IL SOGNO
DI ARCADIA
IL SOGNO DI ARCADIA
© 2023 Michele Vitti
Data di pubblicazione :
13.03.2023
Quest’opera è protetta dalla
legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione,
anche parziale, non autorizzata.
ISBN : 9798386916947
Casa editrice: Independently
published
INDICE
IL SOGNO DI ARCADIA
I ESSERE E ESISTERE| II Avere e
Fare
La vera ricchezza
I miracoli della scrittura e
della lettura
Un senso del sogno. I lumi
dell’anima
La parabola dei due mondi
LA FIABA DI ARCADIA
La fiaba di Arcadia
Il Dio Drago e il Dio Pegaso a
Finilandia
I vuoti empienti di Finilandia
Il paradosso dei vuoti
empienti
il miracolo del riconoscimento
matrioska
Nuotare in cielo
L’autonomia della marionetta
protagonista di Albalandia
Amore egiziano ad Oneiric-landia
La metempsicosi di Ra
Oneiric-landia
I due cuori. L’amore di Shiva e
di Abel
e la psicostasia della vita
Amore anticipante e l’abbraccio
degli spettri
L’exemplum del Dio oracolare
Cigno ad Irenic-landia
I due mondi
Le quattordici stele di Arcadia
e le memorie resurrettive
Un senso del vivere
I
ESISTERE ESSERE DARE
II
Avere Fare
Una persona non è solamente
quello che fa e non è solamente quello che ha.
Una persona è.
Ed il valore attribuito e
autointotto non è variabile sulla base delle variabili della variabile
attitudinale e della variabile della proprietà bensì è costante, poiché fondato
sulla costante della esistenza ontologica vitale della essenza.
Pensiamo per un istante di
incontrare un angelo, o una fenice, o la donna angelo, o una creatura reale
estremamente rara.
Primo esempio : “La donna angelo”
L’amore anticipante
La donna angelo rincuora
soltanto perché esiste, è amata come una creatura mistica unica ed è lei stessa
rincuorata da tutte le persone che la incontrano.
Dovremmo essere amati perché
siamo e poiché esistiamo in valore di un amore anticipante ed insieme
proiettivo e proattivo.
Non in misura e in qualità delle
nostre qualità creative o delle nostre proprietà.
Così l’ambiente florido
dell’amore anticipante è la sconosciutezza, se troppo spesso la conoscenza è
una rassegnazione orientata al disamore causa del limite d’amore e della
svalutazione del prossimo.
Allora dichiarare che qualunque
persona sia donna angelo significa realizzare un monito di attribuzione di
dignità valoriale di innato diritto di tutti noi.
Secondo esempio “la medusa
chirodectes maculatus”.
Ad esempio la medusa chirodectes
maculatus, vi sono stati solamente due avvistamenti di questo esemplare, viene
valorizzata semplicemente per la sua esistenza, non certo per come si muove e
si comporta (ovvero come qualsiasi altra medusa) e non certo per le sue
proprietà di superficie analoghe alle altre meduse — pertanto è fondamentale
nel macrocontesto del giudizio valoriale la Rarità. Allora giungiamo al
profondo fondamentale riconoscimento che ciascuno di noi non solamente è raro
di una Rarità che affiniamo crescendo, bensì unico.
Allora comprendiamo che
valorizzeremmo queste creature fantastiche o reali semplicemente perché sono,
perché esistono, saremmo allora indifferenti alle sue attitudini, o meglio
qualunque sua semplice attitudine, banale sarebbe considerata dagli osservatori
come miracolosa — in secondo luogo le sue proprietà di superficie,
sovrastrutturali sarebbero delle invarianti nell’ottica del giudizio di valore
dell’osservatore.
Consideriamo il contesto
attitudinale.
I nostri comportamenti possono
essere esemplari, ma in primo luogo esemplare è ciascuna persona – e
soffermiamo il valore di questo pensiero – ln secondo luogo sussiste un surplus
di positivo giudizio valoriale nel caso in cui l’attitudine sia buona, benefica
e un esempio. Ma è un surplus che sottende un valore aggiunto ad un macrocosmo
valoriale già esistente. Questo surplus non confuta il macrocosmo valoriale di
coloro che non dimostrano questo valore aggiunto.
LA VERA RICCHEZZA
La ricchezza è la gratuità di
arricchire.
Siamo ricchi non in misura ed in
qualità delle nostre proprietà bensì in misura della nostra gratuità.
In base alla misura marginale
relativa rispetto a ‘quanto doniamo del totum di ciò che possediamo’ si avvera
la dimensione valoriale secondo cui al diminuire del margine della nostra
proprietà egoistica, ovvero all’aumentare del margine delle nostre proprietà
altruistiche donate, incrementa la nostra ricchezza ontologica, umana, (valori
ulteriori elevati conseguibili mediante la mediazione di proprietà economiche
funzionali all’implemento umano universalmente comune) ed altresì economica
poiché il denaro è una astrazione mediativa avente senso solamente in funzione
di utilità di implemento relazionale.
Premettiamo una conclusione
importante:
La nostra ricchezza non è in
misura della nostra proprietà ma in misura del dono della nostra proprietà.
Riconosciamo ai vertici di
valore le qualità di gratuità e altruismo.
Approfondiamo.
Un esempio del concetto: “La
proprietà è il dono di proprietà” — Immaginiamo una persona manifestamente
ricca che indossa pietre preziose e abiti pregiati, tuttavia è consono pensare
secondo la nostra esperienza che le pietre preziose e gli abiti che questa
persona indossa non li donerebbe mai —
pertanto la consapevolezza della ricchezza altrui quale senso avrebbe
per un osservatore povero che persiste il suo status di povertà altresì in
grazia dell’egoismo della persona ricca.
Riflettiamo. Quale sarebbe il
significato di valorizzare la stima di una persona sulla base di una proprietà
solamente sua inoltre considerando questa sua naturale predisposizione verso la
non condivisione?
Saggiamente il povero non
riconoscerebbe ingiustamente se osservasse:
Si manifesta non illusoria la
realtà secondo cui la persona ricca è manifestamente povera, paradossalmente le
gemme preziose che indossa non sono che il simbolo della sua povertà, nonché
sono gli oggetti del suo egoismo. Allora una persona ricca che indossa una
collana di ambre pregiate è del tutto analoga ad una persona povera che indossa
una collana di ciottoli di lago – se non per una eccezionale differenza, in
ottemperanza di una maggiore predisposizione verso il carattere della umiltà,
della gratuità, della magnanimità delle persone povere, riconosceremmo in
questo esempio una facoltà di gratuità della persona povera di cui è priva la
persona ricca : La persona povera regalerebbe la sua collana di ciottoli di
lago ad un viandante sconosciuto. Allora la persona povera non ha praticamente
alcuna proprietà e dona tutto, la persona ricca possiede miriadi di ricchezze e
non dona nulla. Pertanto il riconoscimento valoriale di un terzo osservatore
giudice degli olismi valoriali ontologico risulta che la persona povera
manifesta la variabile del valore aggiunto relazionale — economico che la
persona ricca non dimostra. Pertanto in relazione alla dinamica di creatività
relazionale universale la persona povera è ontologicamente più ricca della
persona ricca.
La questione è insita nel valore
che ci attribuiamo in misura della nostra facoltà di gratuità, in atto di
riconoscimento non della qualità della nostra proprietà, bensì nella nostra
facoltà di donare, il valore della gratuità.
La gratuità ha funzione
catartica curativa empiente:
Percezione di una Mancanza percepita
curata con la gratuità.
Un vaso che si svuota si
riempie.
Il povero che dona la collana di
ciottoli di lago si arricchisce dell’atto del dono e del riconoscimento del
ricevente il dono.
Il dono è la variabile
arricchente.
Allora vi è un valore di
valorizzazione umana di maggiore essenzialità – Ovvero la verità che il valore
aggiunto non sia una proprietà esteriore donata, bensì il dono di valore
aggiunto è la nostra pura essenza vitale unica.
Si argomenta allora non
dell’avere o del fare ma dell’essere, dell’essere latente potenziale,
dell’esistere e del dare (Fare dono)come ontologie attitudinali fondanti la
dignità umana.
IL MIRACOLO ALCHEMICO DELLA
SCRITTURA
Ad una persona che scrisse
centinaia di libri una seconda persona curiosa e lettrice di centinaia di libri
domandò meravigliata. Come hai potuto raggiungere la scrittura di questi
centinaia di libri? È un miracolo.
La prima persona rispose. Sei
stata per me un insegnamento fondamentale, in più aggiungo che altresì te
stessa che sei una lettrice facoltosa sei ad un passo dal realizzare ciò che ho
compiuto, in più aggiungo che la realtà che ho realizzato che hai nominato
miracolo è incompleto sia perché in facoltà di essere completato in grazia
della lettura delle persone lettrici, sia in facoltà dell’arricchimento che le
stesse persone lettrici possono indurre a queste mie scritture.
La persona scrittrice aggiunse:
Io sono una persona lettrice come te, noi svolgiamo attitudini somiglianti,
solamente accade che te arricchisci te stessa in grazia della lettura delle
menti di altre persone scrittrici, io sono una persona lettrice della mia mente
ed ogni parola che leggo la realizzo insieme alle altre parole, in verità tu
hai raccontato di un vero e proprio miracolo della scrittura.
La scrittura è una lettura, la
lettura del nostro universo.
La alchemia della scrittura è la
metamorfosi di “elettricità di sinapsi neurali” inintelligibili in astrazioni
psichiche comprensibili (il pensiero, le fantasie ispirative) in attitudine del
gesto della scrittura, in soggetto simbolico intelligibile (il libro).
Allora comprendiamo che
“scrivere è come leggere” e che “leggere è come scrivere”, poiché cari lettori
e care lettrici per ciascuna mia parola segnata che leggete siete persone
autrici e scrittrici di miriadi di pensieri, abbiate soltanto voglia di
trascriverli così comprenderete il miracolo della ispirazione.
LA LETTURA È GARANTE DELLA
NOSTRA ELEVAZIONE IMPOSSIBILE.
Gli scrittori ci regalano la
onniscienza, non ci obbligano a credere in soro insegnandoci la facoltà
critica, ci insegnano a vedere le realtà da prospettive diverse, ci rendono
l’intelligenza della flessibilità verso le diversità, ci elevano di
consapevolezze ulteriori che implementano la nostra ontologia e la nostra
coscienza creativa, ci educano alla possibilità e non alla finitudine, ci
regalano la spensieratezza aiutandoci a migliorare le nostre potenzialità
immaginative, tutelano la nostra Spiritualità bensì orientando verso la
curiosità di Spiritualità alternative, ci ricordano la storia, realizzano il
nostro incontro con il mistero della misticità, grazie alla loro mediazione
culturale e scientifica ci dimostrano cosa ci fa bene e come relazionarci con
le altre persone, la lettura è il dialogo con il nostro divino, l’incontro con
la nostra anima è una spontaneità non è un esame, in questa spontaneità siamo
tutti pro-mossi, non sussiste scelta né rifiuto, bensì reciproca accoglienza.
Ciascun scrittore è valevole,
paradossalmente gli scrittori che condividono errori confutato da altri
scrittori sono coloro che flessibilizzano la nostra capacità critica e di
flessibilità. Allora prima accogliamo senza giudizio, poi custodia o in noi
l’errore come colore dignitoso per ottenerne i frutti mediante conversione. Ci
regalano nelle morfologie delle astrazioni culturali l’insegnamento delle
concretezza relazionali affettive. Sono garanti del nostro teletrasporto
psichico, viaggiamo con la mente e l’immaginazione ci permette di vedere le
realtà di luoghi che non visitiamo. La lettura è sia spensieratezza sia
riflessione. È catartica poiché induce un riqualificazione e purificazione dei
pensieri. Gli scrittori non tra-curano ma per-donano, donano per noi
insegnandoci la gratuità.
Gli scrittori sono implementazioni
sciamaniche della nostra identità, pertanto il fatto della lettura è in
principio influenza eterna di noi. Sicché quando ci relazioniamo con le altre
persone esse incontrano la nostra complessità ontologica implementata delle
loro essenze rifatte. Gli scrittori sono manifestazioni di resurrezione -
mediante la nostra memoria resurrettiva di loro stessi e delle loro conclusioni
essi ci rendono partecipi e protagonisti del miracolo resurrettivo.Essi ci
insegnano urgenza non procrastinazione donandoci appunto le conclusioni non i
complessi e periodici meccanismi logici per il raggiungimento delle
conclusioni. Tuttavia vi sono altresì scrittori di codici matematici e di
lingue ancestrali come il greco ed il latino - pertanto ci insegnano il
ragionamento induttivo e deduttivo, le derivate e gli integrali, e i metodi di
categorizzazione e di razionale attribuzione di valore, realtà sensibilmente
fondamentale poiché non deve rischiare di degenerare nell’annientamento della
indifferenza. Ci descrivono il sogno e la divinazione pertanto alludendo alla
fondamentale rilevanza dell’emisfero della irrazionalità e del subconscio. La
lettura è il ponte verso la nostra elevazione impossibile. Predetta la
impossibilità nelle qualità di limitazione percettiva dell’ambiente esteriore
la elevazione impossibile risulta dal confronto con coloro che hanno
oltrepassato pressoché infiniti limiti ontologici conoscitivi.
Curiosità, umiltà, coraggio,
rivalutazione, accoglienza, pace, realismo severo – la lettura ci orienta al
volo dei cieli, al vuoto buio dell’universo, al cammino adiacente.
La quiete, la serenità, il
lettore è in facoltà di leggere lentamente e di accogliere, qualificare e
riqualificare le parole e i pluri-contesti che relazionano i significati delle
parole.
La lettura non è aleatoria – è
un ambiente di tipo sicuro – il dialogo è suscettibile alla rapidità dialogica
che realizza una complessità inter-connettiva che sovente incide sulla reale
impossibilità di comprensione, la confusione indotta non è una proprietà della
lettura non dentata da aleatorietà arbitraria e intersoggettiva del reciproco
flusso di pensiero.
La lettura è garante di libertà
è autonomizzante, ovvero consegna ai lettori gli strumenti strutturali
neuro-cognitivi per acquisire non dipendenza ma libertà di autonomia
auto-gestionale. Diversamente il dialogo relazionale sovente si dimostra
eteronomizzante ovvero l”Io so” dell’oratore indotto più o meno dispotica ente
sull’ascoltatore che spesso acquisisce, copia, acriticamente il contenuto dell’ascolto.
Il valore estetico della
lettura, la disposizione delle lettere è artistica, non binaria – la lettura
allora insegna non dicotomia e selezione e esclusività bensì la inclusione
caotica o ordinata di tutte le lettere dell’alfabeto che magicamente si
relazione per realizzare importanti consonanti risonanti.
La magia, il misticismo, la
cinesi alchemica della lettura risiede nella facoltà dello scrittore di essere
altruista, ovvero di essere garante del fatto che ogni suo lettore sia
ulteriormente ri-trascrittore ideale delle astrazioni letterali che va
leggendo.
Nella lettura sussiste alchemia
tra mio e tuo in nostro in ottemperanza e meta di un miglioramento, di un
progresso di un successo universale che è privo di concorrenze né di relazione
tra i lettori relatori e nemmeno a livello spazio-temporale – sicché si
realizza il valore del meno, del germoglio, delle facoltà latenti, che
succedono poiché semplicemente accadono sicché dal germoglio di ogni singola
parola il lettore realizza la propria personale diramazione di significati che
ulteriormente potrà con-dividere con le persone che conosce e che non conosce.
La lettura ci rende compagnia.
Conosciamo gli scrittori
personalmente? No. Allora comprendiamo il valore della sconosciutezza come
realtà in facoltà di dedicarci realtà talvolta più solenni e implementative
delle realtà che conosciamo.
Ciascuna parola è nuova,
sconosciuta, una sorpresa.
La lettura ci insegna a
rinnovare ed a sorprenderci proprio come i bambini, pertanto risulta
evidenziato che la lettura è per molti versi garante del nostro
ringiovanimento.
UN SENSO DEL SOGNO. I LUMI
DELL’ANIMA
Non desistere dal disvelare al
mondo le potenzialità latenti dell’universo del tuo spirito creativo. Non
smettere di sognare.
Credere in un sogno privi dei
presupposti per cui si possa compiere significa credere nella luce nel buio, e
se la luce non fosse il sole all’alba che sospende la notte o un fulmine giallo
elettrico fluorescente, o la tiepida fiammella di una candela le cui lacrime di
cera scandiscono la caducità del timido lume.
Se la luce non fosse una realtà
esteriore, andrei cercandola in me stesso, nella mia anima, nel mio spirito creativo.
Ci domandiamo perché cerchiamo la luce. Cerchiamo la luce perché siamo ciechi
al buio. Allora se dovessimo comprendere che siamo noi stessi la luce,
compieremmo la metamorfosi del buio in luce: Impareremmo ad orientarci nel buio
- sicché se dovessimo divenire abili nella facoltà d’orientarci nel buio
fuggiremmo la luce che accecante ci disorienterebbe. Tuttavia vi sono più lumi
della nostra anima - Cerchiamo i lumi dell’anima come i cercatori di tesori! Sì
la serendipità ci dona il secondo lume ed altresì il terzo. Il primo lume è
insito nella prima affermazione: La ricerca - E in nostra facoltà il movimento
- Pertanto se non pazientiamo eternamente nel buio ma compiamo un primo passo
forse incontreremmo nuovamente il buio e similmente per i successivi passi -
tuttavia il camminare vi consente cinque proprietà: La prima è la possibilità
di imparare dal buio, ovvero l’orientazione – la seconda è la resilienza –
ovvero la perseveranza, la tempra e la resilienza di credere in sé stessi, nel
proprio sogno altresì quando ancora camminiamo e nessun lume di fiammella ci
appartiene – la quarta proprietà è paradossale – Il buio è la garanzia del
nostro essere destinati alla luce – nonché è la persistente esistenza del buio
a proiettarci verso la meta luminosa. La quinta proprietà abbraccia la quarta,
la quinta proprietà è la sorpresa – ovvero il compimento della nostra
ispirazione, il nostro incontrare la luce proprio nel momento in cui meno lo
attenderemmo.
Allora la serendipità è il
secondo lume dell’anima – poiché nel buio cercando la luce troveremmo l’acqua
per dissetarci.
Il terzo lume è l’anticipazione
: CIASCUNA REALTÀ È IN OTTEMPERANZA DI REALIZZARSI, pertanto i germogli delle
manifestazioni mature delle realtà latenti sono sempre ovunque. Il quarto lume
dell’anima è il connubio di marginalità e di fluidità – NESSUNA REALTÀ È
DICOTOMICA – Il buio puro non esiste. Solitamente infatti ci orientiamo verso
le generalità del meno buio e del più luminoso. Il quinto lume è il connubio di
sogno e di immaginazione fantastica – la magia dell’astrazione, gli astri
nascenti dell’impossibile balenano in noi semplicemente e tuttavia
meravigliosamente ravvedendo noi stessi d’essere universo del noi, l’uni-patia
– la complessità e la vastità di ogni universo ci rende liberi di possibilità
risolutive alternative, l’ambiente universale è il luogo dell’impossibile
realizzato, l’assurdo sarebbe allora il “meno buio” che ci orienta verso il
lume dell’l’impossibile. L’impossibile è una proprietà rara e potenzialmente
catartica. Il sesto lume...
LA PARABOLA DEI DUE MONDI
- La meta che ti proponi di
raggiungere è impossibile, è surreale! Il gioco non ti varrà mai la candela.
Non ti vale la pena di sognare, ritorna alla realtà.
- Seppur non dovessi riuscire a
realizzare il mio sogno, realizzerei nella mia vita il puro fatto di aver
sognato, alcuni non sognano poiché sono incantati dal sogno della realtà,
allora ci sono due sogni, sono il sogno onirico ed il sogno reale, il sogno onirico
è irenico, fantastico, fantasioso, impossibile. Ecco, la nostra fantasia è il
ponte che compie la magia dell’avverarsi della impossibilità - seppur allora
sogniamo oniricamente l’impossibile non è forse vero che lo abbiamo incontrato
e conosciuto nella nostra vita reale? Poiché il sogno onirico appartiene al
continuum del sogno reale, del sogno del nostro arco di vita. Il sogno reale è
severo, è delle tinte oscure della severità del reale che sono macchiati i
sogni onirici che allora ci rattristano per la loro sembianza di incubi.
Inoltre un vagabondo dei
pensieri mi disse queste parole: “Un tempo ebbi un sogno, lo ricordai; sai, è
importante ricordare i propri sogni nei tempi del nostro riposo, purtroppo
molte persone nonostante riconoscano di avere sognato non ricordano il loro
sogno ed allora girovagando nei loro pensieri lo cercano nella preghiera un
giorno di poterlo raccogliere, sai perché chi ricorda i propri sogni è
fortunato? Per due motivi, il primo è perché questa persona è in coscienziosa
relazione con il suo subconscio, il secondo è perché può realizzarne i
contenuti, è la possibilità della realizzazione onirica, ovvero la nostra
possibilità di confluire il sogno onirico nel sogno reale.
Tuttavia tre realtà mi
sorpresero – la prima si rivelò nella sorpresa di riconoscere la realtà da me
plasmabile a tal punto da scolpire la realtà ad immagine della mia fantasia
onirica, la seconda realtà è speculare, la sorpresa di scorgere qualità reali
nel mio sogno e qualità oniriche nella realtà – la terza realtà fu questa :
quando percepii di avere realizzato il mio sogno riconobbi che il solo sogno,
che il solo fatto di aver sognato mi aveva reso più felice, più sereno, della
realizzazione stessa del sogno – allora ebbi un ripensamento, la consapevolezza
che vi fosse un margine di irrealizzabilità del sogno nella realtà, di
incompletezza, era motivo per me del perseverare nel plasmare la realtà verso
un infinito onirico, un infinito multi_dimensionalmente insensato – la
comprensione del senso è un ultimo passo, il raggiungimento di una meta è qui
che incontreremmo in un certo senso una fine, la fine appunto di avere ottenuto
la consapevolezza, la bussola perde di significato una volta raggiunta la meta?
– diversamente siamo liberi di vagabondare, di scoprire l’avventura dei nuovi
passi nell’ambiente dell’insensato che ci orienta verso la meta della creazione
del senso che più ci libera e che più ci fa bene.
Allora riflettei, come avrei
potuto colmare la infinitudine onirica nella realtà?
La risposta mi soggiunse
istintivamente Avrei incontrato le misticità surreali sognando, nel tempo reale
del riposo, e di questo incontro fantasioso ne sarei risultato influenzato,
rinnovato nel tempo del risveglio.
Così riconobbi me stesso come il
ponte tra due mondi, il mondo reale e il mondo onirico surreale.
LA FIABA DI ARCADIA
I
IL SOGNO DI ARCADIA
Racconto di città immaginarie.
Il paese di Finilandia in cui tutto apparse finire:
Seppur niente per sua natura
dovesse finire, eppur tutto in Finilandia finiva poiché un incantesimo, una
malia imperversava come una incessante pioggia, questo incantesimo era un
incanto infinito nell’incanto della finitudine, l’unico paradosso eterno che confermava
la regola della finitudine di Finilandia.
Tuttavia in Finilandia non
pioveva, in Finilandia infatti chiamavano la pioggia la lacrima del cielo.
L’incantesimo della finitudine
in Finilandia era connaturato, ancestralmente intrinseco nella natura degli
abitanti di Finilandia. Allora le realtà che apparivano a loro magicamente
finivano, in un battito di ciglio svanivano inesorabilmente.
Un tempo Finilandia aveva un
altro nome, un tempo il tempo non finiva perché Finilandia non era Finilandia,
il tempo restava presente, i suoi abitanti restavano, esistevano cullati
dall’anima dell’oracolo di Now-landia questo fu il nome precedente di
Finilandia.
Il simbolo dell’oracolo fu il
pendolo, ed in fede al simbolo dell’oracolo gli abitanti di Nowlandia restavano
insieme, non immobili, poiché nel loro presente sussisteva un certo divenire,
un divenire singolare caratterizzato proprio dal simbolo oracolare - il ritorno
- allora gli abitanti di Now-landia restavano presenti a sé stessi alle realtà
naturali ed al prossimo e ad essi ritornavano.
Tuttavia un giorno nuovo, seppur
somigliante a ieri, gli abitanti si ribellarono all’oracolo criticandolo di
prevedere a loro un futuro non libero, ondeggiante, non vario, monotono,
noioso, loro dissero all’oracolo di soffrire di cinetosi a causa della sua
anima previsionale. Gli abitanti di Now-landia emarginarono l’oracolo e presto
lo radiarono dalla carica di autorevolezza spirituale del loro tempo.
L’oracolo che voleva bene agli
abitanti di Now-landia consigliò loro di non perderlo poiché le conseguenze in
Now-landia sarebbero state gravi.
Gli abitanti non lo ascoltarono.
La malia della finitudine in
Finilandia imperversò quando gli abitanti di Now-landia radiarono l’oracolo del
futuro del ritorno. Now-landia perse il suo futuro e così divenne Finilandia.
Allora in Finilandia le
relazioni finivano inesorabilmente prima del tempo maturo, le persone dandosi
per-vinte perseveravano nel perdersi, e seppur ancora vivendo, vivevano come se
insieme non vivessero, coloro che sono lontani: Se sono, sono. Se sono, sono
insieme. Se sono lontani, possono cercarsi ed avvicinarsi. Era lo sguardo degli
abitanti di Finilandia ad essere dirimente, i germogli che essi guardavano
avevano una fioritura istantanea così surreale da sembrare che il germoglio, il
suo fiore ed il suo vuoto fossero le medesime realtà contemporanee, i bambini
giocavano con le margherite al gioco “mi ama - non mi ama” – Sì accadeva che le
margherite finivano, e che il gioco delle margherite finiva straordinariamente
sempre con il risultato “Non mi ama”. La risposta consuetudinaria era “No” –
Alcuni abitanti pronunciavano il “No” in mancanza di una premessa richiesta,
come una preghiera avente senso in sé, il “No” divenne la preghiera di
Finilandia. Il saluto degli abitanti era sincronicamente un inizio di relazione
ed un addio, un congedo, nel secondo della relazione non c’era possibilità di
dialogo e di chiarimento.
