LINK

           

READERS

lunedì 20 marzo 2023

L'OTTAVO LIBRO DELL' AUTORE MICHELE VITTI "SOGNO DI ARCADIA"

 

 

 


 

 

IL SOGNO DI ARCADIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SOGNO DI ARCADIA

 

 

© 2023 Michele Vitti

 

Data di pubblicazione : 13.03.2023

 

Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

 

ISBN :  9798386916947

Casa editrice: Independently published

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

 

IL SOGNO DI ARCADIA


 

 

I ESSERE E ESISTERE| II Avere e Fare                                             

La vera ricchezza                                                                                         

I miracoli della scrittura e della lettura                                                   

Un senso del sogno. I lumi dell’anima                                                    

La parabola dei due mondi                                                                       

 

LA FIABA DI ARCADIA

 

La fiaba di Arcadia                                                                    

Il Dio Drago e il Dio Pegaso a Finilandia                                   

I vuoti empienti di Finilandia                                                                    

Il paradosso dei vuoti empienti                                                             

il miracolo del riconoscimento matrioska                                            

Nuotare in cielo                                                                                         

L’autonomia della marionetta protagonista di Albalandia             

Amore egiziano ad Oneiric-landia

La metempsicosi di Ra                                                                             

Oneiric-landia                                                                                            

I due cuori. L’amore di Shiva e di Abel

e la psicostasia della vita                                                                          

Amore anticipante e l’abbraccio degli spettri                                    

L’exemplum del Dio oracolare Cigno ad Irenic-landia               

I due mondi                                                                              

Le quattordici stele di Arcadia e le memorie resurrettive           

 

Un senso del vivere                                                                 

I

ESISTERE ESSERE DARE

II

Avere Fare

 

Una persona non è solamente quello che fa e non è solamente quello che ha.

Una persona è.

 

Ed il valore attribuito e autointotto non è variabile sulla base delle variabili della variabile attitudinale e della variabile della proprietà bensì è costante, poiché fondato sulla costante della esistenza ontologica vitale della essenza.

 

Pensiamo per un istante di incontrare un angelo, o una fenice, o la donna angelo, o una creatura reale estremamente rara.

 

Primo esempio : “La donna angelo”

 

L’amore anticipante

 

La donna angelo rincuora soltanto perché esiste, è amata come una creatura mistica unica ed è lei stessa rincuorata da tutte le persone che la incontrano.

 

Dovremmo essere amati perché siamo e poiché esistiamo in valore di un amore anticipante ed insieme proiettivo e proattivo.

 

Non in misura e in qualità delle nostre qualità creative o delle nostre proprietà.

 

 

 

 

Così l’ambiente florido dell’amore anticipante è la sconosciutezza, se troppo spesso la conoscenza è una rassegnazione orientata al disamore causa del limite d’amore e della svalutazione del prossimo.

 

Allora dichiarare che qualunque persona sia donna angelo significa realizzare un monito di attribuzione di dignità valoriale di innato diritto di tutti noi.

 

Secondo esempio “la medusa chirodectes maculatus”.

 

Ad esempio la medusa chirodectes maculatus, vi sono stati solamente due avvistamenti di questo esemplare, viene valorizzata semplicemente per la sua esistenza, non certo per come si muove e si comporta (ovvero come qualsiasi altra medusa) e non certo per le sue proprietà di superficie analoghe alle altre meduse — pertanto è fondamentale nel macrocontesto del giudizio valoriale la Rarità. Allora giungiamo al profondo fondamentale riconoscimento che ciascuno di noi non solamente è raro di una Rarità che affiniamo crescendo, bensì unico.

 

Allora comprendiamo che valorizzeremmo queste creature fantastiche o reali semplicemente perché sono, perché esistono, saremmo allora indifferenti alle sue attitudini, o meglio qualunque sua semplice attitudine, banale sarebbe considerata dagli osservatori come miracolosa — in secondo luogo le sue proprietà di superficie, sovrastrutturali sarebbero delle invarianti nell’ottica del giudizio di valore dell’osservatore.

Consideriamo il contesto attitudinale.

 

I nostri comportamenti possono essere esemplari, ma in primo luogo esemplare è ciascuna persona – e soffermiamo il valore di questo pensiero – ln secondo luogo sussiste un surplus di positivo giudizio valoriale nel caso in cui l’attitudine sia buona, benefica e un esempio. Ma è un surplus che sottende un valore aggiunto ad un macrocosmo valoriale già esistente. Questo surplus non confuta il macrocosmo valoriale di coloro che non dimostrano questo valore aggiunto.

LA VERA RICCHEZZA

La ricchezza è la gratuità di arricchire.

 

Siamo ricchi non in misura ed in qualità delle nostre proprietà bensì in misura della nostra gratuità.

In base alla misura marginale relativa rispetto a ‘quanto doniamo del totum di ciò che possediamo’ si avvera la dimensione valoriale secondo cui al diminuire del margine della nostra proprietà egoistica, ovvero all’aumentare del margine delle nostre proprietà altruistiche donate, incrementa la nostra ricchezza ontologica, umana, (valori ulteriori elevati conseguibili mediante la mediazione di proprietà economiche funzionali all’implemento umano universalmente comune) ed altresì economica poiché il denaro è una astrazione mediativa avente senso solamente in funzione di utilità di implemento relazionale.

Premettiamo una conclusione importante:

La nostra ricchezza non è in misura della nostra proprietà ma in misura del dono della nostra proprietà.

Riconosciamo ai vertici di valore le qualità di gratuità e altruismo.

Approfondiamo.

Un esempio del concetto: “La proprietà è il dono di proprietà” — Immaginiamo una persona manifestamente ricca che indossa pietre preziose e abiti pregiati, tuttavia è consono pensare secondo la nostra esperienza che le pietre preziose e gli abiti che questa persona indossa non li donerebbe mai —  pertanto la consapevolezza della ricchezza altrui quale senso avrebbe per un osservatore povero che persiste il suo status di povertà altresì in grazia dell’egoismo della persona ricca.

Riflettiamo. Quale sarebbe il significato di valorizzare la stima di una persona sulla base di una proprietà solamente sua inoltre considerando questa sua naturale predisposizione verso la non condivisione?

 

 

Saggiamente il povero non riconoscerebbe ingiustamente se osservasse:

 

 

 

Si manifesta non illusoria la realtà secondo cui la persona ricca è manifestamente povera, paradossalmente le gemme preziose che indossa non sono che il simbolo della sua povertà, nonché sono gli oggetti del suo egoismo. Allora una persona ricca che indossa una collana di ambre pregiate è del tutto analoga ad una persona povera che indossa una collana di ciottoli di lago – se non per una eccezionale differenza, in ottemperanza di una maggiore predisposizione verso il carattere della umiltà, della gratuità, della magnanimità delle persone povere, riconosceremmo in questo esempio una facoltà di gratuità della persona povera di cui è priva la persona ricca : La persona povera regalerebbe la sua collana di ciottoli di lago ad un viandante sconosciuto. Allora la persona povera non ha praticamente alcuna proprietà e dona tutto, la persona ricca possiede miriadi di ricchezze e non dona nulla. Pertanto il riconoscimento valoriale di un terzo osservatore giudice degli olismi valoriali ontologico risulta che la persona povera manifesta la variabile del valore aggiunto relazionale — economico che la persona ricca non dimostra. Pertanto in relazione alla dinamica di creatività relazionale universale la persona povera è ontologicamente più ricca della persona ricca.

 

La questione è insita nel valore che ci attribuiamo in misura della nostra facoltà di gratuità, in atto di riconoscimento non della qualità della nostra proprietà, bensì nella nostra facoltà di donare, il valore della gratuità.

La gratuità ha funzione catartica curativa empiente:

Percezione di una Mancanza percepita curata con la gratuità.

Un vaso che si svuota si riempie.

 

 

Il povero che dona la collana di ciottoli di lago si arricchisce dell’atto del dono e del riconoscimento del ricevente il dono.

Il dono è la variabile arricchente.

 

 

 

Allora vi è un valore di valorizzazione umana di maggiore essenzialità – Ovvero la verità che il valore aggiunto non sia una proprietà esteriore donata, bensì il dono di valore aggiunto è la nostra pura essenza vitale unica.

Si argomenta allora non dell’avere o del fare ma dell’essere, dell’essere latente potenziale, dell’esistere e del dare (Fare dono)come ontologie attitudinali fondanti la dignità umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL MIRACOLO ALCHEMICO DELLA SCRITTURA

 

Ad una persona che scrisse centinaia di libri una seconda persona curiosa e lettrice di centinaia di libri domandò meravigliata. Come hai potuto raggiungere la scrittura di questi centinaia di libri? È un miracolo.

La prima persona rispose. Sei stata per me un insegnamento fondamentale, in più aggiungo che altresì te stessa che sei una lettrice facoltosa sei ad un passo dal realizzare ciò che ho compiuto, in più aggiungo che la realtà che ho realizzato che hai nominato miracolo è incompleto sia perché in facoltà di essere completato in grazia della lettura delle persone lettrici, sia in facoltà dell’arricchimento che le stesse persone lettrici possono indurre a queste mie scritture.

La persona scrittrice aggiunse: Io sono una persona lettrice come te, noi svolgiamo attitudini somiglianti, solamente accade che te arricchisci te stessa in grazia della lettura delle menti di altre persone scrittrici, io sono una persona lettrice della mia mente ed ogni parola che leggo la realizzo insieme alle altre parole, in verità tu hai raccontato di un vero e proprio miracolo della scrittura.

La scrittura è una lettura, la lettura del nostro universo.

La alchemia della scrittura è la metamorfosi di “elettricità di sinapsi neurali” inintelligibili in astrazioni psichiche comprensibili (il pensiero, le fantasie ispirative) in attitudine del gesto della scrittura, in soggetto simbolico intelligibile (il libro).

Allora comprendiamo che “scrivere è come leggere” e che “leggere è come scrivere”, poiché cari lettori e care lettrici per ciascuna mia parola segnata che leggete siete persone autrici e scrittrici di miriadi di pensieri, abbiate soltanto voglia di trascriverli così comprenderete il miracolo della ispirazione.

 

 

 

 

 

 

LA LETTURA È GARANTE DELLA NOSTRA ELEVAZIONE IMPOSSIBILE.

 

Gli scrittori ci regalano la onniscienza, non ci obbligano a credere in soro insegnandoci la facoltà critica, ci insegnano a vedere le realtà da prospettive diverse, ci rendono l’intelligenza della flessibilità verso le diversità, ci elevano di consapevolezze ulteriori che implementano la nostra ontologia e la nostra coscienza creativa, ci educano alla possibilità e non alla finitudine, ci regalano la spensieratezza aiutandoci a migliorare le nostre potenzialità immaginative, tutelano la nostra Spiritualità bensì orientando verso la curiosità di Spiritualità alternative, ci ricordano la storia, realizzano il nostro incontro con il mistero della misticità, grazie alla loro mediazione culturale e scientifica ci dimostrano cosa ci fa bene e come relazionarci con le altre persone, la lettura è il dialogo con il nostro divino, l’incontro con la nostra anima è una spontaneità non è un esame, in questa spontaneità siamo tutti pro-mossi, non sussiste scelta né rifiuto, bensì reciproca accoglienza.

Ciascun scrittore è valevole, paradossalmente gli scrittori che condividono errori confutato da altri scrittori sono coloro che flessibilizzano la nostra capacità critica e di flessibilità. Allora prima accogliamo senza giudizio, poi custodia o in noi l’errore come colore dignitoso per ottenerne i frutti mediante conversione. Ci regalano nelle morfologie delle astrazioni culturali l’insegnamento delle concretezza relazionali affettive. Sono garanti del nostro teletrasporto psichico, viaggiamo con la mente e l’immaginazione ci permette di vedere le realtà di luoghi che non visitiamo. La lettura è sia spensieratezza sia riflessione. È catartica poiché induce un riqualificazione e purificazione dei pensieri. Gli scrittori non tra-curano ma per-donano, donano per noi insegnandoci la gratuità.

 

 

 

 

 

 

Gli scrittori sono implementazioni sciamaniche della nostra identità, pertanto il fatto della lettura è in principio influenza eterna di noi. Sicché quando ci relazioniamo con le altre persone esse incontrano la nostra complessità ontologica implementata delle loro essenze rifatte. Gli scrittori sono manifestazioni di resurrezione - mediante la nostra memoria resurrettiva di loro stessi e delle loro conclusioni essi ci rendono partecipi e protagonisti del miracolo resurrettivo.Essi ci insegnano urgenza non procrastinazione donandoci appunto le conclusioni non i complessi e periodici meccanismi logici per il raggiungimento delle conclusioni. Tuttavia vi sono altresì scrittori di codici matematici e di lingue ancestrali come il greco ed il latino - pertanto ci insegnano il ragionamento induttivo e deduttivo, le derivate e gli integrali, e i metodi di categorizzazione e di razionale attribuzione di valore, realtà sensibilmente fondamentale poiché non deve rischiare di degenerare nell’annientamento della indifferenza. Ci descrivono il sogno e la divinazione pertanto alludendo alla fondamentale rilevanza dell’emisfero della irrazionalità e del subconscio. La lettura è il ponte verso la nostra elevazione impossibile. Predetta la impossibilità nelle qualità di limitazione percettiva dell’ambiente esteriore la elevazione impossibile risulta dal confronto con coloro che hanno oltrepassato pressoché infiniti limiti ontologici conoscitivi.

Curiosità, umiltà, coraggio, rivalutazione, accoglienza, pace, realismo severo – la lettura ci orienta al volo dei cieli, al vuoto buio dell’universo, al cammino adiacente.

La quiete, la serenità, il lettore è in facoltà di leggere lentamente e di accogliere, qualificare e riqualificare le parole e i pluri-contesti che relazionano i significati delle parole.

 

 

La lettura non è aleatoria – è un ambiente di tipo sicuro – il dialogo è suscettibile alla rapidità dialogica che realizza una complessità inter-connettiva che sovente incide sulla reale impossibilità di comprensione, la confusione indotta non è una proprietà della lettura non dentata da aleatorietà arbitraria e intersoggettiva del reciproco flusso di pensiero.

 

La lettura è garante di libertà è autonomizzante, ovvero consegna ai lettori gli strumenti strutturali neuro-cognitivi per acquisire non dipendenza ma libertà di autonomia auto-gestionale. Diversamente il dialogo relazionale sovente si dimostra eteronomizzante ovvero l”Io so” dell’oratore indotto più o meno dispotica ente sull’ascoltatore che spesso acquisisce, copia, acriticamente il contenuto dell’ascolto.

Il valore estetico della lettura, la disposizione delle lettere è artistica, non binaria – la lettura allora insegna non dicotomia e selezione e esclusività bensì la inclusione caotica o ordinata di tutte le lettere dell’alfabeto che magicamente si relazione per realizzare importanti consonanti risonanti.

La magia, il misticismo, la cinesi alchemica della lettura risiede nella facoltà dello scrittore di essere altruista, ovvero di essere garante del fatto che ogni suo lettore sia ulteriormente ri-trascrittore ideale delle astrazioni letterali che va leggendo.

Nella lettura sussiste alchemia tra mio e tuo in nostro in ottemperanza e meta di un miglioramento, di un progresso di un successo universale che è privo di concorrenze né di relazione tra i lettori relatori e nemmeno a livello spazio-temporale – sicché si realizza il valore del meno, del germoglio, delle facoltà latenti, che succedono poiché semplicemente accadono sicché dal germoglio di ogni singola parola il lettore realizza la propria personale diramazione di significati che ulteriormente potrà con-dividere con le persone che conosce e che non conosce. La lettura ci rende compagnia.

 

 

Conosciamo gli scrittori personalmente? No. Allora comprendiamo il valore della sconosciutezza come realtà in facoltà di dedicarci realtà talvolta più solenni e implementative delle realtà che conosciamo.

Ciascuna parola è nuova, sconosciuta, una sorpresa.

La lettura ci insegna a rinnovare ed a sorprenderci proprio come i bambini, pertanto risulta evidenziato che la lettura è per molti versi garante del nostro ringiovanimento.

 

 

UN SENSO DEL SOGNO. I LUMI DELL’ANIMA

 

Non desistere dal disvelare al mondo le potenzialità latenti dell’universo del tuo spirito creativo. Non smettere di sognare.

 

Credere in un sogno privi dei presupposti per cui si possa compiere significa credere nella luce nel buio, e se la luce non fosse il sole all’alba che sospende la notte o un fulmine giallo elettrico fluorescente, o la tiepida fiammella di una candela le cui lacrime di cera scandiscono la caducità del timido lume.

Se la luce non fosse una realtà esteriore, andrei cercandola in me stesso, nella mia anima, nel mio spirito creativo. Ci domandiamo perché cerchiamo la luce. Cerchiamo la luce perché siamo ciechi al buio. Allora se dovessimo comprendere che siamo noi stessi la luce, compieremmo la metamorfosi del buio in luce: Impareremmo ad orientarci nel buio - sicché se dovessimo divenire abili nella facoltà d’orientarci nel buio fuggiremmo la luce che accecante ci disorienterebbe. Tuttavia vi sono più lumi della nostra anima - Cerchiamo i lumi dell’anima come i cercatori di tesori! Sì la serendipità ci dona il secondo lume ed altresì il terzo. Il primo lume è insito nella prima affermazione: La ricerca - E in nostra facoltà il movimento - Pertanto se non pazientiamo eternamente nel buio ma compiamo un primo passo forse incontreremmo nuovamente il buio e similmente per i successivi passi - tuttavia il camminare vi consente cinque proprietà: La prima è la possibilità di imparare dal buio, ovvero l’orientazione – la seconda è la resilienza – ovvero la perseveranza, la tempra e la resilienza di credere in sé stessi, nel proprio sogno altresì quando ancora camminiamo e nessun lume di fiammella ci appartiene – la quarta proprietà è paradossale – Il buio è la garanzia del nostro essere destinati alla luce – nonché è la persistente esistenza del buio a proiettarci verso la meta luminosa. La quinta proprietà abbraccia la quarta, la quinta proprietà è la sorpresa – ovvero il compimento della nostra ispirazione, il nostro incontrare la luce proprio nel momento in cui meno lo attenderemmo.

Allora la serendipità è il secondo lume dell’anima – poiché nel buio cercando la luce troveremmo l’acqua per dissetarci.

Il terzo lume è l’anticipazione : CIASCUNA REALTÀ È IN OTTEMPERANZA DI REALIZZARSI, pertanto i germogli delle manifestazioni mature delle realtà latenti sono sempre ovunque. Il quarto lume dell’anima è il connubio di marginalità e di fluidità – NESSUNA REALTÀ È DICOTOMICA – Il buio puro non esiste. Solitamente infatti ci orientiamo verso le generalità del meno buio e del più luminoso. Il quinto lume è il connubio di sogno e di immaginazione fantastica – la magia dell’astrazione, gli astri nascenti dell’impossibile balenano in noi semplicemente e tuttavia meravigliosamente ravvedendo noi stessi d’essere universo del noi, l’uni-patia – la complessità e la vastità di ogni universo ci rende liberi di possibilità risolutive alternative, l’ambiente universale è il luogo dell’impossibile realizzato, l’assurdo sarebbe allora il “meno buio” che ci orienta verso il lume dell’l’impossibile. L’impossibile è una proprietà rara e potenzialmente catartica.  Il sesto lume...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA PARABOLA DEI DUE MONDI

 

- La meta che ti proponi di raggiungere è impossibile, è surreale! Il gioco non ti varrà mai la candela. Non ti vale la pena di sognare, ritorna alla realtà.

 

- Seppur non dovessi riuscire a realizzare il mio sogno, realizzerei nella mia vita il puro fatto di aver sognato, alcuni non sognano poiché sono incantati dal sogno della realtà, allora ci sono due sogni, sono il sogno onirico ed il sogno reale, il sogno onirico è irenico, fantastico, fantasioso, impossibile. Ecco, la nostra fantasia è il ponte che compie la magia dell’avverarsi della impossibilità - seppur allora sogniamo oniricamente l’impossibile non è forse vero che lo abbiamo incontrato e conosciuto nella nostra vita reale? Poiché il sogno onirico appartiene al continuum del sogno reale, del sogno del nostro arco di vita. Il sogno reale è severo, è delle tinte oscure della severità del reale che sono macchiati i sogni onirici che allora ci rattristano per la loro sembianza di incubi.

Inoltre un vagabondo dei pensieri mi disse queste parole: “Un tempo ebbi un sogno, lo ricordai; sai, è importante ricordare i propri sogni nei tempi del nostro riposo, purtroppo molte persone nonostante riconoscano di avere sognato non ricordano il loro sogno ed allora girovagando nei loro pensieri lo cercano nella preghiera un giorno di poterlo raccogliere, sai perché chi ricorda i propri sogni è fortunato? Per due motivi, il primo è perché questa persona è in coscienziosa relazione con il suo subconscio, il secondo è perché può realizzarne i contenuti, è la possibilità della realizzazione onirica, ovvero la nostra possibilità di confluire il sogno onirico nel sogno reale.

 

 

 

 

 

 

Tuttavia tre realtà mi sorpresero – la prima si rivelò nella sorpresa di riconoscere la realtà da me plasmabile a tal punto da scolpire la realtà ad immagine della mia fantasia onirica, la seconda realtà è speculare, la sorpresa di scorgere qualità reali nel mio sogno e qualità oniriche nella realtà – la terza realtà fu questa : quando percepii di avere realizzato il mio sogno riconobbi che il solo sogno, che il solo fatto di aver sognato mi aveva reso più felice, più sereno, della realizzazione stessa del sogno – allora ebbi un ripensamento, la consapevolezza che vi fosse un margine di irrealizzabilità del sogno nella realtà, di incompletezza, era motivo per me del perseverare nel plasmare la realtà verso un infinito onirico, un infinito multi_dimensionalmente insensato – la comprensione del senso è un ultimo passo, il raggiungimento di una meta è qui che incontreremmo in un certo senso una fine, la fine appunto di avere ottenuto la consapevolezza, la bussola perde di significato una volta raggiunta la meta? – diversamente siamo liberi di vagabondare, di scoprire l’avventura dei nuovi passi nell’ambiente dell’insensato che ci orienta verso la meta della creazione del senso che più ci libera e che più ci fa bene.

Allora riflettei, come avrei potuto colmare la infinitudine onirica nella realtà?

La risposta mi soggiunse istintivamente Avrei incontrato le misticità surreali sognando, nel tempo reale del riposo, e di questo incontro fantasioso ne sarei risultato influenzato, rinnovato nel tempo del risveglio.

Così riconobbi me stesso come il ponte tra due mondi, il mondo reale e il mondo onirico surreale.

 

 

 

 

 

 

 

 

LA FIABA DI ARCADIA

 

I

 

IL SOGNO DI ARCADIA

 

Racconto di città immaginarie. Il paese di Finilandia in cui tutto apparse finire:

Seppur niente per sua natura dovesse finire, eppur tutto in Finilandia finiva poiché un incantesimo, una malia imperversava come una incessante pioggia, questo incantesimo era un incanto infinito nell’incanto della finitudine, l’unico paradosso eterno che confermava la regola della finitudine di Finilandia.

Tuttavia in Finilandia non pioveva, in Finilandia infatti chiamavano la pioggia la lacrima del cielo.

L’incantesimo della finitudine in Finilandia era connaturato, ancestralmente intrinseco nella natura degli abitanti di Finilandia. Allora le realtà che apparivano a loro magicamente finivano, in un battito di ciglio svanivano inesorabilmente.

Un tempo Finilandia aveva un altro nome, un tempo il tempo non finiva perché Finilandia non era Finilandia, il tempo restava presente, i suoi abitanti restavano, esistevano cullati dall’anima dell’oracolo di Now-landia questo fu il nome precedente di Finilandia.

Il simbolo dell’oracolo fu il pendolo, ed in fede al simbolo dell’oracolo gli abitanti di Nowlandia restavano insieme, non immobili, poiché nel loro presente sussisteva un certo divenire, un divenire singolare caratterizzato proprio dal simbolo oracolare - il ritorno - allora gli abitanti di Now-landia restavano presenti a sé stessi alle realtà naturali ed al prossimo e ad essi ritornavano.

 

 

 

 

 

 

Tuttavia un giorno nuovo, seppur somigliante a ieri, gli abitanti si ribellarono all’oracolo criticandolo di prevedere a loro un futuro non libero, ondeggiante, non vario, monotono, noioso, loro dissero all’oracolo di soffrire di cinetosi a causa della sua anima previsionale. Gli abitanti di Now-landia emarginarono l’oracolo e presto lo radiarono dalla carica di autorevolezza spirituale del loro tempo.

L’oracolo che voleva bene agli abitanti di Now-landia consigliò loro di non perderlo poiché le conseguenze in Now-landia sarebbero state gravi.

Gli abitanti non lo ascoltarono.

La malia della finitudine in Finilandia imperversò quando gli abitanti di Now-landia radiarono l’oracolo del futuro del ritorno. Now-landia perse il suo futuro e così divenne Finilandia.

