come annichilito poiché
privato della possibilità di arricchire la persona delle sue eteree surrealtà.
Amore
è fiducia aprioristica
Sapere
vedere l’innoquità del bambino nello sconosciuto
Illustri
pensatori consigliano di conoscere le attitudini dell’io bambino’/a’ di una
persona adulta per giungere ad avvicinarsi alla conoscenza della sua profondità
olistico-ontologica. Pertanto un universale valore di reciproca immedesimazione
e identificazione tra sconosciuti sussiste nella mistificazione della sua
realtà generazionale di bambino-adulto o anziano nella sua ancestralità infantile.
I
bambini non sono ontologicamente totalmente buoni, i bambini possono essere
cattivi, tuttavia i bambini sono docili, non capaci di gravi violenze o di
meditate compromissioni.
Comprendere
la innoquità e la docilità del bambino in ciascuno di noi per riconoscerne
somiglianze nel prossimo sconosciuto.
Premessa
– la difficoltà di conoscibilità olistico-ontologica – Raggiungere la
conoscenza della complessa verità dell’universo del prossimo è difficile –
Pertanto la assunzione dei termini “Ci conosciamo.” È labile.
Se
la conoscenza è ostacolante la relazionalità /affettività, la sconosciutezza
può agevolare la relazionalità /affettività, tanto è che le consapevolezze
della persona con cui siamo in relazione possono essere ostacolanti la
relazione medesima.
Se
ci conoscevamo da bambini ci conosciamo ora
Se
si risponde “No”, e questa risposta duole a chi ha posto la domanda – da un
canto simboleggia che la relazione ancora sussiste, poiché una delle due
persone ci tiene ancora, d’altro canto si manifesta il cambiamento, il nostro
divenire.
Pertanto
la nostra relazione non parte dallo zero relazionale ma da una comune
familiarità che ci avvale della nostra possibilità di decontestualizzazione
temporale, adducendo ai valori passati ed alle nostre memorie le presenti
qualità di riconoscimento – Per poi riconoscere di non riconoscersi – E quindi
di potere aggiungere alle memorie passate le nostre presenti eccentricità.
Amore
è il pretesto della possibilità del non amore. Wherever we say love we allow us
to do not love.
La
concettualizzazione contestuale è dicotomica – pertanto se dialogicamente
assumiamo “amore”, abbracciamo subconsciamente la possibilità del “non amore”.
Se assumiamo la amicizia – pensiamo subconsciamente alle realtà di inimicizia.
AGIRE SENZA CONCETTUALIZZARE
Il
non sense del valore di inestimabilità
Poiché
coloro che attribuiscono ad una realtà il valore di inestimabilità velano con
la parvenza di valore infinito la loro verità di giudizio sulla realtà – ovvero
il valore nullo della realtà – che è parimenti impossibile del valore infinito
della realtà – la realtà non può avere valore infinito perché è finita e
circoscritta e la realtà non può avere valore nullo poiché la realtà compendia
della sua quantità e qualità il nulla.
La
non stimabilità premette disinteresse, annichilimento, non riconoscimento,
dobbiamo riconoscerci e stimarci. La
stima è il valore del livello oltre la dignità – La dignità indica il
riconoscimento dell’avere luogo di una realtà, sicché una realtà ha valore non
nullo, la stima indica il come qualitativo , ovvero la qualità e la quantità di
valore di una realtà.
Infinitecouningbacktonihil
La
tendenza verso lo 0 relazionale-affettivo
Se
i conoscenti divengono sconosciuti e gli sconosciuti restano sconosciuti.
Non
c’è dono di iniziativa relazionale
Non
volontà relazionale
No
esigenza relazionale pertanto rifiuto del dono relazionale
Il
valore del non conoscersi è dell’essere sconosciuti: LA PRESENZA DEL NON
ESSERE. È GARANTE DELLA POSSIBILITA’ DELLA ESISTENZA DELLE QUALITA’ PROATTIVE
RELAZIONALI DELLA CURIOSITA’ DELLA FIDUCIA E DELLA SORPRESA.
UNA
RIVOLUZIONE NELLE DINAMICHE INTERPERSONALI
1. Ci incontriamo per conoscerci:
Se
l’incontrarsi è il passo
E
il conoscersi è la meta
2. Non: Ci conosciamo per incontrarci.
Se
l’incontrarsi è la meta reiterativa
E
il conoscersi è il passo
Metafora
sul pellegrinaggio
Raggiunge
mete immensamente valevoli lontane e degne chi ama camminare rispetto a chi ama
la lontana meta.
Perché
i pellegrini che raggiungono la lontana meta si fermano, se non possiedono la
meta non camminano.
La
meta del passo deve essere l’atto diveniente.
I
conoscenti sono comunque sconosciuti
Tra
conoscenti c’è un margine
Di
Sconosciutezza
Di
Inconoscibilità
Di
Misconoscimento
La
realtà della dinamica relazionale dell’approccio come pretesto al fine di non
conoscersi.
Pensiamo
ad una persona timida, non intraprendente, non esuberante che prova a
relazionarsi con una seconda persona cercando il dialogo con lei pronunciando
semplicemente: “Ciao, come stai?” .
La
seconda persona attende la prima persona.
La
prima persona non assume l’iniziativa dialogica.
La
seconda persona si annoia, abbassa lo sguardo e si allontana congeda do la
prima persona senza salutare.
Allora
è vero che la prima persona dimostra nulla destrezza di approccio.
Tuttavia
osserviamo la attitudine della seconda persona.
Comprendiamo
che è analoga alla prima: Silenzio, pretesa, noia, disaffettività… Pertanto,
analogamente alla prima persona, la seconda persona dimostra inabilità di
approccio relazionale.
Ed
è evidente che seppur apparentemente si vuol discriminare la prima persona di
avere difficoltà approcciative – si dimostra evidente che la prima persona è
più relazionalmrnte approcciativa della seconda perché nella dinamica
relazionale basilare
- Iniziativa relazionale
La
prima persona cerca la seconda persona.
- Contatto visivo ed iniziativa
dialogica
La
prima persona trova la seconda persona, la vede, la guarda ed instaura il
dialogo con lei domandando “ come stai?”
- Resilienza relazionale
È
la seconda persona ad andarsene dalla prima con attitudini derisorie/deludenti
– la prima persona resta nel luogo relazionale.
Solitamente
coloro che adducono la pretesa relazionale non sono alla altezza della qualità
relazionale che pretendono in più adducendo la medesima loro responsabilità di
colpevolezza di non relazionabilità al prossimo.
L’ambizione
ostacolante
La
proiezione futura dell’ideale relazionale è ostacolante la presente dinamicità
relazionale.
Proviamo
a pensare: NON SIAMO SCONOSCIUTI O CONOSCENTI, NOI SIAMO.
La
filosofia dell’approccio
Fraintendimento,
pregiudizio, iperpercettività
La
dinamica relazionale speculare e la delega di responsabilità.
L’ironia
dello “Scusa se esisto”.
AI
– L’intelligenza artificiale e la virtualità – agevolano la relazionalità umana
e le relazioni affettive?
Possono
agevolarle, sovente sono ostacolanti la relazionalità umana e le relazioni
affettive, non devono sostituirsi alla relazionalità umana e alle relazioni
affettive.
Letture
integrative ai miei pensieri relativi al tema della sconosciutezza
FRAMMENTI
DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO di P. D. OUSPENSKY
Il
dilemma dello sconosciuto. Perché è così difficile capire chi non conosciamo.
Talking
to Strangers: What We Should Know about the People We Don’t Know. Malcolm
Gladwell
LA
QUARTA VIA di P. D. O u s p e n s k y
L’uomo,
questo sconosciuto. Alexis Carrel
https://www.vallesabbianews.it/notizie-it/(Pillole-di-Psicologia)-Lo-sconosciuto-che-abita-in-noi-20421.html
Ennio
Flaiano
LO
SCONOSCIUTO
LE
CARTINE DI SIGARETTE
Un
giorno primaverile un ragazzo creativo passeggiò lungo le vie cittadine, il
vento zefiro spolverava i sampietrini mosaicati della via dai petali di
ciliegio che volitando s’innalzavano fino a ritornare ai rami dei ciliegi.
Il
creativo camminò per condividere la sua arte con dei biglietti da visita.
Il
creativo approcciò un giovane con il gesto del consegnare il proprio biglietto.
Il creativo disse al giovane: “ Qui è il frutto di anni del mio lavoro, la
creatività di anni, alcuni libri che puoi consultare gratuitamente e centinaia
di dipinti e disegni.”
Il
giovane aveva uno sguardo disinteressato, tetro, glaciale, colse il biglietto
con la mano destra mentre con la sinistra prese un accendino, una busta di
tabacco e un filtro per sigarette. Sbadatamente il giovane raccogliendo dalla
tasca l’accendino, la busta di tabacco e il filtro per sigarette, fece cadere a
terra una confezione di cartine per sigarette, allora istintivamente le
raccolse, sorrise e vi soffiò per spolverarle dalla polvere dei sampietrini.
Allora mi disse. “Le ho raccolte, fortunatamente non si sono rovinate, si
possono ancora usare.”
Il
giovane non guardò cosa vi fosse scritto sul biglietto da visita, lo voltò
presto così da riconoscerne il retro bianco. Il giovane piegò leggermente la
carta del biglietto da visita, al limite inferiore del foglio vi posò il
filtro, infine dispose il tabacco raccolto dalla busta di tabacco sul bianco
del retro del foglio del biglietto da visita, infine rollò il biglietto da
visita, le scritte del biglietto da visita furono inintelligibili, non
riconoscibili dai lati curvilinei della sigaretta. Il giovane accese la
sigaretta e la fumò. Il giovane creativo allibì, ebbe un momento di
debilitazione ma riprese subito cognizione.
Il
giovane creativo non disse nulla, entrò nell’adiacente tabacchino rispetto al
luogo dove si incontrarono lui ed il giovane.
Il
giovane creativo acquistò nel tabacchino un accendino, una bustina per tabacco,
un economico portasigarette e i filtri per sigarette.
Il
tabaccaio notando l’eccentricità del giovane creativo dell’acquistare tutto
l’occorrente per non fumare tranne le cartine, gli domandò: “desideri anche
delle cartine?” con tranquillità accostandosi all’uscio della porta del
tabacchino rispose al tabaccaio, “No, la ringrazio, ho già le cartine.”
Dopo
alcuni minuti di assenza uscito dal tabacchino il giovane creativo riconobbe il
giovane a cui ebbe donato il biglietto da visita seduto sulla panchina pubblica
a fumare la medesima sigaretta che fumava prima che il creativo entrasse nel
tabacchino, la sua sigaretta era quasi finita, restava ancora un quarto del
tabacco fumabile.
Il
giovane creativo si sedette a terra con mestizia sui sampietrini mosaicati
della cittadina piazzuola, incrociò le gambe, quasi in atto religiosamente
meditativo, mistico e spirituale, conciliativo.
Il
giovane dapprima lo scrutò con circospezione,
ma i suoi occhi glaciali risultarono ora in uno sguardo temperato e curioso
verso l’eccentrico comportamento del giovane creativo.
Dopo
alcuni istanti pronunciò altre due parole che scandì con espressività rivolta a
comunicare subconsciamente il suo reale interesse verso ciò che pronunciava e
verso la risposta del giovane. “Come ti senti adesso?”
In
seguito a queste parole, il giovane creativo dimostrò curiosità verso il
giovane che si apprestava a terminare la
sigaretta: intraprese con lui un florido dialogo di reciproca conoscenza. La
diffidenza del giovane si plasmò presto in conciliante apertura interpersonale,
la sua gelida indifferenza divenne sorpresa, quando?
Non
appena il giovane creativo smise di parlare, raccolse i filtri per sigarette,
la busta di tabacco, e due dei suoi biglietti da visita.
Con
metodica attenzione il giovane creativo, prese il primo biglietto da visita -
rivolse il lato stampato verso il suo sguardo, lo ammantò di tabacco, mise alla
estremità il filtro e rollò il foglio.
Egli
ripose per il momento la sigaretta nell’economico portasigarette. Intrattenne
l’attenzione del giovane mentre realizzava la seconda sigaretta con il secondo
biglietto da visita dicendogli: “Non ho mai fumato. Intendo fumare due
sigarette con te.” raccolse allora la sigaretta dal portasigarette e la poggiò
alle labbra, il giovane fu sorpreso.
La
sorpresa del giovane fu custode d’un sommovimento d’animo in comunione ad un
riconoscimento comprensivo.
Il
giovane creativo disse al giovane:
“Ai
passanti questa sigaretta dal dorso bianco appaiono come semplici sigarette.”
Il
giovane creativo avvicendava le inalazioni di fumo alle parole amichevoli di
concordia e conoscenza con il giovane.
Terminata
la prima sigaretta il creativo accese la seconda sigaretta, e nuovamente
avvicendava le inalazioni di fumo alle parole amichevoli di concordia e
conoscenza con il giovane.
Terminata
la seconda sigaretta, il giovane creativo disse al giovane: “Il fumo fa male.”
Il
giovane creativo prese il proprio accendino, e bruciò i filtri per sigarette,
la busta di tabacco, ed il portasigarette, guastò l’accendino bagnandolo nella
fontana della piazzuola, non bruciò le cartine.
Il
giovane si congedò.
Il
giovane creativo raccogliendo dalla tasca centinaia dei suoi biglietti da
visita, fece cadere distrattamente il plicco di biglietti da visita sui
sanpietrini, il vento disordinò il plicco di biglietti da visita e li elevò al
cielo come lo zefiro per i petali di ciliegio.
Il
giovane allontanandosi si voltò sorprendendosi del vortice di biglietti che si
stava realizzando, egli raccolse uno dei biglietti da visita dove vi erano
intelligibili i libri del creativo, visualizzabili le sue opere artistiche e il
suo contatto. Il giovane congedandosi dal creativo lo ammirò con sguardo
pensieroso.
Alcune
persone si sorpresero del vortice di biglietti che si creò e con curiosità, ne
raccolsero alcuni.
Il
creativo che ancora restava a pochi passi dal giovane che si allontanava si
voltò verso di lui e gli disse: “Le ho raccolte, fortunatamente non si sono
rovinate, si possono ancora usare.” Ed aggiunse:” Il tempo della nostra
relazione è del tempo di poche sigarette.” Il creativo quel giorno poté
realizzare la sua ambizione carrieristica, in quanto accadde che tra le persone
che quel giorno raccolsero uno dei suoi biglietti da visita caduti sui
sanpietrini vi fu una influente critica d’arte che contattò il giovane per
realizzare con lui e con rinomati artisti numerose collaborazioni creative.
Alcune
ore dopo il creativo ritornò nella piazza da cui si congedò ed alcuni biglietti
erano rimasti nel medesimo luogo in cui furono lasciati.
Egli
incontrò una giovane ragazza, lui si chinò e raccolse uno dei biglietti
dicendole, “Mi è caduto distrattamente questo biglietto che ti regalo.”
La
ragazza rispose: “Non mi interessa”.
Il
giovane allora lasciò il biglietto da visita nello stesso preciso luogo in cui
lo zefiro lo ebbe condotto. Alcuni giorni dopo una giovane ragazza approcciò il
giovane creativo al tavolo del ristorante della piazzuola cittadina mentre
faceva un origami con una cartina di sigaretta: “Ho con contentezza visto le
tue opere d’arte e leggerò le scritture che hai regalato, sei una persona
rinomata in questa cittadella, ho potuto riconoscerti poiché una mia amica mi
ha raccontato di te, alcuni giorni orsono mi raccontò di uno sconosciuto a cui
ebbe rifiutato il regalo di un biglietto da visita, lei mi ha detto di farti
sapere di avere raccolto il biglietto che riponesti sui sanpietrini.” Il
giovane creativo nel tempo del monologo della ragazza, realizzò due origami.
Regalandole un origami le domandò di regalare il secondo origami alla sua amica
dicendole: “Ho imparato a fare gli origami con le cartine di sigaretta per il
suo disinteresse verso la mia creatività.”
La
giovane ragazza ringraziò il giovane creativo per il regalo degli origami e se
ne andò.
Il
giovane creativo: “La nostra relazione è del tempo di due origami“.
La
giovane ragazza, ora donna, si presentò al tavolo del ristorante ove ebbe
incontrato il giovane creativo alcuni anni or sono, e scoprì che egli era stato
un consuetudinario, ovvero una persona che durante le sue quotidianità si
presentava nei medesimi luoghi in orari somiglianti.
Lui:
“È più del tempo di due origami.“
La
donna ricordò: ”Il tempo della nostra relazione.”
Il
giovane con lo sguardo glaciale, incontrò casualmente il creativo alcuni mesi
dopo il loro primo incontro, quando lo incontrò il creativo gli riconobbe un
nuovo sguardo mansueto, più sereno, fu il giovane a intraprendere il dialogo
con il creativo, dicendogli: “Grazie a te ho smesso di fumare”
Il
giovane creativo rispose.
“È più del tempo di poche sigarette.“
Il
giovane ricordò: ”Il tempo della nostra relazione.”
FENICI
RISORTE
Dei
pensieri che feriscono
Vi
fu un tempo in cui i pensanti pensarono male le fenici.
I
pensanti non potevano ben pensare le fenici, poiché i pensanti, osservando le
fenici, pensavano i loro pensieri, non le fenici: Allora i pensanti erano ben
pensanti di loro stessi e mal pensanti delle fenici.
Poiché
i pensieri dei pensanti non sono le fenici. Le fenici sono le fenici.
(In
ottemperanza della metafora mitologica) I pensieri dei pensanti non sono “più”
le fenici. “Ora” le fenici sono eternamente le fenici.
Allora
vi fu un tempo in cui i pensieri dei mal pensanti furono le fenici: poiché i
pensieri dei mal pensanti compendiarono l’essenza delle fenici, le fenici
furono un tempo ferite dai mal pensieri dei mal pensanti, i mal pensieri dei
mal pensanti erano come fiaccole lanciate verso le fenici dai mal pensanti le
cui fiammelle ardevano le piume delle fenici.
Allora
le fenici divennero ciò che non sono, le fenici divennero “le fenici ferite” :
“le fenici mal pensate dai pensanti.”
I
pensieri dei mal pensanti furono dapprima le fiaccole che ferirono le fenici.
Raccontiamo dei pensieri che bruciano, ed i pensieri dei mal pensanti
realizzarono le ceneri delle fenici.
Tuttavia
fu in grazia del fuoco che dalle loro ceneri le “fenici ferite” risorsero ad
essere eternamente rinnovate “fenici ri-sorte”.
Fu
dal risorgimento delle fenici ferite, che le fenici non furono più sfiorate
dalle fiaccole dei mal-pensieri dei mal pensanti.
Il
fuoco è ora catartico per le fiamme delle fenici risorte.
E
del fuoco che divampa dal lancio delle loro fiaccole ora i mal – pensanti ne
rispondono, pertanto il lancio di una fiaccola alimenta il fuoco delle fenici
che avvampando ferisce i mal-pensanti.
Tuttavia
le fenici sono buone, innocenti, innocue; sono il mal-pensanti che sono causa
del loro male e che piangono loro stessi.
Le
fenici realizzarono compiutamente la loro innata essenza in grazia di loro
stesse ed in grazia delle fiaccole. *¹
Le
fenici sono le fenici.
Poiché
rinate uguali a sé stesse dai pensieri maligni ora e per sempre restano sé
stesse.
Le
fenici sono ontologicamente “fenici risorte” (in ottemperanza della metafora
mitologica)
Allora
“le fenici” se non fossero state “fenici ferite” *, non avrebbero realizzato
loro stesse (“fenici risorte” nuovamente risorte uguali a sé stesse.), ovvero
esseri la cui sola innata essenza è il risorgimento.
Io
non sono il tuo pensiero.
Non
sfiorarmi
Con
il tuo pensiero,
ti
bruceresti.
PS
Rispetto
alla metafora mitologica vi sono due variabili.
Le
fiaccole che feriscono le fenici sono nella originale mitologia i raggi solari.
La
fenice sceglie lei stessa di esporsi ai raggi solari.
“
Secondo
una versione del mito, l’Araba Fenice dopo aver vissuto per 500 anni, prima di
morire costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma, accatastava
piante balsamiche e si adagiava al sole, lasciando che quest’ultimo la
bruciasse. Dal cumulo di cenere emergeva poi un embrione la cui metamorfosi in
nuova fenice era permessa dai somiglianti raggi solari che avevano ferito la
fenice originaria. La nuova Fenice nell’arco di tre giorni volava ad Eliopoli e
si posava sopra l’albero sacro.
“
Il
METTERE IN BUONA/CATTIVA LUCE È UN NONSENSE
Il
pensiero non è l’essenza pensata,
La
fiaccola non è la fenice.
La
fenice è illuminata dalla fiaccola.
La
fenice non è la sua illuminazione.
La
fenice non è la realtà che lei subisce.
La
fenice è la fenice.
Il
pensiero non può influire sulla realtà pensata nella misura in cui la realtà
pensata è pensante del mindset che le permette di riconoscere che la sua
essenza è illibata, impermeabile dalle piogge dei pensieri e di giudizi
esteriori, semplicemente perché sono percezioni esteriori che ontologica ente
non sono la sua essenza.
Comprendiamo
allora che le percettività esteriori, seppur non abbiano coincidenza ontologica
con la nostra essenza, possono essere una realtà che ha rilevanza per noi, è
ciascuno di noi nella qualità della sua saggezza a plasmare le percettività
esteriori secondo i valori della indifferenza, del danno o del l’arricchimento:
Le medesime fiaccole ebbero effetti dissonanti nel tempo sulle fenici.
LA
DIGNITA’ DELL’ OROLOGIO GUASTO
È
più importante la superficialità esteriore o l’inner soul/mindset?
La
fenice è la fenice ed un orologio è un orologio.
Un
orologio non è il suo meccanismo. Poiché l’orologio è parzialmente il suo
meccanismo.
Un
orologio non sono le sue lancette. Poiché
l’orologio è parzialmente le sue lancette.
Se
il meccanismo dell’orologio è labile o assente, vediamo le lancette ma sono
ferme.
Se
il meccanismo dell’orologio è presente, ma non vi sono le lancette, non
possiamo leggere l’ora.
Tuttavia:
Il
valore essenziale di una realtà non è il suo ottemperare ad una attività e
funzionalità. *³
L’
ARCOBALENO ORIZZONTALE
L’arcobaleno
orizzontale – Impariamo a scorgere in previsione il valore del poi.
La
natura è così altruista e florida: Alle torrenziali piogge d’ottobre guardammo
il cielo per vederne un arcobaleno, ma ci annoiammo presto e mentre voltammo lo
sguardo verso il cemento il cielo si tinse di due arcobaleni concentrici.
Magicamente fu l’arcobaleno a cercare il nostro sguardo: le fluorescenti e
cangianti iridescenze della luce sula pietra bagnata realizzò sulla tela
mosaicata di sampietrini della piazza un arcobaleno orizzontale.
Note
*¹IL
NOSCI TE IPSUM È FONDANTE LA RESILIENZA, LA INDIFFERENZA, IL RICONOSCIMENTO DI
ONTOLOGICA ILLIBATEZZA DELLA NOSTRA ESSENZA RISPETTO ALLE ESTERIORITÀ DI
GIUDIZIO E DI PENSIERO ALTRUI.
*²Non
sono ora ad avvalorare il “ferimento” – si premette la ricerca della “buona
prospettiva percettiva” delle negatività subite ove è quando dovessero
accadere, ma è ovviamente bene e meglio che le negatività non sussistano.
Esulando
la metafora mitologica della fenice, si argomenta qui il valore negativo del
mal pensiero come fonte di mal-comportamento che può ferire, ed il ferimento
non è ammissibile.
Allora
scindiamo i mal-comportamenti ed i mal-pensieri nei due fuochi: il fuoco
incandescente delle aggressività attive ed il fuoco fatuo delle aggressività
passive. La passività è solitamente caratterizzata da una inesorabilità eterea,
dalla nebulosa della procrastinazione delegante “laissez faire, laissez passer”
Che
disorienta, dall’annichilimento, le negazioni iperdifensive sono proibizionismo
attivo.
In
relazione al mal-pensiero come falsificazione esteriore adduciamo la mancanza
di rispetto come arteficio arbitrario dell’osservatore che cortocircuita,
confonde, veste d’abiti di matrioska la prima verità essenziale, quella di un
neonato in fasce, che le superficialità delle bambole cave custodiscono.
*³
Il fine del giudizio del valore essenziale di una realtà è la realizzazione(
non della funzionalità che è una meta secondaria ottenibile con il
raggiungimento della prima meta) della dignità del valore essenziale della
realtà.
Pertanto
– se la realtà orologio è priva di una sua facoltà – la superficialità delle
lancette o privo della inner-reality del meccanismo – non dobbiamo lasciarci
guidare dal Flow della inutilità – che addurrebbe il sacrificio della realtà
sacrificata, l’impoverimento della realtà impoverita: elimino l’orologio con il
meccanismo e privo di lancette o l’orologio con le lancette e privo del
meccanismo.
La
valorizzazione è in itinere, è il compimento delle latenti potenzialità della
realtà – allora non si dirà di questi orologi (“hanno solamente il meccanismo o
la lancetta” , oppure “mancano le lancette o il meccanismo, con tono di voce
rassegnato) ma si dirà :”questi orologi hanno già il meccanismo o la
lancetta.”, vi si avvaloreranno le qualità delle lancette (vi si riconosca che
sono d’oro) o si riconosca il meraviglioso matematico funzionamento del meccanismo
che fa ruotare correttamente i perni. Se il meccanismo fosse guasto vi si
riconoscerebbe che esiste la complessità del meccanismo che è il 99 % della
facoltà latente essenziale della realtà, vi basterà cambiare di posizione il
vecchio ingranaggio, restaurarlo o sostituirlo con un ingranaggio nuovo.
IL
PASSO RELAZIONALE
Suggerimenti
sul sapere se una relazione durerà.
Se
consideriamo la misura del tempo di una relazione come nostra meta non andiamo
molto lontani, perché potremmo non raggiungere la meta, nemmeno iniziare a
intraprendere il percorso per raggiungerla, potremmo non aver voglia di
compiere il primo passo. Potremmo annoiarci vedendo la meta troppo lontana, o
interessarci solo della meta mentre i nostri passi non sono resilienti, audaci,
avventurosi, ovvero basando il nostro focus sulla durata della relazione ci
dimentichiamo della sua qualità ovvero potremmo vivere relazioni durevoli nel
tempo ma povere di dialogo, di confronto, povere di litigio costruttivo, di
affetto, di riconoscimenti. Allora dovremmo porre il principio che non vi sia
il focus della meta del vasto tempo di relazione la cui probabilità d’avverarsi
è aprioristicamente incerta, bensì che vi siano miriadi di focus relazionali –
ovvero privilegiamo il passo alla meta e raggiungeremo l’infinito, poiché anche
se raggiungessimo la meta che stimiamo essere la nostra meta lì ci fermeremo,
mentre se valorizzassimo il passo, qualora raggiungessimo una meta incederemo
il nostro passo verso altre vie. Allora valorizziamo il presentismo non il
futurismo, la futura meta lontana del tempo vasto di relazione è un lontano
panorama del sole sorgente che non ci è dato di raggiungere, vista la
aleatorietà delle onde e degli scogli e dei venti che ci separano dal sole, mi
capite bene, anche attraversando l’oceano che il sole sfiorava non
raggiungeremo il sole che ci ha abbandonati alla notte mentre attracchiamo il
nostro vascello al porto della città oltre oceano, se le onde non dovessero
rovinare il nostro viaggio intendo. Allora non manchiamo la carezza agli
sconosciuti, poiché ciascuno è sconosciuto prima di conoscersi e la
sconosciutezza è il primo passo relazionale – pensiamo al tempo di relazione di
relazioni che nemmeno intraprenderemmo?
Allora
comprendiamo che amore è fiducia aprioristica perché il primo passo è il passo
nuovo, avventuroso verso l’incerto, e spesso non muoviamo il primo passo perché
siamo viziati di certezze e temiamo l’incertezza. L’amore è anche litigio è il
passo in versi opposti ma sottesi non dal silenzio, bensì dal litigio poiché
litigando correggiamo i nostri passi verso di noi. Ma perché sogniamo il vasto
tempo di relazione? Perché vorremmo che le relazioni durassero nonostante
dimostriamo attitudini presenti dissonanti con il nostro sogno futuro. Quanto
durerà la nostra relazione? Mi avvalgo d’un realismo severo, perché siamo noi
stessi la nostra relazione e noi stessi i medesimi ad essere severi. Allora non
illudiamo e non illudiamoci di ambizioni relazionali sponsali quando non
sappiamo sfiorarci con un abbraccio, quando non sappiamo ricambiare un saluto,
quando non sappiamo rispondere ad un messaggio, quando ci misconosciamo, quando
non vogliamo intraprendere l’iniziativa di conoscenza o quando siamo asettici
ai sentimenti altrui – il passo è il valore aggiunto – se non compiamo il passo
la meta della resilienza relazionale non la raggiungiamo. Allora comprendiamo
il valore delle iniziative relazionali quotidiane, che sono puri valori
aggiunti – sono regali, doni, ovvero attitudini indifferenti alla qualità
attitudinale della persona con cui ci relazioniamo – le iniziative sono
l’innesto proattivo del sempre nuovo – la innovazione relazionale. Perché la
innovazione è la premessa della resilienza e della durata relazionale? Primo
perché la innovazione, il puro dono relazionale inizia la relazione
indipendentemente se sussiste carenza di reciprocità creativo relazionale,
secondo perché la innovazione è proattiva, ovvero perché funge da restauro
relazionale, ovvero, nella possibilità in cui vi sia decadenza relazionale,
nasce il germoglio sul ghiaccio, ovvero vi è rimarginazione della ferita, non
acutizzazione della ferita relazionale. Allora baciamo nonostante sia fuori
luogo, l’assurdo è innovativo e creativo, l’affetto è il vasto passo
relazionale. Non ci si conosce solo parlando.
Ci
annoiamo? Sì. Allora cortocircuitiamo il sistema relazionale strutturato sulla
noia e rivoluzioniamo il foglio bianco con i nostri colori diversi – qualcuno
segnerà sul bianco il celeste, qualcuno segnerà il verde giada, altri colori –
ma sapete chi non aggiungerà colori? Gli stessi che diranno di coloro che hanno
aggiunto i loro colori che sono noiosi – ma capirete che i veri noiosi sono
coloro che hanno giudicato malamente senza aggiungere nulla alla noia se non il
loro noioso sdegno verso i creativi. Di chi sto parlando? Dei tradizionalisti.
Il tradizionalismo non è proattivo, è anacronistico. Ovvero è fuori dal tempo,
quale tempo? Il presente. Il presentismo è fluido, il futurismo è irenico, il
tradizionalismo è marmoreo. Il marmo è statico, il fluido è in persistente
movimento, il sogno è virtuale. Il tradizionalismo non è coevolutivo, ovvero
non è flessibile al cambiamento.
Allora
fondiamo le nostre speranze relazionali ai tempi morti del passato e del futuro
– le statiche relazionali tradizionaliste cristallizzano un tempo presente che
è non cristallizzabile, il tradizionalismo vuole gelare il flusso delle acque
del ruscello relazionale, mi capite che non si va avanti!
Nonché
fondiamo la resilienza relazionale sulla fumosità del futuro che è una nube
aleatoria lontana che non sappiamo gestire e che compromette la nostra
lucentezza attitudinale del passo presente – la previsionalità – nella tua
domanda anteponi come prevalente la previsionalità, ma questa non esiste, non è
reale, è un sogno, la realtà è la esistenza presente della relazione ed insieme
la qualità del passo relazionale che adesso intraprendiamo insieme. All’assurdo
della dilatazione temporale nei tempi morti del passato e del futuro si
accompagna l’assurdo del luogo morto relazionale, ovvero la virtualità – la
virtualità è caratterizzata da entrambe le problematicità del passato e del
futuro, ovvero è aleatoriamente irenica come il futuro ed è statica come il passato
ma è caratterizzata da una staticità paradossale.
Da
una cinesi statica, la virtualità è come il flusso di acqua di una fontana,
sembra fermo, glaciale, nonostante le miriadi di gocce siano tutte in costante
movimento, un movimento follemente caotico in cui le relazioni vis a vis si
scindono. In due parole allora strutturiamo le nostre relazioni sul qui e
adesso reale e conduciamo le nostre relazioni che sono sui livelli di assurdità
spazio temporale anacronistici e irenici verso il qui e adesso reale. Allora ai
nostri messaggi dobbiamo rispondere, dobbiamo visualizzare il messaggio, perché
ciò significa che ci riconosciamo nel luogo relazionale virtuale e
rispondendoci trasliamo la nostra relazione dal livello virtuale al livello
reale. Allora se non è naturale la dinamica di conoscenza reale meno naturale è
la statica di conoscenza virtuale. Non procrastiniamo la relazione dialogica
virtuale nella statica dell’online unwelcoming e di green silent far lights.
Compiamo il primo passo, io o te. Perché avvaloriamo il passo e non la lontana
meta. Ed infine argomentiamo del blocking che si rivela essere la inesorabile
fine relazionale e il segno della più evidente severità relazionale, non
vediamo la meta e annichiliamo la meta, il passo, noi stessi. Bloccando le
altre persone blocchiamo noi stessi nella filosofia secondo cui la attitudine è
autoattitudine indotta. Qui argomentiamo del valore del sogno, della facoltà
relazionale latente, della possibilità. Ho già argomentato nei miei libri
quanto la decontestualizzazione temporale di un pensiero che è precedente alla
realtà attitudinale possa implicare attitudini sulla difensiva aventi effetti
di aggressività passiva verso i quali si inventa saranno artefici
anacronisticamente di negatività attitudinali. Allora la mentalità stolta è
questa, stolta perché caratterizzata da un sistema non ottimale, ovvero che
perde e perché agisce fattualmente aggressività in ottemperanza del pensiero di
una negatività non esistente poiché proiettata nel tempo. La dinamica è questa :
ti annichilisco perché forse in futuro potresti recarmi noia.
Allora
il “ti annichilisco” è il danno reale presente, mentre il “forse in futuro
potresti recarmi noia” è una proiezione inesistente. Allora il prevenire non è
la prioritaria cura di una ferita che non esiste ma è la causa del ferimento.
Ed arriviamo al punto cruciale : il fondamento della relazionabilità è la
coevoluzione, questa realtà è talmente forte da essere garante della
relazionalità altresì tra sconosciuti – perché la tradizionalità non perdona –
perché non perdona? Perché non ammette il divenire, perché è statica, perché si
dice di una persona o di una relazione che è così e punto, che è marmorea,
cicatrizzata. Allora la tradizionalità è in comunione con la severità non solo
del perdonare e della non redenzione, ma anche del pregiudicare, abbiamo visto
come il pregiudizio è ostacolante la resilienza relazionale. Mentre la
coevoluzione instaura la possibilità e la accoglienza come motori relazionali.
RELIEVE
“Mi
sento davvero schiacciato e sovraccarico dalla vita, mi puoi dare un consiglio
su come superare questo momento? “
Dalla
tua domanda:
La
vita, il tempo della vita è vasto, ricchissimo di esperienze, di felicità e
sofferenze, di riconoscimenti e di delusioni, di speranze raggiunte e
disattese. La vastità temporale è esperienziale del tempo della vita comporta
ovviamente un carico emotivo, intellettivo, mnemonico, sentimentale come dici
te insopportabile, difficilmente gestibile nell’istante presente. Il nostro
obiettivo è di alleggerire questo carico. Come? Cambiando mentalità,
semplificando e riducendo il carico psicologico.
Pensiamo
allora al Sole. Ogni giorno risorge “leggero” e rinnovato. Il Sole è nella sua
essenza ontologica ciò che è stato. Tuttavia ciò che è stato non inficia la sua
qualità resiliente quotidiana.
Pertanto
in ambito temporale trasla la tua mentalità dalla vastità dei decenni di vita
alla quotidianità dell’oggi, ed ancor più alla semplicità del l’adesso, ma non
cancellando il tuo passato o le ambizioni del tuo futuro – ma gestendo i
macrotempi del passato e del futuro come visione di senso olistico, come
percezione istintiva d’insieme, leggera e serena, come buon consiglio per le
tue attitudini presenti. Non applicare ai macrotempi del passato e del futuro
il ragionamento di giudizio critico, poiché aggravano il carico di pensiero
presente in quanto si attua una self-responsibility che implica il tuo dovere
appunto gestire e risolvere razionalmente miriadi di singolarità (tra cui molte
non risolvibili).
Tuttavia
nel tempo sincronistico dell’adesso vi può sussistere una gravità locale, non
temporale, il tempo è la costante dell’adesso, il luogo è la variabile di
pluralità esperienziali. Come gestire la frenesia dell’adesso? Prioritariamente
riconoscendo la tua unicità e la tua umanità. La ubiquità non è umana. Pertanto
si svolge una attività alla volta, in ottemperanza di una gerarchia soggettiva.
È importante semplificare e non problematizzare. Let it be. È fondamentale
ricordare che sussiste la responsabilizzazione biunivoca tra ambiente e persona
che agisce in quell’ambiente. Proviamo a riflettere. Che cosa aggrava il carico
psicologico di una persona? È il carico di responsabilità. È importante
assimilare il concetto “non tutto dipende da noi stessi” “la responsabilità
della realtà non è solamente della persona” ma appunto la responsabilità
olistica è scissa tra ambiente (pluralità di persone) e persona. Un terzo
consiglio è relativo ai concetti di multicontestualità e di “finzione” nella accezione
di elusione creativa: pertanto se percepisci una realtà contestuale presente
soffocante e alienante – applica una astrazione, una decontestualizzazione.
Ovvero riassetta il tuo carico psicologico osservando la medesima realtà da una
altra prospettiva – PIÙ LEGGERA. La immaginazione è caratterizzata da
flessibilità – applica allora la tua immaginazione alla inflessibilità e
inesorabilità del reale – (ALLORA pensa “È se non fosse così, come sarebbe?”
questo pensiero è valevole per due punti: il primo è che ha un valore
minorativo sul carico che la realtà impone sulla tua persona – e in secondo
luogo vi aggiunge un immediato collegamento psicologico tra te e il reale –
questo collegamento è la valorizzazione del tuo sé volenteroso) . e mediante il
tuo pensiero creativo realizzerà il “Potrebbe essere diversamente” che hai
immaginato. Un ultimo consiglio ha luogo nella dicotomia locale tra il qui e il
lì. Riflettiamo. Il tuo carico psicologico sussiste nel luogo “qui” che tu
nomini “vita” – pertanto rifletti logicamente. Se non vuoi il carico
psicologico che caratterizza il luogo del qui. Vai cercando ciò che non è
carico psicologico- cerca il “non qui”, il non luogo rispetto al luogo che ti
stabilizza. Allora cercherai prima psicologicamente, poi realmente il luogo del
“lì” semplificando se il conformismo e la matematici della consuetudine ti
ostacola. Oltre il limite di mentalità locale.
Liberati,
varca il limite esperienziale del dover essere indotto verso di te per
realizzare nel luogo contestuale “qui” il dovere essere “lì” che hai
immaginato. O diversamente divieni outsider, ovvero varca realmente il limite
reale locale del “qui”. Michele_vitti 23
Novembre 2022
Se
una penna per magia dovesse cadere inesorabilmente eternamente con insistenza
replicativo su un foglio fino a stropicciare, graffiare, strappare, ledere il
foglio. L’unica cosa che può fare il foglio è spostare sé stesso. O
cortocircuitare la magia che obbliga la penna a muoversi replicativamente
ugualmente, il ché non è impossibile, ma è molto complicato e complesso.
È
da attribuire al foglio la responsabilità di restare fermo nel luogo dove la
penna insiste.
È
da attribuire alla penna la responsabilità di non liberarsi dalla magia che
implica il danneggiare il foglio.
Metaforicamente:
Il
foglio: Persona che si trova in un luogo ostacolante.
La
penna: la pluralità di persone che compendia o l’olismo della pluralità di
persone che intervengono relazionalmente con il foglio.
La
magia. Le deleghe di responsabilità delle persone dell’ambiente e le
costruzioni conformiste del dovere essere oggettivizzante.
Come
stimare il valore di una realtà? Ebbene se dopo avere lasciato il luogo reale
del “qui” ovvero essendovi outsider di tua iniziativa o Emarginato per
repulsione e esclusione del “qui” (la esclusione e attitudini consonanti è un
primo esempio di disvalore del sistema “qui” poiché agisce al fine di perdere.
Espulso
(da chi?) dall’ambiente, come vedi è contestuale la responsabilizzazione del
sistema ambientale “qui”.)
verso te Osserva come si comporta il luogo
relazionale del “qui” se vi ritornerai. Se non verrai accolto/a il “qui” non ha
valore perché un sistema che rifiuta è un sistema carente, non ottimale,
perdente, poiché questo sistema perderebbe te.
Michele_vitti
23 Novembre 2022
LA
PAROLA ALTERNATIVA
Se
la verità è una sfera e le prospettive sono gli osservatori infiniti le cui
rispettive prospettive riconoscono ciascuna delle sue dimensioni variopinte del
tempo e dello spazio, sii ciascuno di essi – immedesimati nella loro singolarità
e fa si che queste persone entrino in dialogo tra loro nella tua fantasia
relaziona tutte le diverse prospettive che puoi gestire, come? Immagina di
entrare in contatto con un numero infinito di te stessi – così i puzzle della
sfera della verità saranno conciliabili nella misura in cui vi saranno
coincidenze di pensiero – allora rivela la tua sfera di pensiero incompleta ad
una seconda persona e donate vicendevolmente i puzzle mancanti con curiosità
camminando insieme verso la verità.
Perché?
Per
uscire dalla nostra culla.
In
ciascuno di noi resta una parola indecifrata ma intelligibilmente avvolta dal
mistero – è lo 0,01 % della nostra volontà che può confutare il 99,9% della
realtà che è inesorabile, destinata – in una alternativa la possibilità di
essere il nostro destino – poni il tuo sguardo verso l’impensabile, e
riconoscendo lo realizzerà, sii il compositore del futuro che è ancora da
scrivere – ci sono dei segni simboli del percorso della novità – il silenzio e
il “No”, dell’inconsueto si ha paura, se il consuetudinario è la culla, esci
dalla culla, non ripetere il consuetudinario. Quando inizierai a sentire il
silenzio e il “No” significa che ti stai avventurando verso il mai visto, verso
il non pensabile, verso il nuovo, sarai il germoglio del cambiamento.
INNER
UNIVERSE AND OUTSIDE UNIVERSE
Quanti
libri riusciresti a leggere nel periodo di un mese? La lettura non insegna a
competere. Esistono parole che hanno più valore di miriadi di libri, sono le
parole simbolo, sono parole che nel loro significato custodiscono tutte le
altre, solitamente sono parole ancestrali, come le lingue ancestrali, profonde,
come il greco e i latino da cui sorgono le altre lingue. Il gioco è cercare e
trovare le parole simbolo. Pertanto la quantità della lettura non sempre è
accompagnata dalla qualità di ricchezza culturale e di intelletto, considerando
altresì che la stoltezza è povertà culturali possono implicare migliori
proattività attitudinali creative dell’intelletto culturale In più considerando
che l’innovazione culturale presuppone il valore aggiunto puro,
l’ininfluenzabilità dalle culture preesistenti è la causa prima del compimento
del nuovo – il nuovo è la nascita del diverso ‘non c’ è ‘- si può avere
innovazione altresì in grazia del valore aggiunto “somigliante” ovvero la
creazione di valori somiglianti rispetto ai valori presenti, questo a contesto
della realtà che nessuno può astrarsi al
100% dal reale, poiché ciascuna persona è nel tempo della sua vita in relazione
con l’ambiente reale. Si può nella misura in cui si vuole. Se ciascuno di noi è
in latenza un universo – è sufficiente la volontà per realizzare le qualità
dell ‘ “inner universe” nell’ “outside universe”, pertanto l’avverarsi che
l’universo personale individuale sia rivoluzionario dell’universo mondiale non
è un assurdo. Semplicemente perché l’inner mindset possiede le vastità di
complessità iconiche della realtà esteriore universale. Gli universi (inner ed
outside) hanno diritto e dignità di reciproco cambiamento, in quanto entrambi
universi costituiti ontologicamente da complessità sistemiche uguali.
IL
GESTO DI UNA CAREZZA DAL VUOTO ALL’UNIVERSO
La
storia di una carezza: Quando siamo lontani anni luce ci sfioriamo con il
pensiero e già siamo qui.
Oltre
il limite la forza di gravità ascende le sabbie della clessidra, alla soglia
degli estremi le sabbie volitano gioconde vibrando i cristalli del tempo
rendendo somiglianti gli opposti e esistente ciò che non è.
Il
passo dopo avere scritto l’ultima lettera non è la fine dello scrivere ma il
rileggere, il ritorno alle scritture per assimilarle e riordinarle, se ciò che
scrivesti anni fa ha ancora senso sei ancora in tempo, così è per le relazioni
il ricordo ed il pensiero di noi conquistano ordine grazie allo spazio della
solitudine e senso in grazia al nuovo tempo del ritorno.
Michele
Vitti 17 dicembre 2021
CAPITOLO SECONDO
LO
SCRITTORE SCIAMANO
PER
REALIZZARE QUESTA TESINA VI HO ASCOLTATI
NON
AVREI POTUTO NON ASCOLTARVI.
UN
ELOGIO ALLA SPIRITUALITA’
LA
LOGICIZZAZIONE METAFISICA
LA
ATTITUDINE INDIVIDUALE È LA MANIFESTAZIONE DELL’OLISMO DEL NOI
La
valorizzazione e dignità reciproca dell’io e del non-io (del prossimo)
L’INFLUENZA
SUBCONSCIA
Siamo
destinati ad essere influenzati da chi non è presente semplicemente poiché
abbiamo avuto relazione con chi non è presente, siamo influenzati altresì da
coloro con cui non abbiamo avuto relazione reale ma con i quali abbiamo avuto
contatto esperienziale culturale passivo, pensiamo alle nostre letture
culturali di pensatori passati.