Poiché gli abitanti di
Finilandia non si parlavano, poiché le parole finivano gli abitanti finirono le
loro parole verso il prossimo e Finilandia divenne un luogo silenzioso. Si
stimavano temerari e coraggiosi gli abitanti di Finilandia che iniziavano una creatività
poiché ormai tutti si erano rassegnati alla fine delle creatività e pertanto
che non fosse possibile il perseverare creativo.
Non esisteva la finitudine della
creatività individuale bensì imperversava uno spirito di demoralizzazione, una
cecità che portava a non riconoscere come esistenti e opere altrui. Allora
quando i creativi temerari riuscivano a vincere la malia della finitudine la
loro opera creativa: Ai loro occhi era di valore e soprattutto esisteva, agli
occhi del prossimo era come il germoglio-fiore-nulla, la realtà creativa
esisteva non esistendo – Ogni fare si riconosceva come un “Non fare”.
Dei lunghi affettuosi abbracci
che ritornavano e che tanto apprezzavano gli abitanti di Now-landia adesso
resta loro solamente lo sfioramento. Alcuni abitanti di Finilandia
malinconicamente piangevano di aver perso le vitalità, le serenità divenienti
di Now-landia ma subito il Sole sfumando le lacrime sulle guance spariva – Il
giorno si alternava alla notte in modo intermittente e l’intermittenza luminosa
realizzava un effetto stroboscopico costate che ledeva la serenità della psiche
di tutti. La surrealtà del giorno notturno realizzò il sorriso di chi smise di
piangere. Gli abitanti ricchi di Finilandia scialacquavano al più presto le
loro ricchezze, perché il denaro doveva finire.
Allora presto gli abitanti di
Finilandia si impoverirono di relazioni umane, della loro creatività, delle
loro percettività, delle loro ricchezze.
Allora cosa accadde quando
l’oracolo fu radiato da Now-landia? L’oracolo viaggiò non molto lontano
raggiungendo Albalandia.
Ad Albalandia l’oracolo del
tempo futuro del ritorno incontrò l’oracolo ancestrale del primo principio e
l’oracolo del futuro fluttuante. Albalandia è un paese florido, dove qualunque
realtà germoglia e cresce, i simboli oracolari di Albalandia sono il sole
sorgente e la farfalla. Gli abitanti di Albalandia sono socievoli, qualunque
loro relazione tra loro stessi e tra loro e l’universo naturale è nuova e
fiorentemente rinnovata. Il divenire, il futuro relazionale degli abitanti di
Albalandia non è come il futuro del ritorno tipico di quello che è stato il
paese di Now-landia - il ritorno in Albalandia è raro, la metafora della
farfalla che raramente ritorna al medesimo fiore, seppur volitando di fior in
fior e di cielo in cielo.
In Albalandia si realizzò il
miracolo della trasmigrazione delle anime degli oracoli un miracolo che
noteremo realizzarsi in un secondo luogo in grazia della generosità e del
perdono di un oracolo.
In verità in Albalandia l’oracolo
del futuro del ritorno, che era un forestiero, fu accolto e come ringraziamento
insegnò agli sconosciuti oracoli di Albalandia il valore del futuro del
ritorno. Reciprocamente gli oracoli di Albalandia donarono la loro cultura sul
tempo all’oracolo di fu Now-landia.
Che cosa accadde infine a
Finilandia ed ai suoi abitanti?
Fortunatamente la finitudine di
Finilandia finì, ovviamente perché era il destino della finitudine di
Finilandia di finire.
Ma come fu possibile che fu
confutato il paradosso del non finire di Finilandia? Finilandia nello status
reale in cui era immersa era cristallizzato, marmorea, eterna, senza tempo,
propriamente terminata, finita.
L’oracolo del paese che fu
Now-landia, nonostante fosse stato radiato, scelse di soggiornare in luogo
adiacente, così da potere vegliare sul reale accadimento del paese che ancora
sentiva essere proprio delle sue origini. L’oracolo del ritorno del paese che
fu Now-landia pregò gli oracoli di Albalandia di aiutarlo a ripristinare i
tempi presenti, passati e futuri di Finilandia. Gli oracoli si dimostrarono
generosi.
Non solo magicamente
realizzarono il nuovo congegno cronologico di finilandia, ma domandarono aiuto
agli oracoli dei paesi confinanti con Albalandia, Irenic-landia ed
Oneiric-landia.
Affinché realizzassero di
Finilandia la resurrezione delle realtà prematuramente finite e la
restaurazione dei sogni creativi degli abitanti di Finilandia.
Presto Finilandia si innovò –
gli abitanti di fu Finilandia le diedero nome Arcadia. Luogo di una serena vita
idilliaca che vi si conduce, d’amenità di paesaggio fiorente, il principato
oracolare ora consiste dell’oracolo del futuro del ritorno, affinché sia
resiliente la bontà di Arcadia, tuttavia compartecipano gli altri quattro
oracoli affinché l’oracolo del ritorno non riassesti per sua natura non
volontaria la statica delle dinamiche di fu Finilandia in Arcadia. I simboli
oracolari di Arcadia sono awen e la triquetra, la creatività ri-qualificativa e
la coesistenza complessa dei tre tempi. Un/a bambino/a si risveglia da questo
sogno, con uno spirito creativo ulteriore, di un livello superiore, allora vive
serenamente le sue relazioni, ne realizza di nuove, arricchito/a delle
consapevolezze dei paesi di Now-landia, di Finilandia, Albalandia, Irenic-landia
ed Oneiric-landia. In destino del compimento delle metamorfosi oniriche-reali –
ovvero di realizzare per sua grazia divina iniziatrice nella sua vita reale le
positività dei paesi di Now-landia, di Albalandia, di Irenic-landia e di
Oneiric-landia. Affinché non esistano nella sua reale vita le negatività di
Finilandia.
Una fiaba per bambini e una
satira della finitudine reale.
Satira. Genere della
letteratura, prima teatrale poi solo poetico, che mette in ridicolo costumi con
toni comici o sarcastici e intenti moralistici.
II
IL DIO DRAGO E IL DIO PEGASO A
FINILANDIA
Fiaba di metafore astrologiche
Nel paese di Finilandia accadde
un giorno un miracolo locale. A Finilandia vissero gli inesorabili, i quali
erano maledetti dalla maledizione della finitudine che imperversò quando
l’oracolo del tempo fu allontanato e quando al suo posto in facoltà di divinità
oracolare giunse il drago della finitudine, del caos e dell’odio la cui aura
oscura fu come un sigillo maledetto per le persone che entrassero in contatto
con questa aura oscura.
Il dio drago si presentò a
Finilandia comunicando ai cittadini di Finilandia un messaggio importante:
“Sceglieste la sospensione del
tempo, allontanaste allora il vostro dio Fenice del tempo del ritorno e della
resurrezione, fui allora chiamato qui ed ora per condurvi alla consapevolezza
della esperienza delle finitudini, siete già consapevoli dei valori delle
origini, il Dio del tempo del ritorno ha indotto in voi i miracoli delle albe
solari, siete stati “Soli” adesso vivrete l’essere emissari celesti delle
ombre, siate ora voi per mia causa a mia
immagine buchi neri, il vostro tocco ed il vostro sguardo diede vita in grazie
alle saggezza che assimilaste dal vostro dio del tempo del ritorno. Se
precedentemente aveste infuso vita in grazia dei vostri tocchi e dei vostri
sguardi, ora le vostre attitudini e sguardi siano vortici attrattivi implosivi
delle vitalità. Le vitalità che
assorbirete collasseranno oltre il limite degli orizzonti degli eventi dove
sussiste irreversibilità e non influenzabilità di ciascun evento che dovesse
incombere oltre questo limite nell’universo delle vostre anime. “ Il drago
delle finitudini aggiunse: “Voi mi aveste già incontrato.” I cittadini di
Finilandia si sorpresero delle parole del drago, poiché ciascuno era certo che
nessuno di essi ebbe mai visto un drago. Il drago delle finitudini diede
spiegazione:
“Io come tutti gli Dei oracolari
sono un emissario celeste, ciascuna divinità celeste secondo le sue innate
facoltà è in essere reversibile di reificazione mediante metempsicosi della mia
anima io ho realizzato me stesso a vostra immagine e mi sono relazionato con
voi.
Le divinità superne celesti
promossero la mia metempsicosi a vostra immagine e la mia discesa verso di voi
e con voi argomentando: “La creatività si realizza grazie al movimento
dell’alternarsi tra ordine e disordine, in particolare nelle nostre facoltà di
ordinare un disordine riconosciuto e già dato o da noi stessi realizzato, e di
disordinare il contesto ordinato nel momento in cui sentiamo che la staticità
della perfezione ordinata non sia per noi adeguata (I can’t do anything here) ,
allora la possibilità di realizzare un margine di disordine nel contesto
ordinato è garante della nostra possibilità di prendere respiro in un contesto
che non è più statico bensì plasmabile, malleabile grazie a noi (I am here - il
connubio tra essere e luogo) , in sé la plasmabilità dell’ambiente che sia
ordinatrice o disordinatrice è garante della testimonianza della nostra identità
in quell’ambiente, alchemicamente la nostra identità è un “metallo prezioso”
che si fonde con “il metallo” dell’ambiente. “ Allora io Dio drago delle
finitudini, dell’odio e del caos scesi a voi e voi ascendeste a me in che modo?
Come vi comportaste nei miei confronti è il secondo motivo per cui ora mi sono
rivelato a voi ora spiritualmente dominando sulla città di Finilandia. La mia
essenza ontologica non mutò in grazia della metempsicosi della mia anima nelle
vostre fattezze corporee. Infatti nelle vostre sembianze agii verso di voi
secondo le mie nature di finitudine, di odio e di caos. Io mi manifestai a voi
per mettervi alla prova e falliste. Poiché voi stessi dimostraste di essere
artefici verso di me di ciò che colpevolizzaste di me.
Io divenni rinomato per il mio
tocco avvilente verso le vitalità naturali, vedeste, notaste la mia magia del
sfiorare i fiori e di avvilirli, al mio tocco i colori sgargianti dei fiori si
spensero, ma voi mentre raccoglievate i fiori avviliste me, io fui come un
fiore per voi. Ho sempre sofferto della mia innata maledizione, vedete io ho
sempre amato la natura ed ho sempre odiato e sofferto di questa mia innata
divina maledizione, io ho sempre voluto bene ai fiori e non avrei mai voluto
avvilirli, così è stato per gli elementi naturali, per gli animali che al mio
sfioramento si avvilivano sicché gli animali mi hanno sempre odiato e non mi
hanno mai amato, non mi sfiora ano poiché temevano di avvilirsi, così imparai
l’odio e divenni altresì nominato dalle illustri divinità celesti emissario sia
della finitudine sia dell’odio. Un giorno mi presentai a voi umani allora
realizzandomi secondo le mie originali inclinazioni divine.
E voi mi emarginaste e mi
discriminaste mentre voi stessi nonostante non foste maledetti dalla mia stessa
maledizione secondo morfologie attitudinali diverse agiste avvilendo proprio
come me e verso di me rattristandomi ulteriormente.
Il miracolo del mio insegnamento
per voi giunti alla realtà delle rivelazioni è pertanto questo:
Se non doveste avere esperienza
di essere voi stessi esseri negativi, abbiate presente il sentimento di come
intimamente emotivamente vi sentireste nella posizione di dovere vivere il
rincaro vendicativo delle attitudini di coloro che esperiscono le vostre eventuali
negatività. Allora guadagnerete il profondo valore della metabolizzazione del
per-dono che è universalmente creativo. “
Tuttavia si avverò un miracolo.
Una creatura tra tutti che io ho chiamato il” Sole bianco” si comportò
eccentricamente, coraggiosamente ed in maniera anticonformista rispetto alle
altre creature le quali già possedevano comportamenti avvilenti tipici dei
buchi neri.
Questa creatura fu un puledro
bianco che mi sfiorò il volto, ed accadde una magia, tutti gli animali si
sorpresero nel riconoscere che il puledro bianco non risultasse avvilito a
causa del tocco verso la creatura alter-ego della divinità del drago della
finitudine, bensì al puledro bianco crebbero due ali, il puledro era vivo e
vivace, non spirituale, corporeo, presente come lo era in essenza di essere
pegaso, solamente accadde che lo sfioramento volontario del puledro verso la
creatura della finitudine ebbe implicato che il bianco puledro divenisse
pegaso, ovvero che guadagnasse la facoltà di volare nel cielo reale, non
paradisiaco irenico. Allora si comprende che il tocco induttivo della creatura
della finitudine implicasse l’avvilimento e la debilitazione delle creature,
mentre lo sfioramento indotto dalla prima creatura verso la creatura della
finitudine implicasse la magia della conquista dei cieli reali. Perché citai
“prima creatura”? Perché quando le altre creature si accorsero del miracolo del
pegaso tutte accorsero verso la creatura della finitudine per sfiorarla
tuttavia nulla accadde.
Scopriremo presto che il pegaso
diverrà lui medesimo una delle divinità oracolari.
Se la divinità oracolare del
drago della finitudine, dell’odio e del caos è l’inosservabile delle attitudini
“buchi neri”
Il buco nero non è osservabile
direttamente. La sua presenza si rivela solo indirettamente mediante i suoi
effetti sullo spazio circostante.
Il pegaso si rivelerà una delle
divinità superne della creatività poiché induce nelle creature di cui è custode
la facoltà della infusione della solarità attitudinale delle attitudini “buchi
bianchi.”.
Nella fisica astronomica della
relatività generale, l’inner environment di queste singolarità astrali
inosservabili sono cunicoli spazio-temporali che collegano diversi universi.
il buco bianco è una regione
spazio temporale inversa rispetto al buco nero che ingloba ed annichilisce le
realtà che entrano in relazione con la sua aura attrattiva, la aura del buco
bianco è estrattiva, il flusso di questa singolarità creativa è estrospettiva.
Nel caso della singolarità della
complessità astrale del buco nero l’orizzonte degli eventi è il limite che
determina che gli eventi e le realtà che oltrepassano questo limite non possono
più fare ritorno alle realtà ambientali antecedenti al limite, la funzionalità
del buco nero è l’imput attrattivo– il buco bianco è un buco nero invertito nel
tempo. Inversamente nel caso della singolarità della complessità astrale del
buco bianco esiste altresì l’orizzonte degli eventi che tuttavia proibisce
l’ingresso e non l’uscita, tuttavia questo limite ha funzioni diverse, ovvero
di canalizzare un flusso estrattivo di output delle realtà che sono custodite
all’interno dell’ambiente buco bianco. Il flusso del buco bianco è verso
l’esterno.
Allora sussiste una mistica
similitudine tra astrofisica, fantasia e realtà umana, se noi stessi siamo
micro-universi queste singolarità inosservabili possono interessare la nostra
ontologia umana e le nostre facoltà attitudinali.
Pertanto possiamo assimilare la
dinamica ontologica della inosservabile dei buchi bianchi nella nostra facoltà
attitudinale creatrice di creatività.
Allora comprendiamo che il Dio
del tempo del ritorno fu discepolo del Dio pegaso il Dio delle creatività, in
quanto il ritorno è una delle facoltà creative “buchi bianchi” di cui il Dio
pegaso è maestro.
Ci sarà dato di conoscere che il
Dio drago non imperverserà per sempre in Finilandia, città che è in destino di
divenire ARCADIA, tuttavia questa metamorfosi sarà indotta da un miracolo
creativo.
Che è stato proprio il ritorno
del Dio Pegaso che domandò (mediante il ritorno del Dio del tempo del ritorno e
del dialogo tra gli oracoli mediativi) al Dio Drago di desistere il suo compito
a Finilandia, il Dio drago accolse la richiesta di Pegaso per ringraziarlo del
miracolo che realizzò nei suoi confronti.
Sicché altresì il Dio della
finitudine dimostrò la saggezza della flessibilità dimostrando una facoltà che
innatamente non gli apparteneva ovvero la reversibilità, la non inesorabilità,
la non finitudine, Il Dio drago della fine fu artefice del risorgimento
dell’inizio della finitudine delle finitudini e saggio messaggero
dell’insegnamento della gratuità e del perdono.
Scopriremo che Pegaso si
reincarnerà nelle fattezze d’una creatura umana – la sua metempsicosi
convertirà le influenze della creatura custode dell’anima del Dio drago – il
tocco e lo sguardo della creatura animata custode della divinità del pegaso
saranno rivitalizzanti, insegnando altresì alle creature di Finilandia che
impararono il per-dono dal Dio drago le misticità della resurrezione.
Riconosciamo in questo racconto
un ulteriore miracolo che consiste nella esistenza divinatoria già presente
nella creatura del puledro bianco quando ancora non era divinità in verità
dimostrava già di esserlo poiché agiva divinamente, l’atto divino verso la
creatura custode dell’anima del drago coincise infatti con la reazione di
gratuità divina del drago verso Finilandia.
III
I VUOTI EMPIENTI DI FINILANDIA
Citammo che gli abitanti di
Finilandia non si parlavano, poiché gli abitanti finirono le loro parole verso
il prossimo Finilandia divenne un luogo generalmente silenzioso.
Tuttavia vi furono alcune
importanti eccezioni.
A Finilandia divennero
eccezionalmente noti coloro che vennero nominati “I vuoti empienti”.
Questi misericordiosi venivano
infatti stimati in quanto sembravano non manifestare i segni maledetti tipici
di Finilandia, nessuno poté mai capire come riuscissero a dimostrare un
miracoloso spirito di energia, di
gratuità, di creatività, di intraprendenza verso le altre persone.
Gli “impassers” di Finilandia
tuttavia sembravano comunque manifestare verso i vuoti empienti invidia, ovvero
la forma degenerata della curiosità, alcuni si avvcinavano ai vuoti empienti
per impossessarsi del loro antidoto alla maledizione di Finilandia, tuttavia si
sorprendevano nel riconoscere che non esisteva nessun antidoto, nessuno poteva
comprendere quali fossero le fonti della ricchezza creativa dei “Vuoti
empienti”, poiché in verità non esisteva nessun antidoto – i “Vuoti empienti” erano
l’antidoto alle negatività di Finilandia, la influenza importante che i “Vuoti
empienti” ebbero nei confronti degli abitanti di Finilandia si avverò nella
verità che le loro attitudini divenissero catartiche, e gli abitanti di
Finilandia impararono a non ostacolare le loro attitudini catartiche, in grazia
della assimilazione stessa della intelligenza di non ostacolare, bensì di
pro-muovere, le iniziative dei “Vuoti empienti”, gli abitanti di Finilandia
dimostrarono i primi segni positivi di iniziative attitudinali simboli delle
loro prime guarigioni.
Il paradosso dei vuoti empienti
e il miracolo del riconoscimento matrioska.
La verità della realtà è
miracolosa. Tuttavia non sempre ci permettiamo il privilegio di riconoscerne la
gratitudine del miracolo. In cosa consisterebbe questo miracolo?
Vedete noi solitamente
riconosciamo gli effetti attitudinali, i risultati, e raramente il processo
mediativo che implica i risultati.
Una persona domanda a due
persone per abbeverarsi un bicchiere d’acqua. Tuttavia queste due persone si
ripresentano a questa persona con un bicchiere d’acqua ciascuno, ciascun
bicchiere d’acqua contiene il medesimo livello di oro blu.
La persona non si domanda il
senso di questa eccentricità e sorseggia ugualmente con nonchalanche da
entrambi i bicchieri.
Allora comprendiamo che talvolta
ci arricchiamo del bene del valore aggiunto marginale del risultato che
osserviamo tuttavia non concedendoci di accedere a ricchezze ulteriori
mistiche, verso le quali possiamo giungere solamente attraverso un singolare
intuitivo.
Non appena la persona bisognosa
di abbeverarsi terminò di bere. Poiché in sentimento di aridità e sete, questa
persona domandò alle due persone un terzo bicchiere d’acqua. Questo terzo
bicchiere d’acqua tardò ad arrivare. Tuttavia giunse comunque, questa volta in
un singolo recipiente ed in quantità analoga ai contenuti dei precedenti
bicchieri. Una tra le due persone che consegnarono l’oro blu scisso nei due
recipienti disse:
“Non ti sei domandata/o perché
l’acqua ti è stata consegnata in due recipienti in egual misura? Avresti potuto
domandare se non per la tua urgenza di abbeverarti.”
La medesima persona aggiunse: “
Nel primo recipiente vi è una certa quantità di oro blu, nel secondo recipiente
vi è la medesima quantità di oro blu e le qualità delle purezze dei liquidi
sono le medesime. Tuttavia io ti consegno la verità che uno dei due recipienti
custodiva una realtà più preziosa. “
Sorpresa la persona che si
abbeverò domandò chiarimento.
La stessa persona continuò:”
Vedi, c’è un motivo per cui io
argomento altresì per la persona che ci sta accanto. Allora te domandasti ad
entrambi noi di aiutarti poiché risultavi bisognosa di abbeverarti.
Ed entrambi abbiamo accolto la
tua richiesta. Tuttavia, io che sto
parlando sarei in facoltà di donarti migliaia di litri di oro blu, la persona
che ci sta accanto ti ha regalato le ultime stille del suo oro blu, pertanto il
recipiente che custodiva le sue stille aveva in relativo paragone reciproco dei
beni dedicati un valore immensamente rilevante.
In secondo luogo non ti sei
domandata/o perché il secondo bicchiere è tardato ad arrivare?
Ti rivelo ciò che accadde, io
che ti sto parlando mi sono assunto la responsabilità di non assolvere alla tua
ulteriore richiesta, ho ritenuto che l’oro blu che ti abbiamo primariamente
donato fosse sufficientemente dissetante.
Tuttavia di buon cuore la
persona che ci sta accanto non la pensò come me, ha voluto ulteriormente
aiutarti, tuttavia non poteva poiché era priva di stille.
Allora la persona povera ebbe
una idea, accadde allora che questa persona di buon cuore svolse alcune
mansioni per me affinché barattassi in grazia del suo operato le stille di oro
blu che ti ha donato.
I miracoli del reale non sono
sempre manifesti, secondo questa parabola nominiamo il miracolo
“Il paradosso dei vuoti
empienti” perché domandò l’oratore?
La persona che si abbeverò si
dimostrò grata e coscienziosa verso entrambe le persone che la aiutarono
dimostrando di avere compreso l’insegnamento dell’oratore disse:”Ci sono
persone che amano quando necessiterebbero di essere amate, ci sono persone che
aiutano quando necessiterebbero di essere aiutate, ci sono persone che curano
quando necessiterebbero di essere curate, ci sono persone che dedicano
ri-conoscimento e che si prendono cura mentre restano invisibili e trascurate e
che pertanto necessiterebbero di ricevere cure e riconoscimenti, ci sono
persone che hanno perso le parole, che avrebbero bisogno di ricevere e di
leggere lettere e che miracolosamente le scrivono e le consegnano, ci sono
persone che necessiterebbero di un abbraccio ed allora lo raggiungono regalando
loro stesse un abbraccio.
Vi è in secondo luogo un secondo
miracolo, lo nomineremmo il miracolo del “riconoscimento matrioska”, vedete, vi
sussistono diversi livelli di coscienza della realtà - siamo incantati dal
consiglio della bontà valoriale del conformismo, ovvero crediamo una realtà
valida solamente perché ri-nomata e rinominata da molte persone, ma questo è
solamente lo strato più superficiale della matrioska percettiva, in relazione
alla svalutazione delle realtà sconosciute messe all’angolo. Esistono sguardi
accorti che sanno riconoscere il valore delle qualità di queste realtà
nonostante il loro status di abbandono alla solitudine, accadde che la gente
trascurava le opere, in particolare gli orologi di un povero artigiano
orologiaio verso cui incombeva presto o tardi la decadenza del fallimento -
tuttavia l’uomo perseverava la sua creatività senza guadagno mostrando le sue
opere ai passanti delle rinomate e frequentate vie cittadine di Ginevra,
tuttavia un giorno Per Hans Wilsdorf il fondatore della ben nota marca di
orologi Rolex, notò le creazioni, gli orologi dell’uomo fatiscente. Per Hans
Wilsdorf fu l’unica persona che ebbe mai lodato le sue creazioni. Gli pronunciò
un complimento sublime, infatti gli disse: “Questi orologi sono
qualitativamente a pari altezza dei miei Rolex e dei miei Tudor.”
Per Hans Wilsdorf domandò all’artigiano
non solamente di lavorare subordinatamente per lui, bensì di collaborare con
lui nei suoi uffici creativi per ottimizzare la qualità dei Rolex.
IV
NUOTARE IN CIELO
Raccontiamo di una esperienza di
“Fenice”, l’oracolo del ritorno di Now-landia ad Albalandia.
Ad Albalandia accadono realtà
fantastiche, magiche che ispirano la sorpresa e la curiosità, queste singolari
caratteristiche di Albalandia dipendono dalla eccentricità dell’oracolo del
futuro fluttuante di Albalandia, una creatura realmente surreale che dedica ai
suoi abitanti il dono del compimento dell’impensabile, dell’impossibile, il
regalo della speranza fiduciosa avvenirista nella realizzazione del mistero.
La fluttuazione è la facoltà
magica che irradia di sfumature di possibilità le realtà che si giudicano
irrealizzabili.