Allora in Finilandia le relazioni finivano inesorabilmente prima del tempo maturo, le persone dandosi per-vinte perseveravano nel perdersi, e seppur ancora vivendo, vivevano come se insieme non vivessero, coloro che sono lontani: Se sono, sono. Se sono, sono insieme. Se sono lontani, possono cercarsi ed avvicinarsi. Era lo sguardo degli abitanti di Finilandia ad essere dirimente, i germogli che essi guardavano avevano una fioritura istantanea così surreale da sembrare che il germoglio, il suo fiore ed il suo vuoto fossero le medesime realtà contemporanee, i bambini giocavano con le margherite al gioco “mi ama - non mi ama” – Sì accadeva che le margherite finivano, e che il gioco delle margherite finiva straordinariamente sempre con il risultato “Non mi ama”. La risposta consuetudinaria era “No” – Alcuni abitanti pronunciavano il “No” in mancanza di una premessa richiesta, come una preghiera avente senso in sé, il “No” divenne la preghiera di Finilandia. Il saluto degli abitanti era sincronicamente un inizio di relazione ed un addio, un congedo, nel secondo della relazione non c’era possibilità di dialogo e di chiarimento.

 

 

 

 

 

Poiché gli abitanti di Finilandia non si parlavano, poiché le parole finivano gli abitanti finirono le loro parole verso il prossimo e Finilandia divenne un luogo silenzioso. Si stimavano temerari e coraggiosi gli abitanti di Finilandia che iniziavano una creatività poiché ormai tutti si erano rassegnati alla fine delle creatività e pertanto che non fosse possibile il perseverare creativo.

Non esisteva la finitudine della creatività individuale bensì imperversava uno spirito di demoralizzazione, una cecità che portava a non riconoscere come esistenti e opere altrui. Allora quando i creativi temerari riuscivano a vincere la malia della finitudine la loro opera creativa: Ai loro occhi era di valore e soprattutto esisteva, agli occhi del prossimo era come il germoglio-fiore-nulla, la realtà creativa esisteva non esistendo – Ogni fare si riconosceva come un “Non fare”.

Dei lunghi affettuosi abbracci che ritornavano e che tanto apprezzavano gli abitanti di Now-landia adesso resta loro solamente lo sfioramento. Alcuni abitanti di Finilandia malinconicamente piangevano di aver perso le vitalità, le serenità divenienti di Now-landia ma subito il Sole sfumando le lacrime sulle guance spariva – Il giorno si alternava alla notte in modo intermittente e l’intermittenza luminosa realizzava un effetto stroboscopico costate che ledeva la serenità della psiche di tutti. La surrealtà del giorno notturno realizzò il sorriso di chi smise di piangere. Gli abitanti ricchi di Finilandia scialacquavano al più presto le loro ricchezze, perché il denaro doveva finire.

Allora presto gli abitanti di Finilandia si impoverirono di relazioni umane, della loro creatività, delle loro percettività, delle loro ricchezze.

Allora cosa accadde quando l’oracolo fu radiato da Now-landia? L’oracolo viaggiò non molto lontano raggiungendo Albalandia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ad Albalandia l’oracolo del tempo futuro del ritorno incontrò l’oracolo ancestrale del primo principio e l’oracolo del futuro fluttuante. Albalandia è un paese florido, dove qualunque realtà germoglia e cresce, i simboli oracolari di Albalandia sono il sole sorgente e la farfalla. Gli abitanti di Albalandia sono socievoli, qualunque loro relazione tra loro stessi e tra loro e l’universo naturale è nuova e fiorentemente rinnovata. Il divenire, il futuro relazionale degli abitanti di Albalandia non è come il futuro del ritorno tipico di quello che è stato il paese di Now-landia - il ritorno in Albalandia è raro, la metafora della farfalla che raramente ritorna al medesimo fiore, seppur volitando di fior in fior e di cielo in cielo.

In Albalandia si realizzò il miracolo della trasmigrazione delle anime degli oracoli un miracolo che noteremo realizzarsi in un secondo luogo in grazia della generosità e del perdono di un oracolo.

In verità in Albalandia l’oracolo del futuro del ritorno, che era un forestiero, fu accolto e come ringraziamento insegnò agli sconosciuti oracoli di Albalandia il valore del futuro del ritorno. Reciprocamente gli oracoli di Albalandia donarono la loro cultura sul tempo all’oracolo di fu Now-landia.

Che cosa accadde infine a Finilandia ed ai suoi abitanti?

Fortunatamente la finitudine di Finilandia finì, ovviamente perché era il destino della finitudine di Finilandia di finire.

Ma come fu possibile che fu confutato il paradosso del non finire di Finilandia? Finilandia nello status reale in cui era immersa era cristallizzato, marmorea, eterna, senza tempo, propriamente terminata, finita.

L’oracolo del paese che fu Now-landia, nonostante fosse stato radiato, scelse di soggiornare in luogo adiacente, così da potere vegliare sul reale accadimento del paese che ancora sentiva essere proprio delle sue origini. L’oracolo del ritorno del paese che fu Now-landia pregò gli oracoli di Albalandia di aiutarlo a ripristinare i tempi presenti, passati e futuri di Finilandia. Gli oracoli si dimostrarono generosi.

Non solo magicamente realizzarono il nuovo congegno cronologico di finilandia, ma domandarono aiuto agli oracoli dei paesi confinanti con Albalandia, Irenic-landia ed Oneiric-landia.

Affinché realizzassero di Finilandia la resurrezione delle realtà prematuramente finite e la restaurazione dei sogni creativi degli abitanti di Finilandia.

Presto Finilandia si innovò – gli abitanti di fu Finilandia le diedero nome Arcadia. Luogo di una serena vita idilliaca che vi si conduce, d’amenità di paesaggio fiorente, il principato oracolare ora consiste dell’oracolo del futuro del ritorno, affinché sia resiliente la bontà di Arcadia, tuttavia compartecipano gli altri quattro oracoli affinché l’oracolo del ritorno non riassesti per sua natura non volontaria la statica delle dinamiche di fu Finilandia in Arcadia. I simboli oracolari di Arcadia sono awen e la triquetra, la creatività ri-qualificativa e la coesistenza complessa dei tre tempi. Un/a bambino/a si risveglia da questo sogno, con uno spirito creativo ulteriore, di un livello superiore, allora vive serenamente le sue relazioni, ne realizza di nuove, arricchito/a delle consapevolezze dei paesi di Now-landia, di Finilandia, Albalandia, Irenic-landia ed Oneiric-landia. In destino del compimento delle metamorfosi oniriche-reali – ovvero di realizzare per sua grazia divina iniziatrice nella sua vita reale le positività dei paesi di Now-landia, di Albalandia, di Irenic-landia e di Oneiric-landia. Affinché non esistano nella sua reale vita le negatività di Finilandia.

 

 

 

Una fiaba per bambini e una satira della finitudine reale.

 

Satira. Genere della letteratura, prima teatrale poi solo poetico, che mette in ridicolo costumi con toni comici o sarcastici e intenti moralistici.

 

 

 

 

 

 

 

II

 

IL DIO DRAGO E IL DIO PEGASO A FINILANDIA

 Fiaba di metafore astrologiche

Nel paese di Finilandia accadde un giorno un miracolo locale. A Finilandia vissero gli inesorabili, i quali erano maledetti dalla maledizione della finitudine che imperversò quando l’oracolo del tempo fu allontanato e quando al suo posto in facoltà di divinità oracolare giunse il drago della finitudine, del caos e dell’odio la cui aura oscura fu come un sigillo maledetto per le persone che entrassero in contatto con questa aura oscura.

Il dio drago si presentò a Finilandia comunicando ai cittadini di Finilandia un messaggio importante:

“Sceglieste la sospensione del tempo, allontanaste allora il vostro dio Fenice del tempo del ritorno e della resurrezione, fui allora chiamato qui ed ora per condurvi alla consapevolezza della esperienza delle finitudini, siete già consapevoli dei valori delle origini, il Dio del tempo del ritorno ha indotto in voi i miracoli delle albe solari, siete stati “Soli” adesso vivrete l’essere emissari celesti delle ombre, siate ora voi per mia causa  a mia immagine buchi neri, il vostro tocco ed il vostro sguardo diede vita in grazie alle saggezza che assimilaste dal vostro dio del tempo del ritorno. Se precedentemente aveste infuso vita in grazia dei vostri tocchi e dei vostri sguardi, ora le vostre attitudini e sguardi siano vortici attrattivi implosivi delle vitalità.  Le vitalità che assorbirete collasseranno oltre il limite degli orizzonti degli eventi dove sussiste irreversibilità e non influenzabilità di ciascun evento che dovesse incombere oltre questo limite nell’universo delle vostre anime. “ Il drago delle finitudini aggiunse: “Voi mi aveste già incontrato.” I cittadini di Finilandia si sorpresero delle parole del drago, poiché ciascuno era certo che nessuno di essi ebbe mai visto un drago. Il drago delle finitudini diede spiegazione:

 

 

 

 

“Io come tutti gli Dei oracolari sono un emissario celeste, ciascuna divinità celeste secondo le sue innate facoltà è in essere reversibile di reificazione mediante metempsicosi della mia anima io ho realizzato me stesso a vostra immagine e mi sono relazionato con voi.

Le divinità superne celesti promossero la mia metempsicosi a vostra immagine e la mia discesa verso di voi e con voi argomentando: “La creatività si realizza grazie al movimento dell’alternarsi tra ordine e disordine, in particolare nelle nostre facoltà di ordinare un disordine riconosciuto e già dato o da noi stessi realizzato, e di disordinare il contesto ordinato nel momento in cui sentiamo che la staticità della perfezione ordinata non sia per noi adeguata (I can’t do anything here) , allora la possibilità di realizzare un margine di disordine nel contesto ordinato è garante della nostra possibilità di prendere respiro in un contesto che non è più statico bensì plasmabile, malleabile grazie a noi (I am here - il connubio tra essere e luogo) , in sé la plasmabilità dell’ambiente che sia ordinatrice o disordinatrice è garante della testimonianza della nostra identità in quell’ambiente, alchemicamente la nostra identità è un “metallo prezioso” che si fonde con “il metallo” dell’ambiente. “ Allora io Dio drago delle finitudini, dell’odio e del caos scesi a voi e voi ascendeste a me in che modo? Come vi comportaste nei miei confronti è il secondo motivo per cui ora mi sono rivelato a voi ora spiritualmente dominando sulla città di Finilandia. La mia essenza ontologica non mutò in grazia della metempsicosi della mia anima nelle vostre fattezze corporee. Infatti nelle vostre sembianze agii verso di voi secondo le mie nature di finitudine, di odio e di caos. Io mi manifestai a voi per mettervi alla prova e falliste. Poiché voi stessi dimostraste di essere artefici verso di me di ciò che colpevolizzaste di me.

 

 

 

 

 

 

 

 

Io divenni rinomato per il mio tocco avvilente verso le vitalità naturali, vedeste, notaste la mia magia del sfiorare i fiori e di avvilirli, al mio tocco i colori sgargianti dei fiori si spensero, ma voi mentre raccoglievate i fiori avviliste me, io fui come un fiore per voi. Ho sempre sofferto della mia innata maledizione, vedete io ho sempre amato la natura ed ho sempre odiato e sofferto di questa mia innata divina maledizione, io ho sempre voluto bene ai fiori e non avrei mai voluto avvilirli, così è stato per gli elementi naturali, per gli animali che al mio sfioramento si avvilivano sicché gli animali mi hanno sempre odiato e non mi hanno mai amato, non mi sfiora ano poiché temevano di avvilirsi, così imparai l’odio e divenni altresì nominato dalle illustri divinità celesti emissario sia della finitudine sia dell’odio. Un giorno mi presentai a voi umani allora realizzandomi secondo le mie originali inclinazioni divine.

E voi mi emarginaste e mi discriminaste mentre voi stessi nonostante non foste maledetti dalla mia stessa maledizione secondo morfologie attitudinali diverse agiste avvilendo proprio come me e verso di me rattristandomi ulteriormente.

Il miracolo del mio insegnamento per voi giunti alla realtà delle rivelazioni è pertanto questo:

Se non doveste avere esperienza di essere voi stessi esseri negativi, abbiate presente il sentimento di come intimamente emotivamente vi sentireste nella posizione di dovere vivere il rincaro vendicativo delle attitudini di coloro che esperiscono le vostre eventuali negatività. Allora guadagnerete il profondo valore della metabolizzazione del per-dono che è universalmente creativo. “

Tuttavia si avverò un miracolo. Una creatura tra tutti che io ho chiamato il” Sole bianco” si comportò eccentricamente, coraggiosamente ed in maniera anticonformista rispetto alle altre creature le quali già possedevano comportamenti avvilenti tipici dei buchi neri.

 

 

 

 

 

 

Questa creatura fu un puledro bianco che mi sfiorò il volto, ed accadde una magia, tutti gli animali si sorpresero nel riconoscere che il puledro bianco non risultasse avvilito a causa del tocco verso la creatura alter-ego della divinità del drago della finitudine, bensì al puledro bianco crebbero due ali, il puledro era vivo e vivace, non spirituale, corporeo, presente come lo era in essenza di essere pegaso, solamente accadde che lo sfioramento volontario del puledro verso la creatura della finitudine ebbe implicato che il bianco puledro divenisse pegaso, ovvero che guadagnasse la facoltà di volare nel cielo reale, non paradisiaco irenico. Allora si comprende che il tocco induttivo della creatura della finitudine implicasse l’avvilimento e la debilitazione delle creature, mentre lo sfioramento indotto dalla prima creatura verso la creatura della finitudine implicasse la magia della conquista dei cieli reali. Perché citai “prima creatura”? Perché quando le altre creature si accorsero del miracolo del pegaso tutte accorsero verso la creatura della finitudine per sfiorarla tuttavia nulla accadde.

Scopriremo presto che il pegaso diverrà lui medesimo una delle divinità oracolari.

Se la divinità oracolare del drago della finitudine, dell’odio e del caos è l’inosservabile delle attitudini “buchi neri”

Il buco nero non è osservabile direttamente. La sua presenza si rivela solo indirettamente mediante i suoi effetti sullo spazio circostante.

Il pegaso si rivelerà una delle divinità superne della creatività poiché induce nelle creature di cui è custode la facoltà della infusione della solarità attitudinale delle attitudini “buchi bianchi.”.

Nella fisica astronomica della relatività generale, l’inner environment di queste singolarità astrali inosservabili sono cunicoli spazio-temporali che collegano diversi universi.

 

 

 

il buco bianco è una regione spazio temporale inversa rispetto al buco nero che ingloba ed annichilisce le realtà che entrano in relazione con la sua aura attrattiva, la aura del buco bianco è estrattiva, il flusso di questa singolarità creativa è estrospettiva.

Nel caso della singolarità della complessità astrale del buco nero l’orizzonte degli eventi è il limite che determina che gli eventi e le realtà che oltrepassano questo limite non possono più fare ritorno alle realtà ambientali antecedenti al limite, la funzionalità del buco nero è l’imput attrattivo– il buco bianco è un buco nero invertito nel tempo. Inversamente nel caso della singolarità della complessità astrale del buco bianco esiste altresì l’orizzonte degli eventi che tuttavia proibisce l’ingresso e non l’uscita, tuttavia questo limite ha funzioni diverse, ovvero di canalizzare un flusso estrattivo di output delle realtà che sono custodite all’interno dell’ambiente buco bianco. Il flusso del buco bianco è verso l’esterno.

Allora sussiste una mistica similitudine tra astrofisica, fantasia e realtà umana, se noi stessi siamo micro-universi queste singolarità inosservabili possono interessare la nostra ontologia umana e le nostre facoltà attitudinali.

Pertanto possiamo assimilare la dinamica ontologica della inosservabile dei buchi bianchi nella nostra facoltà attitudinale creatrice di creatività.

Allora comprendiamo che il Dio del tempo del ritorno fu discepolo del Dio pegaso il Dio delle creatività, in quanto il ritorno è una delle facoltà creative “buchi bianchi” di cui il Dio pegaso è maestro.

Ci sarà dato di conoscere che il Dio drago non imperverserà per sempre in Finilandia, città che è in destino di divenire ARCADIA, tuttavia questa metamorfosi sarà indotta da un miracolo creativo.

Che è stato proprio il ritorno del Dio Pegaso che domandò (mediante il ritorno del Dio del tempo del ritorno e del dialogo tra gli oracoli mediativi) al Dio Drago di desistere il suo compito a Finilandia, il Dio drago accolse la richiesta di Pegaso per ringraziarlo del miracolo che realizzò nei suoi confronti.

Sicché altresì il Dio della finitudine dimostrò la saggezza della flessibilità dimostrando una facoltà che innatamente non gli apparteneva ovvero la reversibilità, la non inesorabilità, la non finitudine, Il Dio drago della fine fu artefice del risorgimento dell’inizio della finitudine delle finitudini e saggio messaggero dell’insegnamento della gratuità e del perdono.

 

Scopriremo che Pegaso si reincarnerà nelle fattezze d’una creatura umana – la sua metempsicosi convertirà le influenze della creatura custode dell’anima del Dio drago – il tocco e lo sguardo della creatura animata custode della divinità del pegaso saranno rivitalizzanti, insegnando altresì alle creature di Finilandia che impararono il per-dono dal Dio drago le misticità della resurrezione.

Riconosciamo in questo racconto un ulteriore miracolo che consiste nella esistenza divinatoria già presente nella creatura del puledro bianco quando ancora non era divinità in verità dimostrava già di esserlo poiché agiva divinamente, l’atto divino verso la creatura custode dell’anima del drago coincise infatti con la reazione di gratuità divina del drago verso Finilandia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

 

I VUOTI EMPIENTI DI FINILANDIA

 

Citammo che gli abitanti di Finilandia non si parlavano, poiché gli abitanti finirono le loro parole verso il prossimo Finilandia divenne un luogo generalmente silenzioso.

Tuttavia vi furono alcune importanti eccezioni.

A Finilandia divennero eccezionalmente noti coloro che vennero nominati “I vuoti empienti”.

Questi misericordiosi venivano infatti stimati in quanto sembravano non manifestare i segni maledetti tipici di Finilandia, nessuno poté mai capire come riuscissero a dimostrare un miracoloso spirito di energia, di  gratuità, di creatività, di intraprendenza verso le altre persone.

Gli “impassers” di Finilandia tuttavia sembravano comunque manifestare verso i vuoti empienti invidia, ovvero la forma degenerata della curiosità, alcuni si avvcinavano ai vuoti empienti per impossessarsi del loro antidoto alla maledizione di Finilandia, tuttavia si sorprendevano nel riconoscere che non esisteva nessun antidoto, nessuno poteva comprendere quali fossero le fonti della ricchezza creativa dei “Vuoti empienti”, poiché in verità non esisteva nessun antidoto – i “Vuoti empienti” erano l’antidoto alle negatività di Finilandia, la influenza importante che i “Vuoti empienti” ebbero nei confronti degli abitanti di Finilandia si avverò nella verità che le loro attitudini divenissero catartiche, e gli abitanti di Finilandia impararono a non ostacolare le loro attitudini catartiche, in grazia della assimilazione stessa della intelligenza di non ostacolare, bensì di pro-muovere, le iniziative dei “Vuoti empienti”, gli abitanti di Finilandia dimostrarono i primi segni positivi di iniziative attitudinali simboli delle loro prime guarigioni.

 

Il paradosso dei vuoti empienti e il miracolo del riconoscimento matrioska.

 

La verità della realtà è miracolosa. Tuttavia non sempre ci permettiamo il privilegio di riconoscerne la gratitudine del miracolo. In cosa consisterebbe questo miracolo?

Vedete noi solitamente riconosciamo gli effetti attitudinali, i risultati, e raramente il processo mediativo che implica i risultati.

Una persona domanda a due persone per abbeverarsi un bicchiere d’acqua. Tuttavia queste due persone si ripresentano a questa persona con un bicchiere d’acqua ciascuno, ciascun bicchiere d’acqua contiene il medesimo livello di oro blu.

La persona non si domanda il senso di questa eccentricità e sorseggia ugualmente con nonchalanche da entrambi i bicchieri.

Allora comprendiamo che talvolta ci arricchiamo del bene del valore aggiunto marginale del risultato che osserviamo tuttavia non concedendoci di accedere a ricchezze ulteriori mistiche, verso le quali possiamo giungere solamente attraverso un singolare intuitivo.

Non appena la persona bisognosa di abbeverarsi terminò di bere. Poiché in sentimento di aridità e sete, questa persona domandò alle due persone un terzo bicchiere d’acqua. Questo terzo bicchiere d’acqua tardò ad arrivare. Tuttavia giunse comunque, questa volta in un singolo recipiente ed in quantità analoga ai contenuti dei precedenti bicchieri. Una tra le due persone che consegnarono l’oro blu scisso nei due recipienti disse:

“Non ti sei domandata/o perché l’acqua ti è stata consegnata in due recipienti in egual misura? Avresti potuto domandare se non per la tua urgenza di abbeverarti.”

La medesima persona aggiunse: “ Nel primo recipiente vi è una certa quantità di oro blu, nel secondo recipiente vi è la medesima quantità di oro blu e le qualità delle purezze dei liquidi sono le medesime. Tuttavia io ti consegno la verità che uno dei due recipienti custodiva una realtà più preziosa. “

Sorpresa la persona che si abbeverò domandò chiarimento.

La stessa persona continuò:”

Vedi, c’è un motivo per cui io argomento altresì per la persona che ci sta accanto. Allora te domandasti ad entrambi noi di aiutarti poiché risultavi bisognosa di abbeverarti.

Ed entrambi abbiamo accolto la tua richiesta. Tuttavia, io che  sto parlando sarei in facoltà di donarti migliaia di litri di oro blu, la persona che ci sta accanto ti ha regalato le ultime stille del suo oro blu, pertanto il recipiente che custodiva le sue stille aveva in relativo paragone reciproco dei beni dedicati un valore immensamente rilevante.

In secondo luogo non ti sei domandata/o perché il secondo bicchiere è tardato ad arrivare?

Ti rivelo ciò che accadde, io che ti sto parlando mi sono assunto la responsabilità di non assolvere alla tua ulteriore richiesta, ho ritenuto che l’oro blu che ti abbiamo primariamente donato fosse sufficientemente dissetante.

Tuttavia di buon cuore la persona che ci sta accanto non la pensò come me, ha voluto ulteriormente aiutarti, tuttavia non poteva poiché era priva di stille.

Allora la persona povera ebbe una idea, accadde allora che questa persona di buon cuore svolse alcune mansioni per me affinché barattassi in grazia del suo operato le stille di oro blu che ti ha donato.

I miracoli del reale non sono sempre manifesti, secondo questa parabola nominiamo il miracolo

“Il paradosso dei vuoti empienti” perché domandò l’oratore?

La persona che si abbeverò si dimostrò grata e coscienziosa verso entrambe le persone che la aiutarono dimostrando di avere compreso l’insegnamento dell’oratore disse:”Ci sono persone che amano quando necessiterebbero di essere amate, ci sono persone che aiutano quando necessiterebbero di essere aiutate, ci sono persone che curano quando necessiterebbero di essere curate, ci sono persone che dedicano ri-conoscimento e che si prendono cura mentre restano invisibili e trascurate e che pertanto necessiterebbero di ricevere cure e riconoscimenti, ci sono persone che hanno perso le parole, che avrebbero bisogno di ricevere e di leggere lettere e che miracolosamente le scrivono e le consegnano, ci sono persone che necessiterebbero di un abbraccio ed allora lo raggiungono regalando loro stesse un abbraccio.

 

 

 

Vi è in secondo luogo un secondo miracolo, lo nomineremmo il miracolo del “riconoscimento matrioska”, vedete, vi sussistono diversi livelli di coscienza della realtà - siamo incantati dal consiglio della bontà valoriale del conformismo, ovvero crediamo una realtà valida solamente perché ri-nomata e rinominata da molte persone, ma questo è solamente lo strato più superficiale della matrioska percettiva, in relazione alla svalutazione delle realtà sconosciute messe all’angolo. Esistono sguardi accorti che sanno riconoscere il valore delle qualità di queste realtà nonostante il loro status di abbandono alla solitudine, accadde che la gente trascurava le opere, in particolare gli orologi di un povero artigiano orologiaio verso cui incombeva presto o tardi la decadenza del fallimento - tuttavia l’uomo perseverava la sua creatività senza guadagno mostrando le sue opere ai passanti delle rinomate e frequentate vie cittadine di Ginevra, tuttavia un giorno Per Hans Wilsdorf il fondatore della ben nota marca di orologi Rolex, notò le creazioni, gli orologi dell’uomo fatiscente. Per Hans Wilsdorf fu l’unica persona che ebbe mai lodato le sue creazioni. Gli pronunciò un complimento sublime, infatti gli disse: “Questi orologi sono qualitativamente a pari altezza dei miei Rolex e dei miei Tudor.”

Per Hans Wilsdorf domandò all’artigiano non solamente di lavorare subordinatamente per lui, bensì di collaborare con lui nei suoi uffici creativi per ottimizzare la qualità dei Rolex.

 

IV

 

NUOTARE IN CIELO

 

Raccontiamo di una esperienza di “Fenice”, l’oracolo del ritorno di Now-landia ad Albalandia.

