the art
of being fragile
Alessandro D'Avenia
20/02/18
“
Altresì siamo le storie che
ricordiamo.
Le
storie che attraversano il tempo e lo spazio sono le storie che ci definiscono.
Questa storia comincia in mare; è un mare mosso, c’è una nave che lo sta
solcando, i marinai remano a fatica, sanno che il mare è morte. Perché
nell’Odissea il mare è morte, è attraversamento dell’ignoto e definizione del
mondo e di sé stessi. Legato all’albero di questa nave c’è l’eroe che tutti conosciamo.
Ulisse. A un certo punto, improvvisamente, in questo mare mosso, si fa calma
piatta; la paura coglie qualsiasi marinaio che sa che se non vi è un filo di
vento, approdare al porto diventa difficile. E in questo silenzio quasi
mistico, si sente un sussurro, sono voci di donne dolcissime. E promettono di
raccontare ai marinai di questa barca, che cosa succede sulla terra e in
particolare, che cosa è successo durante la guerra di Troia. Le sirene seducono
Ulisse con un’inconsueta tentazione : Le sirene tentano colui che ritorna dalla
terra di Troia promettendo di raccontare ciò che Ulisse ha già vissuto.
Ma
perché Ulisse vuole ascoltare esattamente questo canto che riguarda la storia
da cui lui sta venendo?
Per
sapere se quella storia è entrata nella storia.
Nel
mondo greco entrare nel racconto epico significa avere finalmente una identità.
Ogni cultura si struttura attorno a questa colonna etica: Affinché il nostro
nome non cada nel nulla, come agire? La nascita è un accadere che non abbiamo
scelto e la nostra più grande paura è che ritorneremo nel nulla da cui siamo
venuti. Ulisse vuole sapere se il suo nome è finalmente entrato nella storia e
questa consapevolezza vale la pena d’ una tentazione d’una sirena. Ma quando la
nave affianca l’isola delle sirene quello che c’è attorno agli scogli sono solo
ossa di uomini. Tutti noi abbiamo questo stesso problema. La mattina ci alziamo
e cerchiamo, una ragione, una prestazione, attraverso la quale, finalmente,
possiamo essere qualcuno. E questo genera in noi la paura di vivere, la
stanchezza di vivere, come la chiama un filosofo, perché abbiamo frammentato il
nostro io in molteplici prestazioni; le nostre identità somigliano a matrioske
: abbiamo tanti strati con cui cerchiamo di definire la nostra identità, ma il
nucleo profondo si è perduto; io possiedo questo lavoro, io possiedo . . . E cerchiamo di costruire sulla periferia del
nostro io molteplici effigi, identità sovra - strutturate, in modo che il
nostro essere non cada nel nulla, ma il nucleo profondo, fondamentalmente, il
nostro essere originariamente ed originalmente unico non viene in tal modo riscoperto,
bensì nuovamente velato.
Le
molteplici identità sovra-strutturate orientano la consapevolezza di sé a tal
punto che si giudicano, erroneamente,
le labili, transitorie e caduche identità sovra - strutture coincidenti con lo
stabile e perpetuo nucleo fondamento dell’ io, l’essere.
Approfondimento
del significato del termine: erroneamente:
Il
giudizio: “Le labili, transitorie e caduche identità sovra - strutture
coincidono con lo stabile e perpetuo nucleo, fondamento dell’ io, l’essere”, è
secondo logica non corretto:
I
concetti di labilità e transitorietà sono i contrari logici dei concetti di
stabilità e perpetuità; i contrari logici non possono essere entità
coincidenti.
Questo
giudizio, logicamente erroneo, nel caso in cui sia stimato degno di valore e
considerazione implica il sacrificio dell’autentica identità, dell’essere, il
cader nel nulla del nome in favore delle decidue proprietà, le molteplici
identità sovra – strutturate; implica il sacrificio del tempo in favore dello
spazio.
v
Il
tempo è superiore allo spazio. Evangelii Gaudium.
v
Avere
o Essere. Erich Fromm.