L’oracolo del futuro fluttuante
di Albalandia è una creatura gioconda, è Exocoetidae, il pesce volante, una
creatura che precedentemente alla sua metempsicosi oracolare conquistò i cieli
in grazia di una intelligenza singolare, la facoltà del volo le fu assimilata
quando egli si trovò in una situazione di pericolo, nelle acque marine uno
squalo scelse come sua preda Exocoetidae, il pesce ancora non sapeva di sapere
volare tuttavia riconosceva istantaneamente che lo squalo nuotava più
rapidamente di lui, allora per sfuggire allo squalo il pesce raggiunse con
tutte le sue energie la superficie marina, non appena ne varcò il limite si
sentì proiettato verso il cielo, in cielo questa creatura si sentì sostenuta
dall’inerzia motrice che ebbe conquistato nuotando i mulinelli marini, in n
istante di sospensione in aria la fragile creatura sapeva che se fosse
ritornata subito nelle acque sarebbe caduta preda dello squalo, così ebbe
l’intuizione di nuotare nell’aria, allora vibrò energicamente le sue pinne
talvolta planando, talvolta volitando, talvolta volando, la fragile creatura
ritardò il suo nuovo ingresso nelle acque, sì non appena questa stanca creatura
ritornò in mare lo squalo non la attendeva più.
Questa rara creatura riposò per
alcuni istanti, successivamente comprese di avere acquisito una rara abilità
che con intraprendenza affinò e temprò, proiettandosi in cielo lestamente,
modulando il battito delle sue ali ed incrementando la forza del battito delle
sue pinne comprese che poteva elevarsi in cielo e rendere vasto il suo volo ed
il tempo di permanenza in cielo. Infine questa rara creatura riuscì a volare
analogamente alla sua facoltà di nuotare allora non manifestando alcuna
variazione nel movimento in mare ed in cielo, questa creatura allora nuotava le
onde del mare e nuotava le correnti ventose, volava i tornado marini e volitava
allo zefiro primaverile. Fu allora che questa creatura conquistò la
metempsicosi ad oracolo del futuro fluttuante.
Ad Albalandia Fenice incontrò
Exocoetidae, l’oracolo del futuro fluttuante che si dimostrò verso Fenice
accogliente e disponibile affinché potesse condividere ed insegnare a Fenice
alcune sue mistiche rivoluzioni ad Albalandia.
Exocoetidae disse a Fenice:
“Sono qui ad insegnare ulteriormente, insegno la fede nel fantastico ed il
credo nella possibilità dell’impossibile, poiché queste mentalità mi hanno
salvato la vita e mi hanno elevato spiritualmente.”
Exocoetidae condusse Fenice ad
una esibizione teatrale.
Exocoetidae predisse a Fenice: “
È il/la marionettista a muovere la marionetta o è la marionetta a muovere il/la
marionettista? “
La esibizione teatrale ebbe
inizio.
La marionetta apparì così
avversa all’autonomia del marionettista che sorpreso/a dovette affrontare la
sua irresolutezza: Egli/lei allora constatò che i fluidi movimenti delle dita
della sua mano non coincisero con la fluidità reattiva della marionetta - I
suoi complessi meccanismi sembrarono procrastinare il gesto orientativo
del/della marionetta che allora dimostrò facoltà propriamente e paradossalmente
autonome e umane.
L’ AUTONOMIA DELLA MARIONETTA
PROTAGONISTA DI ALBALANDIA
Il/la marionettista ora e
nuovamente tentenna all’inerzia dei meccanismi degli arti della marionetta,
il/la burattinaio/a vede allora con sconcerto essere cortocircuitata la
perfezione della esibizione teatrale che aveva calcolato e previsto con
matematica certezza - ed è proprio grazie all’autonomia della marionetta che
l’opera teatrale tragica del marionettista risultò al pubblico una commedia
poiché i fili mediatori degli ordini si attorcigliarono, all’ordine del/la
marionettista del passo sommesso e tristo della marionetta la marionetta
rispose saltellando, inciampando nei suoi stessi fili (I fili sono della
marionetta, mai del/della marionettista) , un bambino ora ride dicendo: la
marionetta sta ballando! Non è triste questa tragedia!” Una bimba del pubblico
constata gioiosamente:” La marionetta sta volando verso di me! “
Allora la sorpresa che la
marionetta trasmise al pubblico pagante implicò la loro gioia: il pubblico
sorrise, pianse di commozione e applaudì sorpreso di non aver assistito alla
tragedia per cui ebbero pagato. I più severi che assistettero all’esibizione
teatrale intravvidero l’inesperienza del/della marionettista,
Il/la marionettista ordinò alla
marionetta: “ Sii tragedia!” e la marionetta rispose “Non voglio rattristire e
incupire il pubblico, voglio farlo sorridere, allora scelgo di essere
commediante.”
Il/la marionettista pensò tra sé
e sé:
“Questa marionetta è guasta. Non
risponde ai miei ordini.” mentre la marionetta, che già stava tra sé e sé
sperimentando la animosità della autonoma umanità - rispose alla constatazione:
“Non sono guasta, sono libera; e seppur te mi consideri guasta, liberami da te
così compirai te medesimo la mia libertà.”
Il/la marionettista allibì - “la
mia marionetta dovrebbe tacere e ubbidirmi!. Come può criticare i miei gesti e
confutare i miei dettami!”
Il/la marionettista generalmente
stimato esperto della sua facoltà di ordinare i gesti d’esibizione del
fantoccio fu ora criticato, diversamente la marionetta fu lodata e divenne la
protagonista di una esibizione che lei stessa ebbe orchestrato ed interpretato.
Allora accadde una nuova magia, quale? Non soltanto che la marionetta fu
marionettista del suo marionettista, bensì altresì si avverò che la marionetta
fu creativa delle reazioni di sorpresa e gaudio del pubblico pagante, il
pubblico ironizzò sull’accaduto al termine della commedia consegnando il denaro
dell’ingresso in teatro non al/alla marionettista, bensì proprio sul palco alla
marionetta che ebbe destato la loro curiosità, la loro sorpresa ed il loro
sorriso.
La forza della reattività
contrastante e autonoma della marionetta fu l’avverarsi in sé e per le altre
persone delle caratteristiche umane che dimostrò la marionetta ed insieme la
magia che già conoscemmo avverarsi in “Pinocchio”, ovvero l’animazione del
fantoccio eteronomo dipendente che diviene solamente grazie a lui stesso
persona umana autonoma ed indipendente.
Ciascuno di noi nel corso della
sua vita è sia marionetta sia marionettista, sovente lo siamo sincronicamente,
tuttavia la marionetta non vincola il marionettista a lei, allora nella misura
in cui dovessimo divenire marionettisti sogneremmo le nostre marionette libere,
facoltose di liberarsi.
LA FISICA DELLA VOLONTÀ
La fisica dei quanti
Ultra empowering view
La vista della meccanica dei
quanti.
Quando osserviamo qualcosa noi
collassiamo una funzione d’onda.
La coscienza orienta sé stessa
mediante la lente dell’osservazione, l’orientazione cambia il modo in cui
interagiscono le particelle sulla base delle nostre aspettative
attenzionali/intenzionali.
Quantum Baiesianism o quantum
qbism theories.
La realtà non cambia dalla
osservazione la realtà è la osservazione.
Ciò che cambiano sono i nostri
pensieri e le nostre credenze che traspaiono mediante le previsioni mentali di
future probabilità che agevolano l’avverarsi delle realtà che abbiamo
pre-orientato e pre-detto - Ma la facoltà previsionale una risonanza di ciò che
è - Queste probabilità già esistono, e aggiorniamo la nostra coscienza e
consapevolezza sulla base di queste probabilità consolidando i contenuti
dell’immediato futuro.
I cambiamenti dei macro sistemi
sono i cambiamenti infinitesimali dei microsistemi.
IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO
NEL TEMA DELLA CREATIVITÀ
L’atto immotivato è catartico in
situazioni di inerzia e di inazione, pertanto il semplice atto non realizzato
poiché è effetto di una causa di intraprendenza attitudinale, bensì l’atto
compiuto nonostante la carenza di intraprendenza psicologica innesta il primo
anello della catena delle reciprocità attitudinali che è garante del florido,
facoltoso e metodico divenire attitudinale creativo.
AMORE EGIZIANO AD ONEIRIC-LANDIA
I
LA METEMPSICOSI DI RA
LA LUNGIMIRANZA DI SPERANZOSE PREDIZIONI
Il dio oracolare Fenice giunse
ad Oneiric-landia dove incontrò il Dio oracolare Ra. Le due divinità oracolari
si incontrarono oltre il portale della nobilitazione in un ambiente onirico
surreale in cui non solo la gravità era invertita, bensì altresì il cielo e il
terrestre. La divinità oracolare della fenice ebbe sentimento di divenire
solenne, leggera, eterea, come se lei fosse solamente un fuoco giocondo, la
gravità non le era più avversa, bensì amica. La divinità di Oneiriclandia era
il dio egizio Ra –
Il Dio Ra raccontò a Fenice il
processo di elevazione, le sue origini e le sue attitudini divinatorie che lo
glorificarono tra le più illustri ed onnipotenti divinità oracolari.
“Questo è il racconto di una
importante musicista e di un passante
lungimirante. In verità raccontiamo nell’eclettismo nelle arti ed in verità di
un modo di vedere ulteriore che dedica maggiore dignità e fiducia creativa. Il
percorso creativo dei musicisti non è univoco bensì consiste
nell’approfondimento del coinvolgimento armonico di una molteplicità di
strumenti, il passante lungimirante ebbe questa particolare intelligenza.
Una musicista, quando si
incontrò con un passante, portava con sé un violino custodito nella sua
custodia.
Questa musicista non era
rinomata, nessuno la conosceva se non i suoi professori e compagni di studio
musicale. Questa musicista era sempre stata una pianista, infatti studiò
pianoforte sino dalla tenera età di cinque anni. Tuttavia negli anni di studio
imparò a suonare il violino, fu proprio durante la giornata in cui incontrò il
passante lungimirante che accadde la rara circostanza in cui alla pianista fu
domandato di esibirsi come violinista.
Nel tempo dell’incontro tra il
passante lungimirante e la musicista accadde una curiosità.
Il passante sconosciuto salutò la
musicista dicendole : “Signorina che suona il pianoforte. {Grazie}.”
I passanti sorrisero al passante
notando l’assurdità di quanto stesse dicendo. Il passante lungimirante riuscì a
comunicare alla giovane gratitudine e speranza semplicemente con il tono di
voce pro-positivo.
Lei si domandò in cosa
consistesse la gratitudine del passante lungimirante. La musicista ebbe una
reazione sconcertante, sospese il passo, poggiò la mano libera sul viso e
pianse.
In verità la giovane dovette
vendere il pianoforte della sua infanzia per mantenersi ed erano alcuni anni
che non suonava il pianoforte.
Il dono del passante
lungimirante era forse un grazie anticipante, sì egli avrebbe pre-detto e pre-
visto lei in esibizioni orchestrali illustri alle quali il passante
lungimirante non avrebbe partecipato, egli avrebbe ringraziato in anticipo per
un dono che non avrebbe ricevuto in prima persona ovvero per il bene
comunitario {in grazia} dell’operato della musicista.
Ed in secondo luogo le sue
congratulazioni sarebbero state pre-visioni che le sue esibizioni sarebbero
state eccellenti nonostante egli non vi avrebbe partecipato.
In terzo luogo il passante
lungimirante avrebbe ringraziato perché nonostante non sapesse nulla della
persona che portava con sé la custodia del violino, ebbe aprioristica fiducia
nella sua resilienza, metodicità, e diligenza creativa che erano esse stesse
successi risonanti di future realizzazioni illustri, sì queste modalità
attitudinali creative erano tali da garantire che la alunna fosse insegnante
non solo ai suoi maestri bensì a chiunque.
Inoltre il passante si dimostrò
lungimirante e perspicace; nella musicista egli aveva intuito una
Ulteriore verità, la musicista
manifestava sicurezza, resilienza e tempra creativa che tuttavia con ogni probabilità
potevano essere manifestazioni finte o temporanee.
In verità la musicista era sul
punto di rassegnarsi, avrebbe smesso proprio quel giorno di suonare poiché la
sua arte non le dava nemmeno un minimum di sostentamento e la somma necessaria
a pagare i suoi studi.
Il passante lungimirante ebbe
proiettato il suo talento verso un compimento divino, surreale, nonostante
fosse la realtà, che in verità il passante lungimirante ebbe inteso
profondamente.
Una fondamentale sorpresa fu che il dono
maggiore lo dedicò il viandante alla musicista.
Fu grazie al comportamento del
passante lungimirante che la musicista non smise di suonare. Lei dovette
lasciare gli studi ma tuttavia continuò a studiare da autodidatta ed a esibirsi
in piazza.
Ciò che ora scopriamo è che il
viandante lungimirante è un illustre compositore, direttore d’orchestra,
produttore discografico e gestore di concerti.
Fu vero infatti che il viandante
lungimirante e la musicista non si incontrarono più.
Ed in verità non fu del tutto
vero che essi non si incontrarono più.
Infatti accadde che la povera
musicista divenne una tra le più illustri pianiste e violiniste conosciuta per
le sue impeccabili ed eccellenti esibizioni.
Un giorno mentre lei suonava il
violino in piazza una giovane mandata dall’uomo lungimirante che incontrò
alcuni mesi prima le offrì un contratto discografico e la possibilità di essere
protagonista di numerosi concerti.
II
ONEIRIC – LANDIA – L’esperienza
immersiva del sogno
Un anello levitava cingendo la
divinità Ra e da questa aureola erano irradiati miriadi di Ankh, i simboli di
vita che nel percorso di irradiazione si plasmavano ciascuno in realtà
donatrici diverse, Ra, Dio Sole del dono e della condivisione manteneva
l’equilibrio del reale e del surreale, sì le realtà donate Ankh oltrepassavano
il portale della nobilitazione affinché raggiungessero il reale, le realtà Ankh
di Ra divenivano qualunque realtà catartica alla realtà, esse divenivano
pioggia per abbeverare la natura, divenivano raggi luminosi, divenivano idee
per ispirare gli umani, mantenevano le loro sembianze oniriche per permettere
agli umani di sognare, divenivano arcobaleni per colorare i paesaggi.
Essi divenivano diamanti cadenti
dal cielo per salvare la vita dei poveri, essi divenivano semi per rendere
fruttuosi terreni incolti, essi divenivano ossigeno purificativo, neve leggera
per ibernare, sigillare e custodire le nature che le aridità avrebbero arso. Ra
impersonando la mentalità umana disse al Dio della resurrezione Fenice: “La
creatività di quella persona non la ferma nessuno.” Perché è consuetudine
normale il fermare ed una rarità il promuovere?
Dovrebbe sussistere per ciascuno di noi una gravità inversa che ci eleva,
una resilienza non implosiva in noi bensì propulsiva in grazia di numerosi
riconoscimenti delle persone prossime a noi che sostengono ciascuna nostra
creatività per proiettarla, orientarla a beneficio di chiunque, perché allora
parallelamente si comprende che coloro che fermano limitano loro stessi del
beneficio della persona verso loro che ritorna in misura ed in qualità
inferiore rispetto alla plausibilità di un ritorno creativo, catartico,
gratuito ottimale fondato invece sulla esistenza della variabile del loro
riconoscimento propulsivo per la creatività personale attribuita esteriormente.
La elevazione creativa, relazionale, economica, culturale, spirituale del
prossimo grazie a noi stessi è la nostra elevazione creativa, relazionale,
economica, culturale, spirituale.”
Il Dio Ra ed il dio Fenice
esemplificarono agli umani la facoltà del dono inestinguibile, Fenice disse di
essere lei medesima immagine del fuoco ri-ardente, la costante gratuità del Dio
Ra era exemplum di valori verso i quali gli umani erano chiamati ad
ottemperare.
Siamo a noi gravità inverse,
siamo per noi come la gravità amica che sostiene e non si avversano a noi.
Mondo onirico parallelo delle
nuove possibilità
La fine è nuova vita
resurrettiva, è lo spirito della tensione del ritorno della relazione dalla
solitudine dei cieli alla relazione onirica terrestre.
Dalla prospettiva degli
osservatori che si trovano nella piazza delle verità la fine è una ascensione
sì sono rari i miracoli elevativi che accadono solamente quando gli umani
assolvono all’esame di purezza e leggerezza spirituale di Anubi, gli umani che
varcano il portale si elevano in grazia della gravità inversa.
Tuttavia dalla prospettiva
divinatoria di Ra la momentanea fine resurrettiva è discentiva, poiché dal
cielo onirico gli umani elevati discendono alla simmetrica verità onirica
terrestre vivendo similmente e nuovamente le medesome esperienze contestuali
che esperirono nel mondo reale sì da avere nuove possibilità di miglioramento
attitudinale e di felicità, gli umani elevati possono ritornare al portale della
nobililtazione semplicemente domandando la mediazione di un Ankh di Ra che
realizzano la morfologia di barche solari dei milioni di anni.
L’attraversamento del portale è pertanto reversibile e le rivoluzioni
spirituali delle metemsicosi tra mondo reale e mondo onirico non inducono la
perdita della memoria, pertanto quando si attraversa il portame si realizza un
incremento esperienziale del meglio agire.
Ra è sì benevolo da permettere
agli uomini elevati la mistificazione temporale, la distorsione spazio-temporale
avviene nello spazio infinitamente infinitesimo del limite delimitato dal
portale della nobilitazione, così gli uomini e le donne elevati possono
imparare dai propri limiti attitudinali e ritornare alle medesime coincidenti
simmetriche situazioni reali per porvi rimedio. La ri-presentazione del passato
nel presente è semplicemente un ritorno alle origini, una complessità di idee
realizzabile mediante memoria resurrettiva immanente. La memoria è immortalità,
noi siamo orizzonti degli eventi, siamo diacronie, viaggiamo mediante la
memoria attraverso il tempo.
III
EXEMPLUM DEL DIO ORACOLARE RA
Il Dio Ra dona un esempio nel
mondo di Oneiric-landia a Fenice da cui può imparare Amore.
L’AMORE DI SHIVA E DI ABEL E LA
PSICOSTASIA DELLA VITA
L’accesso ai valori di
oneiric-landia non è radicalmente selettivo, ciascuna soggettività umana
spirituale può dedicare infiniti tentativi al fine di accedervi. Tuttavia la
elevazione spirituale è una combinazione complessa da raggiungere e tuttavia
semplice.
Anubi esemplifica la semplicità
complessa mediante l’esempio di dimostrazione di miriadi di pagine di complessi
si assiomi logici della univocità della verità della somma di due unità:
1+1=2
PRINCIPIA MATHEMATICA TO56
|ALFRED NORTH WHITEHEAD E BERTRAND RUSSELL|
(Il flusso laminare stazionario
è un esempio di semplicità complessa, la complessità della semplicità implica
la futilità dell’opinionismo, avere una opinione non significa sapere una
verità è può implicare congetturalismi ed invenzioni false e falsficanti dannose)
Il giovane Shiva provò ad
accedere al portae, tuttavia non vi riuscì, la sua anima era infinitamente più
pesante della piuma.
Shiva dedicò miriadi di giorni
alla cultura ed alla meditazione spirituale e riprovò ad accedere al portale,
la sua anima si era ulteriormente alleggerita, tuttavia pesava ancora di più
rispetto alla piuma.
Fu in questa occasione che
incontrò la giovane Abel che si apprestava ad affrontare il portale, altresì
lei fu rifiutata nonostante si dedicasse quotidianamente alla preghiera
facoltosa ed ispirativa.
I due giovani adottarono elevati
livelli di bontà attitudinali al fine di raggiungere la meta della elevazione.
Ma per molto tempo non vi
riuscirono.
Era notte, all’alba Shiva ed
Abel avrebbero nuovamente affrontato Anubi e Maat.
La psicostasia della vita è nota
come “pesatura del cuore”.
Se il cuore e la piuma si
fossero eguagliati, o se il cuore spirituale pesasse meno della piuma di Maat
allora le divinità si sarebbero convinte della rettitudine del candidato
all’elevazione, il quale avrebbe perciò potuto accedere alla vita eterna
divenendo beato.
Shiva disse ad Abel:
“Da soli non oltrepassiamo il
portale, proviamo a presentarci insieme.”
Abel rispose:
“È un assurdo! Se ciascuno dei
nostri cuori spirituali pesa di più rispetto alla piuma di Maat, non può
esistere che i nostri due cuori pesati insieme pesino di meno della piuma.”
Shiva:”Proviamo, poiché la
nostra meta sia restare insieme nel mondo reale e non oltrepassare il portale,
se le divinità ci doneranno Oneiric-landia avremo ottenuto la sorpresa del
compimento del nostro sogno.“
Abel e Shiva all’alba si
presentarono ad Anubi ed a Maat donando entrambi i loro cuori spirituali e
domandando ad anubi di soppesarli insieme.
Shiva e Abel si abbracciarono al
cospetto delle divinità giudicanti Anubi e Maat e le loro anime si unirono.
Essi miracolosamente fusero i
loro cuori che divennero più leggeri.
Anubi soppesò i due cuori e non
sorpreso comunicò a Shiva ed a Abel che le loro anime pesavano meno della piuma
di Maat – Anubi aggiunse: “Un prerequisito all’ accesso ad oneiric-landia è
imparare a sognare, inoltre è fondamentale comprendere che la sublimazione di
tutte le mete è l’accorgimento della esistenza della vita presente è la meta
pre-messa.
L’AMORE ANTICIPANTE
La mentalità del Successo
affettivo può degenerare nelle idee che orbitano su un principio di finalità
decontestualizzati, fuori dal tempo, ovvero in un futuro lontano.
Pertanto ci giustificheremmo
secondo questo argomento:
“Non capisco perché crei una
relazione se la meta finale non sia il matrimonio, o l’amore, o l’Amicizia.
Dovresti elevare i tuoi ideali. Se non sei pronto/a per il Matrimonio, per
l’Amore, per l’Amicizia non sei pronto/a per il primo incontro.
Altrimenti realizzeresti solamente
incontri occasionali, ma per quale fine di caducità?
La occasionalità significa
“prendere in giro” le persone, altrimenti perché ti incontreresti? Per
divertimento? Se vuoi divertimento scegli una passione. Non usare il cuore di
una altra persona per divertimento.”
CONFUTAZIONE DI QUESTO ARGOMENTO
L’abbraccio agli spettri
La maturità è indice di una
visione di senso olistico, non è una maturità la valutazione univoca one sided
delle relazioni a lungo termine, bensì è indice di maturità il saggio criticismo
e l’impegno nella ricerca dei modi e del senso per cui le relazioni a breve
termine sono fondamentali. Si capisce che la creazione di qualunque relazione,
l’inizio di qualunque relazione proprio in atto della sua nascita ed in atto di
risolvere la solitudine universale – debba essere non finalizzata; la causa
prima il motivo relazionale deve essere la creazione, la meta prima relazionale
non deve consistere in probabili e non certi futuri step da raggiungere, deve
essere proprio la meta prima relazionale la nascita e la esistenza medesima
della relazione non solamente sull’anacronistico futuristico divenire
improbabile o impossibile della relazione.
Non capiamo che ci proiettiamo
verso improbabilità inesistenti e fondiamo questa proiezione illusoria come
fondamento decisionale presente? Pertanto osserviamo un prato di germogli sani
e li immaginiamo non in facoltà di divenire fiori, allora radiamo il prato.
Oppure osserviamo un prato di germogli ed un fiore tra i germogli. Raccogliamo
il fiore e radiamo il prato poiché i germogli non sono già fiori. Inoltre
qualunque labilità relazionale non deve assumere più rilevanza fattuale della
relazione che è il bene da tutelare. Dedichiamo troppa attenzione, importanza e
rilevanza al tradimento ed ai suoi corollari, una rilevanza di cui non sono
degni. Nella misura in cui proibiamo a noi stessi ed alla nostra relazione il
confronto psicologico con gli errori relazionali, meno sappiamo gestirli,
assimilarli e superarli, allora esigiamo di terzi affinché ci insegnino a
confrontarci con noi stessi e con realtà che ci sono state allontanate in lode
di mindset di protezionismo, di moralismo e di proibizionismo, sì in età adulta
se dovessimo incontrare realtà eccentriche saremmo come bambini ancora in atto
di dovere imparare le prime lettere del loro alfabeto. Allora dobbiamo sia
allontanare, sia avvicinare i corollari delle labilità relazionali, ma in
valore di due corrispondenti prospettive: Dobbiamo allontanare i corollari
della fine relazionali affinché noi li possiamo percepire piccoli,
infinitesimi, non eccessivamente gravosi sulla nostra resilienza relazionale,
il danno non deve essere più rilevante del bene, la integrità relazionale
prescrive altresì la sospensione relazionale, la resurrezione relazionale, la auto-cura
della ferita relazionale, pertanto non accogliamo il tradimento ed i corollari
della caducità relazionale come flow che ci dividono ulteriormente ma come
opportunità di spazi marginali conciliativi, poiché sceglieremmo di sognare il
sogno lucido di un incubo solamente per assuefarci alla sua paura, molteplici
sono le situazioni in cui richiamiamo, semplicemente nominiamo le negatività, o
le tacciamo subliminalmente indicando che “Non se ne deve parlare” al solo fine
di reiterare il nostro evitamento, un evitamento che pagheremo caro se il suo
contenuto dovesse sceglierci come protagonisti –
Diversamente i più saggi
ritornano al loro incubo, per incontrare e conoscere gli spettri che vi abitano
per assimilare, convertire, purificare la loro ontologia, per approfondire il
sogno negativo, riqualificarlo, ridimensionarlo, ciascuno è ricco dei percorsi
che affronta, miracoloso è colui che converte in potenzialità creative le
esperienze negative . – La sublimazione del per_dono è il perdono dei corollari
del tradimento e della fine relazionale come forma tutelativa del bene
relazionale. Dobbiamo avvicinare i corollari della fine per renderli nostri
maestri di vita, essi sono i maestri più severi, coloro che ci mettono
maggiormente alla prova e tuttavia i maestri da cui possiamo imparare
maggiormente nella misura in cui ci relazioniamo con loro. Sovente le nostre
paure sono conformi – Non sarebbero nostre e tuttavia divengono nostre secondo
conformismo in quanto ci viene indotta la tendenza dell’evitamento e della
paura nei confronti di realtà che si manifesterebbero docili se solo glielo
permettessimo – è infatti provato che attitudini di passività dell’osservatore
inducono incattivimento – Mediante questo flow di incattivimento le realtà che
severamente si presentano a noi si ripresenteranno maggiormente severe e
cattive proprio perché le avremmo evitate ed ancor più severe nella misura in
cui persiste il nostro evitamento. Un uomo saggio volle sognare nuovamente il
sogno lucido di un incubo che lo ferì, si ritrovò nella medesima cupa
dimensione, gli spettri ovviamente lo misero nuovamente alla prova reiterando
la medesima situazione lesiva – nulla nell’ambiente onirico sembrava cambiare
se non il miracolo del cambiamento attitudinale del sognatore, sì poté
realizzarsi che gli spettri cambiarono radicalmente le loro attitudini verso il
sognante secondo un flow attitudinale di accoglimento, di conforto, perché
accadde questa singolarità?