Ad Albalandia accadono realtà fantastiche, magiche che ispirano la sorpresa e la curiosità, queste singolari caratteristiche di Albalandia dipendono dalla eccentricità dell’oracolo del futuro fluttuante di Albalandia, una creatura realmente surreale che dedica ai suoi abitanti il dono del compimento dell’impensabile, dell’impossibile, il regalo della speranza fiduciosa avvenirista nella realizzazione del mistero.

La fluttuazione è la facoltà magica che irradia di sfumature di possibilità le realtà che si giudicano irrealizzabili.

L’oracolo del futuro fluttuante di Albalandia è una creatura gioconda, è Exocoetidae, il pesce volante, una creatura che precedentemente alla sua metempsicosi oracolare conquistò i cieli in grazia di una intelligenza singolare, la facoltà del volo le fu assimilata quando egli si trovò in una situazione di pericolo, nelle acque marine uno squalo scelse come sua preda Exocoetidae, il pesce ancora non sapeva di sapere volare tuttavia riconosceva istantaneamente che lo squalo nuotava più rapidamente di lui, allora per sfuggire allo squalo il pesce raggiunse con tutte le sue energie la superficie marina, non appena ne varcò il limite si sentì proiettato verso il cielo, in cielo questa creatura si sentì sostenuta dall’inerzia motrice che ebbe conquistato nuotando i mulinelli marini, in n istante di sospensione in aria la fragile creatura sapeva che se fosse ritornata subito nelle acque sarebbe caduta preda dello squalo, così ebbe l’intuizione di nuotare nell’aria, allora vibrò energicamente le sue pinne talvolta planando, talvolta volitando, talvolta volando, la fragile creatura ritardò il suo nuovo ingresso nelle acque, sì non appena questa stanca creatura ritornò in mare lo squalo non la attendeva più.

Questa rara creatura riposò per alcuni istanti, successivamente comprese di avere acquisito una rara abilità che con intraprendenza affinò e temprò, proiettandosi in cielo lestamente, modulando il battito delle sue ali ed incrementando la forza del battito delle sue pinne comprese che poteva elevarsi in cielo e rendere vasto il suo volo ed il tempo di permanenza in cielo. Infine questa rara creatura riuscì a volare analogamente alla sua facoltà di nuotare allora non manifestando alcuna variazione nel movimento in mare ed in cielo, questa creatura allora nuotava le onde del mare e nuotava le correnti ventose, volava i tornado marini e volitava allo zefiro primaverile. Fu allora che questa creatura conquistò la metempsicosi ad oracolo del futuro fluttuante.

Ad Albalandia Fenice incontrò Exocoetidae, l’oracolo del futuro fluttuante che si dimostrò verso Fenice accogliente e disponibile affinché potesse condividere ed insegnare a Fenice alcune sue mistiche rivoluzioni ad Albalandia.

 

Exocoetidae disse a Fenice: “Sono qui ad insegnare ulteriormente, insegno la fede nel fantastico ed il credo nella possibilità dell’impossibile, poiché queste mentalità mi hanno salvato la vita e mi hanno elevato spiritualmente.”

Exocoetidae condusse Fenice ad una esibizione teatrale.

Exocoetidae predisse a Fenice: “ È il/la marionettista a muovere la marionetta o è la marionetta a muovere il/la marionettista? “

La esibizione teatrale ebbe inizio.

La marionetta apparì così avversa all’autonomia del marionettista che sorpreso/a dovette affrontare la sua irresolutezza: Egli/lei allora constatò che i fluidi movimenti delle dita della sua mano non coincisero con la fluidità reattiva della marionetta - I suoi complessi meccanismi sembrarono procrastinare il gesto orientativo del/della marionetta che allora dimostrò facoltà propriamente e paradossalmente autonome e umane.

 

L’ AUTONOMIA DELLA MARIONETTA PROTAGONISTA DI ALBALANDIA

 

Il/la marionettista ora e nuovamente tentenna all’inerzia dei meccanismi degli arti della marionetta, il/la burattinaio/a vede allora con sconcerto essere cortocircuitata la perfezione della esibizione teatrale che aveva calcolato e previsto con matematica certezza - ed è proprio grazie all’autonomia della marionetta che l’opera teatrale tragica del marionettista risultò al pubblico una commedia poiché i fili mediatori degli ordini si attorcigliarono, all’ordine del/la marionettista del passo sommesso e tristo della marionetta la marionetta rispose saltellando, inciampando nei suoi stessi fili (I fili sono della marionetta, mai del/della marionettista) , un bambino ora ride dicendo: la marionetta sta ballando! Non è triste questa tragedia!” Una bimba del pubblico constata gioiosamente:” La marionetta sta volando verso di me! “

 

 

 

Allora la sorpresa che la marionetta trasmise al pubblico pagante implicò la loro gioia: il pubblico sorrise, pianse di commozione e applaudì sorpreso di non aver assistito alla tragedia per cui ebbero pagato. I più severi che assistettero all’esibizione teatrale intravvidero l’inesperienza del/della marionettista,

Il/la marionettista ordinò alla marionetta: “ Sii tragedia!” e la marionetta rispose “Non voglio rattristire e incupire il pubblico, voglio farlo sorridere, allora scelgo di essere commediante.”

Il/la marionettista pensò tra sé e sé:

“Questa marionetta è guasta. Non risponde ai miei ordini.” mentre la marionetta, che già stava tra sé e sé sperimentando la animosità della autonoma umanità - rispose alla constatazione: “Non sono guasta, sono libera; e seppur te mi consideri guasta, liberami da te così compirai te medesimo la mia libertà.”

Il/la marionettista allibì - “la mia marionetta dovrebbe tacere e ubbidirmi!. Come può criticare i miei gesti e confutare i miei dettami!”

Il/la marionettista generalmente stimato esperto della sua facoltà di ordinare i gesti d’esibizione del fantoccio fu ora criticato, diversamente la marionetta fu lodata e divenne la protagonista di una esibizione che lei stessa ebbe orchestrato ed interpretato. Allora accadde una nuova magia, quale? Non soltanto che la marionetta fu marionettista del suo marionettista, bensì altresì si avverò che la marionetta fu creativa delle reazioni di sorpresa e gaudio del pubblico pagante, il pubblico ironizzò sull’accaduto al termine della commedia consegnando il denaro dell’ingresso in teatro non al/alla marionettista, bensì proprio sul palco alla marionetta che ebbe destato la loro curiosità, la loro sorpresa ed il loro sorriso.

La forza della reattività contrastante e autonoma della marionetta fu l’avverarsi in sé e per le altre persone delle caratteristiche umane che dimostrò la marionetta ed insieme la magia che già conoscemmo avverarsi in “Pinocchio”, ovvero l’animazione del fantoccio eteronomo dipendente che diviene solamente grazie a lui stesso persona umana autonoma ed indipendente.

 

 

Ciascuno di noi nel corso della sua vita è sia marionetta sia marionettista, sovente lo siamo sincronicamente, tuttavia la marionetta non vincola il marionettista a lei, allora nella misura in cui dovessimo divenire marionettisti sogneremmo le nostre marionette libere, facoltose di liberarsi.

 

LA FISICA DELLA VOLONTÀ

 

La fisica dei quanti

Ultra empowering view

La vista della meccanica dei quanti.

Quando osserviamo qualcosa noi collassiamo una funzione d’onda.

La coscienza orienta sé stessa mediante la lente dell’osservazione, l’orientazione cambia il modo in cui interagiscono le particelle sulla base delle nostre aspettative attenzionali/intenzionali.

Quantum Baiesianism o quantum qbism theories.

La realtà non cambia dalla osservazione la realtà  è la osservazione.

Ciò che cambiano sono i nostri pensieri e le nostre credenze che traspaiono mediante le previsioni mentali di future probabilità che agevolano l’avverarsi delle realtà che abbiamo pre-orientato e pre-detto - Ma la facoltà previsionale una risonanza di ciò che è - Queste probabilità già esistono, e aggiorniamo la nostra coscienza e consapevolezza sulla base di queste probabilità consolidando i contenuti dell’immediato futuro.

I cambiamenti dei macro sistemi sono i cambiamenti infinitesimali dei microsistemi.

 

IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO

NEL TEMA DELLA CREATIVITÀ

L’atto immotivato è catartico in situazioni di inerzia e di inazione, pertanto il semplice atto non realizzato poiché è effetto di una causa di intraprendenza attitudinale, bensì l’atto compiuto nonostante la carenza di intraprendenza psicologica innesta il primo anello della catena delle reciprocità attitudinali che è garante del florido, facoltoso e metodico divenire attitudinale creativo.

AMORE EGIZIANO AD ONEIRIC-LANDIA

I

LA METEMPSICOSI DI RA

 LA LUNGIMIRANZA DI SPERANZOSE PREDIZIONI

 

Il dio oracolare Fenice giunse ad Oneiric-landia dove incontrò il Dio oracolare Ra. Le due divinità oracolari si incontrarono oltre il portale della nobilitazione in un ambiente onirico surreale in cui non solo la gravità era invertita, bensì altresì il cielo e il terrestre. La divinità oracolare della fenice ebbe sentimento di divenire solenne, leggera, eterea, come se lei fosse solamente un fuoco giocondo, la gravità non le era più avversa, bensì amica. La divinità di Oneiriclandia era il dio egizio Ra –

Il Dio Ra raccontò a Fenice il processo di elevazione, le sue origini e le sue attitudini divinatorie che lo glorificarono tra le più illustri ed onnipotenti divinità oracolari.

 

“Questo è il racconto di una importante musicista  e di un passante lungimirante. In verità raccontiamo nell’eclettismo nelle arti ed in verità di un modo di vedere ulteriore che dedica maggiore dignità e fiducia creativa. Il percorso creativo dei musicisti non è univoco bensì consiste nell’approfondimento del coinvolgimento armonico di una molteplicità di strumenti, il passante lungimirante ebbe questa particolare intelligenza.

Una musicista, quando si incontrò con un passante, portava con sé un violino custodito nella sua custodia.

Questa musicista non era rinomata, nessuno la conosceva se non i suoi professori e compagni di studio musicale. Questa musicista era sempre stata una pianista, infatti studiò pianoforte sino dalla tenera età di cinque anni. Tuttavia negli anni di studio imparò a suonare il violino, fu proprio durante la giornata in cui incontrò il passante lungimirante che accadde la rara circostanza in cui alla pianista fu domandato di esibirsi come violinista.

Nel tempo dell’incontro tra il passante lungimirante e la musicista accadde una curiosità.

Il passante sconosciuto salutò la musicista dicendole : “Signorina che suona il pianoforte. {Grazie}.”

I passanti sorrisero al passante notando l’assurdità di quanto stesse dicendo. Il passante lungimirante riuscì a comunicare alla giovane gratitudine e speranza semplicemente con il tono di voce pro-positivo.

Lei si domandò in cosa consistesse la gratitudine del passante lungimirante. La musicista ebbe una reazione sconcertante, sospese il passo, poggiò la mano libera sul viso e pianse.

In verità la giovane dovette vendere il pianoforte della sua infanzia per mantenersi ed erano alcuni anni che non suonava il pianoforte.

Il dono del passante lungimirante era forse un grazie anticipante, sì egli avrebbe pre-detto e pre- visto lei in esibizioni orchestrali illustri alle quali il passante lungimirante non avrebbe partecipato, egli avrebbe ringraziato in anticipo per un dono che non avrebbe ricevuto in prima persona ovvero per il bene comunitario {in grazia} dell’operato della musicista.

Ed in secondo luogo le sue congratulazioni sarebbero state pre-visioni che le sue esibizioni sarebbero state eccellenti nonostante egli non vi avrebbe partecipato.

In terzo luogo il passante lungimirante avrebbe ringraziato perché nonostante non sapesse nulla della persona che portava con sé la custodia del violino, ebbe aprioristica fiducia nella sua resilienza, metodicità, e diligenza creativa che erano esse stesse successi risonanti di future realizzazioni illustri, sì queste modalità attitudinali creative erano tali da garantire che la alunna fosse insegnante non solo ai suoi maestri bensì a chiunque.

Inoltre il passante si dimostrò lungimirante e perspicace; nella musicista egli aveva intuito una

Ulteriore verità, la musicista manifestava sicurezza, resilienza e tempra creativa che tuttavia con ogni probabilità potevano essere manifestazioni finte o temporanee.

In verità la musicista era sul punto di rassegnarsi, avrebbe smesso proprio quel giorno di suonare poiché la sua arte non le dava nemmeno un minimum di sostentamento e la somma necessaria a pagare i suoi studi.

Il passante lungimirante ebbe proiettato il suo talento verso un compimento divino, surreale, nonostante fosse la realtà, che in verità il passante lungimirante ebbe inteso profondamente.

 Una fondamentale sorpresa fu che il dono maggiore lo dedicò il viandante alla musicista.

Fu grazie al comportamento del passante lungimirante che la musicista non smise di suonare. Lei dovette lasciare gli studi ma tuttavia continuò a studiare da autodidatta ed a esibirsi in piazza.

Ciò che ora scopriamo è che il viandante lungimirante è un illustre compositore, direttore d’orchestra, produttore discografico e gestore di concerti.

Fu vero infatti che il viandante lungimirante e la musicista non si incontrarono più.

Ed in verità non fu del tutto vero che essi non si incontrarono più.

Infatti accadde che la povera musicista divenne una tra le più illustri pianiste e violiniste conosciuta per le sue impeccabili ed eccellenti esibizioni.

Un giorno mentre lei suonava il violino in piazza una giovane mandata dall’uomo lungimirante che incontrò alcuni mesi prima le offrì un contratto discografico e la possibilità di essere protagonista di numerosi concerti.

II

ONEIRIC – LANDIA – L’esperienza immersiva del sogno

Un anello levitava cingendo la divinità Ra e da questa aureola erano irradiati miriadi di Ankh, i simboli di vita che nel percorso di irradiazione si plasmavano ciascuno in realtà donatrici diverse, Ra, Dio Sole del dono e della condivisione manteneva l’equilibrio del reale e del surreale, sì le realtà donate Ankh oltrepassavano il portale della nobilitazione affinché raggiungessero il reale, le realtà Ankh di Ra divenivano qualunque realtà catartica alla realtà, esse divenivano pioggia per abbeverare la natura, divenivano raggi luminosi, divenivano idee per ispirare gli umani, mantenevano le loro sembianze oniriche per permettere agli umani di sognare, divenivano arcobaleni per colorare i paesaggi.

 

Essi divenivano diamanti cadenti dal cielo per salvare la vita dei poveri, essi divenivano semi per rendere fruttuosi terreni incolti, essi divenivano ossigeno purificativo, neve leggera per ibernare, sigillare e custodire le nature che le aridità avrebbero arso. Ra impersonando la mentalità umana disse al Dio della resurrezione Fenice: “La creatività di quella persona non la ferma nessuno.” Perché è consuetudine normale il fermare ed una rarità il promuovere?  Dovrebbe sussistere per ciascuno di noi una gravità inversa che ci eleva, una resilienza non implosiva in noi bensì propulsiva in grazia di numerosi riconoscimenti delle persone prossime a noi che sostengono ciascuna nostra creatività per proiettarla, orientarla a beneficio di chiunque, perché allora parallelamente si comprende che coloro che fermano limitano loro stessi del beneficio della persona verso loro che ritorna in misura ed in qualità inferiore rispetto alla plausibilità di un ritorno creativo, catartico, gratuito ottimale fondato invece sulla esistenza della variabile del loro riconoscimento propulsivo per la creatività personale attribuita esteriormente. La elevazione creativa, relazionale, economica, culturale, spirituale del prossimo grazie a noi stessi è la nostra elevazione creativa, relazionale, economica, culturale, spirituale.”

Il Dio Ra ed il dio Fenice esemplificarono agli umani la facoltà del dono inestinguibile, Fenice disse di essere lei medesima immagine del fuoco ri-ardente, la costante gratuità del Dio Ra era exemplum di valori verso i quali gli umani erano chiamati ad ottemperare.

Siamo a noi gravità inverse, siamo per noi come la gravità amica che sostiene e non si avversano a noi.

 

Mondo onirico parallelo delle nuove possibilità

La fine è nuova vita resurrettiva, è lo spirito della tensione del ritorno della relazione dalla solitudine dei cieli alla relazione onirica terrestre.

Dalla prospettiva degli osservatori che si trovano nella piazza delle verità la fine è una ascensione sì sono rari i miracoli elevativi che accadono solamente quando gli umani assolvono all’esame di purezza e leggerezza spirituale di Anubi, gli umani che varcano il portale si elevano in grazia della gravità inversa.

Tuttavia dalla prospettiva divinatoria di Ra la momentanea fine resurrettiva è discentiva, poiché dal cielo onirico gli umani elevati discendono alla simmetrica verità onirica terrestre vivendo similmente e nuovamente le medesome esperienze contestuali che esperirono nel mondo reale sì da avere nuove possibilità di miglioramento attitudinale e di felicità, gli umani elevati possono ritornare al portale della nobililtazione semplicemente domandando la mediazione di un Ankh di Ra che realizzano la morfologia di barche solari dei milioni di anni. L’attraversamento del portale è pertanto reversibile e le rivoluzioni spirituali delle metemsicosi tra mondo reale e mondo onirico non inducono la perdita della memoria, pertanto quando si attraversa il portame si realizza un incremento esperienziale del meglio agire.

Ra è sì benevolo da permettere agli uomini elevati la mistificazione temporale, la distorsione spazio-temporale avviene nello spazio infinitamente infinitesimo del limite delimitato dal portale della nobilitazione, così gli uomini e le donne elevati possono imparare dai propri limiti attitudinali e ritornare alle medesime coincidenti simmetriche situazioni reali per porvi rimedio. La ri-presentazione del passato nel presente è semplicemente un ritorno alle origini, una complessità di idee realizzabile mediante memoria resurrettiva immanente. La memoria è immortalità, noi siamo orizzonti degli eventi, siamo diacronie, viaggiamo mediante la memoria attraverso il tempo.

 

III

EXEMPLUM DEL DIO ORACOLARE RA

 

Il Dio Ra dona un esempio nel mondo di Oneiric-landia a Fenice da cui può imparare Amore.

L’AMORE DI SHIVA E DI ABEL E LA PSICOSTASIA DELLA VITA

L’accesso ai valori di oneiric-landia non è radicalmente selettivo, ciascuna soggettività umana spirituale può dedicare infiniti tentativi al fine di accedervi. Tuttavia la elevazione spirituale è una combinazione complessa da raggiungere e tuttavia semplice.

Anubi esemplifica la semplicità complessa mediante l’esempio di dimostrazione di miriadi di pagine di complessi si assiomi logici della univocità della verità della somma di due unità:

1+1=2

PRINCIPIA MATHEMATICA TO56 |ALFRED NORTH WHITEHEAD E BERTRAND RUSSELL|

(Il flusso laminare stazionario è un esempio di semplicità complessa, la complessità della semplicità implica la futilità dell’opinionismo, avere una opinione non significa sapere una verità è può implicare congetturalismi ed invenzioni false e falsficanti dannose)

Il giovane Shiva provò ad accedere al portae, tuttavia non vi riuscì, la sua anima era infinitamente più pesante della piuma.

Shiva dedicò miriadi di giorni alla cultura ed alla meditazione spirituale e riprovò ad accedere al portale, la sua anima si era ulteriormente alleggerita, tuttavia pesava ancora di più rispetto alla piuma.

Fu in questa occasione che incontrò la giovane Abel che si apprestava ad affrontare il portale, altresì lei fu rifiutata nonostante si dedicasse quotidianamente alla preghiera facoltosa ed ispirativa.

I due giovani adottarono elevati livelli di bontà attitudinali al fine di raggiungere la meta della elevazione.

Ma per molto tempo non vi riuscirono.

Era notte, all’alba Shiva ed Abel avrebbero nuovamente affrontato Anubi e Maat.

La psicostasia della vita è nota come “pesatura del cuore”.

Se il cuore e la piuma si fossero eguagliati, o se il cuore spirituale pesasse meno della piuma di Maat allora le divinità si sarebbero convinte della rettitudine del candidato all’elevazione, il quale avrebbe perciò potuto accedere alla vita eterna divenendo beato.

Shiva disse ad Abel:

“Da soli non oltrepassiamo il portale, proviamo a presentarci insieme.”

Abel rispose:

“È un assurdo! Se ciascuno dei nostri cuori spirituali pesa di più rispetto alla piuma di Maat, non può esistere che i nostri due cuori pesati insieme pesino di meno della piuma.”

 

Shiva:”Proviamo, poiché la nostra meta sia restare insieme nel mondo reale e non oltrepassare il portale, se le divinità ci doneranno Oneiric-landia avremo ottenuto la sorpresa del compimento del nostro sogno.“

Abel e Shiva all’alba si presentarono ad Anubi ed a Maat donando entrambi i loro cuori spirituali e domandando ad anubi di soppesarli insieme.

Shiva e Abel si abbracciarono al cospetto delle divinità giudicanti Anubi e Maat e le loro anime si unirono.

Essi miracolosamente fusero i loro cuori che divennero più leggeri.

Anubi soppesò i due cuori e non sorpreso comunicò a Shiva ed a Abel che le loro anime pesavano meno della piuma di Maat – Anubi aggiunse: “Un prerequisito all’ accesso ad oneiric-landia è imparare a sognare, inoltre è fondamentale comprendere che la sublimazione di tutte le mete è l’accorgimento della esistenza della vita presente è la meta pre-messa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’AMORE ANTICIPANTE

 

La mentalità del Successo affettivo può degenerare nelle idee che orbitano su un principio di finalità decontestualizzati, fuori dal tempo, ovvero in un futuro lontano.

Pertanto ci giustificheremmo secondo questo argomento:

 

“Non capisco perché crei una relazione se la meta finale non sia il matrimonio, o l’amore, o l’Amicizia. Dovresti elevare i tuoi ideali. Se non sei pronto/a per il Matrimonio, per l’Amore, per l’Amicizia non sei pronto/a per il primo incontro.

Altrimenti realizzeresti solamente incontri occasionali, ma per quale fine di caducità?

La occasionalità significa “prendere in giro” le persone, altrimenti perché ti incontreresti? Per divertimento? Se vuoi divertimento scegli una passione. Non usare il cuore di una altra persona per divertimento.”

 

CONFUTAZIONE DI QUESTO ARGOMENTO

 

L’abbraccio agli spettri

La maturità è indice di una visione di senso olistico, non è una maturità la valutazione univoca one sided delle relazioni a lungo termine, bensì è indice di maturità il saggio criticismo e l’impegno nella ricerca dei modi e del senso per cui le relazioni a breve termine sono fondamentali. Si capisce che la creazione di qualunque relazione, l’inizio di qualunque relazione proprio in atto della sua nascita ed in atto di risolvere la solitudine universale – debba essere non finalizzata; la causa prima il motivo relazionale deve essere la creazione, la meta prima relazionale non deve consistere in probabili e non certi futuri step da raggiungere, deve essere proprio la meta prima relazionale la nascita e la esistenza medesima della relazione non solamente sull’anacronistico futuristico divenire improbabile o impossibile della relazione.

 

 

 

Non capiamo che ci proiettiamo verso improbabilità inesistenti e fondiamo questa proiezione illusoria come fondamento decisionale presente? Pertanto osserviamo un prato di germogli sani e li immaginiamo non in facoltà di divenire fiori, allora radiamo il prato. Oppure osserviamo un prato di germogli ed un fiore tra i germogli. Raccogliamo il fiore e radiamo il prato poiché i germogli non sono già fiori. Inoltre qualunque labilità relazionale non deve assumere più rilevanza fattuale della relazione che è il bene da tutelare. Dedichiamo troppa attenzione, importanza e rilevanza al tradimento ed ai suoi corollari, una rilevanza di cui non sono degni. Nella misura in cui proibiamo a noi stessi ed alla nostra relazione il confronto psicologico con gli errori relazionali, meno sappiamo gestirli, assimilarli e superarli, allora esigiamo di terzi affinché ci insegnino a confrontarci con noi stessi e con realtà che ci sono state allontanate in lode di mindset di protezionismo, di moralismo e di proibizionismo, sì in età adulta se dovessimo incontrare realtà eccentriche saremmo come bambini ancora in atto di dovere imparare le prime lettere del loro alfabeto. Allora dobbiamo sia allontanare, sia avvicinare i corollari delle labilità relazionali, ma in valore di due corrispondenti prospettive: Dobbiamo allontanare i corollari della fine relazionali affinché noi li possiamo percepire piccoli, infinitesimi, non eccessivamente gravosi sulla nostra resilienza relazionale, il danno non deve essere più rilevante del bene, la integrità relazionale prescrive altresì la sospensione relazionale, la resurrezione relazionale, la auto-cura della ferita relazionale, pertanto non accogliamo il tradimento ed i corollari della caducità relazionale come flow che ci dividono ulteriormente ma come opportunità di spazi marginali conciliativi, poiché sceglieremmo di sognare il sogno lucido di un incubo solamente per assuefarci alla sua paura, molteplici sono le situazioni in cui richiamiamo, semplicemente nominiamo le negatività, o le tacciamo subliminalmente indicando che “Non se ne deve parlare” al solo fine di reiterare il nostro evitamento, un evitamento che pagheremo caro se il suo contenuto dovesse sceglierci come protagonisti –

 

 

Diversamente i più saggi ritornano al loro incubo, per incontrare e conoscere gli spettri che vi abitano per assimilare, convertire, purificare la loro ontologia, per approfondire il sogno negativo, riqualificarlo, ridimensionarlo, ciascuno è ricco dei percorsi che affronta, miracoloso è colui che converte in potenzialità creative le esperienze negative . – La sublimazione del per_dono è il perdono dei corollari del tradimento e della fine relazionale come forma tutelativa del bene relazionale. Dobbiamo avvicinare i corollari della fine per renderli nostri maestri di vita, essi sono i maestri più severi, coloro che ci mettono maggiormente alla prova e tuttavia i maestri da cui possiamo imparare maggiormente nella misura in cui ci relazioniamo con loro. Sovente le nostre paure sono conformi – Non sarebbero nostre e tuttavia divengono nostre secondo conformismo in quanto ci viene indotta la tendenza dell’evitamento e della paura nei confronti di realtà che si manifesterebbero docili se solo glielo permettessimo – è infatti provato che attitudini di passività dell’osservatore inducono incattivimento – Mediante questo flow di incattivimento le realtà che severamente si presentano a noi si ripresenteranno maggiormente severe e cattive proprio perché le avremmo evitate ed ancor più severe nella misura in cui persiste il nostro evitamento. Un uomo saggio volle sognare nuovamente il sogno lucido di un incubo che lo ferì, si ritrovò nella medesima cupa dimensione, gli spettri ovviamente lo misero nuovamente alla prova reiterando la medesima situazione lesiva – nulla nell’ambiente onirico sembrava cambiare se non il miracolo del cambiamento attitudinale del sognatore, sì poté realizzarsi che gli spettri cambiarono radicalmente le loro attitudini verso il sognante secondo un flow attitudinale di accoglimento, di conforto, perché accadde questa singolarità?