Noi
e le nostre attitudini Siamo medium mistico-sciamanici delle persone con cui
siamo entrati in relazione - secondo tale prospettiva la nostra fine è
inesistente. Di qui una reale prospettiva della verità esistenziale della
immortalità. Invero la nostra finitudine è limitata alla nostra facoltà
mnemonico-fideista.
Chi
non ha fede non ricorda - è fondamentale la attenzione proattiva al ricordo.
Sciamano:
https://www.treccani.it/vocabolario/sciamano
Sì.
LO SCRITTORE È INFLUENZATO DALLE PERSONALI LETTURE E INCONTRI RELAZIONALI
PASSATI E PRESENTI.
UNO
SCRITTORE È UN INTERLOCUTORE COME GLI ALTRI INTERLOCUTORI, UNO SCRITTORE È UNO
SCULTORE.
Lo
scrittore ferma sul foglio il flusso multidimensionale di idee, il fiume
oceanico della memoria, come lo scultore ferma sul marmo la sua idea
tridimensionale.
Il
fatto che io sia ora, qui, a questo punto della mia vita, a scrivere questa
lettera, non la lettera cartacea, ma proprio questa lettera, la ultima lettera
di questa parola, (la scelta presente di questa parola e la conseguente
direzione tematico-discorsiva e non di una altra non è solamente grazie a me,
bensì grazie a noi) che continua a variare secondo dopo secondo mentre la linea
verticale di scrittura intermittentemente incede sul foglio bianco al ritmo
musicale del fluire dei miei pensieri, è grazie a me, ma soprattutto grazie a
tutti voi, a chiunque io abbia incontrato, alla qualità di esperienze e dei
sentimenti che ho vissuto insieme a voi, agli scrittori che ho letto.
Gli
argomenti di queste riflessioni sono i nostri argomenti, le tematiche che ci
interessano.
I
sentimenti mnemonici hanno valore di comunione che compendia il luogo
solitario.
SOSTENERE
CHE CHIUNQUE SIA SCIAMANO SIGNIFICA ESPRIMERE CHE NESSUNO È MAI SOLO, COMUNQUE
SIA QUALSIASI ATTITUDINE NON È MAI AUTOGRAFA CIASCUNA NOSTRA ATTITUDINE
PRESENTA PERTANTO MIRIADI DI AUTORI E AUTRICI E DI CONSEGUENZA MIRIADI DI FIRME
- RISULTANTI DALLA INFLUENZA ONNISCIENTE ED ONNIPRESENTE.
CHIUNQUE
E’ SIMUTANEAMENTE MEDIUM SCIAMANO E MANO INVISIBILE PER ALTRI MEDIUM SCIAMANI
We’re
the electromagnetic medium between heaven and earth.
Le
mani invisibili sono le influenze passive, attive, subconscie e consapevoli di
qualunque persona con cui abbiamo avuto relazione, e di qualunque persona con
cui non abbiamo avuto relazione – poiché esistono e ci influenza no le persone
a noi sconosciute con cui non entriamo in relazione. E noi siamo i medium di
essi – sicché la nostra attitudine è integrata, influenzata dalla loro
esistenza attitudinale.
La
fatuità e la spiriticità delle influenze qui caratterizzate permette al medium
sciamano la libertà attitudinale di confutare i consigli delle anime
influenzanti. Possiamo opporci alle nostre mani invisibili, le mani invisibili
sono come gli scrittori di cui leggiamo i libri dei quali siamo liberi di
raccoglierne i consigli, ma anche di scegliervi mentalità alternative
Diamo
al mondo le nostre idee. Il pensiero puro quasi non esiste, poiché il pensiero
puro è la complessa qualità del nostro primo istante di vita. Dal primo istante
di vita in poi il pensiero è relazionale, plasmato dalla nostra molteplicità
relazionale e dalla complessità dell’ambiente.
La
influenzabilità non è una possibilità ma è una verità realmente onnipresente,
ovvero non è possibile non influenzarci.
Il
connubio del pensiero di cui lo scrittore si rende messaggero rende onore a lui
stesso ed alla molteplicità pensante di cui è influenzato.
LA
VALENZA ISPIRATIVA DELLE INFLUENZE RELAZIONALI ESPERITE.
LE
RELAZIONI CONCORRONO A REALIZZARE L’OUTSIDE UNIVERSE, LE RIMEMBRANZE
RELAZIONALI, LE MANI INVISIBILI CONCORRONO A REALIZZARE L’INNER UNIVERSE.
LA
ONNISCENZA CI È GIÀ DATA, SIAMO INNATAMENTE ONNISCIENTI - LA NOSTRA ATTITUDINE
È MANIFESTAZIONE DI CIÒ CHE DELLA ONNISCENZA NOI VI COGLIAMO.
Citazione
Intelligenza
mistico-intuitiva innata appartenente a ciascuno di noi che assume le sue
qualità nelle rare verità simboliche ancestrali implementabili:
https://www.fattistrani.it/post/laszlo-polgar-figlie-geni-scacchi
SIAMO
ALTRESI’ GRAZIE A CIÒ CHE SIAMO
LE
ACQUE NELLE ACQUE
Primariamente
all’agire ed al reagire deve essere la realtà essenziale che agisce e che
reagisce.
Pertanto
la domanda ancestrale è “chi siamo”.
Una
prima risposta è che non siamo ciò che sembriamo, per il motivo che la parvenza
è una astrazione esteriorizzante di noi, la prova di questa affermazione è
nella affermazione stessa.
Studiamo
la frase “Non siamo ciò che sembriamo”
La
parola “siamo” è la associazione ontologica e contenutiva della nostra pura
essenza.
La
parola “ciò” è la realtà “contenutiva ontologica” della astrazione della parola
“sembriamo”
Allora
concludiamo che la negazione “non” è vera e giusta. Perché “Siamo” non è “ciò”.
Giudichiamo
erroneamente La parvenza di essenza, la essenza.
La
parvenza di essenza non è l’essenza poiché è il risultato della parvenza,
ovvero di una rielaborazione verso la nostra essenza dello sguardo esteriore
dell’osservatore.
Pertanto
non è vero che la pura essenza ontologica si compie nell’ambiente della
solitudine, è vero che si compie altresì nel luogo della solitudine in assenza
di osservatori ed altresì nei luoghi relazionali - tuttavia semplicemente si
adduce che la astrazione della percettività esteriore ed esteriorizzante della
prospettiva degli osservatori non è la essenza reale essenziale osservata.
Derivativismo,
simulazione ed imitazione.
Tuttavia
è vero altresì che la relazione ha un valore interiorizzante, ovvero che
rendiamo delle nostre percettività interiorizzante una realtà compendiante la
nostra realtà ontologica attitudinale.
Sicché
non possiamo non essere relazionali, la nostra essenza ontologica non può che
essere influenzata dalle nostre relazionalità. Pertanto secondo i massimi
sistemi attitudinali gli infanti simulano i genitori, per questo motivo i
genitori sono primariamente responsabili. Tuttavia la realtà simulativa
relazionale non termina nei primi mesi di età ma in verità sottende l’intero
arco della esistenza - proprio perché non possiamo non essere relazionali -
allora implementeremo il nostro mindset con le nostre letture, la penseremo
come i più profondi pensatori esistenti, simuleremo gli attori, e ciascuna persona
con cui instauriamo relazione nella nostra quotidianità. È qui in atto una
reincarnazione psicologica - in quanto la medesima realtà ideale spirituale si
reitera grazie al medium della persona che crede nell’idea psicologica o nella
attitudine di una altra persona e le dona nuova realtà dialogico-attitudinale.
Tuttavia seppur siamo la sommatoria olistica delle nostre reazioni non siamo
solamente e semplicemente la sommatoria olistica delle nostre relazioni - il
sistema CAS coevolutivo imitativo è solamente un universo del nostro Multiverso
ontologico. Una idea della nostra complessità in relazione con il mondo
naturale sono i fiumi dell’oceano. “The water in the water”, le somiglianze
ontologiche tra realtà marina e celeste, le nuvole sembrano onde dell’oceano.
Instabilità di kelvin – helmotz, il nostro DNA MULTIDIMENSIONALE.
https://www.fisicaquantistica.it/scienza-di-confine/il-ruolo-del-dna-nella-ascensione
Pluridimensionalità
naturale oceanica
https://www.lastampa.it/viaggi/mondo/2017/03/09/news/un-fiume-che-scorre-sotto-il-mare-il-miracolo-della-chimica-nella-penisola-dello-yucatan-1.34631915/
Il
riconoscimento esteriore di moralità, spiritualità e di giustizia e la relativa
onorificenza e facoltà di autorevolezza decisionale eteronomizzante può non
coincidere con la essenza ontologica morale, giusta e spirituale del/della
riconosciuto/a onorifico/a. Mentre potrebbe essere pienamente morale,
spirituale e giusto l’innominato, il povero vagabondo che chiunque trascura.
LA
PROATTIVITA’ DELLA CREATIVITA’
La
rarità dell’indeterminatezza è lo spirito di curiosità.
https://www.greelane.com/it/humanities/inglese/indeterminacy-language-term-1691054/
Un/a
infante commossa pronunciò tra le sue prime parole “una verità” – nella
semplicità di lui/lei era custodita una complessità universale catartica –
tuttavia la infante stessa non si rese conto del valore fondamentale delle sue
parole, nemmeno le persone che intravvisero la sua attitudine, non ne
riconobbero alcuna rilevanza e urgenza conoscitiva. Tuttavia, seppur non
ricordando la qualità di ciò che ebbe valore, la/il infante ebbe custodia della
reminiscenza dell’aver vissuto e dell’essere stato/a simbolo rivelativo di una
realtà fondamentale. Pertanto le sue azioni dalla sua infanzia in poi furono
condotte dalla ricerca, dal sogno di ritrovare ciò che ebbe vissuto e che intuì
importante per lei e per le altre persone. Talvolta nel corso della sua vita
lei/lui visse risonanze percettive in esperienze che razionalmente secondo lei
e secondo le altre persone parvero essere scontate, irrilevanti – tuttavia in
sé lui/lei percepì una subconscia dissonanza valoriale, un tinnìo di risonanza
in quelle quotidianità delle sue idee originali-ancestrali.
Al
culmine della sua senilità pronunciò con commozione le medesime parole che ebbe
pronunciato nel momento della sua infanzia – tuttavia egli non ricordò e non si
accorse che fu il secondo momento che ebbe pronunciato la perfetta sequenza di
quelle parole, come se una intera vita esperienziale riconducesse alle origini,
tuttavia intuì nella sua commozione un senso di urgente rilevanza. Allora le
scrisse e le consegnò alle persone comunicando loro di avere intuito che
fossero fondamentali e che per questo motivo fossero degne di essere conosciute
e condivise.
LA
VIA CI DETTA IL SEGNO
Butterfly
effect about creativity.
Fato,
destino.
La
mano invisibile della creatività
15%
about the writer to realize the book
85%
the way the novel it is the dictation for the writer.
The
writer it is self influenced by his creativity and by his literal creature.
15%
La foglia muove lo zefiro
85%L’uragano
muove la foglia
“La
natura ha donato a tutti ali secondo necessità.
Dispiegale
per solcare e vincere quell’aria per volare non meno di quanto sembri opporsi a
essere solcata.
Dopo
che con fatica l’avrai vinta, questa, non ingrata, ti spingerà avanti
sostenendoti. “
Giordano
Bruno
La
forza potenziale creativa è direttamente proporzionale alla resilienza
implosiva. La implementazione creativa è la conseguenza alla reazione
resiliente ad una minorazione.
“La ricerca tensionale verso il significato,
questo senso di desiderio, ci indica sempre che tutti i fenomeni psicologici
contengono un movimento che parte da un sentimento di inferiorità e arriva
verso l’alto, il sentimento di inferiorità ci eleva. La teoria della Psicologia
Individuale della compensazione psicologica afferma che quanto più forte è il
sentimento di inferiorità, tanto più alto è l’obiettivo per il potere
personale.”
Alfred
Adler From “A new translation of Individual Psychology” 1923
“Essere
creativi significa aprire le pesanti porte della vita. Non è un compito facile.
Può essere addirittura una sfida improba. Aprire le porte della propria vita in
realtà è più difficile che aprire le porte sui misteri dell’universo. Ma è
questo il modo di vivere che manifesta sintonia con le verità più profonde
della vita stessa; solo così possiamo rivendicare il nostro diritto di essere
umani. Agendo in tal senso ci rendiamo degni del dono della vita che abbiamo
ricevuto. Non c’è modo di vivere più misero di quello delle persone che
ignorano la gioia profonda che scaturisce dalla sfida volta a rigenerare la
vita da dentro noi stessi. Il significato autentico della nostra umanità si trova
nella capacità di attingere alle fonti creative della vita.”
DAISAKU
IKEDA
I
livelli di ordine superno di creatività sono raggiungibili mediante l’illusione
di invariabilità delle creatività raggiunte - il raggiungimento della
realizzazione di una importante creatività deve essere funzionale alla
realizzazione di creatività di ordine superiore. Allora la creatività
raggiunta, una volta raggiunta non deve essere ritenuta la meta raggiunta dove
si ritiene corretto fermarsi, bensì un semplice passo verso mete di livello di
ordine superiore. Pertanto se ritengo una realtà non finale ma funzionale, e se
ritengo una realtà illusoriamente invariabile (nonostante sia reale il
beneficio catartico della creatività realizzata) sarò disponibile verso un nuovo
spirito proattivo ed a una eventuale iniziativa di miglioramento o di
implemento con altre nuove creatività della creatività raggiunta ora percepita
come strumento meditativo di creatività superne e non come finalità inerte. La
bontà di questa riflessione si avvale della mentalità di pluricontestualità.
L’ASTRAZIONE
CREATIVA
Astrazione
non è indifferenza all’ambiente ma è riconoscenza e gratuità verso di esso in
quanto iniziativa di colui/colei che abita l’ambiente di integrarlo di lui/lei
migliorandolo. L’outsider intraprende con curiosità l’avventura verso la sconosciutezza
dell’oltre al fine di arricchire l’ambiente delle sue origini delle diverse
conoscenze che ha incontrato durante il suo viaggio.
Astrazione
si contrappone alla facoltà del riflettere - del brillare di luce riflessa, il
riflettere presuppone la acquisizione di vitalità dall’ambiente, se l’ambiente
non è vitale, se siamo supportati solamente dalla facoltà della riflessione, ci
affievoliamo e spegniamo l’ambiente.
Concludiamo
allora che ciascuno di noi può essere ambiente colorato, vitale e
rivitalizzante di ambienti esteriori se privi di colori. Essere imperturbabili
dal luogo e dal tempo è possibilità della manifestazione della nostra identità
riconoscibile come novità rispetto al luogo e al tempo.
L’astrazione,
l’imperturbabilità e la vitalità in noi
L’astrazione
è la facoltà garante del ‘brillare di luce propria’.
L’astrazione
è l’ambiente che germoglia la resilienza e la creatività, secondo questo
principio il calore di un fiore potrebbe sciogliere la neve che lo
cristallizza. Il Sole non brilla perché è riflesso dalla Luna, il Sole non
riscalda per essere riscaldato e non desiste dall’illuminare perché è
circondato dal buio. Secondo l’astrazione ogni luogo ambiente, i più avversi,
sono ideali; così ad esempio il luogo della solitudine presenta analoghe
possibilità creative rispetto al luogo della compagnia, il luogo della fine è
il più ampio spazio di possibilità di iniziare nuovamente, i luoghi negativi
sono luoghi vasti di incremento, di miglioramento, la qualità illuminante del
Sole è più rilevante proprio perché il Sole è circondato dal buio.
Sun
everywhere begins lightly rising always new and enlightened by the reminiscence
of his ancestral flames
Il
Sole ovunque inizia risorgendo leggiadro sempre nuovo e illuminato (Ispirato)
dalla reminiscenza delle sue fiamme ancestrali.
No
matter where you l re while there your inner self is the enlivening place, you
already have life, need life
Realize it — share it by your inner soul to
the place you enliven.
L’ELISIR
DELLA GIOVINEZZA
L’elisir
della giovinezza è una mentalità complessa diveniente, fiorente, animata dallo
spirito di curiosità e di onnipresente incompletezza in destino tensionale di
completarsi.
La
crescita è un miglioramento creativo.
L’avanzamento
del procedere del tempo, l’incremento della età in relazione all’invecchiamento
non è lineare, bensì è un divenire ontologico pluricontestuale complesso. In
verità l’avanzamento del procedere del tempo può coincidere con il compimento
del nostro ringiovanire ad esempio considerando il paradosso in relazione alla
associazione di un aspetto di senescenza immatura che possediamo nella età
infantile in relazione alla nostra verginità di potenzialità latente, l’infante
è in atto ed in potenziale di conoscere il significato della sua realizzazione
e di portarla a compimento, i bambini prodigi si realizzano già all’età della
prima giovinezza. Un primo significato di gioventù può essere ricondotto alla
comprensione del senso della nostra passione creativa, il secondo livello di
gioventù accadrà dinanzi negli anni e risulta la realizzazione fattuale della
passione creativa che abbiamo focalizzato nella nostra prima fase di curiosità
fiduciosa. Pertanto la nostra crescita temporale verrebbe a coincidere con la
nostra evoluzione, con la nostra rivoluzione, con il nostro impegno nel
compiere in realtà le nostre potenzialità latenti, pertanto la nostra graduale
realizzazione esprime puramente il nostro ringiovanimento.
La
neuro-flessibilità infantile può essere implementata nelle età successive,
realizzando la possibilità che le realtà con cui ci relazioniamo siano una
occasione implementativa delle nostre facoltà ed una energia funzionale alla
espressione delle nostre facoltà latenti.
UNA
DEFINIZIONE DI ISTINTIVISMO
L’Istintivismo
ha importanti relazioni con il derivatismo. In quanto la instintività è frutto
della influenza derivativa.
Istintivismo
– una direzione basata sull’idea che la vita è la somma dei comportamenti e
delle attività delle persone che sono guidate da una serie di istinti innati ed
ereditari. Il principale rappresentante dell’I. era l’inglese W. McDougall, che
pubblicò le sue opinioni principalmente nelle opere An Introduction to Social
Psychology (1908) e The Group Mind (1920). Si basava sul presupposto che gli
istinti fossero le fonti o le motivazioni decisive di tutti gli individui.
Egli
ha basato la sua teoria del comportamento essenzialmente naturalistico,
sottolineando le connessioni tra psicologia umana e psicologia animale e
consentendo la spiegazione di psiche fenomenologiche più complesse. Egli
considerava l’istinto una disposizione psicofisiologica ereditaria o innata,
che induce l’individuo che ne è dotato a percepire oggetti di un certo tipo
particolare e a focalizzarsi su di essi, sentendo una specifica commozione che
replicativamente, reciprocamente e biunivocamente induce e conduce la persona a
svolgere determinate attività consonanti con le fonti attitudineli che hanno
implicato questa commozione e con la commozione stessa. Secondo McDougall, il
progresso nella comprensione dei complessi sentimenti e impulsi che sono alla
base del pensiero e dell’azione delle persone e delle società è la capacità di
distinguere e descrivere ogni istinto umano elementare e gli sforzi emotivi e
volontari che corrispondono agli istinti. McDougall ha distinto 7 di base
istinti: fuga, resistenza, curiosità, combattività, autoaffermazione,
autoumiliazione e genitorialità.
I
7 principi corrispondono alle loro emozioni: Paura, antipatia, sorpresa,
rabbia, fiducia, inferiorità e sensibilità. Questo autore ha gradualmente
ampliato il repertorio fenomenico degli istinti per includere gli istinti
sessuali, di gruppo, di raccolta, di costruzione, di risata, di graffio, di
starnuto, di tosse. Per esempio la religione è stata ridotta all’istinto di
fuga, alla curiosità e all’autodegradazione, il capitalismo all’istinto
collezionista, l’urbanizzazione all’istinto del gruppo, ecc.
Altri
rappresentanti di i., influenzati dalle opinioni di McDougall:
G.
Wallas, cercando di applicare I. alla politica. Tra gli istintivisti c’è anche
S. Freud, la cui dottrina si basa, tra l’altro, sul dualismo dell’istinto di
vita e di morte.
L’influenza
della i. fin dalla sua nascita fu oggetto di numerose critiche. Tuttavia, si
basava sul requisito che la scienza fosse costruita su scienze esatte.
L’istintivismo portato a semplificazioni estreme, soffriva di tutte le carenze
dello psicologismo e del riduzionismo. Il concetto stesso di istinto era
problematico e ambiguo, in base al quale diversi rappresentanti I. intendevano
cose diverse, ad esempio atteggiamenti, abitudini, bisogni, affetti, ecc.
L’istintivismo mancava di un convincente empirismo.
Istintivismo
creativo e la nonviolenza di Gandhi (Il No all’istintivismo distruttivo
violento)
Il
percorso dell’intelligibilità istintiva
LA
SCRITTURA ISTINTIVA.
Lo
scrittore illetterato – una nuova pedagogia della imperfezione e del
fallimento.
Vi
fu un tempo in cui uno scrittore fu bandito dagli albori degli scrittura
illustri. Perché?
Perché
era cinto da una convincente critica – i suoi critici implicarono la sua
decadenza accusandolo di ignoranza grammaticale, dicevano che “non sapeva farsi
intendere poiché i suoi scritti erano inghirlandati da errori grammaticali
gravi che inficiavano la bontà olistica dei suoi componimenti.” Lo scrittore si
perse d’animo, smise di scrivere, si spense per sempre la sua creatività. Quale
fu la sua verità? Egli era un rivoluzionario, la sua scrittura istintiva
oltrepassava i limiti del perfezionismo art-nouveauista del tempo – vi fu un
critico che a sua insaputa gli rese nuovamente dignità creativa come il nuovo
scrittore libertario padre del nuovo Flow dell’ ISTINTIVISMO LETTERARIO – Tutti
infatti riconobbero in passato che la sua energia, precocità e resilienza
creativa era innatamente superiore agli altri – il critico letterario tutelò la
sua dignità creativa parallelizzando il suo operato con l’astrattismo artistico
– alludendo all’errore non come fallimento creativo da ripudiare bensì come
monito libertario di pluralizzazione creativa – il critico infatti dimostrò che
i suoi errori grammaticali non incidevano sulla comunicazione di senso olistico
delle sue scritture. Il critico disse queste parole:”Noi non ammoniamo i
bambini verso l’errore, l’errore non deve essere un blocco creativo, bensì un
ambiente transitorio di riflessione correttiva attitudinale, transitiamo
l’errore, assimiliamolo, poiché le note errate fungono al riconoscimento ed
alla esistenza ontologica stessa delle note buone.
L’errore
inoltre ha un valore libertario – irenico-pacificativo – poiché la deviazione
dalla normalità ha una fattibilità probabile verso cui ciascuno prima o poi
incappa. Il critico inoltre studiò la qualità degli errori grammaticali del
poeta, e vi intravvise la loro qualità semplicistica, banale – ed istituì il
valore del banale, del semplice come valori libertari sostenendo, tutti, anche
i bambini disegnano malamente linee non perfettamente armoniche e sinusoidali,
bensì incerte, interrotte spezzate – pertanto istituì la imperfezione
comunicativa come un valore implementativo in atto di valorizzazione
interculturale di dignità comunitaria, proprio come gli artisti astrattivo-semplicisti
furono in grado di realizzare. Una ultima onorificenza che il critico affermò
verso lo scrittore fu che lo descrisse come un riscrittore innovatore
etimologico, infatti il suo apparente limite grammaticale consisteva e
struttura a lo spirito di innovazione culturale, come? Egli sbagliando le
parole, realizzava nuove parole per ‘farsi intendere’ ed il critico dimostrò
che nonostante le parole prima di lui non esistevano nel dizionario, le sue
parole comunicavano sonoramente secondo valori onomatopeici significati
consonanti con la complessità del suo volere comunicare, ovvero la parola si
comprendeva in grazia altresì della complessità fraseologica custode della
parola. Il critico laureò lo scrittore come innovatore della complessità
letteraria contemporanea sulla base delle onorificenze di creatore di
neologismi e di dinamiche dialogiche inclusive, non esclusive, pertanto di un
sistema comunicativo – relazionale ottimale, accogliente – apparentemente
limitato e fallimentare poiché in apparenza erroneo ma realmente ottimale e
perfetto proprio in grazia del valore irenico-conciliativo- relazionale dei
suoi errori.
L’ISTINTIVISMO
LETTERARIO E LA REALIZZAZIONE DI UN LIBRO
IL
METODO CREATIVO EURISTICO
La
serendipità e il mind-fluttering
La
fluttuazione del pensiero.
Il
fascino fuggevole della stampa “Mondo fluttuante” di Ukiyo-e.
The
golden thought it is like a butterfly.
La
fluttuazione non è incostanza né inconsistenza. Fluttuare è non immobilizzarsi,
la tensione del fluttuare è ovunque e sempre pluridirezionale. La alternanza
della fluttuazione è una rapida intermittenza tra flusso e riflusso. Il
riflusso è il richiamo, la implicazione del flusso, si realizza che nella
fluttuazione l’effetto essendo immediata causa, l’effetto è causale, la fine è
l’inizio. La fluttuazione è ottimale, non spreca energie e si impone alle
resistenze come un ciottolo incandescente piombante oltre le lastre di ghiaccio
puro evaporandole, così si realizza la lieve nebulosità della tempra solida. La
fluttuazione elimina il pensiero della finalità, della meta, della destinazione
rendendo la primaria rilevanza del passo puro. L’aspirazione è un traguardo
vicino, è l’ispirazione immediatamente attigua. La fluttuazione è la leggiadria
di una piuma. La fluttuazione non è esitazione, non è ondeggiamento, non è
tentennamento, non è oscillamento, poiché l’ ondeggiamento, il tentennamento e
l’ oscillamento implicano immobilità, il ritorno è prevedivile è frequente,
mentre la fluttuazione è avanzamento, il ritorno della fluttuazione è possibile
ma raro. La fluttuazione è avventurosa, allora ravviva e smuove, vibra la
monotonia dell’ambiente che custodisce l’anima fluttuante. La fluttuazione non
è passività, l’anima fluttuante non subisce passivamente il suo ambiente,
l’ipersensibilità ispirativa della fluttuazione è una risonanza che rivoluziona
l’ambiente, lo sfioramento di una piuma su un ghiacciaio può implicare il
cedere rovinoso del ghiacciaio.
La
fluttuazione è resiliente: Così la piuma toccando lo specchio d’acqua plasma la
sua forma. La piuma affiora sia alle acque quiete sia ai maremoti.
Applicare
l’istintivismo pittorico di e di Pollock e Kandinskij e Mondrian alla dinamica
creativa-letteraria. non è casuale in quanto descrivo qui il passaggio da un
caos creativo istintivo verso una geometrizzazione logico-istintiva.
Pertanto
alludo qui alla dinamica della stesura di un manoscritto.
L’incipit
è istintivo come nei dipinti di Pollock – nei dipinti di Pollock sussiste
caoticità istintiva allo stato puro, tutti i colori coesistono, non è un caso
ciò che ora ho scritto in quanto altresì il nero ha dignità esistenziale nei
dipinti di Pollock. Pertanto L’incipit istintivo letterario annette la stesura
calligrafia di ogni qualità di pensiero – l’ottica progressiva e di valore
qualitativo ordinativo-purificativo.
L’arte
di Pollock valorizza sia il percorso creativo, sia la meta, la meta è il
dipinto concluso, mentre il percorso è come il pittore realizza l’opera ed è
noto che la componente subconscia ed irrazionale è una componente fondamentale
delle opere di Pollock – applichiamo allora questa dinamica attitudinale alla
complessità dell’incipit realizzativo – attitudinale letterario – semplicemente
lasciamo fluire il Flow dei nostri pensieri e trascriviamo sul foglio ciò che stiamo
pensando al momento liberamente se ci aiuta scriviamo parole simboliche diverse
con colori diversi, significati mistico-distopici ed utopici intellegibili
soltanto a noi, un caos di parole come il caos di segni di Pollock. Le
successive due fasi creative costituiscono la intelligibilità e la possibilità
comunicativa del nostro codice letterario soggettivo.
La
istintività logica esiste, la istintività è la modalità del flow creativo – la
logicità è la geometrizzazione sono gli strumenti che accompagnano la dinamica
creativa istintiva.
La
seconda fase è l’istintivismo di Kandinskij, ovvero operiamo una prima
istintiva geometrizzazione di significati – ovvero allineiamo significati
consonanti, ritrascriviamo paragrafando, creiamo i primi collegamenti
contestuali soggettivi, proviamo ad ordinare e categorizzare i simboli
semantici sparsi sul foglio.
La
terza ed ultima fase è l’istintivismo di Mondrian – iconico e il suo
selettivismo e semplicismo omologativo cromatico–
Allora
letterariamente semplifichiamo, selezioniamo, impaginiamo, risulterebbe che
immediatamente si riconosce che ciascun paragrafo abbia il suo colore, che il
lettore comprenda, in questo paragrafo lo scrittore mi comunica questo
significato – il risultato è consonante con il geometrismo di Mondrian – il
libro, lo scrigno del nostro percorso creativo comunicabile poiché
intellegibile.
Il
risultato non è sentimentale? Allora sostituiamo alla seconda e terza fase
creativa la sentimentalizzazione istintiva – pertanto non applichiamo la
logicità selettivo-astrattiva geometrica bensì applichiamo le sfumature del
nostro intuito comunicativo olistico, ascoltiamo il nostro cuore per far
sorgere dal caos inintelligibile di pensieri un equilibrio comprensibile di
sfumature di senso implementative e implementabili , non selettive, ovvero che
permettano al lettore la libertà percettiva, l’incanto, il mistero, la
curiosità, il germoglio, il sogno irenico.
LA
DIGNITA’ UNIVERSALE CREATIVA
IL
PASSO CREATIVO
LA
PROMOZIONE DEL TALENTO POTENZIALE
La
calma creativa dei già realizzati.
Se
non hai ancora realizzato esteriorizzato un traguardo ritenuto di valore -
credi fermamente nel fatto che coloro che non sono realizzati sono in verità
realizzati, perché la realizzazione dei non realizzati esteriormente è una
realtà latente, diveniente, esistente - every senseless it is about to get
significance - la realizzazione latente è una reale esistenza - poichè una
realtà appartenga al l’inner becoming universe crediamo erroneamente che non
esista.
Crediamo
in questo paradosso: “Il seme è il germoglio, e il germoglio è il fiore, il
seme è il fiore. Il seme è il profumo del fiore. “
Chiunque
mi risponderebbe che “”Il seme non è il germoglio, e il germoglio non è il
fiore, il seme non è il fiore. Il seme non è il profumo del fiore. “
Ed
io risponderei che è una prospettiva vera. Tuttavia guardiamo queste relazioni
da una prospettiva alternativa.
La
proiezione anticipante.
A
livello relazionale la fiducia nel compimento delle facoltà latenti evolutive
del seme implicano uno spirito proattivo facoltoso dell’osservatore di
compartecipare e di promuovere la realizzazione della evoluzione del seme.
Allora
se ci fermiamo alla percezione inerte del seme che è solamente seme. Noi non
faremo nulla affinché il seme sia altro rispetto alla realtà statuaria che vi
determiniamo.
Allora
ad esempio non sposteremo il seme dal tavolo alla terra, e non abbevereremo il
seme.
Diversamente
il nostro spirito associativo implica la nostra iniziativa curiosa nel
riconoscimento dell’evoluzione del seme.
Allora
istintivamente agiremo in valore di promuovere il divenire del seme poiché
proiettiamo che quel seme se ci relazioniamo con lui in una certa maniera,
secondo un metodo catartico proattivo, il seme sarà fiore che ci ricompenserà
con i suoi colori, le rare forme dei petali, il suo profumo.
Allora
saremo condotti (Il nostro singolare mindset creativo ci conduce) a riporre il
seme nella terra e ad abbeverarlo - e riconosciamo che in un istante diveniente
vi è analogia tra seme e germoglio. Appena vedremo il nascente germoglio - ci
sorprenderemo nel vedere che la nostra attitudine fiduciosa non sia una
invariante. Allora proseguiremo secondo questo spirito creativo, e sposteremo
il germoglio affinché sia illuminato dai raggi solari., persevereremo
nell’abbeverare il germoglio.
Il
germoglio grazie a noi diviene fiore. Il germoglio in un istante diveniente è
fiore.
Ne
percepiamo il profumo e vi riconduciamo giovamento, la ricompensa che ci fa
bene.
Ciò
che credevamo assurdo in realtà è veramente reale. In quanto riconsiderando le
nostre originarie percezioni del seme in relazione alle percezioni olfattive
che possiamo adesso sentire del fiore.
Scopriamo
che il profumo del seme somiglia, richiama il profumo del fiore che tuttavia
ora è più intenso, risonante.
Allora
giungiamo alla veridicità del Paradosso secondo cui il seme è il profumo del
fiore.
La
realizzazione del nostro talento latente e di quello del prossimo è promossa
dalla nostra vicendevole previsionalità buona e benefica.
La
promozione non è una gentile concessione di un timido riconoscimento
ricompensivo che forse dedicheremmo in un aleatorio, possibile, improbabile
futuro in cui una persona riuscirà non grazie a noi, ma nonostante il nostro
costante dubbio di compimento nelle fasi del percorso di questa persona. La
pro-mozione è il sommovimento verso, è la pro-pulsione proiettiva graduale che
accompagna ogni fase del percorso creativo del prossimo. È l’acqua la terra e
la luce per il seme. Ed il prossimo si realizza gradualmente grazie a noi. E
della realizzazione del prossimo noi gioveremo come del profumo del fiore,
poiché vedemmo il seme già essere il fiore profumato. E noi ci realizziamo
gradualmente grazie al prossimo se il prossimo possiede questa mentalità
pro-positiva, positivizzante.
Allora
il bambino che raggiunge il risultato corretto di una semplice operazione è un
illustre matematico, la bambina che collega fantasiosamente due frasi è una
famosa scrittrice.
La
giovane che bene cura una ferita è una stimata cardiologa.
Un
bambino che fa sorridere una bambina che piange è un eminente psicologo.
È
lo spirito materno che tutti possediamo ad esempio a realizzare queste verità.
Alla
bambina che collegò fantasiosamente due frasi la persona che la vide
relazionare queste due frasi, gettò via il diario, dicendole “Queste parole
sono insensate e inutili, non perdere tempo in questi controsensi.”.
La
bambina ascoltò le parole di questa persona e smise di scrivere - presto o
tardi divenne soggetto di scherno per la sua svogliatezza e incompetenza nella
scrittura.
Diversamente.
Alla
bambina che collegò fantasiosamente due frasi la persona che la vide
relazionare queste due frasi, la persona ri-conobbe le sue parole, le
con-divise con molte persone, tra cui molti pensatori illustri - la bambina fu
presto riconosciuta molto talentuosa. In relazione a questo Flow creativo, alla
bambina fu permesso di frequentare importanti eccellenti corsi di formazione
nell’ambito letterario.
La
bambina portò a termine gli studi con voti eccellenti. I primi studi le diedero
una borsa di studio, la condussero e la orientarono verso una università
letteraria importante - la giovane si laureò con voti eccellenti, in seguito
alla laurea realizzò delle opere letterarie, la persona che lesse le prime
parole quando la giovane fu bambina, lesse le sue opere letterarie e confortata
dalla fiducia materna che sempre ebbe scorto in lei la orientò verso alcune
importanti case editrici che promossero le sue opere che furono acquistate e
lette da miriadi di persone, la bambina che relazionò fantasiosamente due frasi
è ora una importante scrittrice nazionale.
La
focalizzazione creativa è una astrazione orientata contestualizzata. I contesti
alternativi rispetto al contesto del focus creativo sono invarianti.
L’eclettismo
invece è una creatività non orientabile e premette lo spirito di adattamento
verso la pluricontestualità, ovvero la esistenza della complessità diveniente
di contesti che si avvicendano e che si sovrappongono.
Allora
un matematico è in facoltà di essere un pianista.
LA
MARGINALITÀ, LA GRATUITÀ E LA VARIABILITÀ
“La
teoria della marginalità
Le
variazioni delle grandezze valoriali delle realtà non dipendono dalla
dimensione assoluta delle grandezze ma da fattori che influenzano i loro
incrementi o decrementi, ovvero che le influenzano al margine.
La
teoria del valore
Il
valore di un bene esiste in quanto il bene è utile.
Questo
valore è tanto più elevato quanto maggiore è la scarsità dei beni e più intenso
il loro bisogno.
Il
ruolo della utilità marginale. Soddisfiamole nostre necessità in maniera
decrescente. Secondo questa prospettiva (Ne esistono altre), il valore di un
bene, non è dato dalla soddisfazione totale conseguente a suo possesso, ma
dalla soddisfazione conseguente alla ultima aggiunta.
L’esempio
dell’assetato in un deserto
Per
un assetato, il primo bicchiere d’acqua avrà un valore infinito perché gli
garantisce la sopravvivenza. Un valore vasto (tuttavia non più infinito) avrà
il secondo bicchiere di acqua, ed ancora molto meno importanti saranno i
successivi bicchieri, fino ad arrivare ad uno stato di soddisfazione totale in
cui il valore aggiunto si percepisce come superfluo e eccessivo (Il valore di
utilità è uguale – Vi è percettività di indifferenza nella presenza o assenza
del bene) ed infine uno stato di soddisfazione eccedente in cui il valore di
utilità è negativo, ovvero le situazioni in cui il valore aggiunto del bene è un
danno, pensiamo alla assunzione di miriadi di litri di acqua che implicano
gravi danni fisici.
È
l’utilità dell’unità marginale fissa il valore del tutto. Il prezzo è ciò che
gli uomini sono disposti a pagare per l’ultimo incremento, quello meno desiderato.
L’ultima
dose marginale.
La
vera misura della soddisfazione del bisogno è ottenuta dalla acquisizione
dell’ultima dose, è in questo momento in cui il bisogno è soddisfatto.
Il
valore della ultima dose marginale.
Positivo,
se la qualità disponibile è insufficiente ad appagare completamente il bisogno.
È
di valore zero, se il bisogno viene completamente soddisfatto.
Negativo,
se la ultima dose marginale è superiore rispetto a quella necessaria per il
completo soddisfacimento della necessità.”
Bibliografia
Boffito
C.,(1983),Economia Politica, Loescher Editore, Torino.
Galbraith
J.K., (1988), Storia della Economia, Rizzoli, Milano.
La
teoria della marginalità, la relazione e la invariabilità
Il
puro valore aggiunto relazionale, la gratuità, è il reciproco dono della
relazione nella relazione.
Se
il valore della ultima dose marginale nel contesto della relazione è positivo –
esiste la marginalità relazionale e si realizza un ambiente relazionale florido
garante della resilienza relazionale e del “Sarà” della relazione in tensione
creativa verso il reciproco raggiungimento delle relative necessità.
Se
il valore della ultima dose marginale nel contesto della relazione è zero
possono sussistere sia la noia sia il riconoscimento. La percezione di noia si
relaziona con il sentimento di fine relazionale nelle mentalità che valorizzano
come fine della relazione (Da notare il duplice significato del termine “Fine”
di termine e di finalità) il raggiungimento delle vicendevoli necessità e non
come passo relazionale.
La
relazione e la invariabilità
DOVREMMO
RICONOSCERE I GRAVI LITIGI E LE GRAVI INCOMPRENSIONI COME INVARIABILI DELLA
BONTÀ RELAZIONALE
La
teoria della marginalità, la creatività, la variabilità della opera creativa e
la attribuzione di dignità.
Ciascun
fatto creativo deve essere ricompensato e deve avere un prezzo.
La
attribuzione di dignità è in relazione con la variabilità della opera creativa.
Ovvero il riconoscimento che l’opera creativa esiste ed implica una variazione,
un cambiamento, un implemento della realtà.
Di
contro il giudizio di invariabilità e la concorde indifferenza (Non differenza,
non variazione) verso una opera è in-differenza nei confronti della essenza
ontologica della persona creativa, il giudizio dell’osservatore di
invariabilità della opera e della persona creativa ha pertanto senso di
misconoscimento e di annichilimento. Valorizziamo le opere altrui poiché non
vorremmo provare il sentimento conseguente al misconoscimento delle nostre
opere creative (Di non riconoscimento e di non ricompensa).
In
atto di indifferenza e di giudizio di invariabilità, l’osservatore è
invariabile, è motore immobile, poiché il suo atto osservativo non è creativo,
non essendo riconoscente non implica variabilità. L’osservatore non
riconoscente passivo è non degno.
La
persona creativa esiste in quanto motore non immobile, in quanto
ontologicamente non invariabile –
Pertanto
la persona creativa è degna in essere, non in senso di un riconoscimento
esteriore.
La
dignità umana essenziale che prescrive la utilità e il valore intrinseco
all’atto creativo come essenziale motore non immobile e ontologicamente causa
di una variabilità è il criterio di giudizio valoriale superno e pertanto di
ordine superiore rispetto al sub-criterio valoriale della marginalità -
La
opera creativa è utile, ha valore, deve avere prezzo, riconoscimento e deve
essere ricompensata in causa prima della dignità della persona creativa in
onore essenziale di essere motore non immobile.
La
esistenza del margine è garanzia del divenire: La marginalità confuta la
inesorabilità.
LA
VARIABILITA’ E IL MOTORE NON IMMOBILE
Per
comprendere i significati di “variabilità” e di “Motore non immobile”
approfondiamo i significati dei loro contrari.
Si
ottiene Equivalenza in seguito ad una invariabilità.
https://www.treccani.it/vocabolario/invariante
https://it.wikipedia.org/wiki/Invarianza_(matematica)
La
addizione è una variabile, è un motore non immobile.
La
addizione è una implementazione limitativa
La
addizione ha una influenza di addizione minorativa – implementativa
Esempio
semantico
Aggettiviamo
la parola “Ω” con l’aggettivo “infinito”.
Pertanto
limitiamo la essenza “Ω” a non essere finita.
Allora
la aggiunta della parola “infinito” ha una influenza
costrittiva-limitativa-minorativa relativamente al contesto della finitudine.
Il
limite dell’infinito è insito nella sua infinitudine. L’infinito è gravemente
limitato nel contesto della finitudine.
Ciascuna
aggettivazione è una limitazione della parola aggettivata ed è una minorazione
di libertà.
VIVERE
“Ω”, ESSERE “Ω”,
ESSERE
RELAZIONALI, AMOREVOLI, PACIFICI, COM-PASSIONEVOLI,
VIVERE
LA RELAZIONE, ESSERE LA RELAZIONE,
VIVERE
L’AMORE, ESSERE L’AMORE,
VIVERE
LA PACE, ESSERE LA PACE
VIVERE
LA COM-PASSIONE, ESSERE LA COM-PASSIONE
Il
compimento da parte di “Ω” delle latenti potenzialità di “Ω” è limitato dalle
qualificazioni esteriori interiorizzanti degli osservatori di “Ω”.
La
limitazione fattuale osservativa dell’osservatore verso la realtà osservata
consiste nel fatto che l’atto osservativo è di tipo riconoscitivo-fotografico-ultimativo
– La fotografia delimita all’istante presente la realtà. La esistenza di una
immagine fotografica realizza, compie la dissonanza cognitiva tra essenza
fotografica ed essenza reale del/della realtà protagonista della fotografia.
La
fotografia è il non essere della realtà protagonista che nel momento
immediatamente successivo allo scatto fotografico è diversamente rispetto alla
qualità essenziale della realtà nel momento della fotografia – L’osservatore
realizza il danno esistenziale nella misura in cui si focalizza sul valore
superiore della fotografia, della sua osservazione ultimativa ed implementativa
della inesorabilità rispetto al valore della reale essenza diveniente della
realtà.
Possiamo
dichiarare allora che l’atto osservativo se e quando è di tipo
riconoscitivo-fotografico-ultimativo è una forma di cecità e di danno.
L’atto
osservativo se e quando è di tipo riconoscitivo-fotografico-ultimativo e di
tipo uni-contestuale conduce a ultimazioni inesorabili che implicano
l’attitudine di statuizione (Statua) e di immediato provvedimento adducendo la
qualità di severità ambientale che limita e influenza negativamente la realtà
osservata. Di quale contesto è povera la immagine fotografica? Della
potenzialità latente.
Primo
esempio – L’osservatore osserva un fiore in un vaso dall’obiettivo di una
reflex – Scatta una foto. Conosce che il fiore non è sano, i petali sono
incanutiti e increspati. L’osservatore abbandona il fiore.
Nel
tempo di alcune ore questo fiore in grazia dei raggi solari riacquista calore
cromatico ed i petali, resilienti a sé medesimi, riacquistano tempra ed
energia.
L’osservatore
che abbandonò il fiore è lontano dal fiore reale e osserva la fotografia del
fiore nel momento in cui furono in relazione. L’osservatore della fotografia
critica, mal-pensa e male-dice, dimentica il fiore poiché dalla immagine
fotografica risulta inutile, l’osservatore vede della fotografia del fiore, i
petali incanutiti ed increspati, mentre il fiore reale è vitale, sano, meraviglioso,
ricco di colori – L’osservatore perde le ricchezze di cui nuovi osservatori
adesso possono giovarsi.
Una
seconda possibilità –
Poiché
l’osservatore abbandona il fiore, il fiore svilisce definitivamente – Tuttavia
è l’attitudine definitiva dell’osservatore ad addurre la qualificazione di
definitività ambientale che ha implicato la fine del fiore.