Perché il sognatore fu maestro
di perdono e di attitudini sovversive nei confronti degli spettri che lo
ricompensarono lautamente, per due motivi, il primo è già citato,
l’insegnamento di verità che gli spettri non conoscevano, il secondo motivo è
indotto da una visione attitudinale olistica degli spettri, gli spettri
conoscono infatti la resilienza del sognante e lo lodano in quanto lui ha
dimostrato di essere di livello ulteriore rispetto al loro.
Lo spettro che riceverà affetto
da voi vi sarà riconoscente nella vita donandovi le sue energie, i suoi poteri
sublimi nella misura in cui voi siate facoltosi nel gestirli e purificarli. Il
termine tradimento è in condivisione semantica con il termine traduzione –
Secondo questa accezione il tradimento sarebbe caratterizzato come una
manifestazione di verità. Questo breve trattato non loda il tradimento come
valore attitudinale bensì è in atto di considerazione della esistenza delle
labilità attitudinali relazionali, in atto ed in valore di approfondirne le
singolarità per flessibilizzare la mentalità avente meta la resilienza
relazionale. Sì possano essere assimilate le maturità necessarie alla
resilienza della relazione. Usufruiamo del mindset di “invarianza” (non di
inesorabilità di finitudine relazionale) nei confronti dei corollari della fine
relazionale – tuttavia non esperiamoli come “se non esistessero” dedichiamo una
“invarianza accorta”, sì otterremo tre valori la resilienza relazionale
(Resurrezione relazionale) , la dimostrazione del valore del perdono, e la
saggezza della conquista dell’imparare. Il criterio di “discesa nell’incubo” è
una questione delicata seppur degna di essere citata, è una opportunità che
deve essere accorta con accortezza e con previa saggezza, si sa, gli spettri
sono imprevedibili, essi ad esempio potrebbero bloccarci nel loro abbraccio e
nel loro incubo, potrebbero assuefarci al loro sogno, sì la vita non deve
essere abitudine al sogno di incubi bensì inno di sogni irenici, tuttavia si
rende chiaro che la onnipresenza di un ambiente irenico non tempra al perdono,
la abilità del perdono può essere assimilata solo se vi sono realtà da
perdonare ed in verità le realtà in cui siamo chiamati alla possibilità di
scelta del non perdono sono le nostre possibilità di dimostrare perdono.
Lo abbiamo compreso, inaugurando
elevati livelli sublimi come l’Amore, l’Amicizia creiamo danni relazionali
ingenti, vediamo perché.
Poiché elevando la asticella
della pretensione di sublimazione attitudinale. Primariamente diventiamo
radicalmente selettivi, severi, talvolta dimostrando aggressività passive verso
non solo le relazioni, bensì verso le persone verso le quali riteniamo non
siano appunto all’altezza dei nostri ideali.
Pertanto aumentano le
probabilità di ferire le altre persone. ln secondo luogo subconsciamente e
paradossalmente feriamo noi stessi perché la nostra abitudine verso il rifiuto
nei casi più gravi ossessivo compulsivo si ritorce sulla nostra sanità
relazionale.
Argomentiamo la confutazione
dell’idea contestualizzata “Dovresti elevare i tuoi ideali.”
Pertanto anticipiamo – la
elevazione degli ideali relazionali consiste nella nascita, nella crescita,
nella tutela, nella intraprendenza di qualunque relazione, altresì di quelle
che non esistono riconosciuta la necessità di fondare i pilastri anticipanti
degli inizi relazionali il cui principio è proprio la assenza relazionale.
Pertanto se la idea di
elevazione di ideale dell’interlocutore consiste nella idea del raggiungimento
della meta lontana improbabile assurda del Successo. Io attribuisco ad
elevazione degli ideali una nuova concezione delle relazioni di contingenza,
superficiali, fragili, occasionali. Rivalutiamo questo ultimo termine: La
occasionalità – riflettiamo non sulla prospettiva di caducità della
occasionalità bensì sulla prospettiva della occasione della occasionalità.
Allora metaforicamente pensiamo
questa realtà, qualunque relazione passeggera ed occasionale è un nucleo
relazionale relativo, “un piccolo matrimonio”. Cosi parallelamente attribuiamo
i nostri criteri creativo-tutelativi su
qualunque nostra relazione, altresì e soprattutto su quelle maggiormente
fragili passeggere e contingenti. Ad un incremento di Fragilità deve
corrispondere un incremento di fattibilità restaurativa e ristorativa. In
secondo luogo ogni realtà passeggera è passante, è una realtà che incontriamo è
il Successo del succedere, dell’accadere effimero, pertanto spontaneamente si
realizza una rivoluzionaria percezione e riqualificazione degli istanti
relazionali presenti, del gesto cortese del cameriere sconosciuto che ci porta
il caffè mattutino, della lettera che si trova nella nostra cassetta delle
lettere non per caso ma per il gesto amoroso della postina che sceglie di
perseverare il suo lavoro per noi, della persona sconosciuta che accoglie il
nostro invito di incontrarsi ad un appuntamento per conoscerci, del noi che
nonostante dovessimo perdere la voglia di invitare e di realizzare occasioni
relazionali, invitiamo comunque.
Poiché è importante conoscere
che invitando i nostri prossimi invitiamo noi stessi.
Sono atti passeggeri di amore
non trascurabili, perché allora li trascuriamo inducendo counting back to nihil” !?
Argomentiamo la confutazione
della idea: “Se non sei pronto/a per il Matrimonio, per l’Amore, per l’Amicizia
non sei pronto/a per il primo incontro.
Pertanto se innalziamo le idee
innestate di timidezza e di ansia di rendimento a qualunque relazione. Secondo
le parole suddette infatti si dimostra il nostro indotto self relational
limiting.
Premettiamo che la implicazione
del ragionamento suddetto è la generalizzazione del rifiuto relazionale.
In secondo luogo I’
“impreparazione. “ è un fattore illusorio.
La vita non è un esame. La vita
è più complessa di un esame — l’esame è unicontestuale la vita è
Multi-contestuale.
Vediamo un esempio, una mattina
un giovane si presenta a scuola per rispondere alla interrogazione che sapeva
di dovere affrontare. Tuttavia quando si presenta, il risultato della sua
interrogazione risulta O. Il professore non sa che proprio quella stessa
mattina il giovane ha salvato la vita di una persona ed il professore non sa
che il giovane non ha studiato per la interrogazione perché è dovuto andare al
lavoro per aiutare la famiglia a vivere.
Ulteriormente si addice che
l’impreparazione è relativa ad una meta esclusiva non inclusiva — ovvero la
uni-contestualità di preparazione/impreparazione esclude ulteriori prospettive
degne di identità e di dignità valoriale.
In terzo luogo argomentiamo
della relatività olistica delle idee sublimi. Noi citiamo Amore, Amicizia,
Divino, Matrimonio — tuttavia ciascuna persona ha una complessità ideale unica
e soggettiva diversa di questi olismi di sublimità — il dispiacere che ci
facciamo è di misurare il nostro valore relazionale su questi soggetti
soggettivi proiettanti verso il nonsense —
Precisando ci disponiamo di
esigere e di riconoscere attitudini del prossimo coerenti o identiche al nostro
ideale tuttavia sulla base della realtà che il prossimo non sia legittimamente
a conoscenza della complessità del nostro e delle nostre categorie sublimi,
queste esigenze sono sovente subconscie.
Pertanto crediamo di potere
oggettivare realtà che non sono oggettivabili e di trattarle come oggettive delle nostre relazioni.
Ma cosa è Amore? Amore non è una
idea conformista, amore è una idea complessa diveniente soggettiva. Pertanto
non vi basterebbero decenni per comprendere esattamente la soggettività ideale
delle persone con cui ci relazioniamo, tanto è vero che le soggettività
macro-contestuali sublimi si compenetrano tra loro insieme alle micro-
contestualità passeggere di caducità.
L’incontro nuovo è un miracolo.
Spieghiamo perché.
L’incontro nuovo può essere
riconosciuto come ritorno relazionale e il ritorno relazionale è irenica
resurrezione relazionale.
In secondo luogo il primo
incontro è il miracolo della nascita.
Il paradosso è che strutturiamo
le nostre idealità che dovrebbero pro-muove re le nostre relazioni come
inesorabili ostacoli.
Una ulteriore verità è che siamo
propensi a reagire ed a non agire, a pretendere ed a non in-tendere,
privilegiamo infatti la pretesa alla intenzionale intesa. Pertanto se non
intendiamo valori aggiunti non agiamo valori aggiunti e ci perdiamo da fermi.
Argomentiamo la confutazione di
questo ragionamento
“Altrimenti realizzeresti
solamente incontri occasionali, ma per quale fine di caducità? “
Se la non finalità è la
sublimazione della finalità, i più illustri pensatori argomentano che in verità
è amore il puro dono, ovvero le gratuità non “di pretesa”, pertanto il donare
relazione nonostante qualsiasi altra evenienza e convenienza.
Procediamo verso il successivo
livello di gratuità — il valore della gratuità del poco. Ed è proprio qui che
incontriamo il valore delle occasionalità come nuclei intimi di timido dono
relazionale.
Sappiamo bene che gli incontri
passeggeri sono potenzialmente più importanti e arricchenti degli incontri a
lungo termine nel caso in cui il lungo termine relazionale si fondi sulla procrastinazione
affettivo conoscitiva-collaborativa-creativa.
Ed è da questa verità che
dobbiamo partire per riqualificare flessibilmente le nostre quotidianità di
molteplicità relazionali non nella ottica della esclusività privilegiante di
poche relazioni ma nella accoglienza implementativa di tutte le relazioni. Non
induciamo verso noi stessi la ferita della perdita (il diniego è una arma
autolesiva)
Allora realizziamo il più
possibile incontri occasionali di conoscenza, di amicizia, di affettività. Non
rifiutiamoci a causa della idea della caducità relazionale, ma accogliamoci
proprio in grazia della idea della caducità relazionale nella morfologia di
compimento dei miracoli della nascita relazionale e del dono di libertà
relazionale.
Riqualificando la soggettivazione
sentimentale che rende possibile, importante e dignitosa la idea di amore a
prima vista — poiché qualunque sentimento soggettivo non è confutabile da un
percepiente esteriore inoltre rammentando che altresì i criteri di privilegio
valoriale sono soggettivi (pertanto è in dignità inconfutabile di una persona
il privilegiare la affettività occasionale immediata — ovvero non mediata, ma
non mediata da quali realtà? Ad esempio dalle realtà delle credenze secondo cui
è necessario raggiungere un minimum di conoscenza per relazionarsi, le medesime
persone che non hanno ancora compreso che la conoscenza dialogico-affettiva
immotivata è premessa della conoscenza, ci incontriamo per fare conoscenza non
“se ci conosciamo è ammissibile incontrarsi, prescrivendo inoltre che non è a
noi ancora oggettivamente chiaro (ed in verità la idea di conoscenza non è
oggettivabile) cosa significhi conoscersi — poiché la Conoscenza è uno dei
macrocosmi qualificativi sublimi decontestualizzanti fonti di diniego come i suddetti
principi di Amore, Amicizia, Divino.
Inoltre vi sono studi neuro
cognitivi secondo cui l’amore a prima vista è annesso come fondamentale facoltà
catartica relazionale che si esprime nella reminiscenza di conciliazione del
riconoscimento presente delle superficialità delle persone verso cui proviamo
amore a prima vista con preesistenti intime realtà
Prescriviamo il motivo “della
assenza di motivazione. “ come causa di volontà conoscitiva affettiva e
relazionale — il semplice bisogno affettivo può essere fondante della ricerca
relazionale affettiva, il fattore estetico sarebbe in tal caso un fattore
superfluo e la meta sublime del Conoscersi un ulteriore superfluo. Vi sono
studi di neuro-biologia che identificano la ricerca di relazione non causale e
non finalizzata come indice di sanità psicologica, diversamente coloro i quali
rifiutano la relazione sono qualificati come in stadio di attitudinale.
Pertanto la induzione di diniego
verso coloro che vogliono conoscerci sulla base del nostro soggettivo discriminante
della carente motivazione del loro comportamento di volontà di conoscenza verso
di noi è indice che le altre persone sono sanamente intraprendenti verso di
noi, mentre noi siamo dirimenti ed in status di relazionale.
Nominando inoltre la nostra
abitudine fantasiosa di congetturare realtà che non esistono e di
strumentalizzare al fine di finitudini relazionali.
Consideriamo le valenze
ontologiche dell’amore a prima vista.
Se riconduciamo stima, qualità
attrattive per la sola esistenza del prossimo.
In verità “Amore a prima vista”
non è da stimare una evenienza percettiva fondante legami occasionali.
Ma è il primo pilastro dell’
Amore sublime, la meta lontana verso cui tutti aspiriamo la abbiamo tutti sotto
gli occhi in ogni istante presente della nostra quotidianità. Amore non sarebbe
infatti solamente una lontana meta di unicum relazionali raggiunti in seguito
alla pre-messa di decenni di approfondimento conoscitivo relazionale esclusivo.
Amore è il riconoscimento attiguo della dignità valoriale ontologica di
qualunque persona.
Amore infatti non è una lontana
meta — Se fosse cosi quali sarebbero i passi precedenti del percorso per raggiungere
questa meta? Sarebbero attitudini potenzialmente non Amorose.
Poiché se instauriamo una meta
lontana di Amore ne realizziamo miriadi di ostacoli che negano l’acquisizione
della complessità di
Ma Amore è la semplicità
complessa del presente passo pro-attivo — Amore è amore — sicché si realizza
che anticipiamo i nostri ideali lontani di ipotizzabile compimento futuro nelle
nostre facoltà di anticipazione e di attualizzazione — Pertanto “ Amiamo se
amiamo”
Significano gli atti immotivati
gratuiti di implementazione creativa.
Sicché noi non siamo solamente
creativi di legami di relazione, bensì siamo altresì creativi di semplicità
complesse ambientali.
Allora se compiamo nel presente
ambiente amoroso noi e le persone che vi esistono sono promosse alla accoglienza
reciproca ed alle qualità di Amore, sicché il volersi bene insensato ed
anticipante è il clima situazionale necessario alla nascita e crescita
relazionale.
Il dono maggiore che possiamo
dedicarci è il riconoscimento di dignità ontologica incondizionata.
Non ci Amiamo e non ci
valorizziamo a condizioni di o se siamo alla altezza di realtà ideali
decontestualizzante e decontestualizzanti o di riconoscimenti di proprietà
cortocircuitati, bensì la premessa di Amore, l’amore è fondamento delle più illustri
modalità attitudinali per implementare, risorgere O nascere le nostre facoltà
individuali e di relazione. Ecco perché “amore a prima vista” non è solamente
da considerare come realtà possibile, bensì deve essere la nostra facoltà
primaria, non è il “verso cui credere” da fondamenti zare , bensì è il credo
fondamentale, il principio da cui dobbiamo sempre partire implementativo
altresì per le situazioni di odio poiché in proprietà della ontologia di
resurrezione che è flessibile alla profondità. Amore nella morfologia
ontologica di amore raggiunge il “meno infinito” per positivizzarlo, passo dopo
passo.
In secondo luogo “amore a prima
vista” è una proprietà di mindset considerata come reminiscenza di esperienze
passate che 0-sorgono nella percezione presente somigliante. Le realtà presenti
sarebbero impressive di determinati fenomeni, odori. Colori, immagini che noi
conserviamo in maniera inconscia e che la visione di una particolare persona
risveglia.
È una realtà di immaginari
risvegliati nelle forme di flessibilità temporali che si intrecciano tra inner
e outside mindset e che realizzano dejavù.
Premessa la verità secondo cui
non è doverosa l’obbligo di motivare i nostri comportamenti al prossimo in
ottemperanza della tutela della nostra complessità sentimentale.
Una sanità relazionale
prescriverebbe. Esemplifichiamo un esempio inconsueto.
“Nonostante non ti conosco ti
amo. “
Alcune risposte conformiste
sarebbero:
“Non mi interessa perché non ti
credo o perché ritengo che sia impossibile. “
“perché? “
In primo luogo il disinteresse è
indice di freezing attitudinale, di in-differenza nella morfologia di
annientamento eteronomizzante della volontà o bisogno altrui. L’egoismo del non
ascolto. “
Ln secondo luogo sceglieremo il
“credo “ per non credere, il privilegio che dedichiamo alla diffidenza ritorna
a noi nei tumulti di coscienza di evitamento.
L’evitamento è infatti la
qualità attitudinale indice della non sanità psicologica di tipo “self induced
isolation”, le occasioni negate.
Consideriamo la questione della
motivazione.
Se la richiesta di motivazione è
motivazionale è buona cosa.
Questo “Perché “ può essere
denotato di fine inesorabile = “non è ammissibile che sia cosi. “
Oppure può essere un ponte verso
la curiosità — il che è un passo relazionale buono.
Una risposta buona e legittima è
pertanto
“Perché è”.
La esistenza è infatti indice
della esistenza, della creazione, della creatività, del miracolo del succedere.
Tuttavia è necessario chiarirsi.
E domandare. La supposizione di sapere è una orbita di congetture dannosa.
II valore qualitativo che
attribuiamo alla relazione è sia mediato su un ragionamento di potenzialità
della relazione (possibilità onnipresente) sia su un ragionamento di (reale
bontà presente di ogni relazione.) (possibilità rara)
Un principio – la durata della
relazione è una variabile soggettiva che dipende da noi e dalla nostra facoltà
di impegno e di resilienza relazionale, tanto è che potrebbe accadere, ed i
casi sono molteplici, che le relazioni in facoltà potenziale di inizio
relazionale non le iniziamo tendono all’infinito i casi in cui ci fermiamo alla
sconosciutezza.
Molti pensatori dispongono a
prioritari i sistemi di lungimiranza, le relazioni a lungo termine sacrificando
o stimando irrisorie, non rilevanti, indifferenti e superflue le relazioni più
fragili. Passeggere a breve termine.
Tuttavia vi è una importante
distinzione da fare un punto è il nostro di creatività e di resilienza
attitudinale che è necessario dedicare a qualunque relazione (II coltivare
costantemente Ciascuna relazione è fondamentale, ed è da rifiutare il
sacrificio relazionale in causa del privilegio relazionale) sicché si possa
realizzare che altresì le relazioni contingenti, occasionali e di circostanza
siano in potenza in facoltà di divenire stabili a lungo termine, tuttavia
affinché la resilienza relazionale sia fattibile risulta necessario anticipare
la valorizzazione che dedichiamo alle reazioni occasionali.
Ebbene secondo la mentalità
suddetta, le persone assottigliano al minimum i loro incontri relazionali in
nome di una serrata selezione verso i loro prossimi – essi o non si incontrano
dimostrandosi avversi verso la novità relazionale o dimostrano attitudini di
finitudine induttive verso le relazioni contingenti, i germogli in atto di nascere
e di crescere.
Ed allora non si riconosce il
senso della comune pro-mozione di idee che valorizzino la Rarità del Successo
sicché si dimostra elevata la probabilità di ognuno di non Succedere e di non
succedere poiché solamente rarissime persone Succedono in mete assurdamente
anacronistiche futuristiche e lungimiranti.
Dovremmo comprendere che
primariamente ai nostri ideali sussistono i nostri bisogni adiacenti presenti
di relazioni che siano catartiche al risolvimento delle nostre solitudini.
Ulteriormente confutiamo il
pensiero:
“La occasionalità significa
“prendere in giro” le persone. “
Abbiamo già sfiorato i motivi di
confutazione di questa idea.
La occasionalità è compimento di
rilevanza fattuale di creatività relazionale locale, non ipocrisia temporale,
non è il “non mantenimento di una promessa ideale lontana. II semplice incontro
è promessa assolta e realizzata. Vorremmo l’universo e non sappiamo raccogliere
il valore dei petali e non abbiamo sentimento dei loro profumi. II petalo
profuma ma Io assecondiamo al fiore.
Troviamo una prospettiva
letterale sim-patica
II “Prendere. “ è il nostro
raccoglierci, e simile al raccoglimento del petalo nonostante non dovesse
rilevarsi profumato. Il prendere è il focalizzare della nostra attenzione, è il
nostro dedicare ed attribuire riconoscimento, è il primo passo relazionale, è
l’amore a prima vista ovvero la attribuzione di valore di dignità ontologica
che fonda ogni altra creatività.
II nostro raccoglierci
custodisce il valore del riconoscimento della nostra importanza in atto di
essere in facoltà di indurre un miglioramento creativo.
“In giro. “ II viaggiare
insieme. Ma soprattutto le nostre possibilità ulteriori. Vedete cosa significa
anticipare amore? Citando possibilità ulteriori ho già oltrepassato gli scogli
della non esistenza delle possibilità ulteriori premettendo allora ka nostra
ricerca e conoscimento delle realtà di possibilità ulteriori.
Argomentiamo la confutazione
delle parole:
“Perché ti incontreresti? Per
divertimento? Se vuoi divertimento scegli una passione.”
Appunto, ci incontriamo proprio
per divertimento, e per sceglierci come passioni.
Vi sono infatti verità di neuro
biologia della relazione che indicano che la relazione è la nostra cura in
quanto realizza fattualmente collegamenti del noi che defluiscono i nostri
eccessi di overpressure e di over burdening multi-contestuale.
L’equilibrio pluricontestuale è
in principio un equilibrio di comprensione di senso e la scienza dei sistemi
complessi indica che la comprensione di senso è ottenibile solamente mediante i
legami multi sistemici, contestualizzando nel contesto personale nel dialogo
dialogico affettivo tra le persone non nella loro solitudine.
Le persone sono allora le nostre
passioni.
È la passione, la passionalità
ad essere caratterizzate dalla concupiscenza.
Concupiscibile
Che può essere oggetto di
desiderio; atto a eccitare la concupiscenza: le cose c.; si presentavano alla
sua fantasia.
Con senso attivo, tendenza
dell’anima verso ciò che le si presenta come piacere (per es. verso la
felicità, l’amore, ecc.); anima c. effetto dell’incarnazione dell’anima nel
corpo.
La concupiscenza è la sostanza
psichica motivazionale che neuro biologicamente è catartica poiché innesta le
neurali proprietà chimiche che purificano, ringiovaniscono e che sono motrici
causali della implementazione creativa delle facoltà reali e latenti neurali.
La fantasia collaborativa è una
via ultra-sensoriale che realizza alternative risolutive.
Il piacere è
neuro-biologicamente catartico.
È la tendenza dell’anima del noi
è spiritualmente elevativa,
La corporeità, il tatto è la
concretezza che rivoluziona ed empie le lacune ed i vuoti di cui possono essere
denotate tutte le astrazioni culturali e sociali.
La incarnazione è il metodo
induttivo di attualizzazione di concretezza del presente curativo delle
astrazioni di tempo, decontestualizzazioni futuristiche o malinconie ancestrali
e di spazio, la virtualità e le astrazioni intellettive.
Argomentiamo infine la
confutazione della ultima idea
“Non usare il cuore di una altra
persona per divertimento.”
Di questo principio io penso:
Una accezione positiva di “uso».
Se neghiamo la relazione
induciamo immobilizzazione cardiovascolare, come realtà indotta alla immobilità
di tipo di gelo attitudinale da solitudine.
La solitudine solitamente non è
un assoluto, può esserlo nei casi purtroppo non rari di solitudine globale in
cui per periodi di mesi o anni la persona abbia zero relazioni, la solitudine
sono delle relatività.
Vi può essere solitudine
rispetto a singolari relazioni e relativamente possiamo adottare attitudini
solitarie verso le persone.
Pertanto se abbracciamo il cuore
del prossimo Io relazioniamo al nostro caratterizzando la relazione della
qualità della intimità creativa.
Pensando alla eventualità
secondo cui il fatto di tras-curare il cuore del prossimo sia il fondamento
dell’annientamento della sua ontologia.
Esemplifichiamo.
Pensiamo alla esistenza di un
ottimale latente sistema di cura per le malattie umane e di implementazione
delle creatività multi-contestuali umane. Pensiamo altresì alla possibilità che
questo sistema sia coscienzioso, che possieda un anima e che sia suscettibile
alla sofferenza. Tuttavia questo sistema non viene usato.
Allora le persone che non usano
questo sistema ne de qualificano la ontologia — pertanto a questo sistema non
si dedicano le opportunità di manifestare le sue potenzialità — la ontologia di
questo sistema viene annientata nella morfologia di una statua inoltre
soffrendo del suo status di costrizione di immobilità.