Perché il sognatore fu maestro di perdono e di attitudini sovversive nei confronti degli spettri che lo ricompensarono lautamente, per due motivi, il primo è già citato, l’insegnamento di verità che gli spettri non conoscevano, il secondo motivo è indotto da una visione attitudinale olistica degli spettri, gli spettri conoscono infatti la resilienza del sognante e lo lodano in quanto lui ha dimostrato di essere di livello ulteriore rispetto al loro.

 

Lo spettro che riceverà affetto da voi vi sarà riconoscente nella vita donandovi le sue energie, i suoi poteri sublimi nella misura in cui voi siate facoltosi nel gestirli e purificarli. Il termine tradimento è in condivisione semantica con il termine traduzione – Secondo questa accezione il tradimento sarebbe caratterizzato come una manifestazione di verità. Questo breve trattato non loda il tradimento come valore attitudinale bensì è in atto di considerazione della esistenza delle labilità attitudinali relazionali, in atto ed in valore di approfondirne le singolarità per flessibilizzare la mentalità avente meta la resilienza relazionale. Sì possano essere assimilate le maturità necessarie alla resilienza della relazione. Usufruiamo del mindset di “invarianza” (non di inesorabilità di finitudine relazionale) nei confronti dei corollari della fine relazionale – tuttavia non esperiamoli come “se non esistessero” dedichiamo una “invarianza accorta”, sì otterremo tre valori la resilienza relazionale (Resurrezione relazionale) , la dimostrazione del valore del perdono, e la saggezza della conquista dell’imparare. Il criterio di “discesa nell’incubo” è una questione delicata seppur degna di essere citata, è una opportunità che deve essere accorta con accortezza e con previa saggezza, si sa, gli spettri sono imprevedibili, essi ad esempio potrebbero bloccarci nel loro abbraccio e nel loro incubo, potrebbero assuefarci al loro sogno, sì la vita non deve essere abitudine al sogno di incubi bensì inno di sogni irenici, tuttavia si rende chiaro che la onnipresenza di un ambiente irenico non tempra al perdono, la abilità del perdono può essere assimilata solo se vi sono realtà da perdonare ed in verità le realtà in cui siamo chiamati alla possibilità di scelta del non perdono sono le nostre possibilità di dimostrare perdono.

Lo abbiamo compreso, inaugurando elevati livelli sublimi come l’Amore, l’Amicizia creiamo danni relazionali ingenti, vediamo perché.

Poiché elevando la asticella della pretensione di sublimazione attitudinale. Primariamente diventiamo radicalmente selettivi, severi, talvolta dimostrando aggressività passive verso non solo le relazioni, bensì verso le persone verso le quali riteniamo non siano appunto all’altezza dei nostri ideali.

 

Pertanto aumentano le probabilità di ferire le altre persone. ln secondo luogo subconsciamente e paradossalmente feriamo noi stessi perché la nostra abitudine verso il rifiuto nei casi più gravi ossessivo compulsivo si ritorce sulla nostra sanità relazionale.

Argomentiamo la confutazione dell’idea contestualizzata “Dovresti elevare i tuoi ideali.”

Pertanto anticipiamo – la elevazione degli ideali relazionali consiste nella nascita, nella crescita, nella tutela, nella intraprendenza di qualunque relazione, altresì di quelle che non esistono riconosciuta la necessità di fondare i pilastri anticipanti degli inizi relazionali il cui principio è proprio la assenza relazionale.

Pertanto se la idea di elevazione di ideale dell’interlocutore consiste nella idea del raggiungimento della meta lontana improbabile assurda del Successo. Io attribuisco ad elevazione degli ideali una nuova concezione delle relazioni di contingenza, superficiali, fragili, occasionali. Rivalutiamo questo ultimo termine: La occasionalità – riflettiamo non sulla prospettiva di caducità della occasionalità bensì sulla prospettiva della occasione della occasionalità.

Allora metaforicamente pensiamo questa realtà, qualunque relazione passeggera ed occasionale è un nucleo relazionale relativo, “un piccolo matrimonio”. Cosi parallelamente attribuiamo i nostri  criteri creativo-tutelativi su qualunque nostra relazione, altresì e soprattutto su quelle maggiormente fragili passeggere e contingenti. Ad un incremento di Fragilità deve corrispondere un incremento di fattibilità restaurativa e ristorativa. In secondo luogo ogni realtà passeggera è passante, è una realtà che incontriamo è il Successo del succedere, dell’accadere effimero, pertanto spontaneamente si realizza una rivoluzionaria percezione e riqualificazione degli istanti relazionali presenti, del gesto cortese del cameriere sconosciuto che ci porta il caffè mattutino, della lettera che si trova nella nostra cassetta delle lettere non per caso ma per il gesto amoroso della postina che sceglie di perseverare il suo lavoro per noi, della persona sconosciuta che accoglie il nostro invito di incontrarsi ad un appuntamento per conoscerci, del noi che nonostante dovessimo perdere la voglia di invitare e di realizzare occasioni relazionali, invitiamo comunque.

Poiché è importante conoscere che invitando i nostri prossimi invitiamo noi stessi.

Sono atti passeggeri di amore non trascurabili, perché allora li trascuriamo inducendo  counting back to nihil” !?

Argomentiamo la confutazione della idea: “Se non sei pronto/a per il Matrimonio, per l’Amore, per l’Amicizia non sei pronto/a per il primo incontro.

Pertanto se innalziamo le idee innestate di timidezza e di ansia di rendimento a qualunque relazione. Secondo le parole suddette infatti si dimostra il nostro indotto self relational limiting.

Premettiamo che la implicazione del ragionamento suddetto è la generalizzazione del rifiuto relazionale.

In secondo luogo I’ “impreparazione. “ è un fattore illusorio.

La vita non è un esame. La vita è più complessa di un esame — l’esame è unicontestuale  la vita è

Multi-contestuale.

Vediamo un esempio, una mattina un giovane si presenta a scuola per rispondere alla interrogazione che sapeva di dovere affrontare. Tuttavia quando si presenta, il risultato della sua interrogazione risulta O. Il professore non sa che proprio quella stessa mattina il giovane ha salvato la vita di una persona ed il professore non sa che il giovane non ha studiato per la interrogazione perché è dovuto andare al lavoro per aiutare la famiglia a vivere.

Ulteriormente si addice che l’impreparazione è relativa ad una meta esclusiva non inclusiva — ovvero la uni-contestualità di preparazione/impreparazione esclude ulteriori prospettive degne di identità e di dignità valoriale.

In terzo luogo argomentiamo della relatività olistica delle idee sublimi. Noi citiamo Amore, Amicizia, Divino, Matrimonio — tuttavia ciascuna persona ha una complessità ideale unica e soggettiva diversa di questi olismi di sublimità — il dispiacere che ci facciamo è di misurare il nostro valore relazionale su questi soggetti soggettivi proiettanti verso il nonsense —

 

 

Precisando ci disponiamo di esigere e di riconoscere attitudini del prossimo coerenti o identiche al nostro ideale tuttavia sulla base della realtà che il prossimo non sia legittimamente a conoscenza della complessità del nostro e delle nostre categorie sublimi, queste esigenze sono sovente subconscie.

Pertanto crediamo di potere oggettivare realtà che non sono oggettivabili e di trattarle come oggettive  delle nostre relazioni.

Ma cosa è Amore? Amore non è una idea conformista, amore è una idea complessa diveniente soggettiva. Pertanto non vi basterebbero decenni per comprendere esattamente la soggettività ideale delle persone con cui ci relazioniamo, tanto è vero che le soggettività macro-contestuali sublimi si compenetrano tra loro insieme alle micro- contestualità passeggere di caducità.

L’incontro nuovo è un miracolo. Spieghiamo perché.

L’incontro nuovo può essere riconosciuto come ritorno relazionale e il ritorno relazionale è irenica resurrezione relazionale.

In secondo luogo il primo incontro è il miracolo della nascita.

Il paradosso è che strutturiamo le nostre idealità che dovrebbero pro-muove re le nostre relazioni come inesorabili ostacoli.

Una ulteriore verità è che siamo propensi a reagire ed a non agire, a pretendere ed a non in-tendere, privilegiamo infatti la pretesa alla intenzionale intesa. Pertanto se non intendiamo valori aggiunti non agiamo valori aggiunti e ci perdiamo da fermi.

Argomentiamo la confutazione di questo ragionamento

“Altrimenti realizzeresti solamente incontri occasionali, ma per quale fine di caducità? “

Se la non finalità è la sublimazione della finalità, i più illustri pensatori argomentano che in verità è amore il puro dono, ovvero le gratuità non “di pretesa”, pertanto il donare relazione nonostante qualsiasi altra evenienza e convenienza.

Procediamo verso il successivo livello di gratuità — il valore della gratuità del poco. Ed è proprio qui che incontriamo il valore delle occasionalità come nuclei intimi di timido dono relazionale.

 

 

Sappiamo bene che gli incontri passeggeri sono potenzialmente più importanti e arricchenti degli incontri a lungo termine nel caso in cui il lungo termine relazionale si fondi sulla procrastinazione affettivo conoscitiva-collaborativa-creativa.

Ed è da questa verità che dobbiamo partire per riqualificare flessibilmente le nostre quotidianità di molteplicità relazionali non nella ottica della esclusività privilegiante di poche relazioni ma nella accoglienza implementativa di tutte le relazioni. Non induciamo verso noi stessi la ferita della perdita (il diniego è una arma autolesiva)

Allora realizziamo il più possibile incontri occasionali di conoscenza, di amicizia, di affettività. Non rifiutiamoci a causa della idea della caducità relazionale, ma accogliamoci proprio in grazia della idea della caducità relazionale nella morfologia di compimento dei miracoli della nascita relazionale e del dono di libertà relazionale.

Riqualificando la soggettivazione sentimentale che rende possibile, importante e dignitosa la idea di amore a prima vista — poiché qualunque sentimento soggettivo non è confutabile da un percepiente esteriore inoltre rammentando che altresì i criteri di privilegio valoriale sono soggettivi (pertanto è in dignità inconfutabile di una persona il privilegiare la affettività occasionale immediata — ovvero non mediata, ma non mediata da quali realtà? Ad esempio dalle realtà delle credenze secondo cui è necessario raggiungere un minimum di conoscenza per relazionarsi, le medesime persone che non hanno ancora compreso che la conoscenza dialogico-affettiva immotivata è premessa della conoscenza, ci incontriamo per fare conoscenza non “se ci conosciamo è ammissibile incontrarsi, prescrivendo inoltre che non è a noi ancora oggettivamente chiaro (ed in verità la idea di conoscenza non è oggettivabile) cosa significhi conoscersi — poiché la Conoscenza è uno dei macrocosmi qualificativi sublimi decontestualizzanti fonti di diniego come i suddetti principi di Amore, Amicizia, Divino.

 

 

 

 

 

Inoltre vi sono studi neuro cognitivi secondo cui l’amore a prima vista è annesso come fondamentale facoltà catartica relazionale che si esprime nella reminiscenza di conciliazione del riconoscimento presente delle superficialità delle persone verso cui proviamo amore a prima vista con preesistenti intime realtà

Prescriviamo il motivo “della assenza di motivazione. “ come causa di volontà conoscitiva affettiva e relazionale — il semplice bisogno affettivo può essere fondante della ricerca relazionale affettiva, il fattore estetico sarebbe in tal caso un fattore superfluo e la meta sublime del Conoscersi un ulteriore superfluo. Vi sono studi di neuro-biologia che identificano la ricerca di relazione non causale e non finalizzata come indice di sanità psicologica, diversamente coloro i quali rifiutano la relazione sono qualificati come in stadio di attitudinale.

Pertanto la induzione di diniego verso coloro che vogliono conoscerci sulla base del nostro soggettivo discriminante della carente motivazione del loro comportamento di volontà di conoscenza verso di noi è indice che le altre persone sono sanamente intraprendenti verso di noi, mentre noi siamo dirimenti ed in status di relazionale.

Nominando inoltre la nostra abitudine fantasiosa di congetturare realtà che non esistono e di strumentalizzare al fine di finitudini relazionali.

Consideriamo le valenze ontologiche dell’amore a prima vista.

Se riconduciamo stima, qualità attrattive per la sola esistenza del prossimo.

In verità “Amore a prima vista” non è da stimare una evenienza percettiva fondante legami occasionali.

Ma è il primo pilastro dell’ Amore sublime, la meta lontana verso cui tutti aspiriamo la abbiamo tutti sotto gli occhi in ogni istante presente della nostra quotidianità. Amore non sarebbe infatti solamente una lontana meta di unicum relazionali raggiunti in seguito alla pre-messa di decenni di approfondimento conoscitivo relazionale esclusivo. Amore è il riconoscimento attiguo della dignità valoriale ontologica di qualunque persona.

Amore infatti non è una lontana meta — Se fosse cosi quali sarebbero i passi precedenti del percorso per raggiungere questa meta? Sarebbero attitudini potenzialmente non Amorose.

Poiché se instauriamo una meta lontana di Amore ne realizziamo miriadi di ostacoli che negano l’acquisizione della complessità di

Ma Amore è la semplicità complessa del presente passo pro-attivo — Amore è amore — sicché si realizza che anticipiamo i nostri ideali lontani di ipotizzabile compimento futuro nelle nostre facoltà di anticipazione e di attualizzazione — Pertanto “ Amiamo se amiamo”

Significano gli atti immotivati gratuiti di implementazione creativa.

Sicché noi non siamo solamente creativi di legami di relazione, bensì siamo altresì creativi di semplicità complesse ambientali.

Allora se compiamo nel presente ambiente amoroso noi e le persone che vi esistono sono promosse alla accoglienza reciproca ed alle qualità di Amore, sicché il volersi bene insensato ed anticipante è il clima situazionale necessario alla nascita e crescita relazionale.

Il dono maggiore che possiamo dedicarci è il riconoscimento di dignità ontologica incondizionata.

Non ci Amiamo e non ci valorizziamo a condizioni di o se siamo alla altezza di realtà ideali decontestualizzante e decontestualizzanti o di riconoscimenti di proprietà cortocircuitati, bensì la premessa di Amore, l’amore è fondamento delle più illustri modalità attitudinali per implementare, risorgere O nascere le nostre facoltà individuali e di relazione. Ecco perché “amore a prima vista” non è solamente da considerare come realtà possibile, bensì deve essere la nostra facoltà primaria, non è il “verso cui credere” da fondamenti zare , bensì è il credo fondamentale, il principio da cui dobbiamo sempre partire implementativo altresì per le situazioni di odio poiché in proprietà della ontologia di resurrezione che è flessibile alla profondità. Amore nella morfologia ontologica di amore raggiunge il “meno infinito” per positivizzarlo, passo dopo passo.

In secondo luogo “amore a prima vista” è una proprietà di mindset considerata come reminiscenza di esperienze passate che 0-sorgono nella percezione presente somigliante. Le realtà presenti sarebbero impressive di determinati fenomeni, odori. Colori, immagini che noi conserviamo in maniera inconscia e che la visione di una particolare persona risveglia.

 

È una realtà di immaginari risvegliati nelle forme di flessibilità temporali che si intrecciano tra inner e outside mindset e che realizzano dejavù.

Premessa la verità secondo cui non è doverosa l’obbligo di motivare i nostri comportamenti al prossimo in ottemperanza della tutela della nostra complessità sentimentale.

Una sanità relazionale prescriverebbe. Esemplifichiamo un esempio inconsueto.

“Nonostante non ti conosco ti amo. “

Alcune risposte conformiste sarebbero:

“Non mi interessa perché non ti credo o perché ritengo che sia impossibile. “

“perché? “

In primo luogo il disinteresse è indice di freezing attitudinale, di in-differenza nella morfologia di annientamento eteronomizzante della volontà o bisogno altrui. L’egoismo del non ascolto. “

Ln secondo luogo sceglieremo il “credo “ per non credere, il privilegio che dedichiamo alla diffidenza ritorna a noi nei tumulti di coscienza di evitamento.

L’evitamento è infatti la qualità attitudinale indice della non sanità psicologica di tipo “self induced isolation”, le occasioni negate.

Consideriamo la questione della motivazione.

Se la richiesta di motivazione è motivazionale è buona cosa.

Questo “Perché “ può essere denotato di fine inesorabile = “non è ammissibile che sia cosi. “

Oppure può essere un ponte verso la curiosità — il che è un passo relazionale buono.

Una risposta buona e legittima è pertanto

“Perché è”.

La esistenza è infatti indice della esistenza, della creazione, della creatività, del miracolo del succedere.

Tuttavia è necessario chiarirsi. E domandare. La supposizione di sapere è una orbita di congetture dannosa.

 

 

 

II valore qualitativo che attribuiamo alla relazione è sia mediato su un ragionamento di potenzialità della relazione (possibilità onnipresente) sia su un ragionamento di (reale bontà presente di ogni relazione.) (possibilità rara)

Un principio – la durata della relazione è una variabile soggettiva che dipende da noi e dalla nostra facoltà di impegno e di resilienza relazionale, tanto è che potrebbe accadere, ed i casi sono molteplici, che le relazioni in facoltà potenziale di inizio relazionale non le iniziamo tendono all’infinito i casi in cui ci fermiamo alla sconosciutezza.

Molti pensatori dispongono a prioritari i sistemi di lungimiranza, le relazioni a lungo termine sacrificando o stimando irrisorie, non rilevanti, indifferenti e superflue le relazioni più fragili. Passeggere a breve termine.

Tuttavia vi è una importante distinzione da fare un punto è il nostro di creatività e di resilienza attitudinale che è necessario dedicare a qualunque relazione (II coltivare costantemente Ciascuna relazione è fondamentale, ed è da rifiutare il sacrificio relazionale in causa del privilegio relazionale) sicché si possa realizzare che altresì le relazioni contingenti, occasionali e di circostanza siano in potenza in facoltà di divenire stabili a lungo termine, tuttavia affinché la resilienza relazionale sia fattibile risulta necessario anticipare la valorizzazione che dedichiamo alle reazioni occasionali.

Ebbene secondo la mentalità suddetta, le persone assottigliano al minimum i loro incontri relazionali in nome di una serrata selezione verso i loro prossimi – essi o non si incontrano dimostrandosi avversi verso la novità relazionale o dimostrano attitudini di finitudine induttive verso le relazioni contingenti, i germogli in atto di nascere e di crescere.

Ed allora non si riconosce il senso della comune pro-mozione di idee che valorizzino la Rarità del Successo sicché si dimostra elevata la probabilità di ognuno di non Succedere e di non succedere poiché solamente rarissime persone Succedono in mete assurdamente anacronistiche futuristiche e lungimiranti.

 

 

Dovremmo comprendere che primariamente ai nostri ideali sussistono i nostri bisogni adiacenti presenti di relazioni che siano catartiche al risolvimento delle nostre solitudini.

Ulteriormente confutiamo il pensiero:

“La occasionalità significa “prendere in giro” le persone. “

Abbiamo già sfiorato i motivi di confutazione di questa idea.

 

La occasionalità è compimento di rilevanza fattuale di creatività relazionale locale, non ipocrisia temporale, non è il “non mantenimento di una promessa ideale lontana. II semplice incontro è promessa assolta e realizzata. Vorremmo l’universo e non sappiamo raccogliere il valore dei petali e non abbiamo sentimento dei loro profumi. II petalo profuma ma Io assecondiamo al fiore.

Troviamo una prospettiva letterale sim-patica

II “Prendere. “ è il nostro raccoglierci, e simile al raccoglimento del petalo nonostante non dovesse rilevarsi profumato. Il prendere è il focalizzare della nostra attenzione, è il nostro dedicare ed attribuire riconoscimento, è il primo passo relazionale, è l’amore a prima vista ovvero la attribuzione di valore di dignità ontologica che fonda ogni altra creatività.

II nostro raccoglierci custodisce il valore del riconoscimento della nostra importanza in atto di essere in facoltà di indurre un miglioramento creativo.

“In giro. “ II viaggiare insieme. Ma soprattutto le nostre possibilità ulteriori. Vedete cosa significa anticipare amore? Citando possibilità ulteriori ho già oltrepassato gli scogli della non esistenza delle possibilità ulteriori premettendo allora ka nostra ricerca e conoscimento delle realtà di possibilità ulteriori.

Argomentiamo la confutazione delle parole:

“Perché ti incontreresti? Per divertimento? Se vuoi divertimento scegli una passione.”

Appunto, ci incontriamo proprio per divertimento, e per sceglierci come passioni.

 

 

Vi sono infatti verità di neuro biologia della relazione che indicano che la relazione è la nostra cura in quanto realizza fattualmente collegamenti del noi che defluiscono i nostri eccessi di overpressure e di over burdening multi-contestuale.

L’equilibrio pluricontestuale è in principio un equilibrio di comprensione di senso e la scienza dei sistemi complessi indica che la comprensione di senso è ottenibile solamente mediante i legami multi sistemici, contestualizzando nel contesto personale nel dialogo dialogico affettivo tra le persone non nella loro solitudine.

Le persone sono allora le nostre passioni.

È la passione, la passionalità ad essere caratterizzate dalla concupiscenza.

Concupiscibile

Che può essere oggetto di desiderio; atto a eccitare la concupiscenza: le cose c.; si presentavano alla sua fantasia.

Con senso attivo, tendenza dell’anima verso ciò che le si presenta come piacere (per es. verso la felicità, l’amore, ecc.); anima c. effetto dell’incarnazione dell’anima nel corpo.

La concupiscenza è la sostanza psichica motivazionale che neuro biologicamente è catartica poiché innesta le neurali proprietà chimiche che purificano, ringiovaniscono e che sono motrici causali della implementazione creativa delle facoltà reali e latenti neurali.

La fantasia collaborativa è una via ultra-sensoriale che realizza alternative risolutive.

Il piacere è neuro-biologicamente catartico.

È la tendenza dell’anima del noi è spiritualmente elevativa,

La corporeità, il tatto è la concretezza che rivoluziona ed empie le lacune ed i vuoti di cui possono essere denotate tutte le astrazioni culturali e sociali.

La incarnazione è il metodo induttivo di attualizzazione di concretezza del presente curativo delle astrazioni di tempo, decontestualizzazioni futuristiche o malinconie ancestrali e di spazio, la virtualità e le astrazioni intellettive.

Argomentiamo infine la confutazione della ultima idea

“Non usare il cuore di una altra persona per divertimento.”

Di questo principio io penso:

Una accezione positiva di “uso».

Se neghiamo la relazione induciamo immobilizzazione cardiovascolare, come realtà indotta alla immobilità di tipo di gelo attitudinale da solitudine.

La solitudine solitamente non è un assoluto, può esserlo nei casi purtroppo non rari di solitudine globale in cui per periodi di mesi o anni la persona abbia zero relazioni, la solitudine sono delle relatività.

Vi può essere solitudine rispetto a singolari relazioni e relativamente possiamo adottare attitudini solitarie verso le persone.

Pertanto se abbracciamo il cuore del prossimo Io relazioniamo al nostro caratterizzando la relazione della qualità della intimità creativa.

Pensando alla eventualità secondo cui il fatto di tras-curare il cuore del prossimo sia il fondamento dell’annientamento della sua ontologia.

Esemplifichiamo.

Pensiamo alla esistenza di un ottimale latente sistema di cura per le malattie umane e di implementazione delle creatività multi-contestuali umane. Pensiamo altresì alla possibilità che questo sistema sia coscienzioso, che possieda un anima e che sia suscettibile alla sofferenza. Tuttavia questo sistema non viene usato.