Se
l’osservatore in principio avesse intravisto la resilienza latente del fiore,
poche gocce d’acqua dell’osservatore verso il fiore sarebbero state sufficienti
ad implicare la rivitalizzazione del fiore, e la riconoscenza del fiore verso
l’osservatore. (Il profumo ed il belvedere)
Pertanto
le nostre ultimazioni verso i nostri prossimi implicano l’incremento della
probabilità della manifestazione delle limitazioni che vi adduciamo, e la
responsabilità dell’avverarsi delle ultimazioni è sia della persona
pregiudicata, sia dell’ambiente negativamente influenzante.
L’Ambiente
creativo, lo spazio di iniziativa creativa volontaria diveniente, è la marginalità.
Il
valore della gratuità
La
misura della proattività di variabilità buona è in misura della nostra
gratuità, ovvero in misura della nostra volontà di donare.
Il
dono è puro valore aggiunto, non è spurio valore aggiunto.
Il
dono è causa prima di iniziativa relazionale bene-volente, pertanto si dedica
iniziativa relazionale indipendentemente dalla qualità essenziale-attitudinale
del prossimo osservato.
Il
perdono è un esempio di dono. Il perdono non è allora solamente ciò che è in
contrasto con la mentalità di ri-vendicazione – Ma è una abitudine attitudinale
creativa – il per-donare – ovvero l’iniziativa attitudinale che in sua essenza
realizza variabilità, miglioramento, il passo attitudinale relazionale che
abbraccia nel suo significato il “donare per” ovvero la meta relazionale e il
senso, il perché del fare in valore di variabile che realizza ri-compensa – La
realtà neuro-biologicamente catartica.)
IL
VERO SUCCESSO
In
ottemperanza di una mentalità futurista intendiamo il successo nella qualità di
riconoscimento che sarà dato, dedicato da una molteplicità di persone esterne.
Tuttavia
questa realtà è rara a verificarsi ed è una dissonanza cognitiva temporale tra
ciò che non è presente e ciò che dovrà essere futuro, pertanto causa dispiacere
e sofferenza, questa traduzione può ottenersi con il termine inglese “success”.
Tuttavia
esiste una prospettiva più riconoscente e più allietante, che ci arricchisce
maggiormente e che ci fa più bene adesso è la prospettiva presentista del
termine successo. Ovvero semplicemente “SUCCEDERE” Accadere, pertanto il valore
di una passione è intrinseco al puro atto che è interiorizzante non esteriori
Zante, autonomo, non eteronomo, indipendente dal riconoscimento esteriore ed è
proattivo, poiché l’atto futuro resiliente non è limitato dalla possibile
assenza di riconoscimento esteriore. Secondo questa via il riconoscimento
esteriore sarà un effetto involontario della resilienza creativa.
Allora
traduciamo la prospettiva creativa del concetto di successo con il termine
inglese “TO happen”.
Accade
infatti che a causa della lungimiranza verso ciò che dovrà essere futuro non ci
accorgiamo di ciò che è.
Questa
dinamica può essere applicata all’amore.
Una persona comunica ad una seconda:” amerai me, saremo insieme, ci
ameremo”
Ma
la seconda persona risponde “il nostro amore è, questo adesso è il nostro luogo
amoroso ”
La
prima persona ripete, “amerai me, saremo
insieme, ci ameremo”
È
la seconda se ne va poiché la prima le chiede di donarle una verità che già
donava e che già aveva realizzato, lei non ha riconosciuto l’amore presente che
già stavano vivendo.
L’amore
è adesso – il nostro incontro è già amore.
È
la seconda persona è in errore quanto la prima perché fa finire l’amore in
ottemperanza della finitudine del passato in quanto il suo pensiero decade nel
“già non è amore. “
Ed
il focus l’obiettivo è l’amore puro presente è il “To happen” creativo, non il
to success futuro.
Allora
siamo già compiutamente realizzati, non occorre aggiungere alcunché al nostro
pellegrinaggio se non il nostro successo, ovvero il riconoscimento del
succedere dei nostri passi.
UN
PRIMO TRAGUARDO
L’aver
camminato molti passi lungo la via creativa artistico letteraria mi rassicura
d’esservi giunto lontano scoprendo che non esiste meta se non la gratitudine e
l’orgoglio del compimento dei passi passati e la resilienza e perseveranza nel
compiere oggi stesso un nuovo passo creativo.
Secondariamente
ho intravisto che il luogo del lontano non sia dissimile all’umiltà del luogo
vicino così come un castello di sabbia non è che la paziente composizione
d’ogni suo granello di sabbia, ogni grande riconoscimento può rivelarsi
somigliante alla creatività d’ogni timida iniziativa che è custodita in esso.
NON
DOVREMMO DOMANDARCI QUANDO SIA
IL
MOMENTO IN CUI IL FIORE È SBOCCIATO
MA
PIUTTOSTO QUANDO SIANO I MOMENTI DELLO SBOCCIARE DEL FIORE.
IL
VALORE DELLA DELUSIONE
“Ci
saranno forse cose
Cui
Non
credevo
Fino
ad oggi
Con
cui potrei inaspettatamente entrare in contatto.”
Kawasaki
Hiroshi
-
Abbassa le tue aspettative verso le persone, la causa della tua delusione sono
le tue elevate aspettative verso le persone, non le persone e le loro
attitudini verso di te.
-
Sai chi fu il fondamentale ultimo maestro del superuomo?
-
No.
-
Si narra degli incontri di un giovane ambizioso con il suo maestro di vita.
Durante
il primo incontro il maestro consegnò al suo allievo l’insegnamento eclettico.
Il maestro si dimostrò conciliante, buono, confortante, emotivo, empatico,
curioso, generoso.
Durante
il secondo incontro il maestro consegnò
all’allievo la resilienza reminiscente.
Il
maestro mise severamente alla prova l’allievo, si realizzò un esame in cui
l’allievo dimostrò di avere assimilato ogni complessità eclettica che il
maestro gli ebbe consegnato. Il maestro disse all’allievo le ultime parole di
congedo, addio, sei libero. Tuttavia, sono ancora deluso da te.
Il
discepolo ebbe un colpo al cuore. Non poteva esistere la delusione del suo
maestro. Egli fu eccelso, superò bene qualunque prova.
Questa
questione rimase nel discepolo senza risposte, incerta, irrisolta per decenni.
Tuttavia
si realizzò un terzo incontro alcuni decenni dopo il secondo incontro tra il
maestro e l’allievo.
Il
maestro della umile scuola spirituale che ebbe frequentato il bambino era in
verità altresì uno tra i Superni, uno tra le guide spirituali eccelse, ovvero
il mandante di tutte le avversità che il suo discepolo dovette affrontare
durante il corso dell’intera vita per elevarsi spiritualmente e per giungere
fino a lui.
Il
maestro durante il terzo incontro disse al discepolo.
Il
tuo primo e migliore maestro sarà il tuo ultimo temibile avversario.
Il
maestro domandò al discepolo.
“Sai
che il tuo primo maestro ti ha tradito, poiché è stato mandante delle avversità
che hai dovuto affrontare durante il corso della tua vita. So che negli anni
della tua giovinezza fosti riconoscente al tuo maestro, ora che sai, mi sei
ancora riconoscente oppure odi il tuo maestro? “
Il
discepolo rispose.
“Sono
riconoscente a te per-dono.”
Il
maestro congedò il suo discepolo concludendo:
“Il
discepolo è maestro per il suo maestro.”
In
un nuovo momento, dopo essersi congedato dal maestro. Il fu-discepolo incontrò
nuovamente un bambino, il viso del bambino gli fu familiare.
Era
stato il bambino in fasce nella neve cui salvò la vita anni or sono.
La
vita è una ascesi, in seguito all’ultimo incontro con il suo maestro il fu
discepolo fu chiamato in una prestigiosa cattedrale da un bambino. In verità
l’eminenza superna, l’ultimo stadio elettivo spirituale che tutti pregano. Il
fu discepolo riconobbe il bambino, originariamente nelle vesti di un povero
fragile, indifeso bambino in fasce, che lui salvò dal freddo della neve.
Grazie
a quell’atto salvifico, il fu-discepolo raggiunse il lumen spirituale, la
facoltà che gli permise di affrontare con calma e perdono il suo primo maestro
che lo ebbe tradito.
Accadde
una magia ulteriore, altresì l’eminente bambino, ora cinto da veli vellutati,
sembrò riconoscere il fu-discepolo, quando lo incontrò si spogliò dei veli e si
abbracciò incrociando le mani indicando il suo essere infreddolito, poi -
comunicò alle personalità spirituali di condurre verso lui l’uomo ospite, il fu
discepolo.
L’eminente
bambino ringraziò l’uomo, nessuno capiva nulla, nessuno ebbe mai notizia della
relazione tra loro. E gli domandò. “Potresti abbracciarmi? Sento freddo.”
Una
attitudine di questo tipo, un tale privilegio non fu mai dedicato a nessuno
dall’emittente bambino.
Il
fu-discepolo abbracciò il bambino.
È
l’eminente bambino nominò l’uomo suo primo antecessore spirituale che ora
chiunque venera.
Il
fondamentale ultimo maestro del superuomo fu il bambino indifeso in fasce nella
neve.
-
Non è possibile, replicò la persona che seguiva con attenzione lo scandire del
racconto.
Il
tempo avanza per chiunque, il bambino che il fu-discepolo ebbe incontrato nella
cattedrale dovrebbe essere adulto.
La
magia della vita reale è la sua complessità.
Il
fu-discepolo incontrò in sogno il bambino in fasce, ed in sogno lo salvò dalla
neve.
Nella
realtà incontrò il medesimo bambino che ora lo inaugura il nuovo eletto
spirituale.
Il
bambino nel sogno pianse, rispose tutte le sue speranze fiduciose nell’uomo che
lo salvò, nonostante fosse probabile che lo salvasse poiché miriadi persone lo
ebbero trascurato, mentre era nella neve e piangeva ed aveva freddo. La
rassegnazione del bambino verso l’uomo, il bambino non avrebbe pianto e l’uomo
non lo avrebbe salvato.
Come
il secondo importante maestro ripongo elevate attese e aspettative verso il
prossimo poiché l’aspettativa eleva è in facoltà di innalzare, di migliorare
proattivamente.
La
delusione è paradossalmente un grande dono di stima, staremmo comunicando
all’altra persona hai un vastissimo potenziale, riconosco che esiste in te un
potere latente che tuttavia non stai esprimendo - La comunicazione “Puoi
realizzare, compiere di più.” È in atto il dono della proiezione destinante
verso la reale elevazione della persona verso cui siamo delusi.
Se
ripongo elevate aspettative, attesa fiduciosa, in te e te lo dimostro mediante
giudizio di delusione, ci proiettiamo insieme verso il miglioramento.
Diversamente
se ripongo un vasto limite di aspettativa, se non ho alcuna fiducia, e lodo il
tuo limite - oriento te a non elevarti, a giacere in una limitatezza, se
dovessi un giorno averne percezione e coscienza.
Considerazione
ulteriore.
Nonostante
la intenzionalità buona e benefica delle attitudini di delusione, queste
possono implicare reazioni di demoralizzazione, non di creatività attitudinale.
La
premessa ulteriore del miglioramento consiste nel fatto del chiarimento del
motivo della attitudine di delusione.
“Sono
deluso/a poiché ho elevate aspettative verso di te e so che puoi essere
migliore. “ è diverso rispetto al comunicare:”Sei deludente. “.
Una
ulteriore possibilità che premette la creatività relazionale è il comportamento
di non delusione – il valore del conforto, del supporto, della fiducia
speranzosa del successo, nonostante non siano già manifesti i germogli.
ESSERE,
NONAPPARIRE DI ESSERE
A
volte quando sei in un posto buio
pensi
di essere stato sepolto
ma
in realtà
sei
un seme che è stato seminato
destinato
a germogliare.
Essere,
non sembrare di essere, la dissonanza della consapevolezza della coscienza di
noi e la diversa percezione che il prossimo ha di noi può realizzare in noi un
senso di vertigine. La vertigine è in misura della vastità della dissonanza tra
la nostra consapevolezza di noi e la diversa percezione che hanno le altre
persone di noi. Per alcune persone questa dissonanza può essere della vastità
di un abisso, per altre persone questa dissonanza è quasi inesistente, il passo
tra la loro consapevolezza del sé e la percettività del prossimo è sul piano
come il passo nell’ambiente psicologico della loro introspezione consapevole e
come il passo nell’ambiente psicologico del riconoscimento percettivo esteriore.
Come può avverarsi questo allineamento _ Solamente se non esiste la dissonanza
tra la consapevolezza della coscienza di noi e la percezione che il prossimo ha
di noi – ovvero se la nostra consapevolezza di noi è in relazione di
uguaglianza e coincidenza con la percezione che il prossimo ha di noi –
E
questa relazione di uguaglianza si può ottenere solo mediante LA ONESTÀ – se
l’essere è l’apparire.
È
in misura della onestà verso noi stessi e verso il prossimo che può compiersi
l’allineamento dell’universo interiore con l’universo esteriore. Diversamente
la simulazione, la finzione realizza la dissonanza che abbiamo descritto. Il
bilanciamento sano è il livellamento del livello dell’apparire verso l’essere
che viene influenzato, vibrato dal livello dell’apparire, non rivoluzionato –
Questa relazione (essere <- apparire) è indice di integrità e di tempra
personale. Se l’essere si lascia stravolgere dall’apparire, questa relazione è
indice di fatuità personale, una limitatezza di immaturità, di immaturità
diveniente, il germoglio è destinato a diventare fiore.
INCONTRO
CON UN ARTISTA
Incontro
con un artista che racconti ai giovani la sua esperienza, la narrazione dovrà
concentrarsi sul processo attraverso cui prende corpo un’opera d’arte e sulle
emozioni e le esperienze che lo accompagnano.
Temi
L’importanza
di sentirsi grandi, del fare, dell’unicità.
Conoscere
qualcuno che fa qualcosa di “grande”, che crea.
Domande
Quando
un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?
Come
vive l’unicità di ciò che ha creato?
Un
giorno un giovane ricevette una lettera inattesa:
“Sei
invitato ad incontrarti con alcuni giovani per raccontare le tue esperienze di
Artista, la narrazione dovrà concentrarsi sul processo attraverso cui prende
corpo un’opera d’arte e sulle emozioni e le esperienze che lo accompagnano.
L’importanza di sentirsi grandi, del fare, dell’unicità. La conoscenza di
qualcuno che fa qualcosa di “grande”, che crea, rappresentano i temi che
dovresti affrontare in questo incontro. Inoltre le domande che ti presentiamo a
priori sono: Quando un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?
Come vive l’unicità di ciò che ha creato?”
Il
giovane accolse l’invito ed il giorno seguente scrisse alcuni pensieri che
colse come fonti di riflessione, li dispose sulla carta confusamente; in un
secondo momento riscrisse questi pensieri cercando di renderli ordinati e
comprensibili; queste furono le scritture che il giorno dell’incontro il
giovane consegnò a ciascuno degli adolescenti presenti:
L’importanza
di sentirsi grandi, del fare, dell’unicità.
Il
giovane crede che la stima in sé stessi, la fiducia nella propria personalità e
la capacità di farla valere sono le premesse valide a garantire la maturità
personale e a dare spessore alla stessa capacità creativa e relazionale,
creando circostanze sociali di empatia.
A
mio avviso il fatto di ritenere una persona Artista Unico o Scrittore Unico o
colui che crea qualcosa di grande possa porre l’unicità di tale persona ad un
livello privilegiato rispetto all’unicità di altre persone.
In
realtà il giovane non ha mai attribuito importanza al fatto d’essere ritenuto
Artista, al fatto d’essere ritenuto Scrittore, egli semplicemente è un uomo che
dipinge, è un uomo che scrive, è un uomo che esprime la propria unicità
attraverso la scelta dell’arte e della scrittura.
L’attitudine
volta all’accoglienza è fondamentale poiché è espressione della volontà
d’incontrare e di valorizzare la diversità, è assenza di comparazione selettiva
ed insieme assenza di spirito di competizione:
Immaginiamo
un luogo in cui ci sono alcuni bambini ed alcune bambine. A loro è dato il
compito di realizzare un’opera fortemente vincolata secondo criteri estetici:
Al disegno esteticamente più “bello” verrà assegnato un riconoscimento.
Immaginar
che in questo luogo non può che crearsi un clima di competizione, di
comparazione, (esser più d’un altro oppure esser meno d’un altro) di giudizio,
d’invidia, di reciproca svalutazione, di privilegio, a danno di coloro che non
sono privilegiati ed a danno di coloro che sono privilegiati.
“L’affermazione
di sé come di un io che vuole conoscere, rendere visibili e far valere le
proprie potenzialità.
La
stima in sé, la fiducia nella propria personalità e la capacità di farla valere
sono premessa valida a garantire la maturità personale e a dare spessore alla
stessa capacità reazionale di una persona creando circostanze sociali di
empatia”
In
realtà il giovane non ha mai attribuito importanza al fatto d’essere ritenuto
Artista, al fatto d’essere ritenuto Scrittore, egli semplicemente è un uomo che
dipinge, è un uomo che scrive, è un uomo che esprime la propria unicità
attraverso la scelta dell’arte e della scrittura.
“Si
giunge ad un momento in cui non si ha più la libertà della scelta, non per aver
scelto ma per non averlo fatto.
Si
perde se stessi nella misura in cui gli altri scelgono per noi”
Il
giovane, grazie all’arte, riconosce d’aver appreso che l’unicità risiede
nell’atto stesso di creare e grazie all’arte immagina di poterlo dimostrare:
Immaginiamo
d’incontrare altre persone e di dir loro:
“Siate
Artisti Unici, create insieme, siate liberi di pensare ed esprimere la vostra
unicità dalla scelta degli strumenti che utilizzerete alla scelta delle
gestualità nella realizzazione della vostra opera. Quando avrete terminato
conoscete ciascuna persona presente ora in questo luogo con voi, sappiate che
ha creato qualcosa di grande, unico, incommensurabile. Ciascuno di noi potrà
condividere con le altre persone alcune parole, e ciascuno ascolterà.”
Con-dividere
non significa fare le stesse cose, pensare alla stessa maniera, ma cercare di
avere un solo spirito, un noi da costruire in una realtà di reciprocità che
rappresenti la lotta all’egoismo.
Il
processo attraverso cui prende corpo un’opera d’arte.
Emozioni
ed esperienze soggettive che accompagnano la realizzazione di un’opera.
Il
cuore è la fonte essenziale della creatività. L’indole libera dei fanciulli lo
testimonia.
La
tela bianca: Nessuna tempera variopinta animava di stati d’animo la tela.
La
bianca pergamena: Nessun segno di china vi infondeva senso.
Il
Nihil della tela bianca è ostile alla creatività. La volontà di respingere la
mancanza di senso e l’incomunicabilità rappresenta la principale causa e
stimolo alla realizzazione di ciascuna opera del giovane.
La
creatività non è soltanto una meta, la creatività è inoltre il percorso che una
persona definisce in grazia delle sue scelte passo dopo passo.
Due
possibili scelte artistiche.
Secondo
il giovane l’arte contemporanea concettuale insegna che vi è valore nel
minimalism, nell’imperfetto e nel non immediatamente comprensibile; l’arte
contemporanea non offre immediate risposte bensì pone domande:
L’
arte figurativa:
Il
dipinto figurativo risveglia sentimenti, emozioni; vincola il riconoscimento
dell’oggetto rappresentato.
L’
arte concettuale:
L’opera
concettuale è meno vincolante agli occhi dell’osservatore, dunque ravviva
l’immaginazione di poter vedere diversamente, la curiosità di veder altro, di
veder oltre: ciascun osservatore forse vede diversamente un’opera concettuale
contemporanea rispetto ad un altro osservatore semplicemente perché ciascun
osservatore è unico e diverso.
Un
Artista come vIve l’unicità di ciò che ha creato?
In
molte occasioni il giovane provò odio nei confronti di ciò che creava poiché le
proprie opere non avevano implicazioni reali nella sua realtà che rimaneva
indifferente alla creazione ed all’esistenza dell’opera: Il giovane pensava che
questa assente risposta del mondo esterno fosse provocata dall’ imperfezione
della propria creazione, proprio ricercando la perfezione estetica il giovane
era irrequieto: Spesso rovinava alcune opere che aveva realizzato ne
scialacquava altre. Di esse ne rimase soltanto il ricordo in una fotografia. Il
giovane dunque era raramente soddisfatto della propria opera.
Egli
riteneva che il valore della propria opera dipendesse esclusivamente dalla
misura del riconoscimento conseguito, fin quando non comprese che, la propria
opera non valeva nella misura di un apprezzamento esterno, non valeva in
seguito ad una approvazione estetico – qualitativa e soggettiva d’un’altra
persona.
La
propria opera ha valore in sé. Non ha valore in misura della quantità o della
qualità delle valutazioni conseguite.
Dal
momento in cui il giovane comprese questa prospettiva iniziò non solo ad
avvalorare ciò che creava, egli amava la propria opera riconoscendo in essa la
realizzazione unica di sé come importante strumento di comunicazione.
Quando
un artista può ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?
Il
giovane inoltre crede che la creatività sia la preziosa oasi della condivisione
che il privatismo può insabbiare. La creatività può divenire un servizio
pubblico, accendere un dibattito, dare voce a delle preoccupazioni, forgiare
identità.
Esistono
numerosi modi d’appartenere alla vita:
Possiamo
influire con dignità sulle qualità del giorno; imparando, in nome della
condivisa creatività, per illuminarci l’un l’altro. Possiamo privilegiare la
saggezza di osservare e di non giudicare, di intuire le latenti qualità
dell’inettitudine per una vita parsimoniosa ed avversa allo scialo forse più
ricca delle vite che conducevano prima. Oppur possiamo non reagire, consapevoli
d’essere altrettanto responsabili di ciò che eludiamo.
Poiché
accoglienza è contrario logico di rifiuto l’accoglienza nega il rifiuto.
Volontà
d’incontrare la diversità, accoglienza e valorizzazione della diversità,
assenza di comparazione tra diversi, assenza di competizione con la diversità.
“La
più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza
giudicare.“
Jiddu Krishnamurti
Il
giovane pensò che in questo luogo non può che crearsi un clima di competizione,
di comparazione, (esser più d’un altro oppure esser meno d’un altro) di
giudizio, d’invidia, di reciproca svalutazione, di privilegio:
- Il privilegio a danno di coloro che
non sono privilegiati
- Il privilegio a danno di coloro che
sono privilegiati:
Lettera
a una professoressa, 1967
Scritto
da alcuni ragazzi (Insieme a Don Lorenzo Milani)
“Così
è stato il nostro primo incontro con voi. Attraverso i ragazzi che non volete.
L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche
volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro la scuola
non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati.”
“La
scuola ha un problema solo: I ragazzi che perde.”
“Il
danno più profondo lo fate agli scelti:
Ogni
volta ha visto la sua pagella migliore di quella dei compagni che ha perso.
I
professori che hanno scritto quelle pagelle gli hanno impresso nell’anima che
gli altri 99 sono di cultura inferiore.
A
questo punto sarebbe un miracolo se la sua anima non ne sortisse malata.”
“Una
scuola che seleziona distrugge la cultura.”
- Il processo attraverso cui prende
corpo un’opera d’arte
- Emozioni ed esperienze soggettive che
accompagnano la realizzazione di un’opera
- Quando un artista può ritenersi
soddisfatto del proprio lavoro?
- Come vive l’unicità di ciò che ha
creato.
Il
processo attraverso cui prende corpo:
- La tela bianca: Nessuna tempera
variopinta animava di stati d’animo la tela.
- La bianca pergamena: Nessun segno di
china vi infondeva senso.
- La volontà di respingere la mancanza
di senso e l’incomunicabilità rappresenta la principale causa e stimolo alla
realizzazione di ciascuna opera del giovane.
David
Simpson, l’arte contemporanea concettuale e l’esistenza del Nihil: LA TELA
BIANCA
“Non
reagire è una reazione: siamo altrettanto responsabili di ciò che non
facciamo.”
Jonathan
Safran Foer
Secondo
il giovane l’arte contemporanea concettuale insegna che vi è valore nel
minimalism, nell’imperfetto e nel non immediatamente comprensibile; l’arte
contemporanea non offre immediate risposte bensì pone domande:
- L’ arte figurativa:
Il
dipinto figurativo risveglia sentimenti, emozioni; vincola il riconoscimento
dell’oggetto rappresentato affievolendo l’immaginazione di poter vedere
diversamente, la curiosità di veder altro, di veder oltre.
- L’ arte concettuale:
L’opera
concettuale è meno vincolante agi occhi dell’osservatore: ciascun osservatore
forse vede diversamente un’opera concettuale contemporanea rispetto ad un altro
osservatore semplicemente perché ciascun osservatore è unico e diverso.
- Quando un artista può ritenersi
soddisfatto del proprio lavoro?
- Come vive l’unicità di ciò che ha
creato?
In
molte occasioni il giovane provò disprezzo nei confronti di ciò che creava
poiché le proprie opere non avevano implicazioni reali nella sua realtà che
rimaneva indifferente alla creazione ed all’esistenza dell’opera: Il giovane
pensava che questa assente risposta del mondo esterno fosse provocata dall’
imperfezione estetica della propria creazione, proprio ricercando la perfezione
estetica il giovane era irrequieto: Spesso rovinava alcune opere che aveva
realizzato ne scialacquava altre. Di esse ne rimase soltanto il ricordo in una
fotografia.
Il
giovane dunque era raramente soddisfatto della propria opera: Paradossalmente
questa insoddisfazione era parte del suo spirito creativo
Egli
riteneva che il valore della propria opera dipendesse esclusivamente dalla
misura del riconoscimento conseguito.
Fin
quando non comprese che, la propria opera non valeva nella misura di un
riconoscimento conseguito, non valeva in seguito ad una approvazione estetico –
qualitativa e soggettiva d’un’altra persona.
La
propria opera ha valore in sé.
Dal
momento in cui il giovane comprese questa prospettiva iniziò non solo ad
avvalorare ciò che creava, egli amava la propria opera riconoscendo in essa
realizzazione unica di sé e importante strumento di comunicazione.
IL
SOLE NOTTURNO
L’ACCORGIMENTO
Esiste
una candela che vivace brucia nella notte,
lei
sente riscaldarsi e illuminarsi,
lei
sente di viversi e sente di svanirsi,
Piange
la sua cera di goccia in goccia.
Tuttavia
nonostante sia notte la candela sola sa di non illuminare e di non riscaldare.
Allora
lei avvampa, la sua fiamma incendia, gli aloni di calore e di luce giungono più
lontano,
Tuttavia
non ancora sufficientemente lontano.
Imperversa
l’alba e la candela sola è illuminata ed è riscaldata dal Sole, la candela
superna.
La
candela sola sogna d’essere il sole, per ringraziare il sole d’averle donato
l’aura solare.
Affinché
i suoi tiepidi lumi possano regalare luce e calore al Sole.
In
mancanza dei lumi del Sole che avvivarono la candela sola, lei si sarebbe
spenta.
Grazie
al Sole la candela sola divenne la candela illuminata dal Sole.
Allora,
in grazia della reminiscenza dell’esempio del Sole, la seconda notte la candela
non desiste il suo rilucere.
Ed
il suo sogno, la sua preghiera fu ascoltata:
Allora
lei avvampa, la sua fiamma incendia, gli aloni di calore e di luce giungono più
lontano, ora sufficientemente lontano da destare l’accorgimento di alcuni
pellegrini che entrarono nel santuario vuoto dove sola la candela ancora
riluceva.
I
pellegrini si cinsero attorno la candela come i pianeti per il sole.
La
candela nel santuario si spegne, ma i pellegrini la riaccendono.
Così
per i pellegrini la candela fu il sole notturno.
Se
la candela è sola, nessuna realtà è illuminata dalla sua luce, la candela sola
rilucerà e la sua aura desterà l’accorgimento delle realtà più lontane, come il
sole per le stelle e per i pianeti. E le realtà riluceranno dei medesimi lumi
della candela originale, come la luna per il sole, quando la candela più non
potrà illuminare, la reminiscenza del tenore dell’aura della candela risorgerà,
ripresenterà il miracolo della con-divisione.
Sì
incontreremo una nuova candela, ed il pellegrino reminiscente tra noi ricorderà
la ri-compensa al loro pellegrinaggio verso di lei della candela sola, il suo
illuminarli e riscaldarli, l’essere per loro il sole notturno.
Ed
il pellegrino reminiscente sia l’oracolo della metempsicosi della candela sola,
la candela sola divenne eterna quando la sua preghiera di essere il Sole fu
accolta dall’accorgimento dei pellegrini.
La
cera di questa candela rinnovata non lacrima al calore della sua fiamma, non si
dissipa, il suo fuoco esanima miriadi di volte a causa di un vento variopinto
che ha molti nomi, ma il suo fuoco sempre si riaccende, la resilienza è una
candela riaccesa, noi possiamo la resilienza se lo vogliamo, se riaccendiamo la
candela, chi di noi è il pellegrino reminiscente?
SE
(SIAMO SOLI)
Si
disimpara a scrivere se non si scrive, ma perché si scrive? Quale è il
significato dello scrivere se non il comunicare un messaggio, il punto è a chi?
Tuttavia può accadere che il chi smetta di esistere. E se l’interlocutore non
esiste non ha più senso scrivere, non si ha nulla da comunicare. Ad esempio
dopo anni di non scrittura si disimparerebbe a scrivere. Ma quale è la causa di
questa perdita di facoltà, l’assenza della relazione, la non esistenza
dell’interlocutore; se dovessimo non essere più vicendevoli scrittori, nella
scrittura di lettere ci dovrebbe essere uno scambio reciproco di lettere. La
reciprocità è una parola sempre più rara e preziosa perché tende a mancare. Se
la lettera non è letta, la mancata risposta del lettore/lettrice significa un
vuoto il cui senso deve essere assimilato e colmato dallo scrittore/dalla
scrittrice stesso/a. È il senso mancante il luogo della intuizione telepatica.
La
noia esiste ed è una delle cause per cui l’interlocutore mancherebbe
inesorabilmente allo scrittore/scrittrice - la noia può abbracciare tutte le
negatività - tuttavia il nostro limite risiede nella resistenza al cambiamento
- la noia può divenire? Secondo l’interlocutore no. E della sua presa di
posizione non se ne prende la responsabilità. La risposta è che la noia può
divenire diversamente solo se ci impegniamo insieme per cambiarla - dovremmo
riuscire a intravedere lo spiraglio di vita nella fine.
Prima
disimpariamo a scrivere - ma lo stesso discorso si ripercuoterebbe sulla parola
e su molte altre nostre facoltà - allora l’oratore diventerebbe timidamente
muto perché ha disimparato a parlare dopo che i suoi ascoltatori smisero di
ascoltarlo/a e di interloquire con lui/lei togliendogli/le la parola? Forse, chiariamo
tuttavia che muti sarebbero realmente stati coloro che restarono in silenzio
quando la persona che fu loquace interloquì con loro.
Tuttavia
la persona sola non è più debole e non è meno intelligente, né meno noiosa, ad
esempio noi se siamo soli non parliamo e non scriviamo ma pensiamo molto, e
pensando molto a nostro modo esprimiamo nella qualità del nostro carattere la
nostra percezione della vita, tuttavia esprimeremmo a chi?
Ricordiamo che la candela si sarebbe spenta
definitivamente se i pellegrini non la avessero riaccesa.
Spentasi
la candela sola, la persona sola si avvilirebbe, ad esempio disimparerebbe ad
ascoltare, chi ascolterebbe? Ad una ad una la persona sola avrebbe perso ogni
sua abilità fino ad incontrare il nulla, la perdita di ogni collegamento
relazionale sostanziale con la realtà, il non sapere ciò che accade, il non
capire ciò che potrebbe accadere, la rivalutazione del tempo che diviene più
pesante perché ci si accorge che ciascuna realtà personale e relazionale accade
simultaneamente secondo dopo secondo - la vita è relazionalità - la
relazionalità termina con il termine della vita, non prima.
Allora
la persona sola non scriverebbe perché non sa più scrivere, non parlerebbe
perché non sa più parlare, non penserebbe perché non avrebbe più alcun senso il
pensiero e l’atto del pensare, non ricorderebbe per-ché avrebbe imparato a
dimenticare. E gradualmente la persona sola si sentirebbe più debole perché?
Per le sue numerose iniziative non accolte e non ricambiate - anche nei momenti
in cui sentiva di non potere continuare, lei continuava per una innata energia
che possedeva, lei era la sola predestinata a conoscere il profondo senso della
resurrezione.
Così
la memoria della persona sola non è solamente una povera consolazione di ciò
che è stato e di ciò che non è più - ma la memoria è l’oracolo di ciò che è in
destino di ritornare. Infatti non ricorda solo la persona sola bensì tutte le
persone che lei ha incontrato ricordano - il problema sussisterebbe nella
nostra preferenza nel dimenticare.
Fu
in quel momento che la persona sola acquisì un livello superiore, ulteriore di
consapevolezza - ogni secondo di vita è possibilità - e il suo atto nella
relazione con le altre persone è resurrezione - oltre il limite che
cristallizza ogni sistema di dialogo e di relazione, la realizzazione
dell’assurdo è rivoluzionaria, sblocca ciò che è latente, è sorpresa, realizza
ciò che è disatteso, realizza l’impossibilità, crede nella vita perché è oltre
il limite della negazione. Avrebbe avuto molto da insegnare ma era sola, a chi
insegnava?
“La
seconda notte la candela non desiste il suo rilucere.”
Il
sole è la candela che irradia la sua aura luminosa verso i pellegrini.
Allora
la persona sola non si abbandonò alla abulia eclettica, imparò nuovamente a
scrivere a parlare a pensare a ricordare, e per-donò le persone, le incontrò,
lei incontrando la fine di molte relazioni aveva compreso la varietà della vita
e l’importanza del dono di libertà. Alcune persone la incontrarono e videro in
lei una luce in-consueta, rara, il suo ascolto era saturo di co-sentimento e di
uni patia, lei accettava, abbracciava e capiva ogni loro realtà.
Se
la solitudine può implicare abulia eclettica, la stasi creativa, la relazione
realizza le varietà multi-contestuali, è la catarsi creativa che consiste nel
dono di senso del fare che non è più un ciottolo consegnato e caduto in un
baratro e perso, ma è un ciottolo consegnato e raccolto.
SE
SIAMO SOLI CI INNALZIAMO AD ESSERE LE CANDELE SUPERNE, IL SOLE NOTTURNO PER
NOI.
NONCHALANCE
IL
PARADOSSO DI MORAVEC E LA ATTRIBUZIONE DI DIGNITÀ UNIVERSALE
Il
paradosso di Moravec è la scoperta da parte dei ricercatori di intelligenza
artificiale e robotica che, contrariamente alle ipotesi tradizionali, il
ragionamento di alto livello richiede pochissimo calcolo, ma le capacità
sensomotorie di basso livello richiedono enormi risorse computazionali.
Il
principio è stato articolato da Hans Moravec, Rodney Brooks, Marvin Minsky e
altri negli anni ottanta. Come scrive Moravec, “è relativamente facile fare in
modo che i computer mostrino prestazioni di livello adulto nei test di
intelligenza o nel giocare a dama, e difficile o impossibile dare loro le
competenze di bambino di un anno quando si tratta di percezione e mobilità”.
Allo
stesso modo, Minsky ha sottolineato che le abilità umane più difficili da
decodificare sono quelle che sono inconsce. “In generale, siamo meno
consapevoli di ciò che le nostre menti sanno fare meglio”, ha scritto, e ha
aggiunto “siamo più consapevoli dei processi semplici che non funzionano bene
che di quelli complessi che funzionano perfettamente”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Moravec
La
“SPREZZATURA UNIVERSALE ONTOLOGICA”
L’agire
attitudini di elevata difficoltà – manifestando la potenzialità di riuscirvi
con semplicità.
In
ottemperanza delle riflessioni di Moravec si adduce un motivo di riconoscimento
valoriale comunitario universale sulla base della accoglienza ontologica delle
persone sulla base della universale comune sprezzatura nelle capacità di
chiunque di gestire ed affrontare quelle che erroneamente riteniamo le
low_graded-level-aptitudes.
“Sono
tutti in grado di.” Nella consuetudinaria accezione di valenza ontologica
svalutativa e subordinante – Mentre le ricerche di Moravec e di Steven Pinker –
Attribuiscono alle facoltà umane più semplici il valore di complessità.
Pertanto
qualunque essere umano deve essere riconosciuto degno e valevole in quanto
abile di realizzare la complessità delle attitudini quotidiane – Allora
l’ottica di giudizio del prossimo non è la valorizzazione fondata sulla sua
facoltà realizzativa-gestionale di
up-graded-level-aptitudes,
uno spirito valorizzativo sempre più severo che istituisce la selezione
ontologica tra coloro la cui predisposizione è conciliante con le complessità
di ordini diversi rispetto alle complessità di cui argomentano Moravec e Pinker
e coloro i quali non possono accedervi per loro peculiare essenza o per la loro
situazione di vita. La complessità è relativa poiché Moravec e Pinker hanno
dimostrato che le up-graded-level-aptitudes sono low-graded-level-aptitudes e
che le low-graded-level-aptitudes sono up-graded-level-aptitudes.
Attribuzione
di Dignità universale non è omologazione universale.
Non
è un surplus valoriale verso coloro che dimostrano la facoltà attitudinale di
ottemperare al compimento di up-grade-aptitudes, ma è la valorizzazione di una
persona per una complessità dissimile rispetto alle complessità che le altre
persone sanno ottemperare.
Le
up-grade-aptitudes non sono migliori delle low-grade-aptitudes sono
semplicemente diverse ed hanno analoga dignità – ed analoga dignità è
attribuita ed è in ontologico possesso delle persone agenti le facoltà
olistiche che abbracciano il dualismo up-grade-aptitudes e low
-grade-aptitudes: Le nonchalance-universal-aptitudes.
Tutte
le vie hanno uguale dignità.
UN
MINDSET DI MINORAZIONE VALORIALE
Un
mindset di minorazione valoriale e di minorazione di dignità
attitudinale-creativa si può avvalere del giudizio di inutilità attitudinale.
Tuttavia
la pura invariabilità attitudinale non esiste.
“I
vuoti di oblio non esistono. Nessuna cosa umana può essere cancellata
completamente e al mondo c’è troppa gente perché certi fatti non si risappiano:
Qualcuno resterà sempre in vita per raccontare. E perciò nulla può essere
<<praticamente inutile>>, almeno non a lunga scadenza.”
Hannah
Arendt
Altresì
non esiste la pura invariabilità dialogica.
L’EQUILIBRIO
DI RILEVANZE DIALOGICO-FATTUALI
Una
donna o un uomo avente la propria prospettiva, espressione della propria
identità (dunque un ‘vero’) se dialoga
con altri (‘ veri’) può ‘vedere’
prospettive a lui/lei celate.
Le
verità sarebbero secondo questo pensiero il risultato di un arricchimento
reciproco in grazia del dialogo tra prospettive, identità:
Vi
è dunque relazione tra la pace e le verità:
Il
reciproco ascolto e la coesistenza delle prospettive* ovvero l’istaurarsi di un
clima relazionale pacifico e aperto alla ridefinizione delle idee e dei giudizi
in seno alle idee (risultanti dalla domanda, dall’ascolto e dalla parola)
agevola la ‘messa a fuoco’ della conoscenza della verità soggetto del
dialogo.
“La
conoscenza oggettiva del mondo esterno è conseguibile solo in maniera
intersoggettiva, cioè da un numero di individui che si trovano fra loro in uno
scambio reciproco di conoscenze.”
Edmund Husserl
*Affinché
vi sia coesistenza di prospettive deve esistere l’equilibrio di rilevanze
fattuali che dispone che ciascuna prospettiva partecipante al dialogo abbia
diritto di parola, di essere ascoltata ed accolta come esistente e
compartecipante in quanto sfumatura di senso della verità, soggetto del
dialogo, ricercata e esaminata confrontando opinioni diverse.
La
premessa dell’equilibrio di rilevanze fattuali tra due persone consiste nella
analogia di dignità di realizzabilità delle proposte espresse da queste due
persone, ovvero che il risultato attuativo conseguente al dialogo di queste due
persone sia un connubio delle loro intenzionalità – pertanto questa prospettiva
si avvale di una etica della non autorevolezza decisionale di una persona sulla
seconda: Le variabili di parola e ascolto devono pertanto essere biunivoche,
bilaterali, reciproche, qualitativamente e quantitativamente equilibrate tra le
due persone.
Al
tempo di parola della prima persona deve coincidere o somigliare il tempo di
parola della seconda persona.
Il
tempo di parola della prima persona deve essere accompagnato dal sincronistico
tempo di ascolto curioso e coscienzioso della seconda persona.
Il
tempo di parola della seconda persona deve essere accompagnato dal
sincronistico tempo di ascolto curioso e coscienzioso della prima persona.
La
priorità dialogica non è indice della maggiore rilevanza ontologico-discorsiva
di una persona rispetto ad una altra persona e non è indice del maggiore
diritto di parola di una persona rispetto al diritto di parola di una altra
persona.
La
pluri – contestualità esperienziale delle persone e la pluri – prospettività
ontologica della realtà relativizzano i criteri di determinatezza di giudizio
di gerarchizzazione di valore ontologico – facoltoso – discorsivo.
Siamo
vicendevolmente una complessità ontologicamente in facoltà di essere un valore
per noi stessi e per il prossimo. In ottemperanza del valore della mentalità
della reciprocità equilibrata di rilevanze comunicative e fattuali accogliamo
un modello risolutivo (L’epilogo, l’esito sintetico della nostra
argomentazione) di tipo consultivo coevolutivo e non di tipo
deliberativo-subordinante-definitivo –
Pertanto
la qualità della meta decisionale dialogica si avvale di essere l’olismo della
compresenza delle diverse intenzionalità, esigenze, volontà, creatività delle
parti che sono in relazione dialogica (No indifferenza, no under-evaluation.) –
La seconda qualità è la ridimensionalità e la flessibilità della meta
decisionale – abbiamo allora premesso che le parti restino in relazione
dialogica successivamente alla pronuncia concorde della meta risolutiva.
Il
rispetto reciproco e la prova del reciproco ascolto si compie nella misura in
cui il dialogo non sia fine a sé medesimo, ovvero che la interrelazione
dialogica implichi una variazione fattuale, un cambiamento, un implemento sia
relazionale, creando maggiore complicità tra le parti che si sono relazionate,
sia progettuale, creativo, proiettivo, fattuale ovvero che nasca e cresca una
nuova complessità del fare sin dalla prima interazione.
È
in nostra facoltà la possibilità di essere i medium del compimento della verità
che qualunque iniziativa dialogico-comunicativa non sia invariabile, ovvero che
sia un valore diveniente.
La
pura invariabilità dialogica non esiste.
“La
convinzione che vi sia una sola verità e che qualcuno sia in possesso di questa
è la fonte di tutti i mali del mondo.”
Max
Born
“La
credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà esistente è la più
pericolosa di tutte le illusioni”
Paul
Watzlawick
“Il
modo più sicuro per corrompere il giovane è istruirlo a tenere in maggiore
considerazione coloro che la pensano allo stesso modo rispetto a quelli che la
pensano in modo diverso”.
Friedrich
Wilhelm Nietzsche
Friedrich
Nietzsche mostra quanto sia pericoloso impedire alle persone di pensare in modo
creativo e indipendente. Avere una mente aperta ed essere onesti quando si
sentono punti di vista diversi, è fondamentale. Se vogliamo creare un ambiente
che incoraggi la creatività, l’accoglimento culturale della diversità e la
crescita intellettuale, significa che questi valori non sono ancora presenti o
sono raramente presenti secondo le loro sfumature più timide, dobbiamo allora
imparare a insegnare ai giovani a rispettare chi la pensa diversamente ed a
considerare la iniziativa di comunicazione non conformista un valore di nuova
possibilità di autoriflessione ed un imput argomentativo e relazionale.
IL
DERIVATISMO
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:All_Creative_Work_Is_Derivative.webm
L’EGOISMO
NON ESISTE
“Tu
non appartieni a te. Tu appartieni all’universo. Il tuo significato rimarrà per
sempre oscuro per te, ma puoi presumere che stai adempiendo al tuo ruolo se ti
applichi a convertire le tue esperienze a massimo vantaggio degli altri.”
Queste
parole giunsero a Buckminster Fuller e gli salvarono la vita.
LA
RICOMPENSA DEL DONO
LA
RI-CONOSCENZA
“Spesso
ho fatto il poco che potevo per correggere la vecchia abitudine di dare le cose
per scontate: soprattutto perché non si tratta neanche di darle propriamente
per scontate.
È
prenderle senza gratitudine, ovvero disconoscerne il dono.”
G.
K. Chesterton
Dovremmo
essere come candele che non si spengono vicendevolmente ciascuna depauperando
d’ossigeno le sue vicine , la candela più luminescente resterà al buio se terrà
per sé stessa ogni fonte vitale privando le sue compagne. E saremmo come
candele che si mantengono accese ciascuna riardendo dal filo di fumo della
fiammella vicina che illuminerà dei colori della candela originaria. Il fumo
delle candele spente non assopisce mai i vivaci lumi delle candele accese, è un
sottile e flebile filo di fumo che ascendendo al cielo incontra le nuove
fiammelle, non è un anelito di fine ma è l’inizio di una preghiera raccolta da
chi sceglie di illuminare essendo custode di vita e luce. Illuminare è
l’opportunità di permettere che altri illuminino della nostra stessa luce, il
germogliare del nostro unico e raro colore, che sarà riflesso più intensamente,
questa è la ricompensa del dono.
L’egoismo
non esiste.
L’ambivalenza
biunivoca tra vita ricevuta = vita donata.
L’egoismo
non esiste perché ogni istante di vita è dono comunitario puro valore aggiunto
relazionale.
La
vita a noi è un dono che ricambiamo con il dono comunitario -del nostro vivere.