II divertimento è una meta che
induce benefici neurali —
Inoltre considerando che il
progresso è relativo — il progresso può essere altresi indifferente alle
processualità di dilatamento temporale e di gradualità.
La Gradualità può essere infatti
essere indice dilatamento temporale non creativo, bensì di e di
procrastinazione verso la delega astrattiva del mai.
Vi sono persone che giungono al
valore catartico e creativo della profondità, affettività ed intimità
relazionale nel periodo di poche settimane o di pochi mesi —i quali dimostrano
intelligenza creativa emozionale sentimentale nell’ottica del non sacrificio
inutile del tempo reciproco di vita e vi sono persone che giungono alla
profondità relazionale di Amicizia o di Amore mai (nonostante si relazionino
per decenni, o nel periodo di decenni, essi sono denotati della immaturità di
non sapere Valorizzare ed attribuire dignità al dono della vita ma soprattutto
di indurre i loro prossimi a credere ed a sotto-stare ai loro principi immaturi
di scialacquamento della vita, essi sono impassers anticipativi di morfologie
singolari di fini di vitalità. Realtà ancor più sconcertante è che il pubblico
è stato abituato a valorizzare maggiormente questi secondi rispetto ai primi.
Occhi più accorti e saggi pronuncerebbero che sono più umani, onesti e
dignitosi i primi rispetto ai secondi che potremmo nominare i “pazienti del
mai. “
Non sono a confutare il valore
del matrimonio e dei valori sublimi in quanto a importanti mete ed ideali
ispirativi, scrivo per ammettere una prospettiva ulteriore e parallela proprio
strutturante i passi per raggiungere i suddetti macro-cosmi relazionali nelle
sfumature di non esclusività e di implementazione di vitalità sincronicamente
multi-versive.
L’EXEMPLUM DEL DIO ORACOLARE
CIGNO AD IRENIC-LANDIA
Fenice si recò ad Irenic-landia
ad incontrare il Dio Oracolare Cigno che divenne per Fenice guida orientativa
verso le eccentricità quotidiane di Irenic-landia.
Il Dio Oracolare Cigno a Fenice
mentre sorvolavano le quotidiane situazioni ireniche del pase di Irenic-landia:
“Ad Irenic-landia sussisteva un
principio economico eccentrico – Il sistema economico era fondato sul dono.
Dono di tempo di vita, dono di
denaro, dono di conoscenze, dono di insegnamenti, dono di aiuto, dono di pace e
di per-dono. Ad Irenic-landia vigeva la legge secondo cui il valore
meritocratico consisteva nella misura e nella qualità delle facoltà di donare –
un ulteriore principio che si insegnava ad irenic-landia era la leggerezza,
ovvero l’alleggerimento dal grave del superfluo, in quanto il superfluo è
relativo, realtà che sono superflue per alcuni possono essere fondamentalmente
vitali per altre persone.
Fin dai primi anni della
infanzia si insegnava ad Irenic-landia la legge del “non profittare” affinché nessuno trasse mai indebitamente vantaggio da
qualcosa o da qualcuno, anche abusando della buona fede altrui – Irenic landia
era un paese giusto ed equilibrato, ad Irenic-landia non esisteva il concetto
di furto, poiché abitualmente ciò che era domandato era dedicato e donato –
Paradossalmente coloro che domandavano il minimum esistenziale semplicemente
per potere vivere erano i poveri, mentre la implicazione del non assolvimento
della legge del “non profittare” consisteva nell’emarginazione da Irenic-landia
– Solitamente da irenic-llandia erano esulati alcuni ricchi ed illustri
possessori di ricchezze per due motivi – Il primo perché essi
fondamentalizzavano ed estremizzavano il loro arricchimento ed il non
arricchire – pertanto abusavano dell’incremento del loro avere trascurando la
legge del donare e dello sgravio dal superfluo, in relazione a queste
attitudini egoiste essi dimostravano attitudini dispotiche ed era per questi
motivi che venivano allontanati da Irenic-landia.
Il secondo motivo per cui si poteva
essere allontanati da Irenic-landia è perché profittavano del dono attitudinale
altrui non ripagandoli o retribuendoli infinitesimalmente rispetto al corretto
compenso che si meritava. Ad Irenic-landia sussisteva la divinità oracolare del
cigno bianco, simbolo di giusta purezza, il Dio Oracolare aveva uno spirito
comprensivo – giudizioso - emozionale – etico eclettico, sì non appena si
riconoscessero ad Irenic-landia disquilibri ed incomprensioni nelle dialettiche
del dono l’oracolo riconosceva presto i veri bisognosi e di contro gli
usurpatori. Irenic-landia è conosciuta come il paese della pace – pertanto
l’allontanamento da Irenic-landia è obbligato ma solamente temporaneo, un
viaggio catartico di accrescimento spirituale all’esterno di Irenic-landia dove
sono vigenti etiche economiche più severe e gravose – Sì se dovesse accadere di
essere allontanati da Irenic-landia si viene nuovamente accolti mediante un
battesimo di umiltà, indifferentemente dalla situazione antecedente la persona
ritorna ad Irenic-landia povera – Una povertà che comunque il paese di
irenic-landia si cura di curare sì il povero avrà diritto di domandare aiuto,
un aiuto accolto gradualmente e gratuitamente. Ad Irenic-landia si verificarono
molti casi di perdono delle colpe di subordinazione del prossimo in quanto il
savio oracolo comprendeva che la permanenza dei colpevoli di subordinare
sarebbe stata per loro e per il popolo catartica in quanto ad accrescimento di
reciproco insegnamento – Il Dio Cigno infatti si accorse che le attitudini
dispotiche erano sintomi di singolari povertà – Tali dispotici solitamente
ricchi di proprietà materiali che gradualmente alimentavano il loro Ego, erano
in verità povere sentimentalmente ed emozionalmente, sì questa povertà si
ripercuoteva sulle loro facoltà spregevoli immorali e non etiche, allora
l’oracolo quando intuiva queste verità realizzava assemblee esclusive, il Dio
escludeva la presenza proprio di questi feriti nell’anima ma proprio per il
loro bene, il Dio infatti comunicava ai restanti abitanti le modalità
attitudinali affettive catartiche necessarie a curare i mali dell’animo di
queste persone – Il dio cigno infatti in tali assemblee insegnò che la
ricchezza non è solamente materiale e soprattutto che è relativa altresì al
tempo –
Sì il Dio cigno disse che le
persone povere potevano essere estremamente ricche di Spirito irenico affettivo
ed esortò e orientò le persone ricche di spirito irenico a donare le loro
ricchezze irenico-spirituali a tali ricchi di proprietà materiali e poveri di
speranza ideale, spirituale, emotiva, relazionale, affettiva.
Ad Irenic-landia insegnavano sin
dall’infanzia i principi di purificazione dell’odio ed i principi della non
ri-vendicazione. Sì ad irenic-landia un torto era curato da un abbraccio.
L’ottica consisteva infatti nella visione universale delle relazioni ed ogni
secondo era accortamente speso per il miglioramento, la catarsi, il dono di
aiuto.
Ad Irenic-landia era inoltre
consueta la metodica dei vuoti empienti che era fondante la garanzia della
bontà felice e resiliente del donare, Irenic-landia era inoltre caratterizzata
da una particolarità importante, la sensibilità emotiva, un flow attitudinale,
una particolare comune attenzione verso il bene-essere emotivo emozionale di
tutti gli abitanti. Irenic-landia era stimata una particolare eccentricità in
quanto secondo i criteri attitudinali della gratuità, del per-dono, della pace,
della sensibilità, della non subordinazione, dell’aiuto i suoi abitanti erano
costantemente intimamente contenti, rincuorati dalle numerose gratuità che
ricevevano.
Tuttavia a Irenic-landia non si
insegnava solamente il ricevere, bensì soprattutto il Dare – La inazione era
concessa come occasione di riflessione e di elevazione spirituale proprio per
tutelarsi e salvaguardarsi dalle negatività egoistiche – Tuttavia era
lautamente valorizzata la iniziativa donatrice, il Dare non consisteva
solamente nella finalità creativa (Il fare per ottenere in ritorno), bensì il
fare non finalizzato, il puro dono era considerata la facoltà attitudinale più
illustre. Sì se il donatore dovesse avere in ritorno una ri-compensa disattesa,
questa per il donatore assumerebbe un valore immenso proprio perché la
ricompensa non è attesa. Era insegnato il fare non – finalizzato proprio per
non abituare a dare solamente per ricevere, poiché se e nella misura in cui ad
Irenic-landia si fosse imposta questa mentalità il meccanismo motore della
gratuità si sarebbe fermato poiché le persone avrebbero smesso di dedicarsi non
appena avessero percepito di non ricevere un ritorno.
La non – finalità è indice di
purezza amorosa.
È proprio la legge della
gratuità del fare non – finalizzato che incrementa esplosivamente la
probabilità che nel nucleo olistico di Irenic-landia ciascuno fosse
ricompensato sempre seppur secondo modalità alternative e variopinte.
Una ulteriore legge di
Irenic-landia era la “immediatezza della ri-compensa ” sì era dovere di ciascun
abitante di ricambiare secondo le sue facoltà un dono ricevuto.
Una realtà se è ricompensata non
è donata, mi si direbbe – tuttavia ad irenic-landia sussiste la giusta saggezza
dell’equilibrio tra dare e ricevere affinché si innesti il flusso
dell’avvicendarsi tra gratuità e gratitudine che consiglia ed invoglia alla
gratuità… che inoltre realizzi la ambivalenza di arricchimento introspettivo
sia nel dare sia nel ricevere.
Il ricompensare, non è una
perdita, bensì una attitudine arricchente per noi stessi, ciò che agiamo verso
il nostro prossimo lo agiamo verso noi stessi, il sorriso del prossimo è il
nostro sorriso.”
Ad Irenic-landia sussisteva
inoltre una ottica ispirativa, che il Dio cigno nominò “DNA a senso positivo”,
L’oracolo Cigno esemplificò a
Fenice:
La nebbia esteticamente
chiarificatrice.
“La nebbia all’orizzonte degli
eventi,
sfuma il cielo in mare.”
I DUE MONDI
Il medico cardiologo nell’atto
di cura del cuore del prossimo non è simultaneamente in atto di cura del
proprio cuore. Allora può accadere che il solo atto di esteriorizzazione
condivisa di innumerevoli gratuità non coincida con la inner universe
creativity e con la inner universe catharsis stimando che l’atto creativo di
gratuità sia un dispendio di energie vitali.
Pertanto si rende chiaro che
nella dinamica di relazione biunivoca ad un dispendio di energie creative che
implementano le realtà del prossimo coincidano immediate ri-compense.
Il termine ri-compensa è un
termine fondamentale della neurobiologia della catarsi ontologica umana, questa
idea non è indice di egoismo, bensì di equilibrio sicché si dimostra
riconoscibile e fondamentale secondo le prospettive di coloro i quali abbiano instaurato
come sistema attitudinale la gratuità.
Non consideriamo queste
complessità solamente in termini economici, nonostante sia altresì vero che la
economia è un argomento iconico dei sistemi causa-effetto relazionali.
Pertanto esemplifichiamo. Un
esempio di ri-compensa può essere il fatto di vedere realizzata una propria
passione, ad esempio il pittore che ri-conosce compiuto e reale il proprio
quadro, o lo scrittore che può divenire lettore del proprio reale manoscritto –
allora consideriamo che la creatura è la ri-compensa della creazione di
creativi.
Allora approfondiamo la
singolare struttura psicologica che sostiene e conforta coloro i quali
realizzano volontariato, i volontari sono volenterosi ma come possono esserlo?
In grazia di quale argomenti e pensieri.
Occhi più severi assecondano ai
contesti di gratuità e di dono i concetti economici di perdita.
Tuttavia è altresì vero che la
loro prospettiva è confutabile, in che modo? Vediamolo insieme.
Coloro i quali adottano gratuità
sanno molto bene che non è del tutto vero che la loro creatività sia vana. I
volontari sono volenterosi proprio perché si sentono come il pittore o lo
scrittore – Essi realizzano azioni creative, le cui creature sono un surplus
non per sé stessi, bensì per il prossimo – (Realtà analoga altresì per lo
scrittore e per il pittore i quali realizzano estetiche e etiche
condivisibili.) Allora l’operato del volontario di gratuità è fondato su un
maggiormente profondo ed ulteriore livello creativo. La creatività universale.
Pensiamo a dei giovani i quali
alcuni hanno studiato ingegneria, altri hanno affrontato le scuole di
manifattura edile – essi intraprendono il volontariato per aiutare una famiglia
povera impossibilitata ad avere una casa a realizzarla, essi aiutano non
regalano, pertanto si disporrebbe un ingente attitudine creativa della famiglia
che andrà a vivere la nuova casa. Allora non saranno questi giovani ad abitare
la casa. Tuttavia questi giovani sarebbero ri-compensa ti secondo ulteriori
qualità, pensiamo ad un articolo di giornale che racconta della loro storia che
viene incontrata da aziende facoltose di orientare questi giovani verso nuove
occasioni lavorative o di studio mediante dono di borse di studio.
Pertanto riconosciamo altresì
nel tema dell’aiuto il valore della anticipazione immotivata.
Il tema dell’aiuto.
Economia la gratuità è
riconosciuta come un surplus valoriale. Pertanto paradossalmente un
investimento di energie creative nel verso di una non finalità non lucrosa,
implica un ritorno secondo qualità sia possibilmente economiche sia
relazionali, e ciò è proprio permesso in grazia della multi-contestualità della
realtà.
Premettiamo che la richiesta di
aiuto non è una Fragilità nell’ottica della relazione universale, è bensì una
ulteriore facoltà creativa – la richiesta di aiuto è un collegamento
progettuale, il primo step relazionale un investimento procedurale pro-attivo
ed intraprendente – disponiamo che la intraprendenza è neuro-biologicamente una
sanità curativa dello status di solitudine che diversamente proibisce ed
ostacola i collegamenti relazionali.
Ora osserviamo la prospettiva di
coloro che osservano la richiesta di aiuto.
Vi sono due modi osservativi in
relazione a due modi caratteriali-attitudinali.
Un modo è meno intelligente del
secondo, scopriamo perché.
Parliamo di esperienza e di
inesperienza.
Partiamo dal caso della
inesperienza denotata di non intelligenza creativa di lungimiranza.
Ed esemplifichiamo considerando
due bambini.
Il primo bambino chiede aiuto al
secondo bambino perché non riesce a svolgere un compito. Il secondo bambino
rifiuta di aiutarlo in assenza di alcuna motivazione e spiegazione, il primo
bimbo piange.
Ed esponiamo il caso della
esperienza creativa.
È consideriamo una ditta di
architettura strutturata e gestita da due architetti.
Una agenzia di volontariato
domanda ai due architetti di fare del volontariato e di gestire tutta la fase
progettuale estetica di una nuova scuola.
Pertanto essi accettano
immediatamente senza dubbi, rimorsi o ripensamenti.
Ma perché?
Perché riconoscono il valore
della occasione nella cui complessità sistemica può risultare una invariabile
il non guadagno economico.
Pertanto essi non percepiscono
la richiesta di puro aiuto come gravosa, di sfruttamento, nelle morfologie attitudinali
della svogliatezza.
Bensì essi colgono nell’aiuto la
loro opportunità di dimostrazione di qualità di rendimento estetico in
relazione alle loro strutturate competenze ed abilità assimilate durante gli
anni di studio che non sono solamente funzionali alla imprensione degli
strumenti logici, matematici, estetici fattuali del rendimento del loro
compito, bensì sono insegnamenti e studi induttivi di mindsets ulteriori che
entrano in gioco proprio nelle dinamiche relazionali che orbitano intorno al loro
lavoro, la ottimizzazione e la gestione dei tempi non solo organizzativi, bensì
altresì fondanti le scelte risolutive delle dicotomie che interessano il loro
lavoro, ad esempio se accettare o rifiutare un lavoro.
E perché sia importante
giudicare un lavoro accettabile poiché è una occasione. Sicché egli accettano
il lavoro di volontariato e realizzano estetiche eccellenti. Plausibilmente
essi avranno introiti di tipo alternativo trasversale. Come ad esempio nuove
conoscenze sociali, nuovi articolo giornalistici, nuove opportunità lavorative,
un surplus di esperienza.
Pertanto coloro che rifiutano le
richieste di aiuto sono caratterizzati da indolenze che indispongono coloro che
sono nella posizione di inferiorità. Si dispone allora che in errore nella dinamica
di relazione universale sarebbero i “superiori” in facoltà di aiutare che
scelgono di non aiutare. Sappiamo quanta forza d’animo sussista nella creazione
della richiesta di aiuto – e questa forza d’animo denota di dignità e di
rispettabilità coloro che domandano aiuto.
Tuttavia Argomentiamo un
ulteriore caso – il caso più negativo e grave della non ri-compensa, il caso
probabile che invoglia solitamente le persone non solo a non aiutare
gratuitamente, bensì a non creare gratuitamente.
Tuttavia un importante saggio un
tempo disse: “Chi si ferma è perduto. “
In questi casi i poveri in atto
di domanda di aiuto non si fermerebbero proprio perché in atto di movimento
qualificante di domandare aiuto i cui processi creativi relazionali abbiamo già
argomentato.
Si fermerebvero in status di
indolenza e di tentennamento titubante proprio coloro i quali si dispongono di
non creare più in onore della loro percezione di non introito futuro.
Allora qui giungiamo a
comprendere alcune importanti qualità.
La anticipazione immotivata
creativa non finalizzata al guadagno realizza variabili e variazioni di ciascun
sistema multi-contestuale che orbita intorno al fatto creativo. Se il fatto
creativo non sussiste si realizza la certezza secondo cui non ci sarà nessun cambiamento
ed il fallimento sarà certo.
Pertanto agendo andiamo ad
influire sulla implementazione di probabilità di rendimento.
Tuttavia vi sono artisti che
dipingono migliaia di quadri o scrittori che scrivono centinaia di manoscritti
eppure la loro creatività non è ri-compensata e cortocircuitata la possibilità
della loro sussistenza.
Qui giungiamo al fulcro della
questione che nominiamo “La relatività dei contesti applicativi. “
Avendo imparato la relatività
prospettica pensiamo a questa evenienza, come ci sentiremmo, come agiremmo noi
stessi, in un mondo alternativo in cui le miriadi di nostre energie applicative
in un determinato contesto fossero annichilite? Pertanto consideriamo i lavori
in questa realtà lautamente retribuiti di alcune eccellenze sportive. In
paragone ad esempio alle suddette creatività (che inverosimilmente siamo
abituati a denotate con la qualifica economicamente svalutante di passione,
perché non nominiamo altresì tali creatività lavori visto che inducono un
servizio di creatività relazionale e sociale? ) di eccellenze di scrittura e di
eccellenze di arte.
Pertanto ci disponiamo di
riconoscere che in questo mondo l’atleta “compie la sua creatività
eccellentemente“ nel suo contesto e ambito e realizza un ingente introito
economico e relazionale , mentre lo scrittore o l’artista “compie la sua
creatività eccellentemente“ nel suo contesto e ambito ed è indotto
dall’ambiente ad affrontare le difficoltà della solitudine e della non
possibilità di sussistenza e di vita, influenti scrittori e artisti del passato
non solo argomentano delle realtà della povertà, bensì ne sono identità
dimostrative.
Ora realizziamo
immaginativamente un secondo mondo in cui si inverte la realtà precedentemente
descritta.
Pertanto ci disponiamo di
riconoscere che in questo secondo mondo immaginario l’artista e lo scrittore
“compiono la loro creatività eccellentemente“ nel loro contesto e ambito e
realizzano un ingente introito economico e relazionale , mentre l’atleta
“compie la sua creatività eccellentemente“ nel suo contesto e ambito ed è
indotto dall’ambiente ad affrontare le difficoltà della solitudine e della non
possibilità di sussistenza e di vita.
Pertanto si chiarisce a noi che
è sufficiente “vestire i panni del prossimo” per rivoluzionare completamente la
realtà dei fatti che non è irreversibile, bensì reversibile.
In primo luogo prescriviamo che
non è sufficiente la qualità statica della gerarchia dei contesti di
applicazione intraprendente lavorativa a determinare chi merita di vivere, chi
merita la vita e la ricchezza a discriminazione di coloro che si trovano a
dover riconoscere di non meritare nemmeno la sussistenza in status di
solitudine, anticipato che le relative qualità realizzative sono ambedue
eccellenze dei loro ambiti. Allora prescriviamo meno la reversibilità dei
contesti se sono più o meno profittevoli per le persone che vi partecipano.
Una risposta spontanea potrebbe
ricondursi a questa intimidazione e precetto: “Non riesci nemmeno a vivere
delle tue creatività? Devi cambiare contesto creativo. “
Dunque. Premesso che la
flessibilità eclettica è un valore importante da tenere in considerazione. Ma
non è questo il punto fondamentale. Dovremmo allora secondo un rivoluzionario
esame di coscienza domandarci: “Perché una persona in questo mondo che ha
acquisito livelli superni esperienziali nelle sue facoltà creative nel suo
ambito deve essere condotto a privare il mondo del suo genio per dedicare il
suo tempo non alle ulteriorità creative di cui è unico ed in latente
possibilità di divenire il migliore del suo campo proprio altresì per le sue
innate pre-disposizioni creative, bensì ad assurdi lavori sovente non
dignitosamente retribuiti nei quali inoltre previsionalmente e giustamente
questa persona sia in facoltà di non ottemperare ad un rendimento ottimale,
ottimizzato, sussiste giustificazione proprio perché non solo come consigliò
Albert Einstein domanderemmo ad un volatile di nuotare, bensì priveremmo la
ontologia relazionale universale delle creatività e della vitalità e vita del creatore
delle realtà suddette.
Queste parole nell’ottica di non
sacrificare le eccellenze attitudinali contestualizzata.
Ed ulteriori parole nell’ottica
della soluzione del problema suddetto.
Il problema è veramente
complesso, ma non perché si presenta ai nostri occhi una complessità dovremmo
evitarne la soluzione.
Allora il primo passo sarebbe
nel riconoscere che questo problema sorge da un limite percettivo.
L’esempio dei due mondi è catartico.
Infatti la implementazione di
ri-compensa è relativa. Approfondiamo.
Considerando la povertà ed il
minimum di possibilità di sussistenza della persona che vive le sue creatività
in contesti di intraprendenza subordinati e svalutati rispetto ad altri,
ciascuna altra persona rispetto a questi è in facoltà, potenza e dovere di
ristabilire l’equilibrio.
Allora pensiamo al ricco atleta
che in grazia dell’esempio dei due mondi risulta in grado di “vestire i panni”
dello scrittore povero – L’atleta ricco percependo la situazione di povertà che
vivrebbe se dovesse vivere nel secondo mondo – spontaneamente aiuta e soccorre
il prossimo scrittore povero certo e credente nella idea dell’intimo soccorso
verso se stesso nell’intimo riconoscimento delle gioie che percepirebbe se nel
secondo mondo lo scrittore inducesse valore di ricompensa di denaro o di
relazione conseguente al riconoscimento della sua esibizione atletica.
Ora generalizzato all’intreccio
di ciascun ambito immaginabile e comprendiamo che è fondamentale non una nuova
gerarchizzazione degli ambiti di intraprendenza, poiché gli ambiti che ora sono
qualificati sarebbero de qualificati, bensì la ottimizzazione di ciascun ambito
di intraprendenza creativa, sicché si discute del fatto che ciascun ambito sia
in latente facoltà di pro-mozione. Al fine di livellare tutti gli ambiti di
intraprendenza più deboli, al livello Superno di rari ambienti discriminativi.
La implementazione del sistema
economico è allora dipendente dal miglioramento della qualificazione dei
macro-ambiti verso tutti i suoi protagonisti – sicché non debbano esistere
migrazioni assurde di questi protagonisti dagli ambienti in cui possono essere
ottimali creatori in grazia della loro innata predisposizione o esperienza
verso ambienti alieni alla loro intima identità creativa.
In onore, rispetto e tutela
proprio della principale meta del Sistema, ovvero il rendimento ottimale, se
migriamo coloro che sono in facoltà del rendimento ottimale nel loro sistema
identitario, questa migrazione indurrebbe due danni.
Il primo è che il sistema in cui
la persona avrebbe potuto implementare il suo rendimento del 100% o di
percentuali tendenti alla perfezione di quantità qualitative eccellenti,
implementa il rendimento di questo sistema di intraprendenza di nulla poiché è
obbligato a lasciarlo.
In secondo luogo questa persona
si trova in seguito al viaggio migrativo, che è altresì una realtà
ulteriormente complessa, ad affrontare un nuovo macro-ambito inconciliabile con
lui in cui deve “nuotare nonostante abbia le ali” sicché è naturale che il
rendimento di questa persona in questo macro-ambito sia del 10/20%, nei casi di
facoltà di eclettismo della persona si possa raggiungere il 30/50% di qualità
di rendimento, pertanto riconoscendo una fattuale De-qualificazione sia
dell’macro-ambito, sia della persona qui meno creativa, ma è doveroso
riconoscere che la responsabilità di questo danno di dequalifica è meno della
persona migrante e più dell’originario macro-ambito che ha indotto la
migrazione del suo idolo creativo.
Ma la realtà è ulteriormente
complessa, infatti la responsabilità di questa decadenza non è solo da
attribuire al sistema di macro-ambito che allontana l’idolo, bensì la responsabilità è da attribuire alla
complessità delle relazioni di privilegio e di discriminazione tra tutti i
macro-ambito, ma i macro-ambito sono una astrazione e spersonalizzazione, i
macro-ambito sono in gestione responsabile di persone illustri, i:
“Voi sapete di queste e tali
altre questioni? Io non ve lo domando ora, nemmeno ve lo voglio dire. Adesso
però prendete informazioni su queste cose siccome voi state facendo tanto bene
ci sono delle cose che andrebbero messe a posto. “
Parole di Beppe Vessicchio in
tutela della adeguata ricompensa (della implementazione degli stipendi) che
concernono il lavoro dei violinisti.