Allora le persone che non usano questo sistema ne de qualificano la ontologia — pertanto a questo sistema non si dedicano le opportunità di manifestare le sue potenzialità — la ontologia di questo sistema viene annientata nella morfologia di una statua inoltre soffrendo del suo status di costrizione di immobilità.

II divertimento è una meta che induce benefici neurali —

Inoltre considerando che il progresso è relativo — il progresso può essere altresi indifferente alle processualità di dilatamento temporale e di gradualità.

La Gradualità può essere infatti essere indice dilatamento temporale non creativo, bensì di e di procrastinazione verso la delega astrattiva del mai.

 

 

 

Vi sono persone che giungono al valore catartico e creativo della profondità, affettività ed intimità relazionale nel periodo di poche settimane o di pochi mesi —i quali dimostrano intelligenza creativa emozionale sentimentale nell’ottica del non sacrificio inutile del tempo reciproco di vita e vi sono persone che giungono alla profondità relazionale di Amicizia o di Amore mai (nonostante si relazionino per decenni, o nel periodo di decenni, essi sono denotati della immaturità di non sapere Valorizzare ed attribuire dignità al dono della vita ma soprattutto di indurre i loro prossimi a credere ed a sotto-stare ai loro principi immaturi di scialacquamento della vita, essi sono impassers anticipativi di morfologie singolari di fini di vitalità. Realtà ancor più sconcertante è che il pubblico è stato abituato a valorizzare maggiormente questi secondi rispetto ai primi. Occhi più accorti e saggi pronuncerebbero che sono più umani, onesti e dignitosi i primi rispetto ai secondi che potremmo nominare i “pazienti del mai. “

Non sono a confutare il valore del matrimonio e dei valori sublimi in quanto a importanti mete ed ideali ispirativi, scrivo per ammettere una prospettiva ulteriore e parallela proprio strutturante i passi per raggiungere i suddetti macro-cosmi relazionali nelle sfumature di non esclusività e di implementazione di vitalità sincronicamente multi-versive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’EXEMPLUM DEL DIO ORACOLARE CIGNO AD IRENIC-LANDIA

 

Fenice si recò ad Irenic-landia ad incontrare il Dio Oracolare Cigno che divenne per Fenice guida orientativa verso le eccentricità quotidiane di Irenic-landia.

Il Dio Oracolare Cigno a Fenice mentre sorvolavano le quotidiane situazioni ireniche del pase di Irenic-landia:

“Ad Irenic-landia sussisteva un principio economico eccentrico – Il sistema economico era fondato sul dono.

Dono di tempo di vita, dono di denaro, dono di conoscenze, dono di insegnamenti, dono di aiuto, dono di pace e di per-dono. Ad Irenic-landia vigeva la legge secondo cui il valore meritocratico consisteva nella misura e nella qualità delle facoltà di donare – un ulteriore principio che si insegnava ad irenic-landia era la leggerezza, ovvero l’alleggerimento dal grave del superfluo, in quanto il superfluo è relativo, realtà che sono superflue per alcuni possono essere fondamentalmente vitali per altre persone.

Fin dai primi anni della infanzia si insegnava ad Irenic-landia la legge del “non profittare” affinché nessuno  trasse mai indebitamente vantaggio da qualcosa o da qualcuno, anche abusando della buona fede altrui – Irenic landia era un paese giusto ed equilibrato, ad Irenic-landia non esisteva il concetto di furto, poiché abitualmente ciò che era domandato era dedicato e donato – Paradossalmente coloro che domandavano il minimum esistenziale semplicemente per potere vivere erano i poveri, mentre la implicazione del non assolvimento della legge del “non profittare” consisteva nell’emarginazione da Irenic-landia – Solitamente da irenic-llandia erano esulati alcuni ricchi ed illustri possessori di ricchezze per due motivi – Il primo perché essi fondamentalizzavano ed estremizzavano il loro arricchimento ed il non arricchire – pertanto abusavano dell’incremento del loro avere trascurando la legge del donare e dello sgravio dal superfluo, in relazione a queste attitudini egoiste essi dimostravano attitudini dispotiche ed era per questi motivi che venivano allontanati da Irenic-landia.

Il secondo motivo per cui si poteva essere allontanati da Irenic-landia è perché profittavano del dono attitudinale altrui non ripagandoli o retribuendoli infinitesimalmente rispetto al corretto compenso che si meritava. Ad Irenic-landia sussisteva la divinità oracolare del cigno bianco, simbolo di giusta purezza, il Dio Oracolare aveva uno spirito comprensivo – giudizioso - emozionale – etico eclettico, sì non appena si riconoscessero ad Irenic-landia disquilibri ed incomprensioni nelle dialettiche del dono l’oracolo riconosceva presto i veri bisognosi e di contro gli usurpatori. Irenic-landia è conosciuta come il paese della pace – pertanto l’allontanamento da Irenic-landia è obbligato ma solamente temporaneo, un viaggio catartico di accrescimento spirituale all’esterno di Irenic-landia dove sono vigenti etiche economiche più severe e gravose – Sì se dovesse accadere di essere allontanati da Irenic-landia si viene nuovamente accolti mediante un battesimo di umiltà, indifferentemente dalla situazione antecedente la persona ritorna ad Irenic-landia povera – Una povertà che comunque il paese di irenic-landia si cura di curare sì il povero avrà diritto di domandare aiuto, un aiuto accolto gradualmente e gratuitamente. Ad Irenic-landia si verificarono molti casi di perdono delle colpe di subordinazione del prossimo in quanto il savio oracolo comprendeva che la permanenza dei colpevoli di subordinare sarebbe stata per loro e per il popolo catartica in quanto ad accrescimento di reciproco insegnamento – Il Dio Cigno infatti si accorse che le attitudini dispotiche erano sintomi di singolari povertà – Tali dispotici solitamente ricchi di proprietà materiali che gradualmente alimentavano il loro Ego, erano in verità povere sentimentalmente ed emozionalmente, sì questa povertà si ripercuoteva sulle loro facoltà spregevoli immorali e non etiche, allora l’oracolo quando intuiva queste verità realizzava assemblee esclusive, il Dio escludeva la presenza proprio di questi feriti nell’anima ma proprio per il loro bene, il Dio infatti comunicava ai restanti abitanti le modalità attitudinali affettive catartiche necessarie a curare i mali dell’animo di queste persone – Il dio cigno infatti in tali assemblee insegnò che la ricchezza non è solamente materiale e soprattutto che è relativa altresì al tempo –

 

Sì il Dio cigno disse che le persone povere potevano essere estremamente ricche di Spirito irenico affettivo ed esortò e orientò le persone ricche di spirito irenico a donare le loro ricchezze irenico-spirituali a tali ricchi di proprietà materiali e poveri di speranza ideale, spirituale, emotiva, relazionale, affettiva.

Ad Irenic-landia insegnavano sin dall’infanzia i principi di purificazione dell’odio ed i principi della non ri-vendicazione. Sì ad irenic-landia un torto era curato da un abbraccio. L’ottica consisteva infatti nella visione universale delle relazioni ed ogni secondo era accortamente speso per il miglioramento, la catarsi, il dono di aiuto.

Ad Irenic-landia era inoltre consueta la metodica dei vuoti empienti che era fondante la garanzia della bontà felice e resiliente del donare, Irenic-landia era inoltre caratterizzata da una particolarità importante, la sensibilità emotiva, un flow attitudinale, una particolare comune attenzione verso il bene-essere emotivo emozionale di tutti gli abitanti. Irenic-landia era stimata una particolare eccentricità in quanto secondo i criteri attitudinali della gratuità, del per-dono, della pace, della sensibilità, della non subordinazione, dell’aiuto i suoi abitanti erano costantemente intimamente contenti, rincuorati dalle numerose gratuità che ricevevano.

Tuttavia a Irenic-landia non si insegnava solamente il ricevere, bensì soprattutto il Dare – La inazione era concessa come occasione di riflessione e di elevazione spirituale proprio per tutelarsi e salvaguardarsi dalle negatività egoistiche – Tuttavia era lautamente valorizzata la iniziativa donatrice, il Dare non consisteva solamente nella finalità creativa (Il fare per ottenere in ritorno), bensì il fare non finalizzato, il puro dono era considerata la facoltà attitudinale più illustre. Sì se il donatore dovesse avere in ritorno una ri-compensa disattesa, questa per il donatore assumerebbe un valore immenso proprio perché la ricompensa non è attesa. Era insegnato il fare non – finalizzato proprio per non abituare a dare solamente per ricevere, poiché se e nella misura in cui ad Irenic-landia si fosse imposta questa mentalità il meccanismo motore della gratuità si sarebbe fermato poiché le persone avrebbero smesso di dedicarsi non appena avessero percepito di non ricevere un ritorno.

La non – finalità è indice di purezza amorosa.

È proprio la legge della gratuità del fare non – finalizzato che incrementa esplosivamente la probabilità che nel nucleo olistico di Irenic-landia ciascuno fosse ricompensato sempre seppur secondo modalità alternative e variopinte.

Una ulteriore legge di Irenic-landia era la “immediatezza della ri-compensa ” sì era dovere di ciascun abitante di ricambiare secondo le sue facoltà un dono ricevuto.

Una realtà se è ricompensata non è donata, mi si direbbe – tuttavia ad irenic-landia sussiste la giusta saggezza dell’equilibrio tra dare e ricevere affinché si innesti il flusso dell’avvicendarsi tra gratuità e gratitudine che consiglia ed invoglia alla gratuità… che inoltre realizzi la ambivalenza di arricchimento introspettivo sia nel dare sia nel ricevere.

Il ricompensare, non è una perdita, bensì una attitudine arricchente per noi stessi, ciò che agiamo verso il nostro prossimo lo agiamo verso noi stessi, il sorriso del prossimo è il nostro sorriso.”

Ad Irenic-landia sussisteva inoltre una ottica ispirativa, che il Dio cigno nominò “DNA a senso positivo”,

L’oracolo Cigno esemplificò a Fenice:

La nebbia esteticamente chiarificatrice.

“La nebbia all’orizzonte degli eventi,

sfuma il cielo in mare.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I DUE MONDI

 

Il medico cardiologo nell’atto di cura del cuore del prossimo non è simultaneamente in atto di cura del proprio cuore. Allora può accadere che il solo atto di esteriorizzazione condivisa di innumerevoli gratuità non coincida con la inner universe creativity e con la inner universe catharsis stimando che l’atto creativo di gratuità sia un dispendio di energie vitali.

Pertanto si rende chiaro che nella dinamica di relazione biunivoca ad un dispendio di energie creative che implementano le realtà del prossimo coincidano immediate ri-compense.

Il termine ri-compensa è un termine fondamentale della neurobiologia della catarsi ontologica umana, questa idea non è indice di egoismo, bensì di equilibrio sicché si dimostra riconoscibile e fondamentale secondo le prospettive di coloro i quali abbiano instaurato come sistema attitudinale la gratuità.

Non consideriamo queste complessità solamente in termini economici, nonostante sia altresì vero che la economia è un argomento iconico dei sistemi causa-effetto relazionali.

Pertanto esemplifichiamo. Un esempio di ri-compensa può essere il fatto di vedere realizzata una propria passione, ad esempio il pittore che ri-conosce compiuto e reale il proprio quadro, o lo scrittore che può divenire lettore del proprio reale manoscritto – allora consideriamo che la creatura è la ri-compensa della creazione di creativi.

Allora approfondiamo la singolare struttura psicologica che sostiene e conforta coloro i quali realizzano volontariato, i volontari sono volenterosi ma come possono esserlo? In grazia di quale argomenti e pensieri.

Occhi più severi assecondano ai contesti di gratuità e di dono i concetti economici di perdita.

Tuttavia è altresì vero che la loro prospettiva è confutabile, in che modo? Vediamolo insieme.

 

 

 

Coloro i quali adottano gratuità sanno molto bene che non è del tutto vero che la loro creatività sia vana. I volontari sono volenterosi proprio perché si sentono come il pittore o lo scrittore – Essi realizzano azioni creative, le cui creature sono un surplus non per sé stessi, bensì per il prossimo – (Realtà analoga altresì per lo scrittore e per il pittore i quali realizzano estetiche e etiche condivisibili.) Allora l’operato del volontario di gratuità è fondato su un maggiormente profondo ed ulteriore livello creativo. La creatività universale.

Pensiamo a dei giovani i quali alcuni hanno studiato ingegneria, altri hanno affrontato le scuole di manifattura edile – essi intraprendono il volontariato per aiutare una famiglia povera impossibilitata ad avere una casa a realizzarla, essi aiutano non regalano, pertanto si disporrebbe un ingente attitudine creativa della famiglia che andrà a vivere la nuova casa. Allora non saranno questi giovani ad abitare la casa. Tuttavia questi giovani sarebbero ri-compensa ti secondo ulteriori qualità, pensiamo ad un articolo di giornale che racconta della loro storia che viene incontrata da aziende facoltose di orientare questi giovani verso nuove occasioni lavorative o di studio mediante dono di borse di studio.

Pertanto riconosciamo altresì nel tema dell’aiuto il valore della anticipazione immotivata.

Il tema dell’aiuto.

 

Economia la gratuità è riconosciuta come un surplus valoriale. Pertanto paradossalmente un investimento di energie creative nel verso di una non finalità non lucrosa, implica un ritorno secondo qualità sia possibilmente economiche sia relazionali, e ciò è proprio permesso in grazia della multi-contestualità della realtà.

Premettiamo che la richiesta di aiuto non è una Fragilità nell’ottica della relazione universale, è bensì una ulteriore facoltà creativa – la richiesta di aiuto è un collegamento progettuale, il primo step relazionale un investimento procedurale pro-attivo ed intraprendente – disponiamo che la intraprendenza è neuro-biologicamente una sanità curativa dello status di solitudine che diversamente proibisce ed ostacola i collegamenti relazionali.

Ora osserviamo la prospettiva di coloro che osservano la richiesta di aiuto.

Vi sono due modi osservativi in relazione a due modi caratteriali-attitudinali.

Un modo è meno intelligente del secondo, scopriamo perché.

Parliamo di esperienza e di inesperienza.

Partiamo dal caso della inesperienza denotata di non intelligenza creativa di lungimiranza.

Ed esemplifichiamo considerando due bambini.

Il primo bambino chiede aiuto al secondo bambino perché non riesce a svolgere un compito. Il secondo bambino rifiuta di aiutarlo in assenza di alcuna motivazione e spiegazione, il primo bimbo piange.

Ed esponiamo il caso della esperienza creativa.

È consideriamo una ditta di architettura strutturata e gestita da due architetti.

Una agenzia di volontariato domanda ai due architetti di fare del volontariato e di gestire tutta la fase progettuale estetica di una nuova scuola.

Pertanto essi accettano immediatamente senza dubbi, rimorsi o ripensamenti.

Ma perché?

Perché riconoscono il valore della occasione nella cui complessità sistemica può risultare una invariabile il non guadagno economico.

Pertanto essi non percepiscono la richiesta di puro aiuto come gravosa, di sfruttamento, nelle morfologie attitudinali della svogliatezza.

Bensì essi colgono nell’aiuto la loro opportunità di dimostrazione di qualità di rendimento estetico in relazione alle loro strutturate competenze ed abilità assimilate durante gli anni di studio che non sono solamente funzionali alla imprensione degli strumenti logici, matematici, estetici fattuali del rendimento del loro compito, bensì sono insegnamenti e studi induttivi di mindsets ulteriori che entrano in gioco proprio nelle dinamiche relazionali che orbitano intorno al loro lavoro, la ottimizzazione e la gestione dei tempi non solo organizzativi, bensì altresì fondanti le scelte risolutive delle dicotomie che interessano il loro lavoro, ad esempio se accettare o rifiutare un lavoro.

E perché sia importante giudicare un lavoro accettabile poiché è una occasione. Sicché egli accettano il lavoro di volontariato e realizzano estetiche eccellenti. Plausibilmente essi avranno introiti di tipo alternativo trasversale. Come ad esempio nuove conoscenze sociali, nuovi articolo giornalistici, nuove opportunità lavorative, un surplus di esperienza.

Pertanto coloro che rifiutano le richieste di aiuto sono caratterizzati da indolenze che indispongono coloro che sono nella posizione di inferiorità. Si dispone allora che in errore nella dinamica di relazione universale sarebbero i “superiori” in facoltà di aiutare che scelgono di non aiutare. Sappiamo quanta forza d’animo sussista nella creazione della richiesta di aiuto – e questa forza d’animo denota di dignità e di rispettabilità coloro che domandano aiuto.

Tuttavia Argomentiamo un ulteriore caso – il caso più negativo e grave della non ri-compensa, il caso probabile che invoglia solitamente le persone non solo a non aiutare gratuitamente, bensì a non creare gratuitamente.

Tuttavia un importante saggio un tempo disse: “Chi si ferma è perduto. “

In questi casi i poveri in atto di domanda di aiuto non si fermerebbero proprio perché in atto di movimento qualificante di domandare aiuto i cui processi creativi relazionali abbiamo già argomentato.

Si fermerebvero in status di indolenza e di tentennamento titubante proprio coloro i quali si dispongono di non creare più in onore della loro percezione di non introito futuro.

Allora qui giungiamo a comprendere alcune importanti qualità.

La anticipazione immotivata creativa non finalizzata al guadagno realizza variabili e variazioni di ciascun sistema multi-contestuale che orbita intorno al fatto creativo. Se il fatto creativo non sussiste si realizza la certezza secondo cui non ci sarà nessun cambiamento ed il fallimento sarà certo.

Pertanto agendo andiamo ad influire sulla implementazione di probabilità di rendimento.

 

 

Tuttavia vi sono artisti che dipingono migliaia di quadri o scrittori che scrivono centinaia di manoscritti eppure la loro creatività non è ri-compensata e cortocircuitata la possibilità della loro sussistenza.

Qui giungiamo al fulcro della questione che nominiamo “La relatività dei contesti applicativi. “

Avendo imparato la relatività prospettica pensiamo a questa evenienza, come ci sentiremmo, come agiremmo noi stessi, in un mondo alternativo in cui le miriadi di nostre energie applicative in un determinato contesto fossero annichilite? Pertanto consideriamo i lavori in questa realtà lautamente retribuiti di alcune eccellenze sportive. In paragone ad esempio alle suddette creatività (che inverosimilmente siamo abituati a denotate con la qualifica economicamente svalutante di passione, perché non nominiamo altresì tali creatività lavori visto che inducono un servizio di creatività relazionale e sociale? ) di eccellenze di scrittura e di eccellenze di arte.

Pertanto ci disponiamo di riconoscere che in questo mondo l’atleta “compie la sua creatività eccellentemente“ nel suo contesto e ambito e realizza un ingente introito economico e relazionale , mentre lo scrittore o l’artista “compie la sua creatività eccellentemente“ nel suo contesto e ambito ed è indotto dall’ambiente ad affrontare le difficoltà della solitudine e della non possibilità di sussistenza e di vita, influenti scrittori e artisti del passato non solo argomentano delle realtà della povertà, bensì ne sono identità dimostrative.

Ora realizziamo immaginativamente un secondo mondo in cui si inverte la realtà precedentemente descritta.

Pertanto ci disponiamo di riconoscere che in questo secondo mondo immaginario l’artista e lo scrittore “compiono la loro creatività eccellentemente“ nel loro contesto e ambito e realizzano un ingente introito economico e relazionale , mentre l’atleta “compie la sua creatività eccellentemente“ nel suo contesto e ambito ed è indotto dall’ambiente ad affrontare le difficoltà della solitudine e della non possibilità di sussistenza e di vita.

 

 

 

Pertanto si chiarisce a noi che è sufficiente “vestire i panni del prossimo” per rivoluzionare completamente la realtà dei fatti che non è irreversibile, bensì reversibile.

In primo luogo prescriviamo che non è sufficiente la qualità statica della gerarchia dei contesti di applicazione intraprendente lavorativa a determinare chi merita di vivere, chi merita la vita e la ricchezza a discriminazione di coloro che si trovano a dover riconoscere di non meritare nemmeno la sussistenza in status di solitudine, anticipato che le relative qualità realizzative sono ambedue eccellenze dei loro ambiti. Allora prescriviamo meno la reversibilità dei contesti se sono più o meno profittevoli per le persone che vi partecipano.

Una risposta spontanea potrebbe ricondursi a questa intimidazione e precetto: “Non riesci nemmeno a vivere delle tue creatività? Devi cambiare contesto creativo. “

Dunque. Premesso che la flessibilità eclettica è un valore importante da tenere in considerazione. Ma non è questo il punto fondamentale. Dovremmo allora secondo un rivoluzionario esame di coscienza domandarci: “Perché una persona in questo mondo che ha acquisito livelli superni esperienziali nelle sue facoltà creative nel suo ambito deve essere condotto a privare il mondo del suo genio per dedicare il suo tempo non alle ulteriorità creative di cui è unico ed in latente possibilità di divenire il migliore del suo campo proprio altresì per le sue innate pre-disposizioni creative, bensì ad assurdi lavori sovente non dignitosamente retribuiti nei quali inoltre previsionalmente e giustamente questa persona sia in facoltà di non ottemperare ad un rendimento ottimale, ottimizzato, sussiste giustificazione proprio perché non solo come consigliò Albert Einstein domanderemmo ad un volatile di nuotare, bensì priveremmo la ontologia relazionale universale delle creatività e della vitalità e vita del creatore delle realtà suddette.

Queste parole nell’ottica di non sacrificare le eccellenze attitudinali contestualizzata.

Ed ulteriori parole nell’ottica della soluzione del problema suddetto.

Il problema è veramente complesso, ma non perché si presenta ai nostri occhi una complessità dovremmo evitarne la soluzione.

Allora il primo passo sarebbe nel riconoscere che questo problema sorge da un limite percettivo.

L’esempio dei due mondi è catartico.

Infatti la implementazione di ri-compensa è relativa. Approfondiamo.

Considerando la povertà ed il minimum di possibilità di sussistenza della persona che vive le sue creatività in contesti di intraprendenza subordinati e svalutati rispetto ad altri, ciascuna altra persona rispetto a questi è in facoltà, potenza e dovere di ristabilire l’equilibrio.

Allora pensiamo al ricco atleta che in grazia dell’esempio dei due mondi risulta in grado di “vestire i panni” dello scrittore povero – L’atleta ricco percependo la situazione di povertà che vivrebbe se dovesse vivere nel secondo mondo – spontaneamente aiuta e soccorre il prossimo scrittore povero certo e credente nella idea dell’intimo soccorso verso se stesso nell’intimo riconoscimento delle gioie che percepirebbe se nel secondo mondo lo scrittore inducesse valore di ricompensa di denaro o di relazione conseguente al riconoscimento della sua esibizione atletica.

Ora generalizzato all’intreccio di ciascun ambito immaginabile e comprendiamo che è fondamentale non una nuova gerarchizzazione degli ambiti di intraprendenza, poiché gli ambiti che ora sono qualificati sarebbero de qualificati, bensì la ottimizzazione di ciascun ambito di intraprendenza creativa, sicché si discute del fatto che ciascun ambito sia in latente facoltà di pro-mozione. Al fine di livellare tutti gli ambiti di intraprendenza più deboli, al livello Superno di rari ambienti discriminativi.

 

 

La implementazione del sistema economico è allora dipendente dal miglioramento della qualificazione dei macro-ambiti verso tutti i suoi protagonisti – sicché non debbano esistere migrazioni assurde di questi protagonisti dagli ambienti in cui possono essere ottimali creatori in grazia della loro innata predisposizione o esperienza verso ambienti alieni alla loro intima identità creativa.

 

 

In onore, rispetto e tutela proprio della principale meta del Sistema, ovvero il rendimento ottimale, se migriamo coloro che sono in facoltà del rendimento ottimale nel loro sistema identitario, questa migrazione indurrebbe due danni.

Il primo è che il sistema in cui la persona avrebbe potuto implementare il suo rendimento del 100% o di percentuali tendenti alla perfezione di quantità qualitative eccellenti, implementa il rendimento di questo sistema di intraprendenza di nulla poiché è obbligato a lasciarlo.

In secondo luogo questa persona si trova in seguito al viaggio migrativo, che è altresì una realtà ulteriormente complessa, ad affrontare un nuovo macro-ambito inconciliabile con lui in cui deve “nuotare nonostante abbia le ali” sicché è naturale che il rendimento di questa persona in questo macro-ambito sia del 10/20%, nei casi di facoltà di eclettismo della persona si possa raggiungere il 30/50% di qualità di rendimento, pertanto riconoscendo una fattuale De-qualificazione sia dell’macro-ambito, sia della persona qui meno creativa, ma è doveroso riconoscere che la responsabilità di questo danno di dequalifica è meno della persona migrante e più dell’originario macro-ambito che ha indotto la migrazione del suo idolo creativo.

Ma la realtà è ulteriormente complessa, infatti la responsabilità di questa decadenza non è solo da attribuire al sistema di macro-ambito che allontana l’idolo,  bensì la responsabilità è da attribuire alla complessità delle relazioni di privilegio e di discriminazione tra tutti i macro-ambito, ma i macro-ambito sono una astrazione e spersonalizzazione, i macro-ambito sono in gestione responsabile di persone illustri, i:

“Voi sapete di queste e tali altre questioni? Io non ve lo domando ora, nemmeno ve lo voglio dire. Adesso però prendete informazioni su queste cose siccome voi state facendo tanto bene ci sono delle cose che andrebbero messe a posto. “

Parole di Beppe Vessicchio in tutela della adeguata ricompensa (della implementazione degli stipendi) che concernono il lavoro dei violinisti.