I
figli non somigliano a ciascuno dei genitori preso singolarmente, somigliano
alla relazione che c’è fra voi. Perché l’unico modo che ha l’uomo di nascere e
di rinascere sempre è essere generato. Solo quando esiste una relazione, esiste
un principio che fa nascere nuovo quel nucleo di essere che ci consente quella
permanenza nell’esistenza che non dipende da cose che continuamente ci
sfuggono. E finalmente potremmo tirare un sospiro di sollievo.
Per
questo è importante l’appello al mattino. Io credo che la più grande
rivoluzione nella scuola contemporanea dipenda da come facciamo l’appello. L’atto
di nominare assume il significato del riconoscimento di un’identità; tale
riconoscimento implica che l’identità nominata non cada in oblio, in amnesia,
il nulla.
La
natura per gli animali provvede al fatto che tirino fuori corazze, artigli,
zanne, per potere sopravvivere nell’ambiente in cui il cucciolo di animale deve
arrangiarcisi. Perché, invece, il cucciolo d’uomo impiega così tanto tempo ad
arrangiarsi. Perché il cucciolo di uomo è
contro
- evolutivo. Mantiene la sua fragilità, perché la fragilità obbliga gli altri
uomini alla cura. Questo ci differenzia dagli animali. I nostri artigli, le
nostre corazze, le nostre zanne risiedono nel cuore e nella mente.
L A R E L A Z I O N E
La
relazione è dare all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno. Quando bevete un
bicchiere d’acqua vi dissetate, siete entrati in contatto con una relazione: H2o.
Due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è una relazione, ciascuno da all’altro
ciò che l’altro ha bisogno. Ed è solo la relazione che genera e rigenera una
persona. In un’epoca in cui ci illudiamo di poter guadagnare il tempo e
lottiamo per guadagnare il tempo. Questa è una espressione assurda, come se noi
non fossimo parte del tempo. Noi non abbiamo a disposizione del tempo, noi
siamo a disposizione del tempo. L’unica maniera di guadagnare tempo è crescere,
e l’unica maniera di crescere è nascere sempre nuovi. Allora io mi sono
divertito a ridefinire le età della vita, nell’ “Arte di essere fragili”, a
partire proprio da questo elemento, è invalso ormai questa idea, che le tappe
della vita siano su una linea retta, c’è un inizio e poi, per un principio
quasi inerziale, arriveremo ai titoli di coda. Allora lottiamo per conquistare
quella permanenza, per sapere se siamo entrati nel grande racconto. E se ci
fosse un’altra soluzione? Se potessimo veramente essere felici senza doverlo
dimostrare a nessuno? Non sarà che l’essere vivente vive nella misura in cui è
generato e rigenerato. Allora, generare i figli, generare una persona non
avviene una volta per tutte. Avviene ogni santo giorno in cui qualcuno decide
di mettere di nuovo al mondo quella persona. Soltanto così guadagniamo tempo e
facciamo guadagnare tempo agli altri. Perché non smettiamo di crescere e di
farli crescere. La vita non somiglia ad una linea retta, somiglia ad una
spirale. Tutte le volte che noi siamo vicini al centro che genera questo nucleo
di novità che ciascuno di noi è, perché nascere è essere un inedito al mondo:
Nessuno di noi ha le impronte digitali uguali, nessuno di noi ha l’iride degli
occhi uguale.
Guardiamo,
in media, lo screen duecento volte al giorno. Immaginate di guardare duecento
volte al giorno vostro figlio o vostra figlia: Colui o colei è importante, non
c’è stato mai niente come te sulla faccia della terra; è esattamente ciò che
noi cerchiamo da tali oggetti, che sia riconosciuto che noi siamo unici. Ma non
c’è un altro modo di saperlo? Sì, ma è faticoso.