LE STELE DI ARCADIA
LA PRIMA STELE
LA PACE
IL PRINCIPIO DI “ATTO
IMMOTIVATO” IN RELAZIONE AL TEMA DELLA PACE.
La pace non è una gentile
concessione, né uno strumento di baratto, noi siamo in vita per essere noi
stessi pace che ovviamente abbraccia il volere fare la pace. Ma approfondiamo
un paradosso: Proviamo ad assumere che viviamo “non per voler fare la pace” ed
argomentiamo perché il volere ed il fare possono essere i limiti all’essere
della pace. Vedete nel volere fare la pace ci sono due ostacoli: il volere e il
fare che ovviamente permettono e sono garanti dei loro opposti, il non volere
ed il non fare, qualità attitudinali che spalancano i portali dell’indifferenza
e dell’odio. Pertanto ci disponiamo di avvalerci soggettivamente (a ciascuno i
propri motivi) dei motivi per cui non vogliamo la pace ed in secondo luogo se
dovessimo raggiungere dopo un percorso di Autocoscienza che rare persone
sarebbero disposte a fare, queste incontrerebbero il muro della complessità del
fare la pace, del creare la pace del dare la pace, un muro che si dimostra
nella unilateralità relazionale, attitudini di gratuità suscettibili a caducità
poiché ignorate.
Pertanto innalziamo il valore
ontologico dell’essere qualunque persona “pace”.
Essere vitali è essere pacifici.
Se siamo “Pace” realizziamo
neuro-biologicamente e strutturalmente i sistemi irenici come principali
pilastri attitudinali che irradiano qualunque multi-contestualità delle
necessità dialogiche, chiarificativo, relazionali – necessarie al confronto –
se la pace è il fine potremmo rischiare di instaurare l’odio come principio
dialogico relazionale ed allora comprendiamo perché le persone nemmeno si
incontrano per parlare così risulterebbe la assenza di dialogo utile ad ogni
implemento creativo reciproco.
Se diversamente instauriamo
nelle morfologie di atto immotivato la pace come primariamente esistente allora
ci incontriamo secondo i sistemi pacifici che abbiamo imparato e ricostruita o,
restauriamo le eventuali incomprensioni.
Ho citato lo strumento di “Atto
immotivato di pace “poiché in una eventuale premessa di reciproco ri-sentimento
sussiste la motivazione naturale verso la divisione e verso il non confronto –
ripetiamo che neuro-biologicamente il cervello influenza l’atto, ma è vero
altresì il contrario, ovvero che l’atto non intenzionale indotto dal cervello
influisca sul cervello. Pertanto agendo immotivata ente pace il cervello induce
reiterativamente pace.
La ideale idea astratta del
raggiungimento di un livello elevato di amore che il prossimo debba raggiungere
in premessa ad una attitudine conciliante è indice della possibilità di
dimostrare disamore e finitudini non appena il prossimo non si dimostrasse alla
altezza delle nostre autonomie che eteronomizzano mostriamo inesorabilità attitudinali.
La vita. Siamo vita. Pertanto
“È”, esiste l’ “e” della relazione.
Tutti abbiamo chiara coscienza
di quando veramente “È tardi”
Poiché siamo in vita non
pronunciamo le parole “È tardi”
Riconoscendo ulteriormente che
“È tardi, è”.
LA SECONDA STELE
LA CREATIVITÀ POTENZIALE
NEUROBIOLOGIA DELLA CREATIVITÀ
POTENZIALE
Sbloccare un potenziale
infinito.
“Nuovi geni codificato per nuove
proteine e costruiscono nuove strutture neurali e nuove strutture nervose.
La stessa cosa succede in modo
simile quando ti alleni fisicamente, i tuoi muscoli reagiscono ai pesi.
Il tuo sistema nervoso fa lo
stesso.
Quindi c’è molto potenziale
inespresso racchiuso nel tuo codice genetico.
È se metti te stesso in una
nuova situazione lo stress situazione, che viene prodotto da un particolare
avvenimento, sblocca quei geni e costruisce nuove parti di te.
E questo è molto interessante
perché si può avere una implementazione delle proprie proprietà facoltose
latenti grazie alle relazioni multicontestuali con ambienti nuovi e
sconosciuti.
LA TERZA STELE
IL CORAGGIO DELLA SINCERITÀ
La rivelazione delle realtà
occulte e velate.
Euphemistic : expressing [sth]
less offensively
Whichever context I’m thinking
about — Realize it — Express it — we must talk about it even If it is
unconventional — the cleverness and the wisdom are about the courage in
relying, reason and reflect with unconventionality and the truths that exist in
the category of the occult.
I’m not reflecting about the
occult magic — I talk about the realities that we daily we relate with but that
we witlessly hide and distance. But for the time of one second think about it.
What it is the hide, the hide it is the indifference, but our indifference
about some realities does not mean that those realities do not exist.
So these realities continuely
rages on us — so these conceptual realities we uncare about are like natural
furies, as example like storms, sandstorms, snowstorms, windstorms,
icestorms... that we withstand because we do not want to meet them, to relate
with them, to assimilate them to make them ours, to fulfill the control of
them. So when they appear to us these realities we rationally hide have an
extreme power on us, they implode us like us to be underwaterly in a whirl
within a tsunami — when We’re preied to these currents we lose our faculties
and wherewithals — we don’t see, we don’t hear, we don’t feel the touch, our
woice it is silence. In truth these realities we hide have not power
themselves, ontologically they have the same structure of offensivity of the
realities we do not hide — veiled realities have power on us simply for the
fact we veil them, we do not meet these realities, we do not manage
independently these realities so these realities overcome us.
Just the pronunce of the
nomination of these veiled realities it is importante. Why? Because we
recognise them, and recognising them it is the first step for us to become more
flexible against them. Then we will meet the pluri-perspectives that gravitate
around veiled realities, and unveiling the veil we won’t be unprepared when
they rain on us, simply because we have conquered a superior level of knowledge
about them like the people that cover their house with a covering that hug the
hail to trasform it Into potabiie water.
That is an act of faith to
declare that itt s Good? Am I gonna act is If itls Good? And what would happen
If I did? And maybe the answer to that it is the fact that it is. I think this
is the answer. The more you act, the more you act out the proposition that it
is Good. The better it gets.
Qualunque sia il contesto a cui
stiamo pensando - Realizziamolo - Esprimiamolo - dobbiamo parlarne nonostante
non sia convenzionale - l’intelligenza e la saggezza riguardano il coraggio del
relazionarsi, nell’affidarsi, del ragionare e del riflettere con le non
convenzionalità e con le verità velate che esistono nella categoria
dell’occulto.
Non sto riflettendo sulla magia
occulta, parlo delle realtà con cui quotidianamente ci relazioniamo ma che
inconsapevolmente nascondiamo e allontaniamo. Ma per il tempo di un secondo
riflettiamo. Quello che è il nascondersi, il nascondersi è l’indifferenza, ma
la nostra indifferenza verso alcune realtà non significa che quelle realtà non
esistano. Quindi queste realtà infuriano continuamente su di noi - quindi
queste realtà concettuali di cui non ci occupiamo sono come furie naturali, ad
esempio come tempeste, tempeste di sabbia, tempeste di neve, tempeste di vento,
tempeste di ghiaccio... che subiamo ed a cui non resistiamo perché non vogliamo
incontrarle, perché non vogliamo entrare in relazione con loro, per assimilarle
per farle nostre, per saperle gestire, per adempiere al loro controllo. Quindi,
quando ci appaiono queste realtà che nascondiamo razionalmente esse hanno un
potere estremo su di noi, ci fanno implodere come se fossimo sott’acqua in un
vortice all’interno di uno tsunami - quando siamo preda di queste correnti
perdiamo le nostre facoltà e i nostri mezzi – indossiamo il loro velo, il
medesimo velo con le quali veliamo le realtà velate vela e obnubila noi stessi,
non vediamo, non sentiamo, non sentiamo il tocco, la nostra voce è silenzio. In
verità queste realtà che nascondiamo non hanno potere in sé, ontologicamente
hanno la stessa struttura di offensività delle realtà che non nascondiamo — le
realtà velate hanno potere su di noi semplicemente per il fatto che noi le veliamo,
non incontrando queste realtà, non gestendo autonomamente queste realtà
permettiamo ad esse di assoggettarci.
Proprio la pronuncia del
nominare queste realtà velate è importante. Perché? Perché le riconosciamo, e
riconoscerle è il primo passo per diventare più flessibili nei loro confronti.
Incontreremo allora le pluri-prospettive che gravitano attorno alle realtà
velate, e svelando il velo non saremo impreparati quando imperverseranno su di
noi, semplicemente perché abbiamo conquistato un livello superiore di
conoscenza su di esse come coloro che realizzano una copertura che abbraccia la
grandine per trasformarla in acqua potabile.
È un atto di fede dichiarare che
è bene? Quali sono le implicazioni dell’assumere che è bene? Cosa implica la
mia presunzione? E forse la risposta è il fatto che “è bene” è già pronunciato.
Penso che questa sia la risposta. Più agiamo, più recitiamo la proposizione che
sia bene.
È vero che il cervello influenza
la realizzazione o l’evitamento dell’atto, tuttavia è altrettanto vero che
l’atto presente influenzi il cervello in direzione della reiterazione del
medesimo atto contestuale. Ad esempio se ci troviamo in uno stadio di freezing
attitudinale, qualsiasi nostro semplice movimento sospende il freezing e ci
orienta verso il fare contestuale medesimo rispetto alla qualità del semplice
atto che abbiamo agito.
L’esperienza delle realtà
esteriori è sempre introspettiva. Da un atto di fede realizzo e possiedo il
fatto di avere pregato. Pregare è essere creativi di preghiere, le preghiere
sono le cattedrali custodi del per-dono condiviso.
Ogni persona non è solamente
responsabile delle sue attitudini, bensì altrettanto dei suoi evitamenti, in
ragione della sua responsabilità verso l’ambiente delle sue relazioni.
“Ogni persona è responsabile
delle attitudini di ciascun altra persona.”
Dostoevskij
I danni degli argini
Gli argini consisterebbero nella
funzione di prevenzione, di tutela e di cura, tuttavia sovente si dimostra che
l’atto di arginare può implicare che gli argini divengano da realtà mediative
di cura e nostra salvaguardia a limiti oppressivi passivi lesivi e dannosi
verso noi stessi e verso la nostra umana libertà.
Il perfezionismo, il moralismo,
il purismo, il proibizionismo, il
protezionismo nelle loro forme di acuiti fondamentalismi sono alcuni
degli argini delimitanti che implicano pressioni implosive che esplodono nelle
manifestazioni coerenti delle realtà iper-arginate.
Il fiume estremamente arginato
esonda le proprie acque. La em-arginazione è un esempio traslato di
arginazione.
L’atto di limitazione implica asfissie e stasi
attitudinali - sì esteriormente risultano i veli delle inazioni sostitutive
alle normali esteriorizzazioni della naturalezza e spontaneità umane che
introspettivamente permangono latenti nelle forme di mal-essere provocate da
ansia, freezing attitudinale, incremento di tensioni psichiche introspettive di
dissonanze cognitive (tra essere sopito ed essere manifesto) indotte proprio
dalla repressione causata dagli argini eccessivamente delimitanti.
Nelle evenienze di esondazioni,
siano da responsabilizzare le errate metodiche estremiste di arginazione, non
le acque esondate.
LA QUARTA STELE
LA OPPORTUNITÀ DELLA TIMIDEZZA
IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO
NEI TEMI DELLA CREATIVITÀ E
DELLA TIMIDEZZA
La questione è: “Consigli per
non provare timidezza.”.
Premessa.
Consideriamo il valore dell’atto
realizzato in assenza di motivazione ideale pro-attiva.
La timidezza è una inibizione
attitudinale che è introspettiva, come può divenire una intraprendenza
facoltosa estrospettiva?
Il punto è che la timidezza non
è mai una astrazione decontestualizzati, ovvero la timidezza possiede sempre un
contenuto esperienziale o psicologico, ovvero siamo “Timidi nei confronti di §
o di ¶.
Altresì nei casi di timidezza
ontologica caratteriale sussiste comunque un soggetto reale verso cui attribuiamo
timidezza.
Parentesi esemplificativa sul
tema della contentezza:
La Felicità è come il sogno.
Il sogno potrebbe non compiersi
ma il fatto di avere sognato è un surplus positivo.
Non è solamente vero che il
cervello influenza l’atto, bensì è altresì vero che l’atto influenza il
cervello.
Restare tristi è comunque
peggiorativo.
Allora semplicemente sorridere
quando si è tristi, si realizza la dissonanza buona tra atto felice e strato
d’animo triste che influenza positivamente lo stato d’animo della persona.
L’atto immotivato è catartico in
situazioni di inerzia e di inazione, pertanto il semplice atto non è realizzato
poiché è effetto di una causa di non intraprendenza attitudinale, bensì l’atto
compiuto nonostante la carenza di intraprendenza psicologica innesta il primo
anello della catena delle reciprocità attitudinali che è garante del florido,
facoltoso e metodico divenire attitudinale creativo.
Un esempio di causa di inerzia attitudinale
è la timidezza.
Ritornando al tema della
timidezza.
Come il fatto di sognare sia
catartico proprio per il fatto di sognare indipendentemente dal fatto del
compimento esperienziale del sogno,
La nostra facoltà di realizzare
il soggetto della nostra timidezza risolve la inibizione della timidezza.
Pertanto nel tema della
timidezza siamo facilitati, poiché il soggetto della timidezza è in nostro
possesso e coscienzioso riconoscimento.
Pertanto sappiamo verso quale
realtà mirare il focus della nostra attenzione.
In un secondo momento
applichiamo la nostra facoltà di compimento dell’atto immotivato.
L’atto è immotivato perché non è
motivato, mediato dalla timidezza che consiglierebbe la inazione.
Allora una volta riconosciuto il
soggetto della nostra timidezza, agiamo l’atto verso cui siamo timidi
nonostante la nostra timidezza, ovvero consideriamo la timidezza come una
invarianza limitante.
La nostra esperienza ci
consiglia la esistenza del rimorso per avere ascoltato le timidezze, parallelamente
si riconosce il valore della realizzazione delle realtà soggetto delle nostre
timidezze.
La timidezza è un indice limite
di cambiamento, quando percepiamo timidezza ci accostiamo ai limiti del
cambiamento che se accolti e oltrepassati sovente sono opportunità di
miglioramento relazionale e creativo in molti ambiti della nostra vita.
Il destino non è irreversibile,
è reversibile, pertanto suscettibile a ripensamento.
LA QUINTA STELE
LA IMPRESSIVITÀ
IL VALORE DELLA IMPRESSIVITÀ
FUNZIONALE ALLA ESPRESSIVITÀ
Dialectically and ontologically
the opposite of depression it is expression.
So depressive realities are
esteemed as introspective responses not to self induced behaviours that are
relatable to our innate faculty of extrospection and of the revelation of our
inner latent wherewithals by our inner mindset to the outside, but to induced
hindering behaviours that annihilate us impeding the natural flow of our
expressiveness or the aptitudinal annihilating faculties of external blindness
that realizes the falseness of the our creativities to be invariables.
In truth every of our creativity
it is a pure cause of change, and AN influence to the environment.
The ontology of the value of
change of our creativities allow us destructure the negative mediations of the
impassers that we could meet and allow the flow our expressions cause we can
recognize the external negative mediations as invariables.
So we meet this truth the
complexity of invariability it is aptitudinally notable.
It is clever and wise to
dedicate the invariability to negative aptitudinal impasses to anesthetize the
% of induced depression to our continuum faculties of creative expressions.
Dialetticamente e
ontologicamente l’opposto della depressione è l’espressione.
Quindi le realtà depressive sono
stimate come risposte introspettive non a comportamenti autoindotti - le
facoltà introspettive sono infatti innatamente creative e riconducibili alla
nostra innata facoltà di vivere (Il vivere è espressione di vita/ La vitalità)
e alla rivelazione delle nostre facoltà latenti interiori dalla nostra
mentalità interiore verso la rivelazione attitudinale esternata;
allora le realtà depressive sono
stimate come risposte introspettive a comportamenti ostacolanti indotti da
reazioni o ontologie reali e ambientali esterne che ci annichiliscono impedendo
il naturale flusso della nostra espressività; oppure a facoltà attitudinali
annientanti di cecità esteriori che realizzano la falsità delle nostre creatività
di essere invariabili. (In-differenza
indotta = non differenza - attribuire il giudizio verso una creatività di
essere causa inerte e non causale di cambiamento = dissonanza cognitiva indotta
di realtà ontologica (senso implementativo della vita/ invarianza attitudinale
indotta)
In realtà ogni nostra creatività
è una pura causa di cambiamento, e un’influenza sull’ambiente.
L’ontologia del valore di
cambiamento delle nostre creatività ci permette di destrutturare le mediazioni
negative degli impassers che potremmo incontrare es in secondo luogo di fare
fluire le nostre espressività nella nostra catartica facoltà di potere
riconoscere le mediazioni negative esterne come invariabili.
Pertanto i discriminanti del
nostro equilibrio depressivo-espressivo non sono più le realtà esteriori, bensì
noi stessi. Quindi incontriamo questa verità: La complessità dell’invariabilità
è attitudinalmente di importanza notevole. È intelligente e saggio dedicare
l’invariabilità agli impasse attitudinali negativi per anestetizzare la % di
depressione indotta alle nostre facoltà di espressione creativa continue.
Un secondo tema importante è la
ispirazione -
Esse è una complessità
interessante, poiché la ispirazione può essere introspettiva o estrospettiva,
può essere causativa o effettiva, può sorgere da realtà di pro-mozione e di
motivazione e può altresì sorgere da eventuali negatività esperienziali o da
staticità e inezie, esistono esempi di depressioni espressive - ad ogni modo il
miracolo della ispirazione è il suo fattore creativo di conversione e di
purificazione affinché in grazia dell’ispirazione si origini un senso
attitudinale nuovo.
Impressività
Agg. [der. Di imprimere, part.
Pass. Impresso; nel sign. 2, anche con influsso dell’ingl. Impressive (come il
fr. Impressif)]. – 1. Ant. Atto a imprimere un movimento, a comunicare un
impulso. 2. Letter. Che suscita, o tende a suscitare, una forte impressione;
capace di produrre emozione o commozione.
Contrariamente alla depressività
che induce indolenza creativa valorizziamo la impressività e la valorizzazione
del prossimo poiché la nostra impressività verso il prossimo implica la sua
espressività un valore catartico ed arricchente per tutti.
LA SESTA STELE
LA CONTENTEZZA
IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO
NEI TEMI DELLA FELICITÀ E DELLA
CONTENTEZZA
Consideriamo il valore dell’atto
realizzato in assenza di motivazione ideale pro-attiva.
La Felicità è come il sogno.
Il sogno potrebbe non compiersi
ma il fatto di avere sognato è un surplus positivo.
Non è solamente vero che il
cervello influenza l’atto, bensì è altresì vero che l’atto influenza il
cervello.
Restare tristi è comunque
peggiorativo.
Allora semplicemente sorridere
quando si è tristi, si realizza la dissonanza buona tra atto felice e strato
d’animo triste che influenza positivamente lo stato d’animo della persona.
LA SETTIMA STELE
LA SPENSIERATEZZA
IL VALORE DELL’ATTO IMMOTIVATO
NEL TEMA DEL PENSIERO
PRINCIPI DI SPENSIERATEZZA
Un atto può essere altresì un
atto di pensiero.
Consideriamo l’overthinking e
consideriamo un metodo per acquietare il tumulto dei nostri pensieri.
Solitamente l’overthinking è
caratterizzato dalla nostra attribuzione valoriale di importanza e essenza di
rilevanza ai nostri pensieri ed al loro flusso, solitamente questo flusso è
caratterizzato dalla nostra scelta psicologica di far succedere in noi pensieri
di primaria importanza per la nostra vita, tuttavia sovente si realizzerebbe un
caos gestionale che implica la nostra distrazione e il nostro scarso
rendimento.
Esemplifichiamo. Per minimizzare
il carico gestionale ideale, per raggiungere la spensieratezza lungimirante.
Premettendo che sia difficile se
non impossibile non pensare è importante agire sulla qualità valoriale dei
mostri pensieri.
Quale è il carico gestionale del
pensiero: ”Penso ai colori iridescenti di questa bolla. “
Il carico gestionale è minimo o
pressoché assente.
Quale è invece il carico
gestionale del pensiero: “ Ho urgenza di gestire più contesti che ho studiato,
mi auguro di avere ottimizzato il mio studio, ho urgenza di mantenerli nel
ricordo, poiché presto, non so in verità quando, devo affrontare un esame
lavorativo in cui la mia tesi implicherà la scelta tra più candidati, ed il
congedo di altri e la mia possibile promozione o il mio licenziamento sulla base non del mio rendimento passato,
bensì solamente della mia esibizione di una decina di minuti dinanzi alla
commissione aziendale. “
Ho esemplificato stadi di
incremento di complessità di gravosità di pensiero, poiché solitamente
l’overthinking è caratterizzato da questi tipi di incremento, non solo nel
medesimo contesto o ambito, qui abbiamo considerato l’ambito di rendimento
lavorativo, ma solitamente l’overthinking è caratterizzato dalla successione o
dalla addizione sincronica di diversi ambiti di gestioni complesse.
Pertanto l’overthinking è la
negativa inerzia motrice che realizza un caos che de- motiva poiché induce
ansia di rendimento attitudinale e stress che danneggia la nostra salute e che
cortocircuitati il naturale processamento, assimilazione e comprensione di
senso di ciascuna nostra attitudine cause catartiche prime della nostra
implementazione di rendimento multi-contestuale.
Avendo esemplificato la dinamica
lesiva dell’overthinking – il sovrappensiero è pertanto una astrazione una
alienazione dalla realtà, si dimostra evidente che il nostro rendimento è
relazionale, pertanto ad esempio il nostro eventuale sovrappensiero potrebbe
coincidere con il non ascolto attento e accorto della persona che ora realmente
ci sta parlando.
Per ottenere chiarezza mentale e
attitudinale è bene sospendere il flusso di pensieri gravosi.
L’overthinking è una
particolarizzazione e interconnessione di miriadi pensieri e di miriadi di
contesti. L’overthinking è una lente che mette a fuoco.
L’overthinking non è il pensiero
gestionale, è una forma singolare esasperata del pensiero gestionale.
Tuttavia metaforicamente.
Pensiamo a qualunque nostro
contesto o ambito di vita come ad un germoglio di un fiore ( a cielo sereno
illuminato dai raggi del sole) che vogliamo fare crescere grazie a noi è alla
nostra attitudine.
Se applichiamo overthinking, che
è una lente che mette a fuoco) convergiamo i raggi solari (miriadi di pensieri
focalizzati) verso il germoglio che appunto “prende fuoco”.
Se applichiamo la lungimiranza
spensierata del pensiero gestionale, non usiamo alcuna lente mediativa tra noi
ed il germoglio, bensì talvolta ci avviciniamo, talvolta ci allontaniamo,
talvolta orbitiamo intorno al germoglio, ed a ciascun nostro movimento
applichiamo dovute e sagge cure attitudinali verso il germoglio, allora
illuminato dai raggi solari, e dalle nostre accorte attitudini tutelative e
pro-attive, allora riconosceremmo il germoglio divenire fiore.
La spensieratezza è custode di un
importante valore: La sospensione del pre-giudizio.
Ad esempio la urgenza
conoscitiva dell’overthinking realizzerebbero i pregiudizi verso il germoglio:
”Non cresce. “questa percezione induce in noi de-motivazione, ansie e
rassegnazione che influiscono sul non crescere del germoglio.
Allora ricordiamo la premessa
secondo cui sia difficile, se non impossibile il non pensiero – e sfruttiamo il
principio del valore dell’atto immotivato applicato alla realtà del nostro
pensiero in direzione del nostro ordine mentale ed in verso della nostra
chiarezza impressiva ed espressiva.
Il senso è l’alleggerimento del
carico gestionale del nostro flusso caotico di pensieri.
La ottimizzazione delle nostre
facoltà non sono indipendenti dalle pause. Come il sonno è catarsi delle
sinapsi nervose, la spensieratezza è catarsi del meccanismo ideale-fattivo.
Il sonno è naturale
ringiovanimento.
Quando riposiamo il cervello si
rigenera, sospende le interconnessioni tra i neuroni in status di caducità,
E realizza nuove interconnessioni tra nuovi
Neuroni. Le cellule che sono relative a questa funzione neurale di fagocitosi
sono gli astrociti e le cellule della microglia.
La fagocitosi è la capacità
posseduta da diverse cellule di ingerire materiali estranei e di distruggerli.
Tuttavia se non riposiamo per un
lungo periodo la fagocitosi diviene neurologicamente autodistruttiva – si
riconosce una iperattivazione delle cellule microglia che eccedono la loro
originale funzione purificativo-catartica.
Accade infatti che le cellule
microglia non eliminano solamente le cellule decadenti pensì attuano la loro
funzione annichilente verso le cellule nuove e giovani.
È conciliabile il sistema del
sonno con il sistema del pensiero.
Infatti la iper _ attivazione
dell’overthinking è simile alla iperattiva ione delle cellule microglia,
l’overthinking attua la medesima attitudine lesiva verso i pensieri nuovi,
pertanto sussisterebbero pensieri dispotici predominanti annichilenti (Come le
cellule microglia iper - attivizzate) verso la facoltà di nascita creativa di
pensieri candidi e verso la naturale interconnessione creativa.
La vita di ogni cellula non è un
percorso irreversibile inizio - > fine, bensì un percorso reversibile di
tipo
Inizio <-> fine.