Valore aggiunto nell’uguaglianza del ritorno del valore aggiunto comunitario
della nostra esistenza ontologico-attitudinale.
Siamo
donati dal mondo e donanti di noi stessi verso il mondo.
CAPITOLO TERZO
LA VIA NON ORIENTABILE
DELL’ASCOLTO DELLA TRASMIGRAZIONE
LE 21 VIE DELLA TRASMIGRAZIONE
Tutte
le VIE TRASMIGRATORIE hanno uguale dignità
La
trasmigrazione È una facoltà innata implementabile multisistemica coevolutiva
CAS Ottimale
Spiritualità
singolare = plurale
La
singolarità è uguale alla pluralità
Il
tradizionalismo e la innovazione della trasmigrazione.
La
qualità innovativa della trasmigrazione ha valore implementativo aggiungendo il
nuovo passo del percorso conoscitivo
spirituale
Tuttavia
il nuovo passo non è puro valore aggiunto – è spurio valore aggiunto plasmato e
plasmabile reiteratamente dalle qualità tradizionali dei passi antecedenti al
nuovo passo.
La
genealogia trasmigratoria – l’albero genealogico spirituale delle anime che
fioriscono quando le ricordiamo e quando comunque onnipresentemente influiscono
il nostro subconscio e conseguentemente in ciascuna nostra attitudine.
Ritorno
e karma
Into
the stillness within
Documentario
innsaei
Allineamento
mistico
The
universe gives you exactly what you need to live a life aligned with the
frequency of what you focus your attention on.
1
REMINISCENZA,
METEMPSICOSI O INNIZIAZIONE
https://www.treccani.it/enciclopedia/iniziazione
(relig.)
[passaggio dell’anima da un corpo all’altro] ≈ metempsicosi,…
La
reminiscenza è una via trasmigrativa.
La
reminiscenza è il portale del divino
La
memoria risolve la solitudine poiché è il ponte con il mondo spirituale.
REMINISCENZA,
NOSTALGIA
RICORDARE
Dal
latino RE-CORDIS:
Ritornare
al cuore, rincuorare.
VIZI
PRIVATI PUBBLICHE VIRTÙ
Ciascuna
altra persona da noi è un frammento del cuor nostro:
Ove
e quando siamo disinteressati ai cuor altrui,
badiamo
a non ferir alcun frammento del nostro.
Il
colpo di fulmine, l’innamoramento immediato, istintivo soggettivo è in
relazione al fenomeno della reminiscenza, ognuno di noi ha un immaginario che
risale all’età infantile, il quale viene impresso da determinati fenomeni, immagini,
colori, odori, sapori ecc. che noi conserviamo in maniera inconscia e che la
visione di una determinata persona risveglia.
Per
cui quando persona risveglia quell’immaginario che risale all’età evolutiva è
come se fosse un campanello che bussa alla porta e quindi questo giustifica
questa reazione chimica ed evolutiva.
“Dejavù”,
ognuno di noi nell’arco dell’età evolutiva si crea un proprio immaginario.
NOSTALGIA
ln
spagnolo, “anoranza’ viene dal verbo “anorar” (“provare nostalgia”), che viene
dal catalano “enyorar”, a sua volta derivato dal latino “ignorare”. Alla luce
di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell’ignoranza”.
In
greco “ritorno” si dice nòstos. Âlgos significa
“sofferenza”.
La
nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di
ritornare.
“Tornare
a casa e dai propri cari” da cui “nostalgia”, il dolore malinconico dovuto alla
voglia, appunto, di tornare indietro.
“Nostos”
ch’era un viaggio compiuto per tornare a casa. Mi dissero che non era per me,
che ne sarei naufragato. Credo che “Nostos” sia incontrarti.
2
LA
QUINTESSENZIAZIONE
La
quintessenzazione è una seconda via trasmigrativa poiché rende manifesto il
principio spirituale insito e custodito nelle realtà “ponte”tra reale e
spirituale in quanto «ri-fonde» ed «ex-fonde» alchemicamente le entità
spirituali rendendole compartecipanti alla compiutezza attitudinale del reale.
Un
esempio di quintessenzazione è la transustanziazione cristiana del pane e del
vino.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Quintessenza_(fisica)
https://www.treccani.it/vocabolario/quintessenza/
3
LA
CONTEMPLAZIONE MEDITATIVA
La
contemplazione meditativa è una terza via trasmigrativa – in quanto
osservazione è atto avente rilevanza fattuale sull’osservato – la influenza
osservativa ha qualità dialogiche spiritico-sacrali, l’osservazione è un
dialogo tra anime – tra noi e l’ambiente animato, di qui il legame spirituale
tra noi e la natura in ontologia le consonanze ontologiche tra noi e natura sulla
base delle complessità frattali, matematiche e metafisico-spirituali. Noi siamo
naturali.
4
IL
PENSIERO MISTICO ALCHEMICO
Il
pensiero mistico-alchemico è una quarta via trasmigrativa
Diversi
sono i grandi obiettivi che si proponevano gli alchimisti: conquistare
l’onniscienza, raggiungendo il massimo della conoscenza in tutti i campi del
sapere; creare la panacea universale
L’Elisir
di lunga vita è una leggendaria pozione o elisir capace di donare l’immortalità
a chiunque lo beva, di riportarlo in gioventù, oppure semplicemente di
rafforzare e prolungare la vitalità di una persona, guarendone le malattie.
Il
pensiero alchemico ha valore irenico-pacificativo:
Le
mani invisibili si intrecciano reciprocamente per condurre alla pace dei
diversi.
Il
termine alchimia deriva dall’arabo al-khīmiyya o al-kīmiyya composto
dell’articolo determinativo al- e della parola kīmiyya che significa «chimica»,
e che a sua volta sembrerebbe discendere dal termine greco khymeia dal
significato di «fondere», «colare insieme», «saldare», «allegare», ecc. (da
khumatos, «che è stato colato», di un lingotto).
5
LA
DIVINAZIONE
La
divinazione è una quinta via trasmigrativa
La
divinazione è una metafisicizzazione del reale, pertanto è il percorso elettivo
che conduce alla reciproca relazione tra gli spiriti individuali oltrepassando
il limite della finitudine vitale ed elevandoci alle infinitudini
multiversiche.
Amuleto
e totemismo
La
percettività spirituale è in relazione con la complessità fisiologica celebrale
, pertanto associamo alle dinamiche elettromagnetiche che circolano nelle cose
ed in noi i sintomi di questa forza spirituale impersonale che si designa di
solito col termine mana (v.).
La
magia si basa sopra due postulati fondamentali: 1. Il simile agisce sul simile;
2. Il contiguo agisce sul contiguo. Il primo postulato dà origine alla magia
imitativa o mimetica, detta anche simbolica, in quanto l’atto magico significa,
e riproduce in piccolo, ciò che deve essere operato in realtà; e omeopatica, in
quanto vale a operare un effetto eguale a quello da essa raffigurato. Il
secondo postulato dà origine alla magia detta simpatica, in quanto è fondata su
una connessione o affinità delle cose, sia per contiguità sia in quanto sono
parti rispetto al tutto, connessione che resta sempre anche dopo la separazione
e le obbliga a subire la stessa sorte; e contagiosa, in quanto l’atto compiuto
su una parte, integrante o contigua, diffonde il suo effetto sul tutto.
Nome.
– Il nome è parte integrante della persona, anzi è la sua anima; cosicché chi è
in possesso di quello e lo pronunzia o evoca al momento opportuno ha in sua
mano la persona.
Così si spiega la ripugnanza di tutti i
primitivi a rivelare il proprio nome, l’uso dei nomignoli o dei nomi segreti,
tutta quella categoria di fiabe in cui la soluzione è data dalla conoscenza del
nome; così si spiega il ritegno che ha il popolino di nominare le cose di cui
ha terrore, specialmente il fulmine e il terremoto designandoli con un epiteto
o una circonlocuzione, quasiché nominarli sia suscitarli; e il rito romano
dell’evocazione delle divinità di una città vinta, perché venissero a far parte
del pantheon romano; e il segreto col quale il sacerdozio celava il nome vero
di Roma affinché nessun nemico, evocandola, potesse provocarne la caduta.
Parola.
– La parola detta con l’intonazione giusta ha un valore magico di prim’ordine.
Essa può essere o una formula sacra (v. formula, XV, p. 708) capace di produrre
ogni buon effetto; o una parola possente, che apre ogni porta, abbatte ogni
ostacolo, come quelle che aprivano le porte dell’oltretomba al defunto egiziano
e all’iniziato orfico; o uno scongiuro fatto con formule ed epiteti tanto più
efficaci quanto più misteriosi e con modulazione ritmica (carmen, incantesimo,
charme).
https://www.treccani.it/enciclopedia/magia_%28Enciclopedia-Italiana%29/
6
IL
PENSIERO ONIRICO E IL SOGNO SUBCONSCIO
Il
pensiero onirico, o più profondamente la follia del delirio onirico – il sogno
subconscio è una sesta via trasmigrativa
7
SENTIMENTALISMO
Il
sentimentalismo è una settima via trasmigrativa.
L’amore
implica concentrazione sensoriale mnemonica altresì verso le realtà assenti –
questa dinamica annuncia che l’amore è un ponte tra reale e spirituale
8
L’I
CHING
L’I
CHING è una ottava via teasmigrativa
La
solitudine è l’ambiente relazionale che consente l’accesso alle vie
trasmigrativa.
9
L’EREMITISMO
Pertanto
la nona via trasmigrativa è l’eremitismo.
10
LA
RELAZIONE REALE
La
decima via trasmigrativa è il secondo macrocosmo relazionale gemello
all’eremitismo, ovvero la relazione reale.
La
relazione adiacente reale è sostanzialmente spiritualmente fondamentale poiché
come abbiamo predetto è la relazione che connubia le qualità conformanti della
assenza futura rispetto alla presenza relazionale – la spiritualità futura è
una risonanza sonora della spiritualità reale relazionale presente.
11
LA
LETTURA
La
undicesima via trasmigrativa è la lettura.
12
LA
CONTINGIBIITA’
La
dodicesima via trasmigrativa è la contingibilità
contingìbile
agg. [der. del lat. contingĕre «toccare; succedere», con diretto riferimento
semantico a contingente nel sign. 3]. - Propr., che può accadere
imprevedibilmente; è termine in uso nel diritto pubblico, di solito in unione
con l’agg. urgente, per qualificare situazioni e circostanze di grave ed
eccezionale necessità
Il
sentimento di urgente spirito di necessaria sopravvivenza ci relaziona con la
nostra ancestralità spirituale-religiosa. Come l’amore, la contingibilità
implica concentrazione sensoriale mnemonica altresì verso le realtà assenti –
questa dinamica annuncia che l’amore è un ponte tra reale e spirituale.
13
LA
VIA NON ORIENTABILE DELL’ASCOLTO
La
tredicesima via trasmigrativa è la via non orientabile dell’ascolto.
14
LA
MALINCONIA
La
quattordicesima via trasmigrativa è la Malinconia.
La
percezione di una mancanza, la percezione della nostra incompiutezza ci pone in
relazione con la spiritualità esteriorizzante
15
OD-ORISON
Od-
Orison
Il
mite giuramento della preghiera
è
la quindicesima via trasmigrativa.
16
POSY
Posy-
un
verso iscritto all’interno di un anello
È
la sedicesima via trasmigrativa che è in relazione con l’avventurismo e con
l’occulto – poiché la profondità dell’universo spirituale non sempre coincide
con l’illuminata superficialità esperienziale, tanto è che l’illuminazione
spirituale è permessa dalla esistenza di una qualità ambientale adombrata,
occulta da disvelare.
La
quattordicesima e la quindicesima via trasmigrative sono in fondamentale
relazione con le dinamiche del ritorno e della resurrezione spirituale
relazionale.
17
RACK
Rack
(di una nuvola)-essere guidato dal vento è la diciassettesima via trasmigrativa
La
leggerezza è ben complice della aleatorietà fievole della spiritualità.
18
IL
PERCORSO INDIVIDUALE AUTONOMO PURIFICATIVO-ASSOLUTIVO
Il
percorso individuale autonomo purificativo-assolutivo è la diciottesima via
trasmigrativa
19
WHITHERSOEVER
E WHOSOEVER
La
diciannovesima via trasmigrativa è il Multiverso, è multisistemica, è il
whithersoever, in qualsiasi luogo è la ubiquità ed è il whosoever (ogni persona
che) – la diciannovesima via trasmigrativa è in relazione con la tredicesima
via trasmigrativa e con il concetto di sincronismo trattato nei miei recenti
libri.
20
YOKE
La
ventesima via trasmigrativa è lo Yoke-la quantità di terra che una coppia di
buoi potrebbe arare in un giorno.
L’impegno
di realizzare tutto ciò che esiste nelle nostre latenti facoltà affinché
possiamo percorrere una o più vie trasmigrative. – la volontà.
21
IL
TATTO E LA PREMURA
La
ventunesima via trasmigrativa è paradossalmente la realtà che realizza e che
non trascende, che non trasmigra. Ovvero il tatto, il contatto adiacente reale,
il macrocosmo relazionale affettivo. La
Spiritualità è la implementazione della realtà relazionale – la realtà
relazionale è un contenuto della Spiritualità.
La
relazione adiacente reale del tatto è sostanzialmente spiritualmente
fondamentale poiché come abbiamo predetto è la relazione che connubia le
qualità conformanti della assenza futura rispetto alla presenza relazionale –
la spiritualità futura è una risonanza sonora della spiritualità reale
relazionale presente.
CIASCUNA
VIA HA UGUALE DIGNITA’
LA
SESTA VIA TRASMIGRATIVA
IL
PENSIERO ONIRICO E IL SOGNO SUBCONSCIO
L’ANIMISMO
E IL DIO QUIESCENTE
Mindfullness
è accettazione non è rassegnazione.
IL
SONNO DI DIO
LA
FACOLTÀ IRENICA DIVINA
DIO
è per ciascuno è onnipresente, è onnisciente, è libertario, è innatamente
conciliativo –
Dio
esiste per supportare la nostra resilienza, per connubiare la nostra
precarietà, caducità, disequilibrio di senso, tuttavia non esiste per
obbligarci alla sua influenza. Dio mindset it is about:
“ Ma Solitude est un condition necessaire de
ta liberté.”
Sartre
Jean Paul
Elaborazione
dormiente.
Il
sonno è sogno ispirativo.
Il
sonno è purificativo.
La
preghiera è la evocazione divina.
Il
sogno divino è la quintessenza onniscente.
DIO
vive a coloro che lo pregano
La
marginalità spirituale-divinatorria delle persone: I divin dormienti.
“
Dove è l’altro?” Scriveva Alda Merini realisticamente alludendo alla statica
dell’abbandono relazionale.
Io
risponderei, è con noi, ma è dormiente, le sue facoltà attitudinali relazionali
reciproche con noi sono latenti, ovvero attendono la rivelazione a noi.
Immaginiamo, realizziamo l’altro dormiente.
La
metafora allegorica relativa a questa idea è questa: Nessuna porta si apre
senza che noi cingiamo le dita sulla maniglia, premiamo verso il basso la
maniglia e incediamo i muscoli motori del nostro braccio e del nostro passo.
Ora,
particolarizziamo questo esempio – perché vogliamo aprire la porta? Poiché
l’ambiente oltre la porta è vitale o vivifico per noi, in poche parole l’ambiente
oltre la porta ci fa più bene dell’ambiente antecedente alla nostra porta.
DIO
e l’altro sono gli ambienti che ci vogliono più bene.
Seguiamo
il percorso della complessità tra noi e
la realtà spirituale di Dio e del prossimo.
Allora
immaginiamoli come scrigni – le ricchezze interne a questi scrigni sono
dormienti, latenti, non è vero che non ci sono.
Tuttavia
per accedere alla loro complessità multisistemica vi sono diversi meccanismi di
sbloccaggio della serratura degli scrigni.
Perché
gli scrigni sono blindati, la loro blindatura è coevolutiva, si adatta al
divenire reciproco tra ambiente ed individuo, tra noi e loro sicché solo noi
stessi se lo scegliamo potremo accedervi nel momento giusto per ottenersi le
ricchezze giuste.
Allora
al nostro imput dell’imparare il metodo di accesso allo scrigno otterremo
l’output della evocazione personale dell’altro e della evocazione spirituale di
Dio, abbiamo già citato che vi sussistono molteplicità unisistemiche divine
nelle persone.
Tuttavia
qui vi sussiste un paradosso. È proprio quando ciascuno di noi sente di dovere
curarsi da un ambiente per accedere alle cure dell’ambiente oltre la porta o
all’interno degli scrigni che potremmo rischiare di non avere le forze di
adoperare il nostro imput di mettere la mano sulla maniglia per aprire la porta
o per imparare il meccanismo per aprire gli scrigni.
Ma
il paradosso si risolve con la realtà della reciprocità – Dio è Dio per noi, ed
il prossimo è il prossimo per noi, ma è vero altresì l’inverso, ovvero che noi
siamo noi per Dio e che noi siamo il prossimo per il prossimo.
Allora
si realizza la magia che sia l’ambiente a cercare noi – una porta sembra
aprirsi magicamente e la magia è che è il prossimo che dal secondo ambiente ad
aprire la porta ed a creare il ponte tra i multisistemi che ci permette di
accedere all’ambiente più curativo di quello precedente, così è per Dio – e Dio
è la natura e dio è l’altro, è l’aleatorietà – Sarebbe allora la nuvola che
adombra chi non può discostarsi dai raggi solari.
ANIMISMO
E IMMORTALITÀ
La
fine è l’inizio, e l’inizio è il primo passo in divenire. Il passo è il
cangiante flusso, il passo unicamente esistente.
Animismo
Animato
e inanimato
Animismo
percezione, comprensione, fede.
Non
esiste il non – vivo, la vita è ovunque onnipresente, Ciascuna realtà vive, la
fine di una realtà non esiste poiché la fine è uno status mutativo in analogia
agli altri status mutativi che quella realtà vive.
Tutto
in questo luogo è vivo.
La
singolarità reale è parte dell’olismo presente e di ciò che l’olismo fu e la
inner latenza di ciò ce il reale diverrà.
Non
sussiste creatività e nemmeno distruzione. Poiché creatività e distruzione sono
le due dicotomie manifestazioni della compplessità del flusso diveniente che è
una miscela complessa di creatività, distruttività e resurrezioni.
Non
c’è vita, non c’è finitudine, non c’è inizio e non c’è fine c’è onnipresente il
costante flusso ciclico irenico del cambiamento.
Inner
sense of peace unione e comunione con il tutto.
IL
PRESENTIMENTO FUTURO
La
intuizione è aprioristica, è antecedente alla rivelazione della verità
La
sincronicità simbolico-culturale è la coincidenza rivelativa risonante
dell’outside universe rispetto alla verità intuita nell’inner mindset.
Lo
spirito previsionale ed il presentimento del futuro.
Si
possono intuire alcune singolarità future sulla base della assenza di sorpresa,
ovvero sulla qualità del flow monotono del divenire passato – questa idea in
ottemperanza della teoria caotica del butterfly effect- il cui andamento
diveniente non presenta singolarità divergenti.
Allora
la ipotesi precedentemente trascritta è confutata dalla realtà della esistenza
della sorpresa medesima, ovvero del raro ma possibile verificarsi di
singolarità divergenti rispetto al flow monotono diveniente.
CAPITOLO QUARTO
LA VIA NON ORIENTABILE DELL’ ASCOLTO
Una
definizione di Orientabilità
Una
varietà (ad esempio, una curva o una superficie) è un oggetto che è localmente
simile ad uno spazio euclideo. La nozione di orientazione esiste quindi
localmente: questa non è però sempre estendibile dal locale al globale. Quando
questo è possibile, la varietà è detta orientabile: in questo caso le “basi”
centrate in tutti i punti della varietà sono effettivamente suddivise in due
classi, e si può scegliere una orientazione, cioè assegnare il termine
“positivo” ad una di queste, e “negativo” all’altra.
La
possibilità di estendere globalmente questa proprietà locale è collegata al
fatto seguente: esiste la possibilità che un oggetto che effettua un viaggio
lungo un percorso all’interno della varietà si ritrovi con un’orientazione
invertita al suo ritorno al punto di partenza? Se esiste questa possibilità, è
impossibile assegnare una orientazione globale, e quindi la varietà è detta non
orientabile. Viceversa, se questa possibilità non esiste è possibile assegnare
un’orientazione alla varietà, e quindi distinguere globalmente fra “basi”
positive e negative.
La
orientabilità presuppone la dicotomia, la positivizzazione e la
negativizzazione.
Esempi
Per
una curva, l’orientazione è semplicemente la scelta di una direzione di
percorrenza della curva. Una scelta di questo tipo è sempre possibile, in altre
parole una curva è sempre orientabile.
Superfici
come la sfera ed il toro sono orientabili. L’esempio più noto di superficie non
orientabile è il nastro di Möbius: disegnando una mano destra sul nastro, e
facendo fare un giro completo al disegno, si ottiene come risultato una mano
sinistra! Per questo motivo è materialmente impossibile distinguere mani destre
da mani sinistre, ovvero suddividere le basi in positive e negative.
Questa
proprietà del nastro di Möbius è collegata al fatto seguente: un osservatore
che cammini lungo il nastro, dopo un giro completo si ritroverà a testa in giù,
dalla parte opposta.
Sitografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Orientazione
https://it.wikipedia.org/wiki/Nastro_di_M%C3%B6bius
Applichiamo
il principio di orientabilità geometrica
-
alla complessità sensoriale unisistemica dell’udito
-
alla complessità multisistemica dei sensi.
LA
ORIENTABILITA’ UDITIVA
Quando
l’udito è orientabile? Nella dinamica dell’ascolto orientativo.
Nella
dinamica dell’ascolto orientativo si riconosce l’ambiente essere una varietà
plurale categorizzabile, nominabile, e orientabile.
La
razionalizzazione dell’ascolto – focus uditivo discreto –
La
direzione uditiva è distintiva-gerarchica e uni-versale, è in relazione ad un
aumento della concentrazione verso uno dei poli dicotomici -
nullità-positività-negatività - la direzione uditiva è uni-versale.
Esempio
– nullità di suono (Silenzio), Verso positività di suono (Parola)
L’ascolto
di una persona in compagnia di numerose persone è un esempio di ascolto
uni-versale e di orientazione uditiva. Si privilegia qui la parola della
singola parola dell’interlocutore e si trascurano le parole della molteplicità
relazionale. Pertanto la orientabilità uditiva è una parziale sordità in quanto
ad astrazione da una molteplicità in onore dell’ascolto di una singolarità.
LA
NON ORIENTABILITA’ UDITIVA
La
non orientabilità uditiva non è privilegiativa e non è selettiva.
Quando
l’udito è non orientabile? Nella dinamica dell’ascolto non orientativo.
Nella
dinamica dell’ascolto non orientativo si riconosce l’ambiente essere una
varietà di univoca complessità plurale non scindibile, non categorizzabile,
innominabile, non orientabile, non selezionabile.
La
risoluzione delle contraddizioni è pacifica.
La
misticizzazione e la intuibilità dell’ascolto. Il focus uditivo è costantemente
continuo, non presenta picchi di variazione discreta locale e temporale di
variazione di attenzione.
Tutte
le vie uditive hanno uguale dignità.
OM
E MEDITAZIONE
Percezione
del magnetismo relazionale.
Magnetismo.
È la capacità di percepire campi magnetici.
Multiverso
La
direzione uditiva è multi-versale.
Il
negativo si positivizza ed il positivo si negativizza _ Il dualismo negativo –
positivo si risolve nell’olismo uditivo.
L’ascolto
simultaneo della complessità plurale dei suoni della natura in una immersione
spirituale in un paesaggio è un esempio di percettività uditiva olistica che è
funzionale ad una comprensione di senso olistico –
Questa
proattività intuitiva è fondamentale per comprendere, intuire le dinamiche
relazionali in situazioni di molteplicità relazionale.
IL
FRUSCIO DELLE FOGLIE È LA MAGIA DELL’ONNIPRESENTE NOVITÀ CHE È ISPIRAZIONE ALLA
CURIOSITÀ.
Il
suono del vento tra le foglie degli alberi e tra i petali dei fiori.
PSITHURISM
deriva dalla parola greca psithuros, che significa sussurrare.
Questo
è un suono che tutti conosciamo e sentiamo. Ispirando le anime di molti
dall’inizio dei tempi.
John
Muir ha scritto che gli alberi sono
“Ancestrali verghe d’oro ondeggianti che
suonano intonate e suonando scrivono musica per fiati per tutta la loro lunga
vita centenaria.”
SIAMO
IL LOCUS AMOENUS
LA
COMPLESSITA’ MULTISISTEMICA DEI SENSI
Può
essere sia orientabile, sia non orientabile e le dinamiche di riflessione sono
analoghe ai principi che abbracciano il senso udito.
PERCETTIVITA’
MULTISISTEMICA
LA SINESTESIA
sinesteṡìa
s. f. [dalla voce prec.]. – 1. Nel linguaggio medico, termine abitualmente
adoperato per designare il fenomeno psichico consistente nell’insorgenza di una
sensazione (auditiva, visiva, ecc.) in concomitanza con una percezione di
natura sensoriale diversa e, più in partic., nell’insorgenza di una immagine
visiva in seguito a uno stimolo generalm. acustico (audizione colorata), ma
anche tattile, dolorifico, termico; tale fenomeno può verificarsi in condizioni
di normalità. Con lo stesso termine si indica anche un disturbo neurologico, dovuto
a lesioni cerebrali o delle strutture nervose periferiche, consistente nella
percezione di una stimolazione in una zona lontana dal punto ove questa viene
esercitata. 2. Nel linguaggio della stilistica e della semantica, particolare
tipo di metafora per cui si uniscono in stretto rapporto due parole che si
riferiscono a sfere sensoriali diverse (per es., silenzio verde nel sonetto «Il
bove» di Carducci, colore squillante, voce calda); quando l’accostamento non è
occasionale ma tende a ripetersi (per varie contingenze storico-culturali e
stilistiche) può determinarsi un mutamento semantico, può nascere cioè una
nuova accezione della parola (per es., il lat. clarus, etimologicamente
appartenente alla sfera sensoriale auditiva, è passato alla sfera visiva, e
tale è il suo valore fondamentale nel latino classico e nelle lingue romanze,
nelle quali, a partire dal linguaggio musicale, ha nuovamente assunto una
accezione acustica, come in suoni chiari, voce chiara).
Tuttavia
la sinestesia, essendo in evidente relazione con la complessità mutisistemica
simultanea dei sensi, ha evidenti relazioni con il significato di non
orientabilità, in ottemperanza di una disposizione mistico-olistica e
contemplativa verso il sentimento continuo delle molteplicità dell’ambiente.
LA
VALENZA ISPIRATIVA DELLA SINESTESIA
Un
esempio può essere questo, il locus amoenus: “Mi trovo in una foresta con
fiori, cascate, frutti di ciliegio; Simultaneamente ascolto il fruscìo delle
acque della cascata e delle foglie mosse dal vento, mentre osservo la
complessità naturale della foresta, mentre assaporo una ciliegia, mentre sento
il profumo di un fiore, mentre bagno la mia mano delle acque precipitose della
cascata e sfioro con l’altra mano la ruvidezza della pietra attigua.
LA
ORIENTABIITA’ TATTILE
L’AENOSTTER
UNIVERSALE : IL POLIAMORE, IL TATTO E LA PREMURA.
Il
Tatto nella accezione di raccoglimento è per sua ontologica essenza una facoltà
orientabile – in quanto privilegio ciò che raccolgo.
Tuttavia
il tatto può essere non orientabile nella possibilità della immersione
volontaria in complessità fluide – Pensiamo alla nostra immersione nelle acque
marine – Lì siamo toccati simultaneamente dalla caoticità pluriessenziale della
molteplicità marina.
LA
NON ORIENTAZIONE DELLA PREMURA
Se
la premura è attitudinalmente rara, questa rarità è sintomo di precarietà di
intelligenza emotiva – Impariamo l’intelligenza emotiva come abbiamo imparato
l’intelligenza razionale.
La
reciproca premura ovvero cura, sollecitudine magnanima verso persona che sta
molto a cuore, atto di attenzione affettuosa con cui tale sollecitudine si
manifesta, il carattere urgente della premura altresì e soprattutto nei
confronti di chi non si conosce.
La
premura deve avere il carattere di non orientabilità, ovvero non deve essere
oggetto di scelta privilegiativa, poiché qualunque scelta privilegiativa è una
scelta degradativa, se scegliamo di bene agire verso coloro che abbiamo a
cuore, i nostri cari, (non indico di non voler bene e di non bene agire verso
coloro che abbiamo a cuore, i nostri cari.) esistono secondo questa mentalità
proattiva coloro che non sono a cuore, tra essi vi sono coloro che non
conosciamo. Si induce allora il dubbio attitudinale verso coloro che non sono a
noi “a cuore”. Ed è questa incertezza attitudinale che è l’ambiente flessibile
che può implicare malcontento attitudinale.
Allora
dobbiamo rispondere a questa incertezza attitudinale. Il presupposto è
riconoscere “a cuore”, “caro/a” coloro verso i quali pregiudicheremmo non “a
cuore”. Solitamente le categorie di coloro che sono percepibili come non “a
cuore” possono essere ritenuti coloro che sono a noi non conosciuti e coloro
che sono a noi anti-patici.
Pertanto
altresì la sconosciutezza deve essere fonte funzionale garante dell’atto
premuroso.
Ma
perché stimiamo “a cuore” qualcuno/a e non qualcun altro/a? Per il nostro
sentimento di appartenenza e famigliarità – pensiamo alla dinamica familiare
che è il cosmo della reciproca appartenenza.
La
anti-patia e la sim-patia sono il dualismo appartenente all’olismo patia.
Pertanto possiamo ricondurre il nostro universale spirito di riconoscimento e
di appartenenza nella nostra innata facoltà “patia”. Pertanto proviamo a
pensare questa analogia, la anti-patia è la sim-patia, poiché sono entrambe
patie e poiché non sussiste mai la dicotomia sezionata tra anti-alfa e sim-alfa
poiché in alfa sono presenti sia qualità essenziali ontologiche anti sia
qualità essenziali ontologiche sim. In qualunque positività esiste negatività
ed in qualunque negatività esiste positività.
L’AENOSTER
UNIVERSALE
Aenoster
àenoster s.n. Lit. aenoster(n), di orig. indeur.; ave 20161. - L’insieme degli
elementi costitutivi di un determinato ambiente che arricchiscono il soggetto,
a un punto tale da convincerlo di essere parte di quello stesso ambiente, tanto
quanto esso è parte del soggetto; (per es. luoghi, incontri, sensazioni, ecc.):
Mi porto via l’a, di questo posto.
Il
focus emotivo emozionale “a cuore” è non orientabile e non selettivo nel
sistema dell’aenoster universale.
LA
NON ORIENTAZIONE DELL’AMORE: IL POLIAMORE
LA
PREMURA E LA VARIOPINTICITA’
Il
poliamore è un sistema ottimale perché è non selettivo e non si fonda sulla
dinamica del rifiuto che è una perdita a priori.
Su
quale mentalità si fonda la giustizia della non selettività amorosa – Su due
verità. La prima è che le persone sono polirelazionali, non unirelazionali. La
seconda è che la natura del sentimento relazionale è poliriconoscitivo – ovvero
il sentimento è fondato sul riconoscimento delle diversità di singolarità
personali. Pertanto premettendo la complessità ontologica di ciascuna persona,
la evidenza della variabile iridescente variopinticità delle singolarità di
diverse persone – può accadere ed è consuetudine che accada, che proviamo
sentimento per singolarità diverse di persone diverse – Ed è in ottemperanza
del rispetto per talune singolarità che è doveroso accogliere ciascuna di esse.
In una molteplicità variopinta non ha alcun senso il non raccoglimento della
essenza ontologica della molteplicità variopinta – non ha senso il sacrificio
di alcune tinte a privilegio di altre tinte – Tutte le vie hanno uguale
dignità. L’amore non è esclusivo – o meglio la esclusività è un nonsense.
Allora se ad esempio di diversi arcobaleni riconosco e amo molti dei loro
colori e delle loro sfumature. Non ha senso che mi sia detto “Poiché ami un
arcobaleno, non puoi o non è giusto che ami l’arcobaleno compresente”, oppure
non ha senso che mi sia detto “Poiché ami l’indaco di un arcobaleno, non puoi o
non è giusto che ami il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu, il
violetto di questo e d’altri arcobaleni.” Questa verità è garantita dalla
soggettività del sentimento.
La
chiralità psicologica
Ogni
volta che creo un pensiero positivo nella mia mente creo parallelamente il suo
pensiero di negatività. Io creo positivo e negativo.
Questo
mindset culminerebbe con il pensiero di essere in balia della dicotomia “It’s
which one I give more attention that is powerful.”
Questo
pensiero tuttavia presuppone la nostra unidimensionalità – pertanto se
istituiamo la esistenza degli ambienti positive-negative – necessariamente
esisteranno gli ambienti unidimensionali “Qui” e “lì”. Pertanto secondo il
mindset unidimensionale se mi trovo “Qui”, non sono “lì” e perdo le
potenzialità latenti del “lì”- la medesima verità unidimensionale è il nostro
dovere prendere posizione. Allora istintivamente intuitivamente ci sposteremmo
e resteremmo tutti nell’ambiente del “Positivo” – Secondo una idea di allineamento
di realtà tra ambiente e persona – Il nostro andare verso l’ambiente positivo
implica positivizzazione, ed il nostro andare verso l’ambiente negativo implica
negativizzazione.
If
you create rarity, of your creatività mindset it is rare the reality will realize
you in return the rare.
It
is about the charcoal color you choose to use – come risposta otterrai il segno
colorato del colore del carboncino colorato che hai scelto.
Ed
in realtà reciproca sono gli ambienti positivo|negativo che giungono a noi, pertanto
la nostra realtà si ridurrebbe alla nostra reattività. Secondo il mindset: “I
do not have any choice about what my life it is my possibility it is about how
I react to it.” Allora se saremo nell’ambiente positivo temeremo l’avvento del
negativo.
Ed
adotteremo una delega astrattiva di responsabilità per sopravvivere alle
sofferenze indotte dal negativo – La delega astrattiva catartica di
responsabilità principale è il mindset “That is life”.
Allora
impariamo una nuova dimensionalità reale: il movimento ambientale – e già
confutiamo la unidimensionalità reale della nostra essenza e della assenza
ambientale. Sia l’ambiente positivo, sia l’ambiente positivo possono incorrere
a noi.
Tuttavia.
La chiralità dicotomica dei diversi è una manifestazione esteriorizzante di una
realtà che è veramente più complessa.
Potremmo
dire che ciascuna persona si trova nel “Qui” e nel “lì” divenienti, ovvero “non
qui|lì” mentre le stesse persone sono ontologicamente “Qui”, “lì” e
nell’ambiente del “Qui|lì divenienti” ovvero nell’ambiente del “non qui|lì”.
Ennesimi livelli del reale sono i “qui|lì spirituali” ed i “qui|lì virtuali”
entrambi divenienti.
Stiamo
parlando della simultaneità percettiva multisistemica caotica.
Perché
è utile questa riflessione? Perché la complessità è maggiorativa e libertaria
del nostro spazio e del nostro tempo. Pensiamo al valore della alternativa “Ci
deve essere una possibilità”. Questa riflessione non è un consiglio alla
evasione, è bensì un monito alla implementazione della nostra consapevolezza
del reale nell’ottica della onestà e del coraggio dell’affrontare la verità
della complessità.
Ritornando
alle tre parole di delega astrattiva “That is life” – Perché esse hanno il
valore catartico e curativo verso le ferite del negativo? Perché sono la
invocazione, il richiamo della profonda complessità implementativa della
superficiale semplificazione dualistica.
LA
VULNERABILITÀ È IL VALORE DELLA FERITA
La
condivisione e la riflessione sono catartiche
L’isolamento
emozionale causa stress. La salvezza è la presenza di connessione. La minaccia
è la assenza di connessione. Se sussiste la mancanza di relazione esiste la
mancanza di relazione.
La
domanda esteriore “Come stai? Come ti senti?” Ha un effetto minorativo, un
alleviamento del livello dello stress.
La
salvezza nella riflessione.
Una
salvezza è trovare o realizzare le tue connessioni nel tuo stesso inner
universe, nel tuo stesso inner sound.
Il
livello di cortisolo se resta elevato per un lungo periodo sopprime il sistema
immunitario.
The
Sufference Unshareability psicological short circuit
Sufference
Unshareability causes emotional short circuits with a implementation of
Sufference Unshareability causes emotional short circuits with a implementation
of Sufference Unshareability causes emotional short circuits with a
implementation of Sufference…
Meccanismo
di autodifesa della mentalità interiore
Il
mindset di autodifesa nasce nella prima età infantile, come reazione di una
necessità di autogenerare autonomamente i sistemi difensivi nella possibilità
in cui i genitori non insegnino tutti i sistemi difensivi di cui l’infante
soggettivamente necessita. Quindi gli infanti riconducono la loro sicurezza in
questo sistema mentale che auto realizzano. Essi trovano autonomamente le
risposte se l’ambiente non dona loro le risposte di cui necessitano. Tuttavia
questo mindset infantile preseta una lacuna, ovvero che è completamente
sbilanciato verso la risposta e non abituato alla esistenza della domanda, della
incertezza, proprio perché gli infanti si proteggono autonomamente dalla
avversità delle domande.
E
così la mente umana, la normale mente umana egoica, è fondamentalmente una
struttura difensiva. È in modo significativo una risposta al dolore, non
completamente, ma è in modo significativo una risposta al dolore. È un destino
di dolore. Ed è un mindset autoindotto progettato per impedirti di provare
dolore, quindi non appena sfioriamo una realtà sconosciuta, incerta, questa
realtà la riconosciamo come inconcepibile, perché non siamo abituati a
concepire le realtà incerte, allora ci dimostriamo preoccupati, ansiosi e sulla
difensiva, sempre e ovunque in quanto la radicalizzazione del nostro polo
intellettivo positivo della certezza e della risposta è inconciliabile con la
realtà incerta e questionante del reale. Quindi, quando si tratta di
cambiamento e di vulnerabilità, la mente vuole difendersi da essi e quindi
questo sentimento nasce dalla paura che deriva dall’esperienza infantile quando
il dolore che avevi era ANESTETIZZATO.
Per
questo quando si parla di tempra caratteriale e di integrità personale si
adduce il significato di “Growing pains” in atto la nostra disponibilità ad
affrontare l’ignoto, la domanda, l’incertezza, l’avversità, la gestione del
“duole”, non la “ricerca del “duole”. Perché chi si relaziona con la propria
vulnerabilità, chi la esteriorizza – si pone come realtà plasmabile ed in
facoltà di interiorizzare il mindset gestionale- curativo della realtà dolente
che ha dovuto incontrare e che ha affrontato, innestando nella sua mentalità
una elevazione proattiva che sulla base dei sistemi affrontativi che ha
imparato rendono questa persona abile nell’affrontare ciò che ha già
affrontato.
Questa
mentalità della vulnerabilità non è autolesiva, né avvalora la autolesione –
Non consiglia la ricerca del “Duole”, bensì annette un mindset creativo nei
confronti della possibilità di iniziativa proattiva verso le aleatorie calamità
che possono dolere. Pertanto la distinzione di crescita interpersonale è tra
coloro che, nel caso in cui dovessero subire un “duole”, vi reagiscono con
spirito ricreativo e risolutivo e coloro che evitano il “duole”. Allora quando
i primi dovranno incontrare nuovamente un “duole” simile sapranno gestirlo,
assimilarlo e risolverlo senza soffrirne, mentre i secondi vi soffriranno
nuovamente in quanto percepiranno il “duole simile” come un “duole” nuovo, mai
visto, poiché precedentemente evitato.
La
sensibilità porta altresì ad una maggiore creatività. Le persone più creative
sentono anche più dolore. Le persone creative cercano di sfuggire al loro
dolore. C’è un legame reale tra sensibilità creativa e sofferenza allo stesso
tempo.
Concludiamo
che la vulnerabilità è essenziale per la crescita.
Vulnerabilità.
Quindi la vulnerabilità è la nostra capacità reattiva e proattiva di
rimarginabilità verso il ferimento. Ora. la realtà è che come esseri umani
siamo tutti vulnerabili dal concepimento fino alla morte.
Tutto
in natura cresce a causa della Vulnerabilità, la crescita è un potenziamento, è
un cambiamento, è un movimento, è un rinforzo – ma non può esistere un rinforzo
senza un’influenza minorativa.
L’ideogramma
cinese che significa “crisi” è composto di due caratteri wēi e jī
–
uno significa “Pericolo”, l’altro “momento cruciale”
La
sillaba jī di wēijī significa “momento cruciale”, ossia ‘quando comincia o
cambia qualcosa’. Pertanto il momento di crisi è un istante prioritario. È la
nostra modalità di relazione con la realtà critica che implica la possibilità
che la nostra relazione con il pericolo possa essere per noi un “Enhancing
change” – Una presupposta qualità è già presente – ovvero lo status di
cambiamento che eleva ed evolve lo status monotonico del non cambiamento.
“Sai”
I
più importanti e illustri scrittiori e pensatori – durante i loro monologhi o
nelle loro opere culturali letterarie pronunciano sovente la parola “Sai”. Ad
indicare che la onniscienza è innata e che il germoglio della complessità
dialogica che l’ascoltatore o che il lettore sta cogliendo è già in lui latente,
allora giungiamo alla conclusione che la relazione ci desta dal sonno e
risveglia le nostre consapevolezze più ancestrali e profonde.
“Ora”
I
più importanti e illustri scrittiori e pensatori – durante i loro monologhi o
nelle loro opere culturali letterarie pronunciano sovente la parola “Ora”. La
attualizzazione, ciò che andiamo cercando è nell’adesso, nel presentismo.
LA
CATARSI DELLA ALCHEMIA PERCETTIVA SENSORIALE
Esempio
il ghiaccio che brucia
Fusione
alchemico-psicologica dei contrari
La
dicotomia concettuale caldo – freddo è una astrazione razionale
In
verità sensorialmente percepiamo il continuum di variazione di temperatura –
Tuttavia
la complessità percettivo-sensoriale annette che quando percepiamo il freddo,
percepiamo il caldo – in quanto il caldo è la marginalità integrativa
dell’olismo variabile temperatura insieme al freddo – pertanto prrcettivamente
di avvera la percezione locale di temperatura dissonante rispetto alla
percezione generale – pensiamo di essere circondati dal ghiaccio in un igloo –
semplicisticamente l’igloo è un ambiente relativamente caldo rispetto
all’ambiente artico generale. Se nell’igloo raccogliamo una lastra di ghiaccio,
immediatamente percepiremo che il dualismo radicale – caldo e freddo – è
instabile – tanto è che sul palmo della nostra mano percepiremo una sensazione
di calura, in casi radicali il ghiaccio può ustionare.
In
un ambiente artico esiste calore.
https://www.esa.int/SPECIALS/Eduspace_Global_IT/SEMUGZVWVUG_0.html
Tuttavia,
non limitiamoci al ragionamento sulla percettività sensoriale, estendiamo il
limite del ragionamento sulla percettività psicologica – andremo allora a
riconoscere che può realizzarsi l’assurdo ed il Paradosso secondo cui la realtà
che duole può esser percepitasi come realtà curativa, vediamo perché.
Perché
la realtà del dolore è una realtà multisistemica che annette nella sua
complessità il – non dolore – ovvero un valore curativo. Proviamo a
Sensibilizzare questa mentalità in paragone con l’esempio precedente – il
ghiaccio può implicare la percettività calorosa – come accadrebbe nel luogo
artico – se il freddo glaciale mi duole, allora raccolgo del ghiaccio poiché
paradossalmente sensorialmente mi induce la sensazione del calore. Allora il
ghiaccio è sia glaciale che focoso.
Il
metodo curativo del dolore è di astrarvi, dedurvi ( la deduzione è il passaggio
dal generale al particolare)
Del
dolore le sue qualità non solamente non dolorose, bensì altresì curative e
catartiche per noi – applicando una astrazione ontologica.
In
più ci è data la facoltà della fusione alchemico – psicologica – ovvero la
possibilità percettiva del riconoscimento multi-prospettico di una realtà
complessa – vediamo un esempio iconico – la oasi nel deserto. Sappiamo allora
che il deserto non è solo arido ma è altresì acquatico.
Approfondiamo.
Nelle
dinamiche percettive sia sensoriali che psicologiche vi deve essere un luogo
temporale in cui i diversi si uguagliano – nell’esempio del ghiaccio – stiamo
pensando all’istante percettivo del tiepido.
Pertanto
abbiamo trovato un aspetto alleviante della radicalizzazione dolorosa, ovvero
non percepire il dolore radicalmente nella sua parzialità totalmente dolorosa –
e la risposta ci è data proprio dall’esempio del ghiaccio – se del ghiaccio
percepiamo l’istante qualitativo tiepido – riconduciamo alla tiepidezza il
ponte che ci permette di liberarci dalla radicalizzazione percettiva del freddo
per accedere allo status del calore.
Così
è per il dolore – la Rimarginazione della ferita psicologica o fisica dolorosa
è nell’ambiente della quiescenza, della latenza, ovvero della equilibrizzazione
dello sbilanciamento percettivo del dolore radicale verso l’equilibrio
allievante che ci può condurre allo status ambientale psicologico curativo.
Vediamo
un esempio psicologico – relazionale:
Se
percepiamo come totalmente arida, avversa e dolorosa la situazione della non
relazione, vi sarà una dissonanza cognitiva tra il nostro sogno relazionale (
il necessitare del caldo e dell’acqua degli esempi precedenti) e la reale
situazione del trovarsi o nel deserto tra le sabbie o tra i ghiacciai artici.