La
vita è una spirale:
Più
siamo vicini a questo centro, mentre avanza, più la nostra vita vive e si
amplia.
Più
ci allontaniamo, più la nostra vita si disgrega.
Qual
è il modo in cui le tappe della vita si realizzano? Le tappe della vita non
hanno alcuna relazione con l’immagine della linea retta.
Cosa
dell’adolescenza dobbiamo mantenere per tutta la vita?
Cosa
della maturità dobbiamo mantenere per tutta la vita?
Ho
ridefinito la vita in questo modo :
L’adolescenza
come arte di sperare.
La
maturità come arte di morire.
La
terza età, o riparazione, come arte di essere fragili.
E
l’ultima, morire, o arte di rinascere.
Nell’adolescenza,
quello che accade, perché è l’arte di sperare?
Perché
per la prima volta emerge il copione inedito che ciascuno di questi ragazzi è
venuto a raccontare.
E
non c’è più la facile soluzione dettata dal piacere o dall’obbligo che è tipica
del bambino che tutto ciò che vuole lo ottiene con il pianto. L’inedito
finalmente viene alla luce ed è il motivo per cui un ragazzo o una ragazza
sente per la prima volta che la libertà è nelle sue mani ed è pronto a rompere
qualsiasi muro purché quell’inedito si realizzi; è pronta a rompere qualsiasi
muro purché quell’inedito si realizzi. Ed è questo che rende un giovane
protagonista della sua vita.
Protagonista
è una parola bellissima, antica, che indica colui che combatte in prima fila,
colui che combatte per primo. Ma nessuno combatte se non ha un motivo per cui
combattere.
E
l’adolescenza è il momento in cui quell’ardore, che si compie nella vocazione,
nella passione; finalmente entra nell’esistenza attraverso la relazione con il
mondo noi capiamo che cosa siamo venuti a portare.
Ricordo
quando il mio insegnante di lettere mi chiamò a tu per tu e mi disse :
Questo
è il mio libro di poesie preferito, te lo presto. Fra due settimane me lo
restituisci.
Io
quel giorno sono diventato insegnante.
Perché
quell’insegnante mi confidava il suo segreto, vedeva in me ciò che io davanti
allo specchio non potevo vedere.
Ciò
è dunque l’appello : Il fatto che nel mio sguardo quando nomino quel nome, loro
devono vedere che io intuisco amorevolmente già la storia che si compirà. Non
la conosco, ma sono consapevole che il mio credo ha come argomenti di fede,
professore vuol dire professare, i nomi di quei ragazzi. Per questo i nomi e
l’atto di nominare sono importanti, quanto la lezione stessa.
Saturi
di questo ardore, di questo slancio vocazionale, pensiamo che il mondo ci stia
aspettando e la maturità è l’arte di morire perché una dopo l’altra invece
accadrà che verranno smontate tutte le cose che pensiamo di dover portare in
questo mondo e che nessuno, ci sta aspettando.
Poiché
ci siamo svincolati dal principio di piacere del bambino, sappiamo e impariamo
che quel fuoco si nutre degli ostacoli che incontra :
Immaginate
Michelangelo che di fronte a un bocco di marmo osasse pensare : Che noia questo
marmo di carrara, è così duro e resistente.
Invece
è proprio la medesima resistenza di Michelangelo che ci consegna i capolavori
dello scultore.
Si
comprende che questo libera un adolescente da quella pretesa, quel delirio
narcisistico che affievolisce la curiosità, di non esplorare il mondo perché si
ritiene che non vi sia nulla da esplorare. Ma di usare il mondo semplicemente
per una propria conferma. Esplora il mondo solo chi ha trovato una ragione per
morire al mondo: allora la maturità è arte di morire, senza perdere quell’
ardore dell’adolescenza. La riparazione o arte di essere fragili dipende
solamente dalla qualità delle relazioni che noi abbiamo con il mondo e con gli
altri.