Le cellule non si guastano
inesorabilmente ma perdono informazioni su come funzionare ottimamente.
Pertanto neuro-chirurgicamente è
realizzabile il ringiovanimento, si riconosce necessaria la riprogrammazione delle
cellule e delle loro reciproche relazioni.
La pausa ha valenza ispirativa.
Momenti di quiete ispirativi o
privi di finalità (La non finalità può rivelarsi la sublimazione tra gli
universi delle finalità, nell’evenienza in cui il non raggiungimento di una
meta sia una meta ulteriore e fondamentale)
In cosa consiste allora il
riposo del pensiero?
Può coincidere con il sonno.
È nello stato di veglia
cosciente può coincidere con l’alleggerimento del carico di pensiero mediante
atto immotivato di pensare pensieri leggeri di tipo “penso ai colori
iridescente di questa bolla”.
Poiché la motivazione di
overthinking non indurrebbe la esistenza di pause cortocircuitiamo la catena
causale dei pensieri gravosi con l’atto immotivato di pensare pensieri leggeri
non necessariamente funzionali a legami concettuali e personali complessi.
Così otteniamo una importante
possibilità di riprendere fiato e di ossigenarci, di sospendere temporaneamente
il flusso soffocante e dis-traente dei pensieri contenuti dell’overthinking.
There’s a paradox in
psychoanalysis.
When we are in a creative
endeavour, in a wonderful fever, the creative flow overflows our “will
structural faculty” so it may happen that we may do not want what we think we
desire, and we may do not demonstrate what we want.
LA OTTAVA STELE
LA PREVISIONALITÀ
Anticipazione e facoltà di
previsionalità
Il principio “ ad utrumque
paratus”
Si esprime secondo tre
dinamiche.
La prima è la positivizzazione
del negativo che consiste nel principio: “Rifletti sulle prospettive e sulle
cause relative ad effetti percepibili e riconoscibili in qualità valoriali
ulteriori, nonostante dovesse palesarsi la percezione secondo cui un nuovo
ambiente sia per te negativo, plasma il tuo sguardo affinché tu sia in facoltà
di attribuire valore superiore all’ambiente che riconoscesti negativo rispetto
ad antecedenti ambienti che percepisti positivi.
La seconda è la anticipazione
intuitiva.
Per ciascun ambito e contesto
della esperienza e della vita realizza una visione di senso olistico presente
nell’ottica di riconoscere i pilastri del tuo futuro prossimo e lontano.
Rifletti sulla esistenza di n∞ di possibilità e sulla loro
possibile relazione complessa.
Penserai possibilità avversative e penserai
possibilità pro-attive, tuttavia non evitare il nonsense e l’assurdo poiché
essi sono sfumature singolari che influenzano il reale, la dinamica del caos è
sorprendente e sconcertante.
Pertanto sarà improbabile che
giungeremo a comprendere ed a prevedere al 100% il futuro, tuttavia riuscirai a
sfiorare la verità da una o più prospettive di una o alcune possibilità che hai
ipotizzato. Allora non sarai al 100% impreparato, bensì preparato in quanto ad
assimilazione previsionale di pensieri che hai già esperito.
La terza dinamica è la autonomia
creativa.
“homo faber fortunae suae”.
Affinché siano confutate e
nuovamente bilanciate le Percezioni secondo cui “Tutto dipenda da noi” e
“Niente dipenda da noi, ovvero che tutto sia subito.” Sussiste infatti il
criterio di vicendevole e reciproco bilanciamento di facoltà autonome e eteronome,
di responsabilità e di rilevanze fattuali (Non sussistono Invarianze fattuali
né dalla parte della persona, né dalla parte dell’ambiente di pluralità di
persone in cui esiste la persona.)
LA NONA STELE
OTTIMISMO E REALISMO
LA ANTICIPAZIONE IMMOTIVATA NEL
TEMA DELLA PERCEZIONE
La anticipazione immotivata di
positivizzazione è catartica.
Si argomenta perché il
pessimismo sia da evitare in facoltà di scelta dell’ottimismo.
In ragione del fatto che altresì
la percezione di realismo sia da assecondare all’ottimismo. Vediamo perché.
Se partissimo dalla percezione
realista dei fatti, i quali si dimostrano essere vicendevolmente e
multi-contestualmente positivi e negativi reagiremmo alla realtà, qualunque
essa sia, allora questa è una evenienza conveniente se la realtà è denotata di
realtà positive, ma non è sempre così, sicché se dovessimo subire realtà
negative né saremmo influenzati negativamente ed il sistema ambientale esterno
cortocircuiterebbe la nostra attività positiva.
Questa dinamica si dimostra vera
altresì per il pessimismo tuttavia secondo dinamiche di relazione
Sum-ambientali diverse. Infatti nella realtà del pessimismo non reagiamo bensì
agiamo, il pessimismo è una forma di anticipazione immotivata (non motivata
dall’outside universe) negativizzante, allora nel pessimismo prima di percepire
la realtà indossiamo lenti scure che de-qualificano la realtà, qualunque essa
sia denotando le singolarità positive di indifferenza, di sottovalutazione e di
minorazione di positività, sovente infatti i pessimisti risultano apatici alle
positività proprio per questa anticipazione di minorazione (n-n=0), mentre si
adduce la negativizzazione delle negatività, la esponentizzazione
implementativa delle negatività o la procrastinazione delle loro soluzioni
ovvero l’evitamento.
Diversamente se anticipiamo la
positivizzazione, primariamente indossiamo lenti chiare, mediante le quali
osserviamo le realtà positive e negative secondo prospettive luminose
differenti. Sussiste allora una anticipata induzione di miglioramento – per
quanto negativamente gravi possano essere le realtà verso le quali ci
relazioniamo è indice di saggezza catartica la nostra qualità valoriale che vi
induciamo.
Tuttavia esiste un fattore
rischioso della anticipazione di positivizzazione.
Ritorniamo all’esempio
dell’indossare le lenti chiare. Se le indossiamo sempre dovremmo vivere due
complicazioni: La prima è che la nostra osservazione è aliena, alterata ed
alterante rispetto alla percezione del prossimo che eventualmente non indossa
le nostre medesime lenti – pertanto sarebbe ostacolata la nostra possibilità di
confronto dialogico, emotivo – sicché realizzeremo attitudini positive fuori
luogo inconciliabili con la realtà dei fatti. In secondo luogo il problema
consisterebbe proprio nella abitudine.
Pertanto le lenti chiare sono
lenti buone, concilianti, serene, pacifiche, non avverse, pertanto ci abituano
a queste e ad altre Percezioni di “inner psychological safe place”, quindi non
appena dovessimo levare le lenti che mantenemmo a lungo termine risulteremmo
impreparati alla eventuale severità del reale.
Pertanto la ottimale risposta si
ottiene nella duplicità di avvicendare il realismo e l’ottimismo.
LA DECIMA STELE
UNA ECCEZIONALE PROSPETTIVA
DELLA ASSENZA
We should achieve the profund
sense of relationships that it is the catharsis of our psicological,
relational, sentimental, emotional, affective and physiological health.
The true fact is that we search
for each other because Into our lonelyness we feel a deficiency, a void Into
one or more than one of these and others subjective context.
So we call, we search for one or
more than one people because of two causes - For the courage and the strength
of asking for relational help - so we underline that the presence of the person
or of the people we call may solve and cure the above-mentioned deficiencies.
The second cause for our
relational search it is induced help.
So the above-all perception of
the precariousness of the other people Into one of more than one of the above-mentioned
deficiencies, and the iniziative of the relationships in the way of the
intention of the reciprocal cure and the affective filling of the perceived
void into ourselves and into others.
So if may happen to you that
other people do not call you, or If they do not search for you it is not
because the state of the relationship between you and the others it is
compromised - but the persistance of distance, separation and absence it is the
index of the reciprocal gain of the ulterior level of relationship - a
telepathical way of relating it is about the perception of the reciprocal
wellness and care.
The lonelyness it is not
reciprocal uncare:
The reciprocal love each other
it is about the inner listening of our exigences.
We achieve relationships because
these relations we realize and create improves our quality life. The fact it is
that the relational equilibrium it is hypersensitive.
The “Do Good” and “the do right”
it is about:
They don’t search for you? Well
done, you are doing right and good for them simply doing nothing, because that
aptitude it is factually what they are demanding you. That means that the act
of curing and caring to them it is the not compelling the relation and let them
to improve their life without your initiative.
Differently they should have
asked for your presence, differently they may search to your presence for
founding a reciprocal curing dinamic.
But the question it is more
complicated because of our innate shyness and diffidences that are, with others
the ways that cause the aptitudinal principle that we may do not want what we
think we desire, and we may do not demonstrate what we want.
Dovremmo conquistare un senso
profondo delle relazioni che è la catarsi della nostra salute psicologica,
relazionale, sentimentale, emotiva, affettiva e fisiologica.
Il fatto vero è che ci cerchiamo
l’un l’altro perché nella nostra solitudine sentiamo una mancanza, un vuoto in
uno o più di uno di questi e altri contesti soggettivi.
Allora chiamiamo, cerchiamo una
o più persone per due cause – Per il coraggio e la forza di chiedere un aiuto
relazionale – quindi sottolineiamo che la presenza della persona o delle
persone che chiamiamo può risolvere e curare il carenze di cui sopra.
La seconda causa della nostra
ricerca relazionale è l’aiuto indotto.
Quindi la percezione suddetta
della precarietà delle altre persone in una o più delle suddette esigenze e
bisogni di riequilibrare le mancanze relazionali-affettive implica l’iniziativa
dei rapporti cercati nel senso dell’intenzione della cura reciproca e del fatto
di colmare affettivamente, conoscitivamente il vuoto percepito in noi stessi e
negli altri, sono queste intime percezioni di mancanze a ispirare
l’approfondimento di conoscenza verso le nuove persone sconosciute o la Malinconia
relazionale verso le persone che già si conoscono, premesso che la conoscenza
sia comunque superficiale altresì nelle dinamiche di relazione con i
conoscenti.
Quindi nel caso in cui possa
accadere che le altre persone non ti chiamino, o che non ti cerchino non è
perché non ti vogliono bene e non è perché lo stato del rapporto tra te e gli
altri è compromesso o finito, la finitudine relazionale è solamente una
illusione – ma il perseverare della distanza, della separazione e dell’assenza
è un indice del guadagno reciproco dell’ulteriore livello di relazione – un
modo telepatico di relazionarsi riguarda la percezione del benessere e della
cura reciproci non a causa della Lontananza ma nonostante la lontananza.
La solitudine può non essere
Disinteresse, indifferenza o più radicalmente e negativamente odio reciproco,
Considerato che la divisione
nella relazione può altresì essere provocata dalle suddette negatività ed
incomprensioni – tuttavia in tali casi la resurrezione e resilienza relazionali
e personali non sono garantiti fondando come nuovo punto di partenza la
percezione di odio, bensì come punto di nuovo inizio di relazione la reciproca
percezione dell’atto per volersi bene di una ECCEZIONALE PROSPETTIVA DELLA
ASSENZA.
L’amore reciproco riguarda l’ascolto
interiore delle nostre esigenze.
Realizziamo relazioni perché
queste relazioni che realizziamo e creiamo migliorano la qualità della nostra
vita. Il fatto è che l’equilibrio relazionale è ipersensibile.
Il “Fare del bene” e “Il fare
bene”
Non ti cercano? Ben fatto, stai
considerando le loro esigenze di libertà e di autonomia, stai facendo il bene e
la cura nei loro confronti semplicemente non facendo nulla, perché
quell’attitudine è effettivamente ciò che ti stanno chiedendo.
Stiamo insieme realizzando il
nostro progetto creativo, ed altresì la non collaborazione può essere
collaborativa.
Ciò significa che l’atto di
curare e prendersi cura reciproca è il non costringere la relazione e
consentirci di migliorare le vite reciproche senza le nostre iniziative.
Diversamente essi avrebbero
domandato la tua presenza, diversamente potrebbero ricercare la tua presenza
per fondare una reciproca dinamica curativa.
È meno consigliabile ed
accettabile il reciproco abbandono inesorabile che denota di de-finitività e di
non esistenza di relazioni che sono in consistenza di dissonanza realmente
vive, esistenti e in latente compimento nonostante siano caratterizzate dalle
qualità di Lontananza reciproca e di silenzio dialogico e affettivo.
Tuttavia le questioni
relazionali sono ulteriormente più complicate altresì a causa della nostra
innata timidezza e diffidenza che sono, con gli altri i modi che causano il
principio attitudinale che “potremmo non volere ciò che pensiamo di desiderare,
e potremmo non dimostrare ciò che vogliamo.”
Ed a causa di ulteriori
variabili altresì indefinibili, non argomentabili, e non affrontabili
razionalmente, poiché relative non al macrocontesto della razionalità bensì al
macrocontesto analogamente importante della irrazionalità e del subconscio.
LA UNDICESIMA STELE
INSEGNAMENTI VELATI
UN SENSO QUI
Ho pensato a questa idea. E se
fossimo noi stessi alunni insegnanti dei nostri insegnanti? E se la scuola
fosse un ambiente di reciproco progresso umano? Vi sarebbe una duplice valenza
della scuola, la assimilazione della cultura da parte degli studenti e la
valenza di miglioramento di cui gli stessi studenti possono giovare in grazia
della mediazione degli insegnanti, poiché cosa potrebbe accadere? Sia in casi di
negatività attitudinali purificate, sia di pro-attività culturali attitudinali
ciascuno studente è in dignità di riconoscersi un importante valore aggiunto
creativo per l’ambiente in cui partecipa. Poiché accadrebbe ad esempio che gli
insegnanti che sono ispirati da alunni facoltosi o semplicemente metodici,
educati, o rivoluzionari o caratterizzati da Fragilità o negatività
attitudinali che comunque inducono negli insegnanti un arricchimento meditativo
delle acquisizioni di modalità rigenerativo-purificative attitudinali - ebbene
l’influsso creativo degli alunni influenzerebbe gli insegnanti sovente denotati
delle saggezza utili a reintrodurre ed a dedicare ai medesimi alunni o ad altri
alunni, di altre classi o di altre scuole le qualità che gli insegnanti hanno
assimilato dagli studenti.
Pensiamo ad esempio alle materie
letterarie, filosofiche, culturali, storiche, e scientifiche, in grazia dei
temi gli insegnanti, nonostante non lo comunichino sono in potenza ed in
facoltà di ricevere novità culturali implementative che possono riconsegnare
mediante il loro insegnamento. Pensiamo alla verità dei temi argomentativi.
I giovani possiedono infatti una
potenzialità razionale emotiva e sentimentale straordinaria che nei modi
estroversivi che conoscono esprimono verso coloro che li spronano e che li
qualificano.
Questo sentimento mi ha condotto
a credere che vi fosse un senso nel mio avere luogo nell’ambiente scolastico,
più profondamente riconobbi il mio valore di dignità essenziale nella valenza
qualificativa di essere un senso compartecipante ad ulteriori molteplici sensi
tutti compartecipanti non solo per mantenere l’equilibrio situazionale
ambientale scolastico, bensì per implementare l’ambiente scuola. Una seconda
idea che presento e che comprendo è che la scuola è un livello semplice uni
contestuale strutturale la multi contestualità della vita. Credetti infatti
nella possibilità di generalizzare questo sentimento ovvero la rilevanza della
realtà che esistere fosse dovunque per me il fatto di consistere come senso di
ogni ambiente che frequento.
LA DODICESIMA STELE
MEMORIE
In secondo luogo credo che la
facoltà della memoria sia fondamentale, il provare a ricordare qualunque realtà
insieme alle sfumature più apparentemente impercettibili sarebbe importante.
Esistono persone la cui facoltà mnemonica è innatamente ottimale da queste è
fondamentale assimilare i principi di assimilazione delle metodiche della
memoria, vi sono altresì persone che possiedono una memoria denotata di
saggezza, una memoria olistico-meditativa e spirituale - essi dispongono della
abilità di memoria non standardizzata, bensì creativa, diveniente, sistemica,
complessa caratterizzata dalla associazione razionale dei legami associativi
multi-tematici, multi-contestuali e multi-soggettuali - questi forse non
ricordano a memoria né a lungo termine, né a breve termine le precise parole di
un libro di molte pagine, tuttavia dispongono di una memoria di caducità che è
resiliente alla funzionalità di ragionamento multi-associativo creativo, sicché
sarebbero in capacità di gestire i nuclei argomentativi del testo, di
gerarchizzare queste singolarità e di definirne il senso Olistico - o in
facoltà ulteriori creative di realizzare associazioni non solamente interne ad
un libro, bensì tra molti libri in funzione non solo di una valenza di
acculturamento introspettivo, bensì inoltre di rendimento identitario di
surplus culturale rispetto alle culture esistenti.
LA MEMORIA RESURRETTIVA
IMMANENTE, RESURRETTIVA TRASCENDENTE E LA MEMORIA IMMAGINATIVA.
LA MEMORIA RESURRETTIVA
IMMANENTE
La memoria resurrettiva
immanente è catartica poiché compartecipa alla realizzazione della resurrezione
relazionale.
La memoria resurrettiva realizza
una diacronia relazionale (Attraverso il tempo), un nuovo incontro di ritorno
al passato, questa diacronia è fondamentale nelle situazioni di labilità e di
finitudine relazionale poiché si ritorna alle dinamiche di relazione pure
antecedenti ai danneggiamenti relazionali che hanno corrotto di impurità la
originale relazione – La reciproca saggezza consiste nel realizzare che questo
salto temporale non è una simulazione ma è una verità catartica che consiste
nella “invarianza accorta” delle negatività relazionali che eventualmente si
sono poste come ostacoli della bontà relazionale – Si argomenta di un saggio
evitamento delle negatività reciproche se e nella misura in cui si comprende
che la focalizzazione e l’approfondimento delle negatività innesti una
complessità ulteriore, superflua, non necessaria e che non reca beneficio alla
bontà relazionale. Accogliere le proprie responsabilità può allora altresì
consistere nella non accoglienza delle proprie responsabilità se e quando la
retorica delle responsabilità è unico o compartecipe fondamento della divisione
relazionale.
Coloro che realizzano la
diacronia della memoria resurrettiva possiedono pertanto la flessibilità di
riqualificazione dei valori attitudinali – Se instauriamo la dinamica
relazionale sull’equilibrio della “bilancia attitudinale” allora operiamo una
astrazione proiettiva delle attitudini reciproche buone se esistono e della
fiducia di rivelazione di attitudini reciproche benefiche latenti se non sono
esistite nella relazione (Il caso eventualmente raro di relazioni sempre
negative).
In questo secondo caso
instauriamo due metodiche mnemoniche, ovvero la associazione tra memoria
resurrettiva immanente e memoria immaginativa, in particolare applichiamo la
memoria resurrettiva immanente alla memoria immaginativa – La questione è
questa, in questo caso di ipotetiche persistenti negatività attitudinali non
potremmo trovare oggetti attitudinali positivizzanti nel passato relazionale
poiché abbiamo chiarito che nel passato sarebbero esistite solamente attitudini
negative – Pertanto la saggezza ci consiglia di trovare il contenuto fondativo
della resurrezione relazionale nel “Non luogo” locale della proiezione
immaginativa, se non esiste il tempo relazionale immettiamo nella realtà la
ulteriorità del tempo mentale – Cosa implica questa mentalità rivelativa? –
comprendiamo che il processo della proiezione immaginativa è invisibile – in
particolare è come lo zefiro primaverile, questo vento non è visibile ed è
tuttavia percepibile poiché lo zefiro muove la foglia, è il movimento della
foglia che ci permette di riconoscere che lo zefiro esiste.
La proiezione immaginativa è
come lo zefiro, poiché si manifesta ad esempio nei casi in cui ci dedichiamo
nuovo tempo relazionale nelle dinamiche di finitudine relazionale, quando
sarebbe percepito un assurdo il dono reciproco di nuova relazione – sì si
chiarisce il miracolo della ulteriorità tempo mentale invisibile immesso nel
tempo reale e si comprende perché la proiezione immaginativa è una forma
mnemonica resurrettiva – Se ricordiamo il futuro realizziamo la esistenza del
futuro.
Il credo anticipante che siamo
in potenziale facoltà è compimento e realizzazione facilitante e garante della
traslazione da potenzialità latente a realtà. Ammettere la esistenza
dell’assurdo è il primo passo di compimento dell’assurdo allora riqualificato e
ri-nominato impossibile -> improbabile -> plausibile -> possibile
-> reale. Ma la riqualificazione non si limita solamente all’avveramento,
bensì altresì al miglioramento ed alla purificazione del reale creato.
La memoria resurrettiva
immanente può pertanto essere catartica nelle dinamiche di miglioramento nel
contesto di dialogo relazionale; tuttavia può fare del bene altresì nelle
dinamiche di lontananza relazionale – ed in verità è proprio in queste
dinamiche che si rende manifesta la qualità di resilienza relazionale insita
nella facoltà di memoria resurrettiva immanente.
La Amicizia può possibilmente
consiste e sussistere nelle eventualità in cui non ci si incontri
costantemente. La resilienza relazionale sussiste proprio nella facoltà di
restare in Amicizia oltre l’ostacolo della lontananza relazionale – La cartina
tornasole della amicizia si rivela nella qualità attitudinale del ritorno
relazionale – se due persone Amiche si incontrano dopo molti anni nonostante
abbiano per diversi anni coltivato la loro Amicizia e si comportano
vicendevolmente come se la lontananza relazionale non fosse esistita essi hanno
dimostrato a loro stesse una forma superna ed ulteriore di Amicizia. Tuttavia
affinché possa esistere questa eventualità ed affinché questa eventualità non
sia una finzione utilitaristica bensì una dimostrazione onesta della resilienza
relazionale è necessario che queste due persone nel periodo di lontananza siano
state verso loro stesse amiche – Secondo quali metodiche? Ad esempio
inauguriamo un importante valore di resurrezione immanente, ovvero il “Il
ricordare bene ed il parlare bene ad altre persone delle persone assenti.”
Ricordando e parlando bene realizziamo formalmente la presenza di una assenza,
ovvero la resiliente immanenza di persone esistenti nonostante siano lontane,
assenti, questa realtà sta a significare che le persone lontane ci stanno a
cuore, che nonostante dovessimo non sapere che cosa stia accadendo nella vita
dei nostri lontani li manteniamo nei nostri cuori, la immanenza dell’amore,
queste dinamiche che ho esemplificato nelle tematiche della Amicizia sono
attribuibili altresì all’Amore. Consideriamo tuttavia che una forma di premura
è la iniziativa di riavvicinamento e di interessamento affinché non si realizzi
il fondamentalismo della degenerazione della libertà in abbandono inesorabile.
Se dovesse sussistere abbandono
dobbiamo credere che ci vogliamo bene, dobbiamo vestire i panni dei nostri
lontani: Se siamo separati dalla distanza non significa che siamo separati nei
cuori. La anticipazione di pensiero buono è infatti fondante la resilienza relazionale
nelle dinamiche di lontananza relazionale.
Se camminiamo insieme quando
siamo lontani non saremo spaesati quando ci incontreremo dopo lunghi periodi di
reciproca lontananza solitaria, mentre se sperimenteremo il pensiero negativo e
la colpevolizzazione nei periodi di lontananza procrastineremo il nuovo
incontro ed in secondo luogo se dovessimo nuovamente incontrarci percepiremmo
le reminiscenze, le rifrazioni dei nostri pensieri negativi che allora
influenzeranno la pura bontà del nuovo incontro.
L’ambiente della lontananza
relazionale è l’ambiente che ci mette amichevolmente più alla prova ed è
l’ambiente più sensibilmente sovversivo della relazione, infatti si rivelano
consueti i casi di inesorabilità di finitudine relazionale in ambienti relazionali
di sospensione relazionale nel lungo periodo, proprio perché i nuovi incontri
sono il risultato di una intima preghiera riqualificativa e di perdono: Un
percorso purificativo introspettivo che realizza avvicinamento relazionale
surreale, ad un livello ulteriore di realtà mentale che dobbiamo intraprendere
e svolgere intimamente autonomamente, un percorso catartico che si compie nella
meta dell’incontro reale.
Ci sentiamo più vicini e ci
conosciamo profondamente proprio quando siamo lontani.
Infine caratterizziamo il valore
della memoria resurrettiva trascendente.
Noi vivi siamo gli orizzonti
degli eventi mediativi della resurrezione delle persone che non sono più in
vita.
La memoria è altresì
ripresentazione (Azione che presenta di nuovo) –
Il miracolo della immortalità
mnemonica consiste nel ricordo (Tornare al cuore) emozionale di realtà che
allora non sono finite e che pertanto continuano la loro vitalità grazie a
coloro che ricordano. La semplice citazione del nome, il nominare la persona non
più in vita è il miracolo della ri-lettura condivisa del suo libro della vita.
Avete mai esperito che per rivitalizzare la intera ontologia dei contenuti di
un libro complesso consultato da molte persone è sufficiente citarne il titolo?
Dico semplicemente. “Bibbia”. Mi avete compreso?
Ri- nominando rendiamo onore
alla persona non più corporeamente in vita, inoltre sussistono resurrezioni di
livelli ulteriori che quotidianamente realizziamo subconsciamente o in mancanza
di una doverosa accortezza ed attribuzione
di dignità – Il “COME” parliamo dei defunti è una implementazione reiterativa,
un eco resurrettivo delle loro qualità attitudinali – Consideriamo e stimiamo
infatti che una elevata percentuale delle realtà con cui quotidianamente ci
relazioniamo sono il frutto di sottostrutture fondative realizzate proprio da
persone che non sono più in vita, poiché sin dalla nostra prima infanzia, sin
dai primi istanti della nascita ci relazioniamo con realtà superne che esistono
in grazia di Noi, l’abbraccio della madre che nobilita la nuova nascita, la
maternità della madre, la madre che si relaziona con il nascituro nelle
modalità di care-giver – allora ad esempio la madre abbraccia i propri figli
nascituri poiché ricorda e reitera l’abbraccio della propria madre defunta che
le insegnò i principi di Amore e vuole che i suoi figli stiano bene grazie a
lei come lei medesima è stata bene in grazie della attitudine di sua madre.