Tuttavia. Come possiamo guarire dalla ferita della non relazionalità,
riconoscendo che la medesima realtà (la solitudine) che è ferita, può essere
altresì curativa – cambiamo prospettiva, ovvero ad esempio la solitudine è un
ambiente maggiorativo di libertà. Pertanto avremmo trovato una oasi nel
deserto, un aspetto contestuale della realtà che ci doleva ora ci allieta.
Vediamo
qui una abilità importante del nostro pensiero – che è una forma di telecinesi
ovvero il teletrasporto psicologico.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Psicocinesi
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Poltergeist
Quale
sarebbe l’entità garante del nostro movimento psicologicamente locale e
temporale, nel tempo e nello spazio reali del nostro essere fermi? La memoria –
pertanto nel passato abbiamo già camminato le aride sabbie desertiche ed
insieme già vi abbiamo trovato le oasi nel deserto – allora se dovessimo
trovarci realmente in un ambiente psicologico arido, mnemonicamente saremo in
grado di abbeverarci di acque risultanti dalla nostra astrazione mnemonica,
acque che non esistono realmente nell’ambiente psicologico reale che stiamo
vivendo ma che realizziamo nel nostro Inner mindset – pertanto ipoteticamente
coloro che stanno condividendo con te un ambiente arido ed in cui vi stanno
soffrendo, non comprenderanno la tua dissonanza attitudinale rispetto alla
loro. Sicché potrai insegnare loro questo metodo catartico.
IL
MULTIVERSO INTELLETTIVO
L’ASCOLTO
DELL’INNER UNIVERSE “Una costellazione di pensieri”
E
DELL’OUTSIDE UNIVERSE
LE
QUALITA’ DELL’INNER SOUND E DELL’OUTSIDE SOUND
L’overthinking
è un esempio dello status di baraonda di inner chaotic sound nell’inner
universe.
Può
essere una implicazione della percettività del sincronismo della realtà.
Per
questo motivo l’overthinking implica distrazione, ovvero una riduzione della
attenzione sia orientabile, sia non orientabile.
Per
allievare il caos dell’ inner overthinking, che può realizzarsi altresì in un
ambiente silenzioso, si deve credere e riconoscere che il silenzio è
semplicemente puro e semplice silenzio.
La
trascuratezza dell’ascolto esteriore
Se
ascoltiamo solo noi stessi siamo sordi alla ricchezza universale.
Se
non ci ascoltiamo, attribuiamo all’inner sound il privilegio valoriale
sull’outside sound.
La
tragedia dei beni comuni
La
trascurabilità dello spazio comune.
L’essere
umano singolare differenzia anche in termini di comportamento il proprio spazio
individuale rispetto allo spazio comune solitamente ponendo lo spazio comune,
l’outside universe e l’outside sound in secondo ordine valoriale.
La
responsabilità della decadenza dell’outside universe, se dovesse esistere, è
comune.
L’inner
sound silenzioso è la premessa dell’ascolto attento proattivo sia orientabile,
sia non orientabile.
IL VALORE DEL SILENZIO E DEL VUOTO.
Lettura
di approfondimento
relativamente
al tema del valore del silenzio.
www.openstarts.units.it/bitstream/10077/5752/1/Stecchina_inTigor5.pdf
IL
VALORE DEL VUOTO NULLA
NOTHING
IT IS SOMETHING
All’importante
consiglio del ricondurre valore nella magnanimità del poco io rifletto sul
tentativo del ricondurre valore nel nulla.
Resurrection
environment it is the void:
La
meraviglia è la iperplasmabilità del nulla.
Perché
ogni gesto presente, un punto nell’olimpo esperienziale, in questo secondo è la
complessità del tutto: nella frattalità il microcosmo è il macrocosmo.
Nella
complessità dell’immagine del frattale di mandelbrot cambiando prospettiva si
riconosce che un punto quasi impercettibile è ontologicamente uguale alla
immagine iconica del frattale di mandelbrot.
‘Vediamo,
è meravigliosa questa immagine del frattale di mandelbrot.’
‘vedi!?
In disparte c’ è un punto’
‘Un
punto è niente. Non c’ è niente di più noioso del nulla ‘
‘proviamo
ad aggiungere al nulla la curiosità e già il nulla è curiosità. La magia del
nulla è la sua iperplasmabilità. andiamo a vedere’
Cambiando
prospettiva, avvicinando la telecamera al punto fu scoperta dalla entità che
era percepita come punto la medesima figura meravigliosa del frattale di
mandelbrot.
https://m.youtube.com/watch?v=0jGaio87u3A
Raccogli
ciò che è ora, nonostante possa sembrarti banale, insufficiente, avverso, chi
raccoglie non trascura, dedica attenzione e valore.
The
power of the now mindset.
IL
PARAGONE CON IL NULLA VALORIZZA LA REALTA’ PARAGONATA CON IL NULLA
L’EMPIMENTO
In
the environment of the nothing the new existance of something it is perceived
as the existance of everything.
The
immersive experience in the environment of the nothing – and the feeling of the
presence of one connection between you and something in the pure white or in
the pure black environment of nothing, it is an immediate fusion between you
and that reality and simultaneously a dilation of all yourself, the reality you’re
related with and the void environment value – it realizes your perception of
the union (of the link-yourself-yourpairedreality-the Nothingness environment)
to be Everything and almighty.
Nell’ambiente
del nulla la nuova esistenza di qualcosa è percepita come l’esistenza di tutto.
L’esperienza
immersiva nell’ambiente del nulla – e la sensazione della presenza di una
connessione tra te e il bianco puro o il nero puro dell’ambiente del nulla, è
un’immediata fusione tra te e l’ambiente vuoto
e contemporaneamente una implementazione valoriale, una fusione
dilatante di te stesso/a con l’ambiente vuoto –
La
fusione tra te e il vuoto non è premessa – poiché può non essere vero che il
nulla aggiunge a te il niente. Procediamo – Qualcosa, qualsiasi cosa, è esattamente,
totalmente la medesima realtà in relazione con l’ambiente “Niente”. Tuttavia in
questo passaggio si realizza una rivoluzione – La totalizzazione è l’influenza
del nulla sulla realtà contenuta nell’ambiente vuoto. La realtà presente
nell’ambiente “Niente”
subisce la elevazione di essere l’unico
“Tutto”. La tua percezione dell’unione (del legame-te stesso-l’ambiente del
Nulla) per riconoscerti il “Tutto”.
I
bambini chiudono gli occhi quando giocano a “Il gioco del niente”. E quando si
accorgono che l’oggetto che vedevano prima di chiudere gli occhi – non c’è più
– Per quei bambini l’oggetto che non c’è più diviene straordinariamente
importante. La malinconia ispira la nuova ricerca. Così accadrebbe a chiunque
ed il nostro chiudere gli occhi sarebbe il nostro riposare. La
pluricontestualità testimonia che viviamo “Il gioco del niente” molto più di
quanto crediamo.
Le
realtà “Mancano” poiché realizzano un “vacuum”, La realizzazione del vacuum è
la situazione opposta all’empimento.
Tuttavia
abbiamo già descritto la prospettiva secondo cui il vacuum può suscitare
empimento.
Vi
sono diversi livelli di vuoto – La implosività è la nostra resilienza alla
relazione tra i due universi ambientali esteriore reale e interiore
psichico-spirituale.
L’ultima
opera
Sapete
cosa può eternizzare una vita di capolavori?
Quale
sarebbe l’unico valore aggiunto puro che può migliorare la perfezione non
migliorabile? Un consiglio è già presente nella domanda.
Un
artista già rinomato e valorizzato cristallizzò il suo maestoso operato di
miriadi di opere artistiche con una ultima opera, quale?
Una
tela puramente bianca. Molti non compresero il senso della sua ultima opera
tuttavia i più avveduti giunsero alla corretta conclusione. Affinché fossero
eternizzare le sue opere l’artista pose il pubblico nella posizione del
paragone tra i suoi miriadi di dipinti ed il nulla.
Accadde
ciò che l’artista si attese:
Il
valore ed i riconoscimenti verso i suoi dipinti aumentarono ingentemente.
If
you are looking for forever.
I’ll
take the battery out of my clocks – so we will be stuck inside this moment as
if the time had really stopped.
I
would tell you I love you every second, except here where seconds do not exist.
So
I’ll say I love you through each breath, through each smile in our non existing
time place. And when I die, you can crank your watch, restart your clocks,
begin the time. And know we were infinite in the moment that you are mine.
Se
stai cercando il per sempre.
Toglierò
la batteria dai miei orologi, così rimarremo bloccati in questo momento come se
il tempo si fosse davvero fermato.
Ti
direi che ti amo ogni secondo, tranne qui dove i secondi non esistono.
Quindi
qui ti dirò che ti amo attraverso ogni respiro, attraverso ogni sorriso nel
nostro spazio temporale inesistente. E quando muoio, puoi far girare
l’orologio, riavviare i tuoi orologi, iniziare il tempo.
E
sappi che eravamo infiniti nel momento in cui sei mio/a.
A
silence full of noises: The aural environment in a miner’s life history
ABSTRACT:
4’33” John Cage’s work can be read as an attempt to desacrate the mindful
listening
of classical music by the elimination of the “sound” in a place
programmatically
aimed
at removing the “noise”. The setting of life histories is conceived
like
a “place of silence”, in which technical tools and ethnographer’s skills
contribute
to
reduce the background noises. However, in ethnography, “silence” can be read
not
only as absence of communication – although that could also be assumed as
significant
(Basso
1970) –, but as an aural field to explore, with its soundscapes and
corporeal
signals. Starting from Michael Herzfeld’s challenge (2006), who suggests
to
re-think the sensory ethnography in order to «resensitize» anthropology as a
whole,
this article proposes a tranche de vie of Giovanni, an elderly miner from
Sardinia.
The
ethnographic description focuses on the voice of Giovanni, and the aural
spectrum
of the place and the bodies involved, recording them by a videocamera.
The
«silence full of noise» (Cage 1977: 221) that emerges during the “deferred
listening”
of
the video allows to extend the thick description of Giovanni’s remembrance.
Il
suono spettrale del vuoto
Il
buco nero
https://www.rainews.it/articoli/2022/05/--nasa-il-suono-del-buco-nero--961f026b-314d-4b1a-93bb-02118bb8e793.html
Le
musiche dei fiori
La
musica della natura – Plantwave – Puoi ascoltare le variazioni negli impulsi
elettrici di qualsiasi elemento floreale tradotti in suoni.
It
seemed that the void had not energy
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Energia_del_vuoto
Ipersensibilizzazione
sensoriale
All
the things that could happen before and next
La
amistà si riconosce nel luogo temporale della non amistà antecedente
(sconosciutezza) e successiva all’amistà (inimicizia e fine di amistà)
DON’T
SPARE THE NOW
BELIEVE
IN THE APPARENT NOTHINGNESS OF THE NOW, IIN THE INNER INFINITESIMAL PLACE OF
NOW IT IS KEPT IN SECRET THE COMPLEXITY OF EVERYTHING.
COMPONIMENTI AUTOGRAFI BIBLIOGRAFICI
LE CONCLUSIONI FUNZIONALI
Il
più elevato livello gnoseologico è raggiungibile mediante la funzionalizzazione
delle conclusioni. Vi sono termini aprioristici che conducono alle conclusioni
di una teoria, di un pensiero.
La
idea è che le conclusioni divengano i termini aprioristici compendianti un
mindset elevato, esaustivo e pragmaticamente ideale.
Che
gli ultimi link logici culturali compendianti la complessità di numerosi
ragionamenti siano i primi link logici strutturanti un up-grade-mindset.
CAPITOLO PRIMO
L’ UNIPATIA
DEL NOI
MENTALIZZAZIONE
EMPATIA
SUBLIMINALITÀ
TELEPATIA
Una
definizione di unipatia
L’unipatia
è uno stato d’animo fusionale, consiste nell’«unificazione o fusione affettiva
del proprio io con quello di un altro soggetto»; nell’unipatia non solo
l’emozione dell’altra persona viene ritenuta come propria, ma l’io dell’altro
viene sia identificato che interiorizzato.
Una
definizione di com-passione
Nelle
lingue che formano la parola compassione non dalla radice «sofferenza» (passio)
bensì dal sostantivo « sentimento », la parola viene usata con un significato
quasi identico, ma non si può dire che indichi un senti-mento cattivo o
mediocre. La forza nascosta della sua etimologia bagna la parola di una luce
diversa e le dà un senso più ampio: avere compassione (co-sentimento) significa
vivere insieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui
qualsiasi altro sentimento: gioia, angoscia, felicità, dolore. Questa
compassione (nel senso di soucit, Mitgefühl, medkänsla) designa quindi la
capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle
emozioni. Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo.
La
consapevolezza vitale e rivitalizzante si fonda sulla attenzione, sul
ri-conoscimento del valore delle realtà che incontriamo, il nostro valore
self-evaluating e di rivitalizzazione si implementa nella misura della nostra
ri-conoscenza, della nostra volontà di raccoglimento – della nostra
lungimiranza e chiaroveggenza che premet-tono l’accorgimento della non
invariabilità di qualunque realtà – La comprensione della rilevanza delle
realtà di essere realtà meritevoli. Ri-conoscenza aggiunge alla conoscenza il
valore della ulteriorità nella prossimità al fine del raggiungimento del senso.
ln
greco antico la parola (aleetheia) viene generalmente tradotta come “verità” ma
ha un significato più interes-sante:
Deriva
infatti da (alpha privativa che indica “senza”) più una sostantivizzazione dal
verbo eludo, nascondo.
[colei] che non è nascosta, che non elude.
Traducibile anche con “svelata”.
Il
disvelamento è l’approfondimento che implica la rivoluzione del nostro
passaggio conoscitivo da realtà sco-nosciuta a realtà conosciuta.
Lettura
di approfondimento
Prossimità e ulteriorità. Una ricerca ontologica per una
filosofia prima. Armando Rigobello. 2009.
La
ulteriorità ha inoltre valenza di curiosità creativa – è la nostra percezione
della esistenza di uteriorità che ci conduce a volere conoscere, e che ci
conduce a volere incontrare per ri-conoscere.
Il
miracolo catartico dello sguardo.
NON
TRAS - CURARE
Osserva
le realtà che incontri come se il tuo sguardo potesse salvarle.
La
priorità è il più bel modo di dimostrare un sentimento.
Il
verbo tras-curare allude all’evitamento della volontà di curare.
Le
verità ancestrali olistico-simboliche sono innate.
“E
vanità voler andare alla ricerca di cose nuove da dire.
Non
vi sono verità nuove, le verità sono sempre esistite ed immutabili; e non sono
patrimonio del singolo, ma di tutti.”
Pensieri,
Piero Parisi
Visione
di senso olistico: Consider the essence of every single drop.
La
comprensione iniziale compendia il sentimento globale , la direzionalità e la
orientazione.
LA MENTALIZZAZIONE
“Quando
desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo
desiderio”
Paulo
Coelho
“Noi
siamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’autocoscienza. “
Carl
Sagan
La
lettura del pensiero
Lo
spirito di Mentalizzazione premette il valore strutturale del “Nosce te ipsum”
come strumento di coscien-za-pre-veggente della mentalità del prossimo.
La
frase:”comprendo ciò che intendi.”
Non
è analoga alla frase “comprendo ciò che dici”
Nell’intendimento
sussiste la facoltà di lettura di pensiero - in quanto intendimento è la
comprensione risul-tante dal non sussistere dell’analogia tra parole comunicate
e comprensione delle parole comunicate poiché vi è una componente maggiorati a
che diversifica e colora il significato delle parole comunicate che non
comuni-cano ciò che sono, bensì comunicano altro rispetto a quello che sono.
Tanto è che talvolta non servono parole per intendersi, alcune persone si
intendono con uno sguardo. Tuttavia i molti credono di intendersi e non si
in-tendono, ovvero credono di potere accedere alla verità del pensiero altrui
ma intendono erroneamente. Sussi-ste allora una necessità di profonda
conoscenza per avverare la verità della comunicazione subliminale, che
nominiamo complicità.
Il
femminino nel mindset maschile ed il masculino
nel mindset femminile.
Pertanto
possediamo mindset strutturalmente analoghi. La controparte non appartiene
all’io cosciente ma al subconscio alla follia all’irrazionale.
Le
percezioni sono causali ovvero implicano una variazione, la variabilità della
realtà non è indipendente dal pensiero, il pensiero ha rilevanza fattuale.
LA
PROPRIOCEZIONE O CINESTESIA
Propriocezione
(o cinestesia): capacità di dire in modo innato e naturale dove si trovano
determiante cose. Una sensazione meccanica del cervello in grado di stabilire,
senza che qualcuno ci abbia indottrinati, dove sono col-locati certi oggetti.
Chemiopercezione.
È la percezione degli stimoli chimici, attivata dagli ormoni.
Se
questi oggetti sono oggetti psicologici, mentali, allora comprendiamo la nostra
facoltà di immedesimazione e di lettura del pensiero,
LA
CINESTESIA INTUITIVA, Telepatia e subliminalita (sotto alla soglia
dell’attenzione)
La
lettura del pensiero (ipersensibilità intuito)
Propriocezione
(o cinestesia): capacità di dire in modo innato e naturale dove si trovano
determiante cose. Una sensazione meccanica del cervello in grado di stabilire,
senza che qualcuno ci abbia indottrinati, dove sono col-locati certi oggetti.
Consuetudinarietà
reiteratività semplicità ovvietà banalità istintività abitudinarietà dialogica
Stando
in solitudine, leggendo letteratura e filosofia conobbi profondamente chiunque
La
ovvietà segui i principi di poche categorie cardine e questi sono una costante
che basta imparare come si impara qualsiasi altra realtà – Se la verità segue
le leggi della complessità si suppone necessaria la onniscienza della
complessità per divenire consapevoli della qualità della finità del mindset
comunitario.
Rarissime
le persone si discostano dalla normalità. La Opinione comune, la mentalità
omologativa, ad esempio i medesimi insegnamenti.
La
manifestazione di intelligenze diverse nella dinamica comunicativa implica che
la dissonanza si intenda come follia, la percezione del nonsense implica in noi
freezing conoscitivo.
Tuttavia.
Se in origine plasmiamo la nostra percezione valoriale della diversità e dei
legami divenienti della diversità, allora saremo noi stessi a risolvere il
nonsense, il nonsense è semplicemente disordine, ordinandolo a poco a poco ne
conosciamo il complesso sistema e lo assimiliamo, questa nostra prospettiva si
concilia con la relazione con coloro che sono propriamente non identici a noi,
questo fatto è veramente probabile.
La
facoltà dialogica è una conseguenza e una manifestazione della struttura
neuromultisistemica pertanto studiando
la facoltà unisistemica dialogico-letterale è
possibile desumere importanti proprietà strutturali del nostro mindset.
LA
COMPRENSIONE DI UN ORDINE DAL CAOS
“Non
imorpta in che oridne apapaino le letetre in una paolra, l’uinca csoa
imnorptate è che la pimra e la ulimta letetra sinao nel ptoso gituso. Il
riustlato può serbmare mloto cnofuso e noonstatne ttuto si può legerge sezna
mloti prleobmi. Qesuto si dvee al ftato che la mtene uanma non lgege ongi
letetra una ad una, ma la paolra nel suo isineme. cuorsio, no?”
Rimuovere
le vocali e le ripetute consonanti
I
ACCEPT MY BLESSINGS
CCPT
M BLSSNGS
CPT
M BLSNGS
Allora
dal caos letterale “CPT M BLSNGS” deduciamo l’ordine sensato delle parole “I
ACCEPT MY BLESSINGS”
Un
esempio letterale del mindset previsionale.
Le
prime lettere di una parola sarebbero indici selettivi orientanti verso il
pre-sentimento della comoscenza della parola a cui appartengono le prime
lettere.
www.tropismi.it/2014/02/14/preche-reisci-a-lggeere-quetso-tetso/
GLI
ASPETTI DINAMICI E STRUTTURALI DELLA PERSONALITÀ
La
personalità marginale
Schemi
cognitivi, emotivi, motivazionali e attitudinali che attiviamo in relazione
alla percezione di valore aggiunto presente.
La
personalità nella prospettiva di costituzione olistica ontologica.
Modalità
di pensiero, sentimento e attitudinale che caratterizza la vita della persona e
che risulta dal connubio delle sue relazioni culturali- ambientali.
Lo
psicologo americano è riuscito a dimostrare scientificamente che il
temperamento innato di un individuo si mantiene tale per tutta la vita, come
una sorta di fil rouge della sua esistenza.
Jerome
Kagan
È
sulla base del limite di mentalità locale e culturale e sulla base degli
aspetti strutturali che si rende possibile la mentalizzazione.
La
personalità è secondo Freud costituita dall’interazione dell’Io, dall’Es e dal
Super-io. L’Es sarebbero l’insieme delle pulsioni naturali che esigono
soddisfazione immediata per ottenere piacere per l’individuo oppure per
difenderlo dalle aggressioni esterne; il Super-Io è l’insieme, in parte
consapevole, di regole, divieti e obblighi che concernono le interazioni della persona
con l’ambiente circostante; l’Io è invece la parte della personalità che è
responsabile di integrare l’Es ed il Super-Io.
La interiorizzazione delle relazioni
oggettuali sono funzionali alla crescita e alla tempra della personalità.
LA
TEORIA DELL’ ATTACCAMENTO DI BOWLY
Questa
teoria esplicita come le relazioni precoci del bambino con le altre persone
possano plasmare la personalità futura del bambino. Pertanto l’ambiente
relazionale precoce del bambino, plasmando i suoi comportamenti futuri, è
responsabile del futuro attitudinale del bambino.
LA
MENTALIZZAZIONE
La
mentalizzazione è la capacità di comprendere le azioni proprie e altrui in
termini di pensieri, sentimenti, speranze e desideri. La mentalizzazione è la
percezione implicita o esplicita o l’interpretazione delle azioni proprie e
degli altri come dotate di intenzionalità, ovvero, mediate da stati mentali o
processi psichici comprensibili, poiché NOSTRI. Le realtà che appartengono a
noi. Il co-sentimento è la con-divisione – Pertanto sento le realtà che il
prossimo sente. La previsionalità è garantita dal sentimento comune.
Pertanto
risulta un allineamento contestuale nell’ottica dell’aiuto reciproco. Se la
nostra iniziazione è allineata, realizziamo un inizio consonante sintonico che
implica la consapevolezza comune della futura nota risonante – Nell’esempio di
due compositori pertanto l’atto di una persona che pronuncia una verità del
pensiero di una altra persona è analogo all’atto di premere un tasto di un
pianoforte, il tasto corretto Colui che
preme il tasto di pianoforte pensa “La nota che suoneremo sarà questa.” Non
dicendo nulla. Colui che ascolta pronuncia la parola “Sì”.
La
mentalizzazione si relaziona ai sentimenti che tendono a riferirsi ad un certo
stato delle cose.
La
mentalizzazione implicita
La
normalità e la familiarità della lettura del pensiero.
La
lettura del pensiero non è solamente normale e familiare è una facoltà
fondamentale e necessaria alla relazionalità.
La
mentalizzazione è funzionale alla resilienza, ovvero nella capacità di
affrontare le avversità.
Senza
la capacità di mentalizzare non si può pretendere di avere interazioni sociali
costruttive, un senso di sé stabile, mutualità nelle relazioni, né il senso di
sicurezza personale. La mancanza della capacità di mentalizzare può inibire la
creazione di relazioni durature e stabili.
Senza
alcuna forma di partecipazione interpersonale non vi può essere alcuna
reciproca catarsi relazionale o proattività attuativa e progettuale ed in
assenza di mentalizzazione non vi è possibile alcun coinvolgimento sociale.
Lo
spirito creativo è la collaborazione verso la creazione e la attivazione comune
del sistema di attaccamento che contribuisce a realizzare le basi relazionali
sicure, le fonti di ogni progressivo miglioramento affinché si determini quel
“circolo virtuoso” costituito da una sinergia tra recupero della capacità di
mentalizzazione ed esperienza di una base sicura.
La
mentalizzazione implicita è una funzione procedurale inconscia.
Per
fare un esempio noi in ogni istante leggiamo con la mente, senza alcun sforzo
ed in modo automatico, quindi per lo più a livello inconscio.
La
mentalizzazione a livello esplicito
La
mentalizzazione a livello esplicito di livello più elevato sussiste quando un
soggetto riflette la propria percezione di quanto un altro pensa circa i suoi
stati d’animo.
La
moralizzazione non è la mentalizzazione.
La
mentalizzazione è il processo preconscio di rappresentazione mentale, ovvero è
la trasformazione di una realtà non mentale in realtà mentale.
LA
SELF-MENTALIZATION aiuta a modulare le esigenze e forti emozioni affinché le
percepisca maggiormente sopportabili.
Un
esempio di applicazione della mentaizzazione, il pianto.
La
mentalizzazione è applicabile ad una situazione dove ad esempio abbiamo un
paziente seduto, tranquillo ma visibilmente pensieroso ed improvvisamente scorgiamo
le sue lacrime che scendono lungo le guance.
La
mentalizzazione è in relazione alla sensibilità ed alla ipersensibilità.
Indagare
su ciò che è potuto venire in mente alla persona in quel determinato contesto,
ovvero, su quale stato mentale ha provocato quelle lacrime.
LA
CONFERMA NELLE ESPERIENZE COMUNI E LA RIDEFINIZIONE RAPPRESENTAZIONALE SULLA
BASE DELLA ACQUISIZIONE RECIPROCA DI PLURIME ANGOLAZIONI DI PENSIERO.
L’INTERPRETAZIONE
DEL TRANSFERT E IL VALORE DELLA ALTERNATIVA PERCETTIVA.
LA
FORMA RAPPRESENTAZIONALE DI SECONDO LIVELLO È DI TIPO RIELABORATIVO
PLURICONNETTIVO E PLURIPROSPETTICO – SI RITORNA A RICONOSCERE ED A SCOPRIRE
COLLEGAMENTI CONCETTUALI CONTESTUALI DIVERSI DI PROSPETTIVE DIVERSE.
Il
valore della alleanza.
La
emancipazione dalla conoscenza limitante, il valore della consapevolezza
ulteriormente differente.
L
a equivalenza psichica con il prossimo può implementare la facoltà percettiva
pluriprospettica.
Una
risposta comprensiva catartica “Ti capisco, come te ho vissuto questa esperienza,
io ho reagito in questa maniera.”
Questa
esperienza di venire compresi provoca un senso di sicurezza che a sua volta
favorisce l’esplorazione mentale e l’esplorazione della mente alla ricerca di
sé stessi ed il RISPECCHIAMENTO.
LA
CON-DIVISIONE DI SOGGETTIVITÀ È FUNZIONALE ALLA CON – VERSIONE. ALL’ “IN AND
OUT CAOS TOGHETHER”
Vi
è un ordine di categorie causali olistiche superne che abbracciano le cause che
implicano le tristezze.
Pertanto
la persona che piange ottiene grazie alla persona con cui si relaziona e con
cui condivide il suo sentimento di tristezza, visualizza una prospettiva
attitudinale nuova rispetto alla prospettiva, la propria, che sentiva come
unica esistente.
LA
PLURI PROSPETTIVITÀ CATARTICA
Gli
stati mentali ed il comportamento sono indissolubilmente congiunti, ovvero, che
questi due siano profondamente legati in modo inseparabile, e l’elemento
decisivo affinché vi sia un’efficacia nella comprensione di alcuni gesti sta
nella possibilità che il/a ferito/a nell’animo/anima acceda all’esperienza di
altre menti che riconoscono ed accolgono l’esistenza della sua mente.
LA
MENTALIZZAZIONE E LA CURIOSITÀ
Un
principio del mentalizzare che può sempre valere è quello di dimostrarsi
curiosi in quanto bisognerebbe sempre avere l’aspettativa che la mente di
qualcuno potrebbe essere influenzata, sorpresa, cambiata e illuminata da quello
che può apprendere da un’altra mente.
La
capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui, consci ed inconsci,
è intesa come la capacità di mentalizzare.
L’ATTACCAMENTO
SICURO E L’ATTACCAMENTO INSICURO. I CAREGIVER.
La
modalità di relazione di attaccamento sicuro con i caregiver del bambino
struttura il meccanismo relazionale del bambino, il medesimo meccanismo
relazionale che sarà applicato nelle età adulte.
LA
BASE SICURA INFANTILE
Una
base sicura, sulla quale il bambino possa partire per esplorare gli svariati
aspetti infelici e dolorosi della propria vita, la maggior parte dei quali
altresì noi adulti troviamo complesso o forse impossibile riconsiderare senza
una figura in cui possiamo avere fiducia.
LA
ATTUALIZZAZIONE È UN PROCESSO PURIFICATIVO. LA META È LA MANIFESTAZIONE
ATTITUDINALE ED ESSENZIALE ONTOLOGICA PRESENTE PURA, RESILIENTE, PROATTIVA,
EFFICACE.
Creare
una relazione che possa fornire ad orientare tra quelle che sono le esperienze
passate e quello che è il presente.
Oltre
all’esplorazione del mondo esterno la base sicura offre al bambino la
possibilità di conoscere il mondo interiore.
La
madre agisce verso il bambino maternità – Le attitudini materne implicano
implementazioni evolutive straordinarie. Pertanto è interesse comune la
assimilazione delle modalità attitudinali materne al fine del reciproco
bene-essere.
L’EVOLUZIONE
SI REALIZZA SECONDO INTROSPEZIONE
La
mente di ogni persona non si sviluppa unicamente dall’interno, ma bensì per la
maggior parte viene sviluppata dall’esterno verso l’interno.
Infatti,
lo sviluppo della mente deriva dall’interazione con menti più mature, benigne e
sintonizzate, creative, attente verso gli stati d’animo, comprensive,
premurose.
L’attaccamento
sicuro implica la nostra facoltà di esplorare la mente dell’altro con sicurezza
e senza timore.
L’ATTACCAMENTO
INSICURO
Le
problematiche nella regolazione emotiva, nei processi attentivi e
nell’autocontrollo che si vedono nascere da relazioni di attaccamento
disfunzionali, si sviluppano mediante un fallimento nell’acquisire adeguate
abilità di mentalizzare.
LA
IRRISOLUTEZZA RELAZIONALE IMPLICA INSTABILITÀ PSICO-RELAZIONALE
La
soluzione relazionale è riconducibile alla relazionalità in modalità di
attaccamento sicuro con le persone con cui siamo in una situazione di
irrisolutezza.
IL
PASSATO VICINO O ATTIGUO HA RILEVANZA INFLUENZATIVA ANALOGAMENTE AL PASSATO
INFANTILE.
Si
crede pertanto che sia le esperienze di aggressività interpersonale, di
trascuratezza e minaccia d’abbandono vissute dalle persone in età infantile,
sia le esperienze di aggressività interpersonale, di trascuratezza e minaccia
d’abbandono vissute in un passato recente potessero in qualche modo spiegare la
percezione che quest’ultimi avevano sulle relazioni attuali che percepivano
come ostili ed abbandoniche.
Il
trauma avvenuto in un passato lontano o vicino – realizza il cortocircuito nel
meccanismo ricettivo di riconoscimento – Pertanto la diffidenza consisterebbe
in una iper-valorizzazione delle qualità attitudinali fievolmente negative –
percepite dall’osservatore come gravemente negative – Un altro sistema di
falsificazione percettiva – è il cortocircuito percettivo di minorazione
valoriale delle positività. Pertanto le palesi e fiorenti manifestazioni
attitudinali buone e bene-volenti non vengono riconosciute o vengono
de-valorizzate dall’osservatore.
Un
terzo cortocircuito è relativo al focus attenzionale verso la rarità di
negatività. La concentrazione è allora sul punto nero tra miliardi di punti
bianchi.
Il
trauma cortocircuita le capacità di regolazione emotiva che migliora il
problema – la presente relazione con persone che realizzano un ambiente di
attaccamento insicuro implementano questa criticità e costituiscono la
destrutturazione delle strutture cognitive negativizzando il contenuto
relazionale conoscitivo si realizza il sistema virus destrutturante della
maladattività e della rigidità innescando il danno del meccanismo gestionale –
regolativo dei sentimenti.
LA
ORIENTAZIONE NON È SOLAMENTE UNA REALTÀ PEDAGOICA INFANTILE. È UNA ONNIPRESENZA
FONDAMENTALE. CHIUNQUE SEMPRE ORIENTA E SI ORIENTA.
MA
LA BASE SICURA LA MATERNITÀ È LA PREMESSA ONNIPRESENTE DI CREATIVITÀ
RELAZIONALE FATTUALE.
Tuttavia
una implementazione di questo esempio è la mentalità secondo cui nelle età
adulte non siamo sottoposti alle medesime influenze relazionali rispetto alle
esperienze tra caregiver e bambino – si riconosce un implemento di complessità
– pertanto il meccanismo evolutivo non deve intendersi come concluso o
conclusivo nella età infantile – Bensì estendiamo l’idea secondo cui la
medesima dialettica forgiante delle strutture relazionali esista altresì nelle
età adulte. E ciascuna persona che incontriamo è in facoltà di essere o non
essere verso noi caregiver, in relazione al fatto che noi stessi siamo sempre
in facoltà di essere o di non essere caregiver verso il prossimo. Pertanto
nelle età adulte saremo portati a relazionarci con ambienti relazionali di tipo
di attaccamento sia sicuro, sia insicuro che offendono o evolvono le strutture
del nostro mindset relazionale.
Allora
giungiamo alla conclusione che la esistenza di motalità attitudinali tipiche
dei caregiver nelle età adulte implicano la realizzazione di un reciproco
ambiente di attaccamento sicuro in cui vi è evoluzione strutturale del nostro
meccanismo relazionale. Diversamente nella misura in cui tutti non praticano le
attitudini creative-relazionali tipiche dei caregiver – ci offenderemo – (La
attitudine offensiva è una self-offensiveness).
LA
MINDFULNESS LA ACCETTAZIONE E LA ATTUALIZZAZIONE
Una
delle recenti innovazioni del cognitivismo è il training alla mindfulness,
quest’ultima non punta a modificare il contenuto del pensiero, ma a differenza
cerca di modificare il rapporto che abbiamo con i pensieri e i sentimenti
propri, facendo nascere un senso di rappresentazione di pensieri e sentimenti.
La
mindfulness viene definita come la capacità di mantenere la consapevolezza nel
momento presente . Nel contesto della salute mentale, la mindfulness può
aiutare quindi l’individuo a notare e regolare i pensieri maladattativi e la
risposta alle emozioni. Siamo incoraggiati a concedere ai sentimenti difficili
semplicemente di esserci, per portarli poi alla consapevolezza, ad adottare
verso sé stessi un atteggiamento di maggiormente di accoglienza piuttosto che
di esigenza di risolverli.
Il
termine mindfulness è atto a promuovere la capacità di mentalizzazione in un
senso di maggior consapevolezza dei pensieri e dei sentimenti, promuovendo un
atteggiamento di mentalizzazione, richiamando sull’incessante flusso di stati
mentali. Infatti, entrambi i concetti sottolineano l’integrazione di aspetti
cognitivi e affettivi degli stati mentali, incoraggiando il riconoscimento e la
partecipazione di questi all’esperienza interna.
IL
RINNOVAMENTO
La
mentalizzazione è un flusso continuo.
Se
la mentalizzazione è intermittente la catarsi cognitiva realizza che la
mentalizzazione sia ripristinata nel punto in cui è stata interrotta.
L’obiettivo
è quello di scoprire novità sul proprio modo di pensare e percepire sé stesso e
gli altri, su come questo fattore sia determinante nel suo modo di relazionarsi
e su come alcuni “errori” nella comprensione di sé e rispettivamente degli
altri possano portare ad azioni che tendono a mantenere una stabilità mentale e
ad alleviare sentimenti che possono risultare incomprensibili.
Lo
spirito di coscienzioso riconoscimento dei nostri errori realizza la
dimostrazione della nostra capacità di riflessione.
La
mentalizzazione insieme, il processo interpretativo comun.
È
nella possibilità che il singolo possa accedere all’esperienza di altre menti,
che riconoscono esse stesse, e accolgono, l’esistenza della mente del singolo.
E reciprocamente è nella possibilità che la pluralità complessa delle unicità
possa accedere all’esperienza del singolo, che il singolo riconosca lui stesso,
e accoglie, l’esistenza della mente della pluralità complessa delle unicità.
L’ALLEANZA
DEI RICONOSCENTI
Il
conoscimento implica il sentimento del sentirsi conosciuti ed il sentimento del
sentirsi conosciuti implica il ri-conoscimento dei conoscenti da parte dei
ri-conoscenti. Universalmente il conoscimento è il primo motore immobile
relazionale -
Il
sentirci riconosciuti genera un sentimento di base sicura che ci incoraggia a
osservare noi stessi come siamo rappresentato nella mente di chi ci riconosce,
con un aumentato senso di fiducia/appartenenza e con un aumentato senso di
sicurezza nell’attaccamento con chi ci riconosce, rafforziamo vicendevolmente
un modello operativo sicuro e, come ha rilevato Bowlby, un coerente e reciproco
senso di Sé – e la complicità del Noi.
La
complicità del Noi può essere raggiunta invariabilmente nel periodo di
relazione – è la nostra intensità di volontà relazionale che determina la
nostra complicità, comunque si conclude che il raggiungimento della alleanza e
complicità è catartico per noi. Concludiamo ce sia la aleanza, sia la
complicità, sia la fiducia, sia la fedeltà non sono mete lontane future della
lontananza di anni, decenni di relazioni, queste e altre qualità relazionali
sono insite in ogni passo relazionale presente. Lo spazio relazionale, il
margine relazionale che ci doniamo è la implementazione relazionale presente,
lo spazio relazionale non è una “gentile concessione di una persona verso
l’altra persona”, non è un eldorado lontano, non è una utopia, è la presente
intelligenza del Noi che vuole la nostra libertà creativa, non la libertà da
noi, bensì la libertà di noi.
È
fondamentale dedicare a priori comprensione, non a priori giudizio.
Mentalizzazione
e empatia.
IL
VALORE DELLA RIVALUTAZIONE
La
rivalutazione, permette di realizzare, sperimentare condividere il cosiddetto
perspective taking, uno dei processi alla base dell’empatia.
Il
modello processuale di Gross
Il
benessere presente e futuro è garantito dalla facoltà di riconoscimento e di
regolazione emozionale.
La
soppressione e la ruminazione.
Il
funzionamento dei processi empatici,
Il modello a tre componenti di Hoffman (2000),
il modello multidimensionale di Strayer (1987), il modello che lega cognizione,
affetti e relazioni interpersonali di Davis (1980)
e il modello di Vreeke e Van der Mark (2003)
che integra i fattori di personalità e relazionali con i contesti comunicativi.
il modello processuale di Gross (1998) e il suo recente sviluppo (Gross &
McRae, 2020).
Il
modello multidimensionale della empatia.
EMPATIA
COGNITIVA
La
“empatia” è a facoltà di esperire la situazione vissuta da un’altra persona dal
punto di vista dell’altro. Mettersi nei panni della persona, uscendo dal
proprio punto di vista, per acquisire un’accurata comprensione del mondo
interno dell’altro. Le componenti della empatia sono condivisione, comprensione
(Le due componenti cognitive sono: il perspective taking, Sympathy (provare
dispiacere, preoccupazione, apprensione e interesse per la condizione che vive
un’altra persona. Il provare sympathy spinge la persona a intervenire a favore
della persona per la quale si prova simpatia. La distinzione clou tra empatia e
sympathy sta nella tipo di esperienza emotiva provata: l’empatia può essere
descritta meglio come un “sentire come” l’altro; mentre alla sympathy ci si
riferisce con l’espressione “sentire per” l’altro.) . (aspetto visivo,
cognitivo e affettivo: Sussiste la relazione tra perspective taking e
menalizzazione nella prospettiva della lettura del pensiero, il perspective
taking cognitivo riguarda l’abilità di identificare e capire cosa l’altro sta
pensando in una situazione specifica.) , cioè la capacità di assumere il punto
di vista di un’altra persona; e la fantasia, cioè l’inclinazione
dell’osservatore a raffigurarsi situazioni immaginarie)
EMPATIA
AFFETTIVA
LA
RI-EVOCAZIONE DELL’EPISODIO PROTOTIPICO NUOVO
Affetto
(Le due componenti affettive riguardano la reazione emotiva del soggetto, che
può essere orientata alla considerazione empatica, ossia verso la condivisione
(vicaria) dell’esperienza emotiva dell’altro). Empatizzare non significa vivere
la medesima situazione del prossimo, bensì consiste nella proiezione
immaginaria della esperienza altrui ri-vissuta da noi in qualità di “Episodio
prototipico”.
La
persona che osserva l’esperienza emotiva; la persona che viene osservata
sperimentare l’esperienza emotiva in questione; la risposta dell’osservatore.
Il
perspective taking affettivo è in relazione con il mirroring emotivo – La
condivisione di esperienze re-suscita emozioni consonanti.
La
proiezione immaginativa dell’episodio prototipico è conciliato e limitato dal
contenuto dei valori, dalle consapevolezze culturali, dalla variopinticità
caratteriale dell’ascoltatore percepiente.
LA
EMPATIA MOTIVAZONALE
La
urgenza del fare.
L’esperienza
empatica nei riguardi di una persona che sta soffrendo motiverebbe la persona a
mettere in atto azioni d’aiuto, portandola a uno stato di benessere. (Sympathy)
LA
MATURITÀ EMPATICA
È
la privazione dal carattere egocentrico dell’ascoltatore.
Se
si vuole rimanere nello stato libero dal pensiero, una lotta è inevitabile...
Se si riesce nella lotta e si raggiun-ge l’obiettivo, il nemico, vale a dire i
pensieri, si placherà nel Sé e scomparirà del tutto. (Ramana Maharshi)
LA
IDENTIFICAZIONE SINCRONICA EMPATICA
Sussiste
il legame tra la situazione reale e la sua rappresentazione mentale, infatti,
nell’esperienza empatica, c’è la percezione da parte dell’osservatore che
l’evento che sta accadendo all’altra persona può
rappresentare
un fatto che ha vissuto, vive o potrebbe vivere in prima persona.
LA
EMPATIA È UNA FACOLTÀ IMPLEMENTABILE
I
sistemi cerebrali alla base dell’empatia affettiva sono attivi e sviluppati
completamente durante l’infanzia; mentre le aree alla base dell’empatia
cognitiva si sviluppano più lentamente dall’infanzia all’età adulta.
I
tratti temperamentali ereditari, come la reattività emozionale e la regolazione
sono implementabili.
L’empatia
cognitiva si svilupperebbe più lentamente e quindi potrebbe dipendere
maggiormente dall’esperienza e dall’esposizione alla cultura di riferimento e,
quindi, potrebbe essere simile in individui con simili esperienze e culture di
appartenenza.
LA
SIMILITUDINE COGNITIVA
La
similitudine cognitiva costituita dal limite di mentalità locale è costitutiva
della possibilità di reciproca mentalizzazione e lettura del pensiero
finalizzata al reciproco aiuto di con-divisione.
Una
risposta emotiva (affettiva), che dipende dall’interazione tra capacità di
tratto e influenze contesto-specifiche. I processi empatici sono generati
automaticamente ma sono anche modellati da processi di controllo che vanno
dall’alto verso il basso. L’emozione risultante è simile a quella percepita
dall’altro (direttamente sperimentata o immaginata) e implica la comprensione
(cognitiva) dell’emozione stimolo, riconoscendo che la fonte dell’emozione non
è la propria.
La
decodificazione degli stati cognitivi e emozionali del prossimo. La
decodificazione consiste nella variazione della osservazione della originalità
originaria della qualità introspettiva del prossimo.
IL
VALORE DELLA PREOCCUPAZIONE
Un
principio causativo della mentalizzazione è la preoccupazione per il vissuto
emozionale e la situazione dell’altro. L a preoccupazione denota la relazione
con il prossimo di urgenza di riconoscimento del prossimo e di co-sentimento verso il prossimo.
IL
VALORE DELL’AIUTO.
L’aiuto
è proattivo, è un reciproco arricchimento relazionale, non un impoverimento
egoistico – La iuto è imput di relazionalità, favorisce l’implementazione delle
strutture metacognitive relazionali, realizza collegamenti funzionali alla
creatività, salvaguardia dai danni della solitudine. L’ “HELP” è
“EXPERIENCING-SELF-HELP” – L’aiutante “Caregiver” realizza un arricchimento,
una catarsi che tempra e migliora le sue facoltà relazionali di
mentalizzazione.
Il
fatto di domandare aiuto è indice di resilienza e di coraggio di non
evitazione, di consapevolezza del sé mediante la coscienza dei limiti del sé.
Il
comportamento di aiuto è motivato dal desiderio di diminuire un’emozione
negativa dell’altra persona
In
relazione alla consapevolezza del proprio limite della persona che cerca aiuto
sussiste la parallela domanda se sia compito dell’ascoltatore/ascoltatrice
offrire l’aiuto che l’altro sta cercando. Il secondo passo dopo la comprensione
dell’emozione vissuta dall’altro è viverla con modalità e intensità simili.
Le
facoltà di CONFORTO e di SUPPORTO presuppongono che l’ascoltatore possieda
inner-abilities tipiche del caregiver – ovvero facoltà di regolazione emotiva e
di mentalizzazione e di gestione di duplice livello, il primo livello è la
gestione delle proprie dinamiche psicologiche – Il secondo livello è la
gestione delle dinamiche psicologiche del prossimo insieme alla dinamica
relazionale (la relazione tra le dinamiche proprie e le dinamiche del
prossimo), insieme alla proattività urgente di aiuto – La difficoltà non
consiste solo nella assimilazione, bensì nella ottimale attitudine atta al
miglioramento emotivo strutturale del prossimo, ovvero alla internalizzazione
delle strutture metodologiche auto-curative auto-regolative e pro-attive, il
self-adaptative-regulation agenti nei sistemi: di attaccamento, di
esplorazione, affiliativo e di paura-attenzione di fronte a una situazione
minacciosa, la disattivazione del sistema di paura – attenzione è curativo in
quanto implica il rilassamnento della tensione iper – attentiva in casi di
iper-arousal, ipo-arousal emozionale e di freezing, la omeostasi, la
auto-regolazione emozionale)
La
curiosità avventurosa è in relazione al substrato cognitivo percettivo di
attaccamento sicuro, la presenza mentale della base sicura).