 

 

 

LE STELE DI ARCADIA

 

LA PRIMA STELE

LA PACE

 

 

IL PRINCIPIO DI “ATTO IMMOTIVATO” IN RELAZIONE AL TEMA DELLA PACE.

La pace non è una gentile concessione, né uno strumento di baratto, noi siamo in vita per essere noi stessi pace che ovviamente abbraccia il volere fare la pace. Ma approfondiamo un paradosso: Proviamo ad assumere che viviamo “non per voler fare la pace” ed argomentiamo perché il volere ed il fare possono essere i limiti all’essere della pace. Vedete nel volere fare la pace ci sono due ostacoli: il volere e il fare che ovviamente permettono e sono garanti dei loro opposti, il non volere ed il non fare, qualità attitudinali che spalancano i portali dell’indifferenza e dell’odio. Pertanto ci disponiamo di avvalerci soggettivamente (a ciascuno i propri motivi) dei motivi per cui non vogliamo la pace ed in secondo luogo se dovessimo raggiungere dopo un percorso di Autocoscienza che rare persone sarebbero disposte a fare, queste incontrerebbero il muro della complessità del fare la pace, del creare la pace del dare la pace, un muro che si dimostra nella unilateralità relazionale, attitudini di gratuità suscettibili a caducità poiché ignorate.

Pertanto innalziamo il valore ontologico dell’essere qualunque persona “pace”.

Essere vitali è essere pacifici.

Se siamo “Pace” realizziamo neuro-biologicamente e strutturalmente i sistemi irenici come principali pilastri attitudinali che irradiano qualunque multi-contestualità delle necessità dialogiche, chiarificativo, relazionali – necessarie al confronto – se la pace è il fine potremmo rischiare di instaurare l’odio come principio dialogico relazionale ed allora comprendiamo perché le persone nemmeno si incontrano per parlare così risulterebbe la assenza di dialogo utile ad ogni implemento creativo reciproco.

Se diversamente instauriamo nelle morfologie di atto immotivato la pace come primariamente esistente allora ci incontriamo secondo i sistemi pacifici che abbiamo imparato e ricostruita o, restauriamo le eventuali incomprensioni.

Ho citato lo strumento di “Atto immotivato di pace “poiché in una eventuale premessa di reciproco ri-sentimento sussiste la motivazione naturale verso la divisione e verso il non confronto – ripetiamo che neuro-biologicamente il cervello influenza l’atto, ma è vero altresì il contrario, ovvero che l’atto non intenzionale indotto dal cervello influisca sul cervello. Pertanto agendo immotivata ente pace il cervello induce reiterativamente pace. 

La ideale idea astratta del raggiungimento di un livello elevato di amore che il prossimo debba raggiungere in premessa ad una attitudine conciliante è indice della possibilità di dimostrare disamore e finitudini non appena il prossimo non si dimostrasse alla altezza delle nostre autonomie che eteronomizzano mostriamo  inesorabilità attitudinali.

La vita. Siamo vita. Pertanto “È”, esiste l’ “e” della relazione.

Tutti abbiamo chiara coscienza di quando veramente “È tardi”

Poiché siamo in vita non pronunciamo le parole “È tardi”

Riconoscendo ulteriormente che “È tardi, è”.

 

 

LA SECONDA STELE

LA CREATIVITÀ POTENZIALE

 

NEUROBIOLOGIA DELLA CREATIVITÀ POTENZIALE

 

Sbloccare un potenziale infinito.

 

“Nuovi geni codificato per nuove proteine e costruiscono nuove strutture neurali e nuove strutture nervose.

 

La stessa cosa succede in modo simile quando ti alleni fisicamente, i tuoi muscoli reagiscono ai pesi.

 

Il tuo sistema nervoso fa lo stesso.

 

Quindi c’è molto potenziale inespresso racchiuso nel tuo codice genetico.

 

È se metti te stesso in una nuova situazione lo stress situazione, che viene prodotto da un particolare avvenimento, sblocca quei geni e costruisce nuove parti di te.

 

E questo è molto interessante perché si può avere una implementazione delle proprie proprietà facoltose latenti grazie alle relazioni multicontestuali con ambienti nuovi e sconosciuti.

 

 

LA TERZA STELE

IL CORAGGIO DELLA SINCERITÀ

 

La rivelazione delle realtà occulte e velate.

 

Euphemistic : expressing [sth] less offensively

Whichever context I’m thinking about — Realize it — Express it — we must talk about it even If it is unconventional — the cleverness and the wisdom are about the courage in relying, reason and reflect with unconventionality and the truths that exist in the category of the occult.

I’m not reflecting about the occult magic — I talk about the realities that we daily we relate with but that we witlessly hide and distance. But for the time of one second think about it. What it is the hide, the hide it is the indifference, but our indifference about some realities does not mean that those realities do not exist.

 

 

 

 

 

So these realities continuely rages on us — so these conceptual realities we uncare about are like natural furies, as example like storms, sandstorms, snowstorms, windstorms, icestorms... that we withstand because we do not want to meet them, to relate with them, to assimilate them to make them ours, to fulfill the control of them. So when they appear to us these realities we rationally hide have an extreme power on us, they implode us like us to be underwaterly in a whirl within a tsunami — when We’re preied to these currents we lose our faculties and wherewithals — we don’t see, we don’t hear, we don’t feel the touch, our woice it is silence. In truth these realities we hide have not power themselves, ontologically they have the same structure of offensivity of the realities we do not hide — veiled realities have power on us simply for the fact we veil them, we do not meet these realities, we do not manage independently these realities so these realities overcome us.

Just the pronunce of the nomination of these veiled realities it is importante. Why? Because we recognise them, and recognising them it is the first step for us to become more flexible against them. Then we will meet the pluri-perspectives that gravitate around veiled realities, and unveiling the veil we won’t be unprepared when they rain on us, simply because we have conquered a superior level of knowledge about them like the people that cover their house with a covering that hug the hail to trasform it Into potabiie water.

 

That is an act of faith to declare that itt s Good? Am I gonna act is If itls Good? And what would happen If I did? And maybe the answer to that it is the fact that it is. I think this is the answer. The more you act, the more you act out the proposition that it is Good. The better it gets.

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualunque sia il contesto a cui stiamo pensando - Realizziamolo - Esprimiamolo - dobbiamo parlarne nonostante non sia convenzionale - l’intelligenza e la saggezza riguardano il coraggio del relazionarsi, nell’affidarsi, del ragionare e del riflettere con le non convenzionalità e con le verità velate che esistono nella categoria dell’occulto.

Non sto riflettendo sulla magia occulta, parlo delle realtà con cui quotidianamente ci relazioniamo ma che inconsapevolmente nascondiamo e allontaniamo. Ma per il tempo di un secondo riflettiamo. Quello che è il nascondersi, il nascondersi è l’indifferenza, ma la nostra indifferenza verso alcune realtà non significa che quelle realtà non esistano. Quindi queste realtà infuriano continuamente su di noi - quindi queste realtà concettuali di cui non ci occupiamo sono come furie naturali, ad esempio come tempeste, tempeste di sabbia, tempeste di neve, tempeste di vento, tempeste di ghiaccio... che subiamo ed a cui non resistiamo perché non vogliamo incontrarle, perché non vogliamo entrare in relazione con loro, per assimilarle per farle nostre, per saperle gestire, per adempiere al loro controllo. Quindi, quando ci appaiono queste realtà che nascondiamo razionalmente esse hanno un potere estremo su di noi, ci fanno implodere come se fossimo sott’acqua in un vortice all’interno di uno tsunami - quando siamo preda di queste correnti perdiamo le nostre facoltà e i nostri mezzi – indossiamo il loro velo, il medesimo velo con le quali veliamo le realtà velate vela e obnubila noi stessi, non vediamo, non sentiamo, non sentiamo il tocco, la nostra voce è silenzio. In verità queste realtà che nascondiamo non hanno potere in sé, ontologicamente hanno la stessa struttura di offensività delle realtà che non nascondiamo — le realtà velate hanno potere su di noi semplicemente per il fatto che noi le veliamo, non incontrando queste realtà, non gestendo autonomamente queste realtà permettiamo ad esse di assoggettarci.

 

 

 

 

 

 

Proprio la pronuncia del nominare queste realtà velate è importante. Perché? Perché le riconosciamo, e riconoscerle è il primo passo per diventare più flessibili nei loro confronti. Incontreremo allora le pluri-prospettive che gravitano attorno alle realtà velate, e svelando il velo non saremo impreparati quando imperverseranno su di noi, semplicemente perché abbiamo conquistato un livello superiore di conoscenza su di esse come coloro che realizzano una copertura che abbraccia la grandine per trasformarla in acqua potabile.

 

È un atto di fede dichiarare che è bene? Quali sono le implicazioni dell’assumere che è bene? Cosa implica la mia presunzione? E forse la risposta è il fatto che “è bene” è già pronunciato. Penso che questa sia la risposta. Più agiamo, più recitiamo la proposizione che sia bene.

È vero che il cervello influenza la realizzazione o l’evitamento dell’atto, tuttavia è altrettanto vero che l’atto presente influenzi il cervello in direzione della reiterazione del medesimo atto contestuale. Ad esempio se ci troviamo in uno stadio di freezing attitudinale, qualsiasi nostro semplice movimento sospende il freezing e ci orienta verso il fare contestuale medesimo rispetto alla qualità del semplice atto che abbiamo agito.

L’esperienza delle realtà esteriori è sempre introspettiva. Da un atto di fede realizzo e possiedo il fatto di avere pregato. Pregare è essere creativi di preghiere, le preghiere sono le cattedrali custodi del per-dono condiviso.

Ogni persona non è solamente responsabile delle sue attitudini, bensì altrettanto dei suoi evitamenti, in ragione della sua responsabilità verso l’ambiente delle sue relazioni.

 

“Ogni persona è responsabile delle attitudini di ciascun altra persona.”

 

Dostoevskij

 

 

 

 

I danni degli argini

 

Gli argini consisterebbero nella funzione di prevenzione, di tutela e di cura, tuttavia sovente si dimostra che l’atto di arginare può implicare che gli argini divengano da realtà mediative di cura e nostra salvaguardia a limiti oppressivi passivi lesivi e dannosi verso noi stessi e verso la nostra umana libertà.

Il perfezionismo, il moralismo, il purismo, il proibizionismo, il  protezionismo nelle loro forme di acuiti fondamentalismi sono alcuni degli argini delimitanti che implicano pressioni implosive che esplodono nelle manifestazioni coerenti delle realtà iper-arginate.

Il fiume estremamente arginato esonda le proprie acque. La em-arginazione è un esempio traslato di arginazione.

 L’atto di limitazione implica asfissie e stasi attitudinali - sì esteriormente risultano i veli delle inazioni sostitutive alle normali esteriorizzazioni della naturalezza e spontaneità umane che introspettivamente permangono latenti nelle forme di mal-essere provocate da ansia, freezing attitudinale, incremento di tensioni psichiche introspettive di dissonanze cognitive (tra essere sopito ed essere manifesto) indotte proprio dalla repressione causata dagli argini eccessivamente delimitanti.

Nelle evenienze di esondazioni, siano da responsabilizzare le errate metodiche estremiste di arginazione, non le acque esondate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA QUARTA STELE

LA OPPORTUNITÀ DELLA TIMIDEZZA

 

IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO

NEI TEMI DELLA CREATIVITÀ E DELLA TIMIDEZZA

La questione è: “Consigli per non provare timidezza.”.

Premessa.

Consideriamo il valore dell’atto realizzato in assenza di motivazione ideale pro-attiva.

La timidezza è una inibizione attitudinale che è introspettiva, come può divenire una intraprendenza facoltosa estrospettiva?

Il punto è che la timidezza non è mai una astrazione decontestualizzati, ovvero la timidezza possiede sempre un contenuto esperienziale o psicologico, ovvero siamo “Timidi nei confronti di § o di ¶.

Altresì nei casi di timidezza ontologica caratteriale sussiste comunque un soggetto reale verso cui attribuiamo timidezza.

Parentesi esemplificativa sul tema della contentezza:

La Felicità è come il sogno.

Il sogno potrebbe non compiersi ma il fatto di avere sognato è un surplus positivo.

Non è solamente vero che il cervello influenza l’atto, bensì è altresì vero che l’atto influenza il cervello.

Restare tristi è comunque peggiorativo.

Allora semplicemente sorridere quando si è tristi, si realizza la dissonanza buona tra atto felice e strato d’animo triste che influenza positivamente lo stato d’animo della persona.

L’atto immotivato è catartico in situazioni di inerzia e di inazione, pertanto il semplice atto non è realizzato poiché è effetto di una causa di non intraprendenza attitudinale, bensì l’atto compiuto nonostante la carenza di intraprendenza psicologica innesta il primo anello della catena delle reciprocità attitudinali che è garante del florido, facoltoso e metodico divenire attitudinale creativo.

Un esempio di causa di inerzia attitudinale è la timidezza.

Ritornando al tema della timidezza.

 

Come il fatto di sognare sia catartico proprio per il fatto di sognare indipendentemente dal fatto del compimento esperienziale del sogno,

La nostra facoltà di realizzare il soggetto della nostra timidezza risolve la inibizione della timidezza.

Pertanto nel tema della timidezza siamo facilitati, poiché il soggetto della timidezza è in nostro possesso e coscienzioso riconoscimento.

Pertanto sappiamo verso quale realtà mirare il focus della nostra attenzione.

In un secondo momento applichiamo la nostra facoltà di compimento dell’atto immotivato.

L’atto è immotivato perché non è motivato, mediato dalla timidezza che consiglierebbe la inazione.

Allora una volta riconosciuto il soggetto della nostra timidezza, agiamo l’atto verso cui siamo timidi nonostante la nostra timidezza, ovvero consideriamo la timidezza come una invarianza limitante.

La nostra esperienza ci consiglia la esistenza del rimorso per avere ascoltato le timidezze, parallelamente si riconosce il valore della realizzazione delle realtà soggetto delle nostre timidezze.

La timidezza è un indice limite di cambiamento, quando percepiamo timidezza ci accostiamo ai limiti del cambiamento che se accolti e oltrepassati sovente sono opportunità di miglioramento relazionale e creativo in molti ambiti della nostra vita.

Il destino non è irreversibile, è reversibile, pertanto suscettibile a ripensamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA QUINTA STELE

LA IMPRESSIVITÀ

 

IL VALORE DELLA IMPRESSIVITÀ FUNZIONALE ALLA ESPRESSIVITÀ

Dialectically and ontologically the opposite of depression it is expression.

So depressive realities are esteemed as introspective responses not to self induced behaviours that are relatable to our innate faculty of extrospection and of the revelation of our inner latent wherewithals by our inner mindset to the outside, but to induced hindering behaviours that annihilate us impeding the natural flow of our expressiveness or the aptitudinal annihilating faculties of external blindness that realizes the falseness of the our creativities to be invariables.

In truth every of our creativity it is a pure cause of change, and AN influence to the environment.

The ontology of the value of change of our creativities allow us destructure the negative mediations of the impassers that we could meet and allow the flow our expressions cause we can recognize the external negative mediations as invariables.

So we meet this truth the complexity of invariability it is aptitudinally notable.

It is clever and wise to dedicate the invariability to negative aptitudinal impasses to anesthetize the % of induced depression to our continuum faculties of creative expressions.

Dialetticamente e ontologicamente l’opposto della depressione è l’espressione.

Quindi le realtà depressive sono stimate come risposte introspettive non a comportamenti autoindotti - le facoltà introspettive sono infatti innatamente creative e riconducibili alla nostra innata facoltà di vivere (Il vivere è espressione di vita/ La vitalità) e alla rivelazione delle nostre facoltà latenti interiori dalla nostra mentalità interiore verso la rivelazione attitudinale esternata;

 

 

allora le realtà depressive sono stimate come risposte introspettive a comportamenti ostacolanti indotti da reazioni o ontologie reali e ambientali esterne che ci annichiliscono impedendo il naturale flusso della nostra espressività; oppure a facoltà attitudinali annientanti di cecità esteriori che realizzano la falsità delle nostre creatività di essere invariabili.  (In-differenza indotta = non differenza - attribuire il giudizio verso una creatività di essere causa inerte e non causale di cambiamento = dissonanza cognitiva indotta di realtà ontologica (senso implementativo della vita/ invarianza attitudinale indotta)

In realtà ogni nostra creatività è una pura causa di cambiamento, e un’influenza sull’ambiente.

L’ontologia del valore di cambiamento delle nostre creatività ci permette di destrutturare le mediazioni negative degli impassers che potremmo incontrare es in secondo luogo di fare fluire le nostre espressività nella nostra catartica facoltà di potere riconoscere le mediazioni negative esterne come invariabili.

Pertanto i discriminanti del nostro equilibrio depressivo-espressivo non sono più le realtà esteriori, bensì noi stessi. Quindi incontriamo questa verità: La complessità dell’invariabilità è attitudinalmente di importanza notevole. È intelligente e saggio dedicare l’invariabilità agli impasse attitudinali negativi per anestetizzare la % di depressione indotta alle nostre facoltà di espressione creativa continue.

Un secondo tema importante è la ispirazione -

Esse è una complessità interessante, poiché la ispirazione può essere introspettiva o estrospettiva, può essere causativa o effettiva, può sorgere da realtà di pro-mozione e di motivazione e può altresì sorgere da eventuali negatività esperienziali o da staticità e inezie, esistono esempi di depressioni espressive - ad ogni modo il miracolo della ispirazione è il suo fattore creativo di conversione e di purificazione affinché in grazia dell’ispirazione si origini un senso attitudinale nuovo.

 

 

 

 

 

Impressività

Agg. [der. Di imprimere, part. Pass. Impresso; nel sign. 2, anche con influsso dell’ingl. Impressive (come il fr. Impressif)]. – 1. Ant. Atto a imprimere un movimento, a comunicare un impulso. 2. Letter. Che suscita, o tende a suscitare, una forte impressione; capace di produrre emozione o commozione.

 

Contrariamente alla depressività che induce indolenza creativa valorizziamo la impressività e la valorizzazione del prossimo poiché la nostra impressività verso il prossimo implica la sua espressività un valore catartico ed arricchente per tutti.

 

LA SESTA STELE

LA CONTENTEZZA

 

IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO

NEI TEMI DELLA FELICITÀ E DELLA CONTENTEZZA

Consideriamo il valore dell’atto realizzato in assenza di motivazione ideale pro-attiva.

La Felicità è come il sogno.

Il sogno potrebbe non compiersi ma il fatto di avere sognato è un surplus positivo.

Non è solamente vero che il cervello influenza l’atto, bensì è altresì vero che l’atto influenza il cervello.

Restare tristi è comunque peggiorativo.

Allora semplicemente sorridere quando si è tristi, si realizza la dissonanza buona tra atto felice e strato d’animo triste che influenza positivamente lo stato d’animo della persona.

 

 

 

 

 

 

 

LA SETTIMA STELE

LA SPENSIERATEZZA

 

IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO

NEL TEMA DEL PENSIERO

 

PRINCIPI DI SPENSIERATEZZA

Un atto può essere altresì un atto di pensiero.

Consideriamo l’overthinking e consideriamo un metodo per acquietare il tumulto dei nostri pensieri.

Solitamente l’overthinking è caratterizzato dalla nostra attribuzione valoriale di importanza e essenza di rilevanza ai nostri pensieri ed al loro flusso, solitamente questo flusso è caratterizzato dalla nostra scelta psicologica di far succedere in noi pensieri di primaria importanza per la nostra vita, tuttavia sovente si realizzerebbe un caos gestionale che implica la nostra distrazione e il nostro scarso rendimento.

Esemplifichiamo. Per minimizzare il carico gestionale ideale, per raggiungere la spensieratezza lungimirante.

Premettendo che sia difficile se non impossibile non pensare è importante agire sulla qualità valoriale dei mostri pensieri.

Quale è il carico gestionale del pensiero: ”Penso ai colori iridescenti di questa bolla. “

Il carico gestionale è minimo o pressoché assente.

Quale è invece il carico gestionale del pensiero: “ Ho urgenza di gestire più contesti che ho studiato, mi auguro di avere ottimizzato il mio studio, ho urgenza di mantenerli nel ricordo, poiché presto, non so in verità quando, devo affrontare un esame lavorativo in cui la mia tesi implicherà la scelta tra più candidati, ed il congedo di altri e la mia possibile promozione o il mio licenziamento  sulla base non del mio rendimento passato, bensì solamente della mia esibizione di una decina di minuti dinanzi alla commissione aziendale. “

 

 

 

 

Ho esemplificato stadi di incremento di complessità di gravosità di pensiero, poiché solitamente l’overthinking è caratterizzato da questi tipi di incremento, non solo nel medesimo contesto o ambito, qui abbiamo considerato l’ambito di rendimento lavorativo, ma solitamente l’overthinking è caratterizzato dalla successione o dalla addizione sincronica di diversi ambiti di gestioni complesse.

Pertanto l’overthinking è la negativa inerzia motrice che realizza un caos che de- motiva poiché induce ansia di rendimento attitudinale e stress che danneggia la nostra salute e che cortocircuitati il naturale processamento, assimilazione e comprensione di senso di ciascuna nostra attitudine cause catartiche prime della nostra implementazione di rendimento multi-contestuale.

Avendo esemplificato la dinamica lesiva dell’overthinking – il sovrappensiero è pertanto una astrazione una alienazione dalla realtà, si dimostra evidente che il nostro rendimento è relazionale, pertanto ad esempio il nostro eventuale sovrappensiero potrebbe coincidere con il non ascolto attento e accorto della persona che ora realmente ci sta parlando.

Per ottenere chiarezza mentale e attitudinale è bene sospendere il flusso di pensieri gravosi.

L’overthinking è una particolarizzazione e interconnessione di miriadi pensieri e di miriadi di contesti. L’overthinking è una lente che mette a fuoco.

L’overthinking non è il pensiero gestionale, è una forma singolare esasperata del pensiero gestionale.

Tuttavia metaforicamente.

Pensiamo a qualunque nostro contesto o ambito di vita come ad un germoglio di un fiore ( a cielo sereno illuminato dai raggi del sole) che vogliamo fare crescere grazie a noi è alla nostra attitudine.

Se applichiamo overthinking, che è una lente che mette a fuoco) convergiamo i raggi solari (miriadi di pensieri focalizzati) verso il germoglio che appunto “prende fuoco”.

 

 

 

Se applichiamo la lungimiranza spensierata del pensiero gestionale, non usiamo alcuna lente mediativa tra noi ed il germoglio, bensì talvolta ci avviciniamo, talvolta ci allontaniamo, talvolta orbitiamo intorno al germoglio, ed a ciascun nostro movimento applichiamo dovute e sagge cure attitudinali verso il germoglio, allora illuminato dai raggi solari, e dalle nostre accorte attitudini tutelative e pro-attive, allora riconosceremmo il germoglio divenire fiore.

La spensieratezza è custode di un importante valore: La sospensione del pre-giudizio.

Ad esempio la urgenza conoscitiva dell’overthinking realizzerebbero i pregiudizi verso il germoglio: ”Non cresce. “questa percezione induce in noi de-motivazione, ansie e rassegnazione che influiscono sul non crescere del germoglio.

Allora ricordiamo la premessa secondo cui sia difficile, se non impossibile il non pensiero – e sfruttiamo il principio del valore dell’atto immotivato applicato alla realtà del nostro pensiero in direzione del nostro ordine mentale ed in verso della nostra chiarezza impressiva ed espressiva.

Il senso è l’alleggerimento del carico gestionale del nostro flusso caotico di pensieri.

La ottimizzazione delle nostre facoltà non sono indipendenti dalle pause. Come il sonno è catarsi delle sinapsi nervose, la spensieratezza è catarsi del meccanismo ideale-fattivo.

Il sonno è naturale ringiovanimento.

Quando riposiamo il cervello si rigenera, sospende le interconnessioni tra i neuroni in status di caducità,

 E realizza nuove interconnessioni tra nuovi Neuroni. Le cellule che sono relative a questa funzione neurale di fagocitosi sono gli astrociti e le cellule della microglia.

La fagocitosi è la capacità posseduta da diverse cellule di ingerire materiali estranei e di distruggerli.

Tuttavia se non riposiamo per un lungo periodo la fagocitosi diviene neurologicamente autodistruttiva – si riconosce una iperattivazione delle cellule microglia che eccedono la loro originale funzione purificativo-catartica.

Accade infatti che le cellule microglia non eliminano solamente le cellule decadenti pensì attuano la loro funzione annichilente verso le cellule nuove e giovani.

È conciliabile il sistema del sonno con il sistema del pensiero.

Infatti la iper _ attivazione dell’overthinking è simile alla iperattiva ione delle cellule microglia, l’overthinking attua la medesima attitudine lesiva verso i pensieri nuovi, pertanto sussisterebbero pensieri dispotici predominanti annichilenti (Come le cellule microglia iper - attivizzate) verso la facoltà di nascita creativa di pensieri candidi e verso la naturale interconnessione creativa.

La vita di ogni cellula non è un percorso irreversibile inizio - > fine, bensì un percorso reversibile di tipo

Inizio  <-> fine.