Scrivere
ti amo a una persona ormai è diventato troppo semplice :
Ormai,
troppo spesso, la celere scrittura di brevi, monotoni, aforismi, sovente non
autografi, ha sostituito il sentimento che solo la parola e la melodia della
voce può avverare.
Provate
a scrivere al posto di ti amo:
“Tu non devi morire ed io mi impegnerò
affinché questo non accada.”
Lo ripeto:
“Tu non devi morire ed io mi impegnerò
affinché questo non accada.”
Amare
una persona è farsi custode del suo destino come quell’insegnante che mi prestò
il libro quel giorno. Perché quella mattina quell’insegnante non stava pensando
all’ennesima giornata di scuola noiosa da affrontare e a degli alunni da
sopportare. Nella sua biblioteca colse il libro che poteva servire al suo
alunno. Perché la relazione sicura è quando si dà all’altro ciò di cui l’altro
ha bisogno. E ci si prende cura del mondo così solo quando si ha qualche cosa
da portare nel mondo. Se io oggi sono un insegnante felice, è perché a
diciassette anni un uomo mi ha donato la lettura di poesie del suo libro
preferito.
Sembra
che io stia raccontando l’acqua, la cosa più semplice.
Ma
l’ acqua è una relazione :
H2o.
Due
atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è una relazione, ciascuno da all’altro ciò
che l’altro ha bisogno.
Potremmo
dunque permetterci di entrare nella fase finale della vita. In realtà non è
quella finale, morire o arte di rinascere; è proprio questo, quando una persona
sa quale sia l’inedito che è venuto a scrivere su questa terra. La lotta che fa
ogni giorno, per realizzarlo negli altri prima che in sé stesso, è ciò che gli
garantisce di aver fatto qualcosa di bello al mondo, che sia conosciuta o no
dagli altri non importa.
Allora
tutte le volte che faccio l’appello, quello che dovrei fare di fronte a quei
venti volti, che sono proprio il mondo che mi viene affidato.
La
prima volta che Ulisse entra in scena nell’Odissea, sta piangendo, perché gli
eroi veri, hanno le lacrime.
E
perché sta piangendo?
Perché
ha nostalgia di Itaca, di sua moglie, di suo figlio, di suo padre.
Calipso,
la Dea, immortale e bellissima, se ne stupisce e gli chiede:
“
Perché piangi? Perché sei fragile ? Perché sei mortale ? “
Ulisse
risponde : “Perché casa mia è oltre questo mare. ”
Calipso
disse dunque :
“Rimani
con me, io ti renderò immortale; inoltre, io sono molto più bella di Penelope.
”
Gentile
Calipso, queste Dee che non sanno cos’è la morte e non sanno nemmeno cosa sia
amare.
Ulisse
rispose :
“è
vero, tu sei più bella di Penelope, ma lei è mia moglie, è lei che ho scelto.”
E
per questo, Ulisse sceglie la mortalità, sceglie la fragilità, sceglie un’isola
piccola e abbastanza inospitale perché lì lo aspettano il figlio, il padre e la
moglie. E per questo lo ricorderemo nei secoli dei secoli.
Perché
ciò che definisce la nostra vita è ciò che noi sappiamo amare.
Ricordo
i versi di un poeta, che ha voluto che sulla sua tomba ci fosse scritto quello
che aveva vergato nei versi della sua ultima poesia.
-
Hai
avuto quello che volevi dalla vita nonostante tutto?
-
Sì.
-
E che
cosa volevi?
-
Volevo
potermi dire amato, volevo sentirmi amato sulla terra.
Ciò che sappiamo
amare, è ciò che non ci sarà strappato.
Ciò che sappiamo
amare, è la nostra eredità.
Il resto è scoria.
Ciò che sappiamo amare è, la nostra storia.
”
Alessandro
D'Avenia
Sitografia :
https://www.youtube.com/watch?time_continue=1075&v=izHbS7rETVg