Le
strategie di coping sono utili in relazione con le persone che dimostrano
attitudini tipiche dei caregiver.
La
manifestazione della richiesta di bisogno relazionale _ affettivo non è
debolezza, non è fragilità, non è una attitudine non degna o eccessivamente
umile, ovvero non è umiliante. È intelligenza relazionale affettiva, è indice
di maturità in quanto è una attitudine coerente con i principi catartici della
cura relazionale - piuttosto il rifiuto relazionale, non la iniziativa
relazionale, è lesivo, il rifiuto di accoglienza di una esigenza è un primo
tipo di rifiuto. Un secondo tipo di rifiuto è il gratuity relational refusal
che è sintomo di freezing provocato dalla solitudine - consiste nel rifiutare
il dono ricevuto di relazionalità dialogico-emozionale-affettiva.
L’UNIVERSO
INTROCETTIVO
La
introcessione è il processamento dei segnali interni da parte del sistema
nervoso.
Connubia
le funzioni fisiologiche, quali il battito cardiaco, la temperatura e la
respirazione. La consapevolezza interocettiva si riferisce a un’abilità
metacognitiva che include quelle dimensioni dell’interocezione che possono essere
percepite consciamente e che sono accessibili alla coscienza dell’individuo,
permettendo di avvertire le condizioni fisiologiche del corpo, inclusi gli
stati emotivi.
Gli
individui con una buona consapevolezza interocettiva non ricorrono a strategie
di soppressione emotiva, ma a strategie relazionali regolative proattive
gestionali di livello creativo ulteriore. LA RIVALUTAZIONE IMPLICA COINCIDENZE
ADATTATIVE REITERATIVE – Pertanto si reagisce e si agisce in valore di un
aggiornamento ottimale in relazione alla variazione costante dell’ambiente. La
rivalutazione implica il non trovarsi impreparati dinanzi al cambiamento. Lo
spirito di adattamento presuppone ottimali facoltà previsionali e di
mentalizzazione poiché realizzano le basi sicure di adattamento.
Uno
stile di attaccamento evitante potesse predire livelli più bassi di empatia,
come conseguenza
dell’impiego
di strategie di regolazione emotiva meno complesse, come la soppressione o la
ruminazione.
Il
portale del pensiero altrui è accessibile mediante la facoltà empatica di
rivalutazione emozionale.
Gli
individui con uno stile di attaccamento evitante sperimentano livelli più bassi
di empatia
affettiva
a causa dell’utilizzo della soppressione come strategia di regolazione emotiva.
Per questo,
queste
persone hanno la tendenza a reprimere le proprie emozioni, il che inibisce le
loro abilità
mentalistiche
ed empatiche.
La
ansia caratteristica di uno stile relazionale evitante è in relazione alla non
flessibilità del sistema di
regolazione
delle emozioni, in relazione a livelli bassi di preoccupazione, in relazione a
livelli elevati di autocolpevolizzazione e in relazione alla carenza di facoltà
di self-emotional-identification – di empatia affettiva e cognitiva.
La
insensibilità implica il cortocircuito del relational-end nel naturale divenire
affettivo relazionale.
Avere
un attaccamento sicuro presuppone anche alti livelli di regolazione emotiva,
che porta a sua volta a maggiori capacità empatiche.
LA
REGOLAZIONE EMOTIVA
L’imprevisionalità
è più probabile della previsionalità. Allora potremmo incontrare una reazione
dell’altro che non ci aspettavamo, è allora importante la capacità
dell’osservatore di modificare la risposta empatica a seconda delle differenze
della persona alla quale rispondiamo.
Proviamo
un’emozione se c’è più o meno incongruenza tra un evento che avviene nella
realtà e ciò che ci immaginiamo accada. La emozione positiva premette una
percezione di congruenza, la emozione negativa premette una percezione di incongruenza.
Modulazione
delle tendenze di reazione emotiva.
L’affetto
primario si riferisce alla rappresentazione somatica, sensomotoria e/o
fisiologica, dello stato dell’organismo che produce una sensazione; ha inoltre
due dimensioni: il livello di arousal (iperarousal o ipoarousal) e il tono
edonico (positivo o negativo).
Il
sistema neurale relaziovo alle percezioni di emozioni è multisistemico.
I
processi automatici o controllati, consci o inconsci, possono avere effetti in
uno o in più punti nel processo di generazione delle emozioni. Il sistema
nervoso è multiplo, formato da sottosistemi, parzialmente indipendenti tra
loro, che processano l’informazione intero- ed esterocettiva. Differenti input
implicano differenti output. Input medesimi possono implicare differenti
output. Input dissimili possono confluire in medesimi output.
La
regolazione emotiva è un continuum tra regolazione conscia, controllata, che
richiede impegno cognitivo, e regolazione inconscia e automatica.
La
regolazione affettiva risulta avere un ordine superiore alla regolazione
emotiva. La regolazione affettiva
comprenderebbe
i meccanismi di coping e le difese, la regolazione dell’umore e quella emotiva.
La
“omeostasi” la facoltà di flessibile adattamento proattivo all’iperattivazione o
all’ipoattivazione.
Possiamo
quindi entrare in stati di alto o basso arousal senza disregolarci, solo se è
soddisfatta la seguente condizione fondamentale: trovarsi all’interno delle
finestre di tolleranza, che sono proprie a ciascun individuo.
Il
modello processuale di Gross
Cinque
fasi: la selezione della situazione, la modifica della situazione, il
dispiegamento dell’attenzione, il cambiamento cognitivo e la modulazione della
risposta finale.
LA
TRAIETTORIETÀ
La
scelta “timida” di un passo causalizza, è una determinante non invariabile del
percorso futuro.
Lo
sviluppo di specifiche traiettorie in base alla situazione scelta. La selezione
della situazione si riferisce all’avvicinamento a o all’evitamento di
determinate persone, luoghi od oggetti allo scopo di regolare le emozioni. Ad
esempio, un giorno potremmo scegliere una strada diversa dalla solita per
arrivare a un negozio perché vogliamo evitare una particolare persona. Pertanto
la maggioranza delle nostre qualità attitudinali quotidiane si spiega sulla
base delle nostre qualità multisistemiche relazionali.
Le
strategie del dispiegamento attentivo.
La
distrazione, la concentrazione, la ruminazione insieme al meccanismo
variabilizzante della “Riconsiderazione”.
.
La distrazione ha come focus attentivo la parte non emotiva, razionale per così
dire, della situazione, allo scopo di allontanare la propria attenzione
dall’emozione suscitata dalla situazione proposta. Nella ruminazione
l’attenzione si dirige verso i sentimenti e le loro conseguenze, che spesso
porta allo sviluppo di forme di ansia più o meno croniche.
La
riconsiderazione previsionale
È
una strategia di trasformazione della situazione per modificare il suo impatto
emotivo sulla persona stessa, prima che le tendenze emotive di risposta
appaiano.
“Accettazione”,
che si riferisce alla capacità di accogliere le emozioni senza un giudizio
valutativo a riguardo
Assunto
il valore della riconsiderazione, argomentiamo i suoi limiti. Il limite della
riconsiderazione si riconosce nella sua onnipresenza, ovvero, la
riconsiderazione può essere limitante se è onnipresente –
La
onnipresenza della riconsiderazione implica che la conclusività (Accettazione)
sia procrastinata, sempre plasmata, mai assunta, la assenza di pragmaticità
fattuale. Pertanto nel percorso il raggiungimento delle realtà importanti,
ottimali, catartiche viene trascurato, queste realtà vengono perse perché
subito cambiate, non raccolte, non fermate, non assimilate analogamente alle
realtà meno importanti che vengono analogamente superate se la riconsiderazione
è sempre presente.
Una
prospettiva diversa della ri- considerazione è la prospettiva del ritorno.
Se
ritorniamo alle realtà incontrate ne attribuiamo nuova considerazione, nuovo
valore funzionale.
La
riconsiderazione è diversa dalla rivalutazione. La riconsiderazione è il
semplice riconoscimento della realtà – La rivalutazione ha un secondo livello –
il riconoscimento e la nuova modulazione valoriale della realtà.
In
contrasto alla regolazione emotiva che permette e promuove il flusso emozionale
hanno trovato che il sopprimere un’emozione cortocircuita il sistema mnemonico
emozionale - compromette la memoria delle informazioni uditive che vengono
presentate durante un compito di elicitazione emotiva.
Esiste
una relazione tra facoltà e volontà di regolazione emotiva diadica e salute
mentale – La psicopatologia è in relazione alla disregolazione emotiva unita ad
alti livelli di emozioni negative.
ANTICIPAZIONE
E AGENTIVITÀ
Il
ruolo attivo, agente appunto, che gli individui hanno nel modellare il proprio
comportamento e reagire alla realtà ambientale.
Questo
discorso apre un dialogo tra la tendenza a silenziare le proprie emozioni ed
essere al completo servizio di esse. La cooperazione tra cognizione ed emozione
allinea le nostre azioni alle nostre costanti preoccupazioni, motivando e
sostenendo le azioni dirette a progetti a lungo termine di fronte a temporanee
battute d’arresto, aiutandoci a decidere quali battaglie vale la pena
intraprendere e quali evitare. (Batson, Shaw, & Oleson, 1992)
Scegliamo
la regolazione emotiva più frequentemente quando lo stimolo da regolare è di
bassa intensità; al contrario, nel caso di alta intensità degli stimoli,
vengono usate maggiormente le strategie di distrazione o di soppressione. La
facoltà di regolazione emotiva in relazione a stimoli di elevata intensità è sintomo
di ottimali abilità intellettive ed emozionali.
I
mediatori della strategia della rivalutazione, vengono considerati sia
meccanismi neurobiologici che psicologici.
La
regolazione emotiva include sistemi cerebrali che sostengono il controllo
cognitivo e l’elaborazione cognitiva, al contrario della distrazione, che
presuppone l’utilizzo di sistemi di controllo attentivo esterni, e della
soppressione, che implica maggiormente l’uso di sistemi inibitori. Invece, i
secondi includono i processi di presa di decisione, i costi cognitivi stimati a
seguito dell’utilizzo delle strategie selezionate e il desiderio di affrontare
gli aspetti emotivi della situazione da regolare a livello emotivo.
Una
maggiore frequenza della rivalutazione è spesso associata con risultati
adattivi quali maggiore salute fisica, migliore riuscita accademica, maggiori
capacità interpersonali, alto grado di benessere psicologico e minori sintomi
psicopatologici. Queste associazioni sono avvalorate dal fatto che la frequenza
nella strategia di soppressione è associata spesso a minore benessere
socio-psico-fisiologico, maggiori sintomi psicopatologici e minore
soddisfazione nelle relazioni sociali.
Batson
afferma che il provare disagio personale possa essere ricondotto solo a
motivazioni egoistiche; in questo senso, il prestare aiuto all’altro è la
modalità migliore per alleggerire il disagio provato.
Hoffman
identifica il disagio personale come iperattivazione empatica (overarousal
empatico), descrivendola come un sentimento involontario che entra in gioco
quando il sentimento condiviso dall’osservatore è così intollerabile che viene
trasformato in disagio personale e che porta la persona ad andarsene da quella
situazione.
LA
CURA DEL DECENTRAMENTO DEL FOCUS DOLOROSO MEDIANTE CONDIVISIONE RELAZIONALE
L’overarousal
empatico possa avere alcune volte delle motivazioni altruistiche, orientando
l’azione verso l’altro: l’osservatore quindi, nel caso in cui ci sia un legame
affettivo con la persona, è incline a spostare il focus sul dolore dell’altro.
Lo spostamento del focus della attenzione dell’osservatore verso il dolore del
prossimo implica automaticamente che il focus doloroso del prossimo non sia più
solamente introspettivo, si realizza il deflusso del dolore, che implica
l’alleviamento del dolore olistico che sente il prossimo, questa è la magia
della condivisione. Il rilassamento empatico globale. Nella tesi “La cura della
relazione” approfondiamo i danni fisici e psicologici dello stress e pertanto
definiamo qui il valore della condivisione emotiva e sentimentale costitutiva
della cura del rilassamento.
Il
mirroring e i neuroni specchio.
Sussiste
una reazione di tipo automatico che porta la persona a reagire all’emozione
dell’altro imitando involontariamente tutte le espressioni facciali dell’altro,
come fanno soprattutto i bambini.
L’empatia
è sia una caratteristica interna e disposizionale, propria dell’individuo, è
una facoltà di tratto stabile implementabile (La visione del tratto implica che
alcuni individui sono più propensi a provare empatia rispetto ad altri, per
tutto l’arco della vita.); sia una reazione contesto-specifica condizionata
dall’ambiente in cui ci troviamo. L’empatia tende ad aumentare al crescere di
cinque caratteristiche: la familiarità con l’altro, la similarità che si
percepisce tra sé e l’altro; l’esperienza passata rispetto al fatto che una
determinata possa causare distress; l’educazione ricevuta; la salienza dei
segnali percepiti. Inoltre, possono entrare in gioco anche altri fattori
contesto-specifici, per esempio: l’umore, il potere percepito, il bisogno
percepito e il carico cognitivo.
La
mentalizzazione empatica dell’affetto.
La
capacità di leggere la mente è strettamente legata ai pattern emozionale di
attaccamento. Le persone con attaccamento sicuro sono maggiormente capaci di
riconoscere lo stato mentale proprio e dell’altro, quindi mentalizzare,
rispetto a quelle con attaccamento insicuro.
La
identificazione affettiva
Associare
un nome all’affetto, gli accostiamo anche un significato a livello verbale e
cognitivo.
La
mentalizzazione consente di corregge il livello di arousal e modificare il tono
edonico, quando serve, dell’affetto primario. Per di più, la mentalizzazione
presuppone un sistema cosciente di processi verbali eriflessivi che sottopone
l’affetto primario a una valutazione cognitiva di ordine superiore.
Secondo
la teoria della mente, mentalizzare significa fare inferenze sullo stato
mentale ed emotivo proprio e dell’altro grazie a differenti fonti, come i
segnali non verbali.
“Cosa
sta provando questa persona in questo momento?”
Quando
le persone predicono una risposta emotiva di un’altra persona, viene generata,
internamente all’individuo, una rappresentazione affettiva della risposta
emotiva predetta; più forte è questa rappresentazione, maggiore sarà la
possibilità di provare empatia. Nonostante non
si
possa definire un rapporto causale tra i due processi, una risposta maggiore
delle strutture che processano le informazioni emotive può portare all’aumento
della probabilità di provare empatia in situazioni interpersonali.
IL
VALORE DEL “NOSCE TE IPSUM” È LA FONDAMENTALE PREMESSA RELAZIONALE EMPATICA
EMOZIONALE.
Un’adeguata
rappresentazione interna dell’emozione di un altro, che è possibile solo
attraverso la corretta
identificazione
delle proprie emozioni, che è uno dei processi fondamentali della capacità di
regolazione emotiva, favorisca la comprensione e la condivisione dello stato
emotivo dell’altra persona, dando origine a una risposta empatica adeguata alla
situazione.
LA
IMMEDESIMAZIONE, LA RIVALUTAZIONE, LA AUTOREGOLAZIONE EMOZIONALE E LA BASE
RELAZIONALE SICURA SONO LA PREMESSA DELLA MENTALIZZAZIONE E DELLA COSCIENZA
INTUITIVA DELLA PENSIERO DEL PROSSIMO, le aree cerebrali implicate in questa
capacità sono maggiormente attivate durante compiti di riconoscimento delle
emozioni altrui e immedesimazione nell’altro.
Uno
dei meccanismi di base delle capacità empatiche è il perspective taking
affettivo, che comprende anche la capacità di inferire l’emozione dell’altro in
un’ipotetica situazione emotiva; si è visto, quindi, che questo meccanismo è
implicato anche nella capacità di mentalizzare, mostrando uno stretto legame
tra i concetti di empatia e mentalizzazione.
La
tendenza a rivalutare i propri stati emotivi e a ripensare alle situazioni
attuali conferisce alle persone con un attaccamento sicuro una maggiore abilità
di provare empatia, perché nel momento in cui riusciamo a regolare le nostre
emozioni, riusciamo anche a capire quelle che provano gli altri e ad
immedesimarsi nell’altro più facilmente.
La
regolazione emotiva, le strategie regolatorie adattive/disadattive, empatia, la
base di attaccamento sicura, la mentalizzazione non sono causali, nel senso che
diversità in pattern di attaccamento e strategie regolatorie non determinano da
sole differenti reazioni emotive ed empatiche.
La
regolazione emotiva è naturalmente influenzata dalle interazioni in cui siamo
immersi, Nella misura in cui ci relazioniamo con prototipi attitudinali
somiglianti a quelli dei caregivers con i bambini, possiamo implementare le
nostre abilità empatiche e relazionali tra cui è fondamentale la auto
regolazione emozionale.
Ci
sono situazioni in cui un modo di essere empatico ha la massima priorità.
Quando
l’altra persona sta male, è confusa, in difficoltà, in ansia, alienata,
impaurita o quando dubita del proprio valore, allora c’è bisogno della
comprensione empatica. La gentile e sensibile presenza offerta da una persona
empatica fornisce chiarezza e guarigione. In queste situazioni, una comprensione
profonda è, io credo, il più grande regalo che qualcuno può fare a un altro.
La
metarappresentazione degli stati mentali. La capacità di mindreading, o la
«comprensione della soggettività»
La
metacognizione ha come suo strumento il pensiero ricorsivo.
La
metarappresentazione, o rappresentazione di una rappresentazione mentale («Io
penso (io credo) che tu pensi; Io penso (io credo) che tu desideri; Io penso
(io credo) che tu ti senta…»). Pensiero ricorsivo e metaconoscenza
costituiscono la base di quell’insieme di concezioni che ogni persona si
costruisce sulla modalità di funzionamento della mente e sui suoi nessi con il
comportamento, concezioni assimilabili alla cosiddetta «psicologia del senso
comune»
Due
autori che meritano di essere qui considerati sono Elizabeth Meins e Peter
Fonagy.
la
Mind-Mindedeness, il concetto bowlbiano di base sicura. E il concetto
vygotskijano di zona di sviluppo prossimale.
Per
designare la capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui: La
funzione riflessiva del Sé e la mentalizzazione.
Il
valore della maternità.
Fonagy
riprende sia il concetto di rêverie materna di Bion. La capacità di «contenere»
le emozioni positive e negative del bambino e di restituirle a esso trasformate
ed elaborate, sia la nozione di madre «sufficientemente buona» di Winnicott.
«Mantenere
il cuore nella mente e la mente nel cuore» e «vedere sé stessi dall’esterno e
gli altri dall’interno»
«La
mente rappresenta il mondo e, a loro volta, tali rappresentazioni determinano
l’azione»
La
predicibilità del comportamento, la spiegazione del comportamento, anche (e
soprattutto) per quei comportamenti che, a prima vista strani o poco
comprensibili. L’intervento sul comportamento, in quanto conoscere le credenze
dell’altro ci consente di intervenire su di esse.
In
breve: «Se le credenze fossero sempre vere, non ci sarebbe alcun motivo di
considerarle»
L’attenzione
condivisa e i gesti deittici costituiscono tappe fondamentali dello sviluppo
comunicativo e linguistico, «mattoni» costitutivi della comunicazione
referenziale e della possibilità di condividere il mondo esterno con l’altro.
Bambino-caregiver-oggetto
I
gesti deittici svolgono inizialmente una funzione imperativa o richiestiva. Per
esempio, il bambino indica un oggetto lontano (pointing) o alterna lo sguardo
tra esso e l’adulto (joint attention) affinché l’adulto a sua volta lo guardi,
lo prenda e glielo porga: si tratta del performativo richiestivo. Attirare
l’attenzione dell’adulto su qualcosa che è per lui interessante. Il performativo
dichiarativo: Quella che muta, quindi, è la finalità del gesto deittico, che
non viene più usato esclusivamente per agire meccanicamente sull’altro, bensì
per influenzarne lo stato mentale. «agente di azione», ma come a un «agente di
contemplazione», individuo dotato di un mondo mentale su cui è possibile
influire per condividere interessi e intenzioni. Con agency si intende la
comprensione che gli esseri animati agiscono autonomamente, causando a propria
volta degli effetti su altri oggetti/agenti
Il
gioco di finzione.
La
possibilità di agire «come se», dunque alla possibilità di concepire e
manipolare un mondo possibile accanto al mondo reale. Per esempio, quando il
bambino gioca a «far finta di».
La
operazione di disconnessione (decoupling) tra una rappresentazione e il suo
referente reale. Il gioco di finzione è stato annoverato tra le abilità
psicologiche maggiormente implicate nello sviluppo della capacità di
comprensione della mente.
La
psicologia della credenza-desiderio.
LA
PERCEZIONE E LA PERSUASIONE SUBLIMINALE
L’accortezza
subliminale risulta ad esempio nell’ascolto mentre le persone credono che tu
non le stia ascoltan-do.
La
nostra abitudine attenzionale è sui livelli tonali alti della voce. L’ambiente percettivo subliminale è sui li-velli
tonali bassi di voce.
Dissonanze
attitudinali dialogiche: Le Gestualità
La
complessità comunicativa verbale e non verbale.
Dissociazioni
pluricontestuali subliminali.
Ad
esempio un professore di cattedra universitaria fa una domanda alla classe.
Uno
studente si alza ed incede verso la porta di uscita.
Il
professore indica alla classe che lo studente che sta uscendo non sa la
risposta.
Lo
studente uscendo dall’aula pronuncia la risposta corretta.
Può
accadere che pronunciamo una realtà ma gestualmente ne comunichiamo una altra
diversa o il contrario, talvolta con significati opposti.
Le
persone ascoltano e vedono.
Ed
è in questa dicotomia che si viene a creare il cortocircuito comunicativo
Se
l’ascoltatore / osservatore è in cortocircuito percettivo, in confusione,
sussiste la influenza subliminale.
La
immissione nel Flow dialogico di parole decontestualizzate e
decontestualizzanti rispetto al contesto dialogico seppur rivelando ad esempio
di avere sbagliato parola, o immettere la parola dissonante senza rendere
manifesta la dissonanza.
AAAAAAAAABAAAAAAAAAAA
Paradossalmente
il picco di riconoscimento subconscio percettivo dell’ascoltatore è su A,
ovvero sulla parola decontestualizzata - che non c’entra niente con il
discorso, ed è proprio perché non c’entra nulla con il discorso che assume
valenza mnemonica.
La
lettera B è percepita come Diversità, variabilità rispetto alle costanti
letterali A
La
diversità è garante della riconoscibilità
L’esempio
della calligrafia
E
l’esempio della subliminalità:
Poniamo
consciamente più attenzione riconoscitiva al diverso.
Un
esempio di subliminalità dialogica è la decontestualizzazione -
Pertanto
improntiamo il dialogo su un soggetto A - e nel Flow dialogico pronunciamo una
parvenza di inferen-za - ovvero diamo l’impressione di un nesso causale tra A e
la complessità fraseologica che comunichiamo - sic-ché il percepiente comprenda
consciamente che il soggetto della frase sia A.
Tuttavia
l’interlocutore quando pronuncia la frase che l’ascoltatore intende avere come
soggetto A, lascia in-tendere subconsciamente che il soggetto della frase non
sia A bensì l’ascoltatore stesso.
UNA
IDEA DI MEDITAZIONE
La
meditazione è lo svuotamento del contenuto della coscienza. Questo è il
significato e la profondità della meditazione, lo svuotamento di tutto il
contenuto: il pensiero che giunge al termine.
La
meditazione è l’attenzione in cui non c’è registrazione. Normalmente il
cervello registra quasi tutto, il ru-more, le parole che vengono usate; sta
registrando come un nastro. Ora, è possibile che il cervello non registri se
non ciò che è assolutamente necessario? Perché dovrei registrare un insulto?
Come mai? Perché dovrei regi-strare l’adulazione? Non è necessario. Perché
dovrei registrare eventuali danni? Quindi, registra solo ciò che è necessario
per operare nella vita quotidiana - come tecnico, scrittore e così via - ma
psicologicamente non regi-strare nulla. Nella meditazione non c’è alcuna
registrazione psicologica, nessuna registrazione tranne i fatti pratici della
vita. Da ciò deriva il silenzio completo, perché il pensiero è giunto al
termine, tranne che per fun-zionare solo dove è assolutamente necessario. Il
tempo è giunto al termine e c’è un tipo di movimento comple-tamente diverso,
nel silenzio.
Quando
si parla di processi mentali inconsci ci si riferisce ad una serie di impulsi e
contenuti psichici che un individuo non è in grado di controllare in modo
consapevole, ma capaci di motivare il comportamento e di determinare persino
modificazioni di tipo fisiologico.
Le
sedi neuronali del Sé conscio e del Sè inconscio
Michael
Schaefer (PhD, Medical School of Berlin) docente di neuropsicologia, insieme a
Georg Northoff (PhD, Ottawa University), docente di neuroscienze, hanno
scritto, nel 2017, un articolo relativo ad una serie di ricerche, da loro
svolte, al fine di individuare le sedi anatomiche di quelli che noi definiamo
il Sé conscio e il Sé Inconscio. Per quanto riguarda il Sé conscio, i due
ricercatori hanno individuato una serie di strutture, indicate con CMS
(Cortical Midline Structures), che includono la corteccia orbitomediale, la
corteccia prefrontale dorsomediale, la corteccia cingolata anteriore e
posteriore. Per quanto concerne invece il Sé inconscio, hanno cercato di
individuare, anatomicamente, le aree cerebrali che si attivavano quando
venivano messe in atto quelle che, nell’ambito della psicodinamica, si
definiscono metafore concettuali: la tendenza ad associare la pulizia fisica
con la purezza morale rappresenta un esempio.
Tali
metafore sarebbero alla base di strutture che possono determinare,
inconsciamente, il nostro comportamento. Registrando, tramite tecniche di brain
imaging, le aree cerebrali che si attivavano in presenza di queste metafore
sono la corteccia motoria primaria e l’area somatosensoriale, le quali
sarebbero, secondo una ricerca effettuata da tre studiosi dell’Università di
Pittsburgh, le aree cerebrali che esercitano la maggiore influenza sulla
midollare del surrene, il più grande effettore del sistema nervoso
ortosimpatico. Si può, pertanto, affermare che i processi mentali inconsci
hanno la capacità di modulare l’attività del sistema nervoso autonomo.
Descrizione
delle due aree corticali deputate ai processi mentali inconsci
La
corteccia motoria primaria, insieme all’area premotoria ed a quella motoria
supplementare, è una componente della corteccia motoria ed è collocata nel lobo
frontale, anteriormente al solco centrale. Non controlla direttamente singoli
muscoli, ma sembra che controlli singoli movimenti o sequenze di movimenti che
richiedono l’attività di molteplici gruppi muscolari. Il sistema motorio è
dotato di una organizzazione di tipo gerarchico dove, le informazioni
rappresentate a livello della corteccia motoria, costituiscono
il
più elevato livello di astrazione. La corteccia motoria primaria codifica i
parametri che definiscono singoli movimenti o semplici sequenze di movimenti. I
neuroni di tale area si attivano in un arco temporale che va dai 5 fino ai 100
millisecondi prima dell’inizio di un movimento.
“I
processi mentali inconsci hanno luogo centinaia di millisecondi prima di quelli
consapevoli.”
Heather
Berlin, Mount Sinai University di New York. Articolo, pubblicato su
Neuropsychoanalysis nel 2011.
L’altra
area corticale deputata ai processi mentali inconsci è l’area somatosensoriale,
collocata nel lobo
parietale,
a livello del giro postcentrale, nella zona immediatamente posteriore al solco
centrale. La corteccia somatosensoriale è deputata all’elaborazione delle
sensazioni somatiche, ovvero relative al tatto, alla propriocezione ed alla
nocicezione.
Quando
i recettori situati nel nostro corpo percepiscono queste sensazioni,
l’informazione è trasmessa inizialmente al talamo per poi giungere all’area
somatosensoriale. Questa area, secondo le ricerche effettuate da un gruppo di
neuroscienziati e pubblicate nel maggio del 2018 su Elifescience, pare
attivarsi anche quando vengono messi in atto i comportamenti prosociali e
sembra giocare un ruolo importante nell’empatia.
I
ricordi rimossi, legati ad eventi traumatici e divenuti inconsci, hanno
effettivamente la capacità di guidare e motivare il comportamento, oltre che di
generare vere e proprie patologie fisiche. L’intento è di evidenziare che cosa possa
verificarsi, a livello comportamentale e fisiologico, quando uno stimolo non
viene percepito consapevolmente, ma viene somministrato in modo subliminale,
come nel caso di stimoli visivi che vengono proiettati molto velocemente su uno
schermo e, l’individuo a cui vengono somministrati, non è consapevole di averli
visti. Uno stimolo subliminale può anche essere di tipo uditivo, quando un
suono viene riprodotto ad una frequenza tale da risultare impercettibile per
chi lo ascolta. Si è iniziato a parlare di questi stimoli a partire dal 1957
quando, Vance Packard, nel suo libro The hidden persuaders, parlò degli stimoli
subliminali utilizzati dai pubblicitari per convincere le persone ad acquistare
determinati prodotti. Come ha evidenziato la neuroscienziata Heather Berlin,
non sempre il nostro sistema nervoso ci permette di sapere quando riceviamo
nuovi stimoli. Anche quando le persone non ne sono consapevoli, tali stimoli,
raggiungono immediatamente l’inconscio e producono degli effetti, positivi
oppure negativi, a seconda dello stimolo somministrato. Il dott. W. Tryon, nel
testo Cognitive Neuroscience and Psychotherapy del 2014, ha sottolineato come
una stimolazione subliminale possa diffondersi a cascata, automaticamente ed
inconsapevolmente, attraverso le reti neurali e come sia in grado di alterare i
circuiti che va a coinvolgere grazie alla plasticità di cui sono dotati i
neuroni. Inoltre, se la somministrazione dello stimolo viene ripetuta,
l’effetto ne risulta rafforzato. Nel 2017 T. J. Baumgarten e colleghi
dell’Università H. Heine di Dusserdolf hanno dimostrato che gli stimoli
subliminali possono innescare e modulare l’attività neuronale a livello della
corteccia somatosensoriale.
Tale
influenza sarà maggiore se entrerà in risonanza con particolari predisposizioni
personali (C. Warren, G. Washington University). È stato provato che, questi
stimoli, possono essere utilizzati efficacemente per migliorare l’autostima, la
padronanza di sé e per recuperare più rapidamente uno stato di salute. I dottori
V. Tronnier e D. Rasche hanno confermato che, una stimolazione subliminale in
grado di coinvolgere l’area corticale motoria o l’area del linguaggio, dopo un
infarto corticale o subcorticale, può veramente migliorare le funzioni di un
individuo.
Per
percezione subliminale si intende la possibilità di recepire informazioni
attraverso stimoli sensoriali che risultano al di sotto della soglia percettiva
cosciente (sublimen, dal latino, significa appunto sotto soglia).
Uno
stimolo non avvertibile in maniera cosciente perché troppo debole, troppo
confuso, o troppo rapido, viene comunque percepito. Per quanto riguarda il
concetto di soglia, non esiste una soglia sensoriale assoluta ed uguale per
tutti.
Non
esiste una demarcazione così netta tra area subliminale e area sopraliminare.
Distinguere tra soglia oggettiva e soglia soggettiva, tra soglia della
percezione e soglia della coscienza, tra informazioni che possono essere
percepite, ma alle quali non viene posta attenzione, e informazioni che non
possono essere percepite perché esulano dal campo potenziale dell’attenzione.
La
conclusione.
La
percezione subliminale non è percezione in assenza di sensibilità allo stimolo
ma è una dissociazione tra l’oggettiva percezione dello stimolo e la
consapevolezza soggettiva della percezione avvenuta. La percezione subliminale
è una percezione in assenza di consapevolezza.
L’uomo
vede e sente molto di più di quanto egli consapevolmente crede di vedere e
sentire, e non solo, ma anche che quanto egli vede e sente “senza saperlo”
rimane presente ed agisce nella sua memoria subconscia.
In
questi primi studi venivano presentati alcuni stimoli da una distanza tale -
nel caso di stimoli visivi - o ad un volume talmente basso - nel caso di quelli
uditivi - che i soggetti dichiaravano di non riuscire a percepirli.
Le
risposte corrette risultavano significativamente maggiori rispetto a quelle
attese. In altre parole, nonostante i soggetti dichiarassero di non aver
percepito gli stimoli, le loro risposte indicavano invece che avevano percepito,
se pur non in maniera conscia, sufficienti informazioni da poter rispondere
correttamente alle domande sugli stimoli.
Gli
stimoli venivano presentati in condizioni di tale confusione o talmente
disturbanti da rendere praticamente impossibile per i soggetti distinguere tra
gli uni e gli altri.
Il
mascheramento retroattivo (backward masking). Questa tecnica consiste
essenzialmente nel presentare uno stimolo target e nel mascherare questo
stimolo per mezzo di un altro; la differenza temporale che intercorre tra la
presentazione del primo stimolo e dello stimolo di mascheramento è detta
stimlus onset asynchrony (SOA).
I
soggetti dovevano identificare una parola stimolo che veniva presentata
brevemente e poi mascherata da un altro pattern. Ebbene, anche quando i
soggetti non riuscivano ad identificare correttamente la parola-stimolo,
riportavano comunque parole semanticamente correlate ad essa, a testimonianza
del fatto - ancora una volta - che una qualche informazione, se pur non in
maniera conscia, era comunque stata rilevata.
Gli
studi successivi confermarono il fatto che il mascheramento dello stimolo, pur
impedendone l’accesso alla consapevolezza, non pregiudica la possibilità che lo
stimolo venga comunque elaborato.
Terstimonianze
neurologiche della percezione subliminale
Il
neurologo Libet, ad esempio, registrò un’attività corticale simile in risposta
a stimoli tattili anche quando questi erano talmente leggeri che il soggetto
affermava di non percepirli.
A
sua volta Weiskrantz, esperto della sindrome della vista cieca (blindsight) –
sindrome causata da un danno neurologico alla corteccia visiva primaria che
produce una cecità parziale - rilevò in vari esperimenti che i pazienti, pur
non riuscendo a vedere gli stimoli collocati nell’area “cieca” del campo
visivo, riuscivano comunque a riconoscerne alcune caratteristiche, come la
grandezza, la posizione o l’orientamento.
Alcuni
pazienti in condizione di anestesia totale mantenevano un ricordo degli eventi
avvenuti quando erano sotto l’effetto dell’anestesia, e dunque incoscienti.
IL
LIMITE DELLA PERSUASIONE SUBLIMINALE
I
recenti studi sull’effetto di mera esposizione rappresentano un ulteriore
testimonianza dell’esistenza della percezione subliminale (Knust-Wilson e
Zajonc, 1996). Questo studio ha rilevato che i soggetti, dovendo scegliere tra
due immagini neutre, preferivano quella a cui erano stati precedentemente
esposti in forma subliminale (in questo caso un ottagono). Questo esempio di mera
esposizione è una prova della esistenza sia della percezione subliminale, sia
della persuasione subliminale.
La
persuasione subliminale è in relazione agli effetti che hanno gli stimoli
percepiti in maniera subliminale sul comportamento.
Il
primo tentativo di usare la comunicazione subliminale come tecnica persuasiva.
Il
pubblicitario James Vicary sottopose per sei settimane il pubblico ignaro di
un cinema di Fort Lee, nel New Jersey, a
delle proiezioni subliminali che contenevano i messaggi “Eat Popcorn” e “Drink
Coke”. Le frasi apparivano ogni cinque secondi per un terzo di millisecondo, e
quindi per un tempo evidentemente troppo breve per poter essere percepite
consciamente dagli spettatori. Ciononostante, la cronaca riporta che le vendite
di popcorn aumentarono del 58%, mentre quelle di coca-cola salirono del 18%.
L’infondatezza
della persuasione subliminale.
Tuttavia
i ricercatori e gli studiosi di psicologia si dimostrano scettici riguardo al
potere della persuasione subliminale è all’impatto dei messaggi subliminali
sulle scelte e i comportamenti delle persone.
Ciò
che la ricerca scientifica ci permette di asserire con certezza riguardo al
fenomeno della percezione e persuasione subliminale è che i fenomeni esistono
ma si presentano soltanto in particolari condizioni controllate. Queste
includono, ad esempio, la definizione della soglia percettiva individuale per
ciascun soggetto sperimentale e un ambiente controllato e privo di ulteriori
forme di stimolazione.
Si
è visto inoltre che la percezione subliminale, quando avviene, riflette
comunque l’abituale modo di interpretare gli stimoli di ciascun soggetto, e che
quindi sia comunque, in qualche modo, filtrata dagli schemi e le credenze degli
individui.
Sono
stati rilevati anche effetti di priming sul giudizio.
Soggetti
esposti in forma subliminale a parole connotate positivamente o negativamente
tendevano a dare una valutazione distorta in direzione congruente in un
successivo compito di giudizio di un episodio neutro.
O
ancora, è stato dimostrato che stimoli subliminali possono indurre o alleviare
stati motivi come l’ansia.
In
sintesi sono cinque i fenomeni scientificamente provati legati alla
stimolazione subliminale: l’effetto di mera esposizione, per cui l’esposizione
ad un immagine senza consapevolezza ci predispone a preferire quella immagine
ad altre; il così detto effetto Poetzel, per cui le immagini o le parole
percepite in maniera subliminale appaiono successivamente nei sogni, se pur in
forma alterata; l’effetto di priming, di cui si parlava sopra; e l’effetto di
attivazione
psicodinamica,
per cui l’esposizione subliminale a immagini e suggestioni può indurre un
particolare stato emotivo, come nello studio di Robles. Sul piano della
relazione con il comportamento, che come abbiamo più volte rilevato è il punto
critico da risolvere ai fini di dimostrare le potenzialità persuasive della
comunicazione subliminale, sono invece poche le ricerche che abbiano riportato
risultati significativi. Possiamo citare, ad esempio, quella condott da
Bornstein, Leone e Galley (1987), che ha rilevato come soggetti sperimentali si
dimostrino maggiormente d’accordo con un complice il cui viso è stato
presentato precedentemente in forma subliminale.
La
percezione subliminale di stimoli piò portarci a rispondere correttamente ad
alcune domande sugli stimoli stessi o, potremmo aggiungere, a preferire un
ottagono piuttosto che un quadrato, o un viso ad un altro, e così via, ma non
risultano fondamenti scientifici che indicano che la subliminalità sia in
relazione causale con i nostri comportamenti complessi.
Gli
studi sull’effetto di priming o di mera esposizione, ad esempio, hanno
dimostrato la possibilità di influenzare preferenze e atteggiamenti attraverso
la comunicazione subliminale, e, vista la stretta relazione tra atteggiamenti e
comportamento, ci viene da chiederci quanto sia realmente lontana da ciò la
possibilità di influenzare il comportamento. Vale a dire, se è stata dimostrata
la possibilità di influenzare gli atteggiamenti, è realmente così impossibile
che ciò arrivi in un certo qual modo a influenzare i comportamenti? Ed
estremizzando ancora (nel concreto), determinare una certa preferenza o un
atteggiamento positivo verso un qualche stimolo è così distante dal poterci
condurre, ad esempio, ad acquistare un prodotto ad esso legato?
Effetto
illusory-placebo.
Se
i messaggi risultano di difficile comprensione anche quando vengono resi
chiaramente udibili, non si comprende come una trasmissione degli stessi per via
subliminale potesse addirittura potenziare la loro efficacia percettiva e
persuasiva. Uno dei temi più dibattuto riguardo alla percezione subliminale è
proprio quello inerente alla questione se la percezione che avviene in
condizioni di incoscienza sia o meno in qualche modo più potente a livello
persuasivo della percezione che avviene in normali condizioni di consapevolezza
e controllo delle informazioni.
Un
esperimento confuta la realtà del macrosistema attitudinale della persuasione
subliminale
https://www.unicog.org/publications/DehaeneS1999La_realta_delle_imaginiNuovaserie.pdf
Una
parola presentata troppo brevemente per essere visualizzata coscientemente dal
nostro cervello può però divenire oggetto di un trattamento visuale, semantico
è motorio del cervello umano.
Studi
di psicologia cognitiva, di immagini
cerebrali, la visualizzazione dei circuiti cerebrali del trattamento
subliminale delle parole.
Le
immagini subliminali influenzano il cervello? – Influenzano le funzioni motorie
microsistemiche, non i macrocomportamenti.
La
misurazione del trattamento inconscio nel cervello umano agevola la
identificazione della nostra coscienza.
I
due esperimenti.
Un
volontario si accomoda davanti allo schermo di un computer.
Lo
si avvisa che al centro dello schermo si mostrerano prima un segnale composto
da lettere a caso, poi un numero (in lettere o in cifre). La persona dispone di
due pulsanti, uno a destra, uno a sinistra. Gli viene chiesto di premere il
prima possibile il pulsante di destra se il numero target è superiore a 5, il
pulsante di sinistra se il numero è inferiore a 5.
Il
numero esca: A insaputa della persona, ciascun numero target è preceduto da un
numero esca invisibile mostrato tra i segnali di lettere a caso.
I
risultati concludono che il numero esca ha influenzato la risposta psicomotoria
nonostante il numero esca non fosse consciamente riconosciuto, non decifrato e
non vi fosse percepita la esistenza consciamente – tuttavia subconsciamente –
si percepisce la esistenza del numero esca, e si intende la sua qualità, se
maggiore o se minore di 5, diversamente non si spiegherebbe il rallentamento di
risposta nei casi di incongruenza.
Il
numero esca può essere maggiore o minore di 5, può essere uguale o diverso del
numero target.
Risultati
congruenti. Se il numero esca e il numero target sono entrambi maggiori o
minori di 5.
Risultati
incongruenti. In cui uno è maggiore ma l’altro è minore di 5.
Se
dunque perveniamo a dimostrare un trattamento cerebrale diverso dei casi
congruenti e incongruenti, avremo una prova empirica della percezione
subliminale della parola esca.
Abbiamo
riconosciuto un rallentamento nelle risposte delle persone nei casi
incongruenti. Le statistiche indicano che un tale rallentamento aveva meno di
una possibilità su 100000 di essere dovuto al caso.
Allora
un numero esca totalmente invisibile può essere inconsciamente comparato con un
altro numero. E che da questa comparazione ne risulti una risposta psicomotoria
singolare, diversa rispetto alla assenza del numero esca.
Il
senso, la quantità del numero esca è stata analizzata subconsciamente.
L’influenza
inconscia si esercita ad un livello di trattamento semantico delle informazioni
che non dipende dalla notazione (Lettera o cifra) utilizzata per presentare il
numero.
Come
si spiega il rallentamento delle risposte in casi incongruenti
Esiste
una competizione delle risposte motrici : I soggetti applicherebbero
inconsciamente le istruzioni di risposta al numero esca. Deciderebbero dunque
se questo è più grande o più piccolo di 5 e preparerebbero inoltre un inizio di
risposta motrice con la mano appropriata – Il sistema motorio entra poi in
competizione con il sistema psico-motorio relativo alla percezione conscia
della quantità del numero target che ha valenza di superiorità/inferiorità
relativamente a numero 5 opposta rispetto al numero esca.
Il
rallentamento nel macrosistema attitudinale si spiega nel termine incertezza.
Si vede un minimo movimento verso un pulsante ed in seguito un cambio di
direzione verso l’altro pulsante che viene premuto.
Nei
casi incongruenti allora la pre-attivazione motrice inconscia e indotta dal
numero esca andrebbe nel senso contrario della risposta richiesta dal numero
target.
Analogamente
vi è una anticipazione percettiva nei casi congruenti, la risposta avviene
prima.
La
pre-attivazione motoria precoce in direzione della risposta giusta nei casi
congruenti.
Il
metodo sperimentale dei potenziali evocati è sensibile ai livelli deboli di
attivazione motrice, può riconoscere le variazioni neurali causali delle
manifestazioni micro-comportamentali, o di attitudini assenti.
Abbiamo
individuato un segnale di pre-attivazione lateralizzato in direzione della
risposta motoria appropriata, non al numero target, bensì al numero esca.
Nei
casi incongruenti la preparazione motrice aumentava in direzione opposta alla
risposta corretta.
La
verifica del fatto che le persone non avevano avuto coscienza del numero esca.
È
stato domandato loro se avessero avuto coscienza del numero esca.
Risposero
di non aver avuto coscienza del numero esca, per loro non è esistito.
Tuttavia
questa domanda non è sufficiente a determinare il fatto che le persone non
avevano avuto coscienza del numero esca.
“È
impossibile sapere se la persona che nega di aver avuto coscienza di una
informazione non ne abbia effettivamente mai percepito il contenuto. O s
piuttosto non si ricordi più di averne avuto coscienza brevissimamente.”
Daniel
Dennett
È
proprio questa verità ad essere fondante la teoria della non consistenza della
persuasione subliminale in relazione ai macrocosmi attitudinali.
Il
secondo esperimento
Informiamo
le persone della esistenza e delle caratteristiche dei numeri esca e domandiamo
loro se consciamente riescono ad averne percezione. Se non sussiste percezione
conscia in relazione alla consapevolezza/competenza della esistenza del numero
esca non sussiste percezione conscia in assenza della consapevolezza/competenza
della esistenza del numero esca.
Risposero
di non aver avuto coscienza del numero esca, per loro non è esistito nonostante
sapessero che dovesse esistere.
Conclusioni
Il
nostro cervello ri-costruisce inconsciamente il senso delle parole.