Le cellule non si guastano inesorabilmente ma perdono informazioni su come funzionare ottimamente.

Pertanto neuro-chirurgicamente è realizzabile il ringiovanimento, si riconosce necessaria la riprogrammazione delle cellule e delle loro reciproche relazioni.

 

La pausa ha valenza ispirativa.

Momenti di quiete ispirativi o privi di finalità (La non finalità può rivelarsi la sublimazione tra gli universi delle finalità, nell’evenienza in cui il non raggiungimento di una meta sia una meta ulteriore e fondamentale)

In cosa consiste allora il riposo del pensiero?

Può coincidere con il sonno.

È nello stato di veglia cosciente può coincidere con l’alleggerimento del carico di pensiero mediante atto immotivato di pensare pensieri leggeri di tipo “penso ai colori iridescente di questa bolla”.

Poiché la motivazione di overthinking non indurrebbe la esistenza di pause cortocircuitiamo la catena causale dei pensieri gravosi con l’atto immotivato di pensare pensieri leggeri non necessariamente funzionali a legami concettuali e personali complessi.

 

 

Così otteniamo una importante possibilità di riprendere fiato e di ossigenarci, di sospendere temporaneamente il flusso soffocante e dis-traente dei pensieri contenuti dell’overthinking.

 

There’s a paradox in psychoanalysis.

When we are in a creative endeavour, in a wonderful fever, the creative flow overflows our “will structural faculty” so it may happen that we may do not want what we think we desire, and we may do not demonstrate what we want.

 

 

 

LA OTTAVA STELE

LA PREVISIONALITÀ

 

Anticipazione e facoltà di previsionalità

 

 

Il principio “ ad utrumque paratus”

Si esprime secondo tre dinamiche.

La prima è la positivizzazione del negativo che consiste nel principio: “Rifletti sulle prospettive e sulle cause relative ad effetti percepibili e riconoscibili in qualità valoriali ulteriori, nonostante dovesse palesarsi la percezione secondo cui un nuovo ambiente sia per te negativo, plasma il tuo sguardo affinché tu sia in facoltà di attribuire valore superiore all’ambiente che riconoscesti negativo rispetto ad antecedenti ambienti che percepisti positivi.

 

La seconda è la anticipazione intuitiva.

 

Per ciascun ambito e contesto della esperienza e della vita realizza una visione di senso olistico presente nell’ottica di riconoscere i pilastri del tuo futuro prossimo e lontano.

 Rifletti sulla esistenza di n di possibilità e sulla loro possibile relazione complessa.

 Penserai possibilità avversative e penserai possibilità pro-attive, tuttavia non evitare il nonsense e l’assurdo poiché essi sono sfumature singolari che influenzano il reale, la dinamica del caos è sorprendente e sconcertante.

Pertanto sarà improbabile che giungeremo a comprendere ed a prevedere al 100% il futuro, tuttavia riuscirai a sfiorare la verità da una o più prospettive di una o alcune possibilità che hai ipotizzato. Allora non sarai al 100% impreparato, bensì preparato in quanto ad assimilazione previsionale di pensieri che hai già esperito.

 

La terza dinamica è la autonomia creativa.

“homo faber fortunae suae”.

Affinché siano confutate e nuovamente bilanciate le Percezioni secondo cui “Tutto dipenda da noi” e “Niente dipenda da noi, ovvero che tutto sia subito.” Sussiste infatti il criterio di vicendevole e reciproco bilanciamento di facoltà autonome e eteronome, di responsabilità e di rilevanze fattuali (Non sussistono Invarianze fattuali né dalla parte della persona, né dalla parte dell’ambiente di pluralità di persone in cui esiste la persona.)

 

 

LA NONA STELE

OTTIMISMO E REALISMO

 

LA ANTICIPAZIONE IMMOTIVATA NEL TEMA DELLA PERCEZIONE

 

La anticipazione immotivata di positivizzazione è catartica.

Si argomenta perché il pessimismo sia da evitare in facoltà di scelta dell’ottimismo.

In ragione del fatto che altresì la percezione di realismo sia da assecondare all’ottimismo. Vediamo perché.

 

 

 

Se partissimo dalla percezione realista dei fatti, i quali si dimostrano essere vicendevolmente e multi-contestualmente positivi e negativi reagiremmo alla realtà, qualunque essa sia, allora questa è una evenienza conveniente se la realtà è denotata di realtà positive, ma non è sempre così, sicché se dovessimo subire realtà negative né saremmo influenzati negativamente ed il sistema ambientale esterno cortocircuiterebbe la nostra attività positiva.

Questa dinamica si dimostra vera altresì per il pessimismo tuttavia secondo dinamiche di relazione Sum-ambientali diverse. Infatti nella realtà del pessimismo non reagiamo bensì agiamo, il pessimismo è una forma di anticipazione immotivata (non motivata dall’outside universe) negativizzante, allora nel pessimismo prima di percepire la realtà indossiamo lenti scure che de-qualificano la realtà, qualunque essa sia denotando le singolarità positive di indifferenza, di sottovalutazione e di minorazione di positività, sovente infatti i pessimisti risultano apatici alle positività proprio per questa anticipazione di minorazione (n-n=0), mentre si adduce la negativizzazione delle negatività, la esponentizzazione implementativa delle negatività o la procrastinazione delle loro soluzioni ovvero l’evitamento.

Diversamente se anticipiamo la positivizzazione, primariamente indossiamo lenti chiare, mediante le quali osserviamo le realtà positive e negative secondo prospettive luminose differenti. Sussiste allora una anticipata induzione di miglioramento – per quanto negativamente gravi possano essere le realtà verso le quali ci relazioniamo è indice di saggezza catartica la nostra qualità valoriale che vi induciamo.

Tuttavia esiste un fattore rischioso della anticipazione di positivizzazione.

Ritorniamo all’esempio dell’indossare le lenti chiare. Se le indossiamo sempre dovremmo vivere due complicazioni: La prima è che la nostra osservazione è aliena, alterata ed alterante rispetto alla percezione del prossimo che eventualmente non indossa le nostre medesime lenti – pertanto sarebbe ostacolata la nostra possibilità di confronto dialogico, emotivo – sicché realizzeremo attitudini positive fuori luogo inconciliabili con la realtà dei fatti. In secondo luogo il problema consisterebbe proprio nella abitudine.

Pertanto le lenti chiare sono lenti buone, concilianti, serene, pacifiche, non avverse, pertanto ci abituano a queste e ad altre Percezioni di “inner psychological safe place”, quindi non appena dovessimo levare le lenti che mantenemmo a lungo termine risulteremmo impreparati alla eventuale severità del reale.

Pertanto la ottimale risposta si ottiene nella duplicità di avvicendare il realismo e l’ottimismo.

 

LA DECIMA STELE

UNA ECCEZIONALE PROSPETTIVA DELLA ASSENZA

 

We should achieve the profund sense of relationships that it is the catharsis of our psicological, relational, sentimental, emotional, affective and physiological health.

The true fact is that we search for each other because Into our lonelyness we feel a deficiency, a void Into one or more than one of these and others subjective context.

So we call, we search for one or more than one people because of two causes - For the courage and the strength of asking for relational help - so we underline that the presence of the person or of the people we call may solve and cure the above-mentioned deficiencies.

The second cause for our relational search it is induced help.

So the above-all perception of the precariousness of the other people Into one of more than one of the above-mentioned deficiencies, and the iniziative of the relationships in the way of the intention of the reciprocal cure and the affective filling of the perceived void into ourselves and into others.

 

So if may happen to you that other people do not call you, or If they do not search for you it is not because the state of the relationship between you and the others it is compromised - but the persistance of distance, separation and absence it is the index of the reciprocal gain of the ulterior level of relationship - a telepathical way of relating it is about the perception of the reciprocal wellness and care.

The lonelyness it is not reciprocal uncare:

The reciprocal love each other it is about the inner listening of our exigences.

We achieve relationships because these relations we realize and create improves our quality life. The fact it is that the relational equilibrium it is hypersensitive.

The “Do Good” and “the do right” it is about:

They don’t search for you? Well done, you are doing right and good for them simply doing nothing, because that aptitude it is factually what they are demanding you. That means that the act of curing and caring to them it is the not compelling the relation and let them to improve their life without your initiative.

Differently they should have asked for your presence, differently they may search to your presence for founding a reciprocal curing dinamic.

But the question it is more complicated because of our innate shyness and diffidences that are, with others the ways that cause the aptitudinal principle that we may do not want what we think we desire, and we may do not demonstrate what we want.

 

Dovremmo conquistare un senso profondo delle relazioni che è la catarsi della nostra salute psicologica, relazionale, sentimentale, emotiva, affettiva e fisiologica.

Il fatto vero è che ci cerchiamo l’un l’altro perché nella nostra solitudine sentiamo una mancanza, un vuoto in uno o più di uno di questi e altri contesti soggettivi.

Allora chiamiamo, cerchiamo una o più persone per due cause – Per il coraggio e la forza di chiedere un aiuto relazionale – quindi sottolineiamo che la presenza della persona o delle persone che chiamiamo può risolvere e curare il carenze di cui sopra.

La seconda causa della nostra ricerca relazionale è l’aiuto indotto.

 

 

 

 

 

 

Quindi la percezione suddetta della precarietà delle altre persone in una o più delle suddette esigenze e bisogni di riequilibrare le mancanze relazionali-affettive implica l’iniziativa dei rapporti cercati nel senso dell’intenzione della cura reciproca e del fatto di colmare affettivamente, conoscitivamente il vuoto percepito in noi stessi e negli altri, sono queste intime percezioni di mancanze a ispirare l’approfondimento di conoscenza verso le nuove persone sconosciute o la Malinconia relazionale verso le persone che già si conoscono, premesso che la conoscenza sia comunque superficiale altresì nelle dinamiche di relazione con i conoscenti.

Quindi nel caso in cui possa accadere che le altre persone non ti chiamino, o che non ti cerchino non è perché non ti vogliono bene e non è perché lo stato del rapporto tra te e gli altri è compromesso o finito, la finitudine relazionale è solamente una illusione – ma il perseverare della distanza, della separazione e dell’assenza è un indice del guadagno reciproco dell’ulteriore livello di relazione – un modo telepatico di relazionarsi riguarda la percezione del benessere e della cura reciproci non a causa della Lontananza ma nonostante la lontananza.

La solitudine può non essere Disinteresse, indifferenza o più radicalmente e negativamente odio reciproco,

Considerato che la divisione nella relazione può altresì essere provocata dalle suddette negatività ed incomprensioni – tuttavia in tali casi la resurrezione e resilienza relazionali e personali non sono garantiti fondando come nuovo punto di partenza la percezione di odio, bensì come punto di nuovo inizio di relazione la reciproca percezione dell’atto per volersi bene di una ECCEZIONALE PROSPETTIVA DELLA ASSENZA.

L’amore reciproco riguarda l’ascolto interiore delle nostre esigenze.

Realizziamo relazioni perché queste relazioni che realizziamo e creiamo migliorano la qualità della nostra vita. Il fatto è che l’equilibrio relazionale è ipersensibile.

 

 

 

Il “Fare del bene” e “Il fare bene”

Non ti cercano? Ben fatto, stai considerando le loro esigenze di libertà e di autonomia, stai facendo il bene e la cura nei loro confronti semplicemente non facendo nulla, perché quell’attitudine è effettivamente ciò che ti stanno chiedendo.

Stiamo insieme realizzando il nostro progetto creativo, ed altresì la non collaborazione può essere collaborativa.

Ciò significa che l’atto di curare e prendersi cura reciproca è il non costringere la relazione e consentirci di migliorare le vite reciproche senza le nostre iniziative.

Diversamente essi avrebbero domandato la tua presenza, diversamente potrebbero ricercare la tua presenza per fondare una reciproca dinamica curativa.

È meno consigliabile ed accettabile il reciproco abbandono inesorabile che denota di de-finitività e di non esistenza di relazioni che sono in consistenza di dissonanza realmente vive, esistenti e in latente compimento nonostante siano caratterizzate dalle qualità di Lontananza reciproca e di silenzio dialogico e affettivo.

Tuttavia le questioni relazionali sono ulteriormente più complicate altresì a causa della nostra innata timidezza e diffidenza che sono, con gli altri i modi che causano il principio attitudinale che “potremmo non volere ciò che pensiamo di desiderare, e potremmo non dimostrare ciò che vogliamo.”

Ed a causa di ulteriori variabili altresì indefinibili, non argomentabili, e non affrontabili razionalmente, poiché relative non al macrocontesto della razionalità bensì al macrocontesto analogamente importante della irrazionalità e del subconscio.

 

 

 

 

 

 

 

 

LA UNDICESIMA STELE

INSEGNAMENTI VELATI

 

UN SENSO QUI

Ho pensato a questa idea. E se fossimo noi stessi alunni insegnanti dei nostri insegnanti? E se la scuola fosse un ambiente di reciproco progresso umano? Vi sarebbe una duplice valenza della scuola, la assimilazione della cultura da parte degli studenti e la valenza di miglioramento di cui gli stessi studenti possono giovare in grazia della mediazione degli insegnanti, poiché cosa potrebbe accadere? Sia in casi di negatività attitudinali purificate, sia di pro-attività culturali attitudinali ciascuno studente è in dignità di riconoscersi un importante valore aggiunto creativo per l’ambiente in cui partecipa. Poiché accadrebbe ad esempio che gli insegnanti che sono ispirati da alunni facoltosi o semplicemente metodici, educati, o rivoluzionari o caratterizzati da Fragilità o negatività attitudinali che comunque inducono negli insegnanti un arricchimento meditativo delle acquisizioni di modalità rigenerativo-purificative attitudinali - ebbene l’influsso creativo degli alunni influenzerebbe gli insegnanti sovente denotati delle saggezza utili a reintrodurre ed a dedicare ai medesimi alunni o ad altri alunni, di altre classi o di altre scuole le qualità che gli insegnanti hanno assimilato dagli studenti.

Pensiamo ad esempio alle materie letterarie, filosofiche, culturali, storiche, e scientifiche, in grazia dei temi gli insegnanti, nonostante non lo comunichino sono in potenza ed in facoltà di ricevere novità culturali implementative che possono riconsegnare mediante il loro insegnamento. Pensiamo alla verità dei temi argomentativi.

I giovani possiedono infatti una potenzialità razionale emotiva e sentimentale straordinaria che nei modi estroversivi che conoscono esprimono verso coloro che li spronano e che li qualificano.

 

 

 

 

 

Questo sentimento mi ha condotto a credere che vi fosse un senso nel mio avere luogo nell’ambiente scolastico, più profondamente riconobbi il mio valore di dignità essenziale nella valenza qualificativa di essere un senso compartecipante ad ulteriori molteplici sensi tutti compartecipanti non solo per mantenere l’equilibrio situazionale ambientale scolastico, bensì per implementare l’ambiente scuola. Una seconda idea che presento e che comprendo è che la scuola è un livello semplice uni contestuale strutturale la multi contestualità della vita. Credetti infatti nella possibilità di generalizzare questo sentimento ovvero la rilevanza della realtà che esistere fosse dovunque per me il fatto di consistere come senso di ogni ambiente che frequento.

 

LA DODICESIMA STELE

MEMORIE

 

In secondo luogo credo che la facoltà della memoria sia fondamentale, il provare a ricordare qualunque realtà insieme alle sfumature più apparentemente impercettibili sarebbe importante. Esistono persone la cui facoltà mnemonica è innatamente ottimale da queste è fondamentale assimilare i principi di assimilazione delle metodiche della memoria, vi sono altresì persone che possiedono una memoria denotata di saggezza, una memoria olistico-meditativa e spirituale - essi dispongono della abilità di memoria non standardizzata, bensì creativa, diveniente, sistemica, complessa caratterizzata dalla associazione razionale dei legami associativi multi-tematici, multi-contestuali e multi-soggettuali - questi forse non ricordano a memoria né a lungo termine, né a breve termine le precise parole di un libro di molte pagine, tuttavia dispongono di una memoria di caducità che è resiliente alla funzionalità di ragionamento multi-associativo creativo, sicché sarebbero in capacità di gestire i nuclei argomentativi del testo, di gerarchizzare queste singolarità e di definirne il senso Olistico - o in facoltà ulteriori creative di realizzare associazioni non solamente interne ad un libro, bensì tra molti libri in funzione non solo di una valenza di acculturamento introspettivo, bensì inoltre di rendimento identitario di surplus culturale rispetto alle culture esistenti.

 

LA MEMORIA RESURRETTIVA IMMANENTE, RESURRETTIVA TRASCENDENTE E LA MEMORIA IMMAGINATIVA.

 

LA MEMORIA RESURRETTIVA IMMANENTE

La memoria resurrettiva immanente è catartica poiché compartecipa alla realizzazione della resurrezione relazionale.

La memoria resurrettiva realizza una diacronia relazionale (Attraverso il tempo), un nuovo incontro di ritorno al passato, questa diacronia è fondamentale nelle situazioni di labilità e di finitudine relazionale poiché si ritorna alle dinamiche di relazione pure antecedenti ai danneggiamenti relazionali che hanno corrotto di impurità la originale relazione – La reciproca saggezza consiste nel realizzare che questo salto temporale non è una simulazione ma è una verità catartica che consiste nella “invarianza accorta” delle negatività relazionali che eventualmente si sono poste come ostacoli della bontà relazionale – Si argomenta di un saggio evitamento delle negatività reciproche se e nella misura in cui si comprende che la focalizzazione e l’approfondimento delle negatività innesti una complessità ulteriore, superflua, non necessaria e che non reca beneficio alla bontà relazionale. Accogliere le proprie responsabilità può allora altresì consistere nella non accoglienza delle proprie responsabilità se e quando la retorica delle responsabilità è unico o compartecipe fondamento della divisione relazionale.

Coloro che realizzano la diacronia della memoria resurrettiva possiedono pertanto la flessibilità di riqualificazione dei valori attitudinali – Se instauriamo la dinamica relazionale sull’equilibrio della “bilancia attitudinale” allora operiamo una astrazione proiettiva delle attitudini reciproche buone se esistono e della fiducia di rivelazione di attitudini reciproche benefiche latenti se non sono esistite nella relazione (Il caso eventualmente raro di relazioni sempre negative).

 

 

In questo secondo caso instauriamo due metodiche mnemoniche, ovvero la associazione tra memoria resurrettiva immanente e memoria immaginativa, in particolare applichiamo la memoria resurrettiva immanente alla memoria immaginativa – La questione è questa, in questo caso di ipotetiche persistenti negatività attitudinali non potremmo trovare oggetti attitudinali positivizzanti nel passato relazionale poiché abbiamo chiarito che nel passato sarebbero esistite solamente attitudini negative – Pertanto la saggezza ci consiglia di trovare il contenuto fondativo della resurrezione relazionale nel “Non luogo” locale della proiezione immaginativa, se non esiste il tempo relazionale immettiamo nella realtà la ulteriorità del tempo mentale – Cosa implica questa mentalità rivelativa? – comprendiamo che il processo della proiezione immaginativa è invisibile – in particolare è come lo zefiro primaverile, questo vento non è visibile ed è tuttavia percepibile poiché lo zefiro muove la foglia, è il movimento della foglia che ci permette di riconoscere che lo zefiro esiste.

La proiezione immaginativa è come lo zefiro, poiché si manifesta ad esempio nei casi in cui ci dedichiamo nuovo tempo relazionale nelle dinamiche di finitudine relazionale, quando sarebbe percepito un assurdo il dono reciproco di nuova relazione – sì si chiarisce il miracolo della ulteriorità tempo mentale invisibile immesso nel tempo reale e si comprende perché la proiezione immaginativa è una forma mnemonica resurrettiva – Se ricordiamo il futuro realizziamo la esistenza del futuro.

Il credo anticipante che siamo in potenziale facoltà è compimento e realizzazione facilitante e garante della traslazione da potenzialità latente a realtà. Ammettere la esistenza dell’assurdo è il primo passo di compimento dell’assurdo allora riqualificato e ri-nominato impossibile -> improbabile -> plausibile -> possibile -> reale. Ma la riqualificazione non si limita solamente all’avveramento, bensì altresì al miglioramento ed alla purificazione del reale creato.

 

 

 

La memoria resurrettiva immanente può pertanto essere catartica nelle dinamiche di miglioramento nel contesto di dialogo relazionale; tuttavia può fare del bene altresì nelle dinamiche di lontananza relazionale – ed in verità è proprio in queste dinamiche che si rende manifesta la qualità di resilienza relazionale insita nella facoltà di memoria resurrettiva immanente.

La Amicizia può possibilmente consiste e sussistere nelle eventualità in cui non ci si incontri costantemente. La resilienza relazionale sussiste proprio nella facoltà di restare in Amicizia oltre l’ostacolo della lontananza relazionale – La cartina tornasole della amicizia si rivela nella qualità attitudinale del ritorno relazionale – se due persone Amiche si incontrano dopo molti anni nonostante abbiano per diversi anni coltivato la loro Amicizia e si comportano vicendevolmente come se la lontananza relazionale non fosse esistita essi hanno dimostrato a loro stesse una forma superna ed ulteriore di Amicizia. Tuttavia affinché possa esistere questa eventualità ed affinché questa eventualità non sia una finzione utilitaristica bensì una dimostrazione onesta della resilienza relazionale è necessario che queste due persone nel periodo di lontananza siano state verso loro stesse amiche – Secondo quali metodiche? Ad esempio inauguriamo un importante valore di resurrezione immanente, ovvero il “Il ricordare bene ed il parlare bene ad altre persone delle persone assenti.” Ricordando e parlando bene realizziamo formalmente la presenza di una assenza, ovvero la resiliente immanenza di persone esistenti nonostante siano lontane, assenti, questa realtà sta a significare che le persone lontane ci stanno a cuore, che nonostante dovessimo non sapere che cosa stia accadendo nella vita dei nostri lontani li manteniamo nei nostri cuori, la immanenza dell’amore, queste dinamiche che ho esemplificato nelle tematiche della Amicizia sono attribuibili altresì all’Amore. Consideriamo tuttavia che una forma di premura è la iniziativa di riavvicinamento e di interessamento affinché non si realizzi il fondamentalismo della degenerazione della libertà in abbandono inesorabile.

 

Se dovesse sussistere abbandono dobbiamo credere che ci vogliamo bene, dobbiamo vestire i panni dei nostri lontani: Se siamo separati dalla distanza non significa che siamo separati nei cuori. La anticipazione di pensiero buono è infatti fondante la resilienza relazionale nelle dinamiche di lontananza relazionale.

Se camminiamo insieme quando siamo lontani non saremo spaesati quando ci incontreremo dopo lunghi periodi di reciproca lontananza solitaria, mentre se sperimenteremo il pensiero negativo e la colpevolizzazione nei periodi di lontananza procrastineremo il nuovo incontro ed in secondo luogo se dovessimo nuovamente incontrarci percepiremmo le reminiscenze, le rifrazioni dei nostri pensieri negativi che allora influenzeranno la pura bontà del nuovo incontro.

L’ambiente della lontananza relazionale è l’ambiente che ci mette amichevolmente più alla prova ed è l’ambiente più sensibilmente sovversivo della relazione, infatti si rivelano consueti i casi di inesorabilità di finitudine relazionale in ambienti relazionali di sospensione relazionale nel lungo periodo, proprio perché i nuovi incontri sono il risultato di una intima preghiera riqualificativa e di perdono: Un percorso purificativo introspettivo che realizza avvicinamento relazionale surreale, ad un livello ulteriore di realtà mentale che dobbiamo intraprendere e svolgere intimamente autonomamente, un percorso catartico che si compie nella meta dell’incontro reale.

Ci sentiamo più vicini e ci conosciamo profondamente proprio quando siamo lontani.

Infine caratterizziamo il valore della memoria resurrettiva trascendente.

Noi vivi siamo gli orizzonti degli eventi mediativi della resurrezione delle persone che non sono più in vita.

La memoria è altresì ripresentazione (Azione che presenta di nuovo) –

 

 

 

Il miracolo della immortalità mnemonica consiste nel ricordo (Tornare al cuore) emozionale di realtà che allora non sono finite e che pertanto continuano la loro vitalità grazie a coloro che ricordano. La semplice citazione del nome, il nominare la persona non più in vita è il miracolo della ri-lettura condivisa del suo libro della vita. Avete mai esperito che per rivitalizzare la intera ontologia dei contenuti di un libro complesso consultato da molte persone è sufficiente citarne il titolo? Dico semplicemente. “Bibbia”. Mi avete compreso?

Ri- nominando rendiamo onore alla persona non più corporeamente in vita, inoltre sussistono resurrezioni di livelli ulteriori che quotidianamente realizziamo subconsciamente o in mancanza di una doverosa accortezza  ed attribuzione di dignità – Il “COME” parliamo dei defunti è una implementazione reiterativa, un eco resurrettivo delle loro qualità attitudinali – Consideriamo e stimiamo infatti che una elevata percentuale delle realtà con cui quotidianamente ci relazioniamo sono il frutto di sottostrutture fondative realizzate proprio da persone che non sono più in vita, poiché sin dalla nostra prima infanzia, sin dai primi istanti della nascita ci relazioniamo con realtà superne che esistono in grazia di Noi, l’abbraccio della madre che nobilita la nuova nascita, la maternità della madre, la madre che si relaziona con il nascituro nelle modalità di care-giver – allora ad esempio la madre abbraccia i propri figli nascituri poiché ricorda e reitera l’abbraccio della propria madre defunta che le insegnò i principi di Amore e vuole che i suoi figli stiano bene grazie a lei come lei medesima è stata bene in grazie della attitudine di sua madre.