Sono infinite le implementazioni
attitudinali catartiche che esistono in grazia di una con-divisione culturale,
un vento migliorativo che Noi in tutti i tempi ci siamo donati e che
perseveriamo nel donarci.
LA TREDICESIMA STELE
LA CONCILIAZIONE
Al fine di allenare la non
vendicatività deve esistere un soggetto mediativo attributivo verso cui la
persona inizialmente potrebbe dimostrarsi vendicativa, tuttavia procedendo ad
esperire nuove situazioni bilanciate dalla suscettibilità di possibilità di
scelta tra vendicatività e gratuità di perdono. Mi spiego, se nel cento per
cento dei casi la persona non è abituata a vivere situazioni di delicato
disequilibrio tra perdono e vendicatività, sarà condotta dall’istinto di
esigenza di ricevere perdono mentre reagisce con risposte di mirroring
vendicativo.
Ma studiamo in quali casi la
persona non sia abituata a vivere situazioni di delicato disequilibrio tra
perdono e vendicatività. Ad esempio la radicale abitudine a vivere gratuità
indurrebbe la abitudine a percepirla nuovamente e reiteratamente – pertanto nei
casi in cui le gratuità, e le gratuità del perdono non dovessero accadere
questa persona non sarebbe abituata a gestire questa eventuale dinamica,
pertanto si comporterebbe secondo reiterazione di torto subito e quindi in
maniera vendicativa. Tuttavia è necessaria una premessa. Ovvero che con questo
scritto non voglio promuovere la vendicatività, e non voglio confutare il
valore della gratuità e del perdono, paradossalmente infatti sto provando a
descrivere una metodica promotrice della ottimizzazione relazionale sia del
perdono, che della pace, sia della gratuità.
Ulteriormente ritengo che si
debba realizzare una dinamica di consapevolezza gestionale delle percettività
di negatività e di vendicatività in nome del nostro potere affrontarle,
assimilare, gestirle e purificarle.
Esemplifichiamo. Se per ciascun
anno di vita una persona acquista per noi una torta come regalo di compleanno –
saremmo proiettati verso la elevata probabilità che ciò accada, pertanto le
nostre metodiche gestionali riprensive della gestione della rivendicazione non
vengono attuate e soprattutto non vengono allenate.
Un secondo esempio si dispone di
caratterizzare la possibilità secondo cui dopo 10 anni in cui per il nostro
compleanno dovessimo ricevere la torta di compleanno la medesima persona che ci
regalò le torte per un decennio, al nostro undicesimo compleanno non ci regala
la torta.
Questa persona paradossalmente
ci sta volendo ulteriormente bene, solamente tuttavia se sappiamo riconoscere
che la sua azione remissiva sia causa prima del nostro dovere affrontare e imparare
la problematica della gestione dell’odio riprensivo. Pertanto una persona
catalizzata di odio dimostrerà attitudini vendicative a lungo termine. Una
persona inesperta nella gestione emozionale resterà interdetta scegliendo una
inazione che tuttavia implicherà indifferenze non catartiche per la relazione.
Diversamente una persona abituata alla ideazione della sanificazione della
vendicatività ed alla gestione della emotività negativa istintiva non solo non
graverà sulla persona rammentandole il fatto che dopo dieci anni che gli/le
furono regalate le torte non ebbe ricevuto la undicesima torta di compleanno,
bensì sarà lei medesima a regalare la torta a questa persona nonostante non sia
il suo compleanno.
Sicchè non si realizzino
metodiche spiacevoli di negatività è sostanzialmente paradossale immaginare di
dovere assistere e di essere protagonisti di situazioni indotte di negatività
da vendicatività sicché ci sia dato lo spazio marginale immaginario del “Potere
curare”, la metafora iconica sarebbe del medico che risulta inesperto nel
curare le ferite perché si è sempre relazionato con realtà sane e mai con
alcuna sperimentazione di cura con la ferita. Ripetendo che questa metodica
deve essere una autonoma inner mindset dinamica applicativa mentale non reale.
Poiché si deve avverare che la nostra auto coscienza sia funzionale alla
riduzione della vendicatività. Non deve assolutamente compiersi che realizziamo
innumerevoli induzioni di vendicatività per insegnare la non vendicatività. La
mediazione di saggezza catartica deve essere astrattiva mentale così da non
recare danno diretto al reale. E se ciò dovesse accadere? Allora dovremmo
insieme operare una importante traslazione di significati delle innumerevoli
reciprocità vendicative così da potere cogliere delle attitudini vendicative
proprio le metodiche contestualizzate reali catartiche all’imparare il perdono,
la pace e la gratuità.
Poiché si dimostra una ulteriore
realtà che il mirroring e i coping di gratuità, di pace e di perdono
esemplificano e reiterano perdono, pace e gratuità – (rammentando una
prospettiva parallela delle possibili Implicazioni del perdono costante citate
in precedenza mi ripeto di non confutare il valore del perdono, non sono ora né
mai a consigliare di non perdonare, il mio argomento è alternativo.)
La dinamica di allenamento come
visione immaginativa strumentale alle eccezioni di esperienze del subire
negatività, danno o riprensione.
Il fine è sempre quello di
scindere le catene causali della vendicatività
Il dogma sussiste nella
intelligenza non solo di colmare il vuoto della mancanza di gratuità della
rivendicazione, bensì altresì di integrare questo status di “piana relazionale”
verso la pro-pulsione relazionale che solo il per-dono ed il dono di valore
aggiunto possono garantire.
Allora si realizzerebbe la
eventualità secondo cui esiste la eccentricità dell’assurdo del ritorno:
Pensiamo a dinamiche di costante
ordinata causalità di vendicatività – l’esempio iconico sarebbe il reciproco
non presentarsi ad incontri organizzati in causa della previa assenza di noi
medesimi e di altri. Ebbene il miracolo del perdono realizza l’assurdo del
fuori luogo purificativo che rescinde la causalità delle vendicatività –
tuttavia viriamo l’attenzione sulla percettività delle persone nei confronti di
tali gratuità attitudinali puri valori aggiunti rispetto a flussi costanti di
ri_vendicatività.
La modalità attitudinale degli
osservatori dipende da molteplici fattori altresì caratteriali, due fattori
consistono: Il primo consiste nella quantità di tempo di persistenza della
causalità di vendicatività e di lontananza relazionale che permeano di
profondità di rassegnazione e di malinconie la percezione di un comportamento
negativo riconosciuto costante – se questa persistenza è a lungo termine la
attitudine di incontro fuori luogo sarà probabilmente gestita con difficoltà e
secondo una non ottimale disposizione al perdono (tuttavia questa dinamica è
rivoluzionabile grazie ai precetti di abitudine gestionale al perdono descritti
brevemente in questo mio argomento.), se i tempi di questa persistenza è a
breve termine la pace sarà semplicemente realizzabile.
In secondo luogo il secondo
fattore della buona percettività degli osservatori nei confronti delle
attitudini di ritorno di gratuità relazionale consiste nella pre-disposizione
non innata o innata alla resurrezione relazionale ed alla novità relazionale –
Considerando la prospettiva del
paziente ferito che ringrazia il medico della corretta prevenzione e cura che
gli/le ha dedicato – e noi stessi ed il prossimo siamo simmetricamente e
sincronicamente sia medici curanti sia curati considerando le molteplicità
delle variabili custodite nelle molteplicità contestuali. Ulteriormente il
mindset di sanità conciliativa prescrive fiducia, perdono, pace, conciliazione,
buona reminiscenza e (non rivendicazione) utili e necessarie sia al ritorno
relazionale, sia all’inizio relazionale non solamente nel tempo del nostro
incontro reale, bensì nel ben più vasto periodo della nostra Lontananza
relazionale. Dobbiamo volerci bene nel pensiero quando siamo lontani per
volerci bene quando siamo vicini. I maestri severi sono coloro che ci
riqualificano, ci arricchiscono immensamente se dovessimo sorprenderli con
attitudini buone di valori aggiunti proprio rispetto alla loro severità – non è
forse il margine implementativo della loro severità (I meno attitudinale) a
garantirci l’aumento di probabilità del nostro fare bene verso di loro mentre
siamo in paragone relazionale con i nostri maestri severi? Ulteriormente. Al
fine di non realizzare incomprensioni di senso e al fine di ridurre al minimo
le nostre ipotesi congetturali strutturanti i nostri provvedimenti attitudinali
è fondamentale incontrarsi per chiarirsi.
LA QUATTORDICESIMA STELE
GLI ANELLI RELAZIONALI E I
RITORNI SOMIGLIANTI
“La polvere torna alla terra
proprio come era e lo spirito stesso torna al vero Dio che l’ha dato”.
Una generazione se ne va,
un’altra viene, e la terra sussiste in perpetuo.
Anche il sole si leva, poi
tramonta, e s’affretta verso il luogo donde si leva di nuovo.
Il vento soffia verso il
mezzogiorno, poi gira verso settentrione; va girando, girando continuamente,
per ricominciare gli stessi giri.
Tutti i fiumi corrono al mare,
eppure il mare non s’empie; al luogo dove i fiumi si dirigono, tornano a
dirigersi sempre.
Ogni cosa è in travaglio, più di
quel che l’uomo possa dire; l’occhio non si sazia mai di vedere, e l’orecchio
non è mai stanco d’udire.
Quello ch’è stato è quel che
sarà; quel che s’è fatto è quel che si farà; non v’è nulla di nuovo sotto il
sole.
V’ha egli qualcosa della quale
si dica: ‘Guarda questo è nuovo?’ Quella cosa esisteva già nei secoli che ci
hanno preceduto.
Non rimane memoria delle cose
d’altri tempi; e di quel che succederà in sèguito non rimarrà memoria fra
quelli che verranno più tardi.
Ed ho applicato il cuore a
cercare e ad investigare con sapienza tutto ciò che si fa sotto il cielo.
Io ho veduto tutto ciò che si fa
sotto il sole; ed ecco tutto è vanità e un correr dietro al vento.
Ed ho applicato il cuore a
conoscer la sapienza, e a conoscere la follia e la stoltezza; ed ho
riconosciuto che anche questo è un correr dietro al vento.
Poiché dov’è molta sapienza v’è
molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore.”
Ecclesiaste
Orbitiamo intorno al ritorno
somigliante di esperienze. Ogni nuova crescita è resurrettiva.
Somiglianti persone rinascono in
somiglianti luoghi, somiglianti contesti attitudinali e situazionali. Esistono
due singolarità nell’universo relazionale. La prima singolarità consiste in una
infinitesima percentuale immagine e somiglianza della nostra libertà che è
potenzialmente funzionale a rivoluzionare il sistema dell’orbita relazionale, e
questa libertà è custodita proprio nella realtà di somiglianza. La somiglianza
non è uguaglianza , allora in due istanti differenti necessariamente non siamo
uguali. Nel termine somiglianza sussiste una proprietà eccezionale, il ritorno
non è solamente una macro-dinamica attitudinale, è bensì una micro - variazione
rivoluzionaria - l’elasticità è una immagine esperienziale della realtà della
somiglianza, altre due dinamiche sono la flessibilità e la fluidità. La
flessibilità è una implementazione indotta dalla nostra volontà che promuove la
dilatazione della variazione che diversifica ulteriormente le realtà
somiglianti, la fluidità è inoltre la caoticità necessaria a promuovere il
cambiamento disatteso, non previsto, sorprendente, in latente potenzialità
rivoluzionante ingente.
La seconda singolarità è la
facoltà dell’anello delle reiterative complicità relazionali di fondersi nei
paradossi di molteplici assurdi, sicché il reciproco pensiero si rivelerebbe
incontro sincronico-telepatico - ci relazioniamo altresì nel luogo del tempo,
non sempre nello spazio del luogo, sicché dovremmo riconoscere di non essere
ontologie astratte dal tempo che osservano mediante i loro sguardi gli orologi
ovvero il fluire di una astratta esteriorità che è semplicemente caotica la cui
semplicità cardinali divenienti ci appaiono ingestibili ed equipotenti –
proviamo a ri-conoscerci noi
stessi tempo, noi stessi siamo gli orologi che realizzano istanti divenienti
non equipotenti. Non è un caso che il ritmo del nostro cuore somigli al tinnio
ordinato dell’incedere della lancetta dei secondi. Poiché la nostra conoscenza
non può che esistere nella ontologia della ri-conoscenza - per due motivi.
Il primo perché il flusso del
divenire è un continuum, pertanto sussiste la onnipresenza del futuro adiacente
- gli orologi Rolex sono immagine di questa verità poiché hanno le lancette che
roteano fluentemente, non roteano secondo frequenze interrotte e ripristinate.
Il secondo motivo è che la ri-conoscenza è il nuovo conoscimento riconoscente
in quanto sappiamo che la vita è onnipresentemente reciproco dono di vita.
Sicché un assurdo potremmo riconoscerlo nella verità che incontriamo chi non
incontriamo.
Inoltre ciascun incontro è
simmetricamente una parte del continuum degli incontri dei ritorni della
relazione, sia un unicum avente dignità autonoma e completa a sé stante.
Esemplifichiamo questo principio
con questo scritto.
Ciascuna parola è sia parte
argomentativa dell’olismo della complessità di un paragrafo, sia valenza
significativa autonoma a sé stessa. Esemplifichiamo paragonando le parole agli
incontri di ritorno relazionale, sicché i ritorni relazionali hanno sia valenza
di relazione tra loro nell’olismo relazionale del relativo tipo. Sia valenza di
senso autonomo e conclusivo limitato al tempo di inizio e di fine
dell’incontro.
LA GRADUALITÀ ARGOMENTATIVA
Un metodo critico
Oggi ho avuto un confronto
importante e interessante, fu protagonista un articolo per argomentarlo,
criticarlo, confutarlo o semplicemente per parlare insieme del tema di cui
trattava.
L’interlocutore mi domandò di
leggerne il contenuto per poi parlarne insieme.
Era uno scritto relativamente
breve, la sua brevità era di un paragrafo di una facciata di un foglio A4.
Il testo presentava
anticipatamente una immagine che l’interlocutore ignorò, allora io comunicai all’interlocutore
di volere partire dall’immagine per parlare del tema che il titolo
dell’articolo custodiva.
Tuttavia l’interlocutore mi
ignorò ripetendomi che avrei dovuto leggere l’intero articolo per parlarne
insieme.
Così cominciai a leggere le prime
parole, istintivamente mi disposi verso l’interlocutore per argomentare già
queste poche parole che insieme già esse stesse annettevano molteplici
complessità, intrecci e multi-prospettive argomentabili, cominciai allora ad
argomentare tuttavia l’interlocutore non mi ascoltò ripetendomi che avrei
dovuto leggere l’intero articolo per poi parlarne insieme.
Allora incedetti nella lettura
del primo micro- paragrafo e tuttavia ancora desistetti la lettura poiché i
temi custoditi in quel micro-paragrafo erano di importante rilevanza e degni di
urgente argomentazione.
Tuttavia l’interlocutore mi
ignorò sostenendo ancora che avrei dovuto leggere l’intero documento.
Allora lessi l’intero documento
e nonostante l’impegno dell’interlocutore mi convinsi che la prospettiva di
senso olistico che l’interlocutore predilesse fosse importante e che tuttavia
non potesse prescindere dall’esame accorto delle singolari parole e dei
singolari legami complessi custoditi in questo articolo sicché un istante è
dissimile da un secondo istante pertanto qualunque sia il valore critico che
attribuiamo ad una presente conciliazione di significati, ove dovessimo
sospendere il nostro criterio di rilevanza fattuale di criticismo, ad esempio
per leggere oltre e persino fino al termine lontano nel tempo di un articolo,
se allora dovessimo ritornare al medesimo esame critico della prima complessità
di studio considerata (la complessità antecedente alla sospensione) il nostro
valore critico sarebbe diverso, influenzato
dalla suddetta sospensione.
Inoltre considerando che il
fattore ritorno critico che abbiamo appena citato, nella dinamica di flusso
dialogico è raramente permesso e raramente scelto – è allora non
imprescindibile l’esame parola per parola, l’esame delle relazioni causali
(causa ed effetto), delle relazioni multi-contestuali, delle fattibilità di
flessibilità metodiche per combinare adeguatamente le relazioni insite nel
testo, tuttavia annettendo come altresì rilevante una visione olistica di senso
riassuntivo del tema generale, è importante studiare il testo ulteriormente per
evitare percezioni anacronistiche, fuori luogo, insensate, congetturali,
distorte/traslative-soggettive, distratte.
« Non ci lasciar nell’atrio del
viver nostro, avanti la Porta chiusa, erranti
come vane parole; ad aspettar
che l’ultima gelida e fosca aurora
chiuda alle genti ancora la gran
porta del Sole; quando la Terra nera
girerà vuota, e ch’era Terra,
s’ignorerà. » (vv. 56-66)
Giovanni Pascoli (1855-1912) La
porta santa.
(Atrio è cunicolo
spazio-temporale delle diverse stanze)
Si realizzerebbero dinamiche che
non unicizzano, non geometrizzano, non dispongono ordinatamente come sul
livello unidimensionale di una scacchiera gli anelli delle relazioni.
Esiste una legge fisica che è la
entropia che è relazionata alla complessità delle dinamiche caotiche
relazionali che potremmo immaginare in multi-versali morfologie di complessità
sistemiche sia ambientali (virtuale, reale, mentale) sia soggettuali di
relazioni biunivoche e di molteplicità reiterative esemplificate dagli intrecci
divenienti di anelli relazionali altresì essi divenienti.
Il ritorno relazionale sarebbe
allora una singolarità ordinata (nella complessità relazionale disordinata)
innatamente identitaria di ciascuna persona, il ritorno è il limite
dell’ordinamento verso cui innatamente tendiamo perché sappiamo che ritornare
ci fa bene.
Gli anelli relazionali si
fondono pertanto sono in atto diveniente di unirsi da molteplicità a unità.
Valutando inoltre la micro-tensione
della qualità ontologica dell’anello relazionale tra due persone argomentiamo
della sua plasticità.
Premettiamo che la plasticità
dell’anello relazionale sia dipendente da due fattori ambientali, dalla
flessibilità e resilienza dell’inner mindset reciproco e dalla qualità di
severità dell’ambiente esterno.
Pertanto esemplifichiamo.
Un anello relazionale può essere
fragile come una bolla. Sicché qualsiasi dissonanza introspettiva implosiva
dell’anello o qualsiasi spigolosità dell’ambiente potrebbe implicare la
deflagrazione di questo tipo di anello relazionale.
In secondo luogo un anello
relazionale può essere di cristallo. Un cristallo avente disposizioni di
densità omogenee, sicché qualsiasi variazione di influenza interna o esterna
può implicare la medesima probabilità di frammentazione, (citiamo la reciproca
sensibilità umana verso le molteplicità contestuali relazionali). Oppure un
cristallo avente disposizioni di densità disomogenee, l’anello relazionale
potrebbe essere resiliente a molteplici complessità contestuali bensì
ipersensibile verso rare complessità contestuali.
In terzo luogo l’anello può
essere denotato di flessibilità resiliente e non frammentazione, di plasticità
garanti della percezione delle discontinuità interne ed esterne nella
morfologia qualitativa di fusione che plasma la morfologia bensì mantiene
esistenti i legami originali tuttavia traslandoli rispetto alle posizioni
originarie.
Argomentando del tema del
ritorno non possiamo non prescindere dalle realtà della malinconia, del
perdono, della fiducia, ed altresì della sconsideratezza.
Il valore relazionale della
sconsideratezza sussiste quando la pura razionalità iper-ordinatrice selettrice
ci disporrebbe di dirimere e non di con-vivere.
IL BUIO ED IL BIANCO MEDIATIVI
Il buio ed il bianco mediativi
sarebbero cunicoli spazio-temporale relazionali.
Ponti tra diversi.
Immaginiamo pertanto due
complessità variopinte che tuttavia dimostrano un viraggio cromatico verso il
medesimo colore monocromatico (bianco o nero)
La superficie monocromatica è la
singolarità spazio temporale che mette in comunicazione due universi diversi
che localmente divengono la medesima entità. E la interrelazione locale di
identità tinge di relazionabilità i diversi.
Pertanto pensiamo alla facoltà
del teletrasporto.
Abbiamo ora lo sguardo orientato
verso una complessità paesaggistica reale, ora chiudiamo gli occhi (Il
paesaggio reale si realizza nero) ed entriamo nell’universo onirico del sonno
(N REM E REM) Questo è un esempio di teletrasporto che sperimentiamo quotidianamente.
Il dialogo è un cunicolo
spazio-temporale relazionale tra reciproci universi reali e mentali.
UN SENSO DEL VIVERE
Un senso del vivere è la
tensione verso il miglioramento
Le parole per gli scrittori
fluiscono nella mente come flutti iridescenti alle cascate arcobaleno delle
idee: Al limite del fiume ed al principio di una florida cascata alcune persone
si apprestano ad influirvi i pigmenti in polvere variopinti sì da potere
simulare le singolari rifrazioni multicolori dell’arcobaleno: Una persona
personificando il poeta si trova al termine della cascata, questa persona
inizialmente congiunge le mani a formare una ciotola in atto di mostrare che il
poeta può raccogliere solamente rare gocce delle miriadi di variopinte gocce fluenti
della cascata di idee, inoltre le medesime gocce colorate che raccoglie sono
temporanee, ovvero temporaneamente sostituite da gocce nuove, il poeta tende
verso la coincidente traduzione del proprio spirito ideativo tuttavia non può
mai raggiungere questa coincidenza, sarebbe impossibile infatti per il poeta
possedere la intera cascata di idee. Pertanto il poeta incontra una parola
suggestiva ed ispirativa metaforicamente rappresentata da una goccia che non
cade tra i palmi delle sue mani, bensì questa goccia gli bagna il busto ed il
flusso della lacrima permea la sua pelle come un tatuaggio temporaneo della
polverina variopinta – Il poeta sa che non potrà più raccogliere la medesima
goccia, tuttavia sa di averne esperito una sua manifestazione, così è per le
parole che ascoltò e che dimenticò, così è per le idee che lo sfiorarono così
rapidamente da non lasciarsi cogliere – Allora si realizza il miracolo della
perdita, poiché è proprio il fatto di perdere non inesorabilmente una idea, una
parola realizza il movimento ispirativo della tensione malinconica del poeta
verso il raccoglimento delle idee somiglianti alla idea che non si lasciò
raccogliere, sì il poeta sarà attirato verso il raccoglimento di gocce
cromatiche somiglianti rispetto alle sfumature della goccia non raccolta, così
è per le parole, il poeta incontrando e presto dimenticando una parola vincerà
la facoltà della curiosità che lo condurrà ad incontrare miriadi di nuove
parole. Similmente accade per la lettrice facoltosa.
Lei incontrerebbe il titolo di
un libro che, seppur ritenendolo fondamentale, lo dimenticò poiché fu
sovrappensiero, tuttavia di questo libro nonostante non si ricordi il titolo
preciso, in lei permane una visione di senso generale che orbita intorno al
libro. La lettrice sa bene che non basterebbe una vita per ritrovare tra le
miriadi di scritture che esistono il titolo che perse. Tuttavia proprio il
fatto di questa perdita dedica un senso ulteriore di ricerca nella sua vita –
sì la lettrice persevererà la passione per la lettura proprio per lo spirito
tensionale di potere un giorno incontrare il titolo perduto, intanto secondo
serendipità leggerà miriadi di libri del medesimo principio tematico del libro
di cui perse il titolo così scoprendo forse che l’approfondimento della lettura
di altri libri divenne una rilevanza ulteriore e superiore rispetto al titolo
del libro ed alla lettura del libro perduto. Questi sono esempi di una
percezione alternativa e suggestiva delle mancanze.
Le mancanze consistono nei
luoghi marginali in cui possiamo agire affinché si realizzi che grazie a noi si
risolvano tali mancanze. Pensiamo all’incompletezza, all’irrisolutezza,
all’imperfezione, alla assenza, esse possono demoralizzare e possono altresì
indurci rassegnazione solamente se non sappiamo coglierne il valore misterioso,
ed il mistero delle mancanze consiste proprio nel fatto che esse siano artefici
del compimento in noi di uno status tensionale verso il miglioramento di tali
mancanze. La possibilità conciliativa. Noi persone siamo “Libri buoni”,
conoscendo i nostri nomi ci dedichiamo le possibilità di ri-chiamarci, poiché
sappiamo come il poeta e la lettrice che noi stessi somigliamo ai nostri noi
passati, non possiamo essere identici ai noi del passato, sì la nostra
conoscenza è una ri-conoscenza.
Sì come il poeta che va cercando
di cogliere nuove gocce variopinte dopo non avere potuto coglierne una, andremo
relazionandoci con nuove persone, ma la dinamica relazionale è vicendevole, la
conoscenza della sfumatura della goccia non raccolta, in paragone metaforico, i
valori assimilati nella temporanea relazione con le persone sconosciute
temporanee andrà ad infondere le nuove relazioni.
Analogamente come la lettrice
nella speranza di leggere il libro di cui non ricorda il titolo, andremo ad
investire la nostra vita nel senso malinconico del ritorno della relazione con
le persone di cui abbiamo conosciuto soltanto i nomi. Le mancanze in generale inducono in noi la
Possibilità del “C’è molto da potere fare”, allora alimentando lo spirito della
nostra vitalità creativa non solo ci rivitalizzano bensì inducono in noi nuove
speranze e nuovi sensi del nostro vivere.
Inizio