I
metodi di neuro-immagine hanno raggiunto una sensibilità straordinaria. Il
riconoscimento di mutamenti cerebrali di attitudini esteriori minime,
impercettibili.
Un
viso impaurito presentato in maniera subliminale attiverebbe una piccola
struttura neurale sottocorticale, l’amigdala.
Tale
percezione ha influenze sui neuroni specchio che inducono una micro-variazione
della nostra espressione e della nostra qualità emotiva. Si riconosce una micro
variazione delle espressioni del viso della osservatore verso lo stereotipo
della paura ed un senso dichiarato di sensazione di malcontento.
Una
catena senso-motoria complessa può attuarsi senza coscienza.
I
LIMITI RADICALI DELLA PERSUASIONE SUBLIMINALE
La
percezione subliminale ha un effetto influenzante debole e interessa solamente
i micro-comportamenti.
Sono
state necessarie centinaia di prove prima del riconoscimento di un reale
effetto esca subliminale di qualche centesimo di secondo.
Nella
nostra esperienza macro-attitudinale la attivazione motoria inconscia non dura
che un decimo di secondo.
Altre
esperienze hanno dimostrato che basta lasciare mezzo secondo dopo la
presentazione dell’esca affinché questo sia dimenticato e perché i suoi effetti
risultino assenti.
Pertanto
coloro che sono al cinema e che andrebbero ad acquistare i pop corn durante a
pausa di un film – Non vanno ad acquistare i pop corn a causa delle immagini
subliminali impercettibili esposte durante il primo tempo del film, poiché se è
vero che le immagini vengono percepite è vero altresì che vengono dimenticate.
Lo
studio dell’inconscio cognitivo.
Allora
se gli psicologi ed i neuroscienziati si interessano al mondo della
subliminalità non accade nell’ottica di potenziali applicazioni alla
manipolazione del comportamento. Bensì all’approfondimento verso il mondo del
subconscio ed alla natura della coscienza. Con applicazioni catartiche nel
mondo della neurologia, della anestesia o nella gestione degli stati comatosi.
LA
TELEPATIA
La
solitudine è il telepatico silenzio relazionale.
Il
rapporto tra psicoanalisi e decostruzione attraverso il soggetto della
telepatia, definita da Derrida come “a.b.c. della psicoanalisi”.
“…
istantaneamente, e per una sorta di magia telepatica, un influsso a distanza
attraverso il vuoto metafisico che separa irriducibilmente due assoluti; la
passerella gettata da un universo all’altro in un mondo lacerato; il movimento
amoroso…”
V.
Jankélévitch, Il puro e l’impuro
Se
fai il primo passo… poi tutto il resto segue, nel bene e nel male…
Le
affermazioni relative alla telepatia di Freud risultano oscillanti: “la
bilancia pende a favore…”, “ho l’atteggiamento di chi non è persuaso e tuttavia
è disponibile alla persuasione”, “non escludere a priori”, “sarebbe un piacere
poter dimostrare…”, “ho tutte le ragioni di voler essere imparziale”. A
ragione, bisogna infine che Freud ammetta né di credere né di non credere. Non
si tratta però di assumere una posizione agnostica. Piuttosto, dato che il
sapere che Freud eredita è costruito in modo tale che la telepatia sia concepita
come impossibile, allora siamo spinti a pensare che, se ce n’è, appartiene a un
altro genere di sapere.
Envois,
la a-destinazione.
Il
“principio postale”. télégramme, télépathie.
Il
tema della tecnica: «un gran numero di mutazioni delle tecno-scienze, mettono
in opera la différance la teleferenza
Della
spaziatura o del/la temporeggiamento/temporalizzazione (tempor(al)isation)
Non
c’è una «tekhné telepathiké». Non si tratta di esperimenti telepatici, perché
in questo caso avremmo a disposizione una tecnica per regolare e dominare il
rapporto all’altro. Allora che rapporto avrebbe, questo rapporto a distanza.
Freud
tiene ferma la distinzione tra “trasmissione di pensiero” e “transfert di
pensiero” La telepatia non è
trasmissione di un messaggio, ma aiuta a far luce sul fenomeno psicoanalitico
del transfert.
In
tal senso non crede al sogno telepatico in quanto tale, anzi precisa che il
fenomeno telepatico non accade in quanto “sogno” (Traum), ma che si debba
parlare piuttosto di esperienze telepatiche in “stato di sonno”
(Schlafzustand).
Non
solo la teoria dei sogni, ma, più in generale, la teoria psicanalitica resta
ferma: bisogna addentrarsi con coraggio nello studio del fenomeno telepatico
consapevoli che non sarà la telepatia a spiegare la psicanalisi, ma la
psicoanalisi a gettare luce sulla telepatia.
L’inconscio.
La decostruzione non attinge semplicemente categorie o modelli di pensiero
dalla psicoanalisi.
Se
la telepatia è l’a.b.c. della psicanalisi, la decostruzione avrebbe la pretesa
di enunciare quanto di più elementare dica la psicoanalisi; ma la telepatia è
esattamente il punto in cui la psicoanalisi esita, il suo punto cieco. Quanto
vi è di più semplice, tanto difficile da essere al di là di sapere e
non-sapere, credere o non credere: La telepatia è l’interruzione della
psicanalisi nell’ambiente psicanalitico. Il corpo estraneo della psicanalisi è
l’a b c della psicanalisi.
Non
si tratta dell’evocazione. La telepatia non ha relazione con lo spiritismo, con
l’occultismo, con l’irrazionalismo di deliri psicologici linguistici. Bensì
dell’invocazione, dell’appello che chiede una risposta e della responsabilità
di fronte al senza-risposta.
L’incontro
tra psicanalisi e decostruzione, “analyse désistentielle”, di-stanziazione.
Un
post-scriptum di Freud, poi perduto e ritrovato, o meglio ritornato.
L’unico
possibile caso di telepatia che forse sia personalmente accaduto a Freud,
stando a Freud, ovvero il caso del Nachtrag volante perduto e ritrovato.
Queste
cartoline e queste lettere mi erano divenute inaccessibili, almeno
materialmente, e in un modo apparentemente accidentale, in un certo preciso
momento. Ora, esse avrebbero dovuto figurare, allo stato di frammenti. Ancora
in modo apparentemente fortuito, li ho ritrovati proprio presso di me, ma troppo
tardi dato che le bozze del libro erano già state rispedite per la seconda
volta.
Che
l’inconscio del soggetto sia il discorso dell’altro, è ciò che appare ancor più
chiaramente che altrove negli studi che Freud ha consacrato a ciò ch’egli
chiama telepatia, quando si manifesti nel contesto di un’esperienza analitica.
Coincidenza dei discorsi del soggetto con fatti dei quali non può essere
informato, che co-esistono a lui senza che lui ne sia conscio, ma che si
muovono sempre nei legami di coerenza contestuale di un’altra persona.
L’onnipresenza del discorso umano potrà forse un giorno essere abbracciata a
cielo aperto da una onni-comunicazione del suo testo. Ciò non significa che ne
risulterà più accordato.
Siamo
in Funzione e campo della parola e del linguaggio e sono le parole che chiudono
il primo capitolo, quando emerge l’idea dell’inconscio come linguaggio
dell’altro.
Il
cuore del problema della telepatia.
Ovvero
se la lettera, come l’invio telepatico, arrivi sempre a destinazione, e se in
questo invio all’altro non si debba contemplare, in senso strutturale, una
dimensione di a destinazione, il senza-risposta.
Sia
molto più intelligente di chiunque altro, come ella lo informi - miracolosamente
è il termine sottinteso - di tutto ciò che capita a un certo numero di persone
e come per lei queste persone non abbiano segreti
Il
Sinthomo - consente di tenere insieme le dimensioni dell’Immaginario, del
Simbolico e del Reale.
La
telepatia è una trasmissione psichica diretta. Mezzo originario, arcaico, di
comunicazione tra gli individui.
La
facoltà mimetica.
In
Luhmann il termine “telepatia” non compare, ma il contesto è quello in cui,
dopo aver escluso che un sistema-coscienza possa agire direttamente su un
altro, per la qual cosa una coscienza dovrebbe inserirsi coscientemente nelle
operazioni di un’altra coscienza, nomina i fenomeni parapsicologici (il
traduttore italiano scrive “parapsichici”) come possibile smentita empirica,
peraltro evolutivamente marginale.
«Mi
rivolgo dunque a voi nella notte come se all’inizio fosse il sogno. Cos’è il
sogno? E il pensiero del sogno? E la lingua del sogno? La possibilità
dell’impossibile può essere soltanto sognata, ma il pensiero, un pensiero
totalmente altro del rapporto tra il possibile e l’impossibile, quest’altro
pensiero che da così tanto tempo respiro e dietro a cui talvolta perdo il fiato
nei miei corsi o nelle mie corse, ha forse maggiore affinità della filosofia
con questo sogno.
L’episodio
è consegnato ad un testo manoscritto, perché non svanisca, intitolato “Une
permission”. Questo va perduto e quando sembra tutto perduto, quando pare che
non vi sia più nulla da fare, quando sembra essere stata detta l’ultima parola,
eccolo tornare. Cixous ha smarrito il manoscritto dove ha segnato questo sogno
straordinario, ed eccolo, il 4 luglio 2006.
La
telepatia è un respiro ulteriore.
Come
se il transfert si svolgesse nel prestissimo degli ultimi tempi. Come se tutto
precipitasse istantaneamente urgentemente in un punto. Punto d’indecisione,
elementare a b c della psicanalisi.
Elenchiamo
infine cinque punti:
Futuro
Il
fenomeno telepatico non è un incantesimo o affare dell’indovino. Né
destinalità, né profezia. Non è premonizione, preveggenza, né previsione del
futuro; non lo anticipa, né l’assicura (Forsyth-Forseen-Vorsicht). Senza
precauzioni, non si appropria preventivamente della venuta dell’altro, dal
futuro (infatti non è un esperimento, né tecnica. È perché ci sarebbe della
telepatia che una cartolina postale non può arrivare a destinazione […].
Questo
vale per ogni sistema in tele-, quali che siano il contenuto, la forma o il
supporto»
Il
paradosso è eclatante: rapporto a distanza e tuttavia immediato, interruzione
dell’ininterrotto, attraverso il supporto e tuttavia in assenza di mediazione
tecnica, arriva senza arrivare a destinazione. l’assicurazione dell’arrivo
immediato, del contatto diretto a distanza, in questo caso la telepatia non
garantisce l’arrivo e tuttavia, senza arrivare (“destinerranza”), di colpo si
produce (“teleodromia istantanea”).
Alterità
Questo
rapporto all’altro non è regolabile né appropriabile: sarà stato - formula del
futuro anteriore - provenendo dall’altra parte. Incorporazione, introiezioni di
un corpo estraneo. Accade “al limite” dell’introiezione, quando questa si
interrompe per un motivo o per l’altro, ma da ultimo perché è l’alterità
dell’altro ad opporsi all’appropriazione, orientata al telos di un recupero
attraverso un ampliamento dell’io. Dunque, tra introiezione e incorporazione
non c’è opposizione semplice: «Di fronte all’impotenza del processo di
introiezione (progressivo, lento, laborioso, mediato, effettivo),
l’incorporazione s’impone fantasmatica, immediata, istantanea, magica.
È
difficile credere alla non-telepatia: «La verità, ciò che faccio sempre fatica
ad accettare: che la non-telepatia
sia
possibile. È sempre difficile immaginare che si possa pensare qualcosa in sé,
nel proprio foro interiore, senza essere sorpresi dall’altro»
Supporto
Derrida
afferma di scrivere sul supporto, “attraverso” e “a proposito” del supporto.
C’è sempre un supporto alla desistenza del soggetto; ma di quale natura?
Volante e aerea, la scrittura, il manoscritto, il lascito. Infine, estremo
supporto, la cenere: lì giace e si solleva, si alza. Gravoso materiale leggero,
e volante, come la materia dei sogni e di cui fatto il volo telepatico; materialità
paradossale della traccia
che per essere
tale, per non
essere nient’altro che il tracciarsi della traccia, resta nella forma
della cenere, andando in fumo. O forse ‒ questo è il punto ‒ è la stoffa di cui
è fatto il reale. Le sommier di Benjamin, la rete del letto volante, il
supporto che passa da una generazione all’altra, supporto magico di sogni
telepatici. Supporto passivo che la giace: ça gît. Su cui giaccio, passività
rispetto alla venuta istantanea, dall’altrimenti, dell’altro. Sul quale dormo
sonni agitati: «À qui m’agit. We’ll talk about magic, all this is magic»34.
«Magie/m’agit [...] nous magissions»35. Incontro Dove ci troveremo? Ci
incontreremo in un sogno. Per Freud lo stato di sonno appare particolarmente
favorevole alla ricezione del messaggio telepatico; sarebbe anzi meglio parlare
di esperienza telepatica verificatasi durante il sonno. Il punto è esattamente
che non si tratta
della comunicazione di
un messaggio: anziché
un’enunciazione è
un’annunciazione. Allora il presunto sogno telepatico non intacca la natura del
sogno, quanto piuttosto la stoffa del reale. Ciò che annuncia il fenomeno
telepatico si è poi realizzato? È qualcosa di reale, perché annuncia un
accadimento reale, corrisponde ad un avvenimento che accade all’esterno?
La
domanda si dissolve: Or in english
that thay have
not to come
true, che sarebbe
ancora un’altra cosa, letteralmente, giacché
io sostengo che
qualcosa può avverarsi, verificarsi
senza realizzarsi. Ora, il
fatto che io
insista, wie wir uns
ausdrücken, due punti: nicht eingetroffen, mette bene in
evidenza che qualcosa mi disturba in questa espressione che tuttavia non
ri-levo altrimenti. Esiterei,
per quel che
mi riguarda a
tradurlo con “realizzati”.
Eintreffen vuol sì dire, in senso lato, “realizzarsi”, ma preferirei tradurre
con “verificarsi” [arriver]. “compiersi”, ecc..., senza riferirsi alla realtà,
soprattutto (ma non solo) a quella che noi assimiliamo così facilmente alla
realtà-esterna. Vedi dove voglio arrivare.
Un’annunciazione si può
compiere, qualcosa può
arrivare senza tuttavia realizzarsi. Può aver luogo un
evento che non sia reale. La mia distinzione abituale tra realtà interna e
realtà esterna non è forse sufficiente in questo punto. Essa fa segno verso un
genere di evento che nessuna idea di “realtà” ci aiuta a pensare37. 32 Derrida
(1992), pp. 54-55. Derrida, seguendo Abraham, fa un passo oltre: vi sarebbero
due strutture di decentramento che Abraham chiama la “cripta” e il “fantasma”,
da non confondere. Nel secondo caso si suggerisce l’ipotesi che il fantasma non
è quello dell’altro, incriptato nella cripta, ma che il fantasma ossessiona a
partire dall’inconscio di un altro, non per effetto di una rimozione propria,
ma di una rimozione “propria” all’inconscio parentale. Si tratterebbe pertanto
di un’incorporazione, una “eterocripta”, come «un’eterogeneità, mi sembra,
dovuta all’eterogeneità stessa, all’alterità: non l’alterità comunemente
accettata dell’Inconscio, ma quella che mi permetterà di definire la cripta
come estraneo nell’Io e, soprattutto, il fantasma eterocriptico ritornato dall’Inconscio
dell’altro, secondo la legge di un’altra generazione»
Visitazione
La
morte viene definita da Derrida, con Levinas, il senza-risposta. A meno che non
si dia un’eccezione, un permesso.
Mistero della respirazione,
riposo per un
istante dell’ininterrotto e
riprender fiato dell’interrotto.
Intermittente, l’intervallo si fa sempre più lungo, fin quando non c’è più
risposta in questo ritmo che resta sospeso...giace nel letto... inspira espira,
inspira espira, inspira espira. «Ora, è in quel tempo, nel momento in cui tutto
è perduto che ritroverò infine la risposta alla morte, il cammino della
felicità nel dolore: è altra-cosa-che-un-sogno, è l’ipersogno [hyperrêve]»38. È
tornato per non restare, licenza temporanea. «È un ipersogno. Niente di più
violentemente reale»39. D’altra parte, è sempre una faccenda personale. Alfine,
tremiamo ed esitiamo. Se parlo, tutti penseranno che ho perso la testa e, in
effetti, è un attimo perdere la testa. Come trovare il coraggio di dire? A chi
lo dirò?
«Cos’è
la filosofia, per il filosofo? Lo svegliare e il risvegliarsi» alla domanda se
sia possibile parlare del sogno senza risvegliarsi, la risposta dello
psicanalista sarebbe invece, a parere di Derrida, “sì, forse, talvolta”.
Wu-Wei
IN AMNESIA
The
art of conscious non-action.
La
differenza tra un maestro che cammina sulla Terra e un personaggio bloccato
nell’amnesia è che quando siamo in amnesia dimentichiamo di avere il potere non
solo di influenzare il mondo, ma anche di alterarlo completamente. Questo viene
fatto solo a un livello di frequenza che non consente al mondo di trascinarlo
nel suo tumulto dove inconsciamente diamo via tutto il nostro vero potere. La
differenza tra un maestro e un per-sonaggio addormentato nell’amnesia è che il
personaggio reagisce sempre al mondo e il maestro trasforma sempre il mondo.
Susan
Hassen
Un
significato ulteriore
Io
so che cosa intendi quando dici così.
«Mi
accorgo che correndo verso Y ciò che desidero non è trovare Y al termine della
mia corsa: voglio che sia Y a correre verso di me, è questa la risposta di cui
ho bisogno, cioè ho bisogno che lei sappia che io sto correndo verso di lei ma
nello stesso tempo ho bisogno di sapere che lei sta correndo verso di me».
Italo Calvino Gli amori difficili
Ho
paura che un giorno, dopo esserci tanto mancati, ci chiederemo se potevamo fare
qualcosa concretamente, invece di mancarci senza fare niente, poiché non
esprimendo il nostro mancarci, non ci siamo mancati – So-vente l’espressione di
un sentimento è fondamentale quanto il sentimento medesimo.
“Ciò
che cerchi ti sta cercando.”
Rumi
Il
cercarsi può essere unilaterale, il cercarsi può essere un cercarti, tuttavia
nessun movimento è invariabile, pertanto una iniziativa di ricerca nella
complessità della relazione implica necessariamente, se non una reatti-vità
fattuale del prossimo verso di noi, un coinvolgimento di coscienza del prossimo
con noi. Se il cercarsi non è manifesto, ovvero se non sia comunicato
palesemente e pragmaticamente, sussiste comunque il cambiamento nella
relazione. Il mancarsi non comunicato è una lettera spedita, non concretamente
ricevuta e non leggibile dal/dalla ricevente, eppure spiritualmente il
ricevente intuisce, ha il pre-sentimento dell’atto della scrittura della lettera,
del senso sintetico – olistico del messaggio insito nella lettera e del fatto
che la lettera le/gli sia stata inviata.
La
telepatia è la post-veggenza previsionale chiara, la chiaro-veggenza
relazionale nei momenti della non-relazione, la risonanza reminiscente che si
realizza nel tempo e nei luoghi della lontananza relazionale.
Se
non dici quello che pensi, ucciderai il tuo sé non ancora nato.
ALCUNI
SIGNIFICATI GERMOGLIO
Telepatia-doppio
eterico
Trascendentalismo
La
sintonia sincronica è un conforto risonante
La
serendipità spirituale
Allineamento
mistico con il tutto
La
Spiritualità relazionale
La
chiaroveggenza è serenità
Karma
e ritorno
Il
pre-sentimento
Neuroni
specchio e Neuroni anticipantI
BibliografiA
Mentalizzazione
SUPSI.
Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale, DEASS.
La
terapia basata sulla mentalizzazione nel trattamento del paziente con Disturbo
Borderline di Personalità.
Corso
di Laurea in Cure Infermieristiche, Lavoro di tesi (Bachelor Thesis) Di Calvin
Cannavacciuolo e Serafina Tallarico. 31 luglio 2020.
www.unipa.it/persone/docenti/z/carla.zappulla/.content/documenti/La-teoria-della-mente.pdf
Mentalizzazione
e empatia
Mentalizzazione
e stili di attaccamento tra regolazione emotiva ed empatia. Sara Buzzerio.
2022.
La
percezione subliminale e la persuasione subliminale
www.unimarconi.it/download/attachments/Contributi_articolo_calzoni.pdf
La
Persuasione Subliminale, Alessandra Improta, Neuroscienze.net. Journal of
Neuroscience, Psychology and Cognitive Science.
Dimostrazione
di limiti della persuasione subliminale.
https://www.unicog.org/publications/DehaeneS1999La_realta_delle_imaginiNuovaserie.pdf
La
telepatia
http://www.serena.unina.it/index.php/bolfilos/article/view/8717
Letture
consigliate sui temi della telepatia e del doppio eterico.
www.bailey.it/files/Telepatia-ed-il-veicolo-eterico.pdf
www.teosofica.org/all/Audoin_-_Uomo_e_i_suoi_corpi_-Besant.pdf
CAPITOLO SECONDO
LA CURA DELLA RELAZIONE
NEUROBIOLOGIA DELLA SOLITUDINE
LA
RELAZIONE LIBERATORIA
Questo
scritto è relativo e promuove una mentalità di libertà della relazione dalla
solitudine, non una mentalità di libertà della solitudine dalla relazione
UNA
DEFINIZIONE DI SOLITUDINE
L’isolamento
sociale è definito come la realtà di avere contatti di persona poco frequenti
con le persone, con familiari, amici o membri della stessa comunità o del
gruppo religioso. La solitudine è quando “ti senti solo” o hai meno connessione
con gli altri di quanto desideri. Si istituisce una dissonanza cognitiva tra
inner need e outside reality. Sebbene l’isolamento sociale e il sentirsi soli
siano correlati, non sono la stessa cosa. Gli individui possono condurre una
vita relativamente isolata e non sentirsi soli e, al contrario, le persone con
molti contatti sociali possono ancora sperimentare la solitudine. I
comportamenti sociali sono apprezzati e motivanti, mentre l’isolamento sociale
e l’ostracismo sono avversi e stressanti.
Abbiamo
scoperto che ciò che conta a livello di espressione genica non è quante persone
conosciamo, ma quante persone sentiamo veramente vicine nel tempo.
Gli
esseri umani sono una specie sociale e hanno un sistema neurale radicato,
meccanismi ormonali e genetici per aiutare a istaurare connessioni. L’assenza
di relazioni di qualità minaccia la salute e la riproduzione.
Le
dinamiche emarginative.
I
giovani sperimentano l’isolamento sociale e la solitudine. Un sondaggio del
progetto Making Caring Common dell’Università di Harvard descrive la “Gen Z”
(adulti attualmente di età compresa tra 18 e 22 anni) come la generazione più
solitaria. L’aumento dell’isolamento e della solitudine tra i giovani adulti
può essere attribuito a un maggiore utilizzo dei social media e a un minore
coinvolgimento in attività significative di persona.
La
realtà della atomizzazione sociale e culturale è indice di regressione poiché
riconosciamo la relazione una importante tappa evolutiva umana per migliorare
la sopravvivenza. La percezione della solitudine coincide infatti con una
risposta ancestrale naturale della ricerca, neurobiologicamente si realizza
l’ipervigilanza e l’aumentare istintivo della motivazione a connettersi con gli
altri.
L’atomizzazione
è un esempio di avanzamento regressivo.
Il
progresso è pluricontestuale e multisistemico non lineare, pertanto
l’avanzamento può non coincidere con il progresso e l’avanzamento può
coincidere con la regressione.
BIOETICA
E CONNETTIVISMO
Se
la atomizzazione promuove la solitudine, in relazione a quanto argomenta questa
riflessione, la atomizzazione non è catartica per il nostro organismo.
Allora
nominiamo bio.eticamente la polimerizzazione sociale e culturale come il
contrario della atomizzazione sociale, pertanto, se in “TESI” abbiamo concluso
le Implicazioni negative della atomizzazione, sostituiamo alle dinamiche
“diaboliche” che implicano atomizzazione socio-culturale le dinamiche
relazionali – connettive ovvero quelle dinamiche che realizzano le connessioni
e le relazioni catartiche.
LE
IMPLICAZIONI NEGATIVE DELLA SOLITUDINE
I
modelli animali di isolamento sociale hanno dimostrato alterazioni in
neurotrasmettitori, sensibilità dei recettori e livelli di alcuni biomarcatori.
Tra
i sintomi fisiologici della solitudine c’è l’incremento del cortisolo correlato
ad un incremento di stress non condivisibile.
La
percezione di solitudine, non è solo l’isolamento fisico dai coetanei o dai
propri cari, ma comporta anche aspetti negativi sul sistema di facoltà di
interazioni sociali e di interconnessione reazionale implicando la tempra dei
sentimenti di isolamento e ansia. Neuropeptidi legati allo stress come i
glucocorticoidi e il rilascio di corticotropina (CRH) aumentano durante
l’isolamento sociale e l’ostracismo sociale, portando a comportamenti di tipo
ansioso e depressivo e alterazione della socialità in vari modi. CRH è
considerato l’agente chimico prototipico dell’ansia e dello stress. Anche il
volume della materia grigia e bianca nell’insula e nella PFC degli individui
solitari è inferiore rispetto al rispettivo volume nelle persone non sole. Il
che potrebbe indicare una mielinizzazione ridotta e/o una compromissione del
numero di sinapsi che ridurrebbe l’efficacia del segnale emozionale percettivo.
La
attivazione delle regioni di attenzione visiva dopo la presentazione di parole
sociali negative era maggiore per i solitari rispetto a alla rispettiva
attivazione negli individui non soli. Suggerendo una maggiore sensibilità agli
stimoli sociali negativi delle persone sole.
ALTERAZIONE
EMOZIONALE
La
percezione alterata del sentirsi soli e isolati può anche essere un fattore di
rischio per la reiterazione della solitudine, come la alessitimia (un tratto di
personalità caratterizzato da compromissione consapevolezza emotiva e relazionale
interpersonale).
La
non gratificazione relazionale, ovvero il sentimento di insoddisfazione
conseguente alla relazionalità può essere indice di alterazione emozionale da
solitudine. La solitudine può essere caratterizzata dalla capacità interrotta di
elaborare i segnali sociali e relazionarli allo stato emotivo della ricompensa.
La
sensazione di insoddisfazione dopo i tentativi di connettersi socialmente
incide cortocircuitando il sistema di motivazione relazionale.
LE
NEUROSTRUTTURE IMPLICATE NELLA SOLITUDINE
La
solitudine è associata a differenze strutturali e funzionali in PFC (Il PFC
media comportamenti di ordine superiore, i comportamenti emotivi e la
regolazione e il controllo inibitorio. Il dlPFC è implicato nella memoria di
lavoro e nella funzione esecutiva e mPFC è implicato in processi
autoreferenziali come l’autocritica in situazioni sociali. ), insula (L’insula
riceve e integra le informazioni per creare un “momento emotivo globale”
(Visione di senso olistico razionale e visione di senso olistico emozionale).
L’insula anteriore svolge un ruolo in vari comportamenti tra cui emozioni,
dolore e consapevolezza di sé. Negli studi sulla materia grigia e sulla
connettività della materia bianca le implicazioni nella regione insula erano associate
alla solitudine. Si riconosce che il rifiuto sociale attivi regioni simili come
il dolore fisico, supportato dall’attivazione bilaterale dell’insula anteriore
con sentimenti di solitudine. )
Ippocampo,
amigdala (L’amigdala è implicata nel rilevamento della paura, stimoli positivi
di elaborazione e dei ricordi emotivi. )
La
solitudine attiva regioni cerebrali relative alla percezione emozionale.) e
corteccia temporale posteriore superiore.
Lo
striato ventrale, che include il nucleo accumbens, costituisce un ruolo
centrale nell’implemento della facoltà della ricompensa.
L’isolamento
sociale può alterare la facoltà motivazionale della iniziativa e della ricerca
di nuove relazioni.
Coerentemente
con i risultati che la solitudine altera in modo differenziale lo striato e le
strutture ventrali relative alla facoltà di ricompensa.
Il
volume dell’amigdala e la connettività funzionale dell’amigdala con la
complessità della rete di affiliazione e della rete di percezione sono
associati positivamente alla multirelazionalità.
L’ossitocina
può essere coinvolta nel rafforzare la connettività negli individui poiché la
somministrazione di OT migliora l’accoppiamento funzionale dell’ amigdala con
la rete di salienza corticale durante le pluri-interazioni sociali.
La
amplificazione della neuroconnettività implica un aumento della percezione che
implica la facoltà gestionale del riconoscimento e della plurivalorizzazione
degli stimoli carichi di affetti, necessaria per favorire e mantenere un
elevato numero di contatti sociali.
L’amigdala
risponde altresì agli stimoli realmente minacciosi, pertanto è in relazione
alla facoltà di ipervigilanza che possiedono soprattutto le persone sole.
La
corteccia temporale superiore posteriore è relativa alla cognizione
multirelazionale.
L’ippocampo
è noto per il suo ruolo nella memoria, e il cervelletto, noto anche per la
coordinazione sensomotoria e per la sua relazione nei processi cognitivi e
affettivi.
Le
reti attentive sono responsabili del confronto impegnativo della gestione
ambientale, guidato dallo stimolo dell’attenzione, e sono localizzate in aree
anatomiche distinte con specificità cognitive funzionali. Le reti attentive
sono responsabili della facoltà di volontà di riconoscimento.
La
solitudine è associata a differenze nell’attenzione ventrale, dorsale
attenzionale e nelle reti cingulo-opercolari, in termini di connettività
funzionale ed efficace. Le reti possono essere collegate all’ipervigilanza e
alla reattività allo stress che sono presumibilmente coinvolti nella
solitudine.
I
sistemi visivi sono responsabili dell’elaborazione delle informazioni visive.
Gli
studi hanno riportato associazioni di solitudine con differenze di corteccia
visiva primaria e secondaria in termini di volume, connettività funzionale,
flusso causale o attivazione con immagini sociali, a sostegno della teoria
dell’ipervigilanza di Cacioppo.
Il
DMN è implicato nelle rappresentazioni mentali e nei comportamenti pro-sociali.
Tre studi hanno mostrato un’associazione tra solitudine e DMN funzionale. Si
riconoscono meno connessioni modulari tra reti attenzionali visive nelle
persone sole.
Il
DMN può essere attivato in modo differenziale quando pensiamo agli altri;
tuttavia, l’attività disfunzionale in DMN può contribuire alla ruminazione e ai
sentimenti negativi associati alla solitudine.
Gli
studi hanno mostrato che le persone sole avevano ERP più veloci a stimoli
negativi o minacciosi, coerenti con la teoria della ipervigilanza, mentre un
altro rapporto non ha trovato differenze negli ERP con un compito legato alla
nostalgia, in relazione concettuale con la idea di insensibilità sentimentale
relazionale nel macrocosmo della premura relazionale. Le persone sole si
abituano alla solitudine, solitamente non si dimostrano disponibili ad opporsi
al flow non relazionale.
L’estrazione
dell’RNA dal cervello ha identificato il differenziale correlato all’AD
dell’espressione genica in individui solitari. I risultati relativi all’AD sono
in linea con il collegamento delle prove meta-analitiche che conciliano la
solitudine ad un aumentato rischio di AD. L’AD è una condizione progressiva e
neurodegenerativa in cui gli individui manifestano perdita di memoria, demenza.
La
solitudine influisce nei neurotrasmettitori e implica stress ossidativo.
LA
SOLITUDINE RECA DANNO ALLA SALUTE PSICO-FISICA
L’isolamento
sociale cronico ha effetti debilitanti sulla salute mentale.
L’ABBANDONO
FERISCE
Oltre
quattro decenni di ricerca hanno chiaramente dimostrato che l’isolamento
sociale e la solitudine sono entrambi associati a esiti negativi per la salute.
La
solitudine indotta ed autoindotta.
L’abbandono
implica isolamento autoindotto – La rassegnazione relazionale.
IL
SETPOINT OMEOSTATICO DEL LET IT BE - RASSEGNATIVO
L’attività
DA complessiva è accentuata durante la solitudine e l’isolamento sociale,
questo potrebbe contemporaneamente aumentare il desiderio di interagire
socialmente.
La
ipervigilanza durante la realtà di incontro relazionale può alterare l’esperienza
relazionale nel riconoscimento di un valore di ricompensa inferiore.
La solitudine umana è associata a una ridotta
attivazione delle regioni di ricompensa nel cervello sia allo stato di riposo
che durante la situazione di incontro relazionale.
IL
MIMICKING FAMILIARITY
L’attività
in queste regioni è aumentata durante la presentazione di volti familiari.
Risulta
un deficit di apprendimento relazionale, caratterizzato dall’incapacità di una
persona cronicamente sola di trascorrere maggior tempo con una persona
sonosciuta, parallelameente si riconoscere la volontà proattiva di minimizzare
il tempo relazionale con una persona sconosciuta come custodia e salvaguardia
del tempo di solitudine.
Tuttavia
si riconosce nella persona sola la maggiore disponibilità a trascorrere maggior
tempo relazionale con le persone familiari (famigliari) rispetto alla relazione
con le persone sconosciute.
Si
potrebbe in alternativa interpretare questo comportamento come una preferenza
per la familiarità piuttosto che una preferenza per la mancanza di novità.
Se
un individuo è generalmente ansioso per gli incontri sociali, è più propenso a
interagire con uno stimolo conosciuto rispetto all’interazione con stimoli
sconosciuti. (Ricordiamo che stiamo argomentando della non sanità della
solitudine- pertanto consigliamo che si ritenga sanità la buona predisposizione
verso gli incontri relazionali nuovi affinché la sconosciutezza si plasmi in
conoscenza.)
Dfinizione
di omeostasi
In
biologia, l’attitudine propria degli organismi viventi a conservare le proprie
caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite
meccanismi di autoregolazione.
Il
modello dell’omeostasi sociale postula che dopo aver perseverato in numerosi
tentativi di impegnarsi in comportamenti pro-relazionali durante l’isolamento
acuto, alla fine risulti il passaggio da una strategia di coping attiva a una
passiva, portando ad un aggiustamento del setpoint omeostatico.
In
altre parole, i circuiti neurali che promuovono il comportamento relazionale
durante l’isolamento acuto sono gli stessi che promuovono il comportamento
anti-relazionale durante l’isolamento acuto consolidati dal convincimento di
rassegnazione il cui contenuto mnemonico si fonda sullo sforzo impiegato e sul
numero di tentativi relazionali rifiutati.
La
iniziale disposizione favorevolmente proattiva verso l’incontro e il contatto
affettivo-relazionale diviene disposizione interiorizzante e tutelativa dalle
relazioni.
La
mancanza di spirito di curiosità in relazione alla assenza di ricerca
relazionale e alla ridotta preferenza per le novità relazionali durante
l’isolamento può essere il risultato di meccanismi omeostatici orientati verso
il mantenimento del nuovo set-point relazionale che ora caratterizza il reale
evidente deficit relazionale. (Leti it be - rassegnativo)
La
persona abbandonata è persona abbandonica suscettibile ad essere causa di
abbandono.
I
ricercatori hanno scoperto che l’isolamento cronico porta ad un aumento
dell’espressione del gene Tac2 e alla produzione di NkB in tutto il cervello.
Le
implicazioni più gravi della solitudine.
L’isolamento
sociale e la solitudine aumentano il rischio di morte per infarto, cancro,
ictus, demenza, depressione, ideazione suicidaria.
L’isolamento
sociale e la solitudine sono associati a un aumento di circa il 30% del rischio
di infarto o ictus o morte, secondo una nuova dichiarazione scientifica
dell’American Heart Association.
L’evidenza
è più consistente in nome di un legame tra isolamento sociale, solitudine e
morte per malattie cardiache e ictus, con un aumento del 29% del rischio di
infarto e/o morte per malattie cardiache e un aumento del 32% del rischio di
ictus e morte per ictus. L’isolamento sociale e la solitudine sono anche
associati a una prognosi peggiore nelle persone che hanno già una malattia
coronarica o un ictus.
Coloro
che sono socialmente isolati, cioè solitari che soffrono di una mortalità più
elevata rispetto alle persone che non lo sono.
L’isolamento
sociale e la solitudine sono anche associati a comportamenti che hanno un
impatto negativo sulla salute cardiovascolare e cerebrale, come livelli più
bassi di attività fisica dichiarata, meno assunzione di frutta e verdura e più
tempo sedentario. Diversi studi di grandi dimensioni hanno trovato associazioni
significative tra la solitudine e una maggiore probabilità di fumare.
Questa
realtà argomentativa concilia la solitudine con la sua negatività di essere
causa di non relazionalità in associazione con la sua qualità di “Freezing”,
ovvero di congelamento, di paralizzabilità intenzionale pluricontestuale.
Abbiamo
scoperto che i cambiamenti nell’espressione genica delle cellule immunitarie
erano specificamente collegati all’esperienza soggettiva della iniziativa di
distanza sociale, di elusione sociale.
Gli
adulti socialmente isolati con tre o meno contatti sociali al mese possono
avere un rischio aumentato del 40% di ictus o infarto ricorrente.
L’isolamento
e la solitudine sono associati ai marcatori infiammatori elevati: Gli individui
meno connessi socialmente hanno maggiori probabilità di sperimentare sintomi
fisiologici di stress cronico.
Nella
valutazione dei fattori di rischio per l’isolamento sociale, la relazione tra
isolamento sociale e i suoi fattori di rischio va in entrambe le direzioni: La
depressione può portare all’isolamento sociale e l’isolamento sociale può
aumentare la probabilità di sperimentare la depressione.
L’isolamento
sociale durante l’infanzia è associato ad un aumento dei fattori di rischio
cardiovascolare in età adulta, come l’obesità, (La tesi secondo cui la
solitudine sia uno stato che motiva a cercare l’interazione sociale, proprio
come la fame spinge a cercare il cibo.)
L’ipertensione o ( ipotensione arteriosa nei
casi più gravi di freezing attitudinale ) e l’aumento dei livelli di glucosio
nel sangue.
L’espressione
genica dei leucociti (globuli bianchi) sembra essere rimodellata in individui
soli.
I
geni sovraespressi in individui solitari includono molti coinvolgimenti
nell’attivazione e nell’infiammazione del sistema immunitario.
LA
SOLITDINE INCATTIVISCE
La
solitudine è la causa dei comportamenti disadattivi e maladattivi.
La
solitudine coopta la paura e infervora circuiti di aggressione.
I
periodi della solitudine
La
precarietà di connessioni relazionali implica la percezione di insoddisfazione,
la percezione di mancanza che implica lo stress di una volontà intenzionale
pulsionale non accontentata: L’insoddisfazione e il mal-contento implicano il
paradosso della coesistenza tra repulsione relazionale e pulsione relazionale,
poiché la cura è la medesima realtà che duole.
Un
giorno
24
ore di isolamento è sufficiente per alterare i circuiti cerebrali che regolano
il sonno-veglia.
Due
settimane
Due
settimane di isolamento sociale producono un robusto fenotipo comportamentale
di paura persistente e un ingente aumento dell’aggressività. La solitudine del
periodo di due settimane ha implicazioni di incremento di Tac2 mRNA e della
proteina NkB nel nucleo centrale dell’amigdala, una regione coinvolta nella
gestione dell’ansia e della paura. Si riconosce un analogo incremento provocato
dalla solitudine nei neuroni all’interno dell’ipotalamo dorsomediale (DMH).
La
TAC2 ha relazione sia con la realtà della paura innata, sia con la realtà della
paura appresa.
Sussiste
una relazione biunivoca tra solitudine e incremento neurobiologico degli agenti
cortocircuitanti la psiche – In quanto chimicamente gli agenti cortocircuitanti
il benessere psicologico implicano reazioni attitudinali atti a replicare lo
status della solitudine che nuovamente incrementa gli agenti cortocircuitanti …
L’isolamento
sociale prolungato porta a un’ampia gamma di cambiamenti comportamentali.
Questi includono una maggiore aggressività nei casi di non familiarità, ovvero
verso persone sconosciute o non familiari.
La
tachichinina TAC2 ha relazione con la aggressività.
Definizione
La
tachichinina è un neuropeptide, una breve molecola proteica che viene
rilasciata da alcuni neuroni quando vengono attivati. I neuropeptidi si legano
a recettori specifici su altri neuroni, alterando le loro proprietà
fisiologiche e influenzando così la funzione del circuito neurale.
La
Tac2 codifica un neuropeptide chiamato neurochinina B (NkB). Tac2/NkB è
prodotto dai neuroni in regioni specifiche del cervello come l’amigdala e
l’ipotalamo, che sono coinvolte nel comportamento emotivo e sociale.
Tac2
agisce a livello globale attraverso il cervello cortocircuitando diverse
risposte comportamentali.
Tac1
e Tac2. Tac1 codifica la sostanza peptidica P (SP), così come la neurochinina A
(NkA); Tac2 codifica per la neurochinina B (NkB).
Tac1
e Tac2 sono espressi in una varietà di regioni cerebrali implicate nelle
emozioni e nel comportamento sociale.
Il
SIS (Isolamento sociale cronico) ha causato un aumento elevato (~ 3-8 volte) e
significativo dei livelli di mRNA di Tac2 nel nucleo del letto dorsale
anteriore della stria terminalis (dBNSTa), nel nucleo centrale dell’amigdala
(CeA), nell’ipotalamo dorsomediale (DMH), così come nella corteccia e nello
striato con tendenze ad un aumento di ACC e dHPC.
È
stata dimostrata l’influenza globale della Tac2 mediante il metodo multiplexed
approach – mediante il paragone delle medesime perturbazioni neurali in diverse
aree neurali. Questo approccio ha rivelato una modalità di azione distribuita
in cui la sovraregolazione di Tac2 da parte dello stress regolava diversi
effetti comportamentali del SIS in diverse aree. Un tale meccanismo distribuito
ricorda quello svolto dal Pigment-Dispersing Factor (PDF) nel controllo dei
circuiti circadiani nella Drosophila.
LA
SOLITUDINE PARALIZZA.
Quando
incontriamo uno stimolo minaccioso, i topi che sono stati socialmente isolati
rimangono congelati sul posto molto tempo dopo che la minaccia è passata,
mentre i topi normali smettono di congelarsi subito dopo che la minaccia è
stata rimossa.
Lo
stress da immobilizzazione implica il consolidamento di un ricordo di paura.
LA
NON INTENZIONALITA’ DELLA DISCORDIA RELAZIONALE
L’IMPUT
RELAZIONALE E L’OUTPUT RELAZIONALE.
Definiamo
imput relazionale la relazionalità indotta, semplifichiamo con il concetto (Le
persone ti cercano, cercano l’incontro con te, organizzano l’incontro con te,
progettano l’incontro con te) – L’imput relazionale è catartico per una persona
in status di solitudine globale e di freezing relazionale, in quanto non è in
possibilità di realizzare l’output relazionale, il fatto di essere in status di
freezing implica delega di responsabilità relazionale, lo stato di freezing da
solitudine può appartenere sia alle donne sia agli uomini. – Definiamo l’output
relazionale come relazionalità dedicata, semplifichiamo con il concetto
(cercare le persone, cercare l’incontro con le persone, organizzare l’incontro
con le persone, progettare l’incontro con le persone. ).
Lo
status di freezing, in relazione con lo stato di paura, di ansia, e di
aggressività sono tra le cause del rifiuto relazionale.
Il
rifiuto relazionale implica un implemento di tutte quattro queste delicate
dinamiche della solitudine in relazione a dimostrato ferimento psico-fisico.
LA
SOLITUDINE HA IMPLICAZIONI CORROSIVE SUL SISTEMA MNEMONICO
Duole
ricordare – Si instaura una relazione metacognitiva tra la facoltà del
ricordare ed il contenuto negativo del ricordo colmo di dissociazioni non
relazionali – Si instaura la non volontà di ricordare che implica
l’impoverimento mnemonico poiché la statica della solitudine consistendo nel
contenuto mnemonico intacca la facoltà della memoria sia alla superficie (La
qualità del contenuto) sia strutturalmente cortocircuitando la facoltà
cognitiva della memoria. La fattibilità corrosiva della solitudine è di tipo
costitutivo e di tipo procedurale –
La
fattibilità corrosiva della solitudine è di tipo procedurale poiché incide
sulle procedure di acquisizione quotidiana dei ricordi realizzando una povertà
mnemonica in quanto fattualmente realizza una aura abitudinaria relazionalmente
non variopinta, monotona, ovvero dell’unico colore della univocità monologica
del solitario che si relazione a sé stesso, la quotidianità del solitario
sarebbe quindi impoverita dalla assenza della variabilità colorata
plurirelazionale – e pertanto anche il contenuto dei ricordi del solitario
risulterebbe povero, lacunoso dei legami relazionali.
La
fattibilità corrosiva della solitudine è di tipo costitutivo poiché è
costitutiva della costituzione del connubio dei ricordi passati agendo da
corrosivo in relazione ad una connessione mentale tipica dei solitari – Il
duole ricordare i ricordi legati alla mancanza di relazioni. Se il ricordare
ferisce viene compromessa la intenzionalità mentale consapevole.
LA
SOLITUDINE IMPAURISCE
Gli
studi su Tac2/NkB nell’amigdala centrale hanno implicato il peptide nel
consolidamento della memoria della paura riconoscendo il ruolo della solitudine
nel meccanismo di assimilazione e di espressione della paura.
Paura
persistente e ipersensibilità agli stimoli minacciosi.
La
paura si caratterizza come causa della aggressività, il medium tra paura e
aggressività è il mindset insano poiché in misura qualitativa di
radicalizzazione della self-safeguard – della auto-tutela che implica il
blindarsi da qualunque connessione relazionale con la realtà esterna poiché
percepita omnipresentemente ed omnicontestualmente potenzialmente lesiva.
Lo
stress da solitudine aumenta la paura e l’aggressività orchestrando e
agevolando il miglioramento della intercomunicazione neuronale di Tac2 che
agisce specificamente pluriregionalmente nel sistema neuronale, implicando
altresì disfunzioni cardiovascolari.