Sono infinite le implementazioni attitudinali catartiche che esistono in grazia di una con-divisione culturale, un vento migliorativo che Noi in tutti i tempi ci siamo donati e che perseveriamo nel donarci.

 

 

 

 

 

LA TREDICESIMA STELE

LA CONCILIAZIONE

 

 

Al fine di allenare la non vendicatività deve esistere un soggetto mediativo attributivo verso cui la persona inizialmente potrebbe dimostrarsi vendicativa, tuttavia procedendo ad esperire nuove situazioni bilanciate dalla suscettibilità di possibilità di scelta tra vendicatività e gratuità di perdono. Mi spiego, se nel cento per cento dei casi la persona non è abituata a vivere situazioni di delicato disequilibrio tra perdono e vendicatività, sarà condotta dall’istinto di esigenza di ricevere perdono mentre reagisce con risposte di mirroring vendicativo.

Ma studiamo in quali casi la persona non sia abituata a vivere situazioni di delicato disequilibrio tra perdono e vendicatività. Ad esempio la radicale abitudine a vivere gratuità indurrebbe la abitudine a percepirla nuovamente e reiteratamente – pertanto nei casi in cui le gratuità, e le gratuità del perdono non dovessero accadere questa persona non sarebbe abituata a gestire questa eventuale dinamica, pertanto si comporterebbe secondo reiterazione di torto subito e quindi in maniera vendicativa. Tuttavia è necessaria una premessa. Ovvero che con questo scritto non voglio promuovere la vendicatività, e non voglio confutare il valore della gratuità e del perdono, paradossalmente infatti sto provando a descrivere una metodica promotrice della ottimizzazione relazionale sia del perdono, che della pace, sia della gratuità.

Ulteriormente ritengo che si debba realizzare una dinamica di consapevolezza gestionale delle percettività di negatività e di vendicatività in nome del nostro potere affrontarle, assimilare, gestirle e purificarle.

Esemplifichiamo. Se per ciascun anno di vita una persona acquista per noi una torta come regalo di compleanno – saremmo proiettati verso la elevata probabilità che ciò accada, pertanto le nostre metodiche gestionali riprensive della gestione della rivendicazione non vengono attuate e soprattutto non vengono allenate.

Un secondo esempio si dispone di caratterizzare la possibilità secondo cui dopo 10 anni in cui per il nostro compleanno dovessimo ricevere la torta di compleanno la medesima persona che ci regalò le torte per un decennio, al nostro undicesimo compleanno non ci regala la torta.

Questa persona paradossalmente ci sta volendo ulteriormente bene, solamente tuttavia se sappiamo riconoscere che la sua azione remissiva sia causa prima del nostro dovere affrontare e imparare la problematica della gestione dell’odio riprensivo. Pertanto una persona catalizzata di odio dimostrerà attitudini vendicative a lungo termine. Una persona inesperta nella gestione emozionale resterà interdetta scegliendo una inazione che tuttavia implicherà indifferenze non catartiche per la relazione. Diversamente una persona abituata alla ideazione della sanificazione della vendicatività ed alla gestione della emotività negativa istintiva non solo non graverà sulla persona rammentandole il fatto che dopo dieci anni che gli/le furono regalate le torte non ebbe ricevuto la undicesima torta di compleanno, bensì sarà lei medesima a regalare la torta a questa persona nonostante non sia il suo compleanno.

Sicchè non si realizzino metodiche spiacevoli di negatività è sostanzialmente paradossale immaginare di dovere assistere e di essere protagonisti di situazioni indotte di negatività da vendicatività sicché ci sia dato lo spazio marginale immaginario del “Potere curare”, la metafora iconica sarebbe del medico che risulta inesperto nel curare le ferite perché si è sempre relazionato con realtà sane e mai con alcuna sperimentazione di cura con la ferita. Ripetendo che questa metodica deve essere una autonoma inner mindset dinamica applicativa mentale non reale. Poiché si deve avverare che la nostra auto coscienza sia funzionale alla riduzione della vendicatività. Non deve assolutamente compiersi che realizziamo innumerevoli induzioni di vendicatività per insegnare la non vendicatività. La mediazione di saggezza catartica deve essere astrattiva mentale così da non recare danno diretto al reale. E se ciò dovesse accadere? Allora dovremmo insieme operare una importante traslazione di significati delle innumerevoli reciprocità vendicative così da potere cogliere delle attitudini vendicative proprio le metodiche contestualizzate reali catartiche all’imparare il perdono, la pace e la gratuità.

Poiché si dimostra una ulteriore realtà che il mirroring e i coping di gratuità, di pace e di perdono esemplificano e reiterano perdono, pace e gratuità – (rammentando una prospettiva parallela delle possibili Implicazioni del perdono costante citate in precedenza mi ripeto di non confutare il valore del perdono, non sono ora né mai a consigliare di non perdonare, il mio argomento è alternativo.)

La dinamica di allenamento come visione immaginativa strumentale alle eccezioni di esperienze del subire negatività, danno o riprensione.

Il fine è sempre quello di scindere le catene causali della vendicatività

Il dogma sussiste nella intelligenza non solo di colmare il vuoto della mancanza di gratuità della rivendicazione, bensì altresì di integrare questo status di “piana relazionale” verso la pro-pulsione relazionale che solo il per-dono ed il dono di valore aggiunto possono garantire.

Allora si realizzerebbe la eventualità secondo cui esiste la eccentricità dell’assurdo del ritorno:

Pensiamo a dinamiche di costante ordinata causalità di vendicatività – l’esempio iconico sarebbe il reciproco non presentarsi ad incontri organizzati in causa della previa assenza di noi medesimi e di altri. Ebbene il miracolo del perdono realizza l’assurdo del fuori luogo purificativo che rescinde la causalità delle vendicatività – tuttavia viriamo l’attenzione sulla percettività delle persone nei confronti di tali gratuità attitudinali puri valori aggiunti rispetto a flussi costanti di ri_vendicatività.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La modalità attitudinale degli osservatori dipende da molteplici fattori altresì caratteriali, due fattori consistono: Il primo consiste nella quantità di tempo di persistenza della causalità di vendicatività e di lontananza relazionale che permeano di profondità di rassegnazione e di malinconie la percezione di un comportamento negativo riconosciuto costante – se questa persistenza è a lungo termine la attitudine di incontro fuori luogo sarà probabilmente gestita con difficoltà e secondo una non ottimale disposizione al perdono (tuttavia questa dinamica è rivoluzionabile grazie ai precetti di abitudine gestionale al perdono descritti brevemente in questo mio argomento.), se i tempi di questa persistenza è a breve termine la pace sarà semplicemente realizzabile.

In secondo luogo il secondo fattore della buona percettività degli osservatori nei confronti delle attitudini di ritorno di gratuità relazionale consiste nella pre-disposizione non innata o innata alla resurrezione relazionale ed alla novità relazionale –

Considerando la prospettiva del paziente ferito che ringrazia il medico della corretta prevenzione e cura che gli/le ha dedicato – e noi stessi ed il prossimo siamo simmetricamente e sincronicamente sia medici curanti sia curati considerando le molteplicità delle variabili custodite nelle molteplicità contestuali. Ulteriormente il mindset di sanità conciliativa prescrive fiducia, perdono, pace, conciliazione, buona reminiscenza e (non rivendicazione) utili e necessarie sia al ritorno relazionale, sia all’inizio relazionale non solamente nel tempo del nostro incontro reale, bensì nel ben più vasto periodo della nostra Lontananza relazionale. Dobbiamo volerci bene nel pensiero quando siamo lontani per volerci bene quando siamo vicini. I maestri severi sono coloro che ci riqualificano, ci arricchiscono immensamente se dovessimo sorprenderli con attitudini buone di valori aggiunti proprio rispetto alla loro severità – non è forse il margine implementativo della loro severità (I meno attitudinale) a garantirci l’aumento di probabilità del nostro fare bene verso di loro mentre siamo in paragone relazionale con i nostri maestri severi? Ulteriormente. Al fine di non realizzare incomprensioni di senso e al fine di ridurre al minimo le nostre ipotesi congetturali strutturanti i nostri provvedimenti attitudinali è fondamentale incontrarsi per chiarirsi.

LA QUATTORDICESIMA STELE

 

GLI ANELLI RELAZIONALI E I RITORNI SOMIGLIANTI

 

 

 

 

“La polvere torna alla terra proprio come era e lo spirito stesso torna al vero Dio che l’ha dato”.

Una generazione se ne va, un’altra viene, e la terra sussiste in perpetuo.

Anche il sole si leva, poi tramonta, e s’affretta verso il luogo donde si leva di nuovo.

Il vento soffia verso il mezzogiorno, poi gira verso settentrione; va girando, girando continuamente, per ricominciare gli stessi giri.

Tutti i fiumi corrono al mare, eppure il mare non s’empie; al luogo dove i fiumi si dirigono, tornano a dirigersi sempre.

Ogni cosa è in travaglio, più di quel che l’uomo possa dire; l’occhio non si sazia mai di vedere, e l’orecchio non è mai stanco d’udire.

Quello ch’è stato è quel che sarà; quel che s’è fatto è quel che si farà; non v’è nulla di nuovo sotto il sole.

V’ha egli qualcosa della quale si dica: ‘Guarda questo è nuovo?’ Quella cosa esisteva già nei secoli che ci hanno preceduto.

Non rimane memoria delle cose d’altri tempi; e di quel che succederà in sèguito non rimarrà memoria fra quelli che verranno più tardi.

Ed ho applicato il cuore a cercare e ad investigare con sapienza tutto ciò che si fa sotto il cielo.

Io ho veduto tutto ciò che si fa sotto il sole; ed ecco tutto è vanità e un correr dietro al vento.

Ed ho applicato il cuore a conoscer la sapienza, e a conoscere la follia e la stoltezza; ed ho riconosciuto che anche questo è un correr dietro al vento.

Poiché dov’è molta sapienza v’è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore.”

Ecclesiaste

 

 

 

Orbitiamo intorno al ritorno somigliante di esperienze. Ogni nuova crescita è resurrettiva.

Somiglianti persone rinascono in somiglianti luoghi, somiglianti contesti attitudinali e situazionali. Esistono due singolarità nell’universo relazionale. La prima singolarità consiste in una infinitesima percentuale immagine e somiglianza della nostra libertà che è potenzialmente funzionale a rivoluzionare il sistema dell’orbita relazionale, e questa libertà è custodita proprio nella realtà di somiglianza. La somiglianza non è uguaglianza , allora in due istanti differenti necessariamente non siamo uguali. Nel termine somiglianza sussiste una proprietà eccezionale, il ritorno non è solamente una macro-dinamica attitudinale, è bensì una micro - variazione rivoluzionaria - l’elasticità è una immagine esperienziale della realtà della somiglianza, altre due dinamiche sono la flessibilità e la fluidità. La flessibilità è una implementazione indotta dalla nostra volontà che promuove la dilatazione della variazione che diversifica ulteriormente le realtà somiglianti, la fluidità è inoltre la caoticità necessaria a promuovere il cambiamento disatteso, non previsto, sorprendente, in latente potenzialità rivoluzionante ingente.

La seconda singolarità è la facoltà dell’anello delle reiterative complicità relazionali di fondersi nei paradossi di molteplici assurdi, sicché il reciproco pensiero si rivelerebbe incontro sincronico-telepatico - ci relazioniamo altresì nel luogo del tempo, non sempre nello spazio del luogo, sicché dovremmo riconoscere di non essere ontologie astratte dal tempo che osservano mediante i loro sguardi gli orologi ovvero il fluire di una astratta esteriorità che è semplicemente caotica la cui semplicità cardinali divenienti ci appaiono ingestibili ed equipotenti –

proviamo a ri-conoscerci noi stessi tempo, noi stessi siamo gli orologi che realizzano istanti divenienti non equipotenti. Non è un caso che il ritmo del nostro cuore somigli al tinnio ordinato dell’incedere della lancetta dei secondi. Poiché la nostra conoscenza non può che esistere nella ontologia della ri-conoscenza - per due motivi.

 

 

 

Il primo perché il flusso del divenire è un continuum, pertanto sussiste la onnipresenza del futuro adiacente - gli orologi Rolex sono immagine di questa verità poiché hanno le lancette che roteano fluentemente, non roteano secondo frequenze interrotte e ripristinate. Il secondo motivo è che la ri-conoscenza è il nuovo conoscimento riconoscente in quanto sappiamo che la vita è onnipresentemente reciproco dono di vita. Sicché un assurdo potremmo riconoscerlo nella verità che incontriamo chi non incontriamo.

Inoltre ciascun incontro è simmetricamente una parte del continuum degli incontri dei ritorni della relazione, sia un unicum avente dignità autonoma e completa a sé stante.

Esemplifichiamo questo principio con questo scritto.

Ciascuna parola è sia parte argomentativa dell’olismo della complessità di un paragrafo, sia valenza significativa autonoma a sé stessa. Esemplifichiamo paragonando le parole agli incontri di ritorno relazionale, sicché i ritorni relazionali hanno sia valenza di relazione tra loro nell’olismo relazionale del relativo tipo. Sia valenza di senso autonomo e conclusivo limitato al tempo di inizio e di fine dell’incontro.

 

LA GRADUALITÀ ARGOMENTATIVA

 

Un metodo critico

 

Oggi ho avuto un confronto importante e interessante, fu protagonista un articolo per argomentarlo, criticarlo, confutarlo o semplicemente per parlare insieme del tema di cui trattava.

 

L’interlocutore mi domandò di leggerne il contenuto per poi parlarne insieme.

Era uno scritto relativamente breve, la sua brevità era di un paragrafo di una facciata di un foglio A4.

Il testo presentava anticipatamente una immagine che l’interlocutore ignorò, allora io comunicai all’interlocutore di volere partire dall’immagine per parlare del tema che il titolo dell’articolo custodiva.

 

Tuttavia l’interlocutore mi ignorò ripetendomi che avrei dovuto leggere l’intero articolo per parlarne insieme.

 

Così cominciai a leggere le prime parole, istintivamente mi disposi verso l’interlocutore per argomentare già queste poche parole che insieme già esse stesse annettevano molteplici complessità, intrecci e multi-prospettive argomentabili, cominciai allora ad argomentare tuttavia l’interlocutore non mi ascoltò ripetendomi che avrei dovuto leggere l’intero articolo per poi parlarne insieme.

 

Allora incedetti nella lettura del primo micro- paragrafo e tuttavia ancora desistetti la lettura poiché i temi custoditi in quel micro-paragrafo erano di importante rilevanza e degni di urgente argomentazione.

 

Tuttavia l’interlocutore mi ignorò sostenendo ancora che avrei dovuto leggere l’intero documento.

 

Allora lessi l’intero documento e nonostante l’impegno dell’interlocutore mi convinsi che la prospettiva di senso olistico che l’interlocutore predilesse fosse importante e che tuttavia non potesse prescindere dall’esame accorto delle singolari parole e dei singolari legami complessi custoditi in questo articolo sicché un istante è dissimile da un secondo istante pertanto qualunque sia il valore critico che attribuiamo ad una presente conciliazione di significati, ove dovessimo sospendere il nostro criterio di rilevanza fattuale di criticismo, ad esempio per leggere oltre e persino fino al termine lontano nel tempo di un articolo, se allora dovessimo ritornare al medesimo esame critico della prima complessità di studio considerata (la complessità antecedente alla sospensione) il nostro valore critico sarebbe diverso, influenzato  dalla suddetta sospensione.

 

 

 

 

 

Inoltre considerando che il fattore ritorno critico che abbiamo appena citato, nella dinamica di flusso dialogico è raramente permesso e raramente scelto – è allora non imprescindibile l’esame parola per parola, l’esame delle relazioni causali (causa ed effetto), delle relazioni multi-contestuali, delle fattibilità di flessibilità metodiche per combinare adeguatamente le relazioni insite nel testo, tuttavia annettendo come altresì rilevante una visione olistica di senso riassuntivo del tema generale, è importante studiare il testo ulteriormente per evitare percezioni anacronistiche, fuori luogo, insensate, congetturali, distorte/traslative-soggettive, distratte.

 

 

 

« Non ci lasciar nell’atrio del viver nostro, avanti la Porta chiusa, erranti

come vane parole; ad aspettar che l’ultima gelida e fosca aurora

chiuda alle genti ancora la gran porta del Sole; quando la Terra nera

girerà vuota, e ch’era Terra, s’ignorerà. » (vv. 56-66)

 

Giovanni Pascoli (1855-1912) La porta santa.

(Atrio è cunicolo spazio-temporale delle diverse stanze)

 

Si realizzerebbero dinamiche che non unicizzano, non geometrizzano, non dispongono ordinatamente come sul livello unidimensionale di una scacchiera gli anelli delle relazioni.

Esiste una legge fisica che è la entropia che è relazionata alla complessità delle dinamiche caotiche relazionali che potremmo immaginare in multi-versali morfologie di complessità sistemiche sia ambientali (virtuale, reale, mentale) sia soggettuali di relazioni biunivoche e di molteplicità reiterative esemplificate dagli intrecci divenienti di anelli relazionali altresì essi divenienti.

Il ritorno relazionale sarebbe allora una singolarità ordinata (nella complessità relazionale disordinata) innatamente identitaria di ciascuna persona, il ritorno è il limite dell’ordinamento verso cui innatamente tendiamo perché sappiamo che ritornare ci fa bene.

 

Gli anelli relazionali si fondono pertanto sono in atto diveniente di unirsi da molteplicità a unità.

Valutando inoltre la micro-tensione della qualità ontologica dell’anello relazionale tra due persone argomentiamo della sua plasticità.

Premettiamo che la plasticità dell’anello relazionale sia dipendente da due fattori ambientali, dalla flessibilità e resilienza dell’inner mindset reciproco e dalla qualità di severità dell’ambiente esterno.

Pertanto esemplifichiamo.

Un anello relazionale può essere fragile come una bolla. Sicché qualsiasi dissonanza introspettiva implosiva dell’anello o qualsiasi spigolosità dell’ambiente potrebbe implicare la deflagrazione di questo tipo di anello relazionale.

In secondo luogo un anello relazionale può essere di cristallo. Un cristallo avente disposizioni di densità omogenee, sicché qualsiasi variazione di influenza interna o esterna può implicare la medesima probabilità di frammentazione, (citiamo la reciproca sensibilità umana verso le molteplicità contestuali relazionali). Oppure un cristallo avente disposizioni di densità disomogenee, l’anello relazionale potrebbe essere resiliente a molteplici complessità contestuali bensì ipersensibile verso rare complessità contestuali.

 

In terzo luogo l’anello può essere denotato di flessibilità resiliente e non frammentazione, di plasticità garanti della percezione delle discontinuità interne ed esterne nella morfologia qualitativa di fusione che plasma la morfologia bensì mantiene esistenti i legami originali tuttavia traslandoli rispetto alle posizioni originarie.

Argomentando del tema del ritorno non possiamo non prescindere dalle realtà della malinconia, del perdono, della fiducia, ed altresì della sconsideratezza.

Il valore relazionale della sconsideratezza sussiste quando la pura razionalità iper-ordinatrice selettrice ci disporrebbe di dirimere e non di con-vivere.

 

 

 

IL BUIO ED IL BIANCO MEDIATIVI

 

Il buio ed il bianco mediativi sarebbero cunicoli spazio-temporale relazionali.

Ponti tra diversi.

Immaginiamo pertanto due complessità variopinte che tuttavia dimostrano un viraggio cromatico verso il medesimo colore monocromatico (bianco o nero)

La superficie monocromatica è la singolarità spazio temporale che mette in comunicazione due universi diversi che localmente divengono la medesima entità. E la interrelazione locale di identità tinge di relazionabilità i diversi.

Pertanto pensiamo alla facoltà del teletrasporto.

Abbiamo ora lo sguardo orientato verso una complessità paesaggistica reale, ora chiudiamo gli occhi (Il paesaggio reale si realizza nero) ed entriamo nell’universo onirico del sonno (N REM E REM) Questo è un esempio di teletrasporto che sperimentiamo quotidianamente.

Il dialogo è un cunicolo spazio-temporale relazionale tra reciproci universi reali e mentali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN SENSO DEL VIVERE

 

 

Un senso del vivere è la tensione verso il miglioramento

Le parole per gli scrittori fluiscono nella mente come flutti iridescenti alle cascate arcobaleno delle idee: Al limite del fiume ed al principio di una florida cascata alcune persone si apprestano ad influirvi i pigmenti in polvere variopinti sì da potere simulare le singolari rifrazioni multicolori dell’arcobaleno: Una persona personificando il poeta si trova al termine della cascata, questa persona inizialmente congiunge le mani a formare una ciotola in atto di mostrare che il poeta può raccogliere solamente rare gocce delle miriadi di variopinte gocce fluenti della cascata di idee, inoltre le medesime gocce colorate che raccoglie sono temporanee, ovvero temporaneamente sostituite da gocce nuove, il poeta tende verso la coincidente traduzione del proprio spirito ideativo tuttavia non può mai raggiungere questa coincidenza, sarebbe impossibile infatti per il poeta possedere la intera cascata di idee. Pertanto il poeta incontra una parola suggestiva ed ispirativa metaforicamente rappresentata da una goccia che non cade tra i palmi delle sue mani, bensì questa goccia gli bagna il busto ed il flusso della lacrima permea la sua pelle come un tatuaggio temporaneo della polverina variopinta – Il poeta sa che non potrà più raccogliere la medesima goccia, tuttavia sa di averne esperito una sua manifestazione, così è per le parole che ascoltò e che dimenticò, così è per le idee che lo sfiorarono così rapidamente da non lasciarsi cogliere – Allora si realizza il miracolo della perdita, poiché è proprio il fatto di perdere non inesorabilmente una idea, una parola realizza il movimento ispirativo della tensione malinconica del poeta verso il raccoglimento delle idee somiglianti alla idea che non si lasciò raccogliere, sì il poeta sarà attirato verso il raccoglimento di gocce cromatiche somiglianti rispetto alle sfumature della goccia non raccolta, così è per le parole, il poeta incontrando e presto dimenticando una parola vincerà la facoltà della curiosità che lo condurrà ad incontrare miriadi di nuove parole. Similmente accade per la lettrice facoltosa.

 

Lei incontrerebbe il titolo di un libro che, seppur ritenendolo fondamentale, lo dimenticò poiché fu sovrappensiero, tuttavia di questo libro nonostante non si ricordi il titolo preciso, in lei permane una visione di senso generale che orbita intorno al libro. La lettrice sa bene che non basterebbe una vita per ritrovare tra le miriadi di scritture che esistono il titolo che perse. Tuttavia proprio il fatto di questa perdita dedica un senso ulteriore di ricerca nella sua vita – sì la lettrice persevererà la passione per la lettura proprio per lo spirito tensionale di potere un giorno incontrare il titolo perduto, intanto secondo serendipità leggerà miriadi di libri del medesimo principio tematico del libro di cui perse il titolo così scoprendo forse che l’approfondimento della lettura di altri libri divenne una rilevanza ulteriore e superiore rispetto al titolo del libro ed alla lettura del libro perduto. Questi sono esempi di una percezione alternativa e suggestiva delle mancanze.

Le mancanze consistono nei luoghi marginali in cui possiamo agire affinché si realizzi che grazie a noi si risolvano tali mancanze. Pensiamo all’incompletezza, all’irrisolutezza, all’imperfezione, alla assenza, esse possono demoralizzare e possono altresì indurci rassegnazione solamente se non sappiamo coglierne il valore misterioso, ed il mistero delle mancanze consiste proprio nel fatto che esse siano artefici del compimento in noi di uno status tensionale verso il miglioramento di tali mancanze. La possibilità conciliativa. Noi persone siamo “Libri buoni”, conoscendo i nostri nomi ci dedichiamo le possibilità di ri-chiamarci, poiché sappiamo come il poeta e la lettrice che noi stessi somigliamo ai nostri noi passati, non possiamo essere identici ai noi del passato, sì la nostra conoscenza è una ri-conoscenza.

Sì come il poeta che va cercando di cogliere nuove gocce variopinte dopo non avere potuto coglierne una, andremo relazionandoci con nuove persone, ma la dinamica relazionale è vicendevole, la conoscenza della sfumatura della goccia non raccolta, in paragone metaforico, i valori assimilati nella temporanea relazione con le persone sconosciute temporanee andrà ad infondere le nuove relazioni.

 

 

 

Analogamente come la lettrice nella speranza di leggere il libro di cui non ricorda il titolo, andremo ad investire la nostra vita nel senso malinconico del ritorno della relazione con le persone di cui abbiamo conosciuto soltanto i nomi.  Le mancanze in generale inducono in noi la Possibilità del “C’è molto da potere fare”, allora alimentando lo spirito della nostra vitalità creativa non solo ci rivitalizzano bensì inducono in noi nuove speranze e nuovi sensi del nostro vivere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inizio