LA
SOLITUDINE IMPLICA STRESS
La
nostra sintesi dei risultati pubblicati mostra una struttura anormale in
relazione alla realtà della solitudine (grigio volume della materia o integrità
della materia bianca) e/o attività di risposta piacevoli a immagini di
situazioni sociali relazionali e attività di risposta stressful a immagini di
situazioni non sociali e non relazionali, nella corteccia prefrontale (in
particolare mediale e dorsolaterale), amigdala, ippocampo e corteccia temporale
posteriore superiore. Gli studi fMRI hanno riportato collegamenti tra
solitudine e attivazione differenziale di reti attenzionali, reti visive e reti
in modalità predefinita. La solitudine era anche correlato a marcatori
biologici associati alla malattia di Alzheimer (ad esempio, carico di
amiloide).
Abbiamo
trovato una notevole sovrapposizione nelle regioni coinvolte nella solitudine e
nella compassione.
Il
neuropeptide Tac2 controlla uno stato cerebrale distribuito indotto dallo
stress da isolamento sociale cronico.
LA
SOLITUDINE IMPLICA FALSIFICAZIONI PERCETTIVE
La
negativizzazione percettiva
Le
negatività attitudinali risultano maggiormente rilevanti rispetto alle
attitudini positive che caratterizziamo nella qualità valoriale valutativa di
normalità indegna di considerazione.
La
solitudine implica falsificazioni percettive in atto di valutazione
maggiorativa valoriale delle qualità attitudinali negative rispetto alle
qualità attitudinali positive – In più si riconosce una iper-percezione delle
sfumature negative nelle qualità positive.
In
atto la percezione di minacciosità generalizzata, altresì ove non sussiste
alcuna reale aprioristica evidenza.
IL
SISTEMA DI ANTICIPAZIONE GNOSEOLOGICA E IL SISTEMA PROCEDURALE DI
PREVISIONALITA’ – LA MENTAIZZAZIONE
Il
cervello forma rappresentazioni costruite a partire da precedenti esperienze
mentre utilizza contemporaneamente informazioni sensoriali raccolte durante le
esperienze attuali per anticipare, prevedere una attitudine. Integrazione tra
passato e presenti esperienze.
La
solitudine può essere descritta come l’annichilimento dei questi processi
mentalizzanti e predittivi.
La
solitudine negativizza questi processi:
La
solitudine è caratterizzata da una forte previsione che i tentativi di
connessione sociale finiranno male, l’individuo anticipa questa risposta
indipendentemente dalle informazioni sensoriali attualmente raccolte che
potrebbero suggerire un risultato diverso. Inoltre, la corteccia insulare può
giocare un ruolo chiave in questo processo a causa della sua integrazione di
esterocezione (percezione di stimoli sensoriali esterni) e interocezione
(percezione del corpo interno). La corteccia insulare contiene “neuroni di
previsione” pronti per rispondere a un risultato atteso.
Questi
neuroni inviano le loro previsioni sotto forma di segnali chimici che alterano
la velocità di attivazione di informazioni sensoriali provenienti dal talamo e
dalle regioni motorie del cervello e del corpo. Il segnale sensoriale ricevuto
viene confrontato con il segnale di predizione e può venire generato un “errore
di predizione”. Se accade i percettori psicomotori cambiano la loro attivazione
per accogliere le nuove informazioni sensoriali.
La
neurobiologia è consonante con la etica mentalistica che adduce il
ripensamento, la coevoluzione, la riqualificazione come valori fondanti la
flessibilità resiliente attitudinale.
Il
funzionamento appropriato della corteccia insulare può essere cruciale per
generare previsioni sull’ambiente sociale.
Negli
individui cronicamente soli questo sistema può risultare cortocircuitato e si
può riflettere un’incapacità di regolare il risultato previsto in base alla
originalità degli stimoli sensoriali percepiti, la consegna di questi segnali
alla corteccia insulare potrebbe essere interrotta o indebolita.
I
NEURONI DI PRECISIONE
Alcuni
neuroni (chiamati “neuroni di precisione”) nella corteccia insulare sono anche
responsabili della valutazione qualitativa valoriale delle realtà percepite –
Pertanto
si realizza una gerarchia valoriale non arbitraria, non innata, bensì
neurobiologicamente conscia delle realtà percepite amplificando così alcuni
segnali e riducendone altri nel tentativo di dare un senso alla
contributo
complessivo. Questi neuroni di precisione, in particolare, potrebbero essere
alterati durante la condizione di solitudine, influenzando così segnali che
corrispondono alla previsione (ad esempio, ipervigilanza per minaccia sociale)
e non incorporando altri che aggiornerebbero una previsione maggiormente
fiduciosa verso il miglioramento, l’augurio relazionale.
Il
rifiuto e l’esclusione sociale sono associati a una ridotta accuratezza
interocettiva, che potrebbe essere spiegata da un’alterata funzionalità della
corteccia insulare. L’agente neurochimico che nell’insula potrebbe alterare il
corretto funzionamento è l’ossitocina (OT). OT è necessario per riconoscere la
qualità di intimità affettiva della relazione. Allora un’eccessiva attenzione
allo stato intimo-affettivo di una relazione in cui intimità ed affettività
sono carenti o assenti portano a una ridotta interazione di questa persona
verso questa relazione. Insieme, queste informazioni suggeriscono
l’iperattività delle reti attenzionali, tuttavia la paura del rifiuto possono
impedire che tali informazioni vengano elaborate e trasformate nell’output
comportamentale desiderato (ad esempio, il contatto relazionale, dialogico,
affettivo).
Il
cervello di individui soli suggerisce una elettro-reattività ridotta al
positivo degli stimoli relazionali, ed una maggiore elettro-reattività a
stimoli relazionali negativi, e una ridotta capacità della rete di salienza di
oltrepassare il limbico iperattività/ipervigilanza ed elevata vigilanza/attenzione.
IL
FENOTIPO ATTITUDINALE DELLA SOLITUDINE
Apprendimento
frammentario confusionario spaziale e mnemonico insieme ad una compromessa
nuova
discriminazione dell’oggetto osservato, un incremento del valore percepito
della qualità della minaccia della realtà osservata, reattività di tipo
avversivo o di tipo freezing, evitamento di nuove esperienze/stimoli.
LA
RASSEGNAZIONE REAZIONALE E LE LENTI RELAZIONALI
Poiché
la solitudine è caratterizzata dal percepito stato di isolamento, non sorprende
che le persone sole abbiano percezioni più negative delle interazioni
interpersonali quotidiane.
Questa
tendenza a visualizzare le interazioni sociali attraverso una lente negativa
può essere guidata da precedenti esperienze negative con le relazioni sociali.
Ad esempio, relazioni di scarsa qualità o conflittuali
sono
fattori di rischio predittivi di sentimenti di solitudine e isolamento. Come di
conseguenza, la solitudine è anche correlata a maggiori aspettative di
miglioramento o ideale relazionale, e motivazione ad evitare le relazioni che
non rispettano l’ideale interiore, con esiti sociali generalmente negativi ed
una rinnovata demoralizzazione e/o rassegnazione coincidenti con più deboli aspettative
di risultati sociali positivi.
A
causa di questa paura del rifiuto sociale, della solitudine è anche associato a
una maggiore ipervigilanza alle minacce sociali e, quindi, è più probabile che
gli individui soli siano meno fiduciose e più ostili.
Nonostante
la tendenza a anticipare il rifiuto sociale che nel presente non sussisterebbe,
gli individui solitari desiderano ancora la interazione, pertanto possono
comportarsi in modo da promuovere la connessione sociale dimostrando una
maggiore sensibilità verso le informazioni sociali rispetto alle persone con un
elevato benessere relazionale.
Tuttavia,
questa accresciuta sensibilità durante le interazioni sociali in memoria
esperienziale della probabile fallimentarità relazionale può alla fine innescare
l’aspettativa paurosa di esiti relazionali negativi.
Questa
mentalità condurrebbe alla riduzione dell’adempimento ed all’impegno
relazionali ed alla sottovalutazione del
riconoscimento di attitudini di ricompensa, dell’affetto positivo a seguito di interazioni
sociali positive.
La
solitudine può aumentare la sensibilità alla disconnessione sociale.
Lo
striato ventrale correlato alla ricompensa ha mostrato una ridotta attivazione
in risposta alla visualizzazione risultante dalla percezione di una persona
sola di immagini di persone sconosciute rispetto alla percettività nei
confronti di immagini di sconosciuti degli individui non soli. Pertanto le
persone relazionate sono persone maggiormente abituate e rivolte a relazionarsi
rispetto alle persone sole.
Le
persone sole presentano una maggiore attività nello striato ventrale durante la
visualizzazione di immagini di persone familiari rispetto a estranei. A causa
dell’aumento delle aspettative negative e della percezione risonante dell’ansia
dei risultati sociali, gli individui solitari hanno un pregiudizio contro nuovi
incontri sociali ma verso le interazioni con le persone che conoscono
rispondono positivamente ai loro tentativi legame sociale. Questa realtà
testimonia che la solitudine cortocircuita la creatività relazionale in qualità
di innovazione relazionale – Il relational-change è gravemente limitato alla
assenza di relazione o alla relazione con un numero estremamente povero di
relazioni, dell’ordine della unità, raramente della decina. Il relational-change
dovrebbe avvalersi della facoltà della implementazione latente relazionale
costituendo la latenza della proprietà di “In itinere relazionale, il
conoscersi diveniente” in una molteplicità dell’ordine delle centinaia di
relazioni.
La
sconosciutezza in una visione sana di relazionalità proattiva diveniente
dovrebbe costituirsi come ambiente esplorativo che desta la nostra curiosità
tensionale verso la conquista relazionale, non dovrebbe essere percepita come
un luogo proibito o proibitivo.
LA
SOLITUDINE IMPLICA OUTWARD BLAME
Lo
striato ventrale, che include il nucleo accumbens, costituisce un ruolo
centrale nell’implemento della facoltà della ricompensa.
Il
risentimento e la colpevolizzazione esteriore.
Sentimenti
avversivi e rivendicativi che non giovano alla relazionalità.
Mirroring
attitudinale Replicativo-vendicativo che si fonda sulla delega di
responsabilità relazionale e sul giudizio esteriorizzante di gravosità
attitudinale del prossimo in relazione alla caducità e alla flebilità relazionale.
Nonostante
sussista la verità della biunivocità della responsabilità tra ambiente di
molteplicità di persone e persona.
L’ambiente
sociale-relazionale di una persona influisce sulla sua salute – è pertanto
doverosamente veritiera la realtà secondo cui la persona solitaria (L’olismo
che abbraccia la situazione solitaria) non sia la sola artefice responsabile
del suo stato non associato – dissociato. La dissociabilità è infatti la
implicazione di uno o di svariati “non accoglimenti esteriori” di associabilità
– La inconciliabilità e la non conciliazione non è solamente responsabilità del
non conciliato, bensì altresì di coloro che si dimostrano a lui/lei non
concilianti.
Il
perdono si fonda diversamente su una interiorizzazione delle responsabilità
relazionali.
La
elevatezza intellettiva è oltre la verità.
LA
SOLITUDINE INFLUISCE NEGATIVAMENTE SULLE FACOLTA’ ESTROSPETTIVE EMPATIA E
MENTALIZZAZIONE/MIRRORING RELAZIONALE CREATIVO. I NEURONI SPECCHIO.
La
solitudine implica introspezione tuttavia può influire negativamente sulle
facoltà estrospettive – sono cortocircuitati le facoltà empatiche del
cosentimento, della comprensione sentimentale, della empatia. Le nostre recenti
indagini hanno trovato un forte e coerente correlazione inversa tra i tratti
della personalità della solitudine e della saggezza, in particolare la
componente empatia/compassione della saggezza. In contrasto con la solitudine,
la saggezza è associata con una migliore salute mentale e fisica. Il
prefrontale la corteccia e lo striato limbico svolgono un ruolo importante
nella neurobiologia dell’empatia/compassione e della saggezza.
LA
SOLITUDINE INFLUISCE NEGATIVAMENTE SULLA MENTALIZZAZIONE/MIRRORING RELAZIONALE
CREATIVO.
IL
RITORNO RELAZIONALE E LA NOVITÀ RELAZIONALE SONO LA CARTINA TORNASOLE DELLA
NOSTRA SANITÀ RELAZIONALE.
La
influenzabilità alla solitudine, la misura di debilitazione
neuro-comportamentale che la solitudine induce in noi piò essere riconosciuta
nell’ esempio della qualità attitudinale nella fase del ritorno relazionale. Se
ad esempio assolutamente non intendiamo o non vogliamo che si realizzi il
ritorno relazionale, questo mindset è un mindset radicale avente correlazione
con lo sbilanciamento di inesorabilità severa –
(Una manifestazione del non cambiamento è
sintomo di freezing) allora molto probabilmente i sintomi negativo della
solitudine hanno corrotto il nostro sistema di chiaroveggenza relazionale.
Il
secondo caso è peggiorativo rispetto al primo – ovvero saremmo disponibili al
ritorno relazionale, tuttavia adottando il sistema attitudinale mirroring
replicativo negativo della rivendicazione – ci ripresenteremmo in qualità
attitudinali ansiose, aggressive, estrospettive, deleganti – questo secondo
esempio
Palesa
che la solitudine ci ha vinto, che i sintomi della solitudine in noi si sono
cronicizzati rendendoci la marionetta della solitudine.
Il
terzo esempio al contrario testimonia la nostra salute e sanità relazionale –
Pertanto accoglieremmo il nuovo incontro in seguito ad un periodo di solitudine testimoniando i valori del perdono e mai
della rivendicazione creando nella situazione relazionale uno spirito di
mindfulness. Questi tre esempi sono ulteriormente scindibili nei casi di
familiarità e di sconosciutezza.
Dunque
se i tre casi già esposti sono in relazione al nuovo incontro con persone
familiari.
Argomentiamo
i casi di non familiarità. La novità relazionale.
Se
non vogliamo assolutamente il nuovo incontro con le persone sconosciute –
Questo mindset può essere sintomo chiaro delle valenze di ansia e di freezing
da solitudine con una relativa paralisi motivazionale. Una mentalità sana
salvaguarderebbe la possibilità di incontro con la persona sconosciuta come una
occasione di novità relazionale, una opportunità di allenamento dello spirito di
ricerca, di curiosità e di motivazione.
Il
secondo caso diversamente argomenta della sussistenza del SIS – la solitudine
della persona risulterebbe cronicizzata in quanto causa prima di attitudini
maleducate verso coloro che non conosciamo. La chiaroveggenza sui sintomi della
solitudine in noi sono riconoscibili nei nostri pensieri anticipanti –
aprioristici che promuovono le devianze attitudinali iperdifensive-aggressive,
paralizzanti.
Il
terzo esempio manifesta la nostra sanità relazionale in quanto accogliamo
proattivamente e in maniera creativa l’incontro con le persone sconosciute,
adottando output relazionali e riconoscendo che il nostro buon spirito
relazionale sia causa di un implemento della nostra facoltà ricompensiva in
relazione al mirroring reale del riconoscimento che le relazioni con le persone
sconosciute sono state benefiche per noi ed hanno implicato una variazione
dello status originario dalla sconosciutezza alla conoscenza (Sia delle persone
sia dello spirito di appartenenza nella relazione).
LE
CURE CHIMICHE ALLO SBILANCIAMENTO CHE IMPLICA LA SOLITUDINE
Ossitocina
(OT) e vasopressina e neurotrasmettitori come la dopamina (DA) e endorfine,
sono criticamente coinvolte nella promozione di comportamenti di affiliazione e
di ricerca sociale.
LA
OSSITOCINA (O.T.)
OT
viene rilasciato dal PVN per facilitare adeguate risposte comportamentali in
relazione a imprevedibili minacce.
Un
aumento del rilascio di OT durante l’isolamento acuto può essere almeno in
parte responsabile dell’aumento del comportamento di ricerca sociale
finalizzato
al raggiungimento dell’omeostasi sociale. La esistenza di Ossitocina nella
corteccia insulare, una regione nota per essere meno attiva negli esseri umani
solitari, è necessaria altresì per riconoscere gli stimoli socio-affettivi.
LA
DOPAMINA (D.A.)
DA
è criticamente coinvolto nella capacità di ricevere, assegnare valenza e
rispondere in modo appropriato a una varietà di stimoli gratificanti e avversi.
I
neuroni DA nel nucleo del mesencefalo codifica l’esperienza di solitudine. È
stato dimostrato che l’attivazione di questi neuroni DA in un contesto
relazionale promuove l’interazione sociale.
I
neuroni DA DRN sono coinvolti nella percezione di stimoli salienti che
promuovono la vigilanza e il risveglio.
I
neuroni DA DRN, l’attività basale di questi neuroni nelle persone socialmente
isolate creano un’avversione esperienziale che provoca la ricerca di un
contatto sociale per migliorare il spiacevole stato di isolamento.
Se
l’isolamento diventasse più cronico e/o più doloroso, l’esperienza del contatto
sociale risulterebbe percepita più stressante a causa di una maggiore
ipervigilanza e di una eccessiva attenzione ai segnali sociali, e anche meno
gratificante. Tuttavia, ci sono prove che a lungo termine, le alterazioni
indotte dall’isolamento nella segnalazione DA possono essere invertite dal
riconoscimento di successo relazionale, suggerendo che questo passaggio da
inflessibilità comportamentale disadattativa a meccanismo di adattamento
relazionale può essere possibile.
Oppioidi
Gli
oppioidi endogeni sono costituiti da tre gruppi principali: endorfine,
encefaline e dinorfina.
Il
sistema degli oppioidi è strettamente collegato al sistema DArgico in quanto è
altamente coinvolto nel
Comportamento
motivazionale. Inoltre, il sistema degli oppioidi è un regolatore chiave della
percezione del dolore.
Il
dolore fisico è accompagnato dal rilascio di oppioidi endogeni che alleviano
la
risposta al dolore. Dal momento che il dolore è avversivo, è possibile che il
dispiacere di essere socialmente isolati potrebbe essere elaborato da regioni
cerebrali sensibili al dolore che includono il coinvolgimento di oppioidi
endogeni. Di fatto, “dolore emotivo” è un termine sempre più usato per
descrivere sentimenti di esclusione sociale negli esseri umani.
Il
coinvolgimento nell’intimità relazionale eleva la soglia del dolore.
La
abitudinarietà alla intimità affettivo-relazionale incide positivamente sulla
tempra dei meccanismi recettivi della segnalazione di ricompensa e di dolore.
Nella
dinamica della soddisfazione del bisogno relazionale dialogico affettivo. Il
sistema di ricompensa attiva i recettori degli oppioidi realizzando un imput
positivo che allieva o termina la necessità di cercare nuove esperienze
piacevoli attraverso i contatti relazionali. Allo stesso modo, il blocco di
questi recettori in seguito alla percezione attitudinale freezing provocata da
solitudine e assenza di ricompensa implica un output ricreativo di ricerca
relazionale, ovvero comportamenti atti a modificare lo status della solitudine,
l’impegno in un comportamento di affiliazione. La somministrazione di oppioidi
riduce il disagio provato dalla perdita relazionale dalla
separazione/isolamento.
TUTTAVIA
SI REALIZZA LA VERITA’ GEMELLA, OVVERO CHE LA AFFILIAZIONE RELAZIONALE
INCREMENTA IL RILASCIO DI OPPIOIDI ENDOGENI.
Se
blocchiamo i recettori degli oppioidi riduciamo i sentimenti di connessione
sociale, riduciamo le percezioni di calore emotivo e fisico, e riduciamo
l’attività nel striato ventrale.
Gli
esseri umani con stili di attaccamento più evitanti hanno una minore
sensibilità del recettore degli oppioidi, in particolare nel cingolo anteriore
e cortecce insulari, mentre è associata a un attaccamento sicuro una maggiore
disponibilità MOR.
Pertanto,
il sistema degli oppioidi può integrare la facoltà motivazionale e
sensibilizzare i circuiti relativi allo stress per valutare la minaccia, gli
stimoli sociali e lo stato motivazionale per avviare una risposta
comportamentale più benefica e sana. L’oppioide può modulare ulteriormente la
connessione tra stress e
affiliazione
sociale agendo direttamente sui sistemi OT e CRH.
OT,
DA, oppioidi e CRH. Questi quattro sistemi influenzano il comportamento indotto
dall’isolamento negli esseri umani.
Ad
esempio, OT è stato costantemente dimostrato che influisce sulla relazionalità
e sull’affetto attitudinale negli esseri umani, anche in individui soli o
esclusi DA e gli oppioidi sono anche noti per essere alla base delle esperienze
piacevoli del contatto sociale e altri aspetti gratificanti della connessione
sociale, le attività di connettività di
regioni cerebrali ricche di DA e oppioidi come lo striato ventrale, insula, e
la corteccia cingolata anteriore sono intermittenti nelle persone sole.
Infine,
la reattività dell’HPA (Amigdala e ippocampo) risulta interrotta nelle persone
sole.
OT
modula la attenzione su entrambe le valenze relazionali attitudinali
positive-negative.
Essere
in grado di modificare in modo preciso e locale un neuropeptide come Tac2 è un
approccio promettente ai trattamenti per la salute mentale.
OSANETANT
Nk3
L’osanetant
bloccando i segnali mediativi di Tac2/NkB riequilibria le variazioni
disfunzionali che Tac2 e Nkb hanno provocato, risolvendo gli eccessi di
aggressività e di impaurimento.
Nk3
implica la radicale riduzione di aggressività (implementata dal SIS). Nk3
attenua inoltre i sintomi di impaurimento e di freezing (Paralisi
emotivo-relazionale, insensibilità) provocati dalla solitudine. Nk3 attenua
inoltre la ipersensibilità e iperreattività scomposta e dissociata in risposta
ai traumi. Nk3 blocca le manifestazioni sintomatiche del SIS lasciando intatti
i meccanismi neurali non influenzati dal SIS.
PSICONEUROIMMUNOLOGIA
RELAZIONALE
La
limitatezza delle cure chimiche è che non inducono alcun miglioramento a
livello relazionale – Pertanto la persona curata da cure chimiche sarà
suscettibile e ipersensibile alla malattia della solitudine ed al reiterarsi
dei sintomi che le medicine chimiche intendono curare proprio perché resterebbe
nello status ambientale della solitudine.
LA
CURA DELLA RELAZIONE HA EFFETTI COERENTI CON LE CURE CHIMICHE.
LA
AFFILIAZIONE RELAZIONALE INCREMENTA IL RILASCIO DI OPPIOIDI ENDOGENI.
LA
RELAZIONE HA IMPLICAZIONI NEUROLOGICHE CURATIVE PIÙ PROFONDE E PERMANENTI RISPETTO
ALLE CURE CHIMICO-FARMACOLOGICHE POICHÈ LA RELAZIONALITÀ AGISCE UNA FUNZIONE
RIVOLUZIONARIA CATARTICA SULLE STRUTTURE RELAZIONALI AFFINCHÈ L’EQUILIBRIO
SOLITUDINE-RELAZIONE SIA RISTABILITO E PERTANTO NON VI SIANO LE RELATIVE
IMPLICAZIONI LESIVE DELLO SBILANCIAMENTO RADICALE SOLITUDINE-RELAZIONE VERSO IL
POLO DELLA SOLITUDINE.
NEUROBIOLOGIA
DELLA AFFETTIVITA’
L’interazione
sociale è guidata neurobiologicamente dall’attivazione dei circuiti di
ricompensa che coinvolgono il neurotrasmettitore DA sintetizzato dall’area
tegmentale ventrale del mesencefalo (VTA) e rilasciato nello striato ventrale
(cioè, nucleo accumbens, NAc) e regioni corticali di ordine superiore (cioè
corteccia prefrontale, PFC; corteccia insulare, IC; corteccia cingolata
anteriore, ACC).
La
vasopressina viene rilasciata durante il tocco fisico, il contatto sociale e
l’intimità, la vasopressina implica la percezione di gratificazione atta a
formare e mantenere le relazioni sociali mediante l’iniziativa di ricompensa.
NELLE
PERSONE SOLE LE REGIONI CELEBRALI CORRELATE CON LA PERCETTIVITA’ RICOMPENSIVA
RISULTANO MENO ATTIVATE.
Questi
recettori rispondono ad una carezza, ad un tocco e ad un abbraccio. Atti
affettivi che usiamo come mezzo di espressione e rafforzamento della intimità
delle nostre relazioni. Anche comportamenti non tattili come ridere, cantare,
danza, ed il racconto emozionale di storie può facilitare il rilascio di
oppioidi endogeni. Quindi, mostrare e ricevere l’affetto e l’intimità attivano
processi neurobiologici che premiano coloro che manifestano verso di noi queste
attitudini promuovendo la nostra manifestazione di tali comportamenti verso di
loro. Questa dinamica è la dinamica di mirroring creativo – Tuttavia ancor più
sano e relazionale è la creatività di gratuità che ha valore relazionale di
puro valore aggiunto.
Il
mirroring è una attitudine di spurio valore aggiunto poiché l’osservatore attua
iniiative attitutdinali qualitativamnete analoghe all’imput attitudinale che
osserva, pertanto il mirroring può essere altresì relazionalmente non creativo
istituendo la dinamica mirroring vendicativo come risposta attitudinale
negativa ad una percezione di attitudine negativa osservata.
La
gratuità innesta il valore della compensa – non della ri- compensa – pertanto
non si agirebbero attitudini benefiche perché ho subito attitudini benefiche,
bensì agisco relazionalmente proattivamente indipendentemente dalla qualità
attitudinale del prossimo verso di me.
Essere
in relazione con altre persone può anche implicare stress, difficoltà e
avversità.
Il
mindset di isolamento implica un comportamento iperprotettivo tutelativo
avversativo contro le conseguenze di difficoltà e avversità. Il mindset relazionale
implica accoglimento e accettazione delle avversità e spirito avventuroso di
curiosità verso le diverse molteplicità relazionali divenienti.
La
variabilità relazionale implica stati d’animo più positivi, migliore
regolazione dell’umore e minore disagio psicologico. Esperienze sociali
positive aiutano a plasmare e ad incrementare le nostre percezioni di sé, e
quindi avere un grande impatto su come consideriamo noi stessi, i nostri meriti
e la nostra capacità di superare il dolore o il fallimento. Al centro di questa
idea c’è l’autocompassione, che ha tre componenti principali: (1) gentilezza
verso se stessi; (2) comune umanità, o la visione di se stessi come parte di un
universo esperienziale relazionale più ampio; e (3) consapevolezza dei propri
pensieri e sentimenti.
Perché
la nostra autostima e visione di noi stessi dipende dai nostri sentimenti
percepiti di valore sociale e di inclusione,
le interazioni sociali positive incoraggiano una persona ad essere più
equilibrata e indulgente, una prospettiva che può facilitare un migliore
benessere emotivo.
IL
SELF-FORGIVING PERSPECTIVE
In
supporto a questa tesi, si riconosce che le persone con un alto supporto
sociale percepito hanno percezioni di sé più positive e meno negative e
credenze conciliative sulle opinioni degli altri su se stessi. Essi
dimostrerebbero ottimali abilità relazionali, conciliative, di mentalizzazione,
di cosentimento tipiche del caregiver.
Il
supporto sociale è anche positivamente associato alla consapevolezza,
auto-compassione e inner- feeling Questi tre fattori mediano significativamente
la relazione tra la relazionalità percepita e l’incremento
neurobiologico-psicologico della umanità relazionale, della resilienza e della
proattività relazionali, del cosentimento e del conforto emotivo.
IL
MECCANISMO DI TOLLERANZA
TO
BE OUR SELF-CARE-GIVER AND TO BE CARE- GIVER TO OTHER PEOPLE
La
relazionalità è la cura cognitiva, comportamentale e fisiologica.
Una
nostra facoltà di disponibilità di affrontare le difficoltà, è l’incremento della
nostra facoltà di essere care-giver. Miglioriamo la nostra positiva reattività
allo stress quando si sperimenta angoscia. Davvero, la relazionalità equilibra
il rilascio di cortisolo, equilibra la reattività cardiovascolare allo stress,
aumenta la tolleranza al dolore.
La
gestione della paura non è solamente un sistema autonomo, indipendente
dall’ambiente relazionale, bensì è altresì eteronomo – In verità l’ambiente
relazionale esteriore è il contenuto valutativo che la persona impaurita deve
affrontare e gestire – Un ambiente relazionalmente conciliativo, creatico e
affettivo implica un decremento della paura costituisce il decremento della
aggressività ed un incremento alla premura emotiva rivolta al riconoscimento ed
al cosentimento.
Diversamente
ipoteticamente un ambiente dispoticamente passivo o proattivamente aggressivo
implica i meccanismi di paura e di automatica autopercezione di
iper-self-defensive che possono implicare attitudini di freezing, di
aggressività, di isolamento.
La
disaffettività la assenza di sfioramento tattile implica eccesso di rilascio di
cortisolo.
ADDUCIAMO
CHE LA SOLITUDINE PUÒ IMPLICARE AGGRESSIVITÀ
Si
riconosce un implemento di aggressività verso le persone sconosciute-non
familiari – ed un maggiore spirito tutelativo di salvaguardia verso le persone
familiari.
NEUROBIOLOGIA
RELAZIONALE INFANTILE
Durante
l’infanzia, il cervello subisce un’ampia plasticità, inclusa la creazione e la
rottura delle connessioni attraverso la crescita dei dendritici, sinaptogenesi
e mielinizzazione per rafforzare le connessioni esistenti.
SUSSISTONO
MANIFESTAZIONI DI FLESSIBILITÀ NEURALE ANALOGHE ALLA ETÀ INFANTILE NELLE ETÀ
ADULTE.
In
relazione con la teoria dell’attaccamento sicuro l’ambiente, che consiste
principalmente di caregiver e della famiglia, può avere un impatto drastico
sullo sviluppo del comportamento sociale precoce e sulla dinamica
relazionale-solitaria nel corso della vita.
La
quantità e la qualità delle cure materne influenzano il comportamento materno
adulto e le interazioni tra pari.
Inoltre,
quando il comportamento dei genitori è stabile e prevedibile, i neonati si
sviluppano in modo ottimale.
Come
estensione, la diade genitore-bambino aiuta i bambini apprendere il repertorio
comportamentale della socialità, inclusi legami, cooperazione e competizione
per promuovere un quadro a lungo termine per l’affiliazione sociale.
L’insensibilità
relazionale predice anche una instabilità del sistema nervoso nei bambini -
adulti che si riconosce nella insensibilità con il loro partner, indicando che
l’ambiente sociale dell’infanzia può avere impatti duraturi sul futuro
comportamento sociale. Il sociale
Anche
la mancanza di relazioni tra pari di alta qualità è una delle cause le prime
fonti di solitudine, soprattutto quando i bambini passano dalla formazione di
relazioni basate sulla vicinanza alla possibilità di non mantenimento di
queste, la perdita relazionale. L’osservazione presente di relazioni che hanno
qualità meno positive. Formare amicizie di alta qualità con i coetanei può
essere positivo tuttavia, le amicizie con qualità negative, come il dominio e
la rivalità, possono avere un impatto negativo.
L’adolescenza
è caratterizzata da un ulteriore cambiamento: Dare la priorità alla qualità
all’interno delle relazioni sociali, al desiderio di essere apprezzato
all’intero gruppo di pari e a una nuova attenzione all’intimità all’interno
delle relazioni sociali.
Mancanza
di amicizia, la bassa qualità dell’amicizia e il rifiuto dei pari sono tutti
predittori della solitudine nell’adolescenza.
È
interessante notare che la stabilità della solitudine attraverso l’infanzia e
l’adolescenza è variabile, con alcuni individui i cui livelli di solitudine
rimangono alti dai 7 ai 17 anni, alcuni incrementano la solitudine nel tempo,
altri decrementano la loro solitudine nel tempo, alcuni mantengono livelli di
solitudine bassi e stabili.
La
delusione romantica relazionale.
La
monogamia è una traiettoria verso la solitudine in quanto adduce alle strutture
relazionali universali di una persona il sistema della scelta selettiva che
assume il rifiuto relazionale, ovvero la perdita di molteplicità relazionali,
il sacrificio della molteplicità relazionale in valore di una unicità
relazionale proiettiva futura, che potrebbe non realizzarsi, che potrebbe non
sussistere della qualità della resilienza relazionale.
Il
valore della fiducia relazionale.
LA
PERDITA RELAZIONALE
LA
PERDITA RELAZIONALE E’ UN COSTRUTTO SOCIALE CONFUTABILE
Se
la perdita relazionale non consiste nella perdita della vita delle persone
compartecipanti alla relazione la perdita relazionale non esiste. Nella
indicazione sotesa che il legame relazionale è sempre esistente fino al momento
di fine vitale di una delle persone compartecipanti alla relazione. Ciò che
possiamo assimilare alla idea confutabile della fine relazionale è una o più
variazioni della relazione considerata in relazione di paragone con le nostre
idealità di relazione – Pertanto se la relazione non avesse, superficialmente o
profondamente, le qualità ideali che vi adduciamo – decadiamo la resilienza
relazionale e vi proiettiamo la idea illusoria di fine relazionale adottando
verso noi stessi e verso il prossimo attitudini non conciliative atte a
mantenere lo statu s di lontananza relazionale – Tuttavia ricordiamo che
nonostante le nostre attitudini dirimenti la percezione subconscia della
esistenza relazionale permane onnipresente – Allora le qualità relazionali (La
nostalgia, la memoria, la progettualità) permangono in noi coesistenti con le
idee dirimenti atte a promuovere la solitudine invece che la relazionalità.
Adottando una semplice variazione percettiva-attitudinale riconosceremmo che il
nostro pregiudizio di fine relazionale è in larga misura una nostra
idealizzazione non coincidente con la realtà – Questa variabilità prospettica
sarebbe promotrice della nostra volontà di agire verso coloro con i quali
viviamo lontananza relazionale attitudini relazionali poiché ad esempio
impariamo ad attribuire maggior valore alla nostalgia rispetto alla
rivendicatività – e pertanto agendo nostalgicamente il focus intenzionale è già
estroversivo conciliativo di incontro irenico con la persona che percepimmo
nella qualità di lontananza relazionale- La idea di rivendicatività è un focus
non intenzionale passivo introversivo che ci blinda dall’ambiente relazionale
realizzando in noi le avversità di cui questo scritto ha argomentato.
Il
dono del tempo relazionale.
A
differenza della solitudine – la perdita relazionale ha un valore aggiunto di
sofferenza che consiste nella dissonanza cognitiva indotta tra la realtà
esteriore e la nostra reale memoria relazionale. Se nella normale dinamica
solitaria esiste la solitudine relazionata con una privazione nei confronti di
una realtà presente e di cui presentemente non abbiamo proprietà e di cui non
abbiamo conoscibilità, bensì sogno conoscitivo – “La solitudine da” nel caso
della perdita ha duplice valore – ovvero la mancanza presente della realtà di
cui si sente bisogno e la mancanza associata alla perdita delle qualità
conoscitive benefiche di cui non possiamo presentemente giovare. Ora, se la
fine di vita è unica testimone veritiera della perdita non esiste perdita
relazionale se siamo in vita – significa che la vita è relazione ed in
particolare che la nostra vita è la nostra relazione.
NEUROBIOLOGIA
DELLA PERDITA RELAZIONALE
I
meccanismi coinvolti nel comportamento e la risposta fisiologica alla perdita.
Esaminiamo
come il cervello si adatta alla perdita e supera le conseguenze negative della
perdita per consentire a un individuo di formare di nuovo nuove relazioni –
Esaminiamo
la neuro-resilienza al dolore conseguente alla perdita relazionale – (Il lutto)
Simile
all’isolamento sociale, la perdita sociale è angosciante e porta ad un aumento
di stress, ansia e sentimenti di solitudine. Tuttavia, una differenza
fondamentale nel caso del lutto è che l’aumento della connessione relazionale
arduamente converte i sentimenti di solitudine e isolamento.
A
sostegno di questa tesi, le donne sposate con un livello povero di interazioni
sociali dichiarano di sentirsi più sole rispetto alle donne ricche di
interazioni sociali che dichiarano di non vivere sentimenti di solitudine.
Mentre
le donne vedove riferiscono un elevato livello emotivo connesso a sentimenti di
solitudine indipendentemente dal loro percepito sostegno sociale-relazionale.
Il
lutto e l’isolamento sociale sono analogamente caratterizzati da alterazioni
dell’attività cerebrale nelle stesse regioni cerebrali, come ad esempio
l’insula e la corteccia cingolata anteriore.
La
percezione familiare innesca una maggiore percettività neurologica rispetto
alla percezione nuova.
Gli
individui che visualizzano le immagini di una realtà familiare mostrano una
maggiore attivazione dell’insula rispetto a quando visualizzano le immagini di
uno sconosciuto. Questi risultati suggeriscono che l’insula può essere più
sensibile alla familiarità rispetto alla novità.
L’elaborazione
emotiva e empatica si desta nella familiarità e nella dinamica del desiderio
relazionale, ovvero nei casi di visualizzazione di immagini di qualcuno
familiare e di qualcuno con cui si desidera ardentemente l’interazione sociale.
Il
mindwandering ostacola il focus percettivo attenzionale e la cosciente
interrelazione dialogico-relazionale.
GLI
AVOIDING REMINDERS
Si
riconosce che l’evitamento della gestione emotiva del lutto è una forma di
coping disadattivo implicante freezing attitudinale non catartico per la salute
della persona e per la sua nuova creatività relazionale,
Eludere
il dolore ripristina il dolore e si ripresenta a noi nella forma di
percettività della novità, una ferita trascurata, non curata, che duole non
nella forma familiare del medesimo ricordo seppur precedentemente doloroso ora
processato, gestito, plasmato, ricodificato. Custodiamo il tempo necessario per
guarire dalla perdita. La perdita implica post-traumatic stress disorder.
La
decostruzione della complessità del dolore- nella qualità di post-traumatic
stress disorder
Decostruzione
del dolore in investimento di tempo curativo.
Che
il tempo necessario alla gestione del ricordo lesivo sia un avvicendarsi di
giudizio critico costruttivo, di self-reflessive mentalizzazione, di
spensieratezza, di self-feeling del ferimento.
La
vulnerabilità è la tempra e resilienza al ferimento conseguenti dalla complessa
consapevolezza che si può assimilare solamente gestendo la complessità del
ferimento – e non dall’evitamento del ricordo lesivo – poiché potremmo vivere,
incontrare, esperienze allusive, risonanti, coerenti con il nostro ricordo
dolente, se avremo affrontato e familiarizzato con il ricordo dolente questa
reminiscenza non ci recherà danno, diversamente una possibile percezione reale
potrebbe ricondurci al ricordo dolente irrisolto e dovrà essere in quella
possibile situazione reale, probabilmente già in essa stessa complicata, che
dovremo affrontare sia la realtà percepita sia il ricordo dolente irrisolto che
quella realtà ci richiamerà.
L’ottica
che dovremmo assimilare è che il tempo è opportunità, e la procrastinazione
della cura è la perdita di una opportunità curativa che arduamente può
ritornare nelle analoghe peculiarità introspettive ed estrospettive ontologiche,
vi saranno nuove possibilità curative tuttavia abbracciate da un’aura di
complessità dissimili rispetto alla prima possibilità curativa trascurata.
BOND-RELATED
NEUROCHEMISTRY
OT
e DA sono relazionate alle dinamiche relazionali duali-biunivoche, vis a vis.
Sussiste
una diretta influenza dell’OT sul comportamento di coping passivo dello stress.
I
legami di coppia nonostante siano i più catartici poiché sono più suscettibili
alla riconoscenza sono più suscettibili all’ansia della perdita e alla ipersensibilità
al dolore dopo la possibile perdita, proprio perché ci donano maggiore
gratificazione relazionale.
Questo
suggerisce che formare un legame forte e di alta qualità con un altro individuo
porta a più angoscia quando quella relazione è persa e conferma i risultati
negli che suggeriscono che la qualità della relazione
e
il tipo relazionale influenzano le implicazioni percettive del lutto altresì
influenzate dalla qualità essenziale ontologica e attitudinale della persona
compartecipante alla relazione.
Fisiologicamente,
a breve termine la separazione provoca un aumento delle concentrazioni
plasmatiche di cortisolo, mentre la separazione a lungo termine non mostra un
aumento di cortisolo tuttavia implica concentrazioni plasmatiche di OT più
elevate.
Concentrazioni
elevate di OT possono essere necessarie per la conservazione della motivazione
sociale per l’interazione con il partner durante la separazione.
Il
mindset per-donativo implica l’eco relazionale. Ad esempio le persone che
perdono il/la loro partner continueranno a mostrare una preferenza per Il/la
loro partner fino a 2 settimane dopo la perdita.
Tuttavia,
entro 4 settimane dalla perdita, questa preferenza del partner non è più valida
e queste persone sono in grado di formare nuove associazioni preferenziali
relazionali.
A
sostegno della teoria secondo cui il cervello si adatta nel tempo alla perdita
di una specifica relazione.
La
flessibilità neuronale in relazione ai drastici cambiamenti relazionali.
La
maternità è una facoltà relazionale creativa universale, non appartenente solo
alla donna madre.
Il
cervello materno subisce una serie di cambiamenti neurochimici che consentono
un’elevata motivazione, aggressività tutelativa del figlio verso gli intrusi e
lo smussamento della reattività emotiva, sulla base di una minorazione
dell’ansia, atto a tutelare e a proattivare un fenotipo comportamentale che
garantisca la sopravvivenza del neonato.
LA
SEPARAZIONE IMPLICA IL RISULTATO MOTIVAZIONALE DI INCONTRARSI NUOVAMENTE –
Qui
si riconosce la novità nella familiarità – sottendendo che la sconosciutezza
sia più probabile della conoscenza familiare e che la familiarità sia
maggiormente identificabile come una autonoma ideazione relazionale proiettiva
rassicurante, una velo superficiale di cui l’osservatore veste l’osservato che
in verità è iperdiveniente e onnipresentemente nuovo.
Un
nuovo approccio per migliorare la qualità della nostra vita.
L’importanza
di questo scritto si avvale della realtà della universalità della possibilità
esperienziale della solitudine e pertanto si ritiene essere catartica la
consapevolezza olistica di senso sul tema della solitudine.
Una
meta-analisi indicano che una varietà di interventi psicologici riducono con
successo i sentimenti di solitudine.
Tuttavia,
un’altra meta-analisi ha rivelato il valore delle iniziative rivolte al focus
di curare le qualità cognitive negative disadattive relazionali che
responsabilizzano gli individui ad assumere un ruolo più attivo nella rottura
del ciclo della solitudine. Il riconoscimento della solitudine come comune
esperienza ci rende alleati verso il miglioramento relazionale comune.
Il
cambiamento relazionale è strutturale, i cambiamenti neurochimici che si
verificano durante la formazione (e successivo mantenimento) di un forte
legame/relazione che percepiamo essere più benefico, catartico e gratificante,
innesta il sentimento di promozione valoriale della relazione poiché sentiamo
che la relazione è migliore della solitudine.
La
soggettivazione relazionale consiste nella self-awareness delle nostre
caratteristiche e di ciascuna nostra relazione affinché possiamo riconoscere le
labilità che ostacolano la relazionalità, che rende più difficile il transfert
dialogico-emotivo-comprensivo-affettivo-intimo-empatico-catartico-non lesivo-
non emarginativo.
MY
INNER ONTOLOGICAL SELF IT IS THE CONSONANT RESONANCE OF THE ONTOLOGICAL ESSENCE
OF OTHER PERSONS AND THEIR ESSENCE IT IS THE CONSONANT RESONANCE OF MY
ONTOLOGICAL ESSENCE. WE CARE US BECAUSE WE BELONG TO US.
Scoprire
perché il prossimo è un dono per me.
Donare
una parte del proprio spirito affinché ritorni al donatore. Ci ritroveremo un
giorno per ringraziarci.
Il
dono del tempo è presentemente funzionale a mantenere una relazione. Il
presente non è solamente tempo relazionale ma è indice dell’ esistente
relazionale e della essenza, presenza dei relazionanti.
ESSERE
A NOI CAREGIVER
Essere
caregiver è catartico per il prossimo e per noi stessi, in quanto la
assimilazione del mindset relazionale del caregiver è funzionale alla cura e
alla prevenzione della nostra persona dei sintomi negativi della solitudine.
Se
ciascuno fosse caregiver non sussisterebbero più i sintomi gravi della
solitudine e non si parlerebbe più dei danni della SIS. Se ciascuno è bisognoso
di vivere un Ambiente adattivo sicuro, si testimonia la valenza benefica e
creativa del vicendevole incontro tra persone promotrici di attitudini e di
mindset analoghe o somiglianti a quelle dei care-giver. La esistenza universale
del mindset del caregiver è la premessa affinché si realizzi che ciascun
ambiente non solo sia catartico, ovvero curativo dei rintomi di malessere –
bensì altresì proattivamente giovevole e arricchente, oltre alla cura c’è il
mantenimento e la elevazione degli stadi di benessere – e la relazionalità è
fondamentale in questo senso.
SITOGRAFIA
https://www.caltech.edu/about/news/how-social-isolation-transforms-brain-82290
https://www.nature.com/articles/s41386-021-01058-7
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9029604/pdf/fnbeh-16-846315.pdf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5967263/pdf/nihms964019.pdf
https://www.cell.com/action/showPdf?pii=S0092-8674%2818%2930524-5
https://www.sciencedaily.com/releases/2007/09/070913081048.htm
https://www.sciencedaily.com/releases/2022/08/220804102547.htm
Letture
consigliate
Percezioni.
Come il cervello costruisce il mondo -
Beau Lotto
Bellezza
e verità delle cose. Antonino Anile. Vallecchi Editore.
LA
QUARTA VIA di P. D. Ouspensky. 1974, Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini
Editore, Roma
